Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
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Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Produrre acciaio è una fonte di reddito plurima, per la proprietà e le maestranze. Nel 2012, a 11 anni dall’Odissea nello spazio, produrre in sicurezza dovrebbe essere la cosa più normale possibile. Solo che abbiamo un’imprenditoria ottocentesca composta da padroni delle ferriere e di una classe politica adeguata ai padroni delle ferriere,…e quindi ottocentesca pure lei.
E per fortuna che siamo in un Paese cattolico con ministri cattolici sostenitori del movimento della vita. La sora Binetti non si è mai espressa su questa fabbrica di morte, ma sull’eutanasia tira fuori gli artigli.
E per fortuna che siamo in un Paese cattolico con ministri cattolici sostenitori del movimento della vita. La sora Binetti non si è mai espressa su questa fabbrica di morte, ma sull’eutanasia tira fuori gli artigli.
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Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Fino a che punto saprà esporsi Formigli?
Torna Piazzapulita. Formigli “Partiremo dall’Ilva, metafora dei vizi italiani”
Al via la seconda stagione del talk condotto da Corrado Formigli, sempre il giovedì in prima serata su La7. Le telecamere della redazione andranno a Taranto per raccontare in diretta le tante contraddizioni di una delle cattedrali dell’industria italiana in malora, “una storia che riguarda non solo la città o la Puglia, ma tutto il Paese”, dice il giornalista. La squadra di inviati continuerà anche a raccontare le storie di chi combatte quotidianamente la crisi: “Abbiamo scoperto che la piccola e media impresa è la grande ricchezza di questo Paese” – racconta Formigli- “Centinaia di piccoli eroi che ogni mattina tirano su la saracinesca e ce la mettono tutta”. L’ultima battuta è sull’arrivo di Michele Santoro a La 7 con cui la “banda Formigli” si darà la staffetta. “E’ una buona notizia per il pubblico, che non dovrà più scegliere tra un programma e l’altro. E’ una buona notizia anche per noi perché non dovremo più avercelo contro lo stesso giorno” di Tommaso Rodano
29 agosto 2012
Torna Piazzapulita. Formigli “Partiremo dall’Ilva, metafora dei vizi italiani”
Al via la seconda stagione del talk condotto da Corrado Formigli, sempre il giovedì in prima serata su La7. Le telecamere della redazione andranno a Taranto per raccontare in diretta le tante contraddizioni di una delle cattedrali dell’industria italiana in malora, “una storia che riguarda non solo la città o la Puglia, ma tutto il Paese”, dice il giornalista. La squadra di inviati continuerà anche a raccontare le storie di chi combatte quotidianamente la crisi: “Abbiamo scoperto che la piccola e media impresa è la grande ricchezza di questo Paese” – racconta Formigli- “Centinaia di piccoli eroi che ogni mattina tirano su la saracinesca e ce la mettono tutta”. L’ultima battuta è sull’arrivo di Michele Santoro a La 7 con cui la “banda Formigli” si darà la staffetta. “E’ una buona notizia per il pubblico, che non dovrà più scegliere tra un programma e l’altro. E’ una buona notizia anche per noi perché non dovremo più avercelo contro lo stesso giorno” di Tommaso Rodano
29 agosto 2012
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Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Grandi oggi gli operai e i minatori a Roma. alcuni si sono arrampicati ai portoni per esporre bandiere e striscioni.
Pare che qualche risultato lo abbiano ottenuto quelli del sulcis al momento, ma vatti a fidare dei bocconiani... ci vorrà una grande vigilanza sui propositi del governo perché mantenga la parola. Purtroppo per quelli dell'Alcoa le cose sono più complicate. Per colpa del governo e di chi ci nasconde che importiamo un sacco di alluminio quando possiamo produrlo noi. Continuate a lottare, siamo tutti con voi!
Le immagini che ho visto oggi al lavoro avrebbero fatto bene a qualche "collega" che NON VIENE MAI ALLE MANIFESTAZIONI CHE FACCIAMO e/o passa il tempo o a non fare niente o a farsi bello (combinando danni di vario genere, che i superiori non vedono... o fanno finta?).
Chi ha le palle e combatte (civilmente) e chi le palle se l'è vendute pur di far carriera. Ma oggi quegli operai venuti col traghetto vi hanno insegnato a vivere!
Pare che qualche risultato lo abbiano ottenuto quelli del sulcis al momento, ma vatti a fidare dei bocconiani... ci vorrà una grande vigilanza sui propositi del governo perché mantenga la parola. Purtroppo per quelli dell'Alcoa le cose sono più complicate. Per colpa del governo e di chi ci nasconde che importiamo un sacco di alluminio quando possiamo produrlo noi. Continuate a lottare, siamo tutti con voi!
Le immagini che ho visto oggi al lavoro avrebbero fatto bene a qualche "collega" che NON VIENE MAI ALLE MANIFESTAZIONI CHE FACCIAMO e/o passa il tempo o a non fare niente o a farsi bello (combinando danni di vario genere, che i superiori non vedono... o fanno finta?).
Chi ha le palle e combatte (civilmente) e chi le palle se l'è vendute pur di far carriera. Ma oggi quegli operai venuti col traghetto vi hanno insegnato a vivere!
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Tanto pe' sta' informati.
Li sordi pe' comincià a risanare l'Irva, li avevano già ricevuti in parte, ma se li sò magnati tutti.
Fonte da parte di chi 10 anni fa ha depositato uno dei progetti e intascato il 15 % del suo costo.
Non si trattò di gara d'appalto, ma di "concorso", che prevede un rimborso del 15 %.
Il problema esisteva già 10 anni e avevano in tasca la soluzione.
Ma spesso si fa così, mordi e fuggi.
Sette + a Bersani per la distrazione di massa circa la dazione di 98.000 euro dal Gruppo Riva quando era ministro nel 2007.
Manovra da manuale.
10 giorni di silenzio dal Nazareno dalla pubblicazione della notizia, compreso il magistrato d'assalto Casson che intervistato ha dichiarato di non saperne nulla.
Poi il gran botto il 25 di agosto all'apertura della festa del Piddi a Reggio E. con : Fassissti, fassissti...........
Da li è partito un gran polverone, tanto che Formiglioni a Piazzapulita ci ha stranamente dedicato 2 puntate di fila contribuendo alla distrazione di massa.
Il Sette + è meritato, ci ha saputo fare, dei 98.000 euro per il momento se ne sono scordati tutti.
Li sordi pe' comincià a risanare l'Irva, li avevano già ricevuti in parte, ma se li sò magnati tutti.
Fonte da parte di chi 10 anni fa ha depositato uno dei progetti e intascato il 15 % del suo costo.
Non si trattò di gara d'appalto, ma di "concorso", che prevede un rimborso del 15 %.
Il problema esisteva già 10 anni e avevano in tasca la soluzione.
Ma spesso si fa così, mordi e fuggi.
Sette + a Bersani per la distrazione di massa circa la dazione di 98.000 euro dal Gruppo Riva quando era ministro nel 2007.
Manovra da manuale.
10 giorni di silenzio dal Nazareno dalla pubblicazione della notizia, compreso il magistrato d'assalto Casson che intervistato ha dichiarato di non saperne nulla.
Poi il gran botto il 25 di agosto all'apertura della festa del Piddi a Reggio E. con : Fassissti, fassissti...........
Da li è partito un gran polverone, tanto che Formiglioni a Piazzapulita ci ha stranamente dedicato 2 puntate di fila contribuendo alla distrazione di massa.
Il Sette + è meritato, ci ha saputo fare, dei 98.000 euro per il momento se ne sono scordati tutti.
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Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Morire di fame o morire di cancro?
Ilva, il gip respinge il piano dell’azienda. Proclamato uno sciopero per due giorni
Il giudice Todisco dice no all’Ilva: "Non c'è spazio per proposte al ribasso". I lavoratori protestano: "Noi non siamo contro la magistratura. Vogliamo che lo Stato ci dia risorse". Clini: "Mi auguro che questa decisione non interferisca con la legge"
Il piano dell’Ilva di Taranto “è inadeguato“, “non c’è spazio per proposte al ribasso” e i beni in gioco, come la salute, l’ambiente, lo stesso diritto al lavoro, “non ammettono mercanteggiamenti”. Il no del gip Patrizia Todisco all’Ilva è arrivato, è nero su bianco, depositato in cancelleria. Il gip si allinea al no già espresso qualche giorno fa dalla Procura. “La richiesta dell’Ilva è sconcertante” scrive il gip. “E’ inaccettabile”, secondo il giudice, il ragionamento dell’Ilva che “ha chiesto l’autorizzazione all’attività produttiva, non quantitativamente precisata, finalizzata sostanzialmente alla sostenibilità e alla realizzazione del risanamento, come se ci fosse una inesigibilità economica”.
Il magistrato ha respinto anche le richieste di rimessione in libertà avanzate dai legali di Emilio e Nicola Riva, ex presidenti dell’Ilva, e di Luigi Capogrosso, direttore fino allo scorso mese di giugno dello stabilimento siderurgico tarantino (sono tutti agli arresti domiciliari dal 26 luglio). L’accusa per tutti gli indagati, a vario titolo, è di disastro ambientale colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose e inquinamento atmosferico.
Sotto il profilo dei sequestri è un doppio no quello del magistrato: all’istanza con cui l’Ilva aveva chiesto la possibilità di continuare a produrre, sia pure ad un passo di marcia ridotto, e al piano aziendale da 400 milioni di euro relativo agli investimenti per mettere a norma lo stabilimento e abbattere le emissioni inquinanti. Primi investimenti, ha detto sempre Ferrante, in attesa di avere il quadro della nuova Autorizzazione integrata ambientale e quindi programmare altri investimenti e ulteriori spese.
Da qui partirà la reazione del ministro dell’Ambiente Corrado Clini: “Chiederemo subito il rispetto dell’Aia”. “In base alla legge italiana in applicazione della direttiva europea – ha aggiunto Clini – il ministro dell’Ambiente è l’autorità competente per l’AIA, che rappresenta il documento di autorizzazione all’esercizio degli impianti industriali nel rispetto delle norme per la tutela dell’ambiente e la salute”. L’Aia, ha aggiunto, “avrà le prescrizioni puntuali per l’adeguamento degli impianti di Taranto agli standard stabiliti dalla commissione Ue e che dovranno essere rispettati a partire del 2016 ma che noi chiederemo all’Ilva di applicare da subito”. Clini però risponde anche al gip: “Il ministro dell’Ambiente – dice – non fa mercato, interviene a difesa della salute della popolazione”.
I sindacati, nel frattempo, hanno indetto due giorni di sciopero. Si terranno domani e venerdì: il primo turno dalle 9 sino a fine turno, per otto ore invece il secondo e terzo turno. Analoga protesta anche venerdì. Lo sciopero è stato proclamato da Fim Cisl e Uilm. La Fiom parla di “esasperazione all’interno della fabbrica2. Nel pomeriggio nella sede di Confindustria, a Taranto, si terrà un incontro tra il presidente dell’Ilva, sindacati e Confindustria. La riunione era stata convocata già ieri.
Clini: “Il ministro non fa mercato, difende la salute della gente”
“Mi auguro” che la decisione del gip “non interferisca con la procedura prevista dalla legge italiana”, ossia che il ministro dell’Ambiente “rilasci l’autorizzazione ambientale integrale”. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini risponden così al question time sull’Ilva. Clini ha sottolineato che “in questi giorni” sarà completata “l’istruttoria per l’autorizzazione integrata ambientale. Avrà le prescrizioni puntuali per l’adeguamento degli impianti di Taranto agli standard stabiliti dalla Commissione europea e che dovranno essere rispettati a partire dal 2016. Noi chiederemo all’Ilva di cominciare a rispettare questi standard adesso, cioè con 4 anni di anticipo”.
Poi una replica a distanza al gip che parla nel provvedimento di “mercanteggiamenti”. “Il ministro dell’Ambiente non fa mercato”, ma interviene “a difesa della salute della popolazione”, puntualizza. “Noi stiamo facendo una cosa che in Europa ancora non esiste, ci sarà dal 2016 – aggiunge Clini – parlando degli standard degli impianti – Questo non è mercato ma il modo corretto di intervenire a difesa della salute della popolazione. Quello che mi auguro è che la decisione presa dal gip non interrompa il percorso avviato dal ministero”. Clini ribadisce che l’Aia avrà “prescrizioni sull’adeguamento degli impianti agli standard più recenti, alcuni sono gli stessi proposti da Ilva negli interventi urgenti”.
“Aspetto di leggere il documento del gip – ha continuato il ministro – con il quale è stata respinta la proposta di Ilva per un primo intervento urgente nelle aree dello stabilimento più critiche, che prevede investimenti per 400 milioni di euro e mi auguro che questa iniziativa non interferisca con la procedura prevista dalla legge che noi intendiamo rispettare puntualmente e che stabilisce che il ministro dell’Ambiente rilasci l’autorizzazione integrale ambientale”. Il ministro assicura che “stiamo lavorando in modo responsabile. Mi auguro che tutte le istituzioni abbiano lo stesso senso di responsabilità. Siamo impegnati ormai da più di due mesi senza sosta per cercare di dare tecnicamente, e che sia poi certificabile, una risposta alla domanda di salute della città di Taranto, garantendo la continuità della produzione”.
L’ennesimo no al piano
Il “Piano di investimenti immediati” redatto dall’Ilva è stato consegnato il 18 settembre scorso dal presidente Ferrante in procura. Il piano non è piaciuto da subito: non convinse neppure i sindacati, che già il 18 settembre all’uscita dall’incontro con Ferrante che glielo aveva presentato, giudicarono “inadeguate” le risposte dell’azienda rispetto alle indicazioni operative già allora formulate dalla Procura. Poi, il piano non è piaciuto agli ingegneri-custodi giudiziari Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento, che il 20 settembre si espressero per una bocciatura sostanziale in un documento contenente una relazione tecnica e consegnato al procuratore di Taranto, Franco Sebastio, e ai pm che si occupano dell’inchiesta per disastro ambientale a carico dell’Ilva. Il giorno dopo giunse il “no” della procura sia al piano sia alla richiesta aziendale di mantenere una capacità produttiva minima per tenere in equilibrio la tutela dell’ambiente e del lavoro.
Cosa prevede il piano
Il piano consegnato dall’azienda prevede un impegno finanziario di 400 milioni di euro, 146 dei quali già impegnati per interventi in corso o programmati. Troppo poco, sembra a tutti coloro che si sono espressi negativamente. Troppo scarsi gli investimenti previsti soprattutto rispetto alla direttiva consegnata poche ore prima, la sera del 17 settembre, dai custodi giudiziari all’azienda, nella quale si indicavano dettagliatamente tutti gli interventi da eseguire per risanare l’area a caldo del Siderurgico.
Gli interventi previsti dall’azienda nel Piano avrebbero una durata variabile da un anno, per i più semplici, a quattro anni per quelli più complessi. La vera novità del Piano aziendale riguarda i parchi minerali, per i quali l’Ilva ha affidato uno studio finalizzato ad un progetto di copertura dell’area (70 ettari).
Questo piano prospetta lo stop di cokerie, degli altiforni 1 e 5, dell’acciaieria 1. Stop preliminare ai lavori di messa a norma. Invece per l’altoforno 3, che è già fermo, i custodi chiedono o dismissione o rifacimento. Ed è temendo l’avvio concreto di questo piano che ieri sera un gruppo di lavoratori è salito su una torre dell’altoforno 5 a 60 metri di altezza, rimanendovi tutta la notte, alternandosi in gruppo.
Clima teso, proteste, sciopero della fame e della sete
E’ sempre più teso, intanto, il clima dentro e fuori lo stabilimento siderurgico. Stamani 9 operai sono saliti sulla passerella in cima al camino E312 dell’area agglomerato dove si sono incatenati esponendo tre striscioni di protesta. I nove operai si aggiungono ai gruppi – cinque a turno – che da ieri sera si stanno alternando in presidio sulla torre di smistamento dell’altoforno 5, il più grande d’Europa, uno degli impianti sotto sequestro perché inquinanti. L’altoforno 5, con l’altoforno 1, secondo le disposizioni dei custodi giudiziari, va spento e sottoposto a rifacimento. Uno dei manifestanti dell’Afo5 ha consegnato una lettera al segretario provinciale della Uilm di Taranto, Antonio Talò. “Aiutateci, non spezzate il mio futuro”, scrive tra l’altro l’operaio. Gli operai sulla passerella del camino hanno annunciato lo sciopero della fame e della sete.
In fabbrica, vicino alla direzione di stabilimento, almeno un centinaio di lavoratori si è radunato in attesa della decisione del gip; un presidio di operai c’è anche all’esterno della fabbrica. E’ in corso una riunione delle segreterie provinciali di Fim, Fiom e Uilm per decidere le iniziative da intraprendere. Per il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, quello dell’Ilva “è un problema drammatico, un problema che sarà dieci volte più grave di quello della Fiat in termini di impatto sociale, di perdita della ricchezza, di occupazione e di competitività di questo paese”. “Magari – ha aggiunto Angeletti – se ci fosse una certa proporzione di attenzione tra quello che avviene all’Ilva e quello che avviene alla Fiat questo Paese andrebbe un po’ meglio”.
L’operaio a Clini: “Quanto vale la mia vita?”
“Vorrei sapere dal ministro Clini e da Riva: quanto vale la mia vita e quanto vale quelle dei miei figli?” chiede Cataldo Ranieri, un operaio dell’Ilva componente del Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti che, insieme con un gruppo di compagni di lavoro, si trova davanti allo stabilimento. “Noi non siamo contro la magistratura – chiarisce - Vogliamo che lo Stato ci dia risorse per fare acciaio pulito come accade nel resto d’Europa, e non bastano 400 milioni di euro. Non siamo noi di certo – aggiunge – a volere la chiusura dello stabilimento, è Riva che vuole la chiusura se non mette i soldi. E chi non mette i soldi per far si che i nostri colleghi, che noi tutti, non si muoia a 50 anni: ogni giorno noi qui, vediamo davanti alla fabbrica manifesti listati a lutto. Questo è giusto?”.
“La protesta degli operai? Esprime l’esasperazione in fabbrica”
La Fiom appare preoccupata. Il segretario provinciale Donato Stefanelli denuncia che “1uello che è accaduto, con la decisione di alcuni operai, di salire sull’altoforno e il camino è l’espressione della esasperazione che c’è in fabbrica”. “Si tratta – ha aggiunto – di manifestazioni incontrollate. Poco fa, alcuni operai sono saliti anche sulle passerelle della batterie e poi sono scesi, e siamo preoccupati, siamo preoccupati per la situazione di pericolo in cui si possono trovare questi operai”.
“E’ arrivato il momento – dichiara il sindacalista – di fare le assemblee e decidere insieme ai lavoratori cosa fare. Non è più rinviabile”. Secondo il segretario provinciale della Fiom, inoltre, “non bisogna bloccare la città, tra i lavoratori e la città bisogna costruire ponti del dialogo”. Di qui un appello forte alla città: “Non bisogna lasciare soli questi lavoratori. E’ il momento di parlarsi e non di contrapporsi; occorre il dialogo e non bisogna scavare le trincee”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09 ... va/364183/
Ilva, il gip respinge il piano dell’azienda. Proclamato uno sciopero per due giorni
Il giudice Todisco dice no all’Ilva: "Non c'è spazio per proposte al ribasso". I lavoratori protestano: "Noi non siamo contro la magistratura. Vogliamo che lo Stato ci dia risorse". Clini: "Mi auguro che questa decisione non interferisca con la legge"
Il piano dell’Ilva di Taranto “è inadeguato“, “non c’è spazio per proposte al ribasso” e i beni in gioco, come la salute, l’ambiente, lo stesso diritto al lavoro, “non ammettono mercanteggiamenti”. Il no del gip Patrizia Todisco all’Ilva è arrivato, è nero su bianco, depositato in cancelleria. Il gip si allinea al no già espresso qualche giorno fa dalla Procura. “La richiesta dell’Ilva è sconcertante” scrive il gip. “E’ inaccettabile”, secondo il giudice, il ragionamento dell’Ilva che “ha chiesto l’autorizzazione all’attività produttiva, non quantitativamente precisata, finalizzata sostanzialmente alla sostenibilità e alla realizzazione del risanamento, come se ci fosse una inesigibilità economica”.
Il magistrato ha respinto anche le richieste di rimessione in libertà avanzate dai legali di Emilio e Nicola Riva, ex presidenti dell’Ilva, e di Luigi Capogrosso, direttore fino allo scorso mese di giugno dello stabilimento siderurgico tarantino (sono tutti agli arresti domiciliari dal 26 luglio). L’accusa per tutti gli indagati, a vario titolo, è di disastro ambientale colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose e inquinamento atmosferico.
Sotto il profilo dei sequestri è un doppio no quello del magistrato: all’istanza con cui l’Ilva aveva chiesto la possibilità di continuare a produrre, sia pure ad un passo di marcia ridotto, e al piano aziendale da 400 milioni di euro relativo agli investimenti per mettere a norma lo stabilimento e abbattere le emissioni inquinanti. Primi investimenti, ha detto sempre Ferrante, in attesa di avere il quadro della nuova Autorizzazione integrata ambientale e quindi programmare altri investimenti e ulteriori spese.
Da qui partirà la reazione del ministro dell’Ambiente Corrado Clini: “Chiederemo subito il rispetto dell’Aia”. “In base alla legge italiana in applicazione della direttiva europea – ha aggiunto Clini – il ministro dell’Ambiente è l’autorità competente per l’AIA, che rappresenta il documento di autorizzazione all’esercizio degli impianti industriali nel rispetto delle norme per la tutela dell’ambiente e la salute”. L’Aia, ha aggiunto, “avrà le prescrizioni puntuali per l’adeguamento degli impianti di Taranto agli standard stabiliti dalla commissione Ue e che dovranno essere rispettati a partire del 2016 ma che noi chiederemo all’Ilva di applicare da subito”. Clini però risponde anche al gip: “Il ministro dell’Ambiente – dice – non fa mercato, interviene a difesa della salute della popolazione”.
I sindacati, nel frattempo, hanno indetto due giorni di sciopero. Si terranno domani e venerdì: il primo turno dalle 9 sino a fine turno, per otto ore invece il secondo e terzo turno. Analoga protesta anche venerdì. Lo sciopero è stato proclamato da Fim Cisl e Uilm. La Fiom parla di “esasperazione all’interno della fabbrica2. Nel pomeriggio nella sede di Confindustria, a Taranto, si terrà un incontro tra il presidente dell’Ilva, sindacati e Confindustria. La riunione era stata convocata già ieri.
Clini: “Il ministro non fa mercato, difende la salute della gente”
“Mi auguro” che la decisione del gip “non interferisca con la procedura prevista dalla legge italiana”, ossia che il ministro dell’Ambiente “rilasci l’autorizzazione ambientale integrale”. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini risponden così al question time sull’Ilva. Clini ha sottolineato che “in questi giorni” sarà completata “l’istruttoria per l’autorizzazione integrata ambientale. Avrà le prescrizioni puntuali per l’adeguamento degli impianti di Taranto agli standard stabiliti dalla Commissione europea e che dovranno essere rispettati a partire dal 2016. Noi chiederemo all’Ilva di cominciare a rispettare questi standard adesso, cioè con 4 anni di anticipo”.
Poi una replica a distanza al gip che parla nel provvedimento di “mercanteggiamenti”. “Il ministro dell’Ambiente non fa mercato”, ma interviene “a difesa della salute della popolazione”, puntualizza. “Noi stiamo facendo una cosa che in Europa ancora non esiste, ci sarà dal 2016 – aggiunge Clini – parlando degli standard degli impianti – Questo non è mercato ma il modo corretto di intervenire a difesa della salute della popolazione. Quello che mi auguro è che la decisione presa dal gip non interrompa il percorso avviato dal ministero”. Clini ribadisce che l’Aia avrà “prescrizioni sull’adeguamento degli impianti agli standard più recenti, alcuni sono gli stessi proposti da Ilva negli interventi urgenti”.
“Aspetto di leggere il documento del gip – ha continuato il ministro – con il quale è stata respinta la proposta di Ilva per un primo intervento urgente nelle aree dello stabilimento più critiche, che prevede investimenti per 400 milioni di euro e mi auguro che questa iniziativa non interferisca con la procedura prevista dalla legge che noi intendiamo rispettare puntualmente e che stabilisce che il ministro dell’Ambiente rilasci l’autorizzazione integrale ambientale”. Il ministro assicura che “stiamo lavorando in modo responsabile. Mi auguro che tutte le istituzioni abbiano lo stesso senso di responsabilità. Siamo impegnati ormai da più di due mesi senza sosta per cercare di dare tecnicamente, e che sia poi certificabile, una risposta alla domanda di salute della città di Taranto, garantendo la continuità della produzione”.
L’ennesimo no al piano
Il “Piano di investimenti immediati” redatto dall’Ilva è stato consegnato il 18 settembre scorso dal presidente Ferrante in procura. Il piano non è piaciuto da subito: non convinse neppure i sindacati, che già il 18 settembre all’uscita dall’incontro con Ferrante che glielo aveva presentato, giudicarono “inadeguate” le risposte dell’azienda rispetto alle indicazioni operative già allora formulate dalla Procura. Poi, il piano non è piaciuto agli ingegneri-custodi giudiziari Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento, che il 20 settembre si espressero per una bocciatura sostanziale in un documento contenente una relazione tecnica e consegnato al procuratore di Taranto, Franco Sebastio, e ai pm che si occupano dell’inchiesta per disastro ambientale a carico dell’Ilva. Il giorno dopo giunse il “no” della procura sia al piano sia alla richiesta aziendale di mantenere una capacità produttiva minima per tenere in equilibrio la tutela dell’ambiente e del lavoro.
Cosa prevede il piano
Il piano consegnato dall’azienda prevede un impegno finanziario di 400 milioni di euro, 146 dei quali già impegnati per interventi in corso o programmati. Troppo poco, sembra a tutti coloro che si sono espressi negativamente. Troppo scarsi gli investimenti previsti soprattutto rispetto alla direttiva consegnata poche ore prima, la sera del 17 settembre, dai custodi giudiziari all’azienda, nella quale si indicavano dettagliatamente tutti gli interventi da eseguire per risanare l’area a caldo del Siderurgico.
Gli interventi previsti dall’azienda nel Piano avrebbero una durata variabile da un anno, per i più semplici, a quattro anni per quelli più complessi. La vera novità del Piano aziendale riguarda i parchi minerali, per i quali l’Ilva ha affidato uno studio finalizzato ad un progetto di copertura dell’area (70 ettari).
Questo piano prospetta lo stop di cokerie, degli altiforni 1 e 5, dell’acciaieria 1. Stop preliminare ai lavori di messa a norma. Invece per l’altoforno 3, che è già fermo, i custodi chiedono o dismissione o rifacimento. Ed è temendo l’avvio concreto di questo piano che ieri sera un gruppo di lavoratori è salito su una torre dell’altoforno 5 a 60 metri di altezza, rimanendovi tutta la notte, alternandosi in gruppo.
Clima teso, proteste, sciopero della fame e della sete
E’ sempre più teso, intanto, il clima dentro e fuori lo stabilimento siderurgico. Stamani 9 operai sono saliti sulla passerella in cima al camino E312 dell’area agglomerato dove si sono incatenati esponendo tre striscioni di protesta. I nove operai si aggiungono ai gruppi – cinque a turno – che da ieri sera si stanno alternando in presidio sulla torre di smistamento dell’altoforno 5, il più grande d’Europa, uno degli impianti sotto sequestro perché inquinanti. L’altoforno 5, con l’altoforno 1, secondo le disposizioni dei custodi giudiziari, va spento e sottoposto a rifacimento. Uno dei manifestanti dell’Afo5 ha consegnato una lettera al segretario provinciale della Uilm di Taranto, Antonio Talò. “Aiutateci, non spezzate il mio futuro”, scrive tra l’altro l’operaio. Gli operai sulla passerella del camino hanno annunciato lo sciopero della fame e della sete.
In fabbrica, vicino alla direzione di stabilimento, almeno un centinaio di lavoratori si è radunato in attesa della decisione del gip; un presidio di operai c’è anche all’esterno della fabbrica. E’ in corso una riunione delle segreterie provinciali di Fim, Fiom e Uilm per decidere le iniziative da intraprendere. Per il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, quello dell’Ilva “è un problema drammatico, un problema che sarà dieci volte più grave di quello della Fiat in termini di impatto sociale, di perdita della ricchezza, di occupazione e di competitività di questo paese”. “Magari – ha aggiunto Angeletti – se ci fosse una certa proporzione di attenzione tra quello che avviene all’Ilva e quello che avviene alla Fiat questo Paese andrebbe un po’ meglio”.
L’operaio a Clini: “Quanto vale la mia vita?”
“Vorrei sapere dal ministro Clini e da Riva: quanto vale la mia vita e quanto vale quelle dei miei figli?” chiede Cataldo Ranieri, un operaio dell’Ilva componente del Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti che, insieme con un gruppo di compagni di lavoro, si trova davanti allo stabilimento. “Noi non siamo contro la magistratura – chiarisce - Vogliamo che lo Stato ci dia risorse per fare acciaio pulito come accade nel resto d’Europa, e non bastano 400 milioni di euro. Non siamo noi di certo – aggiunge – a volere la chiusura dello stabilimento, è Riva che vuole la chiusura se non mette i soldi. E chi non mette i soldi per far si che i nostri colleghi, che noi tutti, non si muoia a 50 anni: ogni giorno noi qui, vediamo davanti alla fabbrica manifesti listati a lutto. Questo è giusto?”.
“La protesta degli operai? Esprime l’esasperazione in fabbrica”
La Fiom appare preoccupata. Il segretario provinciale Donato Stefanelli denuncia che “1uello che è accaduto, con la decisione di alcuni operai, di salire sull’altoforno e il camino è l’espressione della esasperazione che c’è in fabbrica”. “Si tratta – ha aggiunto – di manifestazioni incontrollate. Poco fa, alcuni operai sono saliti anche sulle passerelle della batterie e poi sono scesi, e siamo preoccupati, siamo preoccupati per la situazione di pericolo in cui si possono trovare questi operai”.
“E’ arrivato il momento – dichiara il sindacalista – di fare le assemblee e decidere insieme ai lavoratori cosa fare. Non è più rinviabile”. Secondo il segretario provinciale della Fiom, inoltre, “non bisogna bloccare la città, tra i lavoratori e la città bisogna costruire ponti del dialogo”. Di qui un appello forte alla città: “Non bisogna lasciare soli questi lavoratori. E’ il momento di parlarsi e non di contrapporsi; occorre il dialogo e non bisogna scavare le trincee”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09 ... va/364183/
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Clini, l’Ilva e gli assassini legali
di Bruno Tinti
28 settembre 2012
A Roma si dice che uno è “de coccio”; significa che gliela puoi spiegare in 100 modi; che può trovarselo scritto in 100 libri; ma lui della sua idea resta.
Così sta succedendo per il ministro Clini. Il problema sempre quello è: il governo è una cosa e la magistratura un’altra. Ognuno ha le sue competenze. Clini deve controllare che l’ambiente venga rispettato ed emanare gli opportuni decreti e autorizzazioni perché chi svolge un’attività che potrebbe danneggiarlo adotti le misure necessarie per tutelarlo.
La magistratura deve verificare che decreti e autorizzazioni siano rispettati e che l’ambiente non sia avvelenato; se necessario deve processare i responsabili. Inoltre, se non si tratta di un singolo episodio, ma di una situazione stabile con conseguenze dannose perduranti, deve sequestrare l’oggetto che avvelena l’ambiente: così, da quel momento in avanti, l’avvelenamento cessa. Detta così sembra semplice ma, evidentemente, per C&C non lo è.
Provo con un esempio. Il proprietario di un palazzo pericolante lo affitta a immigrati con profitti eccezionali. Il comune si accorge del pericolo (cadono pezzi di muratura sulla strada) e gli ordina di restaurarlo. Lui dice va bene, lo farò; però non fa niente, salvo continuare a riscuotere ogni mese 500 euro da ogni immigrato che, ovviamente, continua ad abitare lì. La procura se ne accorge, magari un immigrato è caduto da un balcone che è crollato, e sequestra il palazzo buttando fuori tutti gli immigrati che, continuando a restare lì, correrebbero rischi gravissimi. Il proprietario, non percepisce più 500 euro X… A questo punto può solo fare due cose: spende soldi per ristrutturare il palazzo, poi chiede il dissequestro e ricomincia ad affittarlo (magari a 700 euro per uno); oppure lo lascia andare in rovina perché non ha i soldi o non li vuole spendere. Nessun sindaco che si trovi con un centinaio di immigrati per strada dall’oggi al domani, penserebbe di protestare con la magistratura perché ha sequestrato il palazzo. Anzi protesterebbe con il proprietario perché si disinteressa del degrado e della sicurezza pubblica.
C&C invece protestano con la magistratura e dicono che solo loro posso concedere a Ilva le autorizzazioni per riprendere l’attività (mai del tutto smessa). Il che è verissimo e la magistratura non lo nega. Resta il fatto che se, nonostante autorizzazioni di Clini megafantastiche, anticipatrici di norme europee che saranno in vigore nel 3143, permane lo stato di avvelenamento diffuso perché le prescrizioni in esse contenute non sono adottate, il sequestro rimane e la produzione non parte. Suggerisco una soluzione per uscire (C&C, la magistratura se ne può stare tranquilla) da questa impasse: C&C si scrivono una legge in cui dicono che, in presenza di formale promessa da parte di Ilva di adottare le misure prescritte con l’Aia (magari gli fissano pure un limite di tempo), la produzione può riprendere subito anche se l’avvelenamento di Taranto continua.
Assassini legali, legge incostituzionale che più non si può, figuraccia (all’estero, da noi sindacati e politici gli leccherebbero le mani per il sollievo); ma Ilva riparte il giorno dopo. Certo, poi magari il termine spira e, come è successo per i progetti presentati nel 2004, ripresentati oggi e mai attuati, anche le prescrizioni Aia resteranno sulla carta. E che problema c’è? Fanno una legge nuova.
Il Fatto Quotidiano, 28 Settembre 2012
di Bruno Tinti
28 settembre 2012
A Roma si dice che uno è “de coccio”; significa che gliela puoi spiegare in 100 modi; che può trovarselo scritto in 100 libri; ma lui della sua idea resta.
Così sta succedendo per il ministro Clini. Il problema sempre quello è: il governo è una cosa e la magistratura un’altra. Ognuno ha le sue competenze. Clini deve controllare che l’ambiente venga rispettato ed emanare gli opportuni decreti e autorizzazioni perché chi svolge un’attività che potrebbe danneggiarlo adotti le misure necessarie per tutelarlo.
La magistratura deve verificare che decreti e autorizzazioni siano rispettati e che l’ambiente non sia avvelenato; se necessario deve processare i responsabili. Inoltre, se non si tratta di un singolo episodio, ma di una situazione stabile con conseguenze dannose perduranti, deve sequestrare l’oggetto che avvelena l’ambiente: così, da quel momento in avanti, l’avvelenamento cessa. Detta così sembra semplice ma, evidentemente, per C&C non lo è.
Provo con un esempio. Il proprietario di un palazzo pericolante lo affitta a immigrati con profitti eccezionali. Il comune si accorge del pericolo (cadono pezzi di muratura sulla strada) e gli ordina di restaurarlo. Lui dice va bene, lo farò; però non fa niente, salvo continuare a riscuotere ogni mese 500 euro da ogni immigrato che, ovviamente, continua ad abitare lì. La procura se ne accorge, magari un immigrato è caduto da un balcone che è crollato, e sequestra il palazzo buttando fuori tutti gli immigrati che, continuando a restare lì, correrebbero rischi gravissimi. Il proprietario, non percepisce più 500 euro X… A questo punto può solo fare due cose: spende soldi per ristrutturare il palazzo, poi chiede il dissequestro e ricomincia ad affittarlo (magari a 700 euro per uno); oppure lo lascia andare in rovina perché non ha i soldi o non li vuole spendere. Nessun sindaco che si trovi con un centinaio di immigrati per strada dall’oggi al domani, penserebbe di protestare con la magistratura perché ha sequestrato il palazzo. Anzi protesterebbe con il proprietario perché si disinteressa del degrado e della sicurezza pubblica.
C&C invece protestano con la magistratura e dicono che solo loro posso concedere a Ilva le autorizzazioni per riprendere l’attività (mai del tutto smessa). Il che è verissimo e la magistratura non lo nega. Resta il fatto che se, nonostante autorizzazioni di Clini megafantastiche, anticipatrici di norme europee che saranno in vigore nel 3143, permane lo stato di avvelenamento diffuso perché le prescrizioni in esse contenute non sono adottate, il sequestro rimane e la produzione non parte. Suggerisco una soluzione per uscire (C&C, la magistratura se ne può stare tranquilla) da questa impasse: C&C si scrivono una legge in cui dicono che, in presenza di formale promessa da parte di Ilva di adottare le misure prescritte con l’Aia (magari gli fissano pure un limite di tempo), la produzione può riprendere subito anche se l’avvelenamento di Taranto continua.
Assassini legali, legge incostituzionale che più non si può, figuraccia (all’estero, da noi sindacati e politici gli leccherebbero le mani per il sollievo); ma Ilva riparte il giorno dopo. Certo, poi magari il termine spira e, come è successo per i progetti presentati nel 2004, ripresentati oggi e mai attuati, anche le prescrizioni Aia resteranno sulla carta. E che problema c’è? Fanno una legge nuova.
Il Fatto Quotidiano, 28 Settembre 2012
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Eccone un altro che governa a sua insaputa.
Nichi Vendola · Piace a 521.904 persone
34 minuti fa ·
Ora tocca all'Ilva dire, innanzitutto di fronte al giudice penale, cosa intende fare oggi per interrompere la catena dei reati: inquinare e avvelenare è un reato, e ora tocca all'Ilva dimostrare cosa fa di concreto per evitare nuovi reati.
Nichi Vendola · Piace a 521.904 persone
34 minuti fa ·
Ora tocca all'Ilva dire, innanzitutto di fronte al giudice penale, cosa intende fare oggi per interrompere la catena dei reati: inquinare e avvelenare è un reato, e ora tocca all'Ilva dimostrare cosa fa di concreto per evitare nuovi reati.
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Sulla vicenda mi sembra sia caduto il silenzio di politica e media. Va tutto bene?
Taranto, l’Ilva chiede il dissequestro dello stabilimento: “Altrimenti lo chiudiamo”
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 21 novembre 2012
Se non saranno dissequestrati gli impianti, l’Ilva chiuderà lo stabilimento di Taranto. E’ scritto nell’istanza di dissequestro: “L’ ovvia insostenibilità economico-finanziaria delle condizioni di esercizio condurrebbe inevitabilmente alla definitiva cessazione dell’attività produttiva e alla chiusura del polo produttivo”. A firmare l’istanza il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, e l’avvocato Marco De Luca di Milano nell’istanza di dissequestro degli impianti dell’area a caldo del siderurgico presentata ieri alla Procura di Taranto.
Il dissequestro, per l’azienda, è funzionale all’attuazione di quanto l’Autorizzazione ambientale prescrive. Solo l’attività di impresa, dice l’Ilva, “può generare le risorse necessarie alla relativa ottemperanza” dell’Aia. L’Ilva fa altresì presente che l’assolvimento degli obblighi dell’Aia, che pone una serie di interventi ambientali e impiantistici, richiede necessariamente il ricorso al credito che “risulta impossibile in presenza di provvedimenti limitativi della proprietà e della gestione dello stabilimento”. Il vincolo sull’area a caldo, dice l’Ilva con riferimento al sequestro giudiziario, “diviene, da subito, economicamente insostenibile”.
Taranto, l’Ilva chiede il dissequestro dello stabilimento: “Altrimenti lo chiudiamo”
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 21 novembre 2012
Se non saranno dissequestrati gli impianti, l’Ilva chiuderà lo stabilimento di Taranto. E’ scritto nell’istanza di dissequestro: “L’ ovvia insostenibilità economico-finanziaria delle condizioni di esercizio condurrebbe inevitabilmente alla definitiva cessazione dell’attività produttiva e alla chiusura del polo produttivo”. A firmare l’istanza il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, e l’avvocato Marco De Luca di Milano nell’istanza di dissequestro degli impianti dell’area a caldo del siderurgico presentata ieri alla Procura di Taranto.
Il dissequestro, per l’azienda, è funzionale all’attuazione di quanto l’Autorizzazione ambientale prescrive. Solo l’attività di impresa, dice l’Ilva, “può generare le risorse necessarie alla relativa ottemperanza” dell’Aia. L’Ilva fa altresì presente che l’assolvimento degli obblighi dell’Aia, che pone una serie di interventi ambientali e impiantistici, richiede necessariamente il ricorso al credito che “risulta impossibile in presenza di provvedimenti limitativi della proprietà e della gestione dello stabilimento”. Il vincolo sull’area a caldo, dice l’Ilva con riferimento al sequestro giudiziario, “diviene, da subito, economicamente insostenibile”.
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Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Caro camillobenso.Riva invece di mettere i soldi nella cordata Alitalia li poteva mettere Lì:Dovrebbe ora risarcire anche le persone che sono morte o che si stanno ammalando,alla fine il tutto cade sulla collettività e Sanità.Non mi si venga a dire che non lo sapevano galera e buttare via le chiavi.camillobenso ha scritto:Produrre acciaio è una fonte di reddito plurima, per la proprietà e le maestranze. Nel 2012, a 11 anni dall’Odissea nello spazio, produrre in sicurezza dovrebbe essere la cosa più normale possibile. Solo che abbiamo un’imprenditoria ottocentesca composta da padroni delle ferriere e di una classe politica adeguata ai padroni delle ferriere,…e quindi ottocentesca pure lei.
E per fortuna che siamo in un Paese cattolico con ministri cattolici sostenitori del movimento della vita. La sora Binetti non si è mai espressa su questa fabbrica di morte, ma sull’eutanasia tira fuori gli artigli.
Ciao
Paolo11
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Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
paolo11 ha scritto:Caro camillobenso.Riva invece di mettere i soldi nella cordata Alitalia li poteva mettere Lì:Dovrebbe ora risarcire anche le persone che sono morte o che si stanno ammalando,alla fine il tutto cade sulla collettività e Sanità.Non mi si venga a dire che non lo sapevano galera e buttare via le chiavi.camillobenso ha scritto:Produrre acciaio è una fonte di reddito plurima, per la proprietà e le maestranze. Nel 2012, a 11 anni dall’Odissea nello spazio, produrre in sicurezza dovrebbe essere la cosa più normale possibile. Solo che abbiamo un’imprenditoria ottocentesca composta da padroni delle ferriere e di una classe politica adeguata ai padroni delle ferriere,…e quindi ottocentesca pure lei.
E per fortuna che siamo in un Paese cattolico con ministri cattolici sostenitori del movimento della vita. La sora Binetti non si è mai espressa su questa fabbrica di morte, ma sull’eutanasia tira fuori gli artigli.
Ciao
Paolo11
Anche qui, caro paolino, vale quanto appena scritto in altro 3D.
Alla radice ci sta sempre un problema di natura filosofica. Nessuna religione riesce a dimostrare l’esistenza dell’aldilà. Ragione per cui, “a scanso di equivoci” i credenti, i falsi credenti e anche gli altri, sapendo che questo passaggio sul pianeta Terra è una partita unica (dei cristiani morti nessuno è mai tornato indietro per raccontare come stanno le cose, e quelli di 2.000 anni fa aspettano ancora la resurrezione come gli ebrei aspettano da 4.000 anni il Messia), …preferiscono pertanto non sprecarla. Già che ci siamo diventiamo tutti ricchi e godiamoci la vita.
Per arricchirsi in qualsiasi modo, non si esita ad uccidere le persone.
Nè più nè meno come prima dei tempi delle caverne.
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