Come se ne viene fuori ?
Re: Come se ne viene fuori ?
A chi non ha visto la trasmissione ed ha tempo e voglia, consiglio di vedere la registrazione.
Il cumulo di sciocchezze inanellate senza pudore da Ferrara, Boccia e Macaluso è veramente notevole.
http://www.la7.tv/richplayer/index.html ... pmk=la7.tv
Se li conosci li eviti
di Marco Travaglio | 29 agosto 2012
Commentando nel web il dibattito di lunedì a La7 sulla trattativa Stato-mafia, molti rimproverano a Mentana di aver invitato Ferrara. Non sono d’accordo. Intanto va apprezzata la perfidia di Mentana, che ha invitato Ferrara a un programma intitolato Bersaglio mobile. E poi Ferrara, specie quando non dialoga con se stesso e veste come Bagonghi, va chiamato spesso, possibilmente sempre. Nessuno meglio di lui riassume, con una franchezza che sconfina nella spudoratezza, come ragiona (si fa per dire) il Potere in Italia. E dimostra, anche fisiognomicamente, la differenza fra i giornalisti che raccontano i fatti e quelli che programmaticamente li ignorano per non disturbare le proprie certezze malate.
Infatti s’è subito trasformato in una gigantesca macchinetta spara-palle, tipo quelle usate per allenare i tennisti: ne sparava così tante che era impossibile respingerle tutte. “Andreotti è stato assolto” (prescritto per “il reato commesso fino al 1980”). “La sentenza Iacoviello della Cassazione ha smentito che Dell’Utri sia mafioso” (Iacoviello è un sostituto Pg e non fa sentenze: la sentenza conferma che Dell’Utri è colpevole per il lungo periodo trascorso al servizio di B., mentre occorre un nuovo appello per provare che lo fosse anche nei tre anni al servizio di Rapisarda). “Anche Falcone trattò con la mafia, vedi Buscetta” (Falcone convinse Buscetta a collaborare non per trattare con la mafia, ma per processarla). “La mafia è stata sconfitta” (senza parole). “L’agenda rossa di Borsellino è una minchiata” (infatti l’han fatta sparire). “L’inchiesta sulla trattativa non è condivisa nemmeno dal procuratore Messineo” (il “visto” del capo non è previsto sull’atto di conclusione delle indagini; lo è invece sulle richieste di rinvio a giudizio ed è prontamente arrivato). “Il pm Di Matteo ha svelato a Repubblica le intercettazioni di Napolitano per ricattarlo” (le svelò Panorama). “Ingroia chiede il segreto di Stato perché alle accuse non crede neanche lui” (Ingroia chiede a chi giustifica la trattativa in nome della ragion di Stato di dire tutto ciò che sa e sfida i politici, se la condividono, a fare una legge che liceizzi ex post quella condotta criminale). “Ingroia fugge in Guatemala per non sostenere l’accusa al processo” (falso: l’invito dell’Onu per l’incarico in Guatemala risale a oltre un anno, e l’accusa ai processi la sostengono di solito i sostituti, non gli aggiunti).
Molto divertente il teorema secondo cui i pm di Palermo indagano sulla trattativa non perché sia una notizia di reato, su cui la Costituzione impone di indagare, ma “per fare carriera”: com’è noto, in Italia, il miglior modo di fare carriera è mettere sotto processo politici di destra e di sinistra più qualche ufficiale del Ros, e ritrovarsi subito dopo alle calcagna Quirinale, Avvocatura dello Stato, Consulta, governo, Parlamento, Pg della Cassazione, Csm, giornaloni e tg a reti unificate. Un carrierone. Molto opportuno anche l’invito di Mentana a Macaluso, che faticava a comprendere la differenza fra un giornale libero e un giornale di partito, scattava come la rana di Galvani solo alla parola “Napolitano”, scambiava per “attacchi al Quirinale” qualunque critica all’inquilino pro tempore ma poi mostrava gravi lacune sul conflitto di attribuzioni (l’amato Presidente non sostiene affatto che “nella Costituzione c’è un vuoto da colmare”, ma che i pm di Palermo han violato le sue presunte prerogative costituzionali).
Era presente, oltre a Di Pietro, un deputato del Pd, tal Boccia, accomunato agli altri due dall’assoluta ignoranza sul tema di cui si parlava: appena si tentava di spiegargli la trattativa, sorrideva beotamente, più divertito ancora di Ferrara. Ma è stato giusto invitare anche lui. Altrimenti non si capirebbe cosa sta diventando il Pd, perché si allea con Casini, perché molti elettori hanno l’ulcera perforata, perché Vendola ha vinto due primarie su due in Puglia e perché non basta essere giovani per essere meglio dei vecchi.
Il Fatto Quotidiano, 29 agosto 2012
Il cumulo di sciocchezze inanellate senza pudore da Ferrara, Boccia e Macaluso è veramente notevole.
http://www.la7.tv/richplayer/index.html ... pmk=la7.tv
Se li conosci li eviti
di Marco Travaglio | 29 agosto 2012
Commentando nel web il dibattito di lunedì a La7 sulla trattativa Stato-mafia, molti rimproverano a Mentana di aver invitato Ferrara. Non sono d’accordo. Intanto va apprezzata la perfidia di Mentana, che ha invitato Ferrara a un programma intitolato Bersaglio mobile. E poi Ferrara, specie quando non dialoga con se stesso e veste come Bagonghi, va chiamato spesso, possibilmente sempre. Nessuno meglio di lui riassume, con una franchezza che sconfina nella spudoratezza, come ragiona (si fa per dire) il Potere in Italia. E dimostra, anche fisiognomicamente, la differenza fra i giornalisti che raccontano i fatti e quelli che programmaticamente li ignorano per non disturbare le proprie certezze malate.
Infatti s’è subito trasformato in una gigantesca macchinetta spara-palle, tipo quelle usate per allenare i tennisti: ne sparava così tante che era impossibile respingerle tutte. “Andreotti è stato assolto” (prescritto per “il reato commesso fino al 1980”). “La sentenza Iacoviello della Cassazione ha smentito che Dell’Utri sia mafioso” (Iacoviello è un sostituto Pg e non fa sentenze: la sentenza conferma che Dell’Utri è colpevole per il lungo periodo trascorso al servizio di B., mentre occorre un nuovo appello per provare che lo fosse anche nei tre anni al servizio di Rapisarda). “Anche Falcone trattò con la mafia, vedi Buscetta” (Falcone convinse Buscetta a collaborare non per trattare con la mafia, ma per processarla). “La mafia è stata sconfitta” (senza parole). “L’agenda rossa di Borsellino è una minchiata” (infatti l’han fatta sparire). “L’inchiesta sulla trattativa non è condivisa nemmeno dal procuratore Messineo” (il “visto” del capo non è previsto sull’atto di conclusione delle indagini; lo è invece sulle richieste di rinvio a giudizio ed è prontamente arrivato). “Il pm Di Matteo ha svelato a Repubblica le intercettazioni di Napolitano per ricattarlo” (le svelò Panorama). “Ingroia chiede il segreto di Stato perché alle accuse non crede neanche lui” (Ingroia chiede a chi giustifica la trattativa in nome della ragion di Stato di dire tutto ciò che sa e sfida i politici, se la condividono, a fare una legge che liceizzi ex post quella condotta criminale). “Ingroia fugge in Guatemala per non sostenere l’accusa al processo” (falso: l’invito dell’Onu per l’incarico in Guatemala risale a oltre un anno, e l’accusa ai processi la sostengono di solito i sostituti, non gli aggiunti).
Molto divertente il teorema secondo cui i pm di Palermo indagano sulla trattativa non perché sia una notizia di reato, su cui la Costituzione impone di indagare, ma “per fare carriera”: com’è noto, in Italia, il miglior modo di fare carriera è mettere sotto processo politici di destra e di sinistra più qualche ufficiale del Ros, e ritrovarsi subito dopo alle calcagna Quirinale, Avvocatura dello Stato, Consulta, governo, Parlamento, Pg della Cassazione, Csm, giornaloni e tg a reti unificate. Un carrierone. Molto opportuno anche l’invito di Mentana a Macaluso, che faticava a comprendere la differenza fra un giornale libero e un giornale di partito, scattava come la rana di Galvani solo alla parola “Napolitano”, scambiava per “attacchi al Quirinale” qualunque critica all’inquilino pro tempore ma poi mostrava gravi lacune sul conflitto di attribuzioni (l’amato Presidente non sostiene affatto che “nella Costituzione c’è un vuoto da colmare”, ma che i pm di Palermo han violato le sue presunte prerogative costituzionali).
Era presente, oltre a Di Pietro, un deputato del Pd, tal Boccia, accomunato agli altri due dall’assoluta ignoranza sul tema di cui si parlava: appena si tentava di spiegargli la trattativa, sorrideva beotamente, più divertito ancora di Ferrara. Ma è stato giusto invitare anche lui. Altrimenti non si capirebbe cosa sta diventando il Pd, perché si allea con Casini, perché molti elettori hanno l’ulcera perforata, perché Vendola ha vinto due primarie su due in Puglia e perché non basta essere giovani per essere meglio dei vecchi.
Il Fatto Quotidiano, 29 agosto 2012
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Re: Come se ne viene fuori ?
E’ probabile che faccia riferimento agli esclusi dalla festa del Pd di Reggio E.mariok ha scritto:Concordo con gran parte dell'articolo.Napolitano, Bersani e Scalfari vogliono impedire che l’Altrapolitica, dilagante nel paese, possa irrompere in Parlamento e rappresentare un’alternativa di governo.
Ma sinceramente questa "Altrapolitica, dilagante nel paese," che "possa irrompere in Parlamento e rappresentare un’alternativa di governo" non riesco proprio a vederla.
La Fiom di Landini
Di Pietro
Grillo
Il Fatto Quotidiano.
In effetti il mondo del lavoro, ma in particolare il mondo operaio di sinistra ha perso completamente i riferimenti politici.
Sono gli unici con i pensionati ad essere stati oggetto di riforma.
Potrebbero essere potenzialmente tanti, ma non so se per il momento possa essere definita dilagante.
Su IFQ, Fabio Marcelli, individua la soluzione di un nuovo Cln. E’ una proposta forte ma prima che tutto passi alla piazza, di cui conosciamo gli esiti e le conseguenze, sarebbe opportuno prendere in considerazione l’ultimo tentativo per via democratica e parlamentare.
La sinistra di base è in fermento, sta cercando una nuova via per riproporsi, ma come sempre accade in questi casi (è successo anche all’inizio della Resistenza dopo l’8 settembre 1943, quando si formavano nuclei disparati senza sapere esattamente come fare e cosa fare, fino a quando non si è formato il Cln), si formano dei gruppi a se stanti, come ad esempio ALBA.
A me non sarebbe dispiaciuto, quando sono arrivato sul nuovo forum, che fosse lui a realizzare questo collegamento tra tutti i gruppi in fermento del centrosinistra o della sinistra.
Re: Come se ne viene fuori ?
Anche a me. Ma purtroppo, oltre a tempo e passione, occorrono anche risorse, soprattutto economiche.camillobenso ha scritto:A me non sarebbe dispiaciuto, quando sono arrivato sul nuovo forum, che fosse lui a realizzare questo collegamento tra tutti i gruppi in fermento del centrosinistra o della sinistra.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Immagino,......si cade sempre lì........mariok ha scritto:Anche a me. Ma purtroppo, oltre a tempo e passione, occorrono anche risorse, soprattutto economiche.camillobenso ha scritto:A me non sarebbe dispiaciuto, quando sono arrivato sul nuovo forum, che fosse lui a realizzare questo collegamento tra tutti i gruppi in fermento del centrosinistra o della sinistra.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Per un nuovo Cln!
di Fabio Marcelli
| 27 agosto 2012 | Commenti (30)
Ci tocca leggere ed ascoltare di tutto, in questi giorni. Perfino, il surreale Bersani che dà del fascista a chi considera lui e i suoi compari Alfano e Casini degli zombies. Si ha la netta impressione che non sempre in questo Paese si riesca a realizzare la propria vera vocazione. Bersani avrebbe dovuto fare il comico, Grillo avrebbe dovuto fare il leader politico. Quest’ultimo almeno in parte ci riesce. Speriamo che in futuro anche Bersani possa riuscirci.
Grottesca comicità a parte, parliamo seriamente di fascismo e antifascismo. La Resistenza antifascista costituì senza dubbio il momento più alto e importante nella vita della nostra nazione. Liberandosi con le armi dell’infame regime totalitario e dittatoriale che aveva stretto un orribile pactum sceleris con la Germania nazista, il popolo italiano affermò la propria volontà indefettibile di dar vita a un nuovo Stato basato su principi di giustizia consacrati dalla Costituzione repubblicana.
A quasi settanta anni di distanza da quei felici accadimenti non possiamo certo dire di essere contenti di quanto realizzato, né che lo sarebbero coloro che, a migliaia, dettero la propria vita per raggiungere quegli scopi. Il Paese è in mano a una casta di politici mediamente ignoranti, spesso corrotti, comunque autoreferenziali, i quali, incuranti del crescente disprezzo e discredito di cui godono in seno all’opinione pubblica,stanno redigendo una legge elettorale antidemocratica, concepita esclusivamente in base agli interessi di autoperpetuazione della casta, che prevede un premio di maggioranza che distorce il responso delle urne e impedisce al cittadino di scegliere il proprio rappresentante mediante il meccanismo della preferenza.
Queste forze politiche indegne del lascito della Resistenza stanno svendendo il nostro Paese ad affaristi e speculatori di ogni genere, che si accingono a nuove devastanti opere, dalla TAV, alle nuove ondate di cementificazione selvaggia che mettono a rischio quanto resta di quello che un tempo veniva definito il Bel Paese, con orgoglio di noi tutti. Tutto questo mentre si continuano a lesinare soldi alla cultura, all’istruzione e alla ricerca, e trecentomila volumi appartenenti alla biblioteca di una delle più importanti istituzioni culturali italiane, l’Istituto italiano di studi filosofici di Napoli, stanno marcendo in un capannone nella campagna campana.
Questo è il governo che esprime la convergenza tra la casta politica suddetta, mirabilmente esemplificata, nella sua sostanziale unitarietà, dai rapporti di parentela intercorrenti fra Letta zio e Letta nipote, e gli interessi più retrivi della finanza parassitaria che sgoverna il mondo, trascinandolo nell’abisso della miseria crescente per la stragrande maggioranza della sua popolazione, della devastazione ambientale senza ritorno e della guerra.
Con faccia tosta davvero invidiabile due esponenti di punta di questo governo, il banchiere Monti, già membro della Goldman Sachs, e il suo sodale Passera, indagato per frode fiscale, hanno annunciato l’”uscita dal tunnel” mentre sempre più aziende chiudono e un numero crescente di lavoratori corre il rischio della disoccupazione.
Costoro, in un empito di arroganza, non si peritano di gettarsi contro i giudici che,salvaguardando i principi dello Stato di diritto, costituiscono in qualche modo un argine alle loro mene: si tratti dei giudici antimafia di Palermo o della giudice Todisco che ha detto finalmente basta all’azione assassina di un’azienda come l’Ilva.
La misura è colma. I giuristi democratici devono assumere, insieme ad altre forze politiche e sociali l’onere di prendere la guida di un movimento di massa che spazzi via questo governo e si impegni, anche attraverso la partecipazione con una propria lista alle prossime elezioni politiche, anticipate o meno, a costruire un’alternativa alla fallimentare politica delle caste di qualsiasi genere. Questo perché la difesa della Costituzione repubblicana attaccata apertamente ieri da Berlusconi e oggi in modo meno aperto ma ancora più micidiale da Monti e ABC, insieme con quella dello Stato di diritto e delle intoccabili prerogative della magistratura, costituisce un elemento fondamentale.
Occorre peraltro anche saper superare logiche identitarie e di bottega che ci porterebbero sicuramente al fallimento. In questo senso mi pare sia da sostenere la proposta di una Lista civica nazionale, sostenuta fra gli altri da Giuliano Giuliani con la seguente motivazione: “Più che all’unità delle attuali formazioni politiche della sinistra occorrerebbe puntare alla messa insieme delle cittadine e dei cittadini che hanno un’idea, un’aspirazione, una convinzione di sinistra e chiedere loro di privilegiare, rispetto ai nomi, ai simboli, ai proclami ideologici, i contenuti programmatici, le cose da fare, le priorità: per cercare di garantire davvero una svolta e offrire alla società italiana la possibilità di garantire diritti dei deboli e giustizia sociale”.
Ma non ci serve solo una lista.Ci serve anche e soprattutto un Comitato di liberazione nazionale dalle banche e dalle caste, che sappia operare sul terreno eletorale ma anche su tutti gli altri terreni necessari a recuperare il consenso e la forza sociale e politica necessaria per mandare sanguisughe e parassiti a svernare permanentemente in altro luogo, lasciando finalmente l’Italia ai suoi cittadini onesti e lavoratori.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... ln/332865/
di Fabio Marcelli
| 27 agosto 2012 | Commenti (30)
Ci tocca leggere ed ascoltare di tutto, in questi giorni. Perfino, il surreale Bersani che dà del fascista a chi considera lui e i suoi compari Alfano e Casini degli zombies. Si ha la netta impressione che non sempre in questo Paese si riesca a realizzare la propria vera vocazione. Bersani avrebbe dovuto fare il comico, Grillo avrebbe dovuto fare il leader politico. Quest’ultimo almeno in parte ci riesce. Speriamo che in futuro anche Bersani possa riuscirci.
Grottesca comicità a parte, parliamo seriamente di fascismo e antifascismo. La Resistenza antifascista costituì senza dubbio il momento più alto e importante nella vita della nostra nazione. Liberandosi con le armi dell’infame regime totalitario e dittatoriale che aveva stretto un orribile pactum sceleris con la Germania nazista, il popolo italiano affermò la propria volontà indefettibile di dar vita a un nuovo Stato basato su principi di giustizia consacrati dalla Costituzione repubblicana.
A quasi settanta anni di distanza da quei felici accadimenti non possiamo certo dire di essere contenti di quanto realizzato, né che lo sarebbero coloro che, a migliaia, dettero la propria vita per raggiungere quegli scopi. Il Paese è in mano a una casta di politici mediamente ignoranti, spesso corrotti, comunque autoreferenziali, i quali, incuranti del crescente disprezzo e discredito di cui godono in seno all’opinione pubblica,stanno redigendo una legge elettorale antidemocratica, concepita esclusivamente in base agli interessi di autoperpetuazione della casta, che prevede un premio di maggioranza che distorce il responso delle urne e impedisce al cittadino di scegliere il proprio rappresentante mediante il meccanismo della preferenza.
Queste forze politiche indegne del lascito della Resistenza stanno svendendo il nostro Paese ad affaristi e speculatori di ogni genere, che si accingono a nuove devastanti opere, dalla TAV, alle nuove ondate di cementificazione selvaggia che mettono a rischio quanto resta di quello che un tempo veniva definito il Bel Paese, con orgoglio di noi tutti. Tutto questo mentre si continuano a lesinare soldi alla cultura, all’istruzione e alla ricerca, e trecentomila volumi appartenenti alla biblioteca di una delle più importanti istituzioni culturali italiane, l’Istituto italiano di studi filosofici di Napoli, stanno marcendo in un capannone nella campagna campana.
Questo è il governo che esprime la convergenza tra la casta politica suddetta, mirabilmente esemplificata, nella sua sostanziale unitarietà, dai rapporti di parentela intercorrenti fra Letta zio e Letta nipote, e gli interessi più retrivi della finanza parassitaria che sgoverna il mondo, trascinandolo nell’abisso della miseria crescente per la stragrande maggioranza della sua popolazione, della devastazione ambientale senza ritorno e della guerra.
Con faccia tosta davvero invidiabile due esponenti di punta di questo governo, il banchiere Monti, già membro della Goldman Sachs, e il suo sodale Passera, indagato per frode fiscale, hanno annunciato l’”uscita dal tunnel” mentre sempre più aziende chiudono e un numero crescente di lavoratori corre il rischio della disoccupazione.
Costoro, in un empito di arroganza, non si peritano di gettarsi contro i giudici che,salvaguardando i principi dello Stato di diritto, costituiscono in qualche modo un argine alle loro mene: si tratti dei giudici antimafia di Palermo o della giudice Todisco che ha detto finalmente basta all’azione assassina di un’azienda come l’Ilva.
La misura è colma. I giuristi democratici devono assumere, insieme ad altre forze politiche e sociali l’onere di prendere la guida di un movimento di massa che spazzi via questo governo e si impegni, anche attraverso la partecipazione con una propria lista alle prossime elezioni politiche, anticipate o meno, a costruire un’alternativa alla fallimentare politica delle caste di qualsiasi genere. Questo perché la difesa della Costituzione repubblicana attaccata apertamente ieri da Berlusconi e oggi in modo meno aperto ma ancora più micidiale da Monti e ABC, insieme con quella dello Stato di diritto e delle intoccabili prerogative della magistratura, costituisce un elemento fondamentale.
Occorre peraltro anche saper superare logiche identitarie e di bottega che ci porterebbero sicuramente al fallimento. In questo senso mi pare sia da sostenere la proposta di una Lista civica nazionale, sostenuta fra gli altri da Giuliano Giuliani con la seguente motivazione: “Più che all’unità delle attuali formazioni politiche della sinistra occorrerebbe puntare alla messa insieme delle cittadine e dei cittadini che hanno un’idea, un’aspirazione, una convinzione di sinistra e chiedere loro di privilegiare, rispetto ai nomi, ai simboli, ai proclami ideologici, i contenuti programmatici, le cose da fare, le priorità: per cercare di garantire davvero una svolta e offrire alla società italiana la possibilità di garantire diritti dei deboli e giustizia sociale”.
Ma non ci serve solo una lista.Ci serve anche e soprattutto un Comitato di liberazione nazionale dalle banche e dalle caste, che sappia operare sul terreno eletorale ma anche su tutti gli altri terreni necessari a recuperare il consenso e la forza sociale e politica necessaria per mandare sanguisughe e parassiti a svernare permanentemente in altro luogo, lasciando finalmente l’Italia ai suoi cittadini onesti e lavoratori.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Destra-sinistra: contro la neutralità funzionale al “sistema”
di Gianni Vattimo
| 29 agosto 2012 | Commenti (35)
Chi ti dice che la mafia non esiste, o non esiste più, in genere è sicuramente un mafioso o amico dei mafiosi. E il diavolo fa di tutto per far credere che non c’è. Vecchia saggezza di confessori, vecchia come la convinzione che esista ancora una differenza tra destra e sinistra?
A me pare solo una questione di parole, a meno che si creda che non c’è più la differenziazione sociale tra vincitori e vinti a cui alludeva questa vecchia terminologia. Non c’è più conflitto di classe, si dice, perché con la scomparsa della grande industria tayloristica non c’è più (coscienza di) classe. Ma nel mondo i poveri sono sempre più numerosi, il 99 per cento che Occupy Wall Street ha pensato di rappresentare e svegliare nella metropoli Usa. Il vero conflitto sarebbe ormai tra noi mondo industrializzato e il mondo degli slums, degli esclusi, che ci minacciano tutti con la loro pressione e il crescente terrorismo? Persino questa idea dapprima formulata diversamente da Marcuse è diventata un’arma della conservazione sociale in Occidente: siamo tutti impegnati a difendere l “mondo libero”, meglio non fare tanto casino all’interno di questo mondo, siamo tutti nella stessa barca, dobbiamo salvare le banche perché se no saremo tutti rovinati, affidiamoci a tecnici che sappiano riparare questo sistema capitalistico che è il solo possibile, provvisoriamente messo in crisi (da chi? Dal terrorismo internazionale?).
Chi parla di concordia nazionale per salvare l’Italia, o l’Europa, o il “mondo libero” è come chi nega l’esistenza della mafia. E’ amico del giaguaro, non so se si chiami destra o sinistra, so solo che il conflitto tra poveri e ricchi, tra esclusi e inclusi o garantiti c’è ancora eccome, e che dunque il senso originario delle parole destra e sinistra non è sparito del tutto. Certo, se si continua a chiamare sinistra il Pd e centro-sinistra il programma di governo che esso propone ai suoi ormai stremati elettori – continuità garantita con l’agenda Monti-Fornero cioè un governo Berlusconi con l’appoggio del Pd, niente di più – allora le parole destra sinistra perdono senso.
Insomma, temo che abbiano ragione i miei confessori di un tempo: chi pretende di farti credere che i termini destra e sinistra non hanno più senso è solo chi non vuole schierarsi, che pensa di lasciar fare ai tecnici, la cui “neutralità” è funzionale soltanto alla sopravvivenza del sistema com’è, e che si intende restaurare fino alla prossima crisi. Heidegger (il maledetto, nazista, che abbandona la torre d’avorio dei tanti neutrali neokantiani per impegnarsi nella lotta politica, certo sbagliando fronte) insegna che la sola emergenza è l’’assenza di emergenza. Il solo pericolo è che ci si faccia credere (con le buone o con le cattive:vedi i NoTav demonizzati e incarcerati) che il conflitto non c’è e non deve esserci, che la salvezza consiste nel non ostacolare le manovre di “risanamento”, anche se costano sacrifici ingenti (distribuiti assai poco equamente,ma questo è già tentazione conflittuale, non si deve nemmeno pensare).
Per abitudine, e anche per non confondermi con i tanti che vogliono solo un miglior funzionamento di QUESTO sistema, continuo a usare i termini destra-sinistra, persino a dispetto dei tanti comunisti-mai –comunisti che non hanno difeso nemmeno un momento Stalin dalle calunnie di Krusciov. Si vuole una definizione concettualmente rigorosa dei de termini? Ebbene, si ricordi la tanto vituperata egemonia culturale della sinistra in Italia nel dopoguerra. Cominciamo a riconoscere che destra è naturalismo – far leva sulle differenze “naturali” (a cominciare dall’eredità giù giù fino alla razza) per produrre sviluppo e ricchezza: competizione , concorrenza, agonismo estremo – mentre la sinistra è sempre stata culturalista: correggere le differenze “naturali”, non accettare come normale la lotta per la vita, promuovere un mondo dove buongiorno voglia dire veramente buongiorno. E perché, alla fine, non ritrovare, insieme alla parola sinistra, persino la parola “comunismo? Ratzinger, si ricorderà, nella sua prima enciclica (se non sbaglio) ha detto che le comunità cristiane primitive erano comuniste; poi, “naturalmente” (!) questo fenomeno finì. Ma elettrificazione (sviluppo economico, non solo mercato) più soviet (e cioè controllo democratico di base) non vi pare un programma ancora del tutto proponibile?
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... ma/337216/
di Gianni Vattimo
| 29 agosto 2012 | Commenti (35)
Chi ti dice che la mafia non esiste, o non esiste più, in genere è sicuramente un mafioso o amico dei mafiosi. E il diavolo fa di tutto per far credere che non c’è. Vecchia saggezza di confessori, vecchia come la convinzione che esista ancora una differenza tra destra e sinistra?
A me pare solo una questione di parole, a meno che si creda che non c’è più la differenziazione sociale tra vincitori e vinti a cui alludeva questa vecchia terminologia. Non c’è più conflitto di classe, si dice, perché con la scomparsa della grande industria tayloristica non c’è più (coscienza di) classe. Ma nel mondo i poveri sono sempre più numerosi, il 99 per cento che Occupy Wall Street ha pensato di rappresentare e svegliare nella metropoli Usa. Il vero conflitto sarebbe ormai tra noi mondo industrializzato e il mondo degli slums, degli esclusi, che ci minacciano tutti con la loro pressione e il crescente terrorismo? Persino questa idea dapprima formulata diversamente da Marcuse è diventata un’arma della conservazione sociale in Occidente: siamo tutti impegnati a difendere l “mondo libero”, meglio non fare tanto casino all’interno di questo mondo, siamo tutti nella stessa barca, dobbiamo salvare le banche perché se no saremo tutti rovinati, affidiamoci a tecnici che sappiano riparare questo sistema capitalistico che è il solo possibile, provvisoriamente messo in crisi (da chi? Dal terrorismo internazionale?).
Chi parla di concordia nazionale per salvare l’Italia, o l’Europa, o il “mondo libero” è come chi nega l’esistenza della mafia. E’ amico del giaguaro, non so se si chiami destra o sinistra, so solo che il conflitto tra poveri e ricchi, tra esclusi e inclusi o garantiti c’è ancora eccome, e che dunque il senso originario delle parole destra e sinistra non è sparito del tutto. Certo, se si continua a chiamare sinistra il Pd e centro-sinistra il programma di governo che esso propone ai suoi ormai stremati elettori – continuità garantita con l’agenda Monti-Fornero cioè un governo Berlusconi con l’appoggio del Pd, niente di più – allora le parole destra sinistra perdono senso.
Insomma, temo che abbiano ragione i miei confessori di un tempo: chi pretende di farti credere che i termini destra e sinistra non hanno più senso è solo chi non vuole schierarsi, che pensa di lasciar fare ai tecnici, la cui “neutralità” è funzionale soltanto alla sopravvivenza del sistema com’è, e che si intende restaurare fino alla prossima crisi. Heidegger (il maledetto, nazista, che abbandona la torre d’avorio dei tanti neutrali neokantiani per impegnarsi nella lotta politica, certo sbagliando fronte) insegna che la sola emergenza è l’’assenza di emergenza. Il solo pericolo è che ci si faccia credere (con le buone o con le cattive:vedi i NoTav demonizzati e incarcerati) che il conflitto non c’è e non deve esserci, che la salvezza consiste nel non ostacolare le manovre di “risanamento”, anche se costano sacrifici ingenti (distribuiti assai poco equamente,ma questo è già tentazione conflittuale, non si deve nemmeno pensare).
Per abitudine, e anche per non confondermi con i tanti che vogliono solo un miglior funzionamento di QUESTO sistema, continuo a usare i termini destra-sinistra, persino a dispetto dei tanti comunisti-mai –comunisti che non hanno difeso nemmeno un momento Stalin dalle calunnie di Krusciov. Si vuole una definizione concettualmente rigorosa dei de termini? Ebbene, si ricordi la tanto vituperata egemonia culturale della sinistra in Italia nel dopoguerra. Cominciamo a riconoscere che destra è naturalismo – far leva sulle differenze “naturali” (a cominciare dall’eredità giù giù fino alla razza) per produrre sviluppo e ricchezza: competizione , concorrenza, agonismo estremo – mentre la sinistra è sempre stata culturalista: correggere le differenze “naturali”, non accettare come normale la lotta per la vita, promuovere un mondo dove buongiorno voglia dire veramente buongiorno. E perché, alla fine, non ritrovare, insieme alla parola sinistra, persino la parola “comunismo? Ratzinger, si ricorderà, nella sua prima enciclica (se non sbaglio) ha detto che le comunità cristiane primitive erano comuniste; poi, “naturalmente” (!) questo fenomeno finì. Ma elettrificazione (sviluppo economico, non solo mercato) più soviet (e cioè controllo democratico di base) non vi pare un programma ancora del tutto proponibile?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Chi parla di concordia nazionale per salvare l’Italia, o l’Europa, o il “mondo libero” è come chi nega l’esistenza della mafia
Gianni Vattimo
Che strana questa affermazione di Vattimo. E' quanto va noiosamente ripetendo da tre anni Pierazzurro Casini, ...la nuova fidanzata di Peppone.....
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Che strana questa affermazione di Vattimo. E' quanto va noiosamente ripetendo da tre anni Pierazzurro Casini, ...la nuova fidanzata di Peppone.....
Re: Come se ne viene fuori ?
Finalmente uno che ha il coraggio di pronunciare una parola che è diventata una bestemmia: "comunismo".Gianni Vattimo ha scritto:Ma elettrificazione (sviluppo economico, non solo mercato) più soviet (e cioè controllo democratico di base) non vi pare un programma ancora del tutto proponibile?
La risposta alla sua domanda penso che sia SI, a patto però di non liquidare i problemi che ci sono stati nel primo tentativo affermando che quelle di Krusciov su Stalin erano "calunnie".
Insieme al coraggio (che va riconosciuto a Vattimo) di ri-pronunciare la parola "comunismo", occorre anche quello di riconoscere ed analizzare ciò che è andato storto e riprendere il discorso da dove si è interrotto: il 1989.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Renzi: "Big uniti solo contro di me
ma se vinco io vanno tutti a casa"
Il sindaco di Firenze lancerà il 13 settembre da Verona la sua campagna per le primarie: "Se perdo? Riequilibrio nel partito". "Per la prima volta i giovani rischiano in proprio, senza più aspettare che D'Alema si faccia da parte". Girerà l'Italia a bordo del camper Therry di ANNALISA CUZZOCREA
ROMA - Partirà dal Veneto, Matteo Renzi. Il discorso di apertura della sua campagna elettorale, il 13 settembre, lo terrà a Verona. Nella terra che fu prima della Dc, poi della Lega, il sindaco di Firenze ha deciso di lanciare la sua sfida. Ieri, insieme ai più stretti collaboratori, ha incontrato quaranta amministratori locali. Due ore di dialogo serrato per preparare il terreno.
Tra meno di due settimane sarà lì con i due camper con cui ha deciso di girare l'Italia. Una fatica, dovrà tornare di continuo a Firenze per non dar fiato a chi già chiede che si dimetta, ma ha bruciato i tempi, ha preso in contropiede tutti, e ha deciso di giocare. "È ovvio che da una parte c'è una squadra abituata alla Champions League, e dall'altra una neopromossa. Noi però ci siamo allenati, e se ci va tutto bene, ce la giochiamo". Del resto, quando sente al telefono Pep Guardiola, l'ex allenatore del Barcellona, lui gli chiede sempre: "La fai la gara? Sei pronto a partire?".
L'ultima volta, il sindaco ha detto sì. Sa che i favori del pronostico sono dalla parte del segretario, ma - spiega ai suoi - "se vincono loro, vorrà dire che l'Italia ha scelto l'usato sicuro, se vinciamo noi, vanno tutti a casa". La dirigenza tutta contro di lui non lo spaventa: "Siamo l'unico punto di unione di persone divise su tutto. Abbiamo messo dalla stessa parte D'Alema e Veltroni, Letta e Rosy Bindy".
E così, dopo Verona, verranno Belluno, Treviso, Padova. "Dove la gente si spacca la schiena, e la crisi morde di più", dice il capo della campagna elettorale Roberto Reggi, ex sindaco di Piacenza, e quindi ex sindaco di Bersani: un ingegnere lettiano che ha sposato la causa dei rottamatori, e che avrà il compito di tenere i rapporti con i territori. Interessati ai voti della Lega? "La nostra proposta è diretta a chi è deluso e ha voglia di reagire. Andiamo dove la gente vuole ripartire, ma fa fatica. Vogliamo dare risposte a quei problemi".
Promette di stupire, Matteo Renzi. "Sono uno dei pochi sindaci che ha abbassato l'addizionale Irpef. Ho dimezzato gli assessori, messo in giunta più donne che uomini, fatto il primo piano strutturale a volume zero. Il mio programma è molto più a sinistra del loro, fatto di cooperative e cooptazione". Ripete a tutti che la linea della campagna sarà sobrietà e leggerezza. Non vuole alzare i toni. Soprattutto, apprezza il fair play con cui Bersani ha accolto la sua candidatura.
Sul dopo però è chiaro: "Se perdo, non mi accomoderò in Parlamento. Resterò a fare il sindaco. Ma non rinuncerò a un riequilibrio interno". Tradotto, comunque vada, il Pd sarà travolto da un gruppo di under 40 che ha deciso di giocarsi la partita. E che vuole entrare in Parlamento scardinando le vecchie regole. "È la prima volta che i giovani hanno il coraggio di rischiare, che non aspettano l'incoronazione di nessuno. Se aspetti che D'Alema si faccia da parte, fai in tempo ad andare in pensione nonostante la Fornero".
Ad ascoltare questi ragionamenti, e a lavorare intensamente a una campagna elettorale partita in quarta, ci sono il braccio destro e capo di gabinetto Luca Lotti; Luigi de Siervo, amico di giovinezza e, nonostante in Rai faccia il direttore commerciale, esperto di comunicazione (fu sua l'idea della panchina simbolo di una generazione in attesa alla Leopolda); poi l'uomo dei soldi, Marco Carrai, ad di Firenze Parcheggi e curatore, per Renzi, dei rapporti con banche e fondazioni. E Giorgio Gori, il cui ruolo - ridefinito martedì sera - sarà quello di curatore della comunicazione. Sui duelli televisivi, ad esempio, saprà dare i consigli giusti. Il sondaggista è Fabrizio Masia di Emg.
Il coordinatore del programma, cui lavorano professori come il costituzionalista Francesco Clementi e il giuslavorista Pietro Ichino, è Giuliano da Empoli. In un ruolo più politico, accanto a Reggi, c'è il presidente del consiglio regionale emiliano Matteo Richetti, e ci sono un gruppo di giovani sindaci che già fanno rete: da Andrea Ballarè di Novara a Federico Berruti di Savona, fino a quelli di Nichelino, Gela, Castrovillari. I rottamatori riscostruiscono a partire da lì. Sono pronti ad allestire tremila circoli in tutto il Paese. Giocano per vincere, sapendo che anche una sconfitta, può aprire varchi dove finora c'era un muro.
(30 agosto 2012)
E mentre noi stiamo cercando dove è la sinistra
Renzi tenta il colpo nel PD, cambiare tutti e diventare PDemocristiani
ma se vinco io vanno tutti a casa"
Il sindaco di Firenze lancerà il 13 settembre da Verona la sua campagna per le primarie: "Se perdo? Riequilibrio nel partito". "Per la prima volta i giovani rischiano in proprio, senza più aspettare che D'Alema si faccia da parte". Girerà l'Italia a bordo del camper Therry di ANNALISA CUZZOCREA
ROMA - Partirà dal Veneto, Matteo Renzi. Il discorso di apertura della sua campagna elettorale, il 13 settembre, lo terrà a Verona. Nella terra che fu prima della Dc, poi della Lega, il sindaco di Firenze ha deciso di lanciare la sua sfida. Ieri, insieme ai più stretti collaboratori, ha incontrato quaranta amministratori locali. Due ore di dialogo serrato per preparare il terreno.
Tra meno di due settimane sarà lì con i due camper con cui ha deciso di girare l'Italia. Una fatica, dovrà tornare di continuo a Firenze per non dar fiato a chi già chiede che si dimetta, ma ha bruciato i tempi, ha preso in contropiede tutti, e ha deciso di giocare. "È ovvio che da una parte c'è una squadra abituata alla Champions League, e dall'altra una neopromossa. Noi però ci siamo allenati, e se ci va tutto bene, ce la giochiamo". Del resto, quando sente al telefono Pep Guardiola, l'ex allenatore del Barcellona, lui gli chiede sempre: "La fai la gara? Sei pronto a partire?".
L'ultima volta, il sindaco ha detto sì. Sa che i favori del pronostico sono dalla parte del segretario, ma - spiega ai suoi - "se vincono loro, vorrà dire che l'Italia ha scelto l'usato sicuro, se vinciamo noi, vanno tutti a casa". La dirigenza tutta contro di lui non lo spaventa: "Siamo l'unico punto di unione di persone divise su tutto. Abbiamo messo dalla stessa parte D'Alema e Veltroni, Letta e Rosy Bindy".
E così, dopo Verona, verranno Belluno, Treviso, Padova. "Dove la gente si spacca la schiena, e la crisi morde di più", dice il capo della campagna elettorale Roberto Reggi, ex sindaco di Piacenza, e quindi ex sindaco di Bersani: un ingegnere lettiano che ha sposato la causa dei rottamatori, e che avrà il compito di tenere i rapporti con i territori. Interessati ai voti della Lega? "La nostra proposta è diretta a chi è deluso e ha voglia di reagire. Andiamo dove la gente vuole ripartire, ma fa fatica. Vogliamo dare risposte a quei problemi".
Promette di stupire, Matteo Renzi. "Sono uno dei pochi sindaci che ha abbassato l'addizionale Irpef. Ho dimezzato gli assessori, messo in giunta più donne che uomini, fatto il primo piano strutturale a volume zero. Il mio programma è molto più a sinistra del loro, fatto di cooperative e cooptazione". Ripete a tutti che la linea della campagna sarà sobrietà e leggerezza. Non vuole alzare i toni. Soprattutto, apprezza il fair play con cui Bersani ha accolto la sua candidatura.
Sul dopo però è chiaro: "Se perdo, non mi accomoderò in Parlamento. Resterò a fare il sindaco. Ma non rinuncerò a un riequilibrio interno". Tradotto, comunque vada, il Pd sarà travolto da un gruppo di under 40 che ha deciso di giocarsi la partita. E che vuole entrare in Parlamento scardinando le vecchie regole. "È la prima volta che i giovani hanno il coraggio di rischiare, che non aspettano l'incoronazione di nessuno. Se aspetti che D'Alema si faccia da parte, fai in tempo ad andare in pensione nonostante la Fornero".
Ad ascoltare questi ragionamenti, e a lavorare intensamente a una campagna elettorale partita in quarta, ci sono il braccio destro e capo di gabinetto Luca Lotti; Luigi de Siervo, amico di giovinezza e, nonostante in Rai faccia il direttore commerciale, esperto di comunicazione (fu sua l'idea della panchina simbolo di una generazione in attesa alla Leopolda); poi l'uomo dei soldi, Marco Carrai, ad di Firenze Parcheggi e curatore, per Renzi, dei rapporti con banche e fondazioni. E Giorgio Gori, il cui ruolo - ridefinito martedì sera - sarà quello di curatore della comunicazione. Sui duelli televisivi, ad esempio, saprà dare i consigli giusti. Il sondaggista è Fabrizio Masia di Emg.
Il coordinatore del programma, cui lavorano professori come il costituzionalista Francesco Clementi e il giuslavorista Pietro Ichino, è Giuliano da Empoli. In un ruolo più politico, accanto a Reggi, c'è il presidente del consiglio regionale emiliano Matteo Richetti, e ci sono un gruppo di giovani sindaci che già fanno rete: da Andrea Ballarè di Novara a Federico Berruti di Savona, fino a quelli di Nichelino, Gela, Castrovillari. I rottamatori riscostruiscono a partire da lì. Sono pronti ad allestire tremila circoli in tutto il Paese. Giocano per vincere, sapendo che anche una sconfitta, può aprire varchi dove finora c'era un muro.
(30 agosto 2012)
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- Iscritto il: 22/02/2012, 14:30
Re: Come se ne viene fuori ?
Ieri sera ho visto una trasmissione locale.Intitolata a Grillo con vari ospiti del PD e altri.Non credevo di vedere tantissimi Sms mandati nella trasmissione e fatti scorrere.Tutti con grillo per mandare a casa la vecchia classe dirigente dirigente.
Ha fatto breccia pure in veneto.
Ciao
Paolo11
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