quo vadis PD ????

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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Amadeus

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Concita de Gregorio


LA DISTANZA fra la politica delle parole e i fatti della vita Stefano Fassina l’ha misurata col centimetro sulla sua pelle nell’arco di tre giorni. Il giorno 8, sabato, era al tavolo dei relatori del magnifico auditorium Loris Malaguzzi di Reggio Emilia a spiegare ad una platea di trenta-quaratenni che Bersani farà meglio di Monti, platea del resto a priori convintissima, perché non si fanno riforme senza consenso e se c’è un posto dove il Pd deve stare è quello di chi lavora: Carbosulcis, Mirafiori, Almaviva. Avanti, a sinistra. Il giorno 10, lunedì, era appunto lì, tra i lavoratori dell’Alcoa in protesta, ed è lì che è stato contestato: una spinta, vattene, andatevene, non sappiamo che farcene delle vostre promesse, ci avete abbandonati ora è tardi. SE ORA sia davvero tardi, questo è il punto. Se sia troppo tardi per colmare il vuoto che separa le parole dei convegni e degli articoli di giornale dai fatti che, lontano dalle sale insonorizzate, colorano di rabbia, di stanchezza, di fragilità e infine di disperazione le reali vite delle persone alle quali il Partito democratico guarda come al suo elettorato ma che sempre meno, invece, da quel partito si sentono rappresentate. Un bacino enorme di delusi che ingrossano le fila del ribellismo politico, della disillusione incapace di distinguere. Questa è la sfida. Questa la posta in gioco della campagna elettorale appena cominciata, le primarie del Pd in vista delle elezioni di primavera. Restituire credibilità alla politica, che in concreto significa: proporre come candidate a colmare quel vuoto persone credibili. Va sotto il nome di rinnovamento, questa sfida. Di niente altro ormai si parla nelle feste democratiche, nei circoli, nelle città e nei paesi percorsi in camper o in bicicletta dai candidati. Il rinnovamento, il ricambio. Su Renzi, che del tema si è impadronito per tempo, raccontano a Ravenna questo aneddoto. Ravenna, Romagna, terra di Bersani. Alberto Pagani, segretario provinciale del Pd: «Mi avevano chiesto, come si usa, di fare due conti e vedere chi sta con chi. Ho fatto un sondaggio fra la nostra gente, segretari di circolo funzionari amministratori: tutto a posto, tutti con Bersani. Poi la sera che è venuto Renzi a parlare alla festa ho visto, in platea, il parrucchiere del mio paese, Alfonsine, è da lui che vanno a tagliarsi i capelli tutti i ragazzi. E ho visto anche il direttore della Conad, quella dove vanno le donne a fare la spesa. E poi in fondo il fratello di mia suocera, che fa l’imprenditore e che quando vuol sapere di politica chiede a me. Ho domandato al parrucchiere. Ma stai con Renzi? E lui: ma sì è nuovo è giovane. Poi tanto sono tutti nel Pd, no? Bersani faccia il segretario, Renzi il presidente del consiglio». È così, annuisce il sindaco di Ravenna Fabrizio Matteucci, ex Pci, 55 anni: «Se chiedi ai quadri di partito è un conto, se parli con la nostra gente, anche coi vecchi, è un altro: in tanti pensano che sia venuta ora di rinnovare e io credo che in fondo in Renzi ci vedano i loro figli, i loro nipoti. Anche se non li convince fino in fondo ci vedono la generazione dei ragazzi che hanno a casa e pensano che possa dar loro una chance». Certo che non può essere solo una questione di età: messa nei termini dello scontro generazionale «è stupida e stucchevole, sono d’accordo con Alfredo Reichlin», dice Alessandra Moretti, vicesindaco di Vicenza: «Noi non vogliamo uccidere i nostri padri. Abbiamo quarant’anni: noi “siamo” padri e madri». E tuttavia è in questi termini che la pongono tutti, ormai, a partire da Bersani: che sgombra il palco della festa di Reggio per salirci da solo, che invita i suoi trenta-quarantenni, la generazione T/Q, i giovani turchi, a farsi avanti. Tra gli autoconvocati di Reggio Emilia, al centro Malaguzzi, ci sono al completo gli uomini dello staff del segretario, uffici stampa passati e presenti, bracci destri e portavoce. C’è Aurelio Mancuso, ex Arcigay ora Equality: «Qui ci si prepara allo scontro, ci si mette in luce per una eventuale compagine di governo, ci si segnala. Troverà anche molti della corrente ex Marino, perché sui temi dei diritti civili queste sono le posizioni più a sinistra. Poi qualche ex franceschiniano, qualche lettiano. Il grosso però è formato dalla componente organica agli ex Ds: se Renzi le mette sullo scontro generazionale bisogna opporgli la stessa carta, no?». Organici, partitici, keynesiani in economia, vicinissimi alla Cgil, camussiani osservanti. Parlano uno dopo l’altro dal palco di “Rifare l’Italia” e tutti somigliano a qualcuno dei padri. Fassina a Bersani, Alessandra Moretti ad Anna Finocchiaro, Andrea Orlando a Violante, Matteo Orfini a D’Alema persino nelle pause e nel tono di voce, nelle battute sarcastiche, nella qualità del silenzio di chi ascolta. Nessuno somiglia a Veltroni «perché il vero erede di Veltroni è Renzi», sorride una giovane volontaria della Festa venuta qui, dice, solo a «dare un’occhiata: difatti Renzi in questa platea è il nemico». Con Renzi, che si prepara a partire da Verona vento in poppa, si sono schierati finora tutti quelli che hanno molto da guadagnare e poco da perdere. Giovani dirigenti e amministratori come Matteo Richetti, Davide Faraone, Roberto Reggi. Nessun dirigente con una posizione consolidata, nessuno che abbia messo a rischio una rendita nè una promessa. Le grandi manovre si sono chiuse un paio di mesi fa, quando il gruppo che un tempo si chiamava dei “piombini” — Civati, Serracchiani, Scalfarotto, lo stesso Renzi — ha provato a puntare su Debora Serracchiani. L’ipotesi era più che concreta, dicono: Renzi diceva «dobbiamo vincere, se Debora ha più possibilità di me rinuncio, ma dev’essere una cosa ben fatta e sicura». Non è stata ben fatta né sicura, evidentemente. Serracchiani oggi corre per la presidenza del Friuli Venezia Giulia e sulle primarie si dice perplessa. Parla dal palco della festa di Reggio seduta accanto a Martina, Sandro Gozi, Nico Stumpo. «Dico che rischiamo di essere quelli che mentre il palazzo crolla si fermano a scegliere le tendine del bagno», applausi tiepidi di una platea di età avanzata, bersaniana senza se e senza ma, incerta sul cognome di Gozi. «Non ho capito bene come si chiama? Cozzi?”, domanda un vecchio volontario. Di martedì, ieri, Pippo Civati presentava a Milano con Stefano Boeri il libro di interviste a esponenti pd “Ma questa è la mia gente” di Ivan Scalfarotto, quarantenne vicepresidente del partito. «La questione del rinnovamento generazionale nasconde quella, più seria, della contendibilità del potere — dice Scalfarotto — questo è un partito in cui cambia il contentitore, anche il nome, ma mai il contenuto». Al contrario dei grandi partiti democratici dove il contenitore è sempre lo stesso, l’identità del partito più forte di quella di chi lo abita, e cambiano i protagonisti. «Il problema delle nuove generazioni è che sono fatte a loro volta di persone cooptate al potere. Non è colpa loro, funziona così: se non sei in quota a nessuno non entri in Parlamento. Si sa da dove vieni, chi ti porta. La conseguenza è che per emanciparti devi personalizzare lo scontro, fare le tue piccole battaglie in diretta tv. Battute, battibecchi, e pazienza per la credibilità del partito che è di tutti. Quando la gente da casa vede scontrarsi Boccia e Orfini, un giovane lettiano e un giovane bersaniano, e sente che poi alle primarie sono sullo stesso fronte, contro Renzi: ecco, la gente cosa capisce? E il lavoro, i diritti, l’Europa, il futuro della conoscenza e il web: non è su questo che si dovrebbe piuttosto chiedere il ricambio in nome di una coesione generazionale?». Nessuna coesione generazionale, in effetti. Pippo Civati conduce una nuova battaglia interna buona e giusta: sostiene i “6 quesiti referendari al Pd” su questioni come il reddito minimo, la riforma fiscale, il consumo del suolo, i matrimoni gay, l’ineleggibilità di chi ha carichi pendenti, le alleanze. Non proprio dettagli, come si vede, per quanto il ricorso allo strumento del referendum (pure previsto dallo statuto) segnala che da sole, le sei grandi questioni, non si muovono. Tendono anzi a ristagnare, ad essere continuamente accantonate come incomode. Di grandissima attualità quella sulle allean-ze, di questi tempi. La quale, scrive Civati sul suo blog, porta con se l’eterno rovello del sistema elettorale. Che tanto si voleva cambiare ma sinora non si cambiò, «purtroppo ancora nulla si sa del nuovo sistema elettorale ma si teme che dal Porcellum si passi al Prosciuttum, si sente parlare di liste bloccate per quote significative». Un’aggiustatina, insomma. Sarebbe proprio un peccato che finisse così: persino tra i giovani bersaniani di Rifare l’Italia c’è chi — Piero Lacorazza, presidente della provincia di Potenza — si azzarda a dire che sarebbe davvero meglio rinunciare alle garanzie e lasciare la possibilità di far scegliere gli elettori. I giovani di Letta si riuniscono a Dro, in Trentino e parlano — Alessia Mosca, Guglielmo Vaccaro, Francesco Boccia — di quote rosa, cervelli in fuga. Propongono leggi, elaborano piattaforme: sono l’ala liberal con forte venatura cattolica, sulla carta potrebbero dialogare con Renzi ma si segnalano fedeli alla linea Bersani, invece. La fassiniana Francesca Puglisi lavora con Marco Rossi Doria, sostenitore di Ignazio Marino ora al Governo, al futuro della scuola. Ciascuno porta un pezzo e sarebbe anche interessante provare a tessere una tela comune ma è tempo di serrare le fila, ormai. Chi sta con Renzi e chi sta contro, questo ora è il punto. “Adesso”, come dice perentorio lo slogan del sindaco. I sondaggi fanno paura, sottovoce si parla di altri candidati possibili. Una donna, magari. Un terzo incomodo che riapra i giochi. Chissà. Molti volevano Barca, ma Barca fa il ministro e non può. «Ragazzi, io Grillo non lo voto ma se non tirate fuori uno diverso da Renzi guardate che ci tocca votare lui», si alza dal pubblico della libreria di Milano una signora di mezza età. Applausi, sguardi di smarrimento, sorrisi. La signora, del resto, ha detto: ragazzi. (continua).

Da La Repubblica del 12/09/2012.
mariok

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RASSEGNA STAMPA

Primarie PD, ecco la donna che sfida Bersani e Renzi

La sfida di Laura Puppato terza candidata alle primarie
"Un'anima bella? Eccomi"

Concita De Gregorio, La Repubblica
pubblicato il 13 settembre 2012 , 612 letture

Eccolo l'altro candidato alle primarie del PD.

Eccola, anzi. Laura Puppato è una bellissima donna di 55 anni, giovane alla politica. È stata eletta sindaco la prima volta 10 armi fa. Ha sconfitto la Lega in Veneto, due volte. Ha amministrato un comune strappandolo al centrodestra e rendendolo tra i più virtuosi d`Italia, d`Europa. Il suo primo partito è stato il Pd. Ha preso la tessera quando Grillo si è fatto insistente: la voleva con sé come testimoniai ai comizi «ma io avevo da lavorare, e poi non mi è mai piaciuto quel tono, quel disfattismo apocalittico. Qui in questa terra impariamo da piccoli che è più difficile e importante costruire che distruggere».

Pd, dunque. Fuori dalle correnti e dalle appartenenze. Sessantamila preferenze a sorpresa alle europee dei 2009, non ci credeva nessuno. Le hanno sempre preferito altri candidati: per la segreteria, per la presidenza della Regione. Questa Puppato, mah. Poi, alle regionali, ha fatto il pieno un`altra volta: quasi la metà dei voti sono andati a lei.

Talmente tanti che non poteva non diventare capogruppo Pd in Regione. Sorride. Sorride sempre e dentro il sorriso dice cose di granito. Che bisogna avere il coraggio di fare delle scelte, i partiti esistono per questo: darsi un obiettivo, provare a raggiungerlo, se non ci si riesce ritirarsi.

Che bisogna pensare a «riparare il mondo», come diceva il suo amico Alex Langer, e non a farci soldi per sé sfruttandolo ora e pazienza per gli altri. Che non è finitala politica, la vecchia politica: è finito il tempo della cattiva politica. Che non siamo in crisi economica, siamo in crisi di un modello economico dal quale nessuno sembra aver voglia di uscire, perché conviene restarci. Poi fa esempi concreti e luminosi: una scuola, un sistema di gestione dei rifiuti, un modo per ridurre il consumo di energia che genera lavoro e felicità. Poi dice, davanti a una parmigiana di melanzane «chè anche questa storia che la magrezza è bellezza è una bufala» - che «non posso vedere il mio partito dilaniarsi in una battaglia fratricida per le primarie, diventa una carneficina così, quante energie stiamo perdendo? Abbiamo tutti la stessa tessera, no? Allora possiamo provare a fare una proposta che si rivolga agli elettori e dica: questi siamo noi. Decidete. Mettiamoci in gioco per il bene comune, per quanto possiamo e sappiamo. Io lo faccio».

Lei lo fa. Laura Puppato si candida. «Ma non contro Bersani o contro Renzi. Per un`idea di futuro possibile. Per i nostri figli. Io ne ho una di trent`anni, sto per diventare nonna. Questa discussione sull`età è davvero curiosa. Quando è che abbiamo cominciato a credere che sial`anagrafe a decidere se hai buone idee e buoni propositi? A me sembra un trucco per distogliere l`attenzione dalla vera posta in palio».

Qual è la vera posta in palio?

«Un`altra idea di mondo, che altro? Questo è alla fine. Non c`è salute, non c`è lavoro, non ci sono diritti. Impera la corruzione, la convenienza privata, l`interesse. Un partito deve indicare un`altra rotta. Dire qual è il suo obiettivo, nominarlo anche a costo di scontentare qualcuno. Dare contentini a tutti è facile. Bisogna avere coraggio e andare altrove anche quando tutti dicono: impossibile».

Riparare il mondo, diceva. Ha conosciuto Langer?

«Eravamo molto amici. Nel movimento ambientalista insieme. Io vengo da lì e continuo a pensare che l`anima verde sarà la salvezza del paese. Non c`è dubbio che sia così, se poi ha tempo le dico perché. Alex ci ha dato una mano quando andavamo in Jugoslavia a portare camion di viveri, durante la guerra. Abbiamo fatto non so più quanti viaggi al fronte. Mio figlio Francesco, che oggi ha 19 anni, è nato in viaggio. Lo ha battezzato un prete croato. Sono cattolica, si».

Poi è arrivata la politica.

«Mi sono candidata a Montebelluna, ho vinto. Abbiamo iniziato a parlare di salute, cultura, di raccolta differenziata dei rifiuti contro le mafie dei megaimpianti al veleno. Abbiamo mostrato chebasta cambiare mentalità per sconfiggere certi interessi. Non è stato mica facile. Risparmio energetico,riciclaggio. Ci sono voluti anni. Abbiamo dato lavoro. Le pratiche virtuose creano lavoro. Se non si mettono in atto è perchè ci sono interessi economici contrari. Sa quanti soldi sono a disposizione oggi per cambiare modi di vita?".

No, quanti?

«L`Europa mette 14 miliardi di euro per questi progetti per le smart cities, 180 per l`incremento dell`efficienza energetica. Il futuro è lì, basta tendere la mano. Parchi, mobilità sostenibile, città digitali. In media nel mondo un edificio ha un bisogno energetico di 160 kilowattper ora. Noi abbiamo fatto un asilo che ne consuma 20, e senza pannelli solari. Solo costruendo con raziocinio. L`energia che costa dimeno è quella che non consumi. Ma non parlo di stare a luce spenta, sa? Parlo di sprechi. Certo che l`Enel questo ragionamento non lo vuole sentire, ma il mondo va lì. Deve andare lì, lo dobbiamo a chi verrà dopo. Centinaia di migliaia di persone trovano lavoro nella costruzione di un mondo pulito. Certo servono anche altre riforme: la giustizia, l`amministrazione».

Cosette...

«Noi agli imprenditori dobbiamo dire. La pubblica amministrazione ti deve dare una risposta in 30 giorni. La giustizia deve emettere un giudizio in 180. Noi, partito politico, vogliamo questo: questo è il nostro obiettivo. Se non ci riusciamo avanti un altro».
Le diranno che è un`anima bella.
«Me l`hanno già detto, in effetti. Si vede che loro si sentono brutte, io preferisco stare nel primo gruppo. Li conosco i cinici. Un giorno D`Alema mi ha detto: io non mi sento più un politico, mi considero un intellettuale. Benissimo, c'è posto per tutti. Gli intellettuali sono indispensabili".

Fra Bersani e Renzi chi avrebbe votato?

«No, guardi. Servono l`energia di Renzi, la competenza di Bersani. Ciascuno faccia quello che sa fare e dica quali sono i suoi obiettivi. Mettiamo insieme le forze, non una contro l`altra.. La gente non è interessata alle battaglie di potere. Viviamo un`epoca drammatica, i giovani non hanno lavoro, i loro padri che lo perdono si uccidono. Quale dev'essere lo scopo di un grande partito di sinistra se non indicare un orizzonte di sviluppo possibile? Allora io dico: zero metri quadri. Facciamo una politica urbanistica senza un metro quadro di costruzione in più. Ristrutturiamo, restauriamo. Abbiamo il paese più bello del mondo, proteggiamolo. Creeremo lavoro, cultura, bellezza, felicità. So di cosa parlo, l`ho fatto. Quando Grillo è venuto a premiarmi come primo sindaco a cinque stelle l`ho ascoltato. Le sue denunce sono giuste, quasi tutte. Quello che è sbagliato è la rabbia, il risentimento, l`ansia di abbattere tutto, il disprezzo della politica. La politica è fatta di persone: bisogna affidare il compito nelle mani giuste, avere fiducia in chi la merita, avere coraggio. I partiti, anche il nostro, soffrono di un eccesso di servilismo: i giovani sono scelti dai vecchi non per i loro meriti ma per la fedeltà. Rompiamo questo meccanismo. Andiamo avanti, invece, lontanissimo: rinnoviamo, sì,- dando fiducia al merito e al coraggio».

Con questa legge elettorale...

«Appunto. No ai pateracchi. Facciamo le primarie, per far scegliere i candidati ai cittadini. Se si va a votare con la vecchia legge lasciamo l`80 per cento delle liste agli elettori e il 20 per cento, al massimo, per figure tecniche, storiche...».

E le alleanze?

«Quello delle alleanze non può essere il tema della campagna elettorale. Noi dobbiamo essere noi. Dobbiamo crescere, essere credibili, guadagnare la fiducia degli elettori. Questo è un grande partito. Metta da parte i potentati. Abbia il coraggio di rischiare. Dica quello che vuole, e come lo vuole. Sul lavoro, sui diritti civili, sulla salute e sulla scuola, sullo sviluppo. Gli altri verranno da noi, dopo. Se non ci votano è perché non scegliamo. Diciamo parole chiare. Poi sarà su quello, su quel che diciamo che si decideranno le alleanze. Sono stanca, davvero stanca, di vedere invece che il PD che è anche casamia è diventato l`autobus di cui si serve chi vuole fare la sua personale fortuna per scendere alla prima fermata. Tutti vogliono vendere la loro merce. Io vorrei partecipare a un mercato comune, invece. Vorrei dire: ho questo da offrire, e voi? Vorrei sconfiggere le destre, vorrei che tutti ci ricordassimo i pericoli che abbiamo attraversato e che corriamo ancora, vorrei proporre un`idea che sia utile ai nostri figlie miei nipoti, non a me. Se serve un`anima bella - ride ordinando il dolce - ho deciso: io ci sono».
peanuts
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da peanuts »

Beh, apprezzabile curriculum, però non capisco cosa ci fa ancora nel pd.
E' proprio il pd, insieme alla vecchia dc e alla discarica, che sta sostenendo i grandi interessi votando le leggi-vergogna dei bocconiani.
Mollali, che aspetti?
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
peanuts
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Re: quo vadis PD ????

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Oh, renzi intanto chiede i i voti ai pidiellini delusi.
Chi s'assomiglia si piglia.
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mariok

Re: quo vadis PD ????

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Della serie: Le disgrazie non finiscono mai!


Rutelli is back, imbarazzo nel Pd

di Fabio Chiusi

L'ennesimo svoltone dell'ex sindaco di Roma divide il centrosinistra. Boccia: «Non siamo un autobus». Orfini: «Una mossa strampalata». Giachetti: «Ripensamento tardivo». Entusiasta invece l'ex ministro Fioroni

(12 settembre 2012) http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... pd/2190874

Dopo Radicali, Verdi, Margherita, Pd e Api per Francesco Rutelli è di nuovo tempo di guardare al Partito Democratico?

Lui, più genericamente, parla a Repubblica di «un'alleanza col Pd imperniata sulla candidatura di Bruno Tabacci alle primarie e sulla prospettiva di un governo solido che porti avanti le riforme difficili del governo Monti».

Insomma, addio Terzo Polo con Fini e Casini: la prospettiva è comunque cambiata non di poco.

Il Pd non è più il partito «mai nato» dell'«abbastanza qualcosa» che si tramuta, invariabilmente, in nulla. O peggio, la riedizione del Pds destinata «a restare per sempre nell'opposizione»: come diceva appunto in quei giorni. E niente più «incubo di una coalizione con la sinistra radicale», come sottollineava ai tempi.

La notizia, tuttavia, è che - nonostante le tante perplessità suscitate dal caso Lusi - gli abbandonati non sembrano intenzionati a sbattergli la porta in faccia. Si prenda ciò che dichiara Giuseppe Fioroni, già nella rutelliana Margherita, a 'l'Espresso': «Rutelli è stato il fondatore del Pd, poi è uscito dal Pd ma è sempre rimasto nell'alveo del centrosinistra. E che lo sia senza se e senza ma, mettendo in pista per le primarie una persona stimata e competente come Tabacci, determinante per la vittoria di Milano, credo sia per il centrosinistra sicuramente utile».

Non solo: se per Fioroni il tema di un reingresso nel Pd non si pone, c'è «un'ottica di centrosinistra in una coalizione pre-elettorale».

Del resto, conclude l'ex ministro, «Rutelli ha sempre parlato con chiarezza di centrosinistra: altri hanno avuto la politica delle mani libere». Leggasi Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini, secondo Fioroni. Di cui tuttavia è difficilmente comprensibile l'amnesia rispetto alle decine di dichiarazioni in cui il leader dell'Api mostrava insofferenza ed equidistanza da entrambi i poli.

Anche il deputato democratico Roberto Giachetti conosce bene Rutelli. Un'amicizia trentennale che risale ai tempi dei Radicali. Eppure, premesso di essere rimasto del tutto all'oscuro dell'ultima giravolta, spiega di non condividere il giudizio generoso di Fioroni. «E' un po' singolare che Rutelli ci abbia lungamente spiegato che sbagliavamo e che adesso, improvvisamente e a ridosso delle elezioni, con una prospettiva di sparizione, scopre invece che ci sono ancora possibilità di agire nel Pd».

Per Giachetti si tratta di un «ripensamento operoso», che dimostra che «lui sbagliava, e noi avevamo ragione». Ma è anche un «ripensamento tardivo», che propone per l'ennesima volta «lo spettro della ricomposizione di un quadro frastagliato che ci riporta alle ombre di alleanze poco felici per il centrosinistra».

E lo fa, in sostanza, per salvare la poltrona al leader di un partito che da solo evidentemente non supererebbe la soglia di sbarramento. «Un conto è l'accordo con Casini, per governare», spiega; «un altro «fare eleggere ?€“ presumo, dipende dalla legge elettorale ?€“ nelle tue liste qualcun altro, trovandosi poi magari con ulteriori contraddizioni e problemi». A partire dalle differenze di vedute sui diritti civili.

Decisamente contrario al ritorno del 'figliol prodigo' è Ivan Scalfarotto, che del Pd è vicepresidente: «Nessun motivo personale», spiega nel suo blog «ma non si capisce per quale motivo qualcuno che ha liberamente lasciato il partito dalla porta debba ora rientrarvi dalla finestra. L'Api di Rutelli non sembra avere un gran seguito elettorale: questo è a un tempo un buon motivo per lui per voler tornare e un buon motivo per noi per declinare cortesemente la lusinghiera offerta».

Il deputato Francesco Boccia, invece, fa presente i regolamenti del partito: che «non è un autobus», precisa. «Lo statuto parla chiaro: chi va via dal partito non è che rientra e può essere candidato. Ci sono dei vincoli». E poi, «sarebbe anche un'umiliazione per tutti, non avrebbe senso».

Eppure anche per Boccia le porte di un'alleanza, pre o post elettorale dipende da quale accordo si raggiungerà per sostituire il Porcellum, sono aperte: «Rutelli ha le motivazioni per sostenere il centrosinistra. Lo sta facendo in Sicilia, è ovunque con il centrosinistra, ha un buon gruppo dirigente», argomenta. Anzi, di più: «Mi auguro che Api possa intercettare il più possibile il consenso moderato e possa allearsi con il Pd, con i socialisti, con Sel e con l'area dei progressisti che stiamo costruendo. Da questo punto di vista lo esorto ad andare avanti». Sempre tenendo bene a mente che a dettare l'agenda è Bersani, non Rutelli, ammonisce.

Più duro il giudizio di Matteo Orfini, uno dei cosiddetti 'Giovani Turchi' del Pd. Che non sembra essere desideroso di accogliere Rutelli a braccia aperte: «La sua mi pare una mossa un po' strampalata. Nel senso che essendo uscito nel momento forse più importante del Pd, avendo provato a costruire una strada alternativa al Pd, questi ravvedimenti appaiono un po' strumentali. Poi un partito è sempre un luogo aperto. Però credo non basti un'intervista per una cosa del genere».

Orfini dice che eleggere Rutelli nelle liste del Pd «non è all'ordine del giorno» (nel Pd anche i giovani parlano politichese stretto) e anche per la futura alleanza la strada è in salita: «La politica prevede sempre la possibilità di svolte, ma nel suo caso non se ne vede la ragione». Ecco, perché questa apertura a sinistra? «Forse vede che il Pd è in un certo spolvero», risponde Orfini, «l'unico che tutto sommato è in salute in uno scenario abbastanza complesso. Con tutti i nostri difetti, siamo in forma».

E in Sinistra Ecologia e Libertà, che si pensa di un futuro rutelliano? Se Nichi Vendola fa sapere di non voler commentare («il teatrino non gli interessa», dicono i suoi collaboratori), a parlare è il candidato alla regione Sicilia del partito, Claudio Fava. Che si scontrerà con Rosario Crocetta, del Pd. Appoggiato, tra gli altri, proprio da Rutelli. Che di lui ha detto: «è il miglior candidato». Ricomporre il puzzle, a livello nazionale, sarà un problema? «Le collocazioni personali credo contino poco», risponde Fava, «conta ciò che si propone, si porta in dote. Rutelli mi sembra sia stato molto ondivago in questi anni. Non se ne sentiva la mancanza nel centrosinistra».

E non è finita qui. Pur invitando a sdrammatizzare la vicenda, perché «non è un grande partito che attraversa un processo di ripensamento e rielaborazione politica e fa una scelta», Fava prosegue senza troppi complimenti: «Rutelli credo stia cercando un luogo in cui ricandidarsi e un posto per sé». In altre parole, «è un signore che vuole farsi una legislatura in più e non ha ben capito se ci sia spazio».

Fava, tuttavia, non pone un aut aut al Pd, o noi o Rutelli. Semplicemente perché «Rutelli non è l'Udc: Rutelli è Rutelli». E poi perché «non credo», conclude, «che ci siano i rapporto di forza per cui lui possa porre pregiudiziali agli altri. Qualunque sia la sua opinione e il suo pensiero credo il centrosinistra troverà la sua identità a prescindere da Rutelli. E' un'operazione di soccorso umanitario che chiede per sé ai partiti del centrosinistra». Chissà che, da alleati, non siano disposti a darglielo.
peanuts
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da peanuts »

Rientra nel pd perché l'api ormai non la nomina più nessuno.
Quando toccherà al pd entrerà nell'udc.
Quando toccherà all'udc andrà nel pdl.
...
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
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soloo42000
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da soloo42000 »

La cosa imbarazzante e` che ci sia imbarazzo.
Invece di mandarlo a cagare all'istante, c'e` qualcuno che sta davvero pensando di farlo rientrare.

Non sono bastati i fallimenti, i voltafaccia, le conversioni clericali, l'avvelenamento di DL e poi del PD con innesti clerical-liberisti, la scissione, gli imbarazzi, lo scandalo Lusi.

Qualcuno nel PD e` talmente fuori dalla realta` da non riuscire a capire che pur senza essere dei rottamatori,
questi personaggi sono comunque ormai indigeribili.

E INUTILI.


soloo42000
mariok

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da mariok »

la Repubblica

L’amaca

14 settembre 2012

Michele Serra


Breve sunto dei pensieri e dei dubbi di un probabile elettore alle probabili primarie del centrosinistra. Bersani è una persona seria, competente e anche simpatica, ma è troppo legato alla cultura produttivista del Novecento e all’ossessione della crescita. Renzi è tosto e ha ragione da vendere quando accusa il paese (e il Pd) di essere castali e gerontocratici, ma ancora non ho capito che idea di società ha in testa, ammesso ne abbia una. Vendola ogni volta che parla mi fa capire che senso ha essere di sinistra, ma vederlo in fotografia con Diliberto e Ferrero mi fa dubitare delle sue capacità di stare in un governo senza sfasciarlo. Tabacci è bravo e intelligente, quando lo vedo da Gad Lerner sono tanto contento, ma con il centrosinistra che accidenti c’entra? Laura Puppato è l’unica donna e il suo programma è di gran lunga la cosa più intelligente, bella e consolante fin qui udita, ma fino a ieri l’altro non sapevo chi fosse e un dalemiano chiederebbe: quante divisioni ha Laura Puppato? Classifica (del tutto personale, nonché aggiornabile): prima Puppato, secondi ex aequo Bersani e Vendola, quarto Renzi, fuori concorso Tabacci.
myriam
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Iscritto il: 24/02/2012, 21:23

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da myriam »

soloo42000 ha scritto:La cosa imbarazzante e` che ci sia imbarazzo.
Invece di mandarlo a cagare all'istante, c'e` qualcuno che sta davvero pensando di farlo rientrare.

Non sono bastati i fallimenti, i voltafaccia, le conversioni clericali, l'avvelenamento di DL e poi del PD con innesti clerical-liberisti, la scissione, gli imbarazzi, lo scandalo Lusi.

Qualcuno nel PD e` talmente fuori dalla realta` da non riuscire a capire che pur senza essere dei rottamatori,
questi personaggi sono comunque ormai indigeribili.

E INUTILI.


soloo42000
Non sanno nemmeno farsi due conti: se fossero compatti e duri contro questo personaggio avrebbero solo da guadagnarci, anche in termini di voti
peanuts
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Iscritto il: 21/02/2012, 22:29

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da peanuts »

Oh, però cerchiamo di essere coerenti.
Disertiamo le primarie in massa, se ci va poca gente gli diamo la prima mazzata. Il resto ad Aprile.
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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