LA LIBIA E' VICINA
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Re: LA LIBIA E' VICINA
Detto e stradetto che parte di tutta questa situazione sono gli errori fatti dall'occidente con l'avvallo anche dell'Italia(intervento Francese in Libia solo per meri interessi di stato)rimane ora :Cosa fare?
Questa e' la mia iniziale domanda a cui, in questo forum, non abbiamo ancora dato risposta?
Cosa dovrebbe fare l'ONU, la NATO e tutto il resto ?
E l'Italia?
un salutone
Questa e' la mia iniziale domanda a cui, in questo forum, non abbiamo ancora dato risposta?
Cosa dovrebbe fare l'ONU, la NATO e tutto il resto ?
E l'Italia?
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: LA LIBIA E' VICINA
E' difficile dare una soluzione adesso dopo tutti gli errori fatti nel passato.
Forse la strada più percorribile, anche se difficilissima anch'essa, è cercare fra le varie tribù che compongono il popolo libico quelle più affidabili (più lontane dalle posizioni dell'ISIS e un pochini filo occidentali) e aiutarle a prendere il sopravvento sulle altre. Questo non porterà la democrazia in quelle terre ma le renderà più sicure per noi.
L'intervento diretto sarebbe un ulteriore errore.
Forse la strada più percorribile, anche se difficilissima anch'essa, è cercare fra le varie tribù che compongono il popolo libico quelle più affidabili (più lontane dalle posizioni dell'ISIS e un pochini filo occidentali) e aiutarle a prendere il sopravvento sulle altre. Questo non porterà la democrazia in quelle terre ma le renderà più sicure per noi.
L'intervento diretto sarebbe un ulteriore errore.
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Re: LA LIBIA E' VICINA
Cosa fare? Mah, dato che i produttori e i commercianti d'armi si ingrassano con Isis bisognerebbe cominciare a non vendergliele. Ma vallo a dire agli amici del turbocapitalismo!
Renzi elenca i successi del governo. “Sarò breve”.
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Re: LA LIBIA E' VICINA
Dall'intervista a Prodi:pancho ha scritto:Detto e stradetto che parte di tutta questa situazione sono gli errori fatti dall'occidente con l'avvallo anche dell'Italia(intervento Francese in Libia solo per meri interessi di stato)rimane ora :Cosa fare?
Questa e' la mia iniziale domanda a cui, in questo forum, non abbiamo ancora dato risposta?
Cosa dovrebbe fare l'ONU, la NATO e tutto il resto ?
E l'Italia?
un salutone
"Presidente, adesso che cosa bisogna fare?
Cosa bisogna fare non lo so. Oggi non lo so più, mi creda."
Come vedi, caro pancho, non lo sa nemmeno i così detti “addetti ai lavori”.
Da povero, semplice cittadino, mi viene da dire solo che: evitare operazioni non sufficientemente ponderate,
atteggiamenti da Rambo, (anche perché non possiamo permettercelo, cediamo perfino alle minacce dei scafisti)
estrema cautela.
Le armi vanno evitate sempre e comunque, non sono mai risolutive.
Invece... i nostri ministri parlano come se giocassero a Risiko.
Ma daltra parte cosa vogliamo aspettarci da questi irresponsabili.
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Re: LA LIBIA E' VICINA
Chi ha creato tutto questo?La risposta è una sola.Europa e USA.A partire da Iraq.Una guerra sbagliata.Afganistan altra guerra senza fine.Abbiamo invaso una nazione solamente perche' Osama Bin laden si trovava lì.Dal 2001 ora siamo nel 2015.Siamo pure in Libano,e nella ex Jugoslavia.Dove abbiamo avuto diversi morti per l'uranio impoverito Franca Rame in parlamento lo diceva, e teneva i conti dei morti.Poi parlano del clima che stà cambiando ( queste guerre non inquinano?)nel mondo.Dobbiamo fare una guerra pure il Libia, tanto per tassare ancora gli Italiani!.Gli attentati in Francia e in Danimarca, sono partiti dagli stessi Francesi e lo stesso per la Danimarca,insomma li abbiamo gia in casa.Poi l'espansione della Nato nelle nazioni dell'est per avvicinarsi il piu possibile alla Russia.Quando avranno finito il Gasdotto verso la Cina, la Russia può tranquillamente chiudere i rubinetti verso l'Europa.Abitanti Cina 1.339.724.852
Ciao
Paolo11
Ciao
Paolo11
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Re: LA LIBIA E' VICINA
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
IL FRONTE SUD
pancho
.............rimane ora :Cosa fare?
Questa e' la mia iniziale domanda a cui, in questo forum, non abbiamo ancora dato risposta?
Cosa dovrebbe fare l'ONU, la NATO e tutto il resto ?
E l'Italia?
^^
Maucat
E' difficile dare una soluzione adesso dopo tutti gli errori fatti nel passato.
^^
flaviomod
Cosa fare? Mah, dato che i produttori e i commercianti d'armi si ingrassano con Isis bisognerebbe cominciare a non vendergliele
^^
erding
le armi vanno evitate sempre e comunque, non sono mai risolutive.
Invece... i nostri ministri parlano come se giocassero a Risiko.
^^
paolo11
Chi ha creato tutto questo?La risposta è una sola.Europa e USA.A partire da Iraq.Una guerra sbagliata.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
Proviamo a cercare di capire attraverso il pensiero altrui.
Su IFQ di stamani compare un'intervista a Vittorio Emanuele Parsi.
Non sempre sono d'accordo con il Prof. milanese, ma in questo caso, SI'.
il Fatto 16.2.15
Vittorio Emanuele Parsi
“La guerra sarà lunga e dispendiosa”
intervista di Alessio Schiesari
L’intervento in Libia sarebbe molto lungo e dispendioso, anche in termini di vite umane”.
Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell’Alta scuola in economia e relazioni internazionali, ipotizza gli scenari che si aprirebbero se l’Italia desse seguito alle parole del ministro Gentiloni, che ha aperto alla possibilità di un intervento militare.
Per il titolare della Farnesina, l’Italia sarebbe disposta anche a guidare un intervento sotto l’egida dell’Onu.(Sai che roba. Questa italietta qui a guidare un intervento in Libia. ndr)
È apprezzabile la disponibilità ad assumersi delle responsabilità, ma bisogna prima capire con quali obiettivi. (Apprezzabile una mazza. E' il solito vecchio: "ARMIAMOCI E PARTITE" - ndr )
Combattere l’Isis è un’operazione complessa: Obama per la Siria e Iraq ha chiesto tre anni.
Per stabilizzare la Libia non è sufficiente armare delle milizie o bombardare, è necessario cercare degli alleati e accettare la prospettiva di un impegno lungo.
Però, se non se ne occupa l’Italia, non lo farà nessuno perché siamo noi i primi a dover essere preoccupati di quanto sta accadendo.
Che tipo di opzione militare servirebbe?
Non bastano i bombardamenti per fermare l’avanzata dell’Isis, com’è evidente in Siria e Iraq. E là comunque ci sono truppe di terra che combattono.
Mentre i jihadisti puntano Tripoli, in buona parte del Paese mancano anche i servizi essenziali. Come si è arrivati fino a qui?
Il Paese è scivolato progressivamente in una situazione prima di guerra civile, poi di semi-anarchia. Nessuna delle due autorità che reclamano legittimità ha il controllo del territorio. Questo ha permesso la penetrazione dell’Isis, la milizia jihadista più preparata, da est. È uno scenario somalo, solo un po’ più ordinato perché l’Isis è organizzata.
Gli interlocutori che l’Occidente si è scelto, a cominciare dal comandante dell’esercito regolare Khalifa Haftar, si sono rivelati inadatti. Quali sponde occorre cercare?
Si può provare a insistere con il governo di Tobruk, ma è chiaro che non ci sono interlocutori affidabili, capaci di coordinare gli interventi.
Il governo non è stato all’altezza della complessità della situazione.
Gheddafi aveva deistituzionalizzato il paese, la sua caduta ha lasciato il vuoto.
La Libia è un paese molto complesso a livello tribale che il Raìs riusciva a governare solo per i metodi brutali che adottava.
È stato un errore intervenire per deporlo?
Com’è risaputo, sono stati i francesi a insistere per deporre Gheddafi, ma non hanno pianificato la fase successiva. L’Italia ha provato per quanto possibile a starne fuori perché non condivideva gli obiettivi dell’intervento. La responsabilità di questo pasticcio grava su Londra e Parigi ma, anche se la frittata l’hanno fatta gli altri, ora chi se la ritrova davanti alle proprie coste siamo noi.
L’Egitto, anche grazie al supporto finanziario degli Emirati Arabi, ha appena acquistato 24 cacciabombardieri Rafael perché – lo dice la commissione difesa del Parlamento francese – al-Sisi è preoccupato dalla guerra libica. Quali partner arabi bisogna interpellare?
L’Egitto lotta contro l’Isis nel Sinai e sarebbe disposto a farlo anche in Libia. Poi bisognerebbe sondare Algeria e Lega Araba se sono disponibili a una missione con legittimità internazionale. E anche i paesi del Golfo, nonostante il loro giochi poco trasparenti, sono inquieti.
Dopo la caduta dei dittatori laici, da Gheddafi a Saddam, il Medio Oriente sta cadendo nelle mani dei jihadisti. Perché?
Il ritorno della religione in politica è un fenomeno antico che riguarda anche l’Occidente, penso a Carter negli Usa negli anni ’70. Le forme inaccettabili di islamismo radicale invece sono da imputare alla volontà politica di certi Paesi – Arabia Saudita e gli altri Stati del Golfo – che da trent’anni finanziano un certo tipo di Islam.
IL FRONTE SUD
pancho
.............rimane ora :Cosa fare?
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Non sempre sono d'accordo con il Prof. milanese, ma in questo caso, SI'.
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Vittorio Emanuele Parsi
“La guerra sarà lunga e dispendiosa”
intervista di Alessio Schiesari
L’intervento in Libia sarebbe molto lungo e dispendioso, anche in termini di vite umane”.
Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell’Alta scuola in economia e relazioni internazionali, ipotizza gli scenari che si aprirebbero se l’Italia desse seguito alle parole del ministro Gentiloni, che ha aperto alla possibilità di un intervento militare.
Per il titolare della Farnesina, l’Italia sarebbe disposta anche a guidare un intervento sotto l’egida dell’Onu.(Sai che roba. Questa italietta qui a guidare un intervento in Libia. ndr)
È apprezzabile la disponibilità ad assumersi delle responsabilità, ma bisogna prima capire con quali obiettivi. (Apprezzabile una mazza. E' il solito vecchio: "ARMIAMOCI E PARTITE" - ndr )
Combattere l’Isis è un’operazione complessa: Obama per la Siria e Iraq ha chiesto tre anni.
Per stabilizzare la Libia non è sufficiente armare delle milizie o bombardare, è necessario cercare degli alleati e accettare la prospettiva di un impegno lungo.
Però, se non se ne occupa l’Italia, non lo farà nessuno perché siamo noi i primi a dover essere preoccupati di quanto sta accadendo.
Che tipo di opzione militare servirebbe?
Non bastano i bombardamenti per fermare l’avanzata dell’Isis, com’è evidente in Siria e Iraq. E là comunque ci sono truppe di terra che combattono.
Mentre i jihadisti puntano Tripoli, in buona parte del Paese mancano anche i servizi essenziali. Come si è arrivati fino a qui?
Il Paese è scivolato progressivamente in una situazione prima di guerra civile, poi di semi-anarchia. Nessuna delle due autorità che reclamano legittimità ha il controllo del territorio. Questo ha permesso la penetrazione dell’Isis, la milizia jihadista più preparata, da est. È uno scenario somalo, solo un po’ più ordinato perché l’Isis è organizzata.
Gli interlocutori che l’Occidente si è scelto, a cominciare dal comandante dell’esercito regolare Khalifa Haftar, si sono rivelati inadatti. Quali sponde occorre cercare?
Si può provare a insistere con il governo di Tobruk, ma è chiaro che non ci sono interlocutori affidabili, capaci di coordinare gli interventi.
Il governo non è stato all’altezza della complessità della situazione.
Gheddafi aveva deistituzionalizzato il paese, la sua caduta ha lasciato il vuoto.
La Libia è un paese molto complesso a livello tribale che il Raìs riusciva a governare solo per i metodi brutali che adottava.
È stato un errore intervenire per deporlo?
Com’è risaputo, sono stati i francesi a insistere per deporre Gheddafi, ma non hanno pianificato la fase successiva. L’Italia ha provato per quanto possibile a starne fuori perché non condivideva gli obiettivi dell’intervento. La responsabilità di questo pasticcio grava su Londra e Parigi ma, anche se la frittata l’hanno fatta gli altri, ora chi se la ritrova davanti alle proprie coste siamo noi.
L’Egitto, anche grazie al supporto finanziario degli Emirati Arabi, ha appena acquistato 24 cacciabombardieri Rafael perché – lo dice la commissione difesa del Parlamento francese – al-Sisi è preoccupato dalla guerra libica. Quali partner arabi bisogna interpellare?
L’Egitto lotta contro l’Isis nel Sinai e sarebbe disposto a farlo anche in Libia. Poi bisognerebbe sondare Algeria e Lega Araba se sono disponibili a una missione con legittimità internazionale. E anche i paesi del Golfo, nonostante il loro giochi poco trasparenti, sono inquieti.
Dopo la caduta dei dittatori laici, da Gheddafi a Saddam, il Medio Oriente sta cadendo nelle mani dei jihadisti. Perché?
Il ritorno della religione in politica è un fenomeno antico che riguarda anche l’Occidente, penso a Carter negli Usa negli anni ’70. Le forme inaccettabili di islamismo radicale invece sono da imputare alla volontà politica di certi Paesi – Arabia Saudita e gli altri Stati del Golfo – che da trent’anni finanziano un certo tipo di Islam.
Ultima modifica di camillobenso il 16/02/2015, 16:24, modificato 3 volte in totale.
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Re: LA LIBIA E' VICINA
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
LA VOX POPULI ON THE ROAD
16 febbraio 2015
<<Come mai F. non hai la tuta mimetica?>> (F. ha ottant’anni. Per la cronaca)
F. ha capito al volo e risponde :“Se vu giò mi, ia cupi tucc vun a la volta” – (Traduzione: Se vado giù io li accoppo, (ammazzo) tutti uno alla volta.
<<Oh la madonna,….F.!!!! Così guerrafondaio alla mattina presto???>>
“Per chi lì, a ghe veur un’altra volta, quel cui bafett>> - (Traduzione: Per quelli lì, ci vuole un’altra volta quello con i baffetti)(Hitler, per la cronaca)
Questo è il clima oggi a Nord della Grande Milano.
LA VOX POPULI ON THE ROAD
16 febbraio 2015
<<Come mai F. non hai la tuta mimetica?>> (F. ha ottant’anni. Per la cronaca)
F. ha capito al volo e risponde :“Se vu giò mi, ia cupi tucc vun a la volta” – (Traduzione: Se vado giù io li accoppo, (ammazzo) tutti uno alla volta.
<<Oh la madonna,….F.!!!! Così guerrafondaio alla mattina presto???>>
“Per chi lì, a ghe veur un’altra volta, quel cui bafett>> - (Traduzione: Per quelli lì, ci vuole un’altra volta quello con i baffetti)(Hitler, per la cronaca)
Questo è il clima oggi a Nord della Grande Milano.
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Re: LA LIBIA E' VICINA
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
IL FRONTE SUD
Il punto di vista di Andrea Margelletti.
Andrea Margelletti Presidente del Ce.S.I. Centro Studi ...
http://www.cesi-italia.org › Staff
Presidente del Ce.S.I. - Centro Studi Internazionali, Andrea Margelletti è stato il Consigliere Strategico del Ministro della Difesa. Inoltre, Margelletti è membro del .
Da Agorà del 16 febbraio 2015
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/me ... 7.html#p=0
Dal punto 00.06.20 al punto 00:13:53
Margelletti:
1) Andiamo in guerra a favore di chi?
2) Il paese a chi lo diamo?
3) Il problema vero è vincere la pace.
Questa guerra porta:
4) Rischi
5) Soldi. Una valanga di soldi perché bisogna mettere in piedi un paese.
6). Tempo. Ci vogliono tanti e tanti anni.
Ma se non abbiamo neanche gli occhi per piangere, dove li troviamo noi tutti questi soldi per tutto quel tempo??????????
Questa è la differenza tra chi le cose le spara a raffica per fare scena, per montare gli effetti speciali per i merloni giganti tricolori, e chi ragiona.(anche se in parte)
IL FRONTE SUD
Il punto di vista di Andrea Margelletti.
Andrea Margelletti Presidente del Ce.S.I. Centro Studi ...
http://www.cesi-italia.org › Staff
Presidente del Ce.S.I. - Centro Studi Internazionali, Andrea Margelletti è stato il Consigliere Strategico del Ministro della Difesa. Inoltre, Margelletti è membro del .
Da Agorà del 16 febbraio 2015
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/me ... 7.html#p=0
Dal punto 00.06.20 al punto 00:13:53
Margelletti:
1) Andiamo in guerra a favore di chi?
2) Il paese a chi lo diamo?
3) Il problema vero è vincere la pace.
Questa guerra porta:
4) Rischi
5) Soldi. Una valanga di soldi perché bisogna mettere in piedi un paese.
6). Tempo. Ci vogliono tanti e tanti anni.
Ma se non abbiamo neanche gli occhi per piangere, dove li troviamo noi tutti questi soldi per tutto quel tempo??????????
Questa è la differenza tra chi le cose le spara a raffica per fare scena, per montare gli effetti speciali per i merloni giganti tricolori, e chi ragiona.(anche se in parte)
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Re: LA LIBIA E' VICINA
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
IL FRONTE SUD
Repubblica 16.2.15
La campana stavolta suona per tutti
di Stefano Folli
LA POLITICA estera torna di prepotenza al centro della scena e spazza via le confuse polemiche domestiche sui patti violati e gli Aventini parlamentari .
NON si tratta dell’Ucraina, dove l’Italia non ha voce in capitolo, ma della Libia, dove invece è in prima linea.
Unica ambasciata dell’Unione fino a ieri aperta, ultima bandiera di fronte all’avanzare dello Stato Islamico.
Ma anche unico paese, l’Italia, che presta soccorso ai migranti in mare, mettendo in campo gli uomini e i mezzi della sua Marina Militare e della Guardia Costiera nonostante le infinite lacune europee.
Non solo. Quello di Roma è il governo che ha dovuto subìre un attacco frontale e diretto dai fondamentalisti, nella persona del ministro degli Esteri definito un “crociato” e un “nemico”.
La colpa di Gentiloni è di aver detto la verità in un’intervista a SkyTg24: e cioè che le forze armate italiane sono pronte ad andare in Libia per una missione internazionale sotto la bandiera dell’Onu.
Anzi, Gentiloni ha usato l’espressione «sono pronte a combattere», che non è politicamente corretta ma oggi è molto pertinente.
Il presidente del Consiglio e il ministro della Difesa hanno poi confermato il progetto e si capisce che le alternative sono quasi inesistenti, benché l’ultima speranza sia, come è ovvio, la soluzione diplomatica.
La minaccia è reale e incombente, tocca da vicino gli interessi italiani e si somma all’emergenza dei profughi.
L’Europa sembra ancora gravemente inerte, ma sono gli Stati Uniti che dovrebbero sollecitare un’iniziativa internazionale e chiedere la copertura delle Nazioni Unite.
Il governo di Roma è e resterà il più esposto, quello su cui peserà un’importante e primaria responsabilità negli sviluppi della crisi.
L’interrogativo è se questo determinerà conseguenze nei rapporti politici e parlamentari.
Dovrebbe essere così.
Con una missione militare alle porte in uno scenario di guerra sembra improbabile che si possa ristagnare nel solito ”tran tran” polemico.
La stessa tentazione delle elezioni anticipate, peraltro inconsistente fin quando non sarà in vigore la nuova legge, l’Italicum, viene di fatto accantonata.
Ma c’è di più.
Fino a ieri l’opposizione rifiutava persino di sedersi in Parlamento e si preparava a recarsi da Mattarella per denunciare le trame “autoritarie” di Renzi.
A loro volta i deputati e i senatori Cinque Stelle annunciavano di volersi dimettere per far saltare la legislatura.
La Libia ha creato quasi all’improvviso un fatto nuovo che rende obsoleti certi comportamenti e richiama tutti alla serietà.
Compreso il premier che finora ha usato le riforme costituzionali anche come un grimaldello per allargare le lacerazioni parlamentari e mettere in difficoltà la minoranza del suo partito.
Lo scenario cambia nel profondo, come sempre quando sono in gioco scelte essenziali che toccano la politica estera e di sicurezza. È tradizione che su questi temi il Parlamento si ritrovi concorde, salvo le forze che si pongono fuori del sistema.
Non c’entra il patto del Nazareno, vivo o morto che sia, bensì la Costituzione. Il ruolo del presidente della Repubblica acquista la sua naturale centralità come garante dell’unità nazionale, mentre spetta al governo parlare con chiarezza al Paese e cercare di fronte alle Camere il massimo del sostegno.
Sarà una prova di maturità per tutti.
Per il presidente del Consiglio e la sua maggioranza, ma anche per le varie opposizioni.
Berlusconi è stato lesto a comprendere la posta in gioco e a dichiararsi pronto a sostenere l’azione dell’esecutivo.
Segno che si rende conto dei limiti dell’Aventino e desidera uscire in qualche modo dall’isolamento.
Ma la Libia è un terreno scivoloso anche per lui: non a caso Romano Prodi gli ricorda, con malizia, il coinvolgimento dell’Italia nella campagna franco-inglese che portò alla caduta di Gheddafi.
Quanto alla Lega, ecco un autentico bivio.
Se Salvini imbocca la via della responsabilità, si troverà ad appoggiare il governo; se si arrocca nel “fronte del no”, magari insieme a Grillo, diventerà marginale e renderà ancor meno credibile l’alternativa di destra a Renzi. La campana della Libia suona per tutti.
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Repubblica 16.2.15
La campana stavolta suona per tutti
di Stefano Folli
LA POLITICA estera torna di prepotenza al centro della scena e spazza via le confuse polemiche domestiche sui patti violati e gli Aventini parlamentari .
NON si tratta dell’Ucraina, dove l’Italia non ha voce in capitolo, ma della Libia, dove invece è in prima linea.
Unica ambasciata dell’Unione fino a ieri aperta, ultima bandiera di fronte all’avanzare dello Stato Islamico.
Ma anche unico paese, l’Italia, che presta soccorso ai migranti in mare, mettendo in campo gli uomini e i mezzi della sua Marina Militare e della Guardia Costiera nonostante le infinite lacune europee.
Non solo. Quello di Roma è il governo che ha dovuto subìre un attacco frontale e diretto dai fondamentalisti, nella persona del ministro degli Esteri definito un “crociato” e un “nemico”.
La colpa di Gentiloni è di aver detto la verità in un’intervista a SkyTg24: e cioè che le forze armate italiane sono pronte ad andare in Libia per una missione internazionale sotto la bandiera dell’Onu.
Anzi, Gentiloni ha usato l’espressione «sono pronte a combattere», che non è politicamente corretta ma oggi è molto pertinente.
Il presidente del Consiglio e il ministro della Difesa hanno poi confermato il progetto e si capisce che le alternative sono quasi inesistenti, benché l’ultima speranza sia, come è ovvio, la soluzione diplomatica.
La minaccia è reale e incombente, tocca da vicino gli interessi italiani e si somma all’emergenza dei profughi.
L’Europa sembra ancora gravemente inerte, ma sono gli Stati Uniti che dovrebbero sollecitare un’iniziativa internazionale e chiedere la copertura delle Nazioni Unite.
Il governo di Roma è e resterà il più esposto, quello su cui peserà un’importante e primaria responsabilità negli sviluppi della crisi.
L’interrogativo è se questo determinerà conseguenze nei rapporti politici e parlamentari.
Dovrebbe essere così.
Con una missione militare alle porte in uno scenario di guerra sembra improbabile che si possa ristagnare nel solito ”tran tran” polemico.
La stessa tentazione delle elezioni anticipate, peraltro inconsistente fin quando non sarà in vigore la nuova legge, l’Italicum, viene di fatto accantonata.
Ma c’è di più.
Fino a ieri l’opposizione rifiutava persino di sedersi in Parlamento e si preparava a recarsi da Mattarella per denunciare le trame “autoritarie” di Renzi.
A loro volta i deputati e i senatori Cinque Stelle annunciavano di volersi dimettere per far saltare la legislatura.
La Libia ha creato quasi all’improvviso un fatto nuovo che rende obsoleti certi comportamenti e richiama tutti alla serietà.
Compreso il premier che finora ha usato le riforme costituzionali anche come un grimaldello per allargare le lacerazioni parlamentari e mettere in difficoltà la minoranza del suo partito.
Lo scenario cambia nel profondo, come sempre quando sono in gioco scelte essenziali che toccano la politica estera e di sicurezza. È tradizione che su questi temi il Parlamento si ritrovi concorde, salvo le forze che si pongono fuori del sistema.
Non c’entra il patto del Nazareno, vivo o morto che sia, bensì la Costituzione. Il ruolo del presidente della Repubblica acquista la sua naturale centralità come garante dell’unità nazionale, mentre spetta al governo parlare con chiarezza al Paese e cercare di fronte alle Camere il massimo del sostegno.
Sarà una prova di maturità per tutti.
Per il presidente del Consiglio e la sua maggioranza, ma anche per le varie opposizioni.
Berlusconi è stato lesto a comprendere la posta in gioco e a dichiararsi pronto a sostenere l’azione dell’esecutivo.
Segno che si rende conto dei limiti dell’Aventino e desidera uscire in qualche modo dall’isolamento.
Ma la Libia è un terreno scivoloso anche per lui: non a caso Romano Prodi gli ricorda, con malizia, il coinvolgimento dell’Italia nella campagna franco-inglese che portò alla caduta di Gheddafi.
Quanto alla Lega, ecco un autentico bivio.
Se Salvini imbocca la via della responsabilità, si troverà ad appoggiare il governo; se si arrocca nel “fronte del no”, magari insieme a Grillo, diventerà marginale e renderà ancor meno credibile l’alternativa di destra a Renzi. La campana della Libia suona per tutti.
Ultima modifica di camillobenso il 16/02/2015, 17:10, modificato 1 volta in totale.
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Re: LA LIBIA E' VICINA
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
IL FRONTE SUD
La posizione di Folli, dimostra comunque come i giornaloni appoggiano il governo senza riflettere.
La colpa di Gentiloni è di aver detto la verità in un’intervista a SkyTg24: e cioè che le forze armate italiane sono pronte ad andare in Libia per una missione internazionale sotto la bandiera dell’Onu.
Anzi, Gentiloni ha usato l’espressione «sono pronte a combattere», che non è politicamente corretta ma oggi è molto pertinente.
Il presidente del Consiglio e il ministro della Difesa hanno poi confermato il progetto e si capisce che le alternative sono quasi inesistenti, benché l’ultima speranza sia, come è ovvio, la soluzione diplomatica.
E qui tornano in ballo i punti sollevati da Margelletti, che non sfiorano neppure Folli.
Margelletti:
1) Andiamo in guerra a favore di chi?
2) Il paese a chi lo diamo?
3) Il problema vero è vincere la pace.
Questa guerra porta:
4) Rischi
5) Soldi. Una valanga di soldi perché bisogna mettere in piedi un paese.
6). Tempo. Ci vogliono tanti e tanti anni.
Oppure, il punto di vista di Vittorio Emanuele Parsi:
“La guerra sarà lunga e dispendiosa”
Ci spieghi Stefano Folli, dove si a prendere i soldi per una simile avventura, quando per raggranellare 4/5 miliardi fanno un can can indescirvibile!!!!!!
IL FRONTE SUD
La posizione di Folli, dimostra comunque come i giornaloni appoggiano il governo senza riflettere.
La colpa di Gentiloni è di aver detto la verità in un’intervista a SkyTg24: e cioè che le forze armate italiane sono pronte ad andare in Libia per una missione internazionale sotto la bandiera dell’Onu.
Anzi, Gentiloni ha usato l’espressione «sono pronte a combattere», che non è politicamente corretta ma oggi è molto pertinente.
Il presidente del Consiglio e il ministro della Difesa hanno poi confermato il progetto e si capisce che le alternative sono quasi inesistenti, benché l’ultima speranza sia, come è ovvio, la soluzione diplomatica.
E qui tornano in ballo i punti sollevati da Margelletti, che non sfiorano neppure Folli.
Margelletti:
1) Andiamo in guerra a favore di chi?
2) Il paese a chi lo diamo?
3) Il problema vero è vincere la pace.
Questa guerra porta:
4) Rischi
5) Soldi. Una valanga di soldi perché bisogna mettere in piedi un paese.
6). Tempo. Ci vogliono tanti e tanti anni.
Oppure, il punto di vista di Vittorio Emanuele Parsi:
“La guerra sarà lunga e dispendiosa”
Ci spieghi Stefano Folli, dove si a prendere i soldi per una simile avventura, quando per raggranellare 4/5 miliardi fanno un can can indescirvibile!!!!!!
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