Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
26/07/2012 - L'ACCIAIERIA CHE PROVOCA MORTE
"Ilva verso il sequestro imminente"
Duemila operai fuori dalla fabbrica
«Già disposti i sigilli». In arrivo i primi ordini di custodia cautelare
GUIDO RUOTOLO
TARANTO
Oltre 2mila operai hanno lasciato il posto di lavoro e alle 14 sono usciti dai cancelli dello stabilimento Ilva di Taranto: il corteo punta dritto verso la città con l’obiettivo di raggiungere la prefettura. Si è sparsa la voce, infatti, che la Procura della Repubblica sta eseguendo le misure cautelari, previste dall’ordinanza del gip Patrizia Todisco, nei confronti di alcuni indagati nell'inchiesta per disastro ambientale a carico dei vertici della grande fabbrica.
Secondo un’emittente televisiva locale, che ha dato l’allarme, sarebbero otto arresti domiciliari oltre alla chiusura e al sequestro di intere aree produttive dello stabilimento. Un destino che Taranto già aspettava alla vigilia della decisione. Secondo indiscrezioni, il gip Todisco si è pronunciata con molta durezza sull'inquinamento della più grande acciaieria d'Europa che provoca morte.
Intanto, 8mila operai sono pronti a manifestare sulle statali Appia e 106 e i sindacati di categoria Fim, Fiom e Uilm stanno preparando la mobilitazione avendo avuto sentore che possa essere ormai imminente la notifica del provvedimento da parte dei carabinieri.
"Ilva verso il sequestro imminente"
Duemila operai fuori dalla fabbrica
«Già disposti i sigilli». In arrivo i primi ordini di custodia cautelare
GUIDO RUOTOLO
TARANTO
Oltre 2mila operai hanno lasciato il posto di lavoro e alle 14 sono usciti dai cancelli dello stabilimento Ilva di Taranto: il corteo punta dritto verso la città con l’obiettivo di raggiungere la prefettura. Si è sparsa la voce, infatti, che la Procura della Repubblica sta eseguendo le misure cautelari, previste dall’ordinanza del gip Patrizia Todisco, nei confronti di alcuni indagati nell'inchiesta per disastro ambientale a carico dei vertici della grande fabbrica.
Secondo un’emittente televisiva locale, che ha dato l’allarme, sarebbero otto arresti domiciliari oltre alla chiusura e al sequestro di intere aree produttive dello stabilimento. Un destino che Taranto già aspettava alla vigilia della decisione. Secondo indiscrezioni, il gip Todisco si è pronunciata con molta durezza sull'inquinamento della più grande acciaieria d'Europa che provoca morte.
Intanto, 8mila operai sono pronti a manifestare sulle statali Appia e 106 e i sindacati di categoria Fim, Fiom e Uilm stanno preparando la mobilitazione avendo avuto sentore che possa essere ormai imminente la notifica del provvedimento da parte dei carabinieri.
Re: Il dilemma: ambiente o lavoro?
Fiom: "All'Ilva mobilitazione democratica"
http://multimedia.lastampa.it/multimedi ... tp/165898/
Il segretario provinciale della Fiom di Taranto Donato Stefanelli spiega la mobilitazione degli operai della Ilva. In 3 mila hanno iniziato un presidio fuori dagli stabilimenti per protestare contro il rischio di chiusura da parte della magistratura per inquinamento.
Guido Ruotolo
http://multimedia.lastampa.it/multimedi ... tp/165898/
Il segretario provinciale della Fiom di Taranto Donato Stefanelli spiega la mobilitazione degli operai della Ilva. In 3 mila hanno iniziato un presidio fuori dagli stabilimenti per protestare contro il rischio di chiusura da parte della magistratura per inquinamento.
Guido Ruotolo
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- Iscritto il: 07/04/2012, 22:00
Re: Il dilemma: ambiente o lavoro?
Tanto valeva chiudere la ETERNIT di Casale Monferrato ....
Qui non ci siamo .....
PS : Al titolo si dovrebbe aggiungere .... SALUTE.
Qui non ci siamo .....
PS : Al titolo si dovrebbe aggiungere .... SALUTE.
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Nichi Vendola (FB)
Credo che dobbiamo esprimere una grande solidarietà nei confronti di una comunità operaia che vive con grande apprensione una prospettiva che sarebbe disastrosa per la loro sorte, per la sorte della città di Taranto, per l’economia della Regione Puglia e per la tenuta del sistema industriale
nazionale. L’Ilva di Taranto rappresenta un pezzo cruciale del sistema industriale italiano. È il principale fornitore di lamine di acciaio per tutta l’industria metalmeccanica italiana e l’idea di un effetto domino fa tremare le vene e i polsi.
Guarda i commenti:
http://www.facebook.com/permalink.php?s ... 8771508894
Forse mi sbaglio, ma al presidente della regione non toccherebbe l'assunzione di una qualche responsabilità e di un qualche impegno, invece di esprimere una "grande solidarietà" di dubbia utilità?
Credo che dobbiamo esprimere una grande solidarietà nei confronti di una comunità operaia che vive con grande apprensione una prospettiva che sarebbe disastrosa per la loro sorte, per la sorte della città di Taranto, per l’economia della Regione Puglia e per la tenuta del sistema industriale
nazionale. L’Ilva di Taranto rappresenta un pezzo cruciale del sistema industriale italiano. È il principale fornitore di lamine di acciaio per tutta l’industria metalmeccanica italiana e l’idea di un effetto domino fa tremare le vene e i polsi.
Guarda i commenti:
http://www.facebook.com/permalink.php?s ... 8771508894
Forse mi sbaglio, ma al presidente della regione non toccherebbe l'assunzione di una qualche responsabilità e di un qualche impegno, invece di esprimere una "grande solidarietà" di dubbia utilità?
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Di fronte all'emergenza, allo spettro della perdita di decine di migliaia di posti di lavoro, probabilmente non ci sono altre alternative.
Tuttavia non si può non chiedersi se questa è la strada giusta: conservare l'esistente giustificando di fatto lo scempio di un bellissimo territorio.
"Il governo ha stanziato i primi 337 milioni di euro..." quanti ancora dovranno essere investiti per una situazione ambientale "accettabile"? E siamo certi che è questa la strada migliore da continuare a percorrere? E non dovrebbe forse essere consultata la gente del posto sul destino di quel territorio? A che servono istituzioni come le regioni se non a questo?
Un’Ilva sostenibile? E’ possibile
domenica 29 luglio 2012 | Redazione | Un commento
La vicenda giudiziaria è stata un bene: segna una svolta culturale per tutta la città di Taranto, ma soprattutto sta determinando un sommovimento nella coscienza operaia». Il governatore della Puglia Nichi Vendola non ha dubbi: è un bene che Taranto si sia posta il tema ambientale, ma nello stesso tempo esso va conciliato con quello del lavoro. Un’Ilva sostenibile è possibile, e in parte, secondo Vendola c’è già.
Dunque che si sia arrivati all’ordinanza è positivo.
Sì, segna una svolta culturale: è come se da tante vicende, inchie[/ACM_2]ste e drammi stia determinandosi nell’opinione pubblica e anche nella cultura del diritto un vero e proprio congedo dall’epoca in cui la salute e l’ambiente non avevano un peso specifico rispetto al primato pesantissimo del profitto e della crescita economica. Ma soprattutto accade qualcosa di importante dentro la fabbrica, cambia la coscienza operaia. La consapevolezza è arrivata prima nella cittadinanza, poi ha varcato i cancelli.
Ma perché non l’hanno posto gli operai questo tema?
La loro è una sorte paradossale e di solitudine: si sentono assediati dal cancro e insieme dalla povertà. Tantissimi operai giovani hanno padri che hanno lavorato all’Ilva e sono morti di tumore. Quei veleni sono sedimentati da un più di un secolo di industrializzazione selvaggia, e una bonifica adeguata sarà molto lunga. Ricordiamoci che l’Ilva è la più grande fabbrica italiana e il più grande siderurgico di Europa.Taranto è dentro l’Ilva, e non il contrario. Devi affrontare i problemi del passato, con cicli di bonifiche, e quelli del futuro, fare in modo che non si inquini più.
E cosa stanno facendo le istituzioni? E voi della Regione?
Il governo, con il protocollo firmato qualche giorno fa con gli enti locali, ha stanziato i primi 337 milioni di euro per le bonifiche. Il futuro è stato affrontato dalla Regione, con una svolta normativa e culturale: abbiamo agito per diminuire diversi inquinanti, in un quadro legislativo nazionale praticamente assente e negli anni difficili della crisi. Nel 2008 abbiamo varato la legge antidiossina, con effetti importanti: oggi si emettono 0,2 nanogrammi per metro cubo. Praticamente se fino al 2008 dai camini dell’Ilva venivano sputate mezzo chili di diossine all’anno, oggi siamo a 3 grammi e mezzo. Nel 2011 l’importante normativa su benzoapirene; e da ultimo una normativa d’avanguardia su polveri sottili e pm10, oltre all’introduzione del parametro di valutazione di danno sanitario. L’Ilva si è sempre sentita aggredita da Regione e Arpa, Confindustria è stata durissima con noi, e noi non mai bonari come interlocutori.
La sentenza dei giudici però dice di chiudere.
In realtà i magistrati hanno spiegato che l’ordinanza del gip non spegne di fatto la fabbrica, ma apre un percorso che arriva al sequestro di tutta l’area a caldo. Ma in realtà sta annunciando l’esito che si avrà qualora l’azienda non mostrasse di saper interloquire con la procura per la rimozione dei fattori inquinanti. La procura insomma può rivalutare e riformare il provvedimento. Tra l’altro sono scelte che influiranno molto anche sugli altri grossi siti industriali: Eni, Enel, Cementir. Qualcuno forse pensa di poter riconvertire il Sud in pastorizia e artigianato, ma io credo che la riconversione ecologica non può essere un esodo dalla storia industriale del Paese.
Sui giornali ci sono le accuse di Bonelli, dei Verdi, alla Regione: non ha mai fatto un registro dei tumori, non ha imposto il monitoraggio continuo.
Vedo solo insolenze e diffamazioni. Ricordo tra l’altro che i verdi erano con me al governo regionale quando cominciammo ad assumere le prime misure sull’Ilva. Il registro tumori è in costruzione, si stanno completando le serie: perché segnalo che non è un quadernetto che si compra già riempito. Ed è l’unico in Italia organizzato sul piano regionale, il che non mi sembra da poco. Sul campionamento in continuo, faccio notare che l’abbiamo posto come condizione obbligatoria, l’Ilva ha fatto ricorso contro la Regione, e ha perso; dunque al momento è in violazione.
Anche la diossina ha inquinato e creato tante malattie.
Nel novembre 2007 l’Arpa ha acquistato lo spettrometro di massa ad alta risoluzione per l’analisi delle diossine nel nuovo laboratorio microinquinanti creato a Taranto. Nel maggio 2008 abbiamo fatto i primi rapporti di prova e varato una normativa che impone all’Ilva di adeguare gli impianti alle migliori condizioni esistenti al mondo. Abbiamo stanziato 8 milioni di euro per il nuovo centro ricerca dei rapporti inquinamento/salute, che sorgerà nell’area industriale di Taranto. Insomma, ci attaccano in tanti. Come Libero, secondo cui sarebbero le nostre normative a provocare il rischio di chiusura. Io dico solo che ho osato interloquire con Emilio Riva, senza soggezione e chiedendo miglioramenti. D’altronde, ricordo i tempi in cui i lavoratori sindacalizzati finivano in reparto confino. L’Ilva è sempre stata un’azienda complessa.
Antonio Sciotto
Il manifesto
Tuttavia non si può non chiedersi se questa è la strada giusta: conservare l'esistente giustificando di fatto lo scempio di un bellissimo territorio.
"Il governo ha stanziato i primi 337 milioni di euro..." quanti ancora dovranno essere investiti per una situazione ambientale "accettabile"? E siamo certi che è questa la strada migliore da continuare a percorrere? E non dovrebbe forse essere consultata la gente del posto sul destino di quel territorio? A che servono istituzioni come le regioni se non a questo?
Un’Ilva sostenibile? E’ possibile
domenica 29 luglio 2012 | Redazione | Un commento
La vicenda giudiziaria è stata un bene: segna una svolta culturale per tutta la città di Taranto, ma soprattutto sta determinando un sommovimento nella coscienza operaia». Il governatore della Puglia Nichi Vendola non ha dubbi: è un bene che Taranto si sia posta il tema ambientale, ma nello stesso tempo esso va conciliato con quello del lavoro. Un’Ilva sostenibile è possibile, e in parte, secondo Vendola c’è già.
Dunque che si sia arrivati all’ordinanza è positivo.
Sì, segna una svolta culturale: è come se da tante vicende, inchie[/ACM_2]ste e drammi stia determinandosi nell’opinione pubblica e anche nella cultura del diritto un vero e proprio congedo dall’epoca in cui la salute e l’ambiente non avevano un peso specifico rispetto al primato pesantissimo del profitto e della crescita economica. Ma soprattutto accade qualcosa di importante dentro la fabbrica, cambia la coscienza operaia. La consapevolezza è arrivata prima nella cittadinanza, poi ha varcato i cancelli.
Ma perché non l’hanno posto gli operai questo tema?
La loro è una sorte paradossale e di solitudine: si sentono assediati dal cancro e insieme dalla povertà. Tantissimi operai giovani hanno padri che hanno lavorato all’Ilva e sono morti di tumore. Quei veleni sono sedimentati da un più di un secolo di industrializzazione selvaggia, e una bonifica adeguata sarà molto lunga. Ricordiamoci che l’Ilva è la più grande fabbrica italiana e il più grande siderurgico di Europa.Taranto è dentro l’Ilva, e non il contrario. Devi affrontare i problemi del passato, con cicli di bonifiche, e quelli del futuro, fare in modo che non si inquini più.
E cosa stanno facendo le istituzioni? E voi della Regione?
Il governo, con il protocollo firmato qualche giorno fa con gli enti locali, ha stanziato i primi 337 milioni di euro per le bonifiche. Il futuro è stato affrontato dalla Regione, con una svolta normativa e culturale: abbiamo agito per diminuire diversi inquinanti, in un quadro legislativo nazionale praticamente assente e negli anni difficili della crisi. Nel 2008 abbiamo varato la legge antidiossina, con effetti importanti: oggi si emettono 0,2 nanogrammi per metro cubo. Praticamente se fino al 2008 dai camini dell’Ilva venivano sputate mezzo chili di diossine all’anno, oggi siamo a 3 grammi e mezzo. Nel 2011 l’importante normativa su benzoapirene; e da ultimo una normativa d’avanguardia su polveri sottili e pm10, oltre all’introduzione del parametro di valutazione di danno sanitario. L’Ilva si è sempre sentita aggredita da Regione e Arpa, Confindustria è stata durissima con noi, e noi non mai bonari come interlocutori.
La sentenza dei giudici però dice di chiudere.
In realtà i magistrati hanno spiegato che l’ordinanza del gip non spegne di fatto la fabbrica, ma apre un percorso che arriva al sequestro di tutta l’area a caldo. Ma in realtà sta annunciando l’esito che si avrà qualora l’azienda non mostrasse di saper interloquire con la procura per la rimozione dei fattori inquinanti. La procura insomma può rivalutare e riformare il provvedimento. Tra l’altro sono scelte che influiranno molto anche sugli altri grossi siti industriali: Eni, Enel, Cementir. Qualcuno forse pensa di poter riconvertire il Sud in pastorizia e artigianato, ma io credo che la riconversione ecologica non può essere un esodo dalla storia industriale del Paese.
Sui giornali ci sono le accuse di Bonelli, dei Verdi, alla Regione: non ha mai fatto un registro dei tumori, non ha imposto il monitoraggio continuo.
Vedo solo insolenze e diffamazioni. Ricordo tra l’altro che i verdi erano con me al governo regionale quando cominciammo ad assumere le prime misure sull’Ilva. Il registro tumori è in costruzione, si stanno completando le serie: perché segnalo che non è un quadernetto che si compra già riempito. Ed è l’unico in Italia organizzato sul piano regionale, il che non mi sembra da poco. Sul campionamento in continuo, faccio notare che l’abbiamo posto come condizione obbligatoria, l’Ilva ha fatto ricorso contro la Regione, e ha perso; dunque al momento è in violazione.
Anche la diossina ha inquinato e creato tante malattie.
Nel novembre 2007 l’Arpa ha acquistato lo spettrometro di massa ad alta risoluzione per l’analisi delle diossine nel nuovo laboratorio microinquinanti creato a Taranto. Nel maggio 2008 abbiamo fatto i primi rapporti di prova e varato una normativa che impone all’Ilva di adeguare gli impianti alle migliori condizioni esistenti al mondo. Abbiamo stanziato 8 milioni di euro per il nuovo centro ricerca dei rapporti inquinamento/salute, che sorgerà nell’area industriale di Taranto. Insomma, ci attaccano in tanti. Come Libero, secondo cui sarebbero le nostre normative a provocare il rischio di chiusura. Io dico solo che ho osato interloquire con Emilio Riva, senza soggezione e chiedendo miglioramenti. D’altronde, ricordo i tempi in cui i lavoratori sindacalizzati finivano in reparto confino. L’Ilva è sempre stata un’azienda complessa.
Antonio Sciotto
Il manifesto
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Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Metti in sicurezza l'impianto, subito, nel frattempo gli stipendi degli operai e le spese di sicurezza le pagano tutti quelli che hanno combinato il casino. Chiamasi risarcimento.
Facciano un processo veloce, patteggino se serve, così gli fai pagare il conto.
E nel frattempo gli operai sono garantiti.
Facciano un processo veloce, patteggino se serve, così gli fai pagare il conto.
E nel frattempo gli operai sono garantiti.
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
Robert Harris, "Archangel"
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
A prescindere da chi paga (sarebbe ovviamente giusto che l'azienda risarcisse la comunità di quel territorio), è mai possibile che di fronte ad immagini come queste a nessuno venga almeno il dubbio che possa esserci un diverso destino produttivo per quell'area meravigliosa? Ed al "filosofo" Vendola, tutto ciò sembra normale? Intanto forse farebbe bene a togliere "Ecologia" dal simbolo.
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
30/07/2012 - TARANTO, OGGI INCONTRO TRA IL PRESIDENTE FERRANTE E IL PROCURATORE SEBASTIO
La procura rifiuta la trattativa
"Avanti nello spegnimento dell’Ilva"
Tensione sempre alta a Taranto dove migliaia di operai rischiano di perdere il lavoro
Inquirenti irritati per le ingerenze di politici e sindacati. Giovedì
il giorno dello sciopero generale
GUIDO RUOTOLO
INVIATO A TARANTO
All’improvviso l’incantesimo sembra svanire. Il clima idilliaco che sembrava indicare bonaccia sul barometro dei destini dell’Ilva, sta precipitando in burrasca. A sera, il procuratore Franco Sebastio sbotta. Il messaggio è molto chiaro: «Non c’è nessuna trattativa in corso - si sfoga il procuratore - non ci può essere. Sono in corso delle procedure molto complesse per attuare le indicazioni del gip».
Insomma, fino a prova contraria si devono spegnere i sei impianti inquinanti indicati dal gip Patrizia Todisco. Ma la procura auspica un atteggiamento diverso degli imputati nei confronti del processo. «Se un imputato scandisce Sebastio - ha qualcosa da dire o da proporre noi siamo pronti ad ascoltarlo e ad esaminare le proposte. Se un loro avvocato depositerà una memoria difensiva, siamo pronti a valutarla. Ma, ripeto, non è in corso nessuna trattativa con l’azienda. Possiamo spingerci fino a sentire le proposte delle persone informate dei fatti».
Il riferimento è al nuovo presidente dell’Ilva, il «prefetto» Bruno Ferrante, che proprio stamani incontrerà il procuratore generale della Corte d’appello di Lecce Vignola, e il procuratore di Taranto Sebastio. Quello che ha fatto andare su tutte le furie gli inquirenti è un certo clima che vede protagonisti governo, sindacati, istituzioni, partiti. Tutti a sottolineare che l’impianto non si può chiudere, che il lavoro degli operai va salvaguardato. Come se responsabile della annunciata «catastrofe sociale» sia la procura e non l’Ilva che ha violato la legge, provocando il «disastro ambientale».
Le dichiarazioni del procuratore Sebastio indicano alcuni punti fermi. E cioè che c’è una doppia ordinanza, di custodia cautelare (8 arresti domiciliari) e di sequestro delle aree che inquinano: acciaieria, cokeria, agglomerati, parchi, altiforni, Grf (gestione rottami ferrosi). Fino a prova contraria, l’Ilva va chiusa senza «licenza d’uso», per dirla con il gip Todisco.
E, dunque, la prima mossa spetta agli imputati, e tra loro va ricordato c’è il patron dell’acciaieria più grande d’Europa, Emilio Riva, da giovedì agli arresti domiciliari insieme a un figlio e ad altri sei dirigenti dello stabilimento tarantino. Naturalmente il Riesame, fissato per venerdì, in via teorica potrebbe anche capovolgere le conclusioni del gip Todisco, revocando il sequestro delle aree o le misure cautelari. E, dunque, quelle «procedure complesse» avviate o da avviare devono in ogni caso aspettare che si definisca dal punto di vista processuale il destino degli impianti.
E venerdì non dovrebbe accadere nulla nel senso che si svolgerà l’udienza dibattimentale del Riesame, le difese degli imputati avanzeranno delle richieste, i pm esprimeranno un loro parere e il Tribunale si riserverà una decisione nelle ore successive.
Anche lo sforzo sincero dell’Ilva di cambiare pagina, ribadito dal nuovo presidente, Bruno Ferrante, rischia di non essere sufficiente. Perché al di là dell’impegno al confronto, al dialogo, al di là della volontà di cambiare segno alle relazioni sindacali - è in uscita il responsabile De Biase -, l’Ilva deve mettere sul piatto qualcosa di molto concreto. Irrita la procura quel clima di «concordia» bipartisan che vede un unico fronte unito, dal Vaticano al sindacato, dai partiti al governo. A sostegno delle ragioni operaie come se il problema non fosse quello di un’azienda che per andare avanti deve mettersi in regola, rispettare la legge, e, in questo momento, le prescrizioni indicate dal gip Todisco.
Insomma, al di là della disponibilità al dialogo, la procura si aspetta dalle persone «informate dei fatti», Ferrante, qualcosa di molto concreto. E cioè dovrà spiegare cosa intende fare, quanto intende investire e realizzare per rendere compatibile l’ambiente di lavoro e la fabbrica con il territorio. Per l’accusa, infatti, l’Ilva inquina e uccide.
Adesso la difesa proverà a confutare i dati investigativi e le perizie dell’incidente probatorio che, dal punto di vista della procedura penale, rappresentano una «prova» dell’accusa. Ecco perché la strada è tutta in salita. E lo sciopero generale di giovedì, alla vigilia del Riesame, è un’invasione di campo. Altrove e in un altro contesto, questo sciopero che ha il sapore di essere contro la magistratura, provocherebbe una levata di scudi. Per Taranto e l’Ilva questo non succederà.
http://www3.lastampa.it/cronache/sezion ... tp/464050/
La procura rifiuta la trattativa
"Avanti nello spegnimento dell’Ilva"
Tensione sempre alta a Taranto dove migliaia di operai rischiano di perdere il lavoro
Inquirenti irritati per le ingerenze di politici e sindacati. Giovedì
il giorno dello sciopero generale
GUIDO RUOTOLO
INVIATO A TARANTO
All’improvviso l’incantesimo sembra svanire. Il clima idilliaco che sembrava indicare bonaccia sul barometro dei destini dell’Ilva, sta precipitando in burrasca. A sera, il procuratore Franco Sebastio sbotta. Il messaggio è molto chiaro: «Non c’è nessuna trattativa in corso - si sfoga il procuratore - non ci può essere. Sono in corso delle procedure molto complesse per attuare le indicazioni del gip».
Insomma, fino a prova contraria si devono spegnere i sei impianti inquinanti indicati dal gip Patrizia Todisco. Ma la procura auspica un atteggiamento diverso degli imputati nei confronti del processo. «Se un imputato scandisce Sebastio - ha qualcosa da dire o da proporre noi siamo pronti ad ascoltarlo e ad esaminare le proposte. Se un loro avvocato depositerà una memoria difensiva, siamo pronti a valutarla. Ma, ripeto, non è in corso nessuna trattativa con l’azienda. Possiamo spingerci fino a sentire le proposte delle persone informate dei fatti».
Il riferimento è al nuovo presidente dell’Ilva, il «prefetto» Bruno Ferrante, che proprio stamani incontrerà il procuratore generale della Corte d’appello di Lecce Vignola, e il procuratore di Taranto Sebastio. Quello che ha fatto andare su tutte le furie gli inquirenti è un certo clima che vede protagonisti governo, sindacati, istituzioni, partiti. Tutti a sottolineare che l’impianto non si può chiudere, che il lavoro degli operai va salvaguardato. Come se responsabile della annunciata «catastrofe sociale» sia la procura e non l’Ilva che ha violato la legge, provocando il «disastro ambientale».
Le dichiarazioni del procuratore Sebastio indicano alcuni punti fermi. E cioè che c’è una doppia ordinanza, di custodia cautelare (8 arresti domiciliari) e di sequestro delle aree che inquinano: acciaieria, cokeria, agglomerati, parchi, altiforni, Grf (gestione rottami ferrosi). Fino a prova contraria, l’Ilva va chiusa senza «licenza d’uso», per dirla con il gip Todisco.
E, dunque, la prima mossa spetta agli imputati, e tra loro va ricordato c’è il patron dell’acciaieria più grande d’Europa, Emilio Riva, da giovedì agli arresti domiciliari insieme a un figlio e ad altri sei dirigenti dello stabilimento tarantino. Naturalmente il Riesame, fissato per venerdì, in via teorica potrebbe anche capovolgere le conclusioni del gip Todisco, revocando il sequestro delle aree o le misure cautelari. E, dunque, quelle «procedure complesse» avviate o da avviare devono in ogni caso aspettare che si definisca dal punto di vista processuale il destino degli impianti.
E venerdì non dovrebbe accadere nulla nel senso che si svolgerà l’udienza dibattimentale del Riesame, le difese degli imputati avanzeranno delle richieste, i pm esprimeranno un loro parere e il Tribunale si riserverà una decisione nelle ore successive.
Anche lo sforzo sincero dell’Ilva di cambiare pagina, ribadito dal nuovo presidente, Bruno Ferrante, rischia di non essere sufficiente. Perché al di là dell’impegno al confronto, al dialogo, al di là della volontà di cambiare segno alle relazioni sindacali - è in uscita il responsabile De Biase -, l’Ilva deve mettere sul piatto qualcosa di molto concreto. Irrita la procura quel clima di «concordia» bipartisan che vede un unico fronte unito, dal Vaticano al sindacato, dai partiti al governo. A sostegno delle ragioni operaie come se il problema non fosse quello di un’azienda che per andare avanti deve mettersi in regola, rispettare la legge, e, in questo momento, le prescrizioni indicate dal gip Todisco.
Insomma, al di là della disponibilità al dialogo, la procura si aspetta dalle persone «informate dei fatti», Ferrante, qualcosa di molto concreto. E cioè dovrà spiegare cosa intende fare, quanto intende investire e realizzare per rendere compatibile l’ambiente di lavoro e la fabbrica con il territorio. Per l’accusa, infatti, l’Ilva inquina e uccide.
Adesso la difesa proverà a confutare i dati investigativi e le perizie dell’incidente probatorio che, dal punto di vista della procedura penale, rappresentano una «prova» dell’accusa. Ecco perché la strada è tutta in salita. E lo sciopero generale di giovedì, alla vigilia del Riesame, è un’invasione di campo. Altrove e in un altro contesto, questo sciopero che ha il sapore di essere contro la magistratura, provocherebbe una levata di scudi. Per Taranto e l’Ilva questo non succederà.
http://www3.lastampa.it/cronache/sezion ... tp/464050/
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
concordo Mariok!!! la narrazione dell'inquinamento andò sta?
ho visto il filmato con le polveri sottili che si depositano incessantemente nelle case .... anche non vicinissime .... da brivido!
il lavoro è sacro... e la salute ( anche di chi NON ci lavora) no?
ho visto il filmato con le polveri sottili che si depositano incessantemente nelle case .... anche non vicinissime .... da brivido!
il lavoro è sacro... e la salute ( anche di chi NON ci lavora) no?
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Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Il Fatto Quotidiano > Blog di Jacopo Fo >
Taranto: la diossina e la disoccupazione uccidono
di Jacopo Fo | 27 luglio 2012
Credo che non ci sia situazione più tragica di quella di dover scegliere tra la salute e il lavoro. Tra dar da mangiare oggi ai figli e il rischio di vederli ammalati domani.
Terribile.
Indegno di una società civile che migliaia di famiglie siano sottoposte col ricatto a questa scelta mostruosa: lavoro in cambio di anni di vita.
Segno dell’inciviltà dei tempi.
L’azione della magistratura, che ha incriminato alcuni dirigenti e ex dirigenti dell’Ilva e ha sequestrato le acciaierie, dimostra che quel che ripetiamo da anni non era un’invenzione di ecologisti isterici.
I dati sui tumori e le morti causate della diossina emessa dagli impianti non lasciano dubbi sul disastro ambientale in corso.
Angelo Bonelli ex segretario dei Verdi Civici, a Taranto ha condotto una battaglia lunga e difficilissima contro il muro di gomma delle connivenze e ci dà la misura della devastazione: “A Taranto è caduta una quantità di diossina tre volte superiore a quella di Seveso… non si possono coltivare i terreni entro un raggio di 20 chilometri dall’area industriale. La diossina è entrata nel latte materno”.
Quello che è successo a Taranto è mostruoso, inconcepibile in un paese civile. E disgraziatamente non è un caso isolato. L’amianto a Monfalcone, il petrolchimico a Gela, la centrali a carbone di Vado Ligure, Savona, competono in numero di morti solo con le discariche abusive intorno ad Acerra.
Fa orrore pensare agli adulti e ai bambini che hanno visto distrutta la loro vita dai veleni. Fa orrore pensare agli spietati imprenditori che per un pugno di dollari hanno seminato morte e poi si sono comprati un panfilo più grande.
Ma che gente è questa?
Hanno un’anima?
Ma c’è da chiedersi anche che cosa abbiano fatto i sindacati. Come è stato possibile che abbiano chiuso gli occhi di fronte a questo scempio. Si sono piegati al ricatto del posto di lavoro?
Come se fosse inevitabile. Come se non fosse possibile produrre senza avvelenare.
Oppure credevano veramente alle perizie addomesticate?
Non vedevano la gente ammalarsi?
Quella di Taranto è una storia pazzesca, condita con intrighi e complotti…
Nelle carte del giudice per le indagini preliminari di Taranto, Patrizia Todisco, si parla anza. E la magistratura ha in mano intercettazioni e videoriprese che provano questi scambi di denaro.
Oggi alcuni operai inferociti dicono alle telecamere del Fatto Quotidiano: “Andremo a magiare a casa dei giudici!”
Paradossale: stanno uccidendo te e la tua famiglia e tu te la prendi con il giudice che cerca di salvarti la vita?
Parole inspiegabili se dietro non ci fosse stato un lungo lavoro di disinformazione.
E se non ci fosse una città dove non esistono altre possibilità di lavoro…
Infatti, intorno al sistema del veleno si è sviluppata una società che ormai è fatiscente, con amministrazioni scellerate colpite da decine di inchieste e commissariamenti, che hanno portato al collasso finanziario il Comune con centinaia di milioni di euro di debiti… E in una tale situazione di assenza di legalità e buon governo è facile intuire come alla fine si sia generato un clima irrespirabile per gli imprenditori onesti e quindi il restringersi delle opportunità di impiantare altre attività produttive che offrissero un’alternativa all’industria inquinante. Non esiste possibilità di vita al di fuori del sistema dei veleni e degli amici degli amici dei veleni.
L’ecosistema sociale della diossina uccide ogni altra possibilità di impresa.
Oggi 20mila lavoratori rischiano di perdere il lavoro: non chiude solo l’acciaieria ma tutte le attività dell’indotto.
Certo non possono essere i lavoratori a pagare il conto subendo oltre alle malattie la disoccupazione.
Sarebbe doppiamente orribile.
Ma chiedere che l’attività inquinante continui per salvare i posti di lavoro è folle.
E Bonelli, che alle ultime elezioni comunali per il suo impegno coraggioso è stato premiato con più del 10% dei voti, segno che non tutti i tarantini sono disposti ad accettare il ricatto, avrebbe anche un’idea su come uscire da questa situazione allucinante. Ad esempio il Gruppo Riva, che negli ultimi anni ha avuto utili per oltre 3 miliardi di euro, dovrebbe prendersi le sue responsabilità.
Bonelli dice anche: “Il futuro di Taranto è nella conversione industriale così come è stata realizzata a Pittsburgh, Bilbao, città dove si è abbandonato un modello economico basato alla diossina. I posti di lavoro dell’Ilva possono essere salvati avviando subito le bonifiche … Gli operai devono diventare i tecnici delle bonifiche. E’ necessario poi che Taranto venga dichiarata No-Tax Area per almeno 5 anni, misura necessaria per attrarre investimenti italiani e esteri per investimenti su nuove aziende basate sull’innovazione, la Green Economy e un modello economico non inquinante”.
Come al solito le soluzioni ci sono.
Ma a volte continuare a uccidere è più facile.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07 ... no/308299/
Taranto: la diossina e la disoccupazione uccidono
di Jacopo Fo | 27 luglio 2012
Credo che non ci sia situazione più tragica di quella di dover scegliere tra la salute e il lavoro. Tra dar da mangiare oggi ai figli e il rischio di vederli ammalati domani.
Terribile.
Indegno di una società civile che migliaia di famiglie siano sottoposte col ricatto a questa scelta mostruosa: lavoro in cambio di anni di vita.
Segno dell’inciviltà dei tempi.
L’azione della magistratura, che ha incriminato alcuni dirigenti e ex dirigenti dell’Ilva e ha sequestrato le acciaierie, dimostra che quel che ripetiamo da anni non era un’invenzione di ecologisti isterici.
I dati sui tumori e le morti causate della diossina emessa dagli impianti non lasciano dubbi sul disastro ambientale in corso.
Angelo Bonelli ex segretario dei Verdi Civici, a Taranto ha condotto una battaglia lunga e difficilissima contro il muro di gomma delle connivenze e ci dà la misura della devastazione: “A Taranto è caduta una quantità di diossina tre volte superiore a quella di Seveso… non si possono coltivare i terreni entro un raggio di 20 chilometri dall’area industriale. La diossina è entrata nel latte materno”.
Quello che è successo a Taranto è mostruoso, inconcepibile in un paese civile. E disgraziatamente non è un caso isolato. L’amianto a Monfalcone, il petrolchimico a Gela, la centrali a carbone di Vado Ligure, Savona, competono in numero di morti solo con le discariche abusive intorno ad Acerra.
Fa orrore pensare agli adulti e ai bambini che hanno visto distrutta la loro vita dai veleni. Fa orrore pensare agli spietati imprenditori che per un pugno di dollari hanno seminato morte e poi si sono comprati un panfilo più grande.
Ma che gente è questa?
Hanno un’anima?
Ma c’è da chiedersi anche che cosa abbiano fatto i sindacati. Come è stato possibile che abbiano chiuso gli occhi di fronte a questo scempio. Si sono piegati al ricatto del posto di lavoro?
Come se fosse inevitabile. Come se non fosse possibile produrre senza avvelenare.
Oppure credevano veramente alle perizie addomesticate?
Non vedevano la gente ammalarsi?
Quella di Taranto è una storia pazzesca, condita con intrighi e complotti…
Nelle carte del giudice per le indagini preliminari di Taranto, Patrizia Todisco, si parla anza. E la magistratura ha in mano intercettazioni e videoriprese che provano questi scambi di denaro.
Oggi alcuni operai inferociti dicono alle telecamere del Fatto Quotidiano: “Andremo a magiare a casa dei giudici!”
Paradossale: stanno uccidendo te e la tua famiglia e tu te la prendi con il giudice che cerca di salvarti la vita?
Parole inspiegabili se dietro non ci fosse stato un lungo lavoro di disinformazione.
E se non ci fosse una città dove non esistono altre possibilità di lavoro…
Infatti, intorno al sistema del veleno si è sviluppata una società che ormai è fatiscente, con amministrazioni scellerate colpite da decine di inchieste e commissariamenti, che hanno portato al collasso finanziario il Comune con centinaia di milioni di euro di debiti… E in una tale situazione di assenza di legalità e buon governo è facile intuire come alla fine si sia generato un clima irrespirabile per gli imprenditori onesti e quindi il restringersi delle opportunità di impiantare altre attività produttive che offrissero un’alternativa all’industria inquinante. Non esiste possibilità di vita al di fuori del sistema dei veleni e degli amici degli amici dei veleni.
L’ecosistema sociale della diossina uccide ogni altra possibilità di impresa.
Oggi 20mila lavoratori rischiano di perdere il lavoro: non chiude solo l’acciaieria ma tutte le attività dell’indotto.
Certo non possono essere i lavoratori a pagare il conto subendo oltre alle malattie la disoccupazione.
Sarebbe doppiamente orribile.
Ma chiedere che l’attività inquinante continui per salvare i posti di lavoro è folle.
E Bonelli, che alle ultime elezioni comunali per il suo impegno coraggioso è stato premiato con più del 10% dei voti, segno che non tutti i tarantini sono disposti ad accettare il ricatto, avrebbe anche un’idea su come uscire da questa situazione allucinante. Ad esempio il Gruppo Riva, che negli ultimi anni ha avuto utili per oltre 3 miliardi di euro, dovrebbe prendersi le sue responsabilità.
Bonelli dice anche: “Il futuro di Taranto è nella conversione industriale così come è stata realizzata a Pittsburgh, Bilbao, città dove si è abbandonato un modello economico basato alla diossina. I posti di lavoro dell’Ilva possono essere salvati avviando subito le bonifiche … Gli operai devono diventare i tecnici delle bonifiche. E’ necessario poi che Taranto venga dichiarata No-Tax Area per almeno 5 anni, misura necessaria per attrarre investimenti italiani e esteri per investimenti su nuove aziende basate sull’innovazione, la Green Economy e un modello economico non inquinante”.
Come al solito le soluzioni ci sono.
Ma a volte continuare a uccidere è più facile.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07 ... no/308299/
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