Sembra un bollettino di guerra.
Regioni, la metà dei governatori è indagata. Spese folli non solo in Lazio
Da Formigoni a Lombardo, passando per Vendola: sono dieci i presidenti messi sotto accusa dalla magistratura. E nove consigli regionali sono al centro di inchieste su rimborsi elettorali, nomine e sprechi per milioni di euro
di Thomas Mackinson | 19 ottobre 2012
Nove regioni nel mirino delle procure e della Guardia di Finanza, dieci governatori su venti sotto indagine. E per alcuni di loro l’agenda si complica: il calendario dei comizi elettorali dovrà far pace con quello delle udienze nelle aule di giustizia. Succede a Vendola come a Lombardo, mentre le inchieste sui rimborsi dei consiglieri dilagano da un capoluogo all’altro. Il “caso Lazio” è arrivato infatti anche in Piemonte, Emilia Romagna e Sicilia, altrove era già iniziato o sta per partire.
Nel 2009, tre anni prima che Fiorito finisse in prima pagina, in Sardegna e Basilicata gli inquirenti muovevano i primi passi. Il pm di Potenza John Woodcock indagava sui rimborsi dei consiglieri regionali. Allora era una storia tutta da scrivere, sembrava un’inchiesta meno interessante di “vallettopoli”, Corona, erede Savoia e appalti truccati. Tre anni dopo, invece, è esplosa in modo dirompente su scala nazionale e viene paragonata a Tangentopoli. E non è ancora finita. In Calabria e Veneto la magistratura non ha aperto inchieste, ma sui giornali sono già cominciate le polemiche su come sono stati spesi i soldi destinati ai rimborsi dei gruppi consiliari. E intanto la giustizia si occupa anche dei presidenti falcidiati dalle inchieste.
Occhi puntati su Bari. Nichi Vendola affronterà un’udienza delicatissima per la sua corsa alle primarie. Ma è in un’aula di giustizia di Catania che si celebra il paradosso più forte della nuova stagione di scandali: il 28 ottobre si vota per il rinnovo della giunta e due giorno dopo parte il processo per voto di scambio con aggravante mafiosa al presidente Raffaele Lombardo. Il governatore della Sicilia, vista l’aria che tira, ha deciso di mandare avanti il figlio Tito.
SARDEGNA: SI INDAGA DAL 2009. CAPPELLACCI (PDL) RISCHIA DUE VOLTE
Tre anni prima del Laziogate la Procura di Cagliari aveva messo nel mirino il consiglio regionale della Sardegna e a fine settembre ha chiesto il rinvio a giudizio 19 consiglieri con l’accusa di peculato. Sono accusati di aver utilizzato come paghetta mensile i 2.500 euro assegnati a titolo di rimborso durante la legislatura 2004-2009, quando era presidente Renato Soru. Il Gup deciderà il 24 ottobre se mandarli tutti a processo per peculato.
Ma anche l’attuale presidenza ha i suoi problemi con la giustizia. Ugo Cappellacci (Pdl) se la deve vedere con un doppio rinvio a giudizio. Il primo è quello disposto il 15 giugno dalla Procura di Cagliari per il crac della Sept che dirigeva in qualità di amministratore delegato. La società è fallita nel 2010 con un passivo accertato di circa due milioni di euro. L’accusa è di bancarotta fraudolenta. Il 3 gennaio 2012 la Procura di Roma ha poi rinviato a giudizio Cappellacci insieme ad altre 20 persone, tra le quali il coordinatore del Pdl Denis Verdini, Marcello Dell’Utri e l’imprenditore Flavio Carboni, nell’inchiesta sulla P3 e sull’eolico in Sardegna. A Cappellacci viene contestato l’abuso d’ufficio per la nomina di Ignazio Farris all’Agenzia regionale per l’ambiente della Sardegna, nomina che secondo l’accusa sarebbe stata funzionale al sistema di condizionamento politico-economico degli organi istituzionali e costituzionali dello Stato.
SICILIA, IL DIMISSIONARIO LOMBARDO
La Procura di Palermo ha aperto a fine settembre un fascicolo senza indagati e ipotesi di reato anche in Sicilia. L’inchiesta è un calco di quella laziale e riguarda l’uso dei rimborsi dei gruppi dell’Ars. Si aspettano sorprese, anche per la “dote” dei consiglieri che è addirittura superiore a quella dei colleghi della Pisana (14 milioni di euro contro 12,65). Ma la Sicilia ha anche un altro problema perché a poche settimane dalle elezioni si è svolta l’udienza preliminare del processo che vede imputato il governatore Raffaele Lombardo (Mpa) e il fratello Angelo, accusati di reato elettorale aggravato dall’aver favorito l’associazione mafiosa. L’inchiesta è uno stralcio dell’operazione Iblis scattata il 3 novembre del 2010 con decine di arresti tra esponenti di spicco della mafia di Catania, imprenditori e uomini politici. Indagati per concorso esterno, la posizione sui fratelli Lombardo crea una diversificazione di vedute nella Procura ma alla fine il Gip Luigi Barone dispone l’imputazione coatta e il 26 settembre è stata depositata la richiesta di rinvio a giudizio. Lombardo ha optato per il rito abbreviato e la prima udienza si terrà il 30 ottobre, due giorni dopo il voto. Intanto è polemica sull’assunzione a fine mandato di un direttore del Consorzio autostrade siciliane (Cas) con contratto quinquennale da dirigente generale che costerà tra 700 mila e un milione di euro.
PUGLIA: VENDOLA (SEL) E L’INCOGNITA SULLE PRIMARIE
Non si ha notizia di blitz della Finanza in Regione Puglia dove i gruppi consiliari hanno messo a disposizione i rendiconti (aggregati), ma la dotazione è decisamente inferiore a quelle di altre regioni (5,3 milioni all’anno di rimborsi). Ma a Bari si guarda con trepidazione alla doppietta giudiziaria che grava sul leader di Sel Nichi Vendola, candidato alla primarie del centrosinistra. Entrambi i procedimenti sono all’udienza preliminare ma il primo potrebbe avere conseguenze politiche. Il 24 ottobre si terrà infatti l’udienza chiave per la vicenda che vede Vendola rinviato a giudizio per peculato, falso e abuso d’ufficio per la nomina a primario di Paolo Sardelli, responsabile del reparto di chirurgia toracica all’ospedale San Paolo di Bari. Ad accusarlo è l’ex dirigente dell’Asl di Bari, Lea Cosentino, la quale fu sollevata dal suo incarico dal governatore pugliese. Oggi tocca al Gup titolare dell’inchiesta sul senatore Tedesco decidere se accorpare i procedimenti come chiede “Lady Asl” (quello a carico di Vendola ne è uno stralcio).
In attesa che il processo venga celebrato, Vendola ha messo le mani avanti: “Se sarò condannato, è chiaro che mi ritirerò dalle primarie. Vado a giudizio con rito abbreviato chiesto da me, e lo faccio con la coscienza totalmente serena”. A questo punto, se la richiesta venisse accolta, i tempi si allungherebbero e per il leader di Sel sarà difficile presentarsi alle primarie del 25 novembre prosciolto da ogni addebito. Del resto a suo carico c’è un secondo avviso di garanzia che riguarda una transazione di 45 milioni di euro non conclusa tra Regione Puglia e l’ospedale “ecclesiastico” Miulli.
CAMPANIA: CALDORO NEL MIRINO
Il 21 settembre la Guardia di Finanza ha sequestrato tutta la documentazione sui rimborsi nel periodo 2008-2012 dalla sede della Regione Campania. Secondo i magistrati potrebbero esserci state irregolarità sia in questa che nella precedente legislatura. Indagato il capogruppo dell’Udeur Ugo De Flaviis, oggi in maggioranza col Pdl e prima assessore all’Ambiente nella prima giunta Bassolino. L’accusa per lui è di corruzione e abuso d’ufficio. Nel mirino degli inquirenti, l’assunzione della ex cognata del politico in una società informatica che ha avuto rapporti con la pubblica amministrazione. Anche il governatore Stefano Caldoro ha i suoi guai. Un anno fa veniva indagato nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Napoli sui rischi per la salute pubblica determinati dalla mancata raccolta dei rifiuti. Nell’inchiesta del procuratore aggiunto Francesco Greco e del pm Francesco Curcio si contestano al presidente della giunta campana la mancata attivazione di discariche in altre province per fronteggiare l’emergenza. Sotto accusa anche le nomine facili tra le quali spicca la moglie Annamaria Colao all’Osservatorio regionale sulla salute.
PIEMONTE: SOTTO LA LENTE ANCHE I RIMBORSI DI COTA
Il blitz delle Fiamme Gialle a Palazzo Lascaris fa tremare il consiglio regionale del Piemonte il 28 settembre. Tutto parte da una settimana bianca. La procura torinese è stata messa sulla pista dalle dichiarazioni del parlamentare Pdl Roberto Rosso a proposito dell’abitudine “consolidata” dei consiglieri regionali di far “figurare di essere missione e incassare la relativa indennità”. Immediate le polemiche sui media che hanno subito parlato di “sistema Piemonte”. I rimborsi sospetti ammontano a circa 3,5 milioni di euro. Le verifiche cadono su tutti, compreso il presidente Roberto Cota che nel 2011 ha incassato 17.931 euro di rimborsi, oltre allo stipendio. Da tempo l’opposizione lamenta che il suo reale domicilio sia a Milano, dove risiedono la moglie magistrato e la figlia. Del resto il sistema di controlli era praticamente inesistente, con rimborsi “sulla parola”, e questo avrebbe alimentato il sistema dei finti pendolari.
BASILICATA: WOODCOCK APRIPISTA SUI RIMBORSI
Tra le regioni che hanno precorso lo scandalo Fiorito c’è la Basilicata. L’indagine sulle spese dei consiglieri (della legislatura precedente) fu aperta dal pm di Potenza Henry John Woodcock nel 2009 e riguardava in particolare i rimborsi chilometrici previsti per chi non è di Potenza. Allora era una storia tutta da scrivere e sembrava la meno interessante tra le indagini in mano al pm anglonapoletano. Quattro gli indagati rinviati a giudizio con le accuse di falso e truffa: il presidente dell’assemblea Prospero De Franchi (Federazione popolari di centro), i due vicepresidenti Franco Mattia (Pdl) e Giacomo Nardiello (Pdci), e Franco Mollica (Centro popolare). L’accusa è che abbiano percepito i rimborsi indebitamente perché, in realtà, risiedevano a Potenza e non nei comuni dichiarati. Gli indagati, tutti rinviati a giudizio, continuano ancora oggi a respingere l’addebito, sostenendo di non aver fatto alcuna falsa attestazione di residenza e chiamando in causa i concetti di domicilio e dimora. Nel frattempo, però, la Procura ha deciso di sequestrare loro le somme percepite. A carico del presidente Vito de Filippo resta un’indagine, sempre firmata da Woodcock, per favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio.
CALABRIA E VENETO: PER ORA DENUNCIANO SOLO I GIORNALI
In Calabria e Veneto a denunciare, per ora, sono i giornali. Che si beccano, per contro, minacce di querela. Da settimane va avanti una polemica pesantissima che investe i rispettivi consigli regionali sulla quantità e l’uso dei rimborsi. La Calabria ha pubblicato sul sito della regione il rendiconto dei rimborsi forniti ai gruppi: 4,4 milioni di euro nel 2011. Il gruppo consiliare di Autonomia e Diritti, composto da un solo membro, l’ex-governatore Agazio Loiero, percepisce da solo 335 mila euro, di cui 212 mila per pagare i suoi otto collaboratori. Nella regione settentrionale, secondo il Gazzettino del Veneto, i consiglieri percepirebbero uno stipendio aggiuntivo di 2.100 euro al mese come rimborso per le spese senza obbligo di giustificativi: la stessa accusa, in sostanza, che è stata fatta ai consiglieri regionali sardi rinviati a giudizio. Ma per tutta risposta i consiglieri veneti hanno annunciato che quereleranno il quotidiano.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10 ... io/386393/