CRISI e SOLDI PUBBLICI
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CRISI e SOLDI PUBBLICI
Regione Lazio: ai partiti 4 volte più della Camera
Numeri finora sconosciuti emersi grazie alla pubblicazione del bilancio sul sito Internet dei RadicaliCRISI E SOLDI PUBBLICI
ROMA - Da destra a sinistra non c'è chi non abbia invocato più trasparenza sui soldi pubblici destinati alla politica. Ma di passare ai fatti non se ne parla proprio. Se si eccettuano, naturalmente, alcune meritorie iniziative purtroppo isolate.
Qualche settimana fa il gruppo radicale al Consiglio regionale del Lazio presieduto dall'avvocato Giuseppe Rossodivita ha pubblicato sul sito internet il proprio bilancio. Un documento impressionante, che illumina un angolo del capitolo costi della politica finora tenuto accuratamente all'oscuro. Ovvero, i contributi che le Regioni erogano ai gruppi «consiliari».
Nel 2011 il Consiglio regionale del Lazio ha versato al gruppo radicale, composto da due persone, 422.128 euro. Dividendo a metà questa somma si può dedurre che ogni singolo consigliere abbia avuto lo scorso anno a disposizione 211.064 euro. Oltre, naturalmente, a stipendio, diaria, annessi e connessi. Un paragone con i contributi ai gruppi parlamentari della Camera rende bene l'idea delle dimensioni.
Nel 2011 sono stati pari a 36 milioni 250 mila euro, cifra che divisa per i 630 onorevoli dà 57.539 euro. Morale: i gruppi politici del Consiglio regionale del Lazio incassano contributi quasi quadrupli rispetto a quelli di Montecitorio. Proiettando i 211.064 euro procapite sulla platea dei 71 consiglieri, si ha la strabiliante somma di 15 milioni. Esattamente 14 milioni 985.544 euro. L'anno, e per una sola delle 20 Regioni italiane. Questo, almeno, dicono i numeri.
Anche quei denari, come i rimborsi elettorali, possono essere considerati parte integrante del finanziamento pubblico ai partiti. Ma con una differenza non da poco: la loro entità è pressoché sconosciuta. Intanto ci sono Consigli regionali che non pubblicano nemmeno il bilancio. Nel Lazio, poi, c'è l'abitudine delle cosiddette «manovre d'Aula». Che però, pur chiamandosi così, formalmente per «l'Aula» non passano affatto. Si tratta infatti di semplici delibere dell'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale adottate in momenti particolari. Per esempio a ridosso dell'approvazione di bilanci regionali particolarmente rognosi e dove bisogna evitare al massimo il rischio dei franchi tiratori.
In questa legislatura ne è già stata fatta una che stanzia 3 mila euro al mese procapite. E dato che i consiglieri sono 71, considerando anche la presidente Renata Polverini, quella «manovra d'Aula» ha determinato un introito annuale aggiuntivo per i gruppi «consiliari» di oltre due milioni e mezzo. Ma a che cosa servono quei soldi in più Il conguaglio è giustificato con l'esigenza di pagare altri collaboratori. In realtà quei denari possono venire utilizzati con discrezionalità assoluta. Anche perché i collaboratori sono l'unica cosa che davvero non manca. Il Consiglio regionale del Lazio, da questo punto di vista, non teme confronti. In un'assemblea di 71 componenti, i gruppi «consiliari» sono ben 17: cinque di questi sono stati costituiti durante la legislatura, grazie al fatto che esiste un limite minimo. È ammesso, cioè, anche un gruppo composto da una sola persona. Diciamo subito che è una pessima abitudine in voga in quasi tutte le Regioni. Tanto che di «monogruppi» se ne contano 75 in tutta Italia.
Soltanto nel Lazio ne esistono ben otto: e sorvoliamo sulla definizione grottesca di uno di essi, il «gruppo misto» presieduto e composto dall'unico consigliere Antonio Paris. Il presidente di se stesso ha diritto a una indennità aggiuntiva di 891 euro netti mensili, e in quanto titolare di un «gruppo», può avvalersi di alcuni collaboratori. Sette, per l'esattezza: due laureati, due diplomati, una segretaria, un addetto stampa e un responsabile della struttura. Ma per i «gruppi» più numerosi si può arrivare fino a 24 dipendenti. Secondo le tabelle, il numero dei collaboratori dei politici nel consiglio regionale del Lazio potrebbero arrivare a 201.
Sarà questa l'impellente motivazione per cui la superficie della sede di via della Pisana ha bisogno di un ulteriore rilevante espansione? Lo prevede un bando da poco pubblicato sul sito internet del Consiglio, nel quale si spiega che «l'ampliamento consta nella realizzazione di n. 2 palazzine definite da tre livelli fuori terra più un piano interrato e un corpo centrale». Base d'asta, 8 milioni 259.750 euro e 49 centesimi. Iva esclusa. Questo per la serie: «riduzione dei costi della politica».
Sergio Rizzo
http://roma.corriere.it/roma/notizie/po ... 4962.shtml
Numeri finora sconosciuti emersi grazie alla pubblicazione del bilancio sul sito Internet dei RadicaliCRISI E SOLDI PUBBLICI
ROMA - Da destra a sinistra non c'è chi non abbia invocato più trasparenza sui soldi pubblici destinati alla politica. Ma di passare ai fatti non se ne parla proprio. Se si eccettuano, naturalmente, alcune meritorie iniziative purtroppo isolate.
Qualche settimana fa il gruppo radicale al Consiglio regionale del Lazio presieduto dall'avvocato Giuseppe Rossodivita ha pubblicato sul sito internet il proprio bilancio. Un documento impressionante, che illumina un angolo del capitolo costi della politica finora tenuto accuratamente all'oscuro. Ovvero, i contributi che le Regioni erogano ai gruppi «consiliari».
Nel 2011 il Consiglio regionale del Lazio ha versato al gruppo radicale, composto da due persone, 422.128 euro. Dividendo a metà questa somma si può dedurre che ogni singolo consigliere abbia avuto lo scorso anno a disposizione 211.064 euro. Oltre, naturalmente, a stipendio, diaria, annessi e connessi. Un paragone con i contributi ai gruppi parlamentari della Camera rende bene l'idea delle dimensioni.
Nel 2011 sono stati pari a 36 milioni 250 mila euro, cifra che divisa per i 630 onorevoli dà 57.539 euro. Morale: i gruppi politici del Consiglio regionale del Lazio incassano contributi quasi quadrupli rispetto a quelli di Montecitorio. Proiettando i 211.064 euro procapite sulla platea dei 71 consiglieri, si ha la strabiliante somma di 15 milioni. Esattamente 14 milioni 985.544 euro. L'anno, e per una sola delle 20 Regioni italiane. Questo, almeno, dicono i numeri.
Anche quei denari, come i rimborsi elettorali, possono essere considerati parte integrante del finanziamento pubblico ai partiti. Ma con una differenza non da poco: la loro entità è pressoché sconosciuta. Intanto ci sono Consigli regionali che non pubblicano nemmeno il bilancio. Nel Lazio, poi, c'è l'abitudine delle cosiddette «manovre d'Aula». Che però, pur chiamandosi così, formalmente per «l'Aula» non passano affatto. Si tratta infatti di semplici delibere dell'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale adottate in momenti particolari. Per esempio a ridosso dell'approvazione di bilanci regionali particolarmente rognosi e dove bisogna evitare al massimo il rischio dei franchi tiratori.
In questa legislatura ne è già stata fatta una che stanzia 3 mila euro al mese procapite. E dato che i consiglieri sono 71, considerando anche la presidente Renata Polverini, quella «manovra d'Aula» ha determinato un introito annuale aggiuntivo per i gruppi «consiliari» di oltre due milioni e mezzo. Ma a che cosa servono quei soldi in più Il conguaglio è giustificato con l'esigenza di pagare altri collaboratori. In realtà quei denari possono venire utilizzati con discrezionalità assoluta. Anche perché i collaboratori sono l'unica cosa che davvero non manca. Il Consiglio regionale del Lazio, da questo punto di vista, non teme confronti. In un'assemblea di 71 componenti, i gruppi «consiliari» sono ben 17: cinque di questi sono stati costituiti durante la legislatura, grazie al fatto che esiste un limite minimo. È ammesso, cioè, anche un gruppo composto da una sola persona. Diciamo subito che è una pessima abitudine in voga in quasi tutte le Regioni. Tanto che di «monogruppi» se ne contano 75 in tutta Italia.
Soltanto nel Lazio ne esistono ben otto: e sorvoliamo sulla definizione grottesca di uno di essi, il «gruppo misto» presieduto e composto dall'unico consigliere Antonio Paris. Il presidente di se stesso ha diritto a una indennità aggiuntiva di 891 euro netti mensili, e in quanto titolare di un «gruppo», può avvalersi di alcuni collaboratori. Sette, per l'esattezza: due laureati, due diplomati, una segretaria, un addetto stampa e un responsabile della struttura. Ma per i «gruppi» più numerosi si può arrivare fino a 24 dipendenti. Secondo le tabelle, il numero dei collaboratori dei politici nel consiglio regionale del Lazio potrebbero arrivare a 201.
Sarà questa l'impellente motivazione per cui la superficie della sede di via della Pisana ha bisogno di un ulteriore rilevante espansione? Lo prevede un bando da poco pubblicato sul sito internet del Consiglio, nel quale si spiega che «l'ampliamento consta nella realizzazione di n. 2 palazzine definite da tre livelli fuori terra più un piano interrato e un corpo centrale». Base d'asta, 8 milioni 259.750 euro e 49 centesimi. Iva esclusa. Questo per la serie: «riduzione dei costi della politica».
Sergio Rizzo
http://roma.corriere.it/roma/notizie/po ... 4962.shtml
Re: CRISI e SOLDI PUBBLICI
Se ci sarà un giorno un partito che dichiarerà di battersi per l'eliminazione delle regioni, avrà il mio voto. Lo prometto!
Re: CRISI e SOLDI PUBBLICI
.... cadono le braccia ....
anche se si riparte dalla Costituzione come fai a eliminare tutti ( o almeno le principali storture di ) questi meccanismi elettivo-inciucisti infernali ?
se esistono sono ahimè "costituzionali" ...
anche se si riparte dalla Costituzione come fai a eliminare tutti ( o almeno le principali storture di ) questi meccanismi elettivo-inciucisti infernali ?
se esistono sono ahimè "costituzionali" ...
Re: CRISI e SOLDI PUBBLICI
Sarà vero? Spero proprio di no! La fonte (il Giornale) mi fa pensare (o mi piace pensarlo) che sia falso.
E' una persona che conoscevo, quando era professore e successivamente rettore dell'Università del Sannio.
Abbiamo fatto insieme dei progetti di ricerca. Persona seria ed onesta.
Qualche tempo fa ho letto che ha avuto problemi con la giustizia per delle consulenze all'epoca di Bassolino.
Ora me lo ritrovo preso in fallo come uno dei tanti appartenenti alla casta.
Evidentemente la politica è un meccanismo micidiale che corrompe le coscienze.
Cadono anche a me le braccia e ... qualche altra cosa. Chiedo scusa per lo sfogo personale.
IL POLITICO CHE VA AL MARE CON L'AUTO BLU
Aniello Cimitile (PD) ha percorso i chilometri che lo separavano dalla vacanza a bordo di un'auto blu
La storia ci viene raccontata dal Giornale. Si narra dell'incredibile vicenda che vede coinvolto Aniello Cimitile, presidente della Provincia di Benevento. Ecco quanto accaduto:
"Duecentoquindici chilometri, più o meno: è la distanza che separa Napoli da Tortora (Cosenza), in Calabria, dove il presidente della Provincia di Benevento, Aniello Cimitile, sta passando qualche giorno di relax nella casa di famiglia. Solo che a pagare le spese di viaggio non è stato l'ex rettore dell'Università del Sannio, ma la Provincia da lui amministrata.
Per arrivare in tempo all'appuntamento con le tanto desiderate ferie estive, infatti, l'astro nascente del Partito democratico in Campania ha deciso di farsi dare uno strappo dal suo autista. E, a bordo dell'auto blu dell'ente, un'Audi A6 nuova di zecca (noleggio da 19mila euro all'anno) ha raggiunto la casa al mare."
http://www.cadoinpiedi.it/2012/08/20/il ... o_blu.html
E' una persona che conoscevo, quando era professore e successivamente rettore dell'Università del Sannio.
Abbiamo fatto insieme dei progetti di ricerca. Persona seria ed onesta.
Qualche tempo fa ho letto che ha avuto problemi con la giustizia per delle consulenze all'epoca di Bassolino.
Ora me lo ritrovo preso in fallo come uno dei tanti appartenenti alla casta.
Evidentemente la politica è un meccanismo micidiale che corrompe le coscienze.
Cadono anche a me le braccia e ... qualche altra cosa. Chiedo scusa per lo sfogo personale.
IL POLITICO CHE VA AL MARE CON L'AUTO BLU
Aniello Cimitile (PD) ha percorso i chilometri che lo separavano dalla vacanza a bordo di un'auto blu
La storia ci viene raccontata dal Giornale. Si narra dell'incredibile vicenda che vede coinvolto Aniello Cimitile, presidente della Provincia di Benevento. Ecco quanto accaduto:
"Duecentoquindici chilometri, più o meno: è la distanza che separa Napoli da Tortora (Cosenza), in Calabria, dove il presidente della Provincia di Benevento, Aniello Cimitile, sta passando qualche giorno di relax nella casa di famiglia. Solo che a pagare le spese di viaggio non è stato l'ex rettore dell'Università del Sannio, ma la Provincia da lui amministrata.
Per arrivare in tempo all'appuntamento con le tanto desiderate ferie estive, infatti, l'astro nascente del Partito democratico in Campania ha deciso di farsi dare uno strappo dal suo autista. E, a bordo dell'auto blu dell'ente, un'Audi A6 nuova di zecca (noleggio da 19mila euro all'anno) ha raggiunto la casa al mare."
http://www.cadoinpiedi.it/2012/08/20/il ... o_blu.html
Re: CRISI e SOLDI PUBBLICI
SCORTA/ 600 beneficiari tra giornalisti, ex ministri, condannati o sotto processo. E molti ci vanno al mare
Notizie - Italia
Scritto da Antonio Acerbis
Lunedì 20 Agosto 2012 16:06
La scorta posta a presidio fisso della villa di Roberto Calderoli è stata tolta. Otto agenti che per anni sono costati, secondo il Siulp, 900 mila euro. La vicenda, però, ha aperto la discussione riguardo auto blindate e scorte di cui godono in tanti. Ecco la lista dei beneficiati. Dentro tutti: giornalisti, ex ministri, ex sottosegretari, politici condannati in via definitiva. Alcuni dei quali, denunciano i sindacati di polizia, utilizzano scorta e auto anche per andare in vacanza, in pizzeria e ai concerti. Nel mirino il Pd Fassino, la fedele del Cav Casellati e l’uomo della P4 Caliendo, salvato per un soffio dal carcere.
di Antonio Acerbis
Negli Usa hanno diritto ad una scorta permanente presidente e vicepresidente. In Germania il capo dello Stato, il presidente del Bundestag e i ministri. In Francia il Presidente dell’assemblea nazionale e quello del Senato. In Italia, invece, pare che sia strano non avercela la scorta. La questione è stata riaperta dopo che, solo alcuni giorni fa, Roberto Calderoli è stato privato della sua scorta: otto agenti posti a presidio fisso (dunque 24 ore su 24) davanti la sua villa. Per una spesa, secondo il Siulp (il sindacato di polizia), che arriverebbe a 900 mila euro.
Ma l’ex ministro leghista (peraltro la scorta gli era stata assegnata dopo che aveva esibito una maglietta offensiva nei confronti dell’Islam. Genio!) non è l’unico che, nel corso di questi anni, ha goduto di uomini di scorta e auto blindate. Basti pensare ad un particolare: in Italia, secondo gli ultimi dati, girano con sirena e lampeggianti 584 personalità, scortate da più di 2 mila agenti. Una spesa colossale (1 miliardo e 99 milioni di euro l’anno) che, stando alla spending review, dovrebbe essere tagliata. Ma siamo ancora molto lontani: il governo Monti, a riguardo, ha previsto per il 2012 un taglio della spesa del 20% e, addirittura, per il 2013 un dimezzamento. Come detto siamo ancora in alto mare: secondo i dati reperibili anche sul sito del ministero della giustizia siamo fermi al 16%. Tante buone intenzioni, dunque, ma pochi fatti.
Ma allora la domanda. Chi compare tra i salvaguardati dalla scorta? Praticamente tutti. A cominciare dalle alte cariche dello Stato: il Presidente della Camera Gianfranco Fini (per lui nove angeli custodi), il Presidente del Senato Renato Schifani (20) e chiaramente Mario Monti (ben trenta). Fin qui nulla da dire: ovvio che le alte cariche abbiano chi si occupi della loro incolumità (soprattutto guardando al passato del nostro Paese).
I dubbi, però, sorgono quando leggiamo che, tra gli scortati, c’è anche il presidente della Lazio Claudio Lotito o l’ex ministro Paolo Cirino Pomicino (uno di quelli che ha ancora una condanna in via definitiva sul groppone per corruzione). E poi una miriade di giornalisti tra cui Emilio Fede, Maurizio Belpietro, Vittorio Feltri e Bruno Vespa. Senza dimenticare, peraltro, tutto quell’esercito di ex: ex politici, ex ministri, ex Presidenti, ex sottosgretari. Tutti che godono di auto blindata e scorta in perpetuum. Alcuni nomi: gli ex Presidenti di Camera e Senato Marcello Pera, Fausto Bertinotti, Pierferdinando Casini e Irene Pivetti; gli ex ministri di Giustizia Oliviero Diliberto, Piero Fassino e Clemente Mastella (gode di scorta e auto blu anche la consorte Alessandra Lonardo che, con il marito, è stata rinviata a giudizio per una brutta storia di tangenti).
Come non ricordare ancora l’avvocato ed ex deputato Carlo Taormina che ancora oggi gira con quattro uomini alle sue spalle. O, tra i tanti altri casi, l’ex sottosegretario alla giustizia Giacomo Caliendo, anche lui sotto scorta, nonostante il suo nome sia finito pesantemente nell’inchiesta sulla P4 (la Procura aveva chiesto l’autorizzazione a procedere, ma è stato salvato dal carcere dal voto della Camera).
Stesso trattamento poi – ci mancherebbe - anche per i Presidenti di Regione. Un caso su tutti: Raffaele Lombardo, governatore dimissionario della Sicilia responsabile di un incredibile buco nelle casse dello Stato, gira con ben diciotto agenti e quattro auto blu. Roba che, come abbiamo visto, nemmeno Obama.
Insomma, un esercito di uomini politici salvaguardati non si sa bene per quale motivo. Tanto che spesso, non essendoci alcuna reale ragione per avere la scorta, la si concepisce come taxi tuttofare. Ed ecco allora i tanti e tanti che si fanno scorrazzare ora a fare la spesa – come capitato solo pochi mesi fa al capogruppo Pd al Senato Anna Finocchiaro, beccata con i suoi agenti mentre la accompagnavano ad un importante incarico istituzionale in un supermercato – ora in pizzeria, ora addirittura in vacanza in Liguria. È quanto denunciato solo pochi giorni fa da dal segretario generale del Sappe (sindacato della Polizia Penitenziaria) Roberto Martinelli. Nomi e cognomi non ne ha fatti, ma è facile capire a chi si riferisca: un “sindaco di una grande città del nord che più di undici anni fa è stato ministro della Giustizia”; “una senatrice del Pdl, già sottosegretaria alla Giustizia, che ricordiamo solo per le sue bizzarre dichiarazioni a favore di improbabili stanze del sesso nelle carceri”; “un altro ex sottosegretario alla Giustizia” che giorni fa è andato con “mezzo e uomini della Polizia penitenziaria alla festa regionale del suo partito a Chiavari”. Facile fare l’identikit: Piero Fassino, sindaco di Torino e Guardasigilli nel 2000-2001, Elisabetta Alberti Casellati, a Via Arenula in questa legislatura fino alla caduta del governo Berlusconi, e Giacomo Caliendo, di cui già abbiamo parlato.
Ebbene, accusa Martinelli, il primo, nonostante sia stato ministro più di dieci anni fa, “continua a girare con scorta e macchine della Polizia penitenziaria, con cui è stato visto a fine luglio in giro a Genova”. La Casellati “è stata vista nel Ponente ligure con scorta e macchine della Polizia penitenziaria anche per un impegno del tutto personale: assistere al concerto dell’orchestra sinfonica diretta dal figlio”. Infine Caliendo ”spesso è in Liguria per ragioni private, sempre con auto e agente di scorta”.
Pizzerie, supermercati, vacanze e concerti. Importanti incarichi istituzionali, non c’è che dire.
http://www.infiltrato.it/notizie/italia ... no-al-mare
Notizie - Italia
Scritto da Antonio Acerbis
Lunedì 20 Agosto 2012 16:06
La scorta posta a presidio fisso della villa di Roberto Calderoli è stata tolta. Otto agenti che per anni sono costati, secondo il Siulp, 900 mila euro. La vicenda, però, ha aperto la discussione riguardo auto blindate e scorte di cui godono in tanti. Ecco la lista dei beneficiati. Dentro tutti: giornalisti, ex ministri, ex sottosegretari, politici condannati in via definitiva. Alcuni dei quali, denunciano i sindacati di polizia, utilizzano scorta e auto anche per andare in vacanza, in pizzeria e ai concerti. Nel mirino il Pd Fassino, la fedele del Cav Casellati e l’uomo della P4 Caliendo, salvato per un soffio dal carcere.
di Antonio Acerbis
Negli Usa hanno diritto ad una scorta permanente presidente e vicepresidente. In Germania il capo dello Stato, il presidente del Bundestag e i ministri. In Francia il Presidente dell’assemblea nazionale e quello del Senato. In Italia, invece, pare che sia strano non avercela la scorta. La questione è stata riaperta dopo che, solo alcuni giorni fa, Roberto Calderoli è stato privato della sua scorta: otto agenti posti a presidio fisso (dunque 24 ore su 24) davanti la sua villa. Per una spesa, secondo il Siulp (il sindacato di polizia), che arriverebbe a 900 mila euro.
Ma l’ex ministro leghista (peraltro la scorta gli era stata assegnata dopo che aveva esibito una maglietta offensiva nei confronti dell’Islam. Genio!) non è l’unico che, nel corso di questi anni, ha goduto di uomini di scorta e auto blindate. Basti pensare ad un particolare: in Italia, secondo gli ultimi dati, girano con sirena e lampeggianti 584 personalità, scortate da più di 2 mila agenti. Una spesa colossale (1 miliardo e 99 milioni di euro l’anno) che, stando alla spending review, dovrebbe essere tagliata. Ma siamo ancora molto lontani: il governo Monti, a riguardo, ha previsto per il 2012 un taglio della spesa del 20% e, addirittura, per il 2013 un dimezzamento. Come detto siamo ancora in alto mare: secondo i dati reperibili anche sul sito del ministero della giustizia siamo fermi al 16%. Tante buone intenzioni, dunque, ma pochi fatti.
Ma allora la domanda. Chi compare tra i salvaguardati dalla scorta? Praticamente tutti. A cominciare dalle alte cariche dello Stato: il Presidente della Camera Gianfranco Fini (per lui nove angeli custodi), il Presidente del Senato Renato Schifani (20) e chiaramente Mario Monti (ben trenta). Fin qui nulla da dire: ovvio che le alte cariche abbiano chi si occupi della loro incolumità (soprattutto guardando al passato del nostro Paese).
I dubbi, però, sorgono quando leggiamo che, tra gli scortati, c’è anche il presidente della Lazio Claudio Lotito o l’ex ministro Paolo Cirino Pomicino (uno di quelli che ha ancora una condanna in via definitiva sul groppone per corruzione). E poi una miriade di giornalisti tra cui Emilio Fede, Maurizio Belpietro, Vittorio Feltri e Bruno Vespa. Senza dimenticare, peraltro, tutto quell’esercito di ex: ex politici, ex ministri, ex Presidenti, ex sottosgretari. Tutti che godono di auto blindata e scorta in perpetuum. Alcuni nomi: gli ex Presidenti di Camera e Senato Marcello Pera, Fausto Bertinotti, Pierferdinando Casini e Irene Pivetti; gli ex ministri di Giustizia Oliviero Diliberto, Piero Fassino e Clemente Mastella (gode di scorta e auto blu anche la consorte Alessandra Lonardo che, con il marito, è stata rinviata a giudizio per una brutta storia di tangenti).
Come non ricordare ancora l’avvocato ed ex deputato Carlo Taormina che ancora oggi gira con quattro uomini alle sue spalle. O, tra i tanti altri casi, l’ex sottosegretario alla giustizia Giacomo Caliendo, anche lui sotto scorta, nonostante il suo nome sia finito pesantemente nell’inchiesta sulla P4 (la Procura aveva chiesto l’autorizzazione a procedere, ma è stato salvato dal carcere dal voto della Camera).
Stesso trattamento poi – ci mancherebbe - anche per i Presidenti di Regione. Un caso su tutti: Raffaele Lombardo, governatore dimissionario della Sicilia responsabile di un incredibile buco nelle casse dello Stato, gira con ben diciotto agenti e quattro auto blu. Roba che, come abbiamo visto, nemmeno Obama.
Insomma, un esercito di uomini politici salvaguardati non si sa bene per quale motivo. Tanto che spesso, non essendoci alcuna reale ragione per avere la scorta, la si concepisce come taxi tuttofare. Ed ecco allora i tanti e tanti che si fanno scorrazzare ora a fare la spesa – come capitato solo pochi mesi fa al capogruppo Pd al Senato Anna Finocchiaro, beccata con i suoi agenti mentre la accompagnavano ad un importante incarico istituzionale in un supermercato – ora in pizzeria, ora addirittura in vacanza in Liguria. È quanto denunciato solo pochi giorni fa da dal segretario generale del Sappe (sindacato della Polizia Penitenziaria) Roberto Martinelli. Nomi e cognomi non ne ha fatti, ma è facile capire a chi si riferisca: un “sindaco di una grande città del nord che più di undici anni fa è stato ministro della Giustizia”; “una senatrice del Pdl, già sottosegretaria alla Giustizia, che ricordiamo solo per le sue bizzarre dichiarazioni a favore di improbabili stanze del sesso nelle carceri”; “un altro ex sottosegretario alla Giustizia” che giorni fa è andato con “mezzo e uomini della Polizia penitenziaria alla festa regionale del suo partito a Chiavari”. Facile fare l’identikit: Piero Fassino, sindaco di Torino e Guardasigilli nel 2000-2001, Elisabetta Alberti Casellati, a Via Arenula in questa legislatura fino alla caduta del governo Berlusconi, e Giacomo Caliendo, di cui già abbiamo parlato.
Ebbene, accusa Martinelli, il primo, nonostante sia stato ministro più di dieci anni fa, “continua a girare con scorta e macchine della Polizia penitenziaria, con cui è stato visto a fine luglio in giro a Genova”. La Casellati “è stata vista nel Ponente ligure con scorta e macchine della Polizia penitenziaria anche per un impegno del tutto personale: assistere al concerto dell’orchestra sinfonica diretta dal figlio”. Infine Caliendo ”spesso è in Liguria per ragioni private, sempre con auto e agente di scorta”.
Pizzerie, supermercati, vacanze e concerti. Importanti incarichi istituzionali, non c’è che dire.
http://www.infiltrato.it/notizie/italia ... no-al-mare
Re: CRISI e SOLDI PUBBLICI
Se ben capisco, la questione è stata fatta rientrare artificiosamente nelle competenze dei servizi segreti.
E l'on. D'Alema, presidente del Copasir, non ha nulla da dire al riguardo?
40 uomini e due auto blindate. Quanto ci costa la scorta del deputato Berlusconi
Grazie ad una serie di provvedimenti varati dai suoi stessi governi, l'ex presidente del Consiglio conserva la protezione piena che gli era garantita quando era in carica. Due milioni e mezzo circa il costo annuo, pagato dai cittadini solo per la scorta. Senza contare il dispiegamento di Carabinieri a presidio delle sue abitazioni
di Thomas Mackinson | 23 agosto 2012
Una quarantina di uomini divisi in due squadre di 20 ciascuna e due auto blindate per una spesa superiore ai 200mila euro al mese. Vale a dire due milioni e mezzo l’anno. Tanto costano gli uomini dei servizi di sicurezza che ancora oggi stanno appresso all’ex premier Silvio Berlusconi. Senza contare i carabinieri dispiegati dal Ministero degli Interni per servizi ordinari presso le ville di famiglia. Un’eredità che lo stesso Berlusconi si è costruito da solo, a più riprese, con provvedimenti ad hoc e che è riuscito a mantenere anche oggi che è un deputato come altri, solo molto molto costoso. Tanto che gli 80mila euro per la scorta balneare di Fini, da settimane oggetto di furiose polemiche, diventano briciole.
Gli uomini al seguito del Cavaliere, spiegano fonti molto qualificate, hanno trattamenti economici doppi rispetto ai colleghi che svolgono servizi di sicurezza ordinari. Hanno stipendi e prerogative equiparati a quelli dei colleghi dello spionaggio e controspionaggio senza esserlo. Siamo, per essere chiari, intorno ai cinquemila euro al mese. E sono appunto quaranta. I conti sono presto fatti.
Nei suoi mandati, a più riprese, il Cavaliere è riuscito a cambiare le regole sulla sicurezza e imporre uomini di fiducia provenienti dalla sua azienda. Lo si scoprirà anni più tardi, quando i magistrati baresi cercheranno risposte all’andirivieni incontrollato di persone dalle ville del Cavaliere: possibile che nessuno della sicurezza controllasse chi entra e chi esce? Si, perché il premier, proprio per tutelare la sua “privacy”, già dal primo mandato era riuscito a sostituire gli uomini dello Stato con quelli della security di Fininvest e Standa (da quel giorno in poi a libro paga degli italiani). Un’impresa non semplice. Prima di allora, infatti, nessuno poteva entrare in polizia, carabinieri o finanza senza un regolare concorso pubblico. Per garantirsi la “sua” scorta – che obbedisca a personalissimi criteri di fedeltà privata e discrezione pubblica – Berlusconi ricorre allora a un escamotage senza precedenti: grazie alle sue prerogative di Presidente del Consiglio, s’inventa una nuova competenza ad hoc presso i Servizi, gli unici cui la legge consente di assumere personale a chiamata diretta. Nasce così un nucleo per la scorta del presidente che fa capo al Cesis (oggi Aisi, Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna) anziché al Viminale, anche se con l’attività di intelligence vera e propria nulla ha a che fare.
Gli uomini d’azienda vestiranno la divisa sotto la guida dell’uomo che, alla fine degli anni Ottanta, faceva la security alla Standa. E che di punto in bianco si trova capo-scorta del presidente del Consiglio con la qualifica di capo-divisione dei servizi. E si porta dietro almeno altre cinque ex body-guard Fininvest. Col tempo la struttura è cresciuta a ventiquattro unità, poi 31 e infine 40 che stavolta vengono in parte attinte dalle Forze dell’Ordine, ma sempre su indicazione di quel primo nucleo. Che tornerà regolarmente ad ogni successivo mandato. Anzi, non smetterà più di prestare servizio.
Quegli stessi uomini, infatti, sono lì ancora oggi che il Cavaliere è tornato ad essere un deputato. Perché? Perché ha deciso così. E’ il 27 aprile del 2006. Berlusconi ha perso le elezioni e si appresta a fare le valigie e cedere la poltrona e la “campanella” del Consiglio dei Ministri a Romano Prodi. Ma non ha alcuna intenzione di cedere anche quella struttura che i magistrati baresi tre anni dopo definiranno quantomeno “anomala” e che in fin dei conti è una sua creatura. Così, giusto 17 giorni dopo il voto, poco prima di lasciare il Palazzo, Berlusconi vara un altro provvedimento ad hoc che oggi giorno potrebbe chiamarsi a buon diritto “salva-scorta”, nella migliore tradizione delle leggi ad personam. Se ne accorgono, in ottobre, Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo sul Corriere, che raccontano come, non fidandosi del professore, la scorta per il futuro Berlusconi abbia provveduto a farsela da solo stabilendo che i capi di governo “cessati dalle funzioni” abbiano diritto a conservare la scorta su tutto il territorio nazionale nel massimo dispiegamento. Così facendo riesce a portarsela via come fosse un’eredità personale, anche se era (e continua a essere) un servizio di sicurezza privato pagato con soldi pubblici. Al costo, ancora oggi, di due milioni e mezzo l’anno.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... =deputatob
E l'on. D'Alema, presidente del Copasir, non ha nulla da dire al riguardo?
40 uomini e due auto blindate. Quanto ci costa la scorta del deputato Berlusconi
Grazie ad una serie di provvedimenti varati dai suoi stessi governi, l'ex presidente del Consiglio conserva la protezione piena che gli era garantita quando era in carica. Due milioni e mezzo circa il costo annuo, pagato dai cittadini solo per la scorta. Senza contare il dispiegamento di Carabinieri a presidio delle sue abitazioni
di Thomas Mackinson | 23 agosto 2012
Una quarantina di uomini divisi in due squadre di 20 ciascuna e due auto blindate per una spesa superiore ai 200mila euro al mese. Vale a dire due milioni e mezzo l’anno. Tanto costano gli uomini dei servizi di sicurezza che ancora oggi stanno appresso all’ex premier Silvio Berlusconi. Senza contare i carabinieri dispiegati dal Ministero degli Interni per servizi ordinari presso le ville di famiglia. Un’eredità che lo stesso Berlusconi si è costruito da solo, a più riprese, con provvedimenti ad hoc e che è riuscito a mantenere anche oggi che è un deputato come altri, solo molto molto costoso. Tanto che gli 80mila euro per la scorta balneare di Fini, da settimane oggetto di furiose polemiche, diventano briciole.
Gli uomini al seguito del Cavaliere, spiegano fonti molto qualificate, hanno trattamenti economici doppi rispetto ai colleghi che svolgono servizi di sicurezza ordinari. Hanno stipendi e prerogative equiparati a quelli dei colleghi dello spionaggio e controspionaggio senza esserlo. Siamo, per essere chiari, intorno ai cinquemila euro al mese. E sono appunto quaranta. I conti sono presto fatti.
Nei suoi mandati, a più riprese, il Cavaliere è riuscito a cambiare le regole sulla sicurezza e imporre uomini di fiducia provenienti dalla sua azienda. Lo si scoprirà anni più tardi, quando i magistrati baresi cercheranno risposte all’andirivieni incontrollato di persone dalle ville del Cavaliere: possibile che nessuno della sicurezza controllasse chi entra e chi esce? Si, perché il premier, proprio per tutelare la sua “privacy”, già dal primo mandato era riuscito a sostituire gli uomini dello Stato con quelli della security di Fininvest e Standa (da quel giorno in poi a libro paga degli italiani). Un’impresa non semplice. Prima di allora, infatti, nessuno poteva entrare in polizia, carabinieri o finanza senza un regolare concorso pubblico. Per garantirsi la “sua” scorta – che obbedisca a personalissimi criteri di fedeltà privata e discrezione pubblica – Berlusconi ricorre allora a un escamotage senza precedenti: grazie alle sue prerogative di Presidente del Consiglio, s’inventa una nuova competenza ad hoc presso i Servizi, gli unici cui la legge consente di assumere personale a chiamata diretta. Nasce così un nucleo per la scorta del presidente che fa capo al Cesis (oggi Aisi, Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna) anziché al Viminale, anche se con l’attività di intelligence vera e propria nulla ha a che fare.
Gli uomini d’azienda vestiranno la divisa sotto la guida dell’uomo che, alla fine degli anni Ottanta, faceva la security alla Standa. E che di punto in bianco si trova capo-scorta del presidente del Consiglio con la qualifica di capo-divisione dei servizi. E si porta dietro almeno altre cinque ex body-guard Fininvest. Col tempo la struttura è cresciuta a ventiquattro unità, poi 31 e infine 40 che stavolta vengono in parte attinte dalle Forze dell’Ordine, ma sempre su indicazione di quel primo nucleo. Che tornerà regolarmente ad ogni successivo mandato. Anzi, non smetterà più di prestare servizio.
Quegli stessi uomini, infatti, sono lì ancora oggi che il Cavaliere è tornato ad essere un deputato. Perché? Perché ha deciso così. E’ il 27 aprile del 2006. Berlusconi ha perso le elezioni e si appresta a fare le valigie e cedere la poltrona e la “campanella” del Consiglio dei Ministri a Romano Prodi. Ma non ha alcuna intenzione di cedere anche quella struttura che i magistrati baresi tre anni dopo definiranno quantomeno “anomala” e che in fin dei conti è una sua creatura. Così, giusto 17 giorni dopo il voto, poco prima di lasciare il Palazzo, Berlusconi vara un altro provvedimento ad hoc che oggi giorno potrebbe chiamarsi a buon diritto “salva-scorta”, nella migliore tradizione delle leggi ad personam. Se ne accorgono, in ottobre, Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo sul Corriere, che raccontano come, non fidandosi del professore, la scorta per il futuro Berlusconi abbia provveduto a farsela da solo stabilendo che i capi di governo “cessati dalle funzioni” abbiano diritto a conservare la scorta su tutto il territorio nazionale nel massimo dispiegamento. Così facendo riesce a portarsela via come fosse un’eredità personale, anche se era (e continua a essere) un servizio di sicurezza privato pagato con soldi pubblici. Al costo, ancora oggi, di due milioni e mezzo l’anno.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... =deputatob
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Re: CRISI e SOLDI PUBBLICI
Mi sa che la vecchia frase di Gino Bartali vada bene:
E' tutto sbagliato è tutto da rifare...
E per rifare tutto mi sa che ci vorranno i forconi...
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Re: CRISI e SOLDI PUBBLICI
Mariok.Sai chi è Sgarbi: vuole formare un partito rivoluzionario che abolisca le regioni.Sentito pure in TVmariok ha scritto:Se ci sarà un giorno un partito che dichiarerà di battersi per l'eliminazione delle regioni, avrà il mio voto. Lo prometto!
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Vittorio Sgarbi e il Partito della Rivoluzione: mille euro per ogni italiano
it.m.yahoo.com/.../vittorio-sgarbi-partito-della-rivoluzione-mille-eur...
24 lug 2012 – Vittorio Sgarbi torna in politica alla guida del Partito della Rivoluzione. ... si parla dell'abolizione delle Regioni, pressione fiscale progressiva fino a un ... nella torta non li vuole togliere nessuno ANDASSERO A LAVORARE ...
Ciao
Paolo11
Re: CRISI e SOLDI PUBBLICI
No Sgarbi no. Anche se dice di voler sopprimere le regioni. E poi comunque non gli credo.
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