Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
In cammino verso il buco nero.
Oltre al caldo soffocante, che quest’anno è da record, ordinato di certo dal governo Monti, così si fanno fuori i pensionati più debilitati e si risparmia, tiene banco lo spread.
Oggi, dopo qualche giorno di euforia pressoché inutile da soliti provinciali italioti, crolla nuovamente la borsa.
MERCATI
Draghi: «Pronti a intervenire»
Crolla la Borsa (-5%), spread a 500
Corriere.it
Il Prof. Giulio Sapelli, economista torinese, Professore ordinario di Storia Economica presso l'Università degli Studi di Milano, dove insegna anche Analisi Culturale dei Processi Organizzativi, oltre ad essere collaboratore del Corriere della Sera, l’altra settimana non l’ha mandata a dire circa la manovra economica in corso.
In tempi di recessione non si possono intraprendere manovre orientate all’austerità. Eppure, ha sostenuto il Professore, le teorie keynesiane sono note.
I tecnici di questo governo non hanno mai aperto un libro di economia, ha proseguito di rincalzo.
Adesso, come per la cara salma siamo di nuovo al redde rationem.
Ma in questo caso il sacro Colle tace, come tacciono i tre dell’ammucchiata. Solo Angelino ha protestato, ma non per il dato economico in sé come elemento negativo che si riversa sul popolo italiano che dovrà provvedere a pagare, ma solo perché non vengono fatte le debite scuse al suo signore e badrone.
Gli altri due della troika dell’ammucchaiata, B & C, sempre attentissimi e canterini sulle stronzate, marciano con l’acqua in bocca, …fanno scena muta. Non so, non ho visto e se c’ero, dormivo.
Quando un Paese presenta i dati economici dell’Italia, non è che c’è molto da fare. Bisogna iniziare una stagione dolorosissima di grandi sacrifici. Ma questi sacrifici, per non spaccare la struttura Paese devono essere equamente ripartiti. Altrimenti succede come in meccanica quando si sbaglia a calcolare la ripartizione dei carichi. La struttura più debole cede e rischia di trascinare con sé tutto il resto.
Invece Monti, i suoi presunti tecnici, la troika dell’ammucchiata ABC, i sacerdoti e chierici dei media al seguito, sono improvvisamente diventati mussulmani.
Con la differenza che però non si inginocchiano con il kulen all’aria, verso La Mecca, ma verso Francoforte dove ha sede la Bce.
Monti, i suoi presunti tecnici, la troika dell’ammucchiata ABC, i sacerdoti e chierici dei media al seguito, hanno applicato il verbo Bce.
Dopo 8 mesi di terapia montiana, in cui si sono sodomizzati solo lavoratori e pensionati, i dati economici sono chiari.
Spread a 500.
Tassazione al 55 % - Secondo Squinzi e Sapelli invece è al 70 %.
La disoccupazione è al 10,8 %
La disoccupazione giovanile è al 36 %
Oggi sul Corriere.it:
PREVISIONI CONFCOMMERCIO PER IL 2012
Confcommercio, calano ancora i consumi
delle famiglie: « Mai così dal dopoguerra»
I consumi dovrebbe andare giù del 2,8%, rivista al ribasso anche la stima sul pil che nel 2012 dovrebbe arretrare del 2,2%
Anche uno scemo capirebbe a questo punto che questa manovra è fallita perché era sbagliata all’origine.
Non è così però per Casini che continua a raccontare ai merloni giganti, che a Palazzo Chigi ci sta una persona che fa benissimo.
Il capo della finta sinistra gli và dietro e tutti noi finiremo in un buco nero come ha affermato il Prof. Sapelli.
Il Prof. Vaciago al Tg3 delle 19,00 accenna alla lettera della Bce e alla richiesta Trichet-Draghi di fare le riforme.
E’ un anno oramai che spaccano le palle con le riforme.
Si devono mettere in testa che le riforme si possono fare solo se si attua per prima la riforma regina.
Cioè quella riforma che manda a casa tutti i partiti dell’ammucchiata ABC.
Oltre al caldo soffocante, che quest’anno è da record, ordinato di certo dal governo Monti, così si fanno fuori i pensionati più debilitati e si risparmia, tiene banco lo spread.
Oggi, dopo qualche giorno di euforia pressoché inutile da soliti provinciali italioti, crolla nuovamente la borsa.
MERCATI
Draghi: «Pronti a intervenire»
Crolla la Borsa (-5%), spread a 500
Corriere.it
Il Prof. Giulio Sapelli, economista torinese, Professore ordinario di Storia Economica presso l'Università degli Studi di Milano, dove insegna anche Analisi Culturale dei Processi Organizzativi, oltre ad essere collaboratore del Corriere della Sera, l’altra settimana non l’ha mandata a dire circa la manovra economica in corso.
In tempi di recessione non si possono intraprendere manovre orientate all’austerità. Eppure, ha sostenuto il Professore, le teorie keynesiane sono note.
I tecnici di questo governo non hanno mai aperto un libro di economia, ha proseguito di rincalzo.
Adesso, come per la cara salma siamo di nuovo al redde rationem.
Ma in questo caso il sacro Colle tace, come tacciono i tre dell’ammucchiata. Solo Angelino ha protestato, ma non per il dato economico in sé come elemento negativo che si riversa sul popolo italiano che dovrà provvedere a pagare, ma solo perché non vengono fatte le debite scuse al suo signore e badrone.
Gli altri due della troika dell’ammucchaiata, B & C, sempre attentissimi e canterini sulle stronzate, marciano con l’acqua in bocca, …fanno scena muta. Non so, non ho visto e se c’ero, dormivo.
Quando un Paese presenta i dati economici dell’Italia, non è che c’è molto da fare. Bisogna iniziare una stagione dolorosissima di grandi sacrifici. Ma questi sacrifici, per non spaccare la struttura Paese devono essere equamente ripartiti. Altrimenti succede come in meccanica quando si sbaglia a calcolare la ripartizione dei carichi. La struttura più debole cede e rischia di trascinare con sé tutto il resto.
Invece Monti, i suoi presunti tecnici, la troika dell’ammucchiata ABC, i sacerdoti e chierici dei media al seguito, sono improvvisamente diventati mussulmani.
Con la differenza che però non si inginocchiano con il kulen all’aria, verso La Mecca, ma verso Francoforte dove ha sede la Bce.
Monti, i suoi presunti tecnici, la troika dell’ammucchiata ABC, i sacerdoti e chierici dei media al seguito, hanno applicato il verbo Bce.
Dopo 8 mesi di terapia montiana, in cui si sono sodomizzati solo lavoratori e pensionati, i dati economici sono chiari.
Spread a 500.
Tassazione al 55 % - Secondo Squinzi e Sapelli invece è al 70 %.
La disoccupazione è al 10,8 %
La disoccupazione giovanile è al 36 %
Oggi sul Corriere.it:
PREVISIONI CONFCOMMERCIO PER IL 2012
Confcommercio, calano ancora i consumi
delle famiglie: « Mai così dal dopoguerra»
I consumi dovrebbe andare giù del 2,8%, rivista al ribasso anche la stima sul pil che nel 2012 dovrebbe arretrare del 2,2%
Anche uno scemo capirebbe a questo punto che questa manovra è fallita perché era sbagliata all’origine.
Non è così però per Casini che continua a raccontare ai merloni giganti, che a Palazzo Chigi ci sta una persona che fa benissimo.
Il capo della finta sinistra gli và dietro e tutti noi finiremo in un buco nero come ha affermato il Prof. Sapelli.
Il Prof. Vaciago al Tg3 delle 19,00 accenna alla lettera della Bce e alla richiesta Trichet-Draghi di fare le riforme.
E’ un anno oramai che spaccano le palle con le riforme.
Si devono mettere in testa che le riforme si possono fare solo se si attua per prima la riforma regina.
Cioè quella riforma che manda a casa tutti i partiti dell’ammucchiata ABC.
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Re: Come se ne viene fuori ?
La prima guerra mondiale valutaria continua ad infuriare e miete vittime fra la coesione sociale dei paesi "cosiddetti" democratici, le misure recessive di austerità attuate a copertura del grande assalto finale del capitalismo alle teprie che furono di Marx e Engels stanno sfondando le linee di difesa delle masse oramai poco produttrici ma soprattutto consumatrici e quì si insinua il grande equivoco di questa camppagna lanciata dai grandi Poteri Forti del Globo: chi consumerà dopo se avremo ridotto le masse tutte al livello dei lavoratori schiavi dell'estremo oriente? Il parassita capitalismo/consumismo che uccide per avidità il corpo società che lo ospita...
Forse come dice giorgio si arriverà anche alle rivoluzioni, quando le pancie somo vuote e non c'è più nulla o quasi da perdere gli uomini non vedono altra soluzione che l'eliminazione fisica del nemico o di loro stessi... forse regrediremo in una nuova schiavitù sociale come nel MedioEvo... non lo so...
Quello che so è che non si può andare avanti così per molto ancora...
Forse come dice giorgio si arriverà anche alle rivoluzioni, quando le pancie somo vuote e non c'è più nulla o quasi da perdere gli uomini non vedono altra soluzione che l'eliminazione fisica del nemico o di loro stessi... forse regrediremo in una nuova schiavitù sociale come nel MedioEvo... non lo so...
Quello che so è che non si può andare avanti così per molto ancora...
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Re: Come se ne viene fuori ?
Povertà e delinquenza
Oramai mi sono rassegnato a vivere all’interno di un “Carosello”. Esattamente mezzo secolo fa, per la miseria come passa il tempo, nasceva il Carosello della China Martini, con Ernesto Calindri e Franco Volpi che concludevano le loro rappresentazioni con il classico : “Dura minga, dura no,…..non può durare”.
A questo classico finale, nel “Convegno dei cinque”, da due anni a questa parte, ogni analisi politica o sociologica termina sempre con un scontato “Da questa situazione non se ne esce più”.
Come tutte le strade portano a Roma, in questo caso non c’è via scampo in nulla.
La povertà di strada da parte di coloro che chiedono l’elemosina è aumentata in modo impressionante.
Non è minimamente paragonabile a quella del primo dopo guerra, che aveva una sua giustificazione. Oggi a quella indigena, si è aggiunta quella degli extracomunitari.
La coda all’ex dazio di Viale Monza, dove viene distribuito cibo per la sopravvivenza quotidiana aumenta ogni giorno di più.
In centro a Milano, zona Rinascente, Via Hoepli, ecc. è un disastro. Si parte dalle scale di accesso alla metropolitana, e in superficie ogni tre per due c’è chi chiede la carità. Molti extracomunitari non parlano la lingua e mostrano cartelli con messaggi di richiesta di aiuto scritti in italiano.
I racconti della microcriminalità sono alla portata di tutti i giorni. La novità odierna è che le forze dell’ordine quando chiami per un furto in casa, non escono neppure più. Si raccomandano di fare la denuncia. Tra i soldi che non ci stavano prima e i tagli di questi tempi sulle forze dell’ordine non puoi più far conto.
Il disagio percepito è notevole.
La produzione cinematografica statunitense ha realizzato un po’ di anni fa film dove ipotizzano la vita in città anarchiche in preda di bande criminali.
Ci manca poco ad arrivare a quella soglia. Tanto per tenerci in allenamento ci pensa la ‘ndrangheta, che qui è di casa più che a Reggio Calabria.
I trecento fuochi nella conca d’oro della ‘ndrangheta lombarda e nessuno denuncia
Dal gennaio 2010 i roghi hanno riguardato i comuni di Corsico, Buccinasco, Assago e Trezzano sul Naviglio. Il dato emerge dalla relazioni mensili dei carabinieri del sud Milano. Dal 2009, infatti, l'area metropolitana è monitorata su disposizione del procuratore Ilda Boccassini
Da IFQ
Dieci anni fa il ministro Lunardi ha dichiarato: <<Con mafia e camorra dobbiamo imparare a convivere>>
E noi ci siamo adattati, e adesso comandano loro.
Nessuno nei ragionamenti sentiti ieri, si aspetta nulla dal partito della finta sinistra ormai defunto, che ambisce fortemente collaborare con chi trae il proprio sostegno numerico dalla Sicilia, dagli amici di don Totò Cuffaro, detto vasa vasa.
Ma non crede neppure alle parole del menestrello pugliese quando parla di lotta alla mafia nel suo programma.
Come possa pretendere la lotta alla mafia con i nuovi alleati ci può credere soltanto lui.
Non dimentichiamoci poi come si vive a Napoli dal racconto recente di myriam, riferito alla sistematicità degli scippi sull’autobus di linea che porta dalla stazione al centro.
Ma quello che colpisce di più è quel piccolo cammeo del racconto del carabiniere, che potrebbe essere inserito nel nuovo film : “Così parlò Bellavista 2”.
Il carabiniere sull’autobus che ti avvisa di non avvisare la vittima dello scippo con sguardi o gesti, perché gli scippatori sono gente pericolosa e ti potrebbero seguire fino a casa per darti una lezione.
Un piccolo capolavoro del teatro napoletano.
Ed ecco che alla fine, sia per quanto riguarda la povertà che la criminalità dilagante ed imperante, la conclusione diventa obbligatoriamente sempre la stessa :
“Da questa situazione non se ne esce più”.
Oramai mi sono rassegnato a vivere all’interno di un “Carosello”. Esattamente mezzo secolo fa, per la miseria come passa il tempo, nasceva il Carosello della China Martini, con Ernesto Calindri e Franco Volpi che concludevano le loro rappresentazioni con il classico : “Dura minga, dura no,…..non può durare”.
A questo classico finale, nel “Convegno dei cinque”, da due anni a questa parte, ogni analisi politica o sociologica termina sempre con un scontato “Da questa situazione non se ne esce più”.
Come tutte le strade portano a Roma, in questo caso non c’è via scampo in nulla.
La povertà di strada da parte di coloro che chiedono l’elemosina è aumentata in modo impressionante.
Non è minimamente paragonabile a quella del primo dopo guerra, che aveva una sua giustificazione. Oggi a quella indigena, si è aggiunta quella degli extracomunitari.
La coda all’ex dazio di Viale Monza, dove viene distribuito cibo per la sopravvivenza quotidiana aumenta ogni giorno di più.
In centro a Milano, zona Rinascente, Via Hoepli, ecc. è un disastro. Si parte dalle scale di accesso alla metropolitana, e in superficie ogni tre per due c’è chi chiede la carità. Molti extracomunitari non parlano la lingua e mostrano cartelli con messaggi di richiesta di aiuto scritti in italiano.
I racconti della microcriminalità sono alla portata di tutti i giorni. La novità odierna è che le forze dell’ordine quando chiami per un furto in casa, non escono neppure più. Si raccomandano di fare la denuncia. Tra i soldi che non ci stavano prima e i tagli di questi tempi sulle forze dell’ordine non puoi più far conto.
Il disagio percepito è notevole.
La produzione cinematografica statunitense ha realizzato un po’ di anni fa film dove ipotizzano la vita in città anarchiche in preda di bande criminali.
Ci manca poco ad arrivare a quella soglia. Tanto per tenerci in allenamento ci pensa la ‘ndrangheta, che qui è di casa più che a Reggio Calabria.
I trecento fuochi nella conca d’oro della ‘ndrangheta lombarda e nessuno denuncia
Dal gennaio 2010 i roghi hanno riguardato i comuni di Corsico, Buccinasco, Assago e Trezzano sul Naviglio. Il dato emerge dalla relazioni mensili dei carabinieri del sud Milano. Dal 2009, infatti, l'area metropolitana è monitorata su disposizione del procuratore Ilda Boccassini
Da IFQ
Dieci anni fa il ministro Lunardi ha dichiarato: <<Con mafia e camorra dobbiamo imparare a convivere>>
E noi ci siamo adattati, e adesso comandano loro.
Nessuno nei ragionamenti sentiti ieri, si aspetta nulla dal partito della finta sinistra ormai defunto, che ambisce fortemente collaborare con chi trae il proprio sostegno numerico dalla Sicilia, dagli amici di don Totò Cuffaro, detto vasa vasa.
Ma non crede neppure alle parole del menestrello pugliese quando parla di lotta alla mafia nel suo programma.
Come possa pretendere la lotta alla mafia con i nuovi alleati ci può credere soltanto lui.
Non dimentichiamoci poi come si vive a Napoli dal racconto recente di myriam, riferito alla sistematicità degli scippi sull’autobus di linea che porta dalla stazione al centro.
Ma quello che colpisce di più è quel piccolo cammeo del racconto del carabiniere, che potrebbe essere inserito nel nuovo film : “Così parlò Bellavista 2”.
Il carabiniere sull’autobus che ti avvisa di non avvisare la vittima dello scippo con sguardi o gesti, perché gli scippatori sono gente pericolosa e ti potrebbero seguire fino a casa per darti una lezione.
Un piccolo capolavoro del teatro napoletano.
Ed ecco che alla fine, sia per quanto riguarda la povertà che la criminalità dilagante ed imperante, la conclusione diventa obbligatoriamente sempre la stessa :
“Da questa situazione non se ne esce più”.
Re: Come se ne viene fuori ?
E' un articolo di facile lettura, che schematizza l'unica tesi economica in circolazione, alternativa al "rigore" neo-liberista.
L'assioma secondo cui i cosiddetti mercati sarebbero i giudici della virtuosità o della dissipatezza dei governi, viene efficacemente confutata con semplici dati.
La conclusione è che l'affermazione secondo cui “la casta, infetta dalla corruzione, si è data a una forsennata spesa pubblica improduttiva che ha fatto esplodere il debito pubblico, causando la crisi”, sarebbe classificabile tra i "ragionamenti semplici per animi semplici, che hanno facile presa sui dottor Livore marci di invidia e di odio sociale, su quella minoranza chiassosa di persone convinte di essere le uniche a lavorare e a pagare le tasse".
Mi sembra che il ragionamento, formalmente corretto, sorvoli un po' troppo disinvoltamente su un altro dato: la pressione fiscale per i contribuenti italiani "onesti" è arrivata al 55%, mentre di contro i livelli qualitativi e quantitativi dei servizi sociali sono in picchiata e comunque nemmeno lontanamente paragonabili a quelli dei paesi europei più avanzati aventi un analogo rapporto fisco/pil.
Se non alla "casta, infetta dalla corruzione" a chi attribuiamo questa truffa alla quale sono sottoposti quelli che pagano le tasse, cioè principalmente lavoratori dipendenti e pensionati?
Per i neo-liberisti la risposta è semplice (ma sostanzialmente falsa): "sprechi e corruzione" sono insiti nella spesa pubblica, per cui l'unico modo per ridurre i primi è di tagliare la seconda.
E per la sinistra? Qual'è la risposta? A me sembra che consista nel "sorvolare" per parlare d'altro.
Quelli che… la colpa è del debito pubblico
di Alberto Bagnai | 3 agosto 2012
Come ogni ideologia, anche il luogocomunismo costruisce il consenso attorno alla figura di un nemico ideologico. I nemici dei fascisti erano i comunisti, e quelli dei comunisti, in bella simmetria, i fascisti. E i luogocomunisti? Il loro nemico è lo Stato, ma siccome detta così suona male, preferiscono dirla in un altro modo: “la casta, infetta dalla corruzione, si è data a una forsennata spesa pubblica improduttiva che ha fatto esplodere il debito pubblico, causando la crisi”. Conclusione? Basta ridurre il ruolo dello Stato nell’economia. Anche questo non viene detto così: si preferisce dire “tagliare la spesa improduttiva”. E certo, se è improduttiva, perché non tagliarla? Anche perché tagliandola ridurremmo di certo il debito pubblico: sconfiggeremmo il nemico.
Ragionamenti semplici per animi semplici, che hanno facile presa sui dottor Livore marci di invidia e di odio sociale, su quella minoranza chiassosa di persone convinte di essere le uniche a lavorare e a pagare le tasse. Una minoranza che non rappresenta questo paese, abitato per lo più da persone generose, integre e umane, ma che può condizionarne le sorti politiche. I piccoli dottor Livore sono una miniera d’oro elettorale: digli “castadebitopubblicobrutto”, e li avrai con te.
Il punto di forza di questo “pensiero” è che si appoggia su asserzioni ovvie. Certo, il debito pubblico deve essere tenuto sotto controllo, chi lo nega? Ma qualche problemino c’è. Ad esempio… sicuri che il debito pubblico sia la causa della crisi? I dati lo smentiscono. All’inizio della crisi (2007), su cinque paesi colpiti tre avevano il debito pubblico in calo (Irlanda, Italia e Spagna), uno lo aveva stazionario (Grecia) e solo il Portogallo lo aveva in crescita, su valori che oggi farebbero invidia alla Germania. Situazioni differenziate, ma in nessun caso particolarmente preoccupanti. Qui arriva di solito quello furbo, che ti dice: “Sì, va bene, prima della crisi il debito pubblico italiano si è ridotto (di 10 punti di Pil), però era alto!”. D’accordo, ho capito che era alto, lo so! Ma lo era stato (e molto di più) per vent’anni! E allora perché mai la crisi sarebbe dovuta scoppiare proprio mentre scendeva? A questa replica qualcuno tira fuori l’argomento risolutore: “La colpa è di Berlusconi”! Un argomento che andava ancora bene per i gonzi a settembre, ma che dopo qualche mese di spread a 500 anche loro valutano ormai per quello che vale: zero.
Una risposta meno insulsa viene da un altro dato comune alle cinque economie in crisi: dall’entrata nell’euro (1999) allo scoppio della crisi (2007) in ognuna di esse era esploso il debito privato, con aumenti dai 31 punti di Pil (Italia) ai 98 punti di Pil (Irlanda e Spagna). Quella che ora i mezzi di disinformazione di massa presentano come crisi bancaria causata da una crisi del debito pubblico, nei dati si presenta in modo opposto: la crisi di debito pubblico è causata dal dissesto finanziario del settore privato (come ammettono anche Giavazzi ed Alesina), attraverso gli interventi di salvataggio delle banche con soldi pubblici, e attraverso il crollo dei redditi privati e quindi delle entrate fiscali. Casta, corruzione, evasione sono certo da combattere, ma con questa dinamica c’entrano poco.
C’entra invece la strategia di espansione del capitalismo del Nord, che ha favorito lo smaltimento della propria sovrapproduzione inondando di liquidità i mercati del Sud, onde facilitare l’accesso al credito di famiglie e imprese. Lo dimostrano i dati sul debito estero netto: le prime economie colpite sono quelle nelle quali il debito estero è aumentato di più (70 punti di Pil in Grecia, 68 in Irlanda…), e il principale creditore era la Germania (il cui credito estero netto è simmetricamente aumentato di 25 punti di Pil).
Un bel giochetto (ti presto i soldi così mi compri i miei beni), simile a quello che la Cina gioca con gli Stati Uniti: sarebbe potuto durare più a lungo se da oltre Oceano non fosse arrivato lo shock del fallimento Lehman. Questo ha costretto le banche alemanne a rientrare dalle loro esposizioni, facendo, come nella miglior tradizione locale, la voce grossa coi più deboli: i Pigs. Il resto lo ricordiamo tutti. Le politiche di austerità, in questo contesto, non possono che peggiorare la situazione, mettendo in ulteriore difficoltà le famiglie e le imprese che devono rimborsare i propri debiti (privati). Ma non ditelo al dott. Livore…
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... co/315741/
L'assioma secondo cui i cosiddetti mercati sarebbero i giudici della virtuosità o della dissipatezza dei governi, viene efficacemente confutata con semplici dati.
La conclusione è che l'affermazione secondo cui “la casta, infetta dalla corruzione, si è data a una forsennata spesa pubblica improduttiva che ha fatto esplodere il debito pubblico, causando la crisi”, sarebbe classificabile tra i "ragionamenti semplici per animi semplici, che hanno facile presa sui dottor Livore marci di invidia e di odio sociale, su quella minoranza chiassosa di persone convinte di essere le uniche a lavorare e a pagare le tasse".
Mi sembra che il ragionamento, formalmente corretto, sorvoli un po' troppo disinvoltamente su un altro dato: la pressione fiscale per i contribuenti italiani "onesti" è arrivata al 55%, mentre di contro i livelli qualitativi e quantitativi dei servizi sociali sono in picchiata e comunque nemmeno lontanamente paragonabili a quelli dei paesi europei più avanzati aventi un analogo rapporto fisco/pil.
Se non alla "casta, infetta dalla corruzione" a chi attribuiamo questa truffa alla quale sono sottoposti quelli che pagano le tasse, cioè principalmente lavoratori dipendenti e pensionati?
Per i neo-liberisti la risposta è semplice (ma sostanzialmente falsa): "sprechi e corruzione" sono insiti nella spesa pubblica, per cui l'unico modo per ridurre i primi è di tagliare la seconda.
E per la sinistra? Qual'è la risposta? A me sembra che consista nel "sorvolare" per parlare d'altro.
Quelli che… la colpa è del debito pubblico
di Alberto Bagnai | 3 agosto 2012
Come ogni ideologia, anche il luogocomunismo costruisce il consenso attorno alla figura di un nemico ideologico. I nemici dei fascisti erano i comunisti, e quelli dei comunisti, in bella simmetria, i fascisti. E i luogocomunisti? Il loro nemico è lo Stato, ma siccome detta così suona male, preferiscono dirla in un altro modo: “la casta, infetta dalla corruzione, si è data a una forsennata spesa pubblica improduttiva che ha fatto esplodere il debito pubblico, causando la crisi”. Conclusione? Basta ridurre il ruolo dello Stato nell’economia. Anche questo non viene detto così: si preferisce dire “tagliare la spesa improduttiva”. E certo, se è improduttiva, perché non tagliarla? Anche perché tagliandola ridurremmo di certo il debito pubblico: sconfiggeremmo il nemico.
Ragionamenti semplici per animi semplici, che hanno facile presa sui dottor Livore marci di invidia e di odio sociale, su quella minoranza chiassosa di persone convinte di essere le uniche a lavorare e a pagare le tasse. Una minoranza che non rappresenta questo paese, abitato per lo più da persone generose, integre e umane, ma che può condizionarne le sorti politiche. I piccoli dottor Livore sono una miniera d’oro elettorale: digli “castadebitopubblicobrutto”, e li avrai con te.
Il punto di forza di questo “pensiero” è che si appoggia su asserzioni ovvie. Certo, il debito pubblico deve essere tenuto sotto controllo, chi lo nega? Ma qualche problemino c’è. Ad esempio… sicuri che il debito pubblico sia la causa della crisi? I dati lo smentiscono. All’inizio della crisi (2007), su cinque paesi colpiti tre avevano il debito pubblico in calo (Irlanda, Italia e Spagna), uno lo aveva stazionario (Grecia) e solo il Portogallo lo aveva in crescita, su valori che oggi farebbero invidia alla Germania. Situazioni differenziate, ma in nessun caso particolarmente preoccupanti. Qui arriva di solito quello furbo, che ti dice: “Sì, va bene, prima della crisi il debito pubblico italiano si è ridotto (di 10 punti di Pil), però era alto!”. D’accordo, ho capito che era alto, lo so! Ma lo era stato (e molto di più) per vent’anni! E allora perché mai la crisi sarebbe dovuta scoppiare proprio mentre scendeva? A questa replica qualcuno tira fuori l’argomento risolutore: “La colpa è di Berlusconi”! Un argomento che andava ancora bene per i gonzi a settembre, ma che dopo qualche mese di spread a 500 anche loro valutano ormai per quello che vale: zero.
Una risposta meno insulsa viene da un altro dato comune alle cinque economie in crisi: dall’entrata nell’euro (1999) allo scoppio della crisi (2007) in ognuna di esse era esploso il debito privato, con aumenti dai 31 punti di Pil (Italia) ai 98 punti di Pil (Irlanda e Spagna). Quella che ora i mezzi di disinformazione di massa presentano come crisi bancaria causata da una crisi del debito pubblico, nei dati si presenta in modo opposto: la crisi di debito pubblico è causata dal dissesto finanziario del settore privato (come ammettono anche Giavazzi ed Alesina), attraverso gli interventi di salvataggio delle banche con soldi pubblici, e attraverso il crollo dei redditi privati e quindi delle entrate fiscali. Casta, corruzione, evasione sono certo da combattere, ma con questa dinamica c’entrano poco.
C’entra invece la strategia di espansione del capitalismo del Nord, che ha favorito lo smaltimento della propria sovrapproduzione inondando di liquidità i mercati del Sud, onde facilitare l’accesso al credito di famiglie e imprese. Lo dimostrano i dati sul debito estero netto: le prime economie colpite sono quelle nelle quali il debito estero è aumentato di più (70 punti di Pil in Grecia, 68 in Irlanda…), e il principale creditore era la Germania (il cui credito estero netto è simmetricamente aumentato di 25 punti di Pil).
Un bel giochetto (ti presto i soldi così mi compri i miei beni), simile a quello che la Cina gioca con gli Stati Uniti: sarebbe potuto durare più a lungo se da oltre Oceano non fosse arrivato lo shock del fallimento Lehman. Questo ha costretto le banche alemanne a rientrare dalle loro esposizioni, facendo, come nella miglior tradizione locale, la voce grossa coi più deboli: i Pigs. Il resto lo ricordiamo tutti. Le politiche di austerità, in questo contesto, non possono che peggiorare la situazione, mettendo in ulteriore difficoltà le famiglie e le imprese che devono rimborsare i propri debiti (privati). Ma non ditelo al dott. Livore…
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... co/315741/
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Re: Come se ne viene fuori ?
Perché siamo destinati ad andare a fondo, a finire nel buco nero come sostiene l’economista Sapelli.
Gli economisti come Francesco Giavazzi risentono pesantemente dell’impronta bocconiana dove insegna politica economica. Hanno la peculiarità di non raccontare mai fino in fondo come stanno le cose. Anche quando s’impegnano in senso positivo, raccontano solo le cose a metà, ..quando va bene.
Nel suo editoriale di ieri sul Corriere della Sera, il Prof. Giavazzi sostiene che volendo ce la possiamo fare anche da soli, senza chiedere l’aiuto al Fondo europeo per la stabilità finanziaria.
Per riuscirci da soli ci vuole uno scatto di orgoglio. È necessario che Mario Monti ritrovi lo slancio e la determinazione iniziali. E soprattutto è necessario che il Parlamento si occupi di meno degli interessi particolari dei quali è diventato il paladino e guardi un po' di più all'interesse generale.
Si è vero che ce la possiamo fare ma prima occorre mettere mano a riforme strutturali.
La prima è quella di dare lo stop alla corruzione che ci costa 100 miliardi anno.
E qui subito vediamo che non esiste nessuna volontà politica per dare il via ad un nuovo corso in questa direzione.
Nei partiti esiste un’alto tasso di banditismo che non lo consente.
Nel Pd i montiani hanno inviato beffardamente una lettera al Corriere della Sera più di un mese fa sostenendo che dopo Monti bisogna proseguire con la sua politica.
Si sono guardati bene dal andare al sodo della questione, dove al punto in cui siamo non è possibile gettare i soldi dalla finestra con la corruzione. Questo perché assieme agli altri montiani della destra fanno parte del sistema della corruzione a livello nazionale.
Da qui si comprende che con questa classe politica non se ne viene fuori.
Inoltre occorre mettere mano alla patrimoniale per quel 10 % degli italiani che detiene il 44,7 % della ricchezza privata italiana.
Oltre ad un’altra serie di provvedimenti, è possibile prima bloccare l’andamento negativo dell’economia, poi stabilizzarlo e quindi provvedere alla ripresa.
In questo modo lo spread si abbassa automaticamente perché chi compra il nostro debito vuole solo una cosa, riportare a casa i soldi investiti più gli interessi.
Questa manovra Monti non ha voluto farla subito e i dati economici e finanziari di oggi parlano chiaro. Siamo di nuovo al punto di partenza con lo spread, la ragione per cui Monti era stato chiamato alla guida del Paese, e l’economia ha fatto un tonfo imperdonabile. Fiat parla per tutti.
Ma Monti questo scatto d’orgoglio, come dice Giavazzi, non lo avrà mai.
Stanno varando in questi giorni il programma per il rilancio dell’economia.
Un ritardo di 9 mesi.
E’ come se iniziassero ad applicare le cure ad un malato grave dopo 9 mesi, come eravamo noi a novembre.
Ovvio che il paziente muore.
I tedeschi lo sanno bene che noi possiamo farcela da soli, ma sanno anche che esiste una volontà politica che preferisce non mettere mano in certi santuari.
Preferisce fare il questuante o il magliaro chiedendo i soldi in prestito ad altri.
E' un pò difficile dargli torto. Nessuno presterebbe soldi ad altri quando si sa che il questuante i soldi li ha ma non vuole intaccare il proprio capitale.
***
IL COMMISSARIAMENTO SI PUÒ EVITARE
Ce la facciamo anche da soli
Dobbiamo farcela da soli. Non chiedere l'aiuto del Fondo europeo per la stabilità finanziaria (Efsf e poi Esm), non sottoporci alla vigilanza dell'Eurogruppo e rinunciare allo scudo che ci offre la Bce. Ce la possiamo fare da soli perché la nostra situazione è diversa da quella spagnola: non abbiamo avuto una bolla immobiliare e le nostre banche non sono zeppe di mutui andati a male; il debito pubblico è elevato (123% del Pil), ma i conti dello Stato al netto degli interessi sono attivi (+3,6% nel 2012), e soprattutto non abbiamo accumulato un ingente debito estero spendendo per oltre un decennio il 10% più di quanto veniva prodotto. La Spagna non ha alternative, noi sì.
Per riuscirci da soli ci vuole uno scatto di orgoglio. È necessario che Mario Monti ritrovi lo slancio e la determinazione iniziali. E soprattutto è necessario che il Parlamento si occupi di meno degli interessi particolari dei quali è diventato il paladino e guardi un po' di più all'interesse generale. Se pensassimo di non esserne capaci, tanto varrebbe votare subito: la campagna elettorale sarebbe in gran parte inutile perché l'agenda politica verrebbe comunque dettata da altri, i quali non necessariamente fanno solo i nostri interessi. E il risultato delle elezioni sarebbe pressoché irrilevante: anche questioni di nostra pertinenza verrebbero risolte a Berlino e a Francoforte.
Per riuscire a tutelare la nostra indipendenza economica e politica ci vuole un piano. Oggi, non a settembre. Perché quando la Spagna firmerà la sua richiesta di aiuto - prevedo nei prossimi giorni - se non avremo una strategia alternativa e senza l'intervento della Bce, il nostro spread salirà ancora. Ci troveremmo a dover chiedere aiuto con un'economia allo stremo.
Il piano per «salvare l'Italia» ha due parti. Innanzitutto bisogna sospendere, da qui alle elezioni, le emissioni di titoli a medio-lungo termine. Da settembre a marzo il Tesoro ne deve emettere 100 miliardi circa, di cui 60 circa detenuti da residenti, 40 da investitori esteri. Si cominci a vendere qualche società pubblica, ad esempio quote di Terna e Snam Rete Gas: i prezzi di Borsa sono depressi, ma anche i rendimenti dei Btp sono straordinariamente elevati. Vendere con la rapidità necessaria è tuttavia tecnicamente impossibile. Le azioni di queste società sono già state trasferite alla Cassa Depositi e Prestiti che può scontarle alla Bce e con la liquidità così ottenuta acquistare Btp.
La Cassa ha una licenza bancaria e lo può fare: è quello che da mesi fanno le nostre banche. Si può riprodurre il meccanismo con altre società pubbliche e veicoli diversi dalla Cassa. Affinché una simile operazione sia credibile non deve essere un'alchimia finanziaria, ma un «anticipo in conto vendita», cioè si deve cominciare a vendere. Si potrebbe anche pensare ad attrarre il risparmio delle famiglie con emissioni di titoli non soggetti a imposte per i residenti. Il ministro Grilli avrà certamente idee migliori: l'importante è la rapidità. Cento miliardi sarebbero sufficienti per cancellare la maggior parte delle aste di qui a marzo.
Sette mesi senza l'assillo delle aste dovrebbero essere impiegati, come diceva Prodi (che però purtroppo non lo fece), per «smontare l'Italia come un meccano e rimontarla in modo che funzioni»: ridurre le spese, tagliare il debito vendendo, riprendere riforme (liberalizzazioni e mercato del lavoro) che sono state lasciate a metà, fare una legge elettorale decente. Se lo farà, Mario Monti ci avrà regalato un Paese indipendente e moderno.
Francesco Giavazzi
4 agosto 2012 | 17:55
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/editoriali/12_ag ... a02d.shtml
Gli economisti come Francesco Giavazzi risentono pesantemente dell’impronta bocconiana dove insegna politica economica. Hanno la peculiarità di non raccontare mai fino in fondo come stanno le cose. Anche quando s’impegnano in senso positivo, raccontano solo le cose a metà, ..quando va bene.
Nel suo editoriale di ieri sul Corriere della Sera, il Prof. Giavazzi sostiene che volendo ce la possiamo fare anche da soli, senza chiedere l’aiuto al Fondo europeo per la stabilità finanziaria.
Per riuscirci da soli ci vuole uno scatto di orgoglio. È necessario che Mario Monti ritrovi lo slancio e la determinazione iniziali. E soprattutto è necessario che il Parlamento si occupi di meno degli interessi particolari dei quali è diventato il paladino e guardi un po' di più all'interesse generale.
Si è vero che ce la possiamo fare ma prima occorre mettere mano a riforme strutturali.
La prima è quella di dare lo stop alla corruzione che ci costa 100 miliardi anno.
E qui subito vediamo che non esiste nessuna volontà politica per dare il via ad un nuovo corso in questa direzione.
Nei partiti esiste un’alto tasso di banditismo che non lo consente.
Nel Pd i montiani hanno inviato beffardamente una lettera al Corriere della Sera più di un mese fa sostenendo che dopo Monti bisogna proseguire con la sua politica.
Si sono guardati bene dal andare al sodo della questione, dove al punto in cui siamo non è possibile gettare i soldi dalla finestra con la corruzione. Questo perché assieme agli altri montiani della destra fanno parte del sistema della corruzione a livello nazionale.
Da qui si comprende che con questa classe politica non se ne viene fuori.
Inoltre occorre mettere mano alla patrimoniale per quel 10 % degli italiani che detiene il 44,7 % della ricchezza privata italiana.
Oltre ad un’altra serie di provvedimenti, è possibile prima bloccare l’andamento negativo dell’economia, poi stabilizzarlo e quindi provvedere alla ripresa.
In questo modo lo spread si abbassa automaticamente perché chi compra il nostro debito vuole solo una cosa, riportare a casa i soldi investiti più gli interessi.
Questa manovra Monti non ha voluto farla subito e i dati economici e finanziari di oggi parlano chiaro. Siamo di nuovo al punto di partenza con lo spread, la ragione per cui Monti era stato chiamato alla guida del Paese, e l’economia ha fatto un tonfo imperdonabile. Fiat parla per tutti.
Ma Monti questo scatto d’orgoglio, come dice Giavazzi, non lo avrà mai.
Stanno varando in questi giorni il programma per il rilancio dell’economia.
Un ritardo di 9 mesi.
E’ come se iniziassero ad applicare le cure ad un malato grave dopo 9 mesi, come eravamo noi a novembre.
Ovvio che il paziente muore.
I tedeschi lo sanno bene che noi possiamo farcela da soli, ma sanno anche che esiste una volontà politica che preferisce non mettere mano in certi santuari.
Preferisce fare il questuante o il magliaro chiedendo i soldi in prestito ad altri.
E' un pò difficile dargli torto. Nessuno presterebbe soldi ad altri quando si sa che il questuante i soldi li ha ma non vuole intaccare il proprio capitale.
***
IL COMMISSARIAMENTO SI PUÒ EVITARE
Ce la facciamo anche da soli
Dobbiamo farcela da soli. Non chiedere l'aiuto del Fondo europeo per la stabilità finanziaria (Efsf e poi Esm), non sottoporci alla vigilanza dell'Eurogruppo e rinunciare allo scudo che ci offre la Bce. Ce la possiamo fare da soli perché la nostra situazione è diversa da quella spagnola: non abbiamo avuto una bolla immobiliare e le nostre banche non sono zeppe di mutui andati a male; il debito pubblico è elevato (123% del Pil), ma i conti dello Stato al netto degli interessi sono attivi (+3,6% nel 2012), e soprattutto non abbiamo accumulato un ingente debito estero spendendo per oltre un decennio il 10% più di quanto veniva prodotto. La Spagna non ha alternative, noi sì.
Per riuscirci da soli ci vuole uno scatto di orgoglio. È necessario che Mario Monti ritrovi lo slancio e la determinazione iniziali. E soprattutto è necessario che il Parlamento si occupi di meno degli interessi particolari dei quali è diventato il paladino e guardi un po' di più all'interesse generale. Se pensassimo di non esserne capaci, tanto varrebbe votare subito: la campagna elettorale sarebbe in gran parte inutile perché l'agenda politica verrebbe comunque dettata da altri, i quali non necessariamente fanno solo i nostri interessi. E il risultato delle elezioni sarebbe pressoché irrilevante: anche questioni di nostra pertinenza verrebbero risolte a Berlino e a Francoforte.
Per riuscire a tutelare la nostra indipendenza economica e politica ci vuole un piano. Oggi, non a settembre. Perché quando la Spagna firmerà la sua richiesta di aiuto - prevedo nei prossimi giorni - se non avremo una strategia alternativa e senza l'intervento della Bce, il nostro spread salirà ancora. Ci troveremmo a dover chiedere aiuto con un'economia allo stremo.
Il piano per «salvare l'Italia» ha due parti. Innanzitutto bisogna sospendere, da qui alle elezioni, le emissioni di titoli a medio-lungo termine. Da settembre a marzo il Tesoro ne deve emettere 100 miliardi circa, di cui 60 circa detenuti da residenti, 40 da investitori esteri. Si cominci a vendere qualche società pubblica, ad esempio quote di Terna e Snam Rete Gas: i prezzi di Borsa sono depressi, ma anche i rendimenti dei Btp sono straordinariamente elevati. Vendere con la rapidità necessaria è tuttavia tecnicamente impossibile. Le azioni di queste società sono già state trasferite alla Cassa Depositi e Prestiti che può scontarle alla Bce e con la liquidità così ottenuta acquistare Btp.
La Cassa ha una licenza bancaria e lo può fare: è quello che da mesi fanno le nostre banche. Si può riprodurre il meccanismo con altre società pubbliche e veicoli diversi dalla Cassa. Affinché una simile operazione sia credibile non deve essere un'alchimia finanziaria, ma un «anticipo in conto vendita», cioè si deve cominciare a vendere. Si potrebbe anche pensare ad attrarre il risparmio delle famiglie con emissioni di titoli non soggetti a imposte per i residenti. Il ministro Grilli avrà certamente idee migliori: l'importante è la rapidità. Cento miliardi sarebbero sufficienti per cancellare la maggior parte delle aste di qui a marzo.
Sette mesi senza l'assillo delle aste dovrebbero essere impiegati, come diceva Prodi (che però purtroppo non lo fece), per «smontare l'Italia come un meccano e rimontarla in modo che funzioni»: ridurre le spese, tagliare il debito vendendo, riprendere riforme (liberalizzazioni e mercato del lavoro) che sono state lasciate a metà, fare una legge elettorale decente. Se lo farà, Mario Monti ci avrà regalato un Paese indipendente e moderno.
Francesco Giavazzi
4 agosto 2012 | 17:55
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Re: Come se ne viene fuori ?
La Terza Repubblica proiettata nel Terzo millennio - 1
Lo spettacolo offerto dai politici in queste settimane è ancora più squallido e deprimente del solito. Il balletto delle alleanze per poter entrare nella stanza dei bottoni e dei bottini fa venire il voltastomaco.
Dopo 9 mesi ci ritroviamo con lo spread al punto di partenza, l’economia è a terra e la disoccupazione ai massimi livelli.
Nadia Urbinati si cimenta oggi con un’acuta analisi del passato e del presente e traccia un punto fondamentale ed irrinunciabile per qualsiasi partito della sinistra, al di là delle sigle e degli “ismi”, su cui deve impegnarsi a realizzare.
SUPERARE LE DISEGUAGLIANZE
di Nadia Urbinati
05/08/2012
Preparandosi a riprendere in mano il timone del governo, la politica farebbe bene a riflettere sulle ragioni della sua Caporetto, nel novembre 2011.
Ciò che ha atterrato l’onorabilità della politica non furono tanto gli scandali sessuali del premier o le diffusissime vicende di corruzione, ma l’impotenza a fare il suo lavoro: governare.
L’incapacità, non la disonestà, ha mandato a casa il governo Berlusconi.
Questa accusa è molto più grave di quella di corruzione. (Il che è tutto un dire - ndt)
Poiché mentre la disonestà è l’esito di una deturpazione che non mette in discussione la politica ma alcuni suoi praticanti, l’inadeguatezza a prendere decisioni mette in luce un limite oggettivo della politica democratica.
Infatti fu il sapere di dover andare di fronte agli elettori con programmi di rigore e sacrifici, e di rischiare di perdere il consenso, che ha reso il governo Berlusconi impotente.
Con il governo dei tecnici è circolata un’idea perniciosa: che la forza di un governo sia in proporzione della sua non rispondenza agli elettori. Questo è il vulnus democratico contenuto nella filosofia di un governo tecnico.
L’uscita dal quale deve necessariamente corrispondere alla rinascita della politica delle idee e della progettualità con la quale presentarsi agli elettori. (campa cavallo con questi politici - ndt)
Difficile prevedere che cosa lascerà il governo Monti. Ma una cosa sembra chiara proprio in virtù di questa premessa: con l’avvento del governo dei “tecnici” la politica dei politici si trova di fonte a un compito impervio, che è quello di dimostrare di essere meglio di un governo senza politica partigiana; che un governo che deve rendere conto agli elettori è migliore e altrettanto capace di un governo tecnico.
Ritornare a parlare di programmi e di idee è la via maestra. Ed è urgente. Un problema tra i più urgenti che una politica democratica dovrà affrontare sarà quello della crescente diseguaglianza della società italiana. La diseguaglianza è un problema per la democrazia, soprattutto quando si radica nelle generazioni, perché balcanizza la società e rompe la solidarietà tra cittadini, inducendo i pochi a cedere, se così si può dire, dall’obbligo di contribuire per chi non sente più come uguale.
La società italiana sta da alcuni anni percorrendo una strada a ritroso rispetto a quella nella quale si era immessa dopo la Seconda guerra mondiale: dall’eguaglianza alla diseguaglianza.
Lo documentano ricerche effettuate dal 2009 al 2012 da istituti diversi come l’Ocse, la Banca d’Italia e l’Istat. Da circa quindici anni, si assiste a una progressiva disuguaglianza dei redditi e un aumento progressivo della povertà.
Come osserva Giovanni d’Alessio in uno studio per la Banca d’Italia di qualche mese fa, il rapporto tra la ricchezza e il reddito è all’incirca raddoppiato negli ultimi decenni; insieme è aumentato il ruolo dei redditi da capitale rispetto a quelli da lavoro.
In altri termini, la ricchezza sta assumendo un ruolo via via crescente tra le risorse economiche che definiscono la condizione di benessere di un individuo mentre declina il ruolo del lavoro.
Un significativo aspetto della disuguaglianza riguarda la sua tendenza a trasferirsi da una generazione all’altra, legando sempre di più il destino dei figli a quello dei genitori.
È questo un fattore tra i più devastanti e che documenta direttamente la stabilizzazione delle classi.
Perché disuguaglianza non occasionale, non per personale responsabilità, ma di classe, un fatto che vanifica ogni più ragionevole discorso sul merito individuale.
Questo trend classista ci dice in sostanza che lavoro dipendente e lavoro autonomo sono divaricati (il reddito del secondo aumenta molto più in proporzione al reddito del primo) e che i punti di partenza (la famiglia) diventano sempre più determinanti e difficilmente neutralizzabili da parte degli individui.
Non a caso, insieme alla divaricazione dei redditi autonomi e da lavoro si ha la divaricazione degli accoppiamenti: sempre più persone si sposano con persone con reddito simile. Insomma poveri sposano poveri, ricchi sposano ricchi – e per conseguenza, tendenza al trasferimento delle diseguaglianza e dei privilegi da una generazione all’altra.
La democrazia non ha mai promesso né perseguito l’obiettivo di rendere tutti i cittadini economicamente eguali, ma ha promesso con formale dichiarazione nelle costituzioni e nelle carte dei diritti, di “rimuovere gli ostacoli” che impediscono a uomini e donne, diversi tra loro sotto tanti punti di vista (dal genere al credo religioso alla ricchezza) di aspirare a una vita dignitosa.
Vi è nella democrazia politica un invito assai esplicito a mai interrompere il lavoro di manutenzione sociale operando sulle condizioni di accesso o le “capacitazioni” per usare un termine coniato da Amartya Sen.
Ecco perché a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale le democrazie hanno dichiarato che i livelli di disuguaglianza nella ricchezza devono e possono essere mitigati agendo sui meccanismi che la determinano, ad esempio con politiche in grado di assicurare che il godimento di alcuni diritti fondamentali raggiunga più pienamente e uniformemente la popolazione.
Scrive d’Alessio, che “la scuola pubblica erogando un servizio a tutti, tende a ridurre la disuguaglianza tra i cittadini in termini di conoscenze e di abilità, presupposto di una quota rilevante di quella in termini di ricchezza, riducendo in particolare il divario che caratterizza coloro che provengono dalle classi sociali più svantaggiate”.
Lo stesso vale per il servizio sanitario, che rimuove un ostacolo forse ancora più fatale per chi non ha altra ricchezza se non il proprio lavoro.
Eppure proprio queste “spese sociali” sono oggi messe in discussione e decurtate.
I programmi politici sono quindi determinanti perché a consolidare le classi insieme al declino fortissimo dei matrimoni interclassisti interviene proprio lo smantellamento di quel fattore sul quale si era costruita la democrazia moderna: la politica sociale, che significa la ridistribuzione dei redditi attraverso i servizi destinati alla salute e all’istruzione; in questi due settori chiave che da sempre hanno contribuito a contenere il divario tra le classi lo Stato investe sempre di meno, dimostrando nei fatti di non essere in grado o di non volere più usare la spesa pubblica per obiettivi democratici, per rimuove gli ostacoli alla crescita della disuguaglianza, come promesso dalla Costituzione.
Da La Repubblica del 05/08/2012.
Lo spettacolo offerto dai politici in queste settimane è ancora più squallido e deprimente del solito. Il balletto delle alleanze per poter entrare nella stanza dei bottoni e dei bottini fa venire il voltastomaco.
Dopo 9 mesi ci ritroviamo con lo spread al punto di partenza, l’economia è a terra e la disoccupazione ai massimi livelli.
Nadia Urbinati si cimenta oggi con un’acuta analisi del passato e del presente e traccia un punto fondamentale ed irrinunciabile per qualsiasi partito della sinistra, al di là delle sigle e degli “ismi”, su cui deve impegnarsi a realizzare.
SUPERARE LE DISEGUAGLIANZE
di Nadia Urbinati
05/08/2012
Preparandosi a riprendere in mano il timone del governo, la politica farebbe bene a riflettere sulle ragioni della sua Caporetto, nel novembre 2011.
Ciò che ha atterrato l’onorabilità della politica non furono tanto gli scandali sessuali del premier o le diffusissime vicende di corruzione, ma l’impotenza a fare il suo lavoro: governare.
L’incapacità, non la disonestà, ha mandato a casa il governo Berlusconi.
Questa accusa è molto più grave di quella di corruzione. (Il che è tutto un dire - ndt)
Poiché mentre la disonestà è l’esito di una deturpazione che non mette in discussione la politica ma alcuni suoi praticanti, l’inadeguatezza a prendere decisioni mette in luce un limite oggettivo della politica democratica.
Infatti fu il sapere di dover andare di fronte agli elettori con programmi di rigore e sacrifici, e di rischiare di perdere il consenso, che ha reso il governo Berlusconi impotente.
Con il governo dei tecnici è circolata un’idea perniciosa: che la forza di un governo sia in proporzione della sua non rispondenza agli elettori. Questo è il vulnus democratico contenuto nella filosofia di un governo tecnico.
L’uscita dal quale deve necessariamente corrispondere alla rinascita della politica delle idee e della progettualità con la quale presentarsi agli elettori. (campa cavallo con questi politici - ndt)
Difficile prevedere che cosa lascerà il governo Monti. Ma una cosa sembra chiara proprio in virtù di questa premessa: con l’avvento del governo dei “tecnici” la politica dei politici si trova di fonte a un compito impervio, che è quello di dimostrare di essere meglio di un governo senza politica partigiana; che un governo che deve rendere conto agli elettori è migliore e altrettanto capace di un governo tecnico.
Ritornare a parlare di programmi e di idee è la via maestra. Ed è urgente. Un problema tra i più urgenti che una politica democratica dovrà affrontare sarà quello della crescente diseguaglianza della società italiana. La diseguaglianza è un problema per la democrazia, soprattutto quando si radica nelle generazioni, perché balcanizza la società e rompe la solidarietà tra cittadini, inducendo i pochi a cedere, se così si può dire, dall’obbligo di contribuire per chi non sente più come uguale.
La società italiana sta da alcuni anni percorrendo una strada a ritroso rispetto a quella nella quale si era immessa dopo la Seconda guerra mondiale: dall’eguaglianza alla diseguaglianza.
Lo documentano ricerche effettuate dal 2009 al 2012 da istituti diversi come l’Ocse, la Banca d’Italia e l’Istat. Da circa quindici anni, si assiste a una progressiva disuguaglianza dei redditi e un aumento progressivo della povertà.
Come osserva Giovanni d’Alessio in uno studio per la Banca d’Italia di qualche mese fa, il rapporto tra la ricchezza e il reddito è all’incirca raddoppiato negli ultimi decenni; insieme è aumentato il ruolo dei redditi da capitale rispetto a quelli da lavoro.
In altri termini, la ricchezza sta assumendo un ruolo via via crescente tra le risorse economiche che definiscono la condizione di benessere di un individuo mentre declina il ruolo del lavoro.
Un significativo aspetto della disuguaglianza riguarda la sua tendenza a trasferirsi da una generazione all’altra, legando sempre di più il destino dei figli a quello dei genitori.
È questo un fattore tra i più devastanti e che documenta direttamente la stabilizzazione delle classi.
Perché disuguaglianza non occasionale, non per personale responsabilità, ma di classe, un fatto che vanifica ogni più ragionevole discorso sul merito individuale.
Questo trend classista ci dice in sostanza che lavoro dipendente e lavoro autonomo sono divaricati (il reddito del secondo aumenta molto più in proporzione al reddito del primo) e che i punti di partenza (la famiglia) diventano sempre più determinanti e difficilmente neutralizzabili da parte degli individui.
Non a caso, insieme alla divaricazione dei redditi autonomi e da lavoro si ha la divaricazione degli accoppiamenti: sempre più persone si sposano con persone con reddito simile. Insomma poveri sposano poveri, ricchi sposano ricchi – e per conseguenza, tendenza al trasferimento delle diseguaglianza e dei privilegi da una generazione all’altra.
La democrazia non ha mai promesso né perseguito l’obiettivo di rendere tutti i cittadini economicamente eguali, ma ha promesso con formale dichiarazione nelle costituzioni e nelle carte dei diritti, di “rimuovere gli ostacoli” che impediscono a uomini e donne, diversi tra loro sotto tanti punti di vista (dal genere al credo religioso alla ricchezza) di aspirare a una vita dignitosa.
Vi è nella democrazia politica un invito assai esplicito a mai interrompere il lavoro di manutenzione sociale operando sulle condizioni di accesso o le “capacitazioni” per usare un termine coniato da Amartya Sen.
Ecco perché a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale le democrazie hanno dichiarato che i livelli di disuguaglianza nella ricchezza devono e possono essere mitigati agendo sui meccanismi che la determinano, ad esempio con politiche in grado di assicurare che il godimento di alcuni diritti fondamentali raggiunga più pienamente e uniformemente la popolazione.
Scrive d’Alessio, che “la scuola pubblica erogando un servizio a tutti, tende a ridurre la disuguaglianza tra i cittadini in termini di conoscenze e di abilità, presupposto di una quota rilevante di quella in termini di ricchezza, riducendo in particolare il divario che caratterizza coloro che provengono dalle classi sociali più svantaggiate”.
Lo stesso vale per il servizio sanitario, che rimuove un ostacolo forse ancora più fatale per chi non ha altra ricchezza se non il proprio lavoro.
Eppure proprio queste “spese sociali” sono oggi messe in discussione e decurtate.
I programmi politici sono quindi determinanti perché a consolidare le classi insieme al declino fortissimo dei matrimoni interclassisti interviene proprio lo smantellamento di quel fattore sul quale si era costruita la democrazia moderna: la politica sociale, che significa la ridistribuzione dei redditi attraverso i servizi destinati alla salute e all’istruzione; in questi due settori chiave che da sempre hanno contribuito a contenere il divario tra le classi lo Stato investe sempre di meno, dimostrando nei fatti di non essere in grado o di non volere più usare la spesa pubblica per obiettivi democratici, per rimuove gli ostacoli alla crescita della disuguaglianza, come promesso dalla Costituzione.
Da La Repubblica del 05/08/2012.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Bellissimo articolo della Urbinati, e quì di nuovo vengono al pettine le contraddizioni del PD: non avere il coraggio di proseguire sulle scelte che devono, ripeto devono caratterizzare un partito progressista e di ispirazione di sinistra (anche se annacquata) la difesa dei ceti più deboli e la possibilità di dare a tutti i meritevoli una chance anche se di natali non fortunati.
Invece dobbiamo assistere a meschini giocherelli politici per acquisire vantaggi di posizione per i propri esponenti succubi di poteri troppo forti per i loro animi alla Don Abbondio e a tentativi di alleanze fuori natura come quella coll'UDC...
Questo nostro Paese rischia sempre di più di non avere un futuro così come il PD...
Invece dobbiamo assistere a meschini giocherelli politici per acquisire vantaggi di posizione per i propri esponenti succubi di poteri troppo forti per i loro animi alla Don Abbondio e a tentativi di alleanze fuori natura come quella coll'UDC...
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Re: Come se ne viene fuori ?
Commento interamente condivisibile.Maucat ha scritto:Bellissimo articolo della Urbinati, e quì di nuovo vengono al pettine le contraddizioni del PD: non avere il coraggio di proseguire sulle scelte che devono, ripeto devono caratterizzare un partito progressista e di ispirazione di sinistra (anche se annacquata) la difesa dei ceti più deboli e la possibilità di dare a tutti i meritevoli una chance anche se di natali non fortunati.
Invece dobbiamo assistere a meschini giocherelli politici per acquisire vantaggi di posizione per i propri esponenti succubi di poteri troppo forti per i loro animi alla Don Abbondio e a tentativi di alleanze fuori natura come quella coll'UDC...
Questo nostro Paese rischia sempre di più di non avere un futuro così come il PD...
Non è affatto vero quanto afferma il detto: “Morto un Papa se ne fa un altro”. Sotto l’aspetto meramente tecnico pratico è vero, ma c’è Papa a Papa.
Papa Roncalli è stato un fulmine a ciel sereno nel suo brevissimo pontificato, ma erano secoli che non si era visto un Papa come quello e non credo che ne vedremo altri in futuro.
Lo stesso dicasi di Berlinguer. Sono passati quasi trent’anni dalla sua morte e la sinistra non ha più avuto un leader di peso di quel calibro. E si sente.
Abbiamo visto tanti leaderini in cerca di successo e affascinati da POLTRONE & FORCHETTE.
Questi della sinistra se ne sono interamente scordati.
Enrico Mattei, l’ex presidente dell’Eni ed ex comandante partigiano, a chi gli faceva osservare certe sue frequentazioni con la destra missina soleva rispondere che li usava come se fosse alla guida di un taxi. Quando non gli servivano più li scaricava.
Si ha la stessa impressione dei politici di sinistra del dopo Occhetto. La politica serve loro per raggiungere obiettivi personali, e quindi quando qualcosa non gli serve più la scarica come fanno i taxi. A fine corsa si scende.
Vendola ha detto a Casini che il liberismo è il diavolo. Ma anche la casta è il diavolo
Re: Come se ne viene fuori ?
fiato alle trombe Turchetti!
Pimco, state alla larga da Italia-Spagna
Gross, Paesi con crescita vicina a zero destinati ad affogare
06 agosto, 16:52
(ANSA) - ROMA, 6 AGO - Investitori, ''restate all'asciutto!'', ossia state alla larga dal debito di Spagna, Italia e Grecia. E' l'invito di Bill Gross, fondatore e co-direttore degli investimenti di Pimco, il piu' grosso fondo obbligazionario del mondo, che in un articolo sul Financial Times dice che Bce, Fmi, Berlino e Parigi ''vogliono i vostri soldi!'', perche' ''persino Hollande, nella Francia che pende a sinistra, riconosce che il settore privato e' fondamentale per la crescita nell'Ue''.
Pimco, state alla larga da Italia-Spagna
Gross, Paesi con crescita vicina a zero destinati ad affogare
06 agosto, 16:52
(ANSA) - ROMA, 6 AGO - Investitori, ''restate all'asciutto!'', ossia state alla larga dal debito di Spagna, Italia e Grecia. E' l'invito di Bill Gross, fondatore e co-direttore degli investimenti di Pimco, il piu' grosso fondo obbligazionario del mondo, che in un articolo sul Financial Times dice che Bce, Fmi, Berlino e Parigi ''vogliono i vostri soldi!'', perche' ''persino Hollande, nella Francia che pende a sinistra, riconosce che il settore privato e' fondamentale per la crescita nell'Ue''.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Allora sembra che il matrimonio con UDC si debba fare.
Questo segna la disgregazione del PD.
Avanti Grillo, IDV e altri che ci stanno a far piazza pulita di questi dinosauri della politica.
Due legislature e poi a casa,Stipendi ridimensionati e tutti i privilegi soppressi, via finanziamento giornali ecc.....
Si Parte da 0.
Ogni sera un nuovo mscandalo Ilva, Geronzi Unipol ecc........ladri ovunque, sarebbe ora di finirla con questa gentaglia.
Ciao
Paolo11
Questo segna la disgregazione del PD.
Avanti Grillo, IDV e altri che ci stanno a far piazza pulita di questi dinosauri della politica.
Due legislature e poi a casa,Stipendi ridimensionati e tutti i privilegi soppressi, via finanziamento giornali ecc.....
Si Parte da 0.
Ogni sera un nuovo mscandalo Ilva, Geronzi Unipol ecc........ladri ovunque, sarebbe ora di finirla con questa gentaglia.
Ciao
Paolo11
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