Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifestare
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
Sono d'accordo con te Pancho, ho visto la deriva liberista trasformare in peggio la Polonia negli ultimi 20 anni ma purtroppo solo una parte dei cittadini capisce quanto siano costati quei pochi benefici che hanno avuto "liberandosi" del "Socialismo". Come sl solito i grandi poteri e "Big Money" ci hanno guadagnato tantissimo.
E anche da noi se paragoniamo il 1988 ad oggi ci rendiamo conto di che razza di conto abbiamo pagato...
E anche da noi se paragoniamo il 1988 ad oggi ci rendiamo conto di che razza di conto abbiamo pagato...
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
Kiev brucia, è guerra civile
(NICOLA LOMBARDOZZI).
21/02/2014 di triskel182
Massacro in Ucraina, cento morti. Obama e Merkel: fermatevi.
Le strade invase dai cadaveri. La Ue accusa Yanukovich, la replica di Mosca: non siamo lo zerbino dell’Occidente.
KIEV - GLI spari non li senti, vedi solo un ragazzo che crolla a terra e si dimena tenendosi una gamba; e una donna, un po’ più avanti, che cade a faccia in giù e resta immobile proprio sotto a quella bandierina europea che brucia lentamente. E poi tutti gli altri che ti indicano un palazzone.
QUELLO che incombe dalla collina sulla fortezza assediata della Majdan. Sul tetto, sdraiati tra i tralicci che reggono l’insegna dell’hotel Ucraina, si distinguono nettamente agenti di polizia con tanto di cappuccio nero che fanno roteare sulla folla le canne dei loro fucili di precisione.
Prendono la mira, poi si fermano. Forse rispondono a cecchini ribelli che, si dice, avrebbero sparato sui poliziotti qualche ora fa. Ma il disastro è evidente. C’è pure un agente in piedi con un kalashnikov. Sta sparando anche lui, forse in aria, ma questo si capirà solo più tardi facendo la conta dei morti e dei feriti. Uccisi due giornalisti ucraini, una decina di poliziotti, tantissimi militanti. Qualcuno parla di almeno cento vittime, e probabilmente non esagera, ma è una contabilità che ha sempre meno senso in questa atmosfera fatta di paura, rabbia e preparativi frenetici per l’ultimo assalto. Né servono da consolazione le interminabili trattative del Presidente Yanukovich con i tre ministri europei che non riescono a convincerlo alle dimissioni, ma strappano solo la promessa di anticipare di qualche mese le elezioni già previste nel 2015.
Al centro del viale Kreshatik, di fronte a un caffè elegante e a una boutique di moda con surreali cartelli “chiuso per rivoluzione”, c’è un capannello di una cinquantina di persone che prega. Ai loro piedi otto cadaveri allineati l’uno accanto all’altro. Esposti alla pietà di chi passa da lì e ha abbastanza sangue freddo per fermarsi sotto il tiro dei cecchini. Sono adagiati su un letto funebre fatto di coperte da campo e vecchi sacchi a pelo a fiori da campeggio. Un ragazzo biondo di una ventina d’anni, jeans e maglione, ha un solo buco di proiettile ma proprio al cuore. Un altro, che molti riconoscono come il capo di una banda musicale di un paese qua vicino, ha un giubbotto antiproiettile sforacchiato e un sorriso stralunato. Nessuno gli ha chiuso gli occhi che restano sbarrati a fissare il cielo denso di fumo. A dieci metri di distanza, ragazzi in mimetica sfornano una zuppa calda dalla loro rudimentale cucina da campo ma l’odore dominante resta l’olezzo che viene da quattro latrine pubbliche utilizzate per mesi da troppa gente.
Tutt’attorno al cuore di Kiev circondato dalla polizia, è pieno di altre camere ardenti da strada come questa. L’effetto è angosciante ma sta cambiando ancora una volta la composizione della protesta. La gente bene, i piccolo borghesi che avevano lasciato il colore e la festa di quella che era una manifestazione pacifica per l’Europa, spaventati dalle intemperanze e dalla violenza delle frange paramilitari di estrema destra, è tornata. Almeno in parte. Terrorizzati dai comunicati della polizia che invita tutti a restare in casa, molti cittadini di Kiev stanno lasciando la città, intasando le pompe di benzina, creando ingorghi da week end di festa in autostrada pur di trovare scampo dall’altra parte del Dniepr. Ma molti hanno deciso invece di andare a dar man forte a “quelli della Majdan” proprio ora, nelle ore di maggior
pericolo. La spiegazione te la dà Ivan, pensionato delle Poste che guarda i cadaveri allineati e non trattiene le lacrime: «Non credevo di essere governato da una banda di assassini. Da oggi ci sono anch’io e loro hanno un nemico in più». In sintesi, sono le stesse parole del sindaco di Kiev che ieri si è clamorosamente dimesso dal partito di Yanukovich dicendo: «Nessun potere vale un bagno di sangue».
Il resto lo vedi lungo il viale con i nuovi aiuti arrivati in soccorso dei manifestanti di professione. Una donna sulla cinquantina, che indossa un piumino firmato con collo di pelliccia, prova a dare una mano ai giovani picconatori che stanno smattonando un chilometro quadrato di pavimento stradale per farne munizioni contro la polizia. Chiede scusa: «Non sono pratica ». Maneggia i mattoni con difficoltà, qualcuno le cade e lei si dispera. La consola una vecchietta in tuta da ginnastica che sembra più pratica di lavori pesanti e la ringrazia con un bacio sulla guancia.
Nuova della piazza è anche Maryssja che non avrà quarant’anni e porta stivali con il tacco troppo alto. Chiede a tutti se hanno visto sua figlia: «E’ qui da tre mesi. Aveva ragione lei. Non sono una madre preoccupata. Sono venuta anch’io a combattere contro questi macellai ».
E i “macellai” sono sempre più nervosi. Qualche agente comincerebbe ad avere paura ad essere tentato di passare dall’altra parte. Molti lo hanno fatto già nelle provincie occidentali, quelle dove la rivolta sta dilagando in tutte le città sfruttando un antico sentimento antirusso e i tanti interessi commerciali con l’Europa. Nella città di Uzhgorod addirittura il capo della polizia e quello delle truppe speciali, i Berkut, si è fatto riprendere mentre consegnava le armi ai ribelli e giurava fedeltà al popolo.
Altri sono invece carichi di rabbia a loro volta per le provocazioni dei neonazisti che negli ultimi giorni hanno messo a segno violenze, sparato con revolver e fucili da caccia sugli agenti, rintracciato alcuni di loro fin nei dormitori della polizia per picchiarli a morte.
E abbiamo visto i super attrezzati militanti di “Pravyj Sektor”, il gruppo di destra più organizzato militarmente, scortare un gruppo di giovanotti spauriti con indosso i resti di una divisa, verso una destinazione segreta. Forse uno dei tanti palazzi pubblici occupati. «Non li uccideremo — dicono con aria indulgente — Sono giovani mandati contro di noi. Li convinceremo a stare dalla parte giusta». Secondo la polizia sarebbero almeno 60 gli agenti catturati. L’operazione per liberarli e per spazzare via la protesta dalla Majdan viene minacciata da un momento all’altro. Yanukovich continua a prendere tempo. Sa di essere bruciato politicamente e forse anche di aver perduto il rispetto di Mosca. Il suo finanziatore principe, l’oligarca russofono Akhmetov, noto al mondo come presidente dello Shaktar calcio di Donetsk, se ne sarebbe andato prudentemente a Londra, lasciandolo solo. Promette concessioni, rassicura la Ue ma non convince più nessuno. Per la piazza ormai è “l’assassino”. Se provocazioni ci sono state hanno raggiunto l’obiettivo, la rivolta continua fino all’ultimo
scontro.
Da La Repubblica del 21/02/2014.
(NICOLA LOMBARDOZZI).
21/02/2014 di triskel182
Massacro in Ucraina, cento morti. Obama e Merkel: fermatevi.
Le strade invase dai cadaveri. La Ue accusa Yanukovich, la replica di Mosca: non siamo lo zerbino dell’Occidente.
KIEV - GLI spari non li senti, vedi solo un ragazzo che crolla a terra e si dimena tenendosi una gamba; e una donna, un po’ più avanti, che cade a faccia in giù e resta immobile proprio sotto a quella bandierina europea che brucia lentamente. E poi tutti gli altri che ti indicano un palazzone.
QUELLO che incombe dalla collina sulla fortezza assediata della Majdan. Sul tetto, sdraiati tra i tralicci che reggono l’insegna dell’hotel Ucraina, si distinguono nettamente agenti di polizia con tanto di cappuccio nero che fanno roteare sulla folla le canne dei loro fucili di precisione.
Prendono la mira, poi si fermano. Forse rispondono a cecchini ribelli che, si dice, avrebbero sparato sui poliziotti qualche ora fa. Ma il disastro è evidente. C’è pure un agente in piedi con un kalashnikov. Sta sparando anche lui, forse in aria, ma questo si capirà solo più tardi facendo la conta dei morti e dei feriti. Uccisi due giornalisti ucraini, una decina di poliziotti, tantissimi militanti. Qualcuno parla di almeno cento vittime, e probabilmente non esagera, ma è una contabilità che ha sempre meno senso in questa atmosfera fatta di paura, rabbia e preparativi frenetici per l’ultimo assalto. Né servono da consolazione le interminabili trattative del Presidente Yanukovich con i tre ministri europei che non riescono a convincerlo alle dimissioni, ma strappano solo la promessa di anticipare di qualche mese le elezioni già previste nel 2015.
Al centro del viale Kreshatik, di fronte a un caffè elegante e a una boutique di moda con surreali cartelli “chiuso per rivoluzione”, c’è un capannello di una cinquantina di persone che prega. Ai loro piedi otto cadaveri allineati l’uno accanto all’altro. Esposti alla pietà di chi passa da lì e ha abbastanza sangue freddo per fermarsi sotto il tiro dei cecchini. Sono adagiati su un letto funebre fatto di coperte da campo e vecchi sacchi a pelo a fiori da campeggio. Un ragazzo biondo di una ventina d’anni, jeans e maglione, ha un solo buco di proiettile ma proprio al cuore. Un altro, che molti riconoscono come il capo di una banda musicale di un paese qua vicino, ha un giubbotto antiproiettile sforacchiato e un sorriso stralunato. Nessuno gli ha chiuso gli occhi che restano sbarrati a fissare il cielo denso di fumo. A dieci metri di distanza, ragazzi in mimetica sfornano una zuppa calda dalla loro rudimentale cucina da campo ma l’odore dominante resta l’olezzo che viene da quattro latrine pubbliche utilizzate per mesi da troppa gente.
Tutt’attorno al cuore di Kiev circondato dalla polizia, è pieno di altre camere ardenti da strada come questa. L’effetto è angosciante ma sta cambiando ancora una volta la composizione della protesta. La gente bene, i piccolo borghesi che avevano lasciato il colore e la festa di quella che era una manifestazione pacifica per l’Europa, spaventati dalle intemperanze e dalla violenza delle frange paramilitari di estrema destra, è tornata. Almeno in parte. Terrorizzati dai comunicati della polizia che invita tutti a restare in casa, molti cittadini di Kiev stanno lasciando la città, intasando le pompe di benzina, creando ingorghi da week end di festa in autostrada pur di trovare scampo dall’altra parte del Dniepr. Ma molti hanno deciso invece di andare a dar man forte a “quelli della Majdan” proprio ora, nelle ore di maggior
pericolo. La spiegazione te la dà Ivan, pensionato delle Poste che guarda i cadaveri allineati e non trattiene le lacrime: «Non credevo di essere governato da una banda di assassini. Da oggi ci sono anch’io e loro hanno un nemico in più». In sintesi, sono le stesse parole del sindaco di Kiev che ieri si è clamorosamente dimesso dal partito di Yanukovich dicendo: «Nessun potere vale un bagno di sangue».
Il resto lo vedi lungo il viale con i nuovi aiuti arrivati in soccorso dei manifestanti di professione. Una donna sulla cinquantina, che indossa un piumino firmato con collo di pelliccia, prova a dare una mano ai giovani picconatori che stanno smattonando un chilometro quadrato di pavimento stradale per farne munizioni contro la polizia. Chiede scusa: «Non sono pratica ». Maneggia i mattoni con difficoltà, qualcuno le cade e lei si dispera. La consola una vecchietta in tuta da ginnastica che sembra più pratica di lavori pesanti e la ringrazia con un bacio sulla guancia.
Nuova della piazza è anche Maryssja che non avrà quarant’anni e porta stivali con il tacco troppo alto. Chiede a tutti se hanno visto sua figlia: «E’ qui da tre mesi. Aveva ragione lei. Non sono una madre preoccupata. Sono venuta anch’io a combattere contro questi macellai ».
E i “macellai” sono sempre più nervosi. Qualche agente comincerebbe ad avere paura ad essere tentato di passare dall’altra parte. Molti lo hanno fatto già nelle provincie occidentali, quelle dove la rivolta sta dilagando in tutte le città sfruttando un antico sentimento antirusso e i tanti interessi commerciali con l’Europa. Nella città di Uzhgorod addirittura il capo della polizia e quello delle truppe speciali, i Berkut, si è fatto riprendere mentre consegnava le armi ai ribelli e giurava fedeltà al popolo.
Altri sono invece carichi di rabbia a loro volta per le provocazioni dei neonazisti che negli ultimi giorni hanno messo a segno violenze, sparato con revolver e fucili da caccia sugli agenti, rintracciato alcuni di loro fin nei dormitori della polizia per picchiarli a morte.
E abbiamo visto i super attrezzati militanti di “Pravyj Sektor”, il gruppo di destra più organizzato militarmente, scortare un gruppo di giovanotti spauriti con indosso i resti di una divisa, verso una destinazione segreta. Forse uno dei tanti palazzi pubblici occupati. «Non li uccideremo — dicono con aria indulgente — Sono giovani mandati contro di noi. Li convinceremo a stare dalla parte giusta». Secondo la polizia sarebbero almeno 60 gli agenti catturati. L’operazione per liberarli e per spazzare via la protesta dalla Majdan viene minacciata da un momento all’altro. Yanukovich continua a prendere tempo. Sa di essere bruciato politicamente e forse anche di aver perduto il rispetto di Mosca. Il suo finanziatore principe, l’oligarca russofono Akhmetov, noto al mondo come presidente dello Shaktar calcio di Donetsk, se ne sarebbe andato prudentemente a Londra, lasciandolo solo. Promette concessioni, rassicura la Ue ma non convince più nessuno. Per la piazza ormai è “l’assassino”. Se provocazioni ci sono state hanno raggiunto l’obiettivo, la rivolta continua fino all’ultimo
scontro.
Da La Repubblica del 21/02/2014.
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
Hanno "dimesso" il presidente. Capirai, tolgono la presidenza a uno che si crede un re per ridarla alla berlusconi ucraina. Tra l'uno e l'altra... sono messi male questi qua
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
non condivido questa posizione del compagno giulietto chiesa
la trovo unilaterale ma dice cose ANCHE giuste.
il presidente dell' ucraina è sicuramente preferibile alla ladra Timoschenko
ma se porti la pensione da 60 euro a 100 euro e a kiev un paio di scarpe costa 70 euro
a cosa serve ?
l' attuale presidente ( dico attuale perchè a mio avviso è ancora il presidente ) è un passista
TRAVOLTO DALLA CRISI ECONOMICA CHE NON HA SAPUTO PREVEDERE.
uno dei motivi del fallimento è la PIANIFICAZIONE ECONOMICA di lungo periodo, con la crisi economica devi muoverti nel breve periodo non puoi aspettare....i piani economici.
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Ucraina 2014. Il mondo in bilico come nel 1962
Venerdì, 21 Febbraio 2014 15:25 Giulietto Chiesa* 612
Ucraina 2014. Il mondo in bilico come nel 1962
A proposito della ormai evidente eversione in atto in Ucraina stiamo assistendo a una delle più vergognose falsificazioni dell'intera storia dei mass media occidentali. Falsificazioni che i media italiani riproducono docilmente. E' un misto ripugnante di censura (delle immagini), di falsificazione (ove si presentano gli aggressori armati come le vittime), di deformazione dei fatti e delle situazioni (dove si presenta il cosiddetto popolo di Maidan come se fosse l'intero popolo ucraino). E si potrebbe continuare a lungo in un elenco di rivoltanti doppi standard di giudizio.
E' ormai evidente che l'Europa e gli Stati Uniti perseguono lo scopo di attuare un vero e proprio colpo di stato violento. Lo fanno attraverso l'azione eversiva di squadre armate in cui estremisti nazionalisti, fascisti e nazisti emergono come le vere forze guida della rivolta.
Le visite a Kiev dei dirigenti occidentali, che addirittura arrivano nella capitale ucraina su invito delle opposizioni, sono la prova dell'ingerenza esterna. Che in realtà è cominciata mesi prima dello scontro armato. Le capitali occidentali minacciano di ritorsioni il presidente Yanukovic se non dichiarerà la resa. Il tutto in una davvero impressionante baraonda di distorsioni, dalle quali emerge chiara una sola intenzione: imputare tutta la responsabilità del disastro e del sangue al governo e, sullo sfondo, accusare la Russia di avere esercitato pressioni di ogni sorta per "trattenere" l'Ucraina nella sua orbita. Anche questo è un fantastico - per imbecillità - rovesciamento del bianco nel nero. Assistiamo a un'ondata di russofobia e di fanatismo antirusso che prelude ad analoghi fanatismi interni in un prossimo futuro.
Assistiamo all'esaltazione delle violenze di minoranze agguerrite e armate. E questo con la benedizione del governo italiano, oltre che delle autorità europee. Brutto segnale anche per le forze democratiche e popolari italiane. L'Europa, nel bel mezzo di una crisi che non può e non vuole risolvere, si trasforma in potenza imperiale che detta legge su un vicino. Non essendo riuscita nell'intento di assorbire l'Ucraina tutta intera (per portarla subito dopo nella NATO), l'Unione Europea, di concerto con Washington, punta a spezzare l'Ucraina in due tronconi. Il che aprirebbe una crisi politica e militare paragonabile, sotto molti aspetti alla "crisi di Cuba" del 1962 che portò Stati Uniti e Unione Sovietica a un passo dal confronto nucleare. Questa volta lo scenario è nel centro dell'Europa. Ci riguarda.
Invito tutti gli amici, i sostenitori, i simpatizzanti a esercitare opera di chiarificazione tra i loro amici. Questa tragedia non può vederci passivi.
Fonte: giuliettochiesa.globalist.it
la trovo unilaterale ma dice cose ANCHE giuste.
il presidente dell' ucraina è sicuramente preferibile alla ladra Timoschenko
ma se porti la pensione da 60 euro a 100 euro e a kiev un paio di scarpe costa 70 euro
a cosa serve ?
l' attuale presidente ( dico attuale perchè a mio avviso è ancora il presidente ) è un passista
TRAVOLTO DALLA CRISI ECONOMICA CHE NON HA SAPUTO PREVEDERE.
uno dei motivi del fallimento è la PIANIFICAZIONE ECONOMICA di lungo periodo, con la crisi economica devi muoverti nel breve periodo non puoi aspettare....i piani economici.
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Ucraina 2014. Il mondo in bilico come nel 1962
Venerdì, 21 Febbraio 2014 15:25 Giulietto Chiesa* 612
Ucraina 2014. Il mondo in bilico come nel 1962
A proposito della ormai evidente eversione in atto in Ucraina stiamo assistendo a una delle più vergognose falsificazioni dell'intera storia dei mass media occidentali. Falsificazioni che i media italiani riproducono docilmente. E' un misto ripugnante di censura (delle immagini), di falsificazione (ove si presentano gli aggressori armati come le vittime), di deformazione dei fatti e delle situazioni (dove si presenta il cosiddetto popolo di Maidan come se fosse l'intero popolo ucraino). E si potrebbe continuare a lungo in un elenco di rivoltanti doppi standard di giudizio.
E' ormai evidente che l'Europa e gli Stati Uniti perseguono lo scopo di attuare un vero e proprio colpo di stato violento. Lo fanno attraverso l'azione eversiva di squadre armate in cui estremisti nazionalisti, fascisti e nazisti emergono come le vere forze guida della rivolta.
Le visite a Kiev dei dirigenti occidentali, che addirittura arrivano nella capitale ucraina su invito delle opposizioni, sono la prova dell'ingerenza esterna. Che in realtà è cominciata mesi prima dello scontro armato. Le capitali occidentali minacciano di ritorsioni il presidente Yanukovic se non dichiarerà la resa. Il tutto in una davvero impressionante baraonda di distorsioni, dalle quali emerge chiara una sola intenzione: imputare tutta la responsabilità del disastro e del sangue al governo e, sullo sfondo, accusare la Russia di avere esercitato pressioni di ogni sorta per "trattenere" l'Ucraina nella sua orbita. Anche questo è un fantastico - per imbecillità - rovesciamento del bianco nel nero. Assistiamo a un'ondata di russofobia e di fanatismo antirusso che prelude ad analoghi fanatismi interni in un prossimo futuro.
Assistiamo all'esaltazione delle violenze di minoranze agguerrite e armate. E questo con la benedizione del governo italiano, oltre che delle autorità europee. Brutto segnale anche per le forze democratiche e popolari italiane. L'Europa, nel bel mezzo di una crisi che non può e non vuole risolvere, si trasforma in potenza imperiale che detta legge su un vicino. Non essendo riuscita nell'intento di assorbire l'Ucraina tutta intera (per portarla subito dopo nella NATO), l'Unione Europea, di concerto con Washington, punta a spezzare l'Ucraina in due tronconi. Il che aprirebbe una crisi politica e militare paragonabile, sotto molti aspetti alla "crisi di Cuba" del 1962 che portò Stati Uniti e Unione Sovietica a un passo dal confronto nucleare. Questa volta lo scenario è nel centro dell'Europa. Ci riguarda.
Invito tutti gli amici, i sostenitori, i simpatizzanti a esercitare opera di chiarificazione tra i loro amici. Questa tragedia non può vederci passivi.
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
Infatti la Timocosa è una delinquente, per quello piace tanto all'occidente
E non sto difendendo quell'altro, eh
E non sto difendendo quell'altro, eh
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Robert Harris, "Archangel"
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
Questo articolo di Bernardo Valli Repubblica è interessante.
Affronta la tematica della SEPARAZIONE dell' ucraina.
i ministri esteri europei hanno ENORMI RESPONSABILITA' POLITICHE, dilettanti allo sbaraglio.
Quanto alla Merkel è una della amanti inconsapevoli dei nazisti ucraini.
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http://www.repubblica.it/esteri/2014/02 ... -79396691/
Affronta la tematica della SEPARAZIONE dell' ucraina.
i ministri esteri europei hanno ENORMI RESPONSABILITA' POLITICHE, dilettanti allo sbaraglio.
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
Molti dei manifestanti sono legati mani e piedi a movimenti neonazisti
Non stupisce che sostengano la berluscona...
Paese di imbecilli, tale e quale a noi
Non stupisce che sostengano la berluscona...
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"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
Ucraina, Venezuela e dintorni: gli incauti fan della guerra civile
di Fabio Marcelli | 24 febbraio 2014
( il fatto quotidiani )
Guerra civile e rivoluzione costituiscono due fenomeni distinti e separati – anzi direi antitetici -, anche se a volte collegati fra loro nelle contingenze storiche. Distinguerli è importante, perché la prima costituisce un avvenimento assolutamente da scongiurare. Se la guerra è una cosa orrenda, la guerra civile lo è se possibile anche di più. Mantenere una concordia nazionale attorno ad alcuni principi chiave che consentano la coesistenza e la competizione pacifica fra opzioni contrapposte. E’ questa la grande scommessa della democrazia. Se la concordia viene meno c’è il rischio di precipitare nella guerra civile, un rischio di cui a volte ci si avvede quando è troppo tardi.
La rivoluzione invece è qualcosa di positivo. Può essere violenta, ma non necessariamente deve esserlo. Essa invece necessariamente comporta la sostituzione degli ordinamenti giuridici di una società oramai inadeguati con altri, più favorevoli alla partecipazione di ampie masse di popolazione, la liquidazione di poteri oligarchici e di gerarchie sociali prive di senso.
La rivoluzione può però degenerare in una guerra civile, se le classi spodestate non acconsentono pacificamente a perdere i propri privilegi e se ci sono interventi di potenze esterne. Un caso storico del genere è costituito dalla rivoluzione sovietica, seguita dalla guerra civile e poi degenerata, anche per effetto di questa guerra civile, nel deplorevole fenomeno storico dello stalinismo, che comportò la liquidazione della democrazia di base che si era strutturata mediante i Soviet.
In altri casi, invece, la guerra civile viene attuata per impedire la rivoluzione. E’ questa una delle letture più interessanti del dirottamento delle rivoluzioni arabe avvenuto mediante l’allestimento delle guerre civili in Libia e Siria, con i tristi risultati che sono sotto gli occhi di tutti nell’uno e nell’altro dei Paesi ora citati. E la prematura fine della primavera araba, peraltro determinata anche dal momentaneo prevalere delle forze integraliste in Egitto, poi scongiurato dal colpo di stato militare del generale Sisi.
Per venire a un altro caso dell’attualità, la crisi in Ucraina, che ci si deve augurare non degeneri ulteriormente verso la guerra civile conclamata e la spaccatura del Paese, ha certamente tolto di mezzo un governante corrotto e repressivo come Yanukovitch, ma a che prezzo? E per sostituirlo con chi, se non bande armate di aperto stampo neonazista oggi inserite a pieno titolo nelle forze dell’ordine e governanti non meno proclivi alla corruzione e all’appropriazione dei beni pubblici? E sulla base di un grosso equivoco se è vero, come argomenta lucidamente Alessandro Politi sul Manifesto di ieri, che l’Europa non può e non vuole farsi carico anche del fardello ucraino. Nonché sulla base del ribaltamento manu militari di un risultato elettorale universalmente certificato come genuino, che pone un pessimo precedente per tutto il pianeta.
Prendiamo poi in considerazione un altro caso molto attuale, quello del Venezuela. Si tratta di un caso assolutamente diverso da quelli fin qui enunciati, nel quale assume importanza preponderante il fattore esterno, rispetto a problematiche di ordine interno che pure esistono. Infatti, chi può negare l’importanza dell’intervento statunitense nell’attizzare la violenza dei raggruppamenti nettamente battuti in tutte le recenti elezioni? Un giornale con accettabili standards di obiettività come il Guardian ricorda in un editoriale le centinaia di milioni destinati dalle autorità statunitensi al sostegno dell’opposizione venezuelana negli ultimi quindici anni, e cioè a partire dall’elezione di Hugo Chavez a presidente della Repubblica. Colpiscono anche alcune circostanze, fra le quali quelle, denunciate da un’inchiesta compiuta dalle autorità venezuelane, che l’uccisione di talune delle vittime, chaviste o antichaviste, nel corso degli scontri degli ultimi giorni, sarebbe stata effettuata dalla stessa pistola. Vacua dietrologia? O riferimento alla strategia della tensione che anche nel nostro Paese abbiamo sperimentato in anni poi non così lontani? Lo stesso schema, sparare sulle opposte fazioni uccidendo persone per aumentare il caos, era stato del resto posto in opera al tempo del tentato golpe contro Chavez nel 2002, com’è stato documentato da inchieste particolareggiate.
E’ d’altronde un fatto innegabile che vi siano raggruppamenti di potere, negli Stati Uniti e in America Latina, che non si rassegnano alla perdita delle posizioni di potere e che vorrebbero rimettere sotto la salda tutela di Washington le ingenti risorse energetiche e di altro genere che esistono al di sotto del Rio Grande. Non penso ci riusciranno. Ma, al di là dei calcoli di probabilità e delle simpatie soggettive di ciascuno di noi, penso che sia interesse comune evitare l’ulteriore degenerazione della lotta politica nella violenza. E trovo sinceramente disgustoso che soggetti che magari ritengono giustificata la condanna ad anni e anni di carcere l’azione contro il Tav di giovani che non hanno comunque prodotto danni a persone, si eccitino oggi oltremisura per gli scontri di piazza in Ucraina o in Venezuela. Se ci sono anche ragioni reali dietro la lotta degli studenti in Venezuela, occorre chiedere e fare in modo che tali ragioni si esprimano nelle forme pacifiche e legittime che fra l’altro la Costituzione venezuelana prevede, molto di più di quanto non lo facesse quella precedente all’instaurazione della Repubblica bolivariana.
Dobbiamo dire quindi no alla violenza e alla guerra civile. Non solo per comunque importanti ragioni di ordini umanitario , ma anche perché, come ho affermato in apertura di questo intervento, rivoluzione e guerra civile sono due fenomeni fondamentalmente antitetici. Io sono nettamente a favore del primo fra i due.
di Fabio Marcelli | 24 febbraio 2014
( il fatto quotidiani )
Guerra civile e rivoluzione costituiscono due fenomeni distinti e separati – anzi direi antitetici -, anche se a volte collegati fra loro nelle contingenze storiche. Distinguerli è importante, perché la prima costituisce un avvenimento assolutamente da scongiurare. Se la guerra è una cosa orrenda, la guerra civile lo è se possibile anche di più. Mantenere una concordia nazionale attorno ad alcuni principi chiave che consentano la coesistenza e la competizione pacifica fra opzioni contrapposte. E’ questa la grande scommessa della democrazia. Se la concordia viene meno c’è il rischio di precipitare nella guerra civile, un rischio di cui a volte ci si avvede quando è troppo tardi.
La rivoluzione invece è qualcosa di positivo. Può essere violenta, ma non necessariamente deve esserlo. Essa invece necessariamente comporta la sostituzione degli ordinamenti giuridici di una società oramai inadeguati con altri, più favorevoli alla partecipazione di ampie masse di popolazione, la liquidazione di poteri oligarchici e di gerarchie sociali prive di senso.
La rivoluzione può però degenerare in una guerra civile, se le classi spodestate non acconsentono pacificamente a perdere i propri privilegi e se ci sono interventi di potenze esterne. Un caso storico del genere è costituito dalla rivoluzione sovietica, seguita dalla guerra civile e poi degenerata, anche per effetto di questa guerra civile, nel deplorevole fenomeno storico dello stalinismo, che comportò la liquidazione della democrazia di base che si era strutturata mediante i Soviet.
In altri casi, invece, la guerra civile viene attuata per impedire la rivoluzione. E’ questa una delle letture più interessanti del dirottamento delle rivoluzioni arabe avvenuto mediante l’allestimento delle guerre civili in Libia e Siria, con i tristi risultati che sono sotto gli occhi di tutti nell’uno e nell’altro dei Paesi ora citati. E la prematura fine della primavera araba, peraltro determinata anche dal momentaneo prevalere delle forze integraliste in Egitto, poi scongiurato dal colpo di stato militare del generale Sisi.
Per venire a un altro caso dell’attualità, la crisi in Ucraina, che ci si deve augurare non degeneri ulteriormente verso la guerra civile conclamata e la spaccatura del Paese, ha certamente tolto di mezzo un governante corrotto e repressivo come Yanukovitch, ma a che prezzo? E per sostituirlo con chi, se non bande armate di aperto stampo neonazista oggi inserite a pieno titolo nelle forze dell’ordine e governanti non meno proclivi alla corruzione e all’appropriazione dei beni pubblici? E sulla base di un grosso equivoco se è vero, come argomenta lucidamente Alessandro Politi sul Manifesto di ieri, che l’Europa non può e non vuole farsi carico anche del fardello ucraino. Nonché sulla base del ribaltamento manu militari di un risultato elettorale universalmente certificato come genuino, che pone un pessimo precedente per tutto il pianeta.
Prendiamo poi in considerazione un altro caso molto attuale, quello del Venezuela. Si tratta di un caso assolutamente diverso da quelli fin qui enunciati, nel quale assume importanza preponderante il fattore esterno, rispetto a problematiche di ordine interno che pure esistono. Infatti, chi può negare l’importanza dell’intervento statunitense nell’attizzare la violenza dei raggruppamenti nettamente battuti in tutte le recenti elezioni? Un giornale con accettabili standards di obiettività come il Guardian ricorda in un editoriale le centinaia di milioni destinati dalle autorità statunitensi al sostegno dell’opposizione venezuelana negli ultimi quindici anni, e cioè a partire dall’elezione di Hugo Chavez a presidente della Repubblica. Colpiscono anche alcune circostanze, fra le quali quelle, denunciate da un’inchiesta compiuta dalle autorità venezuelane, che l’uccisione di talune delle vittime, chaviste o antichaviste, nel corso degli scontri degli ultimi giorni, sarebbe stata effettuata dalla stessa pistola. Vacua dietrologia? O riferimento alla strategia della tensione che anche nel nostro Paese abbiamo sperimentato in anni poi non così lontani? Lo stesso schema, sparare sulle opposte fazioni uccidendo persone per aumentare il caos, era stato del resto posto in opera al tempo del tentato golpe contro Chavez nel 2002, com’è stato documentato da inchieste particolareggiate.
E’ d’altronde un fatto innegabile che vi siano raggruppamenti di potere, negli Stati Uniti e in America Latina, che non si rassegnano alla perdita delle posizioni di potere e che vorrebbero rimettere sotto la salda tutela di Washington le ingenti risorse energetiche e di altro genere che esistono al di sotto del Rio Grande. Non penso ci riusciranno. Ma, al di là dei calcoli di probabilità e delle simpatie soggettive di ciascuno di noi, penso che sia interesse comune evitare l’ulteriore degenerazione della lotta politica nella violenza. E trovo sinceramente disgustoso che soggetti che magari ritengono giustificata la condanna ad anni e anni di carcere l’azione contro il Tav di giovani che non hanno comunque prodotto danni a persone, si eccitino oggi oltremisura per gli scontri di piazza in Ucraina o in Venezuela. Se ci sono anche ragioni reali dietro la lotta degli studenti in Venezuela, occorre chiedere e fare in modo che tali ragioni si esprimano nelle forme pacifiche e legittime che fra l’altro la Costituzione venezuelana prevede, molto di più di quanto non lo facesse quella precedente all’instaurazione della Repubblica bolivariana.
Dobbiamo dire quindi no alla violenza e alla guerra civile. Non solo per comunque importanti ragioni di ordini umanitario , ma anche perché, come ho affermato in apertura di questo intervento, rivoluzione e guerra civile sono due fenomeni fondamentalmente antitetici. Io sono nettamente a favore del primo fra i due.
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
Relazioni transitive: se a = b e b = c, allora a = c.peanuts ha scritto:Molti dei manifestanti sono legati mani e piedi a movimenti neonazisti
Non stupisce che sostengano la berluscona...
Paese di imbecilli, tale e quale a noi
Finiremo anche noi così?
Da un'intervista Tv di tre giorni fa:
1) L'Ucraina è un cleptocrazia. L'Italia NO????
2) Da Piazzapulita di ieri:
Un giovane avvocato ucraino:
<<Qui tutto è corruzione>>.
Perché qui NO????
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