La corda tirata troppo a lungo si è spezzata.......
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Re: La corda tirata troppo a lungo si è spezzata.......
TERRORISMO C'È RISCHIO ESCALATON
Terrorismo: «C'è il rischio di un'escalation»
Le preoccupazioni del ministro dell'interno
La preoccupazione è condivisa dal ministro Severino. «Chi colpisce Equitalia - dice la Cancellieri- colpisce lo Stato»
MILANO - C'è il pericolo di un'escalation dopo l'attentato a Roberto Adinolfi. L'allarme arriva dal ministro dell'interno Anna Maria Cancellieri ed è condiviso dalla collega di governo Paola Severino. «Il rischio escalation esiste, è una situazione che richiede molto rigore. Molta attenzione, bisogna lavorare» ha detto il responsabile del Viminale arrivando al Salone del Libro di Torino dove partecipa ad un incontro su Falcone e Borsellino. E a conferma dell'innalzamento del livello di guardia ci sarebbe una circolare inviata ai prefetti e ai questori dal Dipartimento di Pubblica sicurezza che richiama sulla necessità di dare ulteriore impulso all'attività info-investigativa e di incrementare l'attivitá di vigilanza in prossimità degli obiettivi ritenuti «sensibili», con speciale riguardo a quelli relativi al mondo economico, sociale e del lavoro.
IL MINISTRO SEVERINO - In relazione all'attentato ai danni dell'ad di Ansaldo Nucleare il ministro Cancellieri ritiene che la la rivendicazione del Fai sia attendibile: «Abbiamo individuato la matrice e adesso bisogna lavorare». Allarme condiviso dal ministro della giustizia intervistata da Sky Tg24. «So quanto sia seria il ministro Cancellieri e quanto avrà pensato prima di rendere questa dichiarazioni -afferma- quindi sono preoccupata perchè considero questo suo timore estremamente serio». Il ministro dell'interno ha comunque tenuto a precisa: «Non credo ci sia area di consenso intorno a questi atti. E se questo consenso c'è - aggiunge - è limitato ad un'area molto circoscritta. Non credo che nelle corde popolari ci sia consenso per queste cose». te che tutta la cittadinanza reagisca e prenda le distanze». La situazione resta comunque delicata: «anche perchè -aggiunge il ministro- legata a fenomeni di recessione e di difficoltà economica ma noi pensiamo il paese tenga».
EQUITALIA - E poi ha fatto riferimento anche ai recenti attacchi ad Equitalia: «Chi colpisce Equitalia colpisce lo Stato. Le persone che lavorano a Equitalia sono dipendenti dello Stato che assicurano i diritti dello Stato. E lo Stato siamo noi». Quanto alla matrice dell'attentato ad Adinolfi ha aggiunto «Per ora non abbiamo alcuna notizia di collegamenti tra chi ha compiuto l'attentato all' ad dell' Ansaldo con il movimento No Tav. Sono comunque tutti settori sensibili e in quanto tali i collegamenti possono esserci o crearsi facilmente, ma al momento non abbiamo nessun motivo di credere che ci siano».
Redazione Online
12 maggio 2012 | 18:20
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Terrorismo: «C'è il rischio di un'escalation»
Le preoccupazioni del ministro dell'interno
La preoccupazione è condivisa dal ministro Severino. «Chi colpisce Equitalia - dice la Cancellieri- colpisce lo Stato»
MILANO - C'è il pericolo di un'escalation dopo l'attentato a Roberto Adinolfi. L'allarme arriva dal ministro dell'interno Anna Maria Cancellieri ed è condiviso dalla collega di governo Paola Severino. «Il rischio escalation esiste, è una situazione che richiede molto rigore. Molta attenzione, bisogna lavorare» ha detto il responsabile del Viminale arrivando al Salone del Libro di Torino dove partecipa ad un incontro su Falcone e Borsellino. E a conferma dell'innalzamento del livello di guardia ci sarebbe una circolare inviata ai prefetti e ai questori dal Dipartimento di Pubblica sicurezza che richiama sulla necessità di dare ulteriore impulso all'attività info-investigativa e di incrementare l'attivitá di vigilanza in prossimità degli obiettivi ritenuti «sensibili», con speciale riguardo a quelli relativi al mondo economico, sociale e del lavoro.
IL MINISTRO SEVERINO - In relazione all'attentato ai danni dell'ad di Ansaldo Nucleare il ministro Cancellieri ritiene che la la rivendicazione del Fai sia attendibile: «Abbiamo individuato la matrice e adesso bisogna lavorare». Allarme condiviso dal ministro della giustizia intervistata da Sky Tg24. «So quanto sia seria il ministro Cancellieri e quanto avrà pensato prima di rendere questa dichiarazioni -afferma- quindi sono preoccupata perchè considero questo suo timore estremamente serio». Il ministro dell'interno ha comunque tenuto a precisa: «Non credo ci sia area di consenso intorno a questi atti. E se questo consenso c'è - aggiunge - è limitato ad un'area molto circoscritta. Non credo che nelle corde popolari ci sia consenso per queste cose». te che tutta la cittadinanza reagisca e prenda le distanze». La situazione resta comunque delicata: «anche perchè -aggiunge il ministro- legata a fenomeni di recessione e di difficoltà economica ma noi pensiamo il paese tenga».
EQUITALIA - E poi ha fatto riferimento anche ai recenti attacchi ad Equitalia: «Chi colpisce Equitalia colpisce lo Stato. Le persone che lavorano a Equitalia sono dipendenti dello Stato che assicurano i diritti dello Stato. E lo Stato siamo noi». Quanto alla matrice dell'attentato ad Adinolfi ha aggiunto «Per ora non abbiamo alcuna notizia di collegamenti tra chi ha compiuto l'attentato all' ad dell' Ansaldo con il movimento No Tav. Sono comunque tutti settori sensibili e in quanto tali i collegamenti possono esserci o crearsi facilmente, ma al momento non abbiamo nessun motivo di credere che ci siano».
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Re: La corda tirata troppo a lungo si è spezzata.......
Ma voi siete convinti che questa "fai" esista sul serio?
Io mica tanto.
Chi vuol capire...
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"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
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Re: La corda tirata troppo a lungo si è spezzata.......
Qualcosa di più per capire? Perché abbiamo bisogno di capire. La cosa è seria se la inseriamo nel contesto generale.peanuts ha scritto:Ma voi siete convinti che questa "fai" esista sul serio?
Io mica tanto.
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Re: La corda tirata troppo a lungo si è spezzata.......
L'EX SINDACO DI BOLOGNA NEL 2005 RICEVETTE UN PACCO BOMBA
Cofferati: «Indagini poco incisive,
così quel gruppo si è rafforzato»
«Sono convinti di essere imprendibili, mi colpisce che vogliano entrare nelle fabbriche»
Sergio Cofferati, lei ci crede a questa Fai?
«L'impressione è che un piccolo nucleo ci sia sempre stato. E ci sia ancora».
Era della stessa opinione anche nel 2005, quando a Bologna le venne recapitato un pacco bomba?
«Mi feci questa idea fin da subito. La spedizione di un plico esplosivo non necessita certo di una grande struttura».
Cosa è cambiato rispetto ad allora?
«Mi sembra ci sia qualcosa in più: pedinare, studiare il luogo dove abita e infine ferire una persona è una faccenda che presuppone l'esistenza di una organizzazione, seppur minima. Mandare un pacco bomba era oggettivamente più semplice».
Le è mai successo di avere dubbi sull'originalità di queste rivendicazioni? «Mai pensato a cose complesse, a trame oscure di servizi deviati».
Lei sa bene che quando si parla di galassia anarchica lo fanno in molti. «Mi è toccato discuterne spesso con colleghi e amici. Diciamo che il loro scetticismo è comprensibile. Tante vicende del nostro passato recente lasciano una traccia nel nostro subconscio. L'esercizio del dubbio è comprensibile. Ma in questo caso è sbagliato».
Da dove deriva questa certezza? «Dal semplice ragionamento deduttivo. Mi sono chiesto spesso chi potesse trarre vantaggio dalla spedizione di una rudimentale lettera esplosiva al sindaco di Bologna, carica che ricoprivo all'epoca. Risposta: nessuno».
Non crede che i dubbi sui pacchi bomba possano essere alimentati anche dall'assenza di qualunque risultato investigativo? «Ecco, il punto è proprio questo. Premessa: indagare avendo come unico riferimento un timbro postale è faccenda alquanto complicata, deve essere un vero rompicapo».
Esaurita la premessa? «Il fatto che non si sia mai trovato un bandolo della matassa è davvero preoccupante. Non dico delle persone in carne e ossa. Intendo un filo comune. Sono dieci anni che arrivano queste rivendicazioni del Fai. L'impressione è che si sia perso tempo».
Sottovalutazione? «Non la metterei in questi termini. Ma il fatto che siano passati anni tra una azione e l'altra può aver indotto gli inquirenti a considerare il Fai come un fenomeno poco preoccupante».
Con quali conseguenze? «A mio avviso nefaste. Sono convinto che proprio questa certezza di non essere mai individuati abbia rafforzato nelle persone che si nascondono dietro alla sigla Fai la convinzione di avere ampio margine per altre iniziative. È proprio su questa base che annunciano nuove azioni».
Lei crede che abbia senso definirli ancora come anarchici?
«Sono rimasto colpito da un paio di passaggi della loro rivendicazione. Quello dove sembrano parlare ai movimenti e quello in cui mostrano l'intenzione di avvicinarsi ai luoghi della produzione. Alle fabbriche, insomma».
Cosa ci ha trovato di strano? «Queste due pratiche non sono molto anarchiche, almeno non nel senso classico di questa definizione. Ma è vero che forse queste categorie sono vecchie, non hanno più senso. Bisogna guardare a certi fenomeni con occhi nuovi».
E con quanta preoccupazione? «Molta, moltissima, usi pure tutti i superlativi del caso. Guai a sottovalutare».
Siamo in ritardo? «Mettiamola così: la strategia del Fai mi sembra semplice. Vogliono creare preoccupazione e tensione. In questa prima fase ci sono riusciti, almeno su questo non c'è alcun dubbio».
Marco Imarisio
13 maggio 2012 | 12:38
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Cofferati: «Indagini poco incisive,
così quel gruppo si è rafforzato»
«Sono convinti di essere imprendibili, mi colpisce che vogliano entrare nelle fabbriche»
Sergio Cofferati, lei ci crede a questa Fai?
«L'impressione è che un piccolo nucleo ci sia sempre stato. E ci sia ancora».
Era della stessa opinione anche nel 2005, quando a Bologna le venne recapitato un pacco bomba?
«Mi feci questa idea fin da subito. La spedizione di un plico esplosivo non necessita certo di una grande struttura».
Cosa è cambiato rispetto ad allora?
«Mi sembra ci sia qualcosa in più: pedinare, studiare il luogo dove abita e infine ferire una persona è una faccenda che presuppone l'esistenza di una organizzazione, seppur minima. Mandare un pacco bomba era oggettivamente più semplice».
Le è mai successo di avere dubbi sull'originalità di queste rivendicazioni? «Mai pensato a cose complesse, a trame oscure di servizi deviati».
Lei sa bene che quando si parla di galassia anarchica lo fanno in molti. «Mi è toccato discuterne spesso con colleghi e amici. Diciamo che il loro scetticismo è comprensibile. Tante vicende del nostro passato recente lasciano una traccia nel nostro subconscio. L'esercizio del dubbio è comprensibile. Ma in questo caso è sbagliato».
Da dove deriva questa certezza? «Dal semplice ragionamento deduttivo. Mi sono chiesto spesso chi potesse trarre vantaggio dalla spedizione di una rudimentale lettera esplosiva al sindaco di Bologna, carica che ricoprivo all'epoca. Risposta: nessuno».
Non crede che i dubbi sui pacchi bomba possano essere alimentati anche dall'assenza di qualunque risultato investigativo? «Ecco, il punto è proprio questo. Premessa: indagare avendo come unico riferimento un timbro postale è faccenda alquanto complicata, deve essere un vero rompicapo».
Esaurita la premessa? «Il fatto che non si sia mai trovato un bandolo della matassa è davvero preoccupante. Non dico delle persone in carne e ossa. Intendo un filo comune. Sono dieci anni che arrivano queste rivendicazioni del Fai. L'impressione è che si sia perso tempo».
Sottovalutazione? «Non la metterei in questi termini. Ma il fatto che siano passati anni tra una azione e l'altra può aver indotto gli inquirenti a considerare il Fai come un fenomeno poco preoccupante».
Con quali conseguenze? «A mio avviso nefaste. Sono convinto che proprio questa certezza di non essere mai individuati abbia rafforzato nelle persone che si nascondono dietro alla sigla Fai la convinzione di avere ampio margine per altre iniziative. È proprio su questa base che annunciano nuove azioni».
Lei crede che abbia senso definirli ancora come anarchici?
«Sono rimasto colpito da un paio di passaggi della loro rivendicazione. Quello dove sembrano parlare ai movimenti e quello in cui mostrano l'intenzione di avvicinarsi ai luoghi della produzione. Alle fabbriche, insomma».
Cosa ci ha trovato di strano? «Queste due pratiche non sono molto anarchiche, almeno non nel senso classico di questa definizione. Ma è vero che forse queste categorie sono vecchie, non hanno più senso. Bisogna guardare a certi fenomeni con occhi nuovi».
E con quanta preoccupazione? «Molta, moltissima, usi pure tutti i superlativi del caso. Guai a sottovalutare».
Siamo in ritardo? «Mettiamola così: la strategia del Fai mi sembra semplice. Vogliono creare preoccupazione e tensione. In questa prima fase ci sono riusciti, almeno su questo non c'è alcun dubbio».
Marco Imarisio
13 maggio 2012 | 12:38
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Re: La corda tirata troppo a lungo si è spezzata.......
Beh, vado con la mente all'arresto di Curcio e Franceschini, la faccenda di Moretti che non riesce ad avvisarli...camillobenso ha scritto:Qualcosa di più per capire? Perché abbiamo bisogno di capire. La cosa è seria se la inseriamo nel contesto generale.peanuts ha scritto:Ma voi siete convinti che questa "fai" esista sul serio?
Io mica tanto.
Chi vuol capire...
Sai com'è, mi viene da pensare male.
Tipo che GUARDACASO esce fuori ADESSO questa "Fai" che dice pure QUANTE volte colpirà ancora.
Mah...
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
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Re: La corda tirata troppo a lungo si è spezzata.......
In Italia il terrorismo si crea ad hoc o meglio come si dice adesso in inglese on demand...peanuts ha scritto:Beh, vado con la mente all'arresto di Curcio e Franceschini, la faccenda di Moretti che non riesce ad avvisarli...camillobenso ha scritto:Qualcosa di più per capire? Perché abbiamo bisogno di capire. La cosa è seria se la inseriamo nel contesto generale.peanuts ha scritto:Ma voi siete convinti che questa "fai" esista sul serio?
Io mica tanto.
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Sai com'è, mi viene da pensare male.
Tipo che GUARDACASO esce fuori ADESSO questa "Fai" che dice pure QUANTE volte colpirà ancora.
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Re: La corda tirata troppo a lungo si è spezzata.......
IL PROCESSO D'APPELLO BIS
Le nuove Br: «Viva la rivoluzione, usare
le armi». Il giudice fa sgomberare l'aula
Antagonisti in presidio davanti al tribunale e all'interno con T-shirt a formare la scritta «Solidarietà»
Momenti di tensione in aula
MILANO - Momenti di tensione martedì mattina nella maxi-aula della Corte d'Assise di Milano, durante il secondo processo d'appello alle nuove Brigate Rosse. Tre dei presunti brigatisti hanno anche invocato l'uso delle armi. I giudici ad un certo punto sono stati costretti a richiedere l'intervento delle forze dell'ordine, che hanno fatto uscire giovani e parenti degli arrestati dallo spazio riservato al pubblico. L'aula è stata fatta sgomberare e un presidio di carabinieri è stato disposto davanti all'ingresso. Ad un cronista che gli chiedeva cosa pensasse di quello che sta accadendo in questi giorni, con riferimento anche alla gambizzazione di Roberto Adinolfi, Alfredo Davanzo, uno degli imputati, ha risposto dalla gabbia: «Viva la rivoluzione, avanti la rivoluzione, questo è il momento buono». Davanzo, presunto ideologo delle Nuove Br del Partito Comunista Politico-Militare, è stato condannato nel precedente giudizio di secondo grado a 11 anni e 4 mesi. All'inizio dell'udienza dalle gabbie sono stati mostrati anche i pugni chiusi da parte degli imputati.
Alfredo Davanzo (Milestone Media)
«CON LE ARMI» - Alcuni dei cinque imputati detenuti (sono sette in totale, ma due non erano presenti) hanno chiesto ai giudici di poter rilasciare dichiarazioni spontanee. A prendere la parola è stato tra gli altri Vincenzo Sisi, il presunto capo della cellula torinese condannato a 13 anni e 5 mesi nell'appello poi annullato dalla Cassazione. «Io parlo come operaio comunista che ha preso le armi - ha affermato - solo con le armi si sovvertono i poteri e noi rinunciamo alla difesa e revochiamo il mandato». Un altro degli imputati ha dichiarato che il Partito Comunista Politico-Militare «si pone dentro questo processo solo con i documenti politici», e proprio uno di questi documenti è stato consegnato dagli imputati, attraverso i difensori, ai giudici. Claudio Latino, presunto leader della cellula milanese, ha affermato: «Noi non amiamo la violenza e non crediamo al mito della violenza, ma diventa inevitabile», perché, come hanno sostenuto gli imputati, «l'unica via è quella rivoluzionaria».
Uno degli striscioni fuori dal Tribunale (Fotogramma)
TENSIONE IN AULA - Le parole dei presunti brigatisti sono state salutate con molti applausi da parte di amici, parenti e altri giovani presenti nella parte dell'aula destinata al pubblico. I giovani hanno esposto anche magliette con lettere dell'alfabeto, che messe vicine formavano la parola «Solidarietà». Già in mattinata all'esterno del tribunale una trentina di antagonisti aveva manifestato solidarietà agli imputati davanti a Palazzo di Giustizia: i giovani, soprattutto vicini al centro sociale Gramigna di Padova, hanno allestito un gazebo in corso di Porta Vittoria e hanno affisso alla cancellata esterna uno striscione con la scritta «Rivoluzione e lotte non si processano», firmato dall'«Associazione parenti e amici degli arrestati il 12/02/2007».
RESTANO IN CARCERE - I giudici della seconda Corte d'assise di Milano hanno respinto le richieste di scarcerazione avanzate dai difensori di 7 dei 12 imputati. A partire da uno degli imputati detenuti, infatti, i termini della custodia cautelare scadono a partire dal 13 giugno. Ma la Corte, presieduta da Anna Conforti, ha bocciato le richieste così come ha respinto le eccezioni che chiedevano la nullità del decreto di citazione a giudizio di oggi per alcuni difetti formali delle notifiche.
NO AI DIFENSORI D'UFFICIO - Dopo la revoca del loro legale, un gesto che ricalca episodi simili già avvenuti in altri processi alle Br, i giudici avevano nominato per loro due avvocati d'ufficio. «Noi non li accettiamo», è stata la risposta dei due presunti terroristi. Il presidente della corte Anna Conforti ha fatto presente ai presunti brigatisti che questo prevede il Codice di procedura penale. Per dare il tempo agli avvocati d'ufficio di studiare le carte è saltata l'udienza che era stata fissata per giovedì prossimo. Il 22 maggio prenderà la parola il sostituto Pg per la requisitoria, poi parleranno le parti civili e anche alcune difese. Gli avvocati concluderanno il 28 maggio, data in cui i giudici dovrebbero ritirarsi in camera di consiglio per la sentenza.
Pietro Ichino (Ansa)
L'ANNULLAMENTO - Questo è il secondo processo d'appello alle nuove Brigate Rosse dopo che, a febbraio, la Cassazione ha annullato con rinvio le condanne inflitte il 24 giugno 2010 ai 13 imputati, accusati di aderire al movimento, che tra gli obiettivi avrebbe avuto anche il giuslavorista Pietro Ichino. La suprema corte ha annullato anche la costituzione a parte civile del giurista. A condurre l'inchiesta, che nel 2007 aveva portato agli arresti nel Nord Italia, era stata condotta dal pm Ilda Boccassini. Gli imputati erano stati condannati in primo grado a vario titolo per associazione a delinquere finalizzata al terrorismo, banda armata, detenzione illegale di armi e altri reati. Nel 2010 la sentenza era stata confermata in appello. Le condanne più pesanti (14 anni e 7 mesi) erano andate a Davide Bortolato e Claudio Latino, ritenuti rispettivamente a capo delle cellule padovana e milanese delle nuove Brigate rosse-Partito comunista politico militare (Pcpm). Alfredo Davanzo, che secondo l'accusa era l'ideologo del gruppo, è stato condannato a 11 anni e 4 mesi, una pena di 13 anni e 5 mesi era stata inflitta a Vincenzo Sisi, 10 anni e 10 mesi a Bruno Ghirardi, 10 anni e 8 mesi a Massimiliano Toschi; 8 anni a Massimo Gaeta. Altre quattro persone erano state condannate a pene inferiori ai 4 anni imputati avevano invece avuto pene inferiori ai 4 anni. Federico Salotto, in primo grado condannato a 3 anni e 6 mesi, era invece stato assolto.
Redazione Milano online
15 maggio 2012 | 17:33
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Le nuove Br: «Viva la rivoluzione, usare
le armi». Il giudice fa sgomberare l'aula
Antagonisti in presidio davanti al tribunale e all'interno con T-shirt a formare la scritta «Solidarietà»
Momenti di tensione in aula
MILANO - Momenti di tensione martedì mattina nella maxi-aula della Corte d'Assise di Milano, durante il secondo processo d'appello alle nuove Brigate Rosse. Tre dei presunti brigatisti hanno anche invocato l'uso delle armi. I giudici ad un certo punto sono stati costretti a richiedere l'intervento delle forze dell'ordine, che hanno fatto uscire giovani e parenti degli arrestati dallo spazio riservato al pubblico. L'aula è stata fatta sgomberare e un presidio di carabinieri è stato disposto davanti all'ingresso. Ad un cronista che gli chiedeva cosa pensasse di quello che sta accadendo in questi giorni, con riferimento anche alla gambizzazione di Roberto Adinolfi, Alfredo Davanzo, uno degli imputati, ha risposto dalla gabbia: «Viva la rivoluzione, avanti la rivoluzione, questo è il momento buono». Davanzo, presunto ideologo delle Nuove Br del Partito Comunista Politico-Militare, è stato condannato nel precedente giudizio di secondo grado a 11 anni e 4 mesi. All'inizio dell'udienza dalle gabbie sono stati mostrati anche i pugni chiusi da parte degli imputati.
Alfredo Davanzo (Milestone Media)
«CON LE ARMI» - Alcuni dei cinque imputati detenuti (sono sette in totale, ma due non erano presenti) hanno chiesto ai giudici di poter rilasciare dichiarazioni spontanee. A prendere la parola è stato tra gli altri Vincenzo Sisi, il presunto capo della cellula torinese condannato a 13 anni e 5 mesi nell'appello poi annullato dalla Cassazione. «Io parlo come operaio comunista che ha preso le armi - ha affermato - solo con le armi si sovvertono i poteri e noi rinunciamo alla difesa e revochiamo il mandato». Un altro degli imputati ha dichiarato che il Partito Comunista Politico-Militare «si pone dentro questo processo solo con i documenti politici», e proprio uno di questi documenti è stato consegnato dagli imputati, attraverso i difensori, ai giudici. Claudio Latino, presunto leader della cellula milanese, ha affermato: «Noi non amiamo la violenza e non crediamo al mito della violenza, ma diventa inevitabile», perché, come hanno sostenuto gli imputati, «l'unica via è quella rivoluzionaria».
Uno degli striscioni fuori dal Tribunale (Fotogramma)
TENSIONE IN AULA - Le parole dei presunti brigatisti sono state salutate con molti applausi da parte di amici, parenti e altri giovani presenti nella parte dell'aula destinata al pubblico. I giovani hanno esposto anche magliette con lettere dell'alfabeto, che messe vicine formavano la parola «Solidarietà». Già in mattinata all'esterno del tribunale una trentina di antagonisti aveva manifestato solidarietà agli imputati davanti a Palazzo di Giustizia: i giovani, soprattutto vicini al centro sociale Gramigna di Padova, hanno allestito un gazebo in corso di Porta Vittoria e hanno affisso alla cancellata esterna uno striscione con la scritta «Rivoluzione e lotte non si processano», firmato dall'«Associazione parenti e amici degli arrestati il 12/02/2007».
RESTANO IN CARCERE - I giudici della seconda Corte d'assise di Milano hanno respinto le richieste di scarcerazione avanzate dai difensori di 7 dei 12 imputati. A partire da uno degli imputati detenuti, infatti, i termini della custodia cautelare scadono a partire dal 13 giugno. Ma la Corte, presieduta da Anna Conforti, ha bocciato le richieste così come ha respinto le eccezioni che chiedevano la nullità del decreto di citazione a giudizio di oggi per alcuni difetti formali delle notifiche.
NO AI DIFENSORI D'UFFICIO - Dopo la revoca del loro legale, un gesto che ricalca episodi simili già avvenuti in altri processi alle Br, i giudici avevano nominato per loro due avvocati d'ufficio. «Noi non li accettiamo», è stata la risposta dei due presunti terroristi. Il presidente della corte Anna Conforti ha fatto presente ai presunti brigatisti che questo prevede il Codice di procedura penale. Per dare il tempo agli avvocati d'ufficio di studiare le carte è saltata l'udienza che era stata fissata per giovedì prossimo. Il 22 maggio prenderà la parola il sostituto Pg per la requisitoria, poi parleranno le parti civili e anche alcune difese. Gli avvocati concluderanno il 28 maggio, data in cui i giudici dovrebbero ritirarsi in camera di consiglio per la sentenza.
Pietro Ichino (Ansa)
L'ANNULLAMENTO - Questo è il secondo processo d'appello alle nuove Brigate Rosse dopo che, a febbraio, la Cassazione ha annullato con rinvio le condanne inflitte il 24 giugno 2010 ai 13 imputati, accusati di aderire al movimento, che tra gli obiettivi avrebbe avuto anche il giuslavorista Pietro Ichino. La suprema corte ha annullato anche la costituzione a parte civile del giurista. A condurre l'inchiesta, che nel 2007 aveva portato agli arresti nel Nord Italia, era stata condotta dal pm Ilda Boccassini. Gli imputati erano stati condannati in primo grado a vario titolo per associazione a delinquere finalizzata al terrorismo, banda armata, detenzione illegale di armi e altri reati. Nel 2010 la sentenza era stata confermata in appello. Le condanne più pesanti (14 anni e 7 mesi) erano andate a Davide Bortolato e Claudio Latino, ritenuti rispettivamente a capo delle cellule padovana e milanese delle nuove Brigate rosse-Partito comunista politico militare (Pcpm). Alfredo Davanzo, che secondo l'accusa era l'ideologo del gruppo, è stato condannato a 11 anni e 4 mesi, una pena di 13 anni e 5 mesi era stata inflitta a Vincenzo Sisi, 10 anni e 10 mesi a Bruno Ghirardi, 10 anni e 8 mesi a Massimiliano Toschi; 8 anni a Massimo Gaeta. Altre quattro persone erano state condannate a pene inferiori ai 4 anni imputati avevano invece avuto pene inferiori ai 4 anni. Federico Salotto, in primo grado condannato a 3 anni e 6 mesi, era invece stato assolto.
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15 maggio 2012 | 17:33
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Re: La corda tirata troppo a lungo si è spezzata.......
Quando tutto cade si mettono in fibrillazione varie fasce della società.
TERRORISMO
Il Fai minaccia Monti: «È uno dei 7 rimasti»
Dubbi sull'attendibilità della lettera
È un falso il volantino recapitato a «Calabria Ora». Il logo preso sul web e incollato. Sarebbe opera di un mitomane
MILANO - Ogni altro suicidio per la crisi «è ritenuto un omicidio di Stato» e sarà «punito con il marchio della vita sino ad elevare il livello a ricordo della vita». Lo scrive il Fai (Federazione anarchica informale) Nucleo Olga nella lettera, composta di tre pagine, recapitata mercoledì mattina al quotidiano «Calabria Ora» in cui si minaccia il presidente di Equitalia Sud ma anche il premier: «Diciamo a Monti che lui è uno dei 7 rimasti - si legge in uno dei passaggi della lettera - e che il Popolo non ha nessun interesse a rimanere in Europa, a salvare le banche, a saldare i conti di uno Stato che ha sperperato per conto proprio. Il Popolo ci ha dato mandato e sacrificheremo anche le nostre vite per la causa giusta».
IL LOGO FALSO - Il volantino viene però ritenuto «inattendibile» dagli esperti dell’Antiterrorismo recapitato al quotidiano “Calabria Ora” che annuncia nuove azioni e inserisce nella lista dei possibili obiettivi il presidente del Consiglio Mario Monti. Sono numerose le “anomalie” contenute nel documento e la più eclatante riguarda proprio uno dei “bersagli” indicati: «Equitalia Sud» che, si specifica «sarà oggetto di attenzione nella persona del suo presidente, becero uomo d'affari e servitore del potere economico». Nella lettera che rivendica il ferimento dell’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare recapitata venerdì scorso al “Corriere della Sera” e ritenuta «attendibile» dagli analisti veniva invece specificato il disinteresse della “cellula Olga” nei confronti di Equitalia perché «potevamo colpire alla ricerca del consenso lì dove il dente duole, per esempio qualche funzionario di Equitalia, ma con questa azione non siamo alla ricerca di consenso». Gli esperti fanno anche notare come il “logo”della lettera contenga errori grossolani rispetto all’originale del “Fai cellula Olga”. Nel documento inviato in Calabria il cerchio composto dalle frecce si chiude infatti con alcune parole greche: si tratta del simbolo del Fai ellenico e dunque è presumibile che sia stato semplicemente applicato con un “copia e incolla” effettuato al computer visto che si tratta delle immagini rintracciabili su numerosi siti internet.
LA BUSTA - La busta è stata lasciata nella cassetta delle lettere. All'interno c'erano i fogli con l'intestazione del Nucleo Olga, Federazione anarchica informale Fronte rivoluzionario internazionale. «Fai Calabria - si legge nella lettera - avvisa che Equitalia Sud sarà oggetto di attenzione nella persona del suo presidente, becero uomo d'affari e servitore del potere economico».
IL TESTO - Gli anarchici proseguono: «La riscossione in Italia è divenuta una ruberia al popolo che sarà segnata con il marchio della vita, ma questa volta vi avvisiamo prima, una serie di provvedimenti contro il popolo sono stati la causa del fallimento sociale e ci ha "obbligati" a militare sul campo di battaglia». I terroristi nel testo scrivono che lo Stato potrebbe «modificare il Durc facendolo divenire strumento di compensazione tra Stato e Imprese che si vedono fallite proprio perché tale documento, il Durc, non è più regolare per forza di cose, potrebbe anche eliminare tale documento in blocco».
Fiorenza Sarzanini
16 maggio 2012 | 17:40
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TERRORISMO
Il Fai minaccia Monti: «È uno dei 7 rimasti»
Dubbi sull'attendibilità della lettera
È un falso il volantino recapitato a «Calabria Ora». Il logo preso sul web e incollato. Sarebbe opera di un mitomane
MILANO - Ogni altro suicidio per la crisi «è ritenuto un omicidio di Stato» e sarà «punito con il marchio della vita sino ad elevare il livello a ricordo della vita». Lo scrive il Fai (Federazione anarchica informale) Nucleo Olga nella lettera, composta di tre pagine, recapitata mercoledì mattina al quotidiano «Calabria Ora» in cui si minaccia il presidente di Equitalia Sud ma anche il premier: «Diciamo a Monti che lui è uno dei 7 rimasti - si legge in uno dei passaggi della lettera - e che il Popolo non ha nessun interesse a rimanere in Europa, a salvare le banche, a saldare i conti di uno Stato che ha sperperato per conto proprio. Il Popolo ci ha dato mandato e sacrificheremo anche le nostre vite per la causa giusta».
IL LOGO FALSO - Il volantino viene però ritenuto «inattendibile» dagli esperti dell’Antiterrorismo recapitato al quotidiano “Calabria Ora” che annuncia nuove azioni e inserisce nella lista dei possibili obiettivi il presidente del Consiglio Mario Monti. Sono numerose le “anomalie” contenute nel documento e la più eclatante riguarda proprio uno dei “bersagli” indicati: «Equitalia Sud» che, si specifica «sarà oggetto di attenzione nella persona del suo presidente, becero uomo d'affari e servitore del potere economico». Nella lettera che rivendica il ferimento dell’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare recapitata venerdì scorso al “Corriere della Sera” e ritenuta «attendibile» dagli analisti veniva invece specificato il disinteresse della “cellula Olga” nei confronti di Equitalia perché «potevamo colpire alla ricerca del consenso lì dove il dente duole, per esempio qualche funzionario di Equitalia, ma con questa azione non siamo alla ricerca di consenso». Gli esperti fanno anche notare come il “logo”della lettera contenga errori grossolani rispetto all’originale del “Fai cellula Olga”. Nel documento inviato in Calabria il cerchio composto dalle frecce si chiude infatti con alcune parole greche: si tratta del simbolo del Fai ellenico e dunque è presumibile che sia stato semplicemente applicato con un “copia e incolla” effettuato al computer visto che si tratta delle immagini rintracciabili su numerosi siti internet.
LA BUSTA - La busta è stata lasciata nella cassetta delle lettere. All'interno c'erano i fogli con l'intestazione del Nucleo Olga, Federazione anarchica informale Fronte rivoluzionario internazionale. «Fai Calabria - si legge nella lettera - avvisa che Equitalia Sud sarà oggetto di attenzione nella persona del suo presidente, becero uomo d'affari e servitore del potere economico».
IL TESTO - Gli anarchici proseguono: «La riscossione in Italia è divenuta una ruberia al popolo che sarà segnata con il marchio della vita, ma questa volta vi avvisiamo prima, una serie di provvedimenti contro il popolo sono stati la causa del fallimento sociale e ci ha "obbligati" a militare sul campo di battaglia». I terroristi nel testo scrivono che lo Stato potrebbe «modificare il Durc facendolo divenire strumento di compensazione tra Stato e Imprese che si vedono fallite proprio perché tale documento, il Durc, non è più regolare per forza di cose, potrebbe anche eliminare tale documento in blocco».
Fiorenza Sarzanini
16 maggio 2012 | 17:40
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Re: La corda tirata troppo a lungo si è spezzata.......
Genova, scritta Br all'Ansaldo
La minaccia: «Orsi a morte»
18 maggio 2012 - Una scritta di minacce all'amministratore delegato di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, è stata ritrovata all'interno degli uffici della Ansaldo Energia di Genova.
Sul muro è comparsa la frase 'Orsi a morte. Br', seguita dalla stella a cinque punte. Sul caso indagano i carabinieri, allertati da una segnalazione dei dipendenti.
La Ansaldo Energia è una controllata di Finmeccanica. Nei giorni scorsi, proprio a Genova, è stato gambizzato l'amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi.
http://www.unita.it/italia/genova-scrit ... e-1.412173
**
Può reggere il governo Monti ad un'escalation del terrorismo se chiamato per altri compiti?
Dalla prima reazione della Severino sembrerebbe di no, visto che ha chiesto e poi ritirato l'intervento dell'esercito.
La minaccia: «Orsi a morte»
18 maggio 2012 - Una scritta di minacce all'amministratore delegato di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, è stata ritrovata all'interno degli uffici della Ansaldo Energia di Genova.
Sul muro è comparsa la frase 'Orsi a morte. Br', seguita dalla stella a cinque punte. Sul caso indagano i carabinieri, allertati da una segnalazione dei dipendenti.
La Ansaldo Energia è una controllata di Finmeccanica. Nei giorni scorsi, proprio a Genova, è stato gambizzato l'amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi.
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Re: La corda tirata troppo a lungo si è spezzata.......
Ansa
FLASH 08:50
ORDIGNO ESPLODE IN UNA SCUOLA A BRINDISI, 5 STUDENTI FERITI
**
Questo fatto cambia il quadro generale.
Ritorna un vecchio concetto del terrorismo.
Si colpisco, uno caso, Gnaaazio, faccio un favore a tanti.
Se colpisco persone comuni la gente s'incazza a 360 gradi
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