Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
. I partiti su cui sono incentrate tutte le ipotesi di governo del dopo-elezioni tutti insieme, Pdl e Udc, Pd e Sel, non superano il 60% dei potenziali elettori (elettori, non «aventi diritto al voto»).( tralasciando la Lega Nord)
Accettando quanto scrive Ravelli e ritenendo che PDL e UDC corrano da soli, si potrebbe ipotizzare che il 40% e forse più, se diminuiscono quelli che non vanno a votare trovando un po' di aria nuova, potrebbe essere costituito dal movimento " 5 Stelle" oltre il 20% ( possibile primo partito con premio di maggioranza) più una sinistra formata dai delusi del PD e di SEL con Idv i movimenti,FIOM, Verdi, partiti di sinistra che potrebbe arrivare al 20%.
Con " 5 Stelle " primo partito , Napolitano dovrebbe dare a loro l'incarico di formare il governo e con l'appoggio esterno della nuova sinistra potrebbero formare il governo .
Mentre qui si fanno delle ipotesi negli USA, con un debito pubblico di oltre 15mila miliardi di dollari, si permettono di spendere 6 miliardi di dollari per la campagna elettorale, dollari donati da magnati della finanza .
Alta finanza e corporation entrano a gamba tesa nella sfida per la Casa Bianca. L’arma utilizzata sono i Super Pac, comitati indipendenti di sostegno ai candidati utilizzati per raccogliere donazioni illimitate da individui e aziende grazie ad alcune riforme approvate negli ultimi anni. Così ricchi imprenditori e aziende filo-repubblicane stanno diventando protagonisti, tanto che il Super Pac a sostegno del candidato repubblicano Mitt Romney ha raccolto quasi quattro volte quello di Barack Obama, sconvolgendo gli equilibri della sfida presidenziale. Tanti soldi, ma pochi protagonisti. Solo 47 persone fisiche hanno donato a ritmo di assegni milionari il 57 per cento di quanto incassato finora dai Super Pac. Le elezioni di quest’anno si avvicinano quindi, anche grazie al boom di questi comitati elettorali, a segnare un nuovo record: saranno le più costose di sempre. Il totale speso, secondo il gruppo di ricerca Center for Responsive Politics, risulterà intorno a 5,8 miliardi di dollari, il 7 per cento in più rispetto ai 5,4 miliardi del 2008.
Accettando quanto scrive Ravelli e ritenendo che PDL e UDC corrano da soli, si potrebbe ipotizzare che il 40% e forse più, se diminuiscono quelli che non vanno a votare trovando un po' di aria nuova, potrebbe essere costituito dal movimento " 5 Stelle" oltre il 20% ( possibile primo partito con premio di maggioranza) più una sinistra formata dai delusi del PD e di SEL con Idv i movimenti,FIOM, Verdi, partiti di sinistra che potrebbe arrivare al 20%.
Con " 5 Stelle " primo partito , Napolitano dovrebbe dare a loro l'incarico di formare il governo e con l'appoggio esterno della nuova sinistra potrebbero formare il governo .
Mentre qui si fanno delle ipotesi negli USA, con un debito pubblico di oltre 15mila miliardi di dollari, si permettono di spendere 6 miliardi di dollari per la campagna elettorale, dollari donati da magnati della finanza .
Alta finanza e corporation entrano a gamba tesa nella sfida per la Casa Bianca. L’arma utilizzata sono i Super Pac, comitati indipendenti di sostegno ai candidati utilizzati per raccogliere donazioni illimitate da individui e aziende grazie ad alcune riforme approvate negli ultimi anni. Così ricchi imprenditori e aziende filo-repubblicane stanno diventando protagonisti, tanto che il Super Pac a sostegno del candidato repubblicano Mitt Romney ha raccolto quasi quattro volte quello di Barack Obama, sconvolgendo gli equilibri della sfida presidenziale. Tanti soldi, ma pochi protagonisti. Solo 47 persone fisiche hanno donato a ritmo di assegni milionari il 57 per cento di quanto incassato finora dai Super Pac. Le elezioni di quest’anno si avvicinano quindi, anche grazie al boom di questi comitati elettorali, a segnare un nuovo record: saranno le più costose di sempre. Il totale speso, secondo il gruppo di ricerca Center for Responsive Politics, risulterà intorno a 5,8 miliardi di dollari, il 7 per cento in più rispetto ai 5,4 miliardi del 2008.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Se finalmente si arriva a una sinistra liberale
di Sandro Trento
| 30 agosto 2012 | Commenti (9)
In molti paesi avanzati gli schieramenti politici si distinguono sulla base del ruolo che ciascuno attribuisce allo Stato.
Tradizionalmente le forze di centrodestra ritengono che lo Stato debba occuparsi soprattutto della fornitura di alcuni beni pubblici fondamentali, giustizia, polizia, difesa, e così via; mentre la crescita economica deve scaturire soprattutto dall’iniziativa privata, dalle imprese, dagli imprenditori e dai mercati.
Vi è diversità di opinioni su cosa debba essere svolto dallo Stato. Negli Stati Uniti infatti parte rilevante dello schieramento politico ritiene che anche un sistema di assistenza sanitaria pubblica sia segno di un eccessivo intervento pubblico nella società.
Ma allo stesso tempo il Pentagono e la Nasa investono decine di miliardi di dollari in commesse pubbliche che sono a tutti gli effetti politiche industriali: la rete internet è nata ad esempio anche grazie a investimenti del Pentagono.
A sua volta, la sinistra, in molti paesi, ritiene che lo Stato debba orientare e finanziare la crescita. La ricetta socialdemocratica classica in effetti era basata su spesa pubblica, per sostenere la domanda e l’occupazione, e su un forte intervento pubblico in molti settori.
Le competenze dello Stato nel corso del novecento sono aumentate in quasi tutti i paesi. Non solo giustizia e polizia ma anche infrastrutture, scuole, ospedali, ricerca, banche e assicurazioni, public utilities, trasporti, e spesso anche manifattura.
In Italia la presenza dello Stato era arrivata a livelli molto elevati, per gli standard europei. L’economia italiana infatti fino a pochi anni fa era definita “economia mista”, di Stato e di mercato.
Lo Stato era proprietario di oltre l’80 per cento del settore bancario e assicurativo; le autostrade erano pubbliche; i trasporti navali; l’energia elettrica; il gas; industria aeronautica e della difesa; l’Alfa Romeo; la Motta (gelati e panettoni); la Cirio-Bertolli-De Rica (pelati, olio e altri prodotti agroalimentari) etc. Fino a metà degli anni ’90 esistevano grandi gruppi pubblici, Iri, Efim, Eagat, Eni etc. sottoposti a un ministero ad hoc: Ministero delle Partecipazioni Statali.
Lo Stato imprenditore però a partire dagli anni ’70 era diventato molto inefficiente. Basti pensare all’enorme debito accumulato da gruppi pubblici come Iri e Efim. Oggi molti (a sinistra) criticano il mercato ma non ricordano il disastro dell’industria pubblica o l’inefficienza della gestione pubblica.
In Italia però non si ha una chiara divisione tra chi è statalista e chi è liberale.
In tutti gli schieramenti, destra e sinistra, sono presenti ambedue le posizioni.
Tremonti, ad esempio, non è certo un liberale e spesso ha sostenuto posizioni stataliste spesso simili a quelle di Bertinotti.
Così, nel centrosinistra ci sono liberali e statalisti. Il risultato finale è una grande confusione.
L’elettore finisce per scegliere su base ideologica e non sulla base del programma. Voto a destra perché odio la sinistra e viceversa.
Non si guarda ai programmi perché tanto sono dei minestroni confusi.
Crescono così anche le forze di pura ribellione. I programmi in questi casi sono ridotti a parole d’ordine vaghe: lotta alla casta; meno corruzione; difesa dei cittadini.
Si avvicinano le prossime elezioni e il centrosinistra ha deciso di indire delle primarie.
La speranza è che siano primarie vere, nelle quali si confrontino progetti chiari e alternativi.
Cosa intende proporre il PD all’Italia nel 2013? Un ritorno alla socialdemocrazia classica? Ma con quali soldi si finanzierebbe la maggiore spesa pubblica? Si vuole rifondare un nuovo Iri? Si avranno nuovi salvataggi pubblici di imprese in crisi? O invece si pensa di aprire i mercati? Di proseguire con le liberalizzazioni? Di puntare sull’imprenditorialità? Di favorire la ricerca tecnologica? Come eliminare l’apartheid nel quale sono confinati i giovani italiani? Stato e mercato sono sempre alternativi? O possono essere usati in modo complementare? Come si vuole ridurre le ineguaglianze? Con più tasse o con politiche attive per la mobilità sociale?
Speriamo che questi e altri temi siano al centro del dibattito e delle primarie. Altrimenti saranno un’occasione sprecata e questo aprirebbe scenari molto pericolosi.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... le/338437/
di Sandro Trento
| 30 agosto 2012 | Commenti (9)
In molti paesi avanzati gli schieramenti politici si distinguono sulla base del ruolo che ciascuno attribuisce allo Stato.
Tradizionalmente le forze di centrodestra ritengono che lo Stato debba occuparsi soprattutto della fornitura di alcuni beni pubblici fondamentali, giustizia, polizia, difesa, e così via; mentre la crescita economica deve scaturire soprattutto dall’iniziativa privata, dalle imprese, dagli imprenditori e dai mercati.
Vi è diversità di opinioni su cosa debba essere svolto dallo Stato. Negli Stati Uniti infatti parte rilevante dello schieramento politico ritiene che anche un sistema di assistenza sanitaria pubblica sia segno di un eccessivo intervento pubblico nella società.
Ma allo stesso tempo il Pentagono e la Nasa investono decine di miliardi di dollari in commesse pubbliche che sono a tutti gli effetti politiche industriali: la rete internet è nata ad esempio anche grazie a investimenti del Pentagono.
A sua volta, la sinistra, in molti paesi, ritiene che lo Stato debba orientare e finanziare la crescita. La ricetta socialdemocratica classica in effetti era basata su spesa pubblica, per sostenere la domanda e l’occupazione, e su un forte intervento pubblico in molti settori.
Le competenze dello Stato nel corso del novecento sono aumentate in quasi tutti i paesi. Non solo giustizia e polizia ma anche infrastrutture, scuole, ospedali, ricerca, banche e assicurazioni, public utilities, trasporti, e spesso anche manifattura.
In Italia la presenza dello Stato era arrivata a livelli molto elevati, per gli standard europei. L’economia italiana infatti fino a pochi anni fa era definita “economia mista”, di Stato e di mercato.
Lo Stato era proprietario di oltre l’80 per cento del settore bancario e assicurativo; le autostrade erano pubbliche; i trasporti navali; l’energia elettrica; il gas; industria aeronautica e della difesa; l’Alfa Romeo; la Motta (gelati e panettoni); la Cirio-Bertolli-De Rica (pelati, olio e altri prodotti agroalimentari) etc. Fino a metà degli anni ’90 esistevano grandi gruppi pubblici, Iri, Efim, Eagat, Eni etc. sottoposti a un ministero ad hoc: Ministero delle Partecipazioni Statali.
Lo Stato imprenditore però a partire dagli anni ’70 era diventato molto inefficiente. Basti pensare all’enorme debito accumulato da gruppi pubblici come Iri e Efim. Oggi molti (a sinistra) criticano il mercato ma non ricordano il disastro dell’industria pubblica o l’inefficienza della gestione pubblica.
In Italia però non si ha una chiara divisione tra chi è statalista e chi è liberale.
In tutti gli schieramenti, destra e sinistra, sono presenti ambedue le posizioni.
Tremonti, ad esempio, non è certo un liberale e spesso ha sostenuto posizioni stataliste spesso simili a quelle di Bertinotti.
Così, nel centrosinistra ci sono liberali e statalisti. Il risultato finale è una grande confusione.
L’elettore finisce per scegliere su base ideologica e non sulla base del programma. Voto a destra perché odio la sinistra e viceversa.
Non si guarda ai programmi perché tanto sono dei minestroni confusi.
Crescono così anche le forze di pura ribellione. I programmi in questi casi sono ridotti a parole d’ordine vaghe: lotta alla casta; meno corruzione; difesa dei cittadini.
Si avvicinano le prossime elezioni e il centrosinistra ha deciso di indire delle primarie.
La speranza è che siano primarie vere, nelle quali si confrontino progetti chiari e alternativi.
Cosa intende proporre il PD all’Italia nel 2013? Un ritorno alla socialdemocrazia classica? Ma con quali soldi si finanzierebbe la maggiore spesa pubblica? Si vuole rifondare un nuovo Iri? Si avranno nuovi salvataggi pubblici di imprese in crisi? O invece si pensa di aprire i mercati? Di proseguire con le liberalizzazioni? Di puntare sull’imprenditorialità? Di favorire la ricerca tecnologica? Come eliminare l’apartheid nel quale sono confinati i giovani italiani? Stato e mercato sono sempre alternativi? O possono essere usati in modo complementare? Come si vuole ridurre le ineguaglianze? Con più tasse o con politiche attive per la mobilità sociale?
Speriamo che questi e altri temi siano al centro del dibattito e delle primarie. Altrimenti saranno un’occasione sprecata e questo aprirebbe scenari molto pericolosi.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... le/338437/
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Re: Come se ne viene fuori ?
Cosa intende proporre il PD all’Italia nel 2013? Un ritorno alla socialdemocrazia classica? Ma con quali soldi si finanzierebbe la maggiore spesa pubblica? Si vuole rifondare un nuovo Iri? Si avranno nuovi salvataggi pubblici di imprese in crisi? O invece si pensa di aprire i mercati? Di proseguire con le liberalizzazioni? Di puntare sull’imprenditorialità? Di favorire la ricerca tecnologica? Come eliminare l’apartheid nel quale sono confinati i giovani italiani? Stato e mercato sono sempre alternativi? O possono essere usati in modo complementare? Come si vuole ridurre le ineguaglianze? Con più tasse o con politiche attive per la mobilità sociale?
Che domanda. La grande abbuffata con tutto il centrodestra.
Che domanda. La grande abbuffata con tutto il centrodestra.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Destra-sinistra: che senso ha dubitarne?
di Giovanna Cosenza
| 30 agosto 2012 |Commenti (73)
Nei giorni scorsi l’«Uomo da marciapiede» del Fatto Quotidiano è andato per le vie di Milano chiedendo ai passanti se avesse ancora senso la distinzione fra destra e sinistra. La stessa domanda è stata fatta ieri ai lettori del Fatto. Mentre scrivo, il 28,32% di coloro che hanno risposto (finora circa 5.500 persone) dice «No, sono categorie ormai superate», e il 28,54% pensa che «Ormai la politica non esiste più: siamo sotto il dominio dei mercati finanziari». A breve distanza (25,16%) stanno poi quelli per cui la distinzione ha senso «ma non trova riscontro nell’attuale sistema politico».
Il sondaggio non rappresenta certo la popolazione italiana e nemmeno i lettori del Fatto, ma solo coloro che hanno deciso di rispondere; dunque vale solo come esercizio di riflessione. Ma è comunque significativo che la domanda sia stata posta.
Perciò voglio ricordare cosa scriveva Norberto Bobbio nel 1994, in un momento storico in cui, in Italia, la distinzione fra destra e sinistra veniva messa in dubbio un po’ come ora:
«I due termini di una diade si reggono l’uno con l’altro: dove non c’è destra, non c’è più sinistra, e viceversa. Detto altrimenti, esiste una destra in quanto esiste una sinistra, esiste una sinistra in quanto esiste una destra. […] In una situazione in cui una della due parti diventa tanto predominante da lasciare all’altra uno spazio troppo piccolo per essere considerato ancora politicamente rilevante, l’esautoramento alla diade diventa un naturale espediente per occultare la propria debolezza. La destra è stata sconfitta? Ma quale senso ha ancora porre il problema in questi termini – si domanda lo sconfitto – se la distinzione fra destra e sinistra ha fatto il suo tempo? In un universo in cui le due parti contrapposte sono interdipendenti, nel senso che l’una esiste se esiste anche l’altra, l’unico modo per svalutare l’avversario è quello di svalutare se stesso.» (Norberto Bobbio, Destra e sinistra, Donzelli, 1994, pp. 15-17).
Il che vale sia quando è la destra a essere sconfitta (o è in difficoltà), sia quando la sinistra lo è. Oggi, purtroppo, la politica italiana è arrivata al punto che entrambe le parti sono messe male. Ed ecco che rispunta il dubbio: destra e sinistra hanno ancora senso? Legittimo chiederselo, ma a cosa porta rispondere di no?
In tutti i paesi del mondo in cui ci sia una democrazia ben funzionante, la distinzione può prendere altri nomi (progressisti-conservatori per esempio), ma c’è. Ed è bella chiara. Inoltre la storia ci insegna che da quando, durante la Rivoluzione francese, l’opposizione fra destra e sinistra fu inventata, tutti i tentativi di confonderla o addirittura cancellarla, dicendo che era una cosa del passato, hanno coinciso con momenti di debolezza del dibattito democratico. O, nei casi peggiori, di debolezza della stessa democrazia.
E oggi? Che ne è della nostra democrazia? Ma soprattutto, cosa vogliamo farne?
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... ne/337980/
Il blog diRSS
Giovanna Cosenza
Docente universitaria di Semiotica
Biografia
Siciliana di origine, mi trasferii a Bologna per laurearmi in Filosofia con Umberto Eco e da allora non me ne sono più andata: a Bologna ho preso il dottorato in Semiotica con Eco, ho proseguito con un post-dottorato, sono diventata ricercatrice e infine professore associato confermato. Sempre all’Università di Bologna oggi insegno alla laurea triennale in Scienze della Comunicazione, alla magistrale in Semiotica, di cui sono anche presidente, e al master in Marketing, Comunicazione e Nuovi Media dell’Alma Graduate School. Faccio ricerca nel campo della comunicazione politica, dei nuovi media e della semiotica dei consumi. Dal dicembre 2007 curo un blog di divulgazione sui temi della comunicazione
di Giovanna Cosenza
| 30 agosto 2012 |Commenti (73)
Nei giorni scorsi l’«Uomo da marciapiede» del Fatto Quotidiano è andato per le vie di Milano chiedendo ai passanti se avesse ancora senso la distinzione fra destra e sinistra. La stessa domanda è stata fatta ieri ai lettori del Fatto. Mentre scrivo, il 28,32% di coloro che hanno risposto (finora circa 5.500 persone) dice «No, sono categorie ormai superate», e il 28,54% pensa che «Ormai la politica non esiste più: siamo sotto il dominio dei mercati finanziari». A breve distanza (25,16%) stanno poi quelli per cui la distinzione ha senso «ma non trova riscontro nell’attuale sistema politico».
Il sondaggio non rappresenta certo la popolazione italiana e nemmeno i lettori del Fatto, ma solo coloro che hanno deciso di rispondere; dunque vale solo come esercizio di riflessione. Ma è comunque significativo che la domanda sia stata posta.
Perciò voglio ricordare cosa scriveva Norberto Bobbio nel 1994, in un momento storico in cui, in Italia, la distinzione fra destra e sinistra veniva messa in dubbio un po’ come ora:
«I due termini di una diade si reggono l’uno con l’altro: dove non c’è destra, non c’è più sinistra, e viceversa. Detto altrimenti, esiste una destra in quanto esiste una sinistra, esiste una sinistra in quanto esiste una destra. […] In una situazione in cui una della due parti diventa tanto predominante da lasciare all’altra uno spazio troppo piccolo per essere considerato ancora politicamente rilevante, l’esautoramento alla diade diventa un naturale espediente per occultare la propria debolezza. La destra è stata sconfitta? Ma quale senso ha ancora porre il problema in questi termini – si domanda lo sconfitto – se la distinzione fra destra e sinistra ha fatto il suo tempo? In un universo in cui le due parti contrapposte sono interdipendenti, nel senso che l’una esiste se esiste anche l’altra, l’unico modo per svalutare l’avversario è quello di svalutare se stesso.» (Norberto Bobbio, Destra e sinistra, Donzelli, 1994, pp. 15-17).
Il che vale sia quando è la destra a essere sconfitta (o è in difficoltà), sia quando la sinistra lo è. Oggi, purtroppo, la politica italiana è arrivata al punto che entrambe le parti sono messe male. Ed ecco che rispunta il dubbio: destra e sinistra hanno ancora senso? Legittimo chiederselo, ma a cosa porta rispondere di no?
In tutti i paesi del mondo in cui ci sia una democrazia ben funzionante, la distinzione può prendere altri nomi (progressisti-conservatori per esempio), ma c’è. Ed è bella chiara. Inoltre la storia ci insegna che da quando, durante la Rivoluzione francese, l’opposizione fra destra e sinistra fu inventata, tutti i tentativi di confonderla o addirittura cancellarla, dicendo che era una cosa del passato, hanno coinciso con momenti di debolezza del dibattito democratico. O, nei casi peggiori, di debolezza della stessa democrazia.
E oggi? Che ne è della nostra democrazia? Ma soprattutto, cosa vogliamo farne?
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... ne/337980/
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Giovanna Cosenza
Docente universitaria di Semiotica
Biografia
Siciliana di origine, mi trasferii a Bologna per laurearmi in Filosofia con Umberto Eco e da allora non me ne sono più andata: a Bologna ho preso il dottorato in Semiotica con Eco, ho proseguito con un post-dottorato, sono diventata ricercatrice e infine professore associato confermato. Sempre all’Università di Bologna oggi insegno alla laurea triennale in Scienze della Comunicazione, alla magistrale in Semiotica, di cui sono anche presidente, e al master in Marketing, Comunicazione e Nuovi Media dell’Alma Graduate School. Faccio ricerca nel campo della comunicazione politica, dei nuovi media e della semiotica dei consumi. Dal dicembre 2007 curo un blog di divulgazione sui temi della comunicazione
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Re: Come se ne viene fuori ?
Fascisti erano, …e fascisti rimangono.
L’ex magistrato Mantovano stamani ad Omnibus si è prodigato in un’esposizione falsa di tutto quanto sta accadendo in materia di trattiva Stato-mafia.
Non solo, ma in presenza di sentenze, nega che ci sia stata una trattativa.
Il tutto è strettamente funzionale ai giochi del boss che per la terza volta si nega ai pm di Palermo dopo che gli avevano offerto una finestra per presentarsi compresa tra la metà di agosto e i primi di settembre.
Anche il Celeste Formigoni, segue l’esempio del suo capo e dice no ai pm di Milano che l’hanno convocato.
La salma di Hardcore deve rispondere a Palermo sui tentativi di estorsione di Dell’Utri nei suoi confronti.
Neppure quando viene commesso qualcosa a suo danno, viene ritenuta materia con cui collaborare con la magistratura.
Ovvio che il salmone si sente con le spalle al muro e che vuole evitare che esca il coinvolgimento della Mafia SpA.
Un magistrato che si comporta in questo modo, è un magistrato bruciato, non più credibile in senso generale.
Sul verso opposto c’è l’operato politico di Violante da quando è in politica.
Diventa quindi normale pensare come possa essere stata la loro opera nell’ambito della magistratura, se poi in politica si lasciano andare alle peggiori nefandezze.
E’ evidente che si tratta di posizioni personali, perché Casson, intervenendo anche lui nell’ambito della puntata di Omnibus, ha fornito un taglio di ex magistrato rigorosamente sopra le parti facendo ricorso al diritto e alla normativa vigente.
Poveracci coloro che sono comparsi davanti a Mantovano e Violante.
Ma l’ombra di cosa possa essere certa magistratura rimane.
L’ex magistrato Mantovano stamani ad Omnibus si è prodigato in un’esposizione falsa di tutto quanto sta accadendo in materia di trattiva Stato-mafia.
Non solo, ma in presenza di sentenze, nega che ci sia stata una trattativa.
Il tutto è strettamente funzionale ai giochi del boss che per la terza volta si nega ai pm di Palermo dopo che gli avevano offerto una finestra per presentarsi compresa tra la metà di agosto e i primi di settembre.
Anche il Celeste Formigoni, segue l’esempio del suo capo e dice no ai pm di Milano che l’hanno convocato.
La salma di Hardcore deve rispondere a Palermo sui tentativi di estorsione di Dell’Utri nei suoi confronti.
Neppure quando viene commesso qualcosa a suo danno, viene ritenuta materia con cui collaborare con la magistratura.
Ovvio che il salmone si sente con le spalle al muro e che vuole evitare che esca il coinvolgimento della Mafia SpA.
Un magistrato che si comporta in questo modo, è un magistrato bruciato, non più credibile in senso generale.
Sul verso opposto c’è l’operato politico di Violante da quando è in politica.
Diventa quindi normale pensare come possa essere stata la loro opera nell’ambito della magistratura, se poi in politica si lasciano andare alle peggiori nefandezze.
E’ evidente che si tratta di posizioni personali, perché Casson, intervenendo anche lui nell’ambito della puntata di Omnibus, ha fornito un taglio di ex magistrato rigorosamente sopra le parti facendo ricorso al diritto e alla normativa vigente.
Poveracci coloro che sono comparsi davanti a Mantovano e Violante.
Ma l’ombra di cosa possa essere certa magistratura rimane.
Re: Come se ne viene fuori ?
Il Movimento 5 stelle potrebbe passare dal 15 al 30%?
di PierGiorgio Gawronski | 31 agosto 2012
Arriva la nuova legge elettorale . I partiti vogliono un sistema elettorale “greco”, che regali un forte “premio di maggioranza” (15%?) al primo partito. In base ai sondaggi, il “premio” andrebbe al Pd: che otterrebbe, con il 25% dei voti, il 40% dei parlamentari. (Così si indebolisce lastabilità costituzionale, ma tant’è).
Lo scopo, nobile, della riforma è la “governabilità”, messa a rischio dall’avanzata del Movimento 5 Stelle, con il quale però i partiti tradizionali non sono disposti a collaborare. M5S vale oggi il 15-20%, e sottrae voti a tutti gli altri. Ma il Pd deve poter imbarcare un numero limitato di alleati, al governo, per contenere le beghe nella futura maggioranza. Come fare? Priviamo a giocare coi numeri. Centrisinistra “aperto”: Pd 25% + Casini 6% + Vendola 7% fa 36%: non va! La “Foto di vasto”: Pd 25% + Sel 7% +Idv 7% +Rc3% = 42%. Neppure. Una “Grande Coalizione”? Pd 25% + Pdl e If, 20% + UDC 6% = 51%: troppo poco.
Se però, grazie al “premio”, il Pd ottenesse il 40% dei parlamentari, tutte (o quasi) queste combinazioni diverrebbero possibili. E chi dovesse restare fuori conserverebbe un certo grado di influenza, perchè il Pd dovrà mantenere comunque viva un’alternativa, e quindi, per fare un esempio, buoni rapporti col Pdl perché Vendola ricordi che nessuno è insostituibile.
Ma che succederebbe se alla fine, il primo partito risultasse M5S? Con il 40% dei parlamentari, sarebbero obbligati a governare?! Oggi è un sogno, per alcuni; una catastrofe, per altri; “un grosso buco nero nella mia testa” per i più, gli agnostici, che non hanno idea di come governerebbe M5S. Potrebbe accadere? Come? Grillo lo vuole o no?
Semplificando, M5S ha finora offerto proposte su temi particolari: ambientali, locali, sulla moralizzazione delle istituzioni. Ha raccolto in cambio il voto di protesta, ha vinto qualche elezione locale. Per andare oltre deve rassicurare gli elettori che è in grado di governare il paese, perché:
Un Movimento tende ad avere un’agenda limitata e rigida; un partito di governo la adatta alle circostanze sorprendenti che la Storia presenta.
I problemi nazionali ed internazionali sono sistemici: molto più complessi di quelli locali o delle “single issues” (p.es. l’ineleggibilità in Parlamento dei condannati).
Non si governa da soli. Se M5S è incapace di dialogare e stabilire alleanze, il voto a M5S apparirà inutile. è la strategia di Bersani: delegittimare, isolare. Per fare alleanze bisogna rinunciare a parte delle proprie istanze e accogliere quelle degli altri, restando tuttavia compatti. Un gruppo parlamentare di “puri e duri” non va lontano, se è al governo; ma può fare bene l’opposizione.
Sono tempi duri: la gente non ha più voglia di mandare al governo guitti e buffoni, politici cialtroni, venditori di fumo. Vuole gente capace di risolvere i problemi. Non tanto in Parlamento – organo essenzialmente politico, di controllo e di impulso – quanto nell’Esecutivo. Che si troverà alle prese con problemi economici gravissimi; dei quali neppure Monti finora è riuscito a venire a capo. Ecco: per fare il grande salto, M5S dovrebbe convincere gli elettori di saper affrontare la crisi meglio di Monti. Altrimenti, tanto vale votare per ABC.
Finora l’ispirazione di Grillo è stata proprio quella di promuovere le competenze della società italiana tenute lontane dai partiti. Ma il salto di qualità richiesto dal livello nazionale è molto forte. Inoltre la competenza è una condizione necessaria, ma non sufficiente. Come dimostra la scelta infelice di Napolitano: un esperto di Antitrust per affrontare una crisi che è invece tipicamente keynesiana. In realtà, competenza e politica vanno fuse assieme.
M5S può puntare al 30% (anche perché l’economia va male) selezionando candidati premier e ministri capaci di aggiungere qualcosa all’M5S attuale. Che abbiano, oltre agli obiettivi del Movimento stampati nel cuore, alcune caratteristiche:
Soluzioni innovative di alto livello sui problemi economici ed istituzionali dell’Europa e dell’Italia
Capacità di colloquiare con l’elettorato meno radicalizzato
Disponibilità a confrontarsi nel merito, a dimostrare l’inadeguatezza dei partiti.
E qui cominciano i problemi. Soprattutto per Grillo. Un candidato premier “puro come una colomba, furbo (dialogante) come un serpente” farebbe ombra a Beppe Grillo, tanto più se ha successo. Potrebbe ‘impadronirsi’ del Movimento. E in caso di divergenza d’opinioni? Potrebbe (dal punto di vista di Grillo) ‘snaturare’ il Movimento?! Tutto ciò sarebbe doloroso per il fondatore, che ha sputato sudore e sangue per arrivare dov’è. Non per niente, tutti i partiti tengono lontano le grandi competenze, salvo lo stretto necessario, e solo se di provata fedeltà.
In queste settimane il Movimento 5 Stelle decide se vuole diventare grande. Per fare una rivoluzione democratica e civile, deve andare oltre Grillo. Ma non può farlo senza l’accordo dello stesso Grillo. Il quale, per darlo, dovrebbe rivelare qualità umane (umiltà, amore per il proprio paese, fiducia negli altri, disponibilità al sacrificio mediatico) davvero insolite.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... 30/338803/
di PierGiorgio Gawronski | 31 agosto 2012
Arriva la nuova legge elettorale . I partiti vogliono un sistema elettorale “greco”, che regali un forte “premio di maggioranza” (15%?) al primo partito. In base ai sondaggi, il “premio” andrebbe al Pd: che otterrebbe, con il 25% dei voti, il 40% dei parlamentari. (Così si indebolisce lastabilità costituzionale, ma tant’è).
Lo scopo, nobile, della riforma è la “governabilità”, messa a rischio dall’avanzata del Movimento 5 Stelle, con il quale però i partiti tradizionali non sono disposti a collaborare. M5S vale oggi il 15-20%, e sottrae voti a tutti gli altri. Ma il Pd deve poter imbarcare un numero limitato di alleati, al governo, per contenere le beghe nella futura maggioranza. Come fare? Priviamo a giocare coi numeri. Centrisinistra “aperto”: Pd 25% + Casini 6% + Vendola 7% fa 36%: non va! La “Foto di vasto”: Pd 25% + Sel 7% +Idv 7% +Rc3% = 42%. Neppure. Una “Grande Coalizione”? Pd 25% + Pdl e If, 20% + UDC 6% = 51%: troppo poco.
Se però, grazie al “premio”, il Pd ottenesse il 40% dei parlamentari, tutte (o quasi) queste combinazioni diverrebbero possibili. E chi dovesse restare fuori conserverebbe un certo grado di influenza, perchè il Pd dovrà mantenere comunque viva un’alternativa, e quindi, per fare un esempio, buoni rapporti col Pdl perché Vendola ricordi che nessuno è insostituibile.
Ma che succederebbe se alla fine, il primo partito risultasse M5S? Con il 40% dei parlamentari, sarebbero obbligati a governare?! Oggi è un sogno, per alcuni; una catastrofe, per altri; “un grosso buco nero nella mia testa” per i più, gli agnostici, che non hanno idea di come governerebbe M5S. Potrebbe accadere? Come? Grillo lo vuole o no?
Semplificando, M5S ha finora offerto proposte su temi particolari: ambientali, locali, sulla moralizzazione delle istituzioni. Ha raccolto in cambio il voto di protesta, ha vinto qualche elezione locale. Per andare oltre deve rassicurare gli elettori che è in grado di governare il paese, perché:
Un Movimento tende ad avere un’agenda limitata e rigida; un partito di governo la adatta alle circostanze sorprendenti che la Storia presenta.
I problemi nazionali ed internazionali sono sistemici: molto più complessi di quelli locali o delle “single issues” (p.es. l’ineleggibilità in Parlamento dei condannati).
Non si governa da soli. Se M5S è incapace di dialogare e stabilire alleanze, il voto a M5S apparirà inutile. è la strategia di Bersani: delegittimare, isolare. Per fare alleanze bisogna rinunciare a parte delle proprie istanze e accogliere quelle degli altri, restando tuttavia compatti. Un gruppo parlamentare di “puri e duri” non va lontano, se è al governo; ma può fare bene l’opposizione.
Sono tempi duri: la gente non ha più voglia di mandare al governo guitti e buffoni, politici cialtroni, venditori di fumo. Vuole gente capace di risolvere i problemi. Non tanto in Parlamento – organo essenzialmente politico, di controllo e di impulso – quanto nell’Esecutivo. Che si troverà alle prese con problemi economici gravissimi; dei quali neppure Monti finora è riuscito a venire a capo. Ecco: per fare il grande salto, M5S dovrebbe convincere gli elettori di saper affrontare la crisi meglio di Monti. Altrimenti, tanto vale votare per ABC.
Finora l’ispirazione di Grillo è stata proprio quella di promuovere le competenze della società italiana tenute lontane dai partiti. Ma il salto di qualità richiesto dal livello nazionale è molto forte. Inoltre la competenza è una condizione necessaria, ma non sufficiente. Come dimostra la scelta infelice di Napolitano: un esperto di Antitrust per affrontare una crisi che è invece tipicamente keynesiana. In realtà, competenza e politica vanno fuse assieme.
M5S può puntare al 30% (anche perché l’economia va male) selezionando candidati premier e ministri capaci di aggiungere qualcosa all’M5S attuale. Che abbiano, oltre agli obiettivi del Movimento stampati nel cuore, alcune caratteristiche:
Soluzioni innovative di alto livello sui problemi economici ed istituzionali dell’Europa e dell’Italia
Capacità di colloquiare con l’elettorato meno radicalizzato
Disponibilità a confrontarsi nel merito, a dimostrare l’inadeguatezza dei partiti.
E qui cominciano i problemi. Soprattutto per Grillo. Un candidato premier “puro come una colomba, furbo (dialogante) come un serpente” farebbe ombra a Beppe Grillo, tanto più se ha successo. Potrebbe ‘impadronirsi’ del Movimento. E in caso di divergenza d’opinioni? Potrebbe (dal punto di vista di Grillo) ‘snaturare’ il Movimento?! Tutto ciò sarebbe doloroso per il fondatore, che ha sputato sudore e sangue per arrivare dov’è. Non per niente, tutti i partiti tengono lontano le grandi competenze, salvo lo stretto necessario, e solo se di provata fedeltà.
In queste settimane il Movimento 5 Stelle decide se vuole diventare grande. Per fare una rivoluzione democratica e civile, deve andare oltre Grillo. Ma non può farlo senza l’accordo dello stesso Grillo. Il quale, per darlo, dovrebbe rivelare qualità umane (umiltà, amore per il proprio paese, fiducia negli altri, disponibilità al sacrificio mediatico) davvero insolite.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... 30/338803/
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Re: Come se ne viene fuori ?
Allora ci teniamo i partiti tradizionali che hanno fatto vedere L'ncompetenza di govenare questi 50 anni.Ci hanno creato un debito spaventoso, e lo fanno come mestiere il politico a vita.Poi stando in certi giri Rubano a man bassa.
Chi dei partiti tradizionali è disposto a due legislature e poi tornarsene a casa.
Chi è disposto a rinunciare al sovvenzionamento dei partiti, che si aprono pure delle fondazioni con i nostri soldi e gli scandali che ne sono derivati
Chi è disposto a rinunciare ai soldi che vongono dati all'ìeditoria ecc............
Le scuole private non devono ricevere soldi dallo stato.
Chi è disposta a ridursi lo stipendio.
Queste cose citate il partito 5 stelle le vuole attuare.
Vi sembrano niente per iniziare?
Ciao
Paolo11
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Paolo11
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Re: Come se ne viene fuori ?
Se passa la legge elettorale i partiti tradizionali rischiamo tantissimo perchè la gente è in*****ta e più la crisi morde più si in****a...
E ricordiamocelo i benestanti sono molti di meno numericamente di chi se la passa poco bene...
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Re: Come se ne viene fuori ?
paolo11 ha scritto:Allora ci teniamo i partiti tradizionali che hanno fatto vedere L'ncompetenza di govenare questi 50 anni.Ci hanno creato un debito spaventoso, e lo fanno come mestiere il politico a vita.Poi stando in certi giri Rubano a man bassa.
Chi dei partiti tradizionali è disposto a due legislature e poi tornarsene a casa.
Chi è disposto a rinunciare al sovvenzionamento dei partiti, che si aprono pure delle fondazioni con i nostri soldi e gli scandali che ne sono derivati
Chi è disposto a rinunciare ai soldi che vongono dati all'ìeditoria ecc............
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Chi è disposta a ridursi lo stipendio.
Queste cose citate il partito 5 stelle le vuole attuare.
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Paolo11
Grillo , devi tirare fuori l'asso dalla manica!!!
Una delle condizioni per poter governare è proprio quella di trovare convergenze con altri, quindi chi è disposto ad accettare quanto sopra affermato ?
E poi resta fondamentale il programma sia a livello nazionale che internazionale
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Re: Come se ne viene fuori ?
..............................iospero ha scritto:paolo11 ha scritto:Allora ci teniamo i partiti tradizionali che hanno fatto vedere L'ncompetenza di govenare questi 50 anni.Ci hanno creato un debito spaventoso, e lo fanno come mestiere il politico a vita.Poi stando in certi giri Rubano a man bassa.
Chi dei partiti tradizionali è disposto a due legislature e poi tornarsene a casa.
Chi è disposto a rinunciare al sovvenzionamento dei partiti, che si aprono pure delle fondazioni con i nostri soldi e gli scandali che ne sono derivati
Chi è disposto a rinunciare ai soldi che vongono dati all'ìeditoria ecc............
Le scuole private non devono ricevere soldi dallo stato.
Chi è disposta a ridursi lo stipendio.
Queste cose citate il partito 5 stelle le vuole attuare.
Vi sembrano niente per iniziare?
Ciao
Paolo11
Grillo , devi tirare fuori l'asso dalla manica!!!
Una delle condizioni per poter governare è proprio quella di trovare convergenze con altri, quindi chi è disposto ad accettare quanto sopra affermato ?
E poi resta fondamentale il programma sia a livello nazionale che internazionale
Caro iospero.Io credo che al momento oppotuno lo tirerà fuori.
Non vedi che incominciano nel PD legge 40 non essere uniti.Ora sono tutti in movimento in anticipo per le elezioni.Invece di portarci a elezioni con una legge che non faccia pena, o i propri interessi.
E qui ha ragione Di Pietro.Prima il programma e la coalizione che lo sostiene,poi si va al voto.Non come vogliono fare loro L'incontrario.
Ciao
Paolo11
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