La stagione dei morti viventi e il nipote del Conte Mascetti
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Re: La stagione dei morti viventi e il nipote del Conte Masc
il Fatto 13.4.14
Le vite parallele dei partiti
Chi sta con chi
Non solo Pd: il partito bussa sempre due volte
di Furio Colombo
Strani tempi. Strani legami si sono formati fra parti politiche opposte, dopo avere scoperto di avere lo stesso programma. Adesso a volte lo scontro è se l’idea di chiudere il Senato sia tua o sia mia. Più o meno tutto ciò che era la politica, un tempo, adesso governa insieme, con legami sempre più stretti, e intanto minaccia – l’uno all’altro, quasi per le stesse ragioni – il divorzio. Gli oppositori sono venuti di recente e da fuori. E senti che sono portatori di rigore e alla ricerca di un campo di gioco nel quale far pesare la propria diversità, non si sa se venendo più vicino o spostandosi più lontano, anche perché, incalzando la crisi, diventa difficile rispondere alla domanda: lontano dove? Lontano da cosa? Resta il felice slogan “tutti a casa”, che vuol dire proprio tutti. Ma resta anche il problema del vuoto. È mai esistita, salvo imposizioni violente, una politica vuota di avversari sul cui torto costruire le proprie ragioni? Eppure, ora che si avvicinano le elezioni europee qualche altra cosa si vede. È bel un problema e non si sa come se la caveranno. Ogni partito sono due. Due ce ne sono dentro, due se ne vedono da fuori, e lo sguardo forzatamente sdoppiato degli elettori crea una nuova, inedita fatica, che rischia di esprimersi in una vasta astensione.
CI SONO DUE PD, è innegabile. Non Renzi e contro Renzi. Il problema è molto più complicato perché dentro ogni aggregazione politica due mondi o visioni o futuri combattono dentro la stessa persona collettiva che è il partito in modo quasi psichiatrico. Due Pd vogliono vincere, l’uno con un legame ormai fisiologico e non districabile con gli ex avversari, prima tutti uniti nella lotta, poi solo con alcuni, che però vengono accettati come la irrinunciabile pietra di governo. L’altro è il partito che ha l’orgoglio esclusivo delle riforme. È convinto, e lo dice, di avere aperto finalmente le porte del nuovo mondo. E infatti le riforme si moltiplicano, si accelerano, si celebrano (si autocelebrano) e diventano un valore in sé, di cui si trascura persino di illustrare l’urgente necessità (pensate alla brusca abolizione del Senato), perché diventa un bene in se stesso e un marchio di fabbrica. In ciascuno dei due Pd c’è polvere di opposizione, ma è lo sdoppiamento che dovrebbe attrarre attenzione, visto che il progetto è di far durare a lungo (per anni) questa strana storia.
Ci sono due partiti di Alfano, come si chiama, Ncd? Non lasciatevi distrarre da modesti espedienti elettorali, per esempio l’alleanza con Casini per la campagna elettorale europea. Il punto è che ci sono due Alfano, un sottomesso ministro dell’Interno, a cui sfuggono ogni tanto gesti e comportamenti del prepotente passato (il caso Shalabayeva, madre e bambina, arrestate di notte dalla polizia italiana e consegnate subito a un governo persecutore, gravissimo evento che, avrete notato, nessuno gli ha fatto pagare) ma che il più delle volte appare come un fedele top burocrate, bene attento a stare nei limiti dello strano legame con “la sinistra”. Ma l’altro Alfano, che compare all’improvviso senza cravatta nei giorni festivi, ha proclami di rottura da lanciare: uno è che le “riforme” non sono che l’attuazione del programma di Berlusconi (qualcuno va un po’ più indietro, ai tempi di Licio Gelli); un altro è che questo è il governo che la destra ha sempre voluto.
E infine, in un modo o nell’altro, fa sapere che nessun legame dell’illustre passato è stato tagliato per sempre, il che appare ovvio, dati i precedenti di tutti loro. Se dico che ci sono due Forza Italia, l’immediata obiezione è che si tratta di un grosso oggetto frantumato. Eppure è vero se consideriamo ciò che resta della forza politica nell’insieme e del suo elettorato.
Osservate la scena: una Forza Italia è per la partecipazione immediata assoluta e per sempre al governo denominato, all’inizio, “delle larghe intese”, in quanto naturale governo di destra con programma di destra e autore delle riforme annunciate e mai fatte. Un’altra Forza Italia è per la lotta senza quartiere, casa per casa, seggio per seggio, finché tutto ciò che, con un po’ di fantasia, si può chiamare “sinistra” non sarà raso al suolo, politica, professori e giudici. Nella descrizione che ne ho fatto si noterà che ognuna delle situazioni che ho proposto, più che spaccatura e contrapposizione (come accade quando un partito si divide sulla base di visioni che appaiono inconciliabili) si tratta di una curiosa situazione di ambivalenza, di tipo più psicanalitico che politico.
GUARDATE BRUNETTA mentre annuncia fuoco e fiamme nel caso che accada qualcosa che sta già accadendo. Guardate la Boschi mentre letteralmente intima ai professori di togliersi di mezzo, con il più bel sorriso del mondo, beata per la sua età più che per il potere che prematuramente brandisce. Guardate la Gens Alfana, popolazione che presidia i confini “moderati” della destra (mentre a quelli estremi provvedono i “Fratelli d’Italia”). Ognuno vuole e non vuole questa (la situazione così com’è, dove più o meno tutti governano) e quell’altra soluzione (rottura, rivolta e ritorno alle origini). E vi rendete conto all’istante che ogni riforma uscirà storta (ma ci sarà, in modo da nutrire critica e gloria), la pace sarà turbolenta (ma fondata sulla larga intesa), e le elezioni in Italia restano lontane (se si sentirà la necessità di farle). Per quelle europee, allacciarsi le cinture.
Le vite parallele dei partiti
Chi sta con chi
Non solo Pd: il partito bussa sempre due volte
di Furio Colombo
Strani tempi. Strani legami si sono formati fra parti politiche opposte, dopo avere scoperto di avere lo stesso programma. Adesso a volte lo scontro è se l’idea di chiudere il Senato sia tua o sia mia. Più o meno tutto ciò che era la politica, un tempo, adesso governa insieme, con legami sempre più stretti, e intanto minaccia – l’uno all’altro, quasi per le stesse ragioni – il divorzio. Gli oppositori sono venuti di recente e da fuori. E senti che sono portatori di rigore e alla ricerca di un campo di gioco nel quale far pesare la propria diversità, non si sa se venendo più vicino o spostandosi più lontano, anche perché, incalzando la crisi, diventa difficile rispondere alla domanda: lontano dove? Lontano da cosa? Resta il felice slogan “tutti a casa”, che vuol dire proprio tutti. Ma resta anche il problema del vuoto. È mai esistita, salvo imposizioni violente, una politica vuota di avversari sul cui torto costruire le proprie ragioni? Eppure, ora che si avvicinano le elezioni europee qualche altra cosa si vede. È bel un problema e non si sa come se la caveranno. Ogni partito sono due. Due ce ne sono dentro, due se ne vedono da fuori, e lo sguardo forzatamente sdoppiato degli elettori crea una nuova, inedita fatica, che rischia di esprimersi in una vasta astensione.
CI SONO DUE PD, è innegabile. Non Renzi e contro Renzi. Il problema è molto più complicato perché dentro ogni aggregazione politica due mondi o visioni o futuri combattono dentro la stessa persona collettiva che è il partito in modo quasi psichiatrico. Due Pd vogliono vincere, l’uno con un legame ormai fisiologico e non districabile con gli ex avversari, prima tutti uniti nella lotta, poi solo con alcuni, che però vengono accettati come la irrinunciabile pietra di governo. L’altro è il partito che ha l’orgoglio esclusivo delle riforme. È convinto, e lo dice, di avere aperto finalmente le porte del nuovo mondo. E infatti le riforme si moltiplicano, si accelerano, si celebrano (si autocelebrano) e diventano un valore in sé, di cui si trascura persino di illustrare l’urgente necessità (pensate alla brusca abolizione del Senato), perché diventa un bene in se stesso e un marchio di fabbrica. In ciascuno dei due Pd c’è polvere di opposizione, ma è lo sdoppiamento che dovrebbe attrarre attenzione, visto che il progetto è di far durare a lungo (per anni) questa strana storia.
Ci sono due partiti di Alfano, come si chiama, Ncd? Non lasciatevi distrarre da modesti espedienti elettorali, per esempio l’alleanza con Casini per la campagna elettorale europea. Il punto è che ci sono due Alfano, un sottomesso ministro dell’Interno, a cui sfuggono ogni tanto gesti e comportamenti del prepotente passato (il caso Shalabayeva, madre e bambina, arrestate di notte dalla polizia italiana e consegnate subito a un governo persecutore, gravissimo evento che, avrete notato, nessuno gli ha fatto pagare) ma che il più delle volte appare come un fedele top burocrate, bene attento a stare nei limiti dello strano legame con “la sinistra”. Ma l’altro Alfano, che compare all’improvviso senza cravatta nei giorni festivi, ha proclami di rottura da lanciare: uno è che le “riforme” non sono che l’attuazione del programma di Berlusconi (qualcuno va un po’ più indietro, ai tempi di Licio Gelli); un altro è che questo è il governo che la destra ha sempre voluto.
E infine, in un modo o nell’altro, fa sapere che nessun legame dell’illustre passato è stato tagliato per sempre, il che appare ovvio, dati i precedenti di tutti loro. Se dico che ci sono due Forza Italia, l’immediata obiezione è che si tratta di un grosso oggetto frantumato. Eppure è vero se consideriamo ciò che resta della forza politica nell’insieme e del suo elettorato.
Osservate la scena: una Forza Italia è per la partecipazione immediata assoluta e per sempre al governo denominato, all’inizio, “delle larghe intese”, in quanto naturale governo di destra con programma di destra e autore delle riforme annunciate e mai fatte. Un’altra Forza Italia è per la lotta senza quartiere, casa per casa, seggio per seggio, finché tutto ciò che, con un po’ di fantasia, si può chiamare “sinistra” non sarà raso al suolo, politica, professori e giudici. Nella descrizione che ne ho fatto si noterà che ognuna delle situazioni che ho proposto, più che spaccatura e contrapposizione (come accade quando un partito si divide sulla base di visioni che appaiono inconciliabili) si tratta di una curiosa situazione di ambivalenza, di tipo più psicanalitico che politico.
GUARDATE BRUNETTA mentre annuncia fuoco e fiamme nel caso che accada qualcosa che sta già accadendo. Guardate la Boschi mentre letteralmente intima ai professori di togliersi di mezzo, con il più bel sorriso del mondo, beata per la sua età più che per il potere che prematuramente brandisce. Guardate la Gens Alfana, popolazione che presidia i confini “moderati” della destra (mentre a quelli estremi provvedono i “Fratelli d’Italia”). Ognuno vuole e non vuole questa (la situazione così com’è, dove più o meno tutti governano) e quell’altra soluzione (rottura, rivolta e ritorno alle origini). E vi rendete conto all’istante che ogni riforma uscirà storta (ma ci sarà, in modo da nutrire critica e gloria), la pace sarà turbolenta (ma fondata sulla larga intesa), e le elezioni in Italia restano lontane (se si sentirà la necessità di farle). Per quelle europee, allacciarsi le cinture.
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Re: La stagione dei morti viventi e il nipote del Conte Masc
E’ opinione comune, per quello che si legge sulla cronaca di questi giorni, che il polverone alzato da D’Alema è finalizzato a farsi nominare da Renzi in Europa.
C’è quindi da chiedersi: “Ma perché quelli del Pd provenienti dalla sinistra si scannano per personaggi come Renzi o D’Alema”?
Fanno solo gli interessi propri e perché i merli dovrebbero rodersi il fegato per l’uno o per l’altro?
14 APR 2014 16:48
SEZIONE TAFAZZI – PD SPACCATO: LA MINORANZA BERSANIAN-DALEMIANA TORNA SUL PIEDE DI GUERRA E SI PREPARA A SABOTARE L’ITALICUM – I FEDELISSIMI DI RENZI: ‘D’ALEMA SULLE BARRICATE? ALZA LA VOCE PERCHÉ PUNTA A UNA POLTRONA UE MA NON SI FIDA DI MATTEO’
Il ‘redde rationem’ è fissato per il 25 maggio: se il Pd scavallerà la quota 30%, la leadership di Renzi diventerà inattaccabile (e le elezioni politiche potrebbero avvicinarsi molto) - Se invece il risultato sarà risicato, D’Alema (critico sulla gestione del partito) e Bersani sono pronti a sgambettare il segretario-premier sulla legge elettorale…
Laura Cesaretti per "il Giornale"
Niente da fare, è più forte di loro: anche alla vigilia di una campagna elettorale cruciale, la sinistra si regala i gli immancabili titoli sul «Pd spaccato». Un pezzo a Torino con il segretario-premier che incita a combattere insieme per la vittoria accantonando le beghe interne, l'altro pezzo in un teatro della Capitale, a dire peste e corna di lui.
Il dito nella piaga lo mette un esponente della stessa minoranza, il parlamentare Enzo Amendola: «Un cittadino guarda in tv l'apertura della campagna elettorale in Piemonte. Due minuti dopo vede la minoranza Pd riunita a Roma. Cosa deve pensare?».
E anche il lettiano Francesco Russo è severo verso la fronda: «Se si vuole criticare Renzi, bisogna sfidarlo su quello che non fa o non dice, non mettersi di traverso su quello che fa. Il ritorno al passato non funziona».
Vero è che Gianni Cuperlo la sua assemblea, una chiamata a raccolta di tutta l'opposizione interna anti-renziana, l'aveva convocata ben prima della kermesse torinese, e che a imporre in un certo senso la conta è stato lo stesso Renzi, quando nell'ultima riunione di Direzione ha invitato deputati, senatori e dirigenti a convergere invece su Torino.
Ma c'è anche chi, tra i maligni, insinua che il premier fosse ben contento di una coincidenza che lo liberava da ingombranti presenze sul suo palco e che dava l'immagine plastica della rupture : di qua gli innovatori, di là la vecchia guardia rossa, con i Bersani e i D'Alema, gli Epifani e i Fassina, che «gufa».
Sul perché D'Alema torni sul piede di guerra, dopo mesi di fair play con Renzi, più di un dirigente Pd ha la sua opinione. «Vuole che Matteo lo nomini in Europa, ma non si fida per niente. E quindi alza la voce, per poter trattare da una posizione di forza », spiegano dalla minoranza.
L'orizzonte di tutto il partito, sia pur con diverso spirito e divergenti obiettivi, è fissato al 25 maggio.
Se il Pd scavallerà gloriosamente, come per ora dicono i sondaggi, la quota 30%, «non ce ne sarà per nessuno», come chiosa un cuperliano, la leadership di Renzi diventerà inattaccabile e le elezioni politiche per darle il definitivo bagno di legittimazione potrebbero avvicinarsi molto.
Se invece il risultato elettorale si rivelasse claudicante e risicato, i malumori che ribollono tra gli ex Ds cui il fiorentino ha soffiato il partito tracimeranno.
Già Bersani e D'Alema hanno fissato la griglia delle questioni su cui provare a far inciampare Renzi: la legge elettorale e la gestione della «Ditta», che secondo l'ex premier «si sta spegnendo e impoverendo».
Gli replica sferzante il segretario del Pd umbro Giacomo Leonelli: «Beh, voi ce lo avete lasciato al 25%.
Dopo le Europee vedremo se con Renzi ci siamo impoveriti o no». Niente barricate invece sulla riforma del Senato, odiata dai «Professoroni» alla Zagrebelsky allegramente liquidati dal premier, perché anche la minoranza Pd si rende conto che sarebbe un boomerang sul proprio cranio: «Non dobbiamo dare l'idea che siamo contro le riforme, se mai che vogliamo farne di più e meglio», avverte D'Alema. Anche l'iter sarà meno spedito di quanto vorrebbe il premier: domani inizia la discussione generale in Commissione; la presidente Finocchiaro, su richiesta anche di senatori Pd, intende mettere in calendario diverse audizioni; i grillini sono intenzionati a fare ostruzionismo iscrivendosi tutti a parlare.
«Credo che entro le Europee si farà a malapena la prima lettura in Commissione, non in aula», prevede Russo. Quanto all'Italicum, la minoranza Pd spera di smontarlo pezzo a pezzo, confidando anche su un risultato negativo per Forza Italia, che toglierebbe a Renzi l'interlocutore principale della legge elettorale e riaprirebbe i giochi.
C’è quindi da chiedersi: “Ma perché quelli del Pd provenienti dalla sinistra si scannano per personaggi come Renzi o D’Alema”?
Fanno solo gli interessi propri e perché i merli dovrebbero rodersi il fegato per l’uno o per l’altro?
14 APR 2014 16:48
SEZIONE TAFAZZI – PD SPACCATO: LA MINORANZA BERSANIAN-DALEMIANA TORNA SUL PIEDE DI GUERRA E SI PREPARA A SABOTARE L’ITALICUM – I FEDELISSIMI DI RENZI: ‘D’ALEMA SULLE BARRICATE? ALZA LA VOCE PERCHÉ PUNTA A UNA POLTRONA UE MA NON SI FIDA DI MATTEO’
Il ‘redde rationem’ è fissato per il 25 maggio: se il Pd scavallerà la quota 30%, la leadership di Renzi diventerà inattaccabile (e le elezioni politiche potrebbero avvicinarsi molto) - Se invece il risultato sarà risicato, D’Alema (critico sulla gestione del partito) e Bersani sono pronti a sgambettare il segretario-premier sulla legge elettorale…
Laura Cesaretti per "il Giornale"
Niente da fare, è più forte di loro: anche alla vigilia di una campagna elettorale cruciale, la sinistra si regala i gli immancabili titoli sul «Pd spaccato». Un pezzo a Torino con il segretario-premier che incita a combattere insieme per la vittoria accantonando le beghe interne, l'altro pezzo in un teatro della Capitale, a dire peste e corna di lui.
Il dito nella piaga lo mette un esponente della stessa minoranza, il parlamentare Enzo Amendola: «Un cittadino guarda in tv l'apertura della campagna elettorale in Piemonte. Due minuti dopo vede la minoranza Pd riunita a Roma. Cosa deve pensare?».
E anche il lettiano Francesco Russo è severo verso la fronda: «Se si vuole criticare Renzi, bisogna sfidarlo su quello che non fa o non dice, non mettersi di traverso su quello che fa. Il ritorno al passato non funziona».
Vero è che Gianni Cuperlo la sua assemblea, una chiamata a raccolta di tutta l'opposizione interna anti-renziana, l'aveva convocata ben prima della kermesse torinese, e che a imporre in un certo senso la conta è stato lo stesso Renzi, quando nell'ultima riunione di Direzione ha invitato deputati, senatori e dirigenti a convergere invece su Torino.
Ma c'è anche chi, tra i maligni, insinua che il premier fosse ben contento di una coincidenza che lo liberava da ingombranti presenze sul suo palco e che dava l'immagine plastica della rupture : di qua gli innovatori, di là la vecchia guardia rossa, con i Bersani e i D'Alema, gli Epifani e i Fassina, che «gufa».
Sul perché D'Alema torni sul piede di guerra, dopo mesi di fair play con Renzi, più di un dirigente Pd ha la sua opinione. «Vuole che Matteo lo nomini in Europa, ma non si fida per niente. E quindi alza la voce, per poter trattare da una posizione di forza », spiegano dalla minoranza.
L'orizzonte di tutto il partito, sia pur con diverso spirito e divergenti obiettivi, è fissato al 25 maggio.
Se il Pd scavallerà gloriosamente, come per ora dicono i sondaggi, la quota 30%, «non ce ne sarà per nessuno», come chiosa un cuperliano, la leadership di Renzi diventerà inattaccabile e le elezioni politiche per darle il definitivo bagno di legittimazione potrebbero avvicinarsi molto.
Se invece il risultato elettorale si rivelasse claudicante e risicato, i malumori che ribollono tra gli ex Ds cui il fiorentino ha soffiato il partito tracimeranno.
Già Bersani e D'Alema hanno fissato la griglia delle questioni su cui provare a far inciampare Renzi: la legge elettorale e la gestione della «Ditta», che secondo l'ex premier «si sta spegnendo e impoverendo».
Gli replica sferzante il segretario del Pd umbro Giacomo Leonelli: «Beh, voi ce lo avete lasciato al 25%.
Dopo le Europee vedremo se con Renzi ci siamo impoveriti o no». Niente barricate invece sulla riforma del Senato, odiata dai «Professoroni» alla Zagrebelsky allegramente liquidati dal premier, perché anche la minoranza Pd si rende conto che sarebbe un boomerang sul proprio cranio: «Non dobbiamo dare l'idea che siamo contro le riforme, se mai che vogliamo farne di più e meglio», avverte D'Alema. Anche l'iter sarà meno spedito di quanto vorrebbe il premier: domani inizia la discussione generale in Commissione; la presidente Finocchiaro, su richiesta anche di senatori Pd, intende mettere in calendario diverse audizioni; i grillini sono intenzionati a fare ostruzionismo iscrivendosi tutti a parlare.
«Credo che entro le Europee si farà a malapena la prima lettura in Commissione, non in aula», prevede Russo. Quanto all'Italicum, la minoranza Pd spera di smontarlo pezzo a pezzo, confidando anche su un risultato negativo per Forza Italia, che toglierebbe a Renzi l'interlocutore principale della legge elettorale e riaprirebbe i giochi.
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Re: La stagione dei morti viventi e il nipote del Conte Masc
Repubblica 14.4.14
I renziani a D’Alema “Il congresso ha deciso non cercate ribaltoni ”
Il vicesegretario Guerini sull’offensiva della minoranza “Matteo scelto dai militanti, ma per alcuni è lesa maestà”
di Giovanna Casadio
ROMA. «Qualcuno nella minoranza del Pd vive la vittoria di Renzi come lesa maestà». Lorenzo Guerini, l’uomo a cui Matteo Renzi ha affidato il partito, è un tessitore. Più propenso a ricucire che a dividere. Però sulla convention cuperlian- dalemiana assesta un paio di altolà: «È sbagliato pensare a ribaltoni nel partito; discutere va bene purché si sia leali».
Guerini, sono ripartite le ostilità nelle file democratiche?
«Non torno sulle polemiche. Cuperlo aveva deciso da tempo la convention di sabato, la concomitanza con l’avvio a Torino della campagna elettorale di Renzi è stata fortuita ma forse si poteva sospendere l’iniziativa per evitare fraintendimenti. Dopodiché è fisiologico che una minoranza rifletta sulle prospettive».
Un dirigente come D’Alema non si rottama mai?
«Non è questione di rottamazione, ognuno porta nel dibattito la propria storia e la propria sensibilità. E D’Alema è una figura di primo piano. Ma c’è un risultato del congresso, che ha scelto Matteo come leader: i tentativi di ribaltare quella vittoria sono sbagliati. Il dibattito è un elemento positivo, a patto che ci sia lealtà».
Una scalata del partito non la preoccupa, quindi?
«La vittoria di Renzi al congresso non è stata un atto di lesa maestà. Sono stati proprio la base del Pd, i nostri militanti a sceglierlo segretario dando un messaggio chiaro di un partito che guarda al futuro, invece di riproporre un continuo passato ».
Alle europee il Pd si gioca il tutto per tutto?
«Sì, la campagna elettorale è decisiva sia per la direzione di marcia che si intende imprimere all’Europa che per la rilevanza di politica interna che avrà. Il Pd serrerà le file».
Non teme sgambetti e fuoco amico?
«Non credo, non ce lo perdonerebbero gli elettori».
Ma sul Senato un’assemblea di parlamentari dem domani potrebbe riproporre l’ennesimo braccio di ferro. Oltre agli attacchi sull’Italicum.
«L’impianto delle riforme era nella mozione di Matteo per le primarie e nel programma di governo che ha avuto la fiducia. Ma quando si passa dalle parole ai fatti, ecco che scoppiano le critiche. Quindi fine del bicameralismo paritario, Senato delle autonomie e no alla elezione dei senatori. Però sulle funzioni e sulla composizione si può e si deve discutere. Il testo di Chiti è alternativo a quello su cui si è data la fiducia al governo. Sull’Italicum l’impianto di fondo non può essere modificato; su alcuni temi però a partire dalla parità di genere ci potrà essere un miglioramento ».
Quando nominerete la segreteria? Oltre a lei e Serracchiani vice, ci sarà una assegnazione delle deleghe?
«Tra una o due settimane ridisegneremo la segreteria. C’è un’esigenza di lavorare a pieno regime, discutendo anche con la minoranza, se sarà interessata ».
Ma le tessere le state facendo o D’Alema deve rivolgersi lui alle tipografie?
«Abbiamo deciso di fare il tesseramento finalmente nella massima trasparenza, dopo cioè avere ricostruito l’anagrafe degli iscritti. Stamperemo 600 mila circa tessere. Il 25 aprile, data simbolica, ci sarà la nuova tessera con il “qr code” per entrare nella piattaforma online del Pd e lo slogan “Cambia il Pd, cambia l’Italia”».
I renziani a D’Alema “Il congresso ha deciso non cercate ribaltoni ”
Il vicesegretario Guerini sull’offensiva della minoranza “Matteo scelto dai militanti, ma per alcuni è lesa maestà”
di Giovanna Casadio
ROMA. «Qualcuno nella minoranza del Pd vive la vittoria di Renzi come lesa maestà». Lorenzo Guerini, l’uomo a cui Matteo Renzi ha affidato il partito, è un tessitore. Più propenso a ricucire che a dividere. Però sulla convention cuperlian- dalemiana assesta un paio di altolà: «È sbagliato pensare a ribaltoni nel partito; discutere va bene purché si sia leali».
Guerini, sono ripartite le ostilità nelle file democratiche?
«Non torno sulle polemiche. Cuperlo aveva deciso da tempo la convention di sabato, la concomitanza con l’avvio a Torino della campagna elettorale di Renzi è stata fortuita ma forse si poteva sospendere l’iniziativa per evitare fraintendimenti. Dopodiché è fisiologico che una minoranza rifletta sulle prospettive».
Un dirigente come D’Alema non si rottama mai?
«Non è questione di rottamazione, ognuno porta nel dibattito la propria storia e la propria sensibilità. E D’Alema è una figura di primo piano. Ma c’è un risultato del congresso, che ha scelto Matteo come leader: i tentativi di ribaltare quella vittoria sono sbagliati. Il dibattito è un elemento positivo, a patto che ci sia lealtà».
Una scalata del partito non la preoccupa, quindi?
«La vittoria di Renzi al congresso non è stata un atto di lesa maestà. Sono stati proprio la base del Pd, i nostri militanti a sceglierlo segretario dando un messaggio chiaro di un partito che guarda al futuro, invece di riproporre un continuo passato ».
Alle europee il Pd si gioca il tutto per tutto?
«Sì, la campagna elettorale è decisiva sia per la direzione di marcia che si intende imprimere all’Europa che per la rilevanza di politica interna che avrà. Il Pd serrerà le file».
Non teme sgambetti e fuoco amico?
«Non credo, non ce lo perdonerebbero gli elettori».
Ma sul Senato un’assemblea di parlamentari dem domani potrebbe riproporre l’ennesimo braccio di ferro. Oltre agli attacchi sull’Italicum.
«L’impianto delle riforme era nella mozione di Matteo per le primarie e nel programma di governo che ha avuto la fiducia. Ma quando si passa dalle parole ai fatti, ecco che scoppiano le critiche. Quindi fine del bicameralismo paritario, Senato delle autonomie e no alla elezione dei senatori. Però sulle funzioni e sulla composizione si può e si deve discutere. Il testo di Chiti è alternativo a quello su cui si è data la fiducia al governo. Sull’Italicum l’impianto di fondo non può essere modificato; su alcuni temi però a partire dalla parità di genere ci potrà essere un miglioramento ».
Quando nominerete la segreteria? Oltre a lei e Serracchiani vice, ci sarà una assegnazione delle deleghe?
«Tra una o due settimane ridisegneremo la segreteria. C’è un’esigenza di lavorare a pieno regime, discutendo anche con la minoranza, se sarà interessata ».
Ma le tessere le state facendo o D’Alema deve rivolgersi lui alle tipografie?
«Abbiamo deciso di fare il tesseramento finalmente nella massima trasparenza, dopo cioè avere ricostruito l’anagrafe degli iscritti. Stamperemo 600 mila circa tessere. Il 25 aprile, data simbolica, ci sarà la nuova tessera con il “qr code” per entrare nella piattaforma online del Pd e lo slogan “Cambia il Pd, cambia l’Italia”».
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Re: La stagione dei morti viventi e il nipote del Conte Masc
Corriere 14.4.14
Le rivendicazioni nel Pd non preoccupano
Renzi: la minoranza ci seguirà
E D’Alema resta il candidato alla Ue
di Maria Teresa Meli
ROMA — «Combattenti e reduci»: in un altro momento Matteo Renzi avrebbe bollato così, non solo nei commenti con gli amici, ma anche con dichiarazioni pubbliche, gli esponenti della minoranza del Pd che si sono radunati l’altro ieri per dimostrare di essere i veri rappresentanti del Partito democratico. Però non è questo il momento: «Ora non è il tempo delle polemiche».
Già perché il presidente del Consiglio, che alle elezioni europee punta a superare il risultato ottenuto da Walter Veltroni nelle politiche del 2008, non vuole dare ora l’immagine di «un partito diviso»: «Ci sarà modo di discutere dopo il 25 maggio». I sondaggi, del resto, sono più che confortanti. Uno degli ultimi rivela che in un solo mese, grazie all’effetto Renzi, il Pd è aumentato di cinque punti in percentuale. E infatti, nonostante le affermazioni pubbliche, l’inquilino di palazzo Chigi sa bene che il voto sarà anche «un test per il governo». Sul campo è rimasto solo Grillo, che alcune rilevazioni danno in testa nelle isole, mentre in tutte le altre circoscrizioni elettorali è secondo.
Ma c’è anche un’altra ragione per cui il presidente del Consiglio non si preoccupa delle polemiche di Massimo D’Alema o degli altolà di Pier Luigi Bersani. Renzi sa bene che la minoranza è divisa, che «Speranza e company vanno in un’altra direzione», recidendo il cordone ombelicale con i padri. E poi il premier ha capito che sulla riforma del Senato, ci si limiterà a qualche emendamento, che la parte più rilevante della minoranza (bersaniani duri e puri inclusi) non seguirà Vannino Chiti e la sua proposta. La battaglia è rinviata, il terreno sarà quello dell’Italicum. Un terreno che non presenta insidie particolari secondo i renziani. Primo, perché quando si tratterà di affrontare la riforma elettorale, il presidente del Consiglio lo farà da una posizione di forza, quella del risultato elettorale delle europee. Secondo, perché gli stessi contraenti del patto del Nazareno, ossia il premier medesimo e Silvio Berlusconi, si rendono conto che con il crollo di Fi lo scenario politico potrebbe mutare e, di conseguenza, potrebbe cambiare anche l’Italicum. E comunque, e su questo Renzi mantiene l’atteggiamento duro di sempre, «alla fine, la minoranza dovrà rispettare le decisioni del Pd, dovrà seguire la maggioranza, come si è sempre fatto».
Dunque, anche se il discorso non gli è piaciuto troppo, il premier con i suoi derubrica l’intervento di D’Alema come il tentativo, senza speranza, di «cercare di riprendersi il partito», ma anche di dimostrare alla minoranza di essere ancora lui il capo. Renzi, però, e lo ha spiegato piu volte ai suoi, non vuole farsi coinvolgere «nelle divisioni che riguardano tradizioni politiche passate». Quanto a D’Alema, può stare «tranquillo», per quanto riguarda la sua aspirazione a indossare i panni del Commissario europeo. Quel ruolo è suo. Anche se nello stesso giro renziano c’è chi ritiene che alla fine potrebbero esserci delle sorprese pure su quel fronte.
Se Renzi è convinto di ridurre la minoranza del Pd a più miti consigli, concedendole qualche modifica «non sostanziale» al testo del disegno di legge governativo, è anche pronto a scommettere che nello stesso modo si riuscirà a trovare un accordo con Forza Italia, nonostante le prese di posizione dei suoi esponenti. Non è escluso, però, che il raggiungimento di questo obiettivo necessiti di un nuovo incontro tra l’inquilino di palazzo Chigi e Silvio Berlusconi questa settimana.
Ma nemmeno in questo caso Renzi è disposto a «cambiare idea» sull’impianto della riforma. Né il leader di Fi né la minoranza del suo partito riusciranno a farlo cedere e rinunciare ai «paletti fondamentali» del ddl. Anche perché il presidente del Consiglio, di fronte a certe resistenze e tentativi di ostacolare il percorso delle riforme, oppone sempre lo stesso ragionamento: «Io non ho firmato nessun contratto per restare attaccato alla seggiola, non ho proprio problemi da questo punto di vista, io...».
Un’efficacissima arma di dissuasione, perché se Renzi si staccasse da quella «seggiola» le elezioni anticipate sarebbero inevitabili. Ma né Berlusconi né la minoranza del Pd le vogliono.
Le rivendicazioni nel Pd non preoccupano
Renzi: la minoranza ci seguirà
E D’Alema resta il candidato alla Ue
di Maria Teresa Meli
ROMA — «Combattenti e reduci»: in un altro momento Matteo Renzi avrebbe bollato così, non solo nei commenti con gli amici, ma anche con dichiarazioni pubbliche, gli esponenti della minoranza del Pd che si sono radunati l’altro ieri per dimostrare di essere i veri rappresentanti del Partito democratico. Però non è questo il momento: «Ora non è il tempo delle polemiche».
Già perché il presidente del Consiglio, che alle elezioni europee punta a superare il risultato ottenuto da Walter Veltroni nelle politiche del 2008, non vuole dare ora l’immagine di «un partito diviso»: «Ci sarà modo di discutere dopo il 25 maggio». I sondaggi, del resto, sono più che confortanti. Uno degli ultimi rivela che in un solo mese, grazie all’effetto Renzi, il Pd è aumentato di cinque punti in percentuale. E infatti, nonostante le affermazioni pubbliche, l’inquilino di palazzo Chigi sa bene che il voto sarà anche «un test per il governo». Sul campo è rimasto solo Grillo, che alcune rilevazioni danno in testa nelle isole, mentre in tutte le altre circoscrizioni elettorali è secondo.
Ma c’è anche un’altra ragione per cui il presidente del Consiglio non si preoccupa delle polemiche di Massimo D’Alema o degli altolà di Pier Luigi Bersani. Renzi sa bene che la minoranza è divisa, che «Speranza e company vanno in un’altra direzione», recidendo il cordone ombelicale con i padri. E poi il premier ha capito che sulla riforma del Senato, ci si limiterà a qualche emendamento, che la parte più rilevante della minoranza (bersaniani duri e puri inclusi) non seguirà Vannino Chiti e la sua proposta. La battaglia è rinviata, il terreno sarà quello dell’Italicum. Un terreno che non presenta insidie particolari secondo i renziani. Primo, perché quando si tratterà di affrontare la riforma elettorale, il presidente del Consiglio lo farà da una posizione di forza, quella del risultato elettorale delle europee. Secondo, perché gli stessi contraenti del patto del Nazareno, ossia il premier medesimo e Silvio Berlusconi, si rendono conto che con il crollo di Fi lo scenario politico potrebbe mutare e, di conseguenza, potrebbe cambiare anche l’Italicum. E comunque, e su questo Renzi mantiene l’atteggiamento duro di sempre, «alla fine, la minoranza dovrà rispettare le decisioni del Pd, dovrà seguire la maggioranza, come si è sempre fatto».
Dunque, anche se il discorso non gli è piaciuto troppo, il premier con i suoi derubrica l’intervento di D’Alema come il tentativo, senza speranza, di «cercare di riprendersi il partito», ma anche di dimostrare alla minoranza di essere ancora lui il capo. Renzi, però, e lo ha spiegato piu volte ai suoi, non vuole farsi coinvolgere «nelle divisioni che riguardano tradizioni politiche passate». Quanto a D’Alema, può stare «tranquillo», per quanto riguarda la sua aspirazione a indossare i panni del Commissario europeo. Quel ruolo è suo. Anche se nello stesso giro renziano c’è chi ritiene che alla fine potrebbero esserci delle sorprese pure su quel fronte.
Se Renzi è convinto di ridurre la minoranza del Pd a più miti consigli, concedendole qualche modifica «non sostanziale» al testo del disegno di legge governativo, è anche pronto a scommettere che nello stesso modo si riuscirà a trovare un accordo con Forza Italia, nonostante le prese di posizione dei suoi esponenti. Non è escluso, però, che il raggiungimento di questo obiettivo necessiti di un nuovo incontro tra l’inquilino di palazzo Chigi e Silvio Berlusconi questa settimana.
Ma nemmeno in questo caso Renzi è disposto a «cambiare idea» sull’impianto della riforma. Né il leader di Fi né la minoranza del suo partito riusciranno a farlo cedere e rinunciare ai «paletti fondamentali» del ddl. Anche perché il presidente del Consiglio, di fronte a certe resistenze e tentativi di ostacolare il percorso delle riforme, oppone sempre lo stesso ragionamento: «Io non ho firmato nessun contratto per restare attaccato alla seggiola, non ho proprio problemi da questo punto di vista, io...».
Un’efficacissima arma di dissuasione, perché se Renzi si staccasse da quella «seggiola» le elezioni anticipate sarebbero inevitabili. Ma né Berlusconi né la minoranza del Pd le vogliono.
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Re: La stagione dei morti viventi e il nipote del Conte Masc
15 APR 2014 17:37
SE IL PD DI BERSANI È AFFONDATO CON IL VIDEOLESIONISTA DE “LO SMACCHIAMO, LO SMACCHIAMO”, IL PD DI RENZI MESCOLA IL PANTHEON E LANCIA UNO SPOT CON DENTRO FANTOZZI, MARADONA, I JEDI, FORREST GUMP E SAN FRANCESCO
Il video si intitola “All'improvviso vi sorprenderete a fare l'impossibile” che cita alla lettera il Francesco d’Assisi - E poi un montaggio che spazia dal gol di Maradona a Fantozzi, da Forrest Gump al 'Si-può-fare' di Frankenstein Junior - I dubbi sulla pagina Facebook del Partito: 'Ma tra i tanti personaggi storici della sinistra, Francesco che c'entra?'..
1 - IL NUOVO VIDEO DEL PD
http://video.espresso.repubblica.it/tut ... /1961/1958
(il vecchio - http://www.youtube.com/watch?v=USrQJQVsd3s&hd=1)
2 - MARADONA, SAN FRANCESCO E FANTOZZI NEL NUOVO VIDEO DEL PD
Da http://www.espresso.repubblica.it - Il Partito Democratico diffonde un video che è tutto un programma. Già dal titolo, 'All'improvviso vi sorprenderete a fare l'impossibile' che cita alla lettera il santo di Assisi. E poi un montaggio che spazia dal gol di Maradona a Paolo Villaggio, dal piccolo Forrest che corre con l'apparecchio alle gambe al 'Si-può-fare' di Frankenstein Junior. Ma sulla pagina Facebook del Partito c'è chi avanza timidi dubbi: 'Ma tra i tanti personaggi storici della sinistra, Francesco che c'entra?'
SE IL PD DI BERSANI È AFFONDATO CON IL VIDEOLESIONISTA DE “LO SMACCHIAMO, LO SMACCHIAMO”, IL PD DI RENZI MESCOLA IL PANTHEON E LANCIA UNO SPOT CON DENTRO FANTOZZI, MARADONA, I JEDI, FORREST GUMP E SAN FRANCESCO
Il video si intitola “All'improvviso vi sorprenderete a fare l'impossibile” che cita alla lettera il Francesco d’Assisi - E poi un montaggio che spazia dal gol di Maradona a Fantozzi, da Forrest Gump al 'Si-può-fare' di Frankenstein Junior - I dubbi sulla pagina Facebook del Partito: 'Ma tra i tanti personaggi storici della sinistra, Francesco che c'entra?'..
1 - IL NUOVO VIDEO DEL PD
http://video.espresso.repubblica.it/tut ... /1961/1958
(il vecchio - http://www.youtube.com/watch?v=USrQJQVsd3s&hd=1)
2 - MARADONA, SAN FRANCESCO E FANTOZZI NEL NUOVO VIDEO DEL PD
Da http://www.espresso.repubblica.it - Il Partito Democratico diffonde un video che è tutto un programma. Già dal titolo, 'All'improvviso vi sorprenderete a fare l'impossibile' che cita alla lettera il santo di Assisi. E poi un montaggio che spazia dal gol di Maradona a Paolo Villaggio, dal piccolo Forrest che corre con l'apparecchio alle gambe al 'Si-può-fare' di Frankenstein Junior. Ma sulla pagina Facebook del Partito c'è chi avanza timidi dubbi: 'Ma tra i tanti personaggi storici della sinistra, Francesco che c'entra?'
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Re: La stagione dei morti viventi e il nipote del Conte Masc
Massimo D’Alema non rientra di certo nelle mie simpatie da anni, troppi anni. Condivido il commento di Staino (pubblicato su forum) dell’intervista rilasciata domenica scorsa a La Repubblica. “Massimo non lo sopporto più”.
E’ stato fastidioso anche l’intervento trasmesso dai Tg, del conte Max alla riunione della”Ditta” a Roma.
Dopo 20 anni D’Alema scopre le tessere e incita la sinistra Dc del Pd, a stamparle per conto del partito ridotto ad un comitato elettorale di Renzi.
Come era facilmente intuibile, il conte Max che deve aver fatto un accordo generico con Pittibimbo per la sua candidatura in Europa, non si fida del nipote del conte Mascetti ed ha iniziato la sua guerra personale per scambiare la candidatura. Degli italiani di sinistra Massimino se ne fotte. Come per Berlusconi, tutti devono lavorare per il benessere della sua augusta persona.
Siamo lontani anni luce dall’idea di sinistra.
Oggi nuovo attacco da parte del conte Max. Lancia un siluro contro Berlusconi sostenendo che qualsiasi altra persona che non fosse un potente oggi sarebbe in galera.
Levata di scudi da parte delle solite cornacchie di Farsa Italia, che rendono molto bene l’idea del partito unico FI-NCD-FI. Fanno capire che alla guida del Pd non c’è più un giustizialista.
Lo stiamo vedendo, Berlusconi riesce ancora una volta a fare quello che vuole lui.
Silvio è pur si al tramonto, ma il berlusconismo è dominante, imperante e straripante.
Sò benissimo che il siluro lanciato contro Berlusconi serve per far venire a più miti consigli Pittibimbo, che aveva tirato il fiato ieri sera per il rinnovato accordo con il Padrino, secondo la collaudata regola del: “A te nuora dico, e tu suocera intendi…”
Sò benissimo che è un’ennesima furbata del conte Max, e che verità e furbizia si sovrappongono in questo caso.
Ma l’antipaticissimo D’Alema ha detto una sacrosanta verità.
“Qualsiasi altra persona che non fosse stato un potente come Berlusconi, oggi dovrebbe stare attento a non fare scivolare la saponetta quando fa la doccia”.
E’ stato fastidioso anche l’intervento trasmesso dai Tg, del conte Max alla riunione della”Ditta” a Roma.
Dopo 20 anni D’Alema scopre le tessere e incita la sinistra Dc del Pd, a stamparle per conto del partito ridotto ad un comitato elettorale di Renzi.
Come era facilmente intuibile, il conte Max che deve aver fatto un accordo generico con Pittibimbo per la sua candidatura in Europa, non si fida del nipote del conte Mascetti ed ha iniziato la sua guerra personale per scambiare la candidatura. Degli italiani di sinistra Massimino se ne fotte. Come per Berlusconi, tutti devono lavorare per il benessere della sua augusta persona.
Siamo lontani anni luce dall’idea di sinistra.
Oggi nuovo attacco da parte del conte Max. Lancia un siluro contro Berlusconi sostenendo che qualsiasi altra persona che non fosse un potente oggi sarebbe in galera.
Levata di scudi da parte delle solite cornacchie di Farsa Italia, che rendono molto bene l’idea del partito unico FI-NCD-FI. Fanno capire che alla guida del Pd non c’è più un giustizialista.
Lo stiamo vedendo, Berlusconi riesce ancora una volta a fare quello che vuole lui.
Silvio è pur si al tramonto, ma il berlusconismo è dominante, imperante e straripante.
Sò benissimo che il siluro lanciato contro Berlusconi serve per far venire a più miti consigli Pittibimbo, che aveva tirato il fiato ieri sera per il rinnovato accordo con il Padrino, secondo la collaudata regola del: “A te nuora dico, e tu suocera intendi…”
Sò benissimo che è un’ennesima furbata del conte Max, e che verità e furbizia si sovrappongono in questo caso.
Ma l’antipaticissimo D’Alema ha detto una sacrosanta verità.
“Qualsiasi altra persona che non fosse stato un potente come Berlusconi, oggi dovrebbe stare attento a non fare scivolare la saponetta quando fa la doccia”.
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Re: La stagione dei morti viventi e il nipote del Conte Masc
Questa dichiarazione di Bondi " Il centrodestra ha fallito", infligge un duro colpo a Farsa Italia. Quando la nave affonda i topi abbandonano la nave.
Bonaiuti e Bondi sono stati i migliori lecca lecca, di Silvio Bellico per un ventennio. Ora se proprio loro hanno deciso di abbandonare la nave significa che non c'è più nulla da fare da quelle parti.
L'agonia sarà ancora lunga perché Silvio è uno che non molla e non ci sta a fare la fine di Napolione.
Per via delle affinità elettive, se Bondi indica Renzi come politico da seguire, significa che Renzi rappresenta un valore per la destra, malgrado il Bomba cerchi in tutti i modi di smentire.
POLITICA
23/04/2014
La lettera di Bondi scuote Forza Italia
L’ex coordinatore a La Stampa: “Il centrodestra ha fallito, sosteniamo Renzi”
Alfano: noi l’avevamo capito per primi. Mussolini: o si sta dentro o si sta fuori
Abbiamo fallito, ora dobbiamo sostenere Renzi. La lettera di Sandro Bondi a La Stampa scuote Forza Italia. Il partito ormai è sempre più in confusione. E di giorno in giorno aumenta il nervosismo tra gli azzurri, che attendono una mossa decisiva da parte di Silvio Berlusconi.
RENZI SCHERZA
«Bondi? Sta dall’altra parte del campo, tranquillo, no problem». Così Matteo Renzi, nella diretta twitter da Palazzo Chigi, risponde a chi gli chiede se si sente di destra e sulla possibilità che Sandro Bondi passi al Pd.
NON SOLO BONAIUTI
Ma nel centrodestra invece il problema è serio. «Manca una linea politica chiara, non c’è ancora un programma, così non possiamo affrontare l’armata dei grillini e il Pd», si lamentano i deputati forzisti. L’incertezza sul futuro alimenta fibrillazioni. Palazzo Grazioli sembra un “fortino assediato”, con il “capo” protetto dai fedelissimi, ormai stanco, dicono ad Arcore, «di continue beghe di cortile e polemiche senza costrutto». Forza italia è come una nave in tempesta. E solo il Cavaliere può raddrizzare il timone, evitando che molti scappino via. Secondo le ultime indiscrezioni, infatti, in tanti sarebbero pronti ad abbandonare la nave. Gli occhi sono puntati sul Senato, dove i numeri sono più traballanti. Il caso Bonaiuti potrebbe far scuola. E ogni giorno ci si chiede chi sarà il prossimo. Sandro Bondi, uno dei fedelissimi del leader azzurro, oggi ha esplicitamente detto che Forza Italia ha fallito.
L’EX COORDINATORE: “MATTEO NUOVO BLAIR”
Il centrodestra è «diviso» ma soprattutto è uno schieramento «privo di una strategia». Il futuro, scrive il senatore di Fi nella lettera a La Stampa è «affidato più ancora che nel passato al carisma di Berlusconi» che tuttavia da solo non può da solo sciogliere il nodo dei un’«identità» che si è andata sempre più appannando. L’ex ministro e coordinatore di Fi, da «osservatore esterno alla vita politica», suggerisce allora a Berlusconi di dire «chiaramente che se Renzi farà delle cose giuste lo sosterrà e che lo criticherà o lo avverserà con fermezza solo se non manterrà fede alle sue promesse di cambiamento e di modernizzazione dell’Italia». «Renzi -continua Bondi- rappresenta senza dubbio la prima vera cesura nella sinistra italiana rispetto alla sua tradizione comunista. Anzi, la sinistra di Renzi si colloca oltre la tradizionale socialdemocrazia europea, ed è più simile alla sinistra liberal americana di Obama e al nuovo labour party di Blair». «La forza di Renzi nasce in fondo dal fatto di proporsi di realizzare quel cambiamento e quella modernizzazione che il centrodestra non può dichiarare di aver realizzato pienamente. Per queste ragioni il centrodestra dovrà scegliere, soprattutto dopo l’esito delle elezioni europee, quale tipo di opposizione condurre al governo Renzi: contrastare il suo impeto riformatore e modernizzatore oppure incalzarlo e sostenerlo -conclude il senatore di Fi- in un’opera di cambiamento dal cui fallimento nessuno beneficerebbe».
CICCHITTO APPREZZA
«Do atto a Sandro Bondi di aver aperto una riflessione seria sulla crisi del centrodestra senza forsennate polemiche, a cui ci hanno abituato alcuni giornali, ma in modo serio e pacato. Per parte mia mi riprometto nei prossimi giorni di farne una con analogo taglio, anche se evidentemente con una differente impostazione politica», dice Fabrizio Cicchitto, del Ncd.
MUSSOLINI: O SI STA DENTRO, O SI STA FUORI
Ma sono tante altre le reazioni alla lettera. Ncd esulta: è “benedizione” del percorso intrapreso da quella che era una parte del comune Pdl. A Milano per l’apertura della campagna elettorale di Ncd, Alfano rivendica il primato della lettura: «Avevamo capito per primi il fallimento di forza Italia - ha detto -, quindi quello che ha detto oggi Bondi è un marchio di qualità». «Il lucido ragionamento svolto da Sandro Bondi conferma la profonda confusione politica che attraversa Forza Italia, ma quello che è più stupefacente è la serenità con cui egli involontariamente dichiara l’implicito fallimento politico del suo partito», dice il presidente del Ncd Renato Schifani. «La lettera di oggi è una pietra miliare nella storia del centro-destra. Ci induce a una riflessione molto profonda. Bondi non è un peone scontento, è la storia del berlusconismo, corpo e anima del leader, avrebbe detto il suo amico Baget Bozzo», commenta il parlamentare di Fi Gianfranco Rotondi. Tutt’altro tono quello scelto da Alessandra Mussolini: «In questo momento o si sta nel partito o si sta fuori», altrimenti «fa un danno, è una frusta, una pugnalata ogni giorno».
http://www.lastampa.it/2014/04/23/itali ... agina.html
Bonaiuti e Bondi sono stati i migliori lecca lecca, di Silvio Bellico per un ventennio. Ora se proprio loro hanno deciso di abbandonare la nave significa che non c'è più nulla da fare da quelle parti.
L'agonia sarà ancora lunga perché Silvio è uno che non molla e non ci sta a fare la fine di Napolione.
Per via delle affinità elettive, se Bondi indica Renzi come politico da seguire, significa che Renzi rappresenta un valore per la destra, malgrado il Bomba cerchi in tutti i modi di smentire.
POLITICA
23/04/2014
La lettera di Bondi scuote Forza Italia
L’ex coordinatore a La Stampa: “Il centrodestra ha fallito, sosteniamo Renzi”
Alfano: noi l’avevamo capito per primi. Mussolini: o si sta dentro o si sta fuori
Abbiamo fallito, ora dobbiamo sostenere Renzi. La lettera di Sandro Bondi a La Stampa scuote Forza Italia. Il partito ormai è sempre più in confusione. E di giorno in giorno aumenta il nervosismo tra gli azzurri, che attendono una mossa decisiva da parte di Silvio Berlusconi.
RENZI SCHERZA
«Bondi? Sta dall’altra parte del campo, tranquillo, no problem». Così Matteo Renzi, nella diretta twitter da Palazzo Chigi, risponde a chi gli chiede se si sente di destra e sulla possibilità che Sandro Bondi passi al Pd.
NON SOLO BONAIUTI
Ma nel centrodestra invece il problema è serio. «Manca una linea politica chiara, non c’è ancora un programma, così non possiamo affrontare l’armata dei grillini e il Pd», si lamentano i deputati forzisti. L’incertezza sul futuro alimenta fibrillazioni. Palazzo Grazioli sembra un “fortino assediato”, con il “capo” protetto dai fedelissimi, ormai stanco, dicono ad Arcore, «di continue beghe di cortile e polemiche senza costrutto». Forza italia è come una nave in tempesta. E solo il Cavaliere può raddrizzare il timone, evitando che molti scappino via. Secondo le ultime indiscrezioni, infatti, in tanti sarebbero pronti ad abbandonare la nave. Gli occhi sono puntati sul Senato, dove i numeri sono più traballanti. Il caso Bonaiuti potrebbe far scuola. E ogni giorno ci si chiede chi sarà il prossimo. Sandro Bondi, uno dei fedelissimi del leader azzurro, oggi ha esplicitamente detto che Forza Italia ha fallito.
L’EX COORDINATORE: “MATTEO NUOVO BLAIR”
Il centrodestra è «diviso» ma soprattutto è uno schieramento «privo di una strategia». Il futuro, scrive il senatore di Fi nella lettera a La Stampa è «affidato più ancora che nel passato al carisma di Berlusconi» che tuttavia da solo non può da solo sciogliere il nodo dei un’«identità» che si è andata sempre più appannando. L’ex ministro e coordinatore di Fi, da «osservatore esterno alla vita politica», suggerisce allora a Berlusconi di dire «chiaramente che se Renzi farà delle cose giuste lo sosterrà e che lo criticherà o lo avverserà con fermezza solo se non manterrà fede alle sue promesse di cambiamento e di modernizzazione dell’Italia». «Renzi -continua Bondi- rappresenta senza dubbio la prima vera cesura nella sinistra italiana rispetto alla sua tradizione comunista. Anzi, la sinistra di Renzi si colloca oltre la tradizionale socialdemocrazia europea, ed è più simile alla sinistra liberal americana di Obama e al nuovo labour party di Blair». «La forza di Renzi nasce in fondo dal fatto di proporsi di realizzare quel cambiamento e quella modernizzazione che il centrodestra non può dichiarare di aver realizzato pienamente. Per queste ragioni il centrodestra dovrà scegliere, soprattutto dopo l’esito delle elezioni europee, quale tipo di opposizione condurre al governo Renzi: contrastare il suo impeto riformatore e modernizzatore oppure incalzarlo e sostenerlo -conclude il senatore di Fi- in un’opera di cambiamento dal cui fallimento nessuno beneficerebbe».
CICCHITTO APPREZZA
«Do atto a Sandro Bondi di aver aperto una riflessione seria sulla crisi del centrodestra senza forsennate polemiche, a cui ci hanno abituato alcuni giornali, ma in modo serio e pacato. Per parte mia mi riprometto nei prossimi giorni di farne una con analogo taglio, anche se evidentemente con una differente impostazione politica», dice Fabrizio Cicchitto, del Ncd.
MUSSOLINI: O SI STA DENTRO, O SI STA FUORI
Ma sono tante altre le reazioni alla lettera. Ncd esulta: è “benedizione” del percorso intrapreso da quella che era una parte del comune Pdl. A Milano per l’apertura della campagna elettorale di Ncd, Alfano rivendica il primato della lettura: «Avevamo capito per primi il fallimento di forza Italia - ha detto -, quindi quello che ha detto oggi Bondi è un marchio di qualità». «Il lucido ragionamento svolto da Sandro Bondi conferma la profonda confusione politica che attraversa Forza Italia, ma quello che è più stupefacente è la serenità con cui egli involontariamente dichiara l’implicito fallimento politico del suo partito», dice il presidente del Ncd Renato Schifani. «La lettera di oggi è una pietra miliare nella storia del centro-destra. Ci induce a una riflessione molto profonda. Bondi non è un peone scontento, è la storia del berlusconismo, corpo e anima del leader, avrebbe detto il suo amico Baget Bozzo», commenta il parlamentare di Fi Gianfranco Rotondi. Tutt’altro tono quello scelto da Alessandra Mussolini: «In questo momento o si sta nel partito o si sta fuori», altrimenti «fa un danno, è una frusta, una pugnalata ogni giorno».
http://www.lastampa.it/2014/04/23/itali ... agina.html
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Re: La stagione dei morti viventi e il nipote del Conte Masc
SCANDALO IN RAI, I 5 STELLE AVEVANO RAGIONE
Il Movimento 5 Stelle ha protestato per la presenza di Matteo Renzi alla partita del cuore, presenza che era stata etichettata dagli esponenti 5 Stelle come una violazione alla norma della "par condicio", viste le vicine elezioni europee e visto che l'evento sarebbe stato trasmesso sui canali Rai.
Non c'è niente di scandaloso in questa richiesta del Movimento 5 Stelle, come molti hanno voluto far credere. Sapete perché? Perché la Rai ha già censurato le scene di una fiction in cui compariva un attore candidato alle europee. Leggiamo nei dettagli.
L'attore Marescotti candidato alle Europee, la Rai lo fa sparire dalla fiction. Nella fiction "Una buona stagione", in onda ieri sera su Rai 1 sono state tagliate tutte le scene nelle quali appariva l'attore Ivano Marescotti per "colpa" della sua candidatura alle europee nella "Lista l'altra europa con Tsipras".
"Hanno tagliato anche il nome dai titoli - ha detto l'attore all'ANSA - una cosa veramente inedita ed inaudita. Hanno tagliato le scene a spregio del pubblico senza neanche avvisare. Ed è sparito il padre della protagonista".
Marescotti ha spiegato che la Rai, quando ha saputo della sua candidatura gli ha prima chiesto di ritirarla. Al suo rifiuto ha chiesto il suo nulla osta ad essere tagliato. Ma anche senza il suo consenso, le scene sono scomparse.
"Cosa c'entro con il palinsesto? - ha detto - Semmai non dovevano trasmetterla ora. Siamo stati i primi a candidarci, lo sapevano benissimo".
http://www.tzetze.it/redazione/2014/04/ ... tion/index.
Ciao
Paolo11
Il Movimento 5 Stelle ha protestato per la presenza di Matteo Renzi alla partita del cuore, presenza che era stata etichettata dagli esponenti 5 Stelle come una violazione alla norma della "par condicio", viste le vicine elezioni europee e visto che l'evento sarebbe stato trasmesso sui canali Rai.
Non c'è niente di scandaloso in questa richiesta del Movimento 5 Stelle, come molti hanno voluto far credere. Sapete perché? Perché la Rai ha già censurato le scene di una fiction in cui compariva un attore candidato alle europee. Leggiamo nei dettagli.
L'attore Marescotti candidato alle Europee, la Rai lo fa sparire dalla fiction. Nella fiction "Una buona stagione", in onda ieri sera su Rai 1 sono state tagliate tutte le scene nelle quali appariva l'attore Ivano Marescotti per "colpa" della sua candidatura alle europee nella "Lista l'altra europa con Tsipras".
"Hanno tagliato anche il nome dai titoli - ha detto l'attore all'ANSA - una cosa veramente inedita ed inaudita. Hanno tagliato le scene a spregio del pubblico senza neanche avvisare. Ed è sparito il padre della protagonista".
Marescotti ha spiegato che la Rai, quando ha saputo della sua candidatura gli ha prima chiesto di ritirarla. Al suo rifiuto ha chiesto il suo nulla osta ad essere tagliato. Ma anche senza il suo consenso, le scene sono scomparse.
"Cosa c'entro con il palinsesto? - ha detto - Semmai non dovevano trasmetterla ora. Siamo stati i primi a candidarci, lo sapevano benissimo".
http://www.tzetze.it/redazione/2014/04/ ... tion/index.
Ciao
Paolo11
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Re: La stagione dei morti viventi e il nipote del Conte Masc
Bondi: “Forza Italia ha fallito, centrodestra senza futuro. Sosteniamo Renzi”
Il senatore, in una lettera al quotidiano La Stampa, invita Berlusconi a dire “chiaramente che se Renzi farà delle cose giuste lo sosterrà". Ed esalta la sinistra del presidente del Consiglio che "è più simile alla sinistra liberal americana di Obama e al nuovo labour party di Blair”. Schifani: "Il ragionamento di Bondi testimonia il fallimento di Fi"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 23 aprile 2014Commenti (1214)
Forza Italia senza “strategia per il futuro”, centrodestra diviso e in cerca di identità dove tutto è “affidato più ancora che nel passato al carisma di Berlusconi”.
Il senatore Sandro Bondi, fedelissimo dell’ex Cavaliere a cui ha dedicato anche poesie e versi, decreta il fallimento del suo partito e sceglie di intraprendere un’altra via. O meglio, di cambiare verso. Perché chiede ai suoi di sostenere il presidente del Consiglio Matteo Renzi. L’ex ministro della Cultura ed ex coordinatore del Pdl, in un intervento su La Stampa, invita Berlusconi a dire “chiaramente che se Renzi farà delle cose giuste lo sosterrà e che lo criticherà o lo avverserà con fermezza solo se non manterrà fede alle sue promesse di cambiamento e di modernizzazione dell’Italia”. Secondo Bondi, il premier “rappresenta senza dubbio la prima vera cesura nella sinistra italiana rispetto alla sua tradizione comunista. Anzi, la sinistra di Renzi si colloca oltre la tradizionale socialdemocrazia europea, ed è più simile alla sinistra liberal americana di Obama e al nuovo labour party di Blair”.
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Silvio Berlusconi, Sandro Bondi
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CONFERENZA STAMPA FORZA ITALIA PER LA PRESENTAZIONE DEI NUOVI CARTELLONI ELETTORALI PER LE PROSSIME EUROPEE
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2009 - Turisti a quattro zampe
Bondi, entrato in Forza Italia negli anni ’90 dopo essere stato sindaco di Fivizzano (Massa e Carrara) per Rifondazione comunista, ricorda che “un’autentica rivoluzione liberale Berlusconi non ha potuto farla perché i suoi principali alleati, da Fini a Casini, da La Russa a Bossi erano tutto fuorché liberali”. E prosegue esaltando quelle che ritiene le qualità del segretario del Pd. “La forza di Renzi – prosegue sul quotidiano torinese – nasce in fondo dal fatto di proporsi di realizzare quel cambiamento e quella modernizzazione che il centrodestra non può dichiarare di aver realizzato pienamente. Per queste ragioni il centrodestra dovrà scegliere, soprattutto dopo l’esito delle elezioni europee, quale tipo di opposizione condurre al governo Renzi: contrastare il suo impeto riformatore e modernizzatore oppure incalzarlo e sostenerlo in un’opera di cambiamento dal cui fallimento nessuno beneficerebbe”. Bondi, che aveva definito Angelino Alfano “il migliore di tutti noi” quando l’ex Cavaliere lo aveva nominato segretario, cita anche il politologo Piero Ignazi che in un suo libro dal titolo ‘Vent’anni dopo. La parabola del berlusconismo‘ sostiene che il berlusconismo terminerebbe sotto il segno di tre fallimenti: la costituzione di un grande partito liberal-conservatore; la modernizzazione del Paese e la rivoluzione liberale.
Bondi, senatore e coordinatore nazionale del Popolo della Libertà e di Forza Italia, ha iniziato la sua carriera politica come militante della Federazione Giovanile Comunista Italiana e sindaco di Fivizzano per il Partito Comunista Italiano. Il suo ingresso in Fi risale agli anni ’90 e per il partito di Berlusconi ha ricoperto l’incarico di coordinatore nazionale dal 2005 al 2008. Dal 2008 al 2011 Bondi, che è laureato in filosofia e ha scritto libri di poesia, ha ottenuto la carica di ministro dei Beni e delle Attività Culturali. Poi, con la fondazione del Pdl, è diventato uno dei tre coordinatori nazionali, incarico da cui ha presentato le dimissioni, sempre respinte, il 30 maggio 2011 e il 23 maggio 2012, a seguito delle elezioni amministrative. Con lo scioglimento del Pdl nel novembre del 2013 ha aderito a Fi ed è membro del Comitato di presidenza. Ma già a metà aprile, come aveva riportato Mattia Feltri su La Stampa, aveva inviato una lettera di dimissioni da amministratore nazionale di Forza Italia. All’origine della decisione l’assenza delle competenze manageriali necessarie per svolgere quel ruolo – che Bondi aveva detto di non possedere. Ma fonti vicine al politico spiegavano che a determinare la scelta fossero stati l’allontanamento della storica segretaria di Berlusconi, Marinella Brambilla, e l’influenza sempre più rilevante del “cerchio magico” intorno al Cavaliere.
L’addio di Bondi, oltretutto, ha scatenato tutta una serie di reazioni. Una su tutte: quella di Renato Schifani. “Il lucido ragionamento svolto da Sandro Bondi nella lettera inviata a La Stampa conferma la profonda confusione politica che attraversa Forza Italia, ma quello che è più stupefacente è la serenità con cui egli involontariamente dichiara l’implicito fallimento politico del suo partito” ha detto il presidente di Ncd, secondo cui “dopo aver diviso traumaticamente il PdL, Forza Italia oscilla ormai tra l’estremismo più velleitario e il sostegno al progetto di Matteo Renzi, che, se certamente rappresenta una novità perché cerca di rompere con i residui del postcomunismo, permane, tuttavia, nell’ambito di uno schieramento alternativo a quello dei moderati che afferiscono al PPE”. A sentire l’ex presidente del Senato, insomma, “la riflessione di Bondi conferma la correttezza della linea politica del Nuovo centrodestra, che oggi ha, con il suo leader Angelino Alfano, il compito di ricostruire l’area dei moderati”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04 ... ndro-bondi
Il senatore, in una lettera al quotidiano La Stampa, invita Berlusconi a dire “chiaramente che se Renzi farà delle cose giuste lo sosterrà". Ed esalta la sinistra del presidente del Consiglio che "è più simile alla sinistra liberal americana di Obama e al nuovo labour party di Blair”. Schifani: "Il ragionamento di Bondi testimonia il fallimento di Fi"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 23 aprile 2014Commenti (1214)
Forza Italia senza “strategia per il futuro”, centrodestra diviso e in cerca di identità dove tutto è “affidato più ancora che nel passato al carisma di Berlusconi”.
Il senatore Sandro Bondi, fedelissimo dell’ex Cavaliere a cui ha dedicato anche poesie e versi, decreta il fallimento del suo partito e sceglie di intraprendere un’altra via. O meglio, di cambiare verso. Perché chiede ai suoi di sostenere il presidente del Consiglio Matteo Renzi. L’ex ministro della Cultura ed ex coordinatore del Pdl, in un intervento su La Stampa, invita Berlusconi a dire “chiaramente che se Renzi farà delle cose giuste lo sosterrà e che lo criticherà o lo avverserà con fermezza solo se non manterrà fede alle sue promesse di cambiamento e di modernizzazione dell’Italia”. Secondo Bondi, il premier “rappresenta senza dubbio la prima vera cesura nella sinistra italiana rispetto alla sua tradizione comunista. Anzi, la sinistra di Renzi si colloca oltre la tradizionale socialdemocrazia europea, ed è più simile alla sinistra liberal americana di Obama e al nuovo labour party di Blair”.
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Silvio Berlusconi, Sandro Bondi
forza italia 640
CONFERENZA STAMPA FORZA ITALIA PER LA PRESENTAZIONE DEI NUOVI CARTELLONI ELETTORALI PER LE PROSSIME EUROPEE
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2009 - Turisti a quattro zampe
Bondi, entrato in Forza Italia negli anni ’90 dopo essere stato sindaco di Fivizzano (Massa e Carrara) per Rifondazione comunista, ricorda che “un’autentica rivoluzione liberale Berlusconi non ha potuto farla perché i suoi principali alleati, da Fini a Casini, da La Russa a Bossi erano tutto fuorché liberali”. E prosegue esaltando quelle che ritiene le qualità del segretario del Pd. “La forza di Renzi – prosegue sul quotidiano torinese – nasce in fondo dal fatto di proporsi di realizzare quel cambiamento e quella modernizzazione che il centrodestra non può dichiarare di aver realizzato pienamente. Per queste ragioni il centrodestra dovrà scegliere, soprattutto dopo l’esito delle elezioni europee, quale tipo di opposizione condurre al governo Renzi: contrastare il suo impeto riformatore e modernizzatore oppure incalzarlo e sostenerlo in un’opera di cambiamento dal cui fallimento nessuno beneficerebbe”. Bondi, che aveva definito Angelino Alfano “il migliore di tutti noi” quando l’ex Cavaliere lo aveva nominato segretario, cita anche il politologo Piero Ignazi che in un suo libro dal titolo ‘Vent’anni dopo. La parabola del berlusconismo‘ sostiene che il berlusconismo terminerebbe sotto il segno di tre fallimenti: la costituzione di un grande partito liberal-conservatore; la modernizzazione del Paese e la rivoluzione liberale.
Bondi, senatore e coordinatore nazionale del Popolo della Libertà e di Forza Italia, ha iniziato la sua carriera politica come militante della Federazione Giovanile Comunista Italiana e sindaco di Fivizzano per il Partito Comunista Italiano. Il suo ingresso in Fi risale agli anni ’90 e per il partito di Berlusconi ha ricoperto l’incarico di coordinatore nazionale dal 2005 al 2008. Dal 2008 al 2011 Bondi, che è laureato in filosofia e ha scritto libri di poesia, ha ottenuto la carica di ministro dei Beni e delle Attività Culturali. Poi, con la fondazione del Pdl, è diventato uno dei tre coordinatori nazionali, incarico da cui ha presentato le dimissioni, sempre respinte, il 30 maggio 2011 e il 23 maggio 2012, a seguito delle elezioni amministrative. Con lo scioglimento del Pdl nel novembre del 2013 ha aderito a Fi ed è membro del Comitato di presidenza. Ma già a metà aprile, come aveva riportato Mattia Feltri su La Stampa, aveva inviato una lettera di dimissioni da amministratore nazionale di Forza Italia. All’origine della decisione l’assenza delle competenze manageriali necessarie per svolgere quel ruolo – che Bondi aveva detto di non possedere. Ma fonti vicine al politico spiegavano che a determinare la scelta fossero stati l’allontanamento della storica segretaria di Berlusconi, Marinella Brambilla, e l’influenza sempre più rilevante del “cerchio magico” intorno al Cavaliere.
L’addio di Bondi, oltretutto, ha scatenato tutta una serie di reazioni. Una su tutte: quella di Renato Schifani. “Il lucido ragionamento svolto da Sandro Bondi nella lettera inviata a La Stampa conferma la profonda confusione politica che attraversa Forza Italia, ma quello che è più stupefacente è la serenità con cui egli involontariamente dichiara l’implicito fallimento politico del suo partito” ha detto il presidente di Ncd, secondo cui “dopo aver diviso traumaticamente il PdL, Forza Italia oscilla ormai tra l’estremismo più velleitario e il sostegno al progetto di Matteo Renzi, che, se certamente rappresenta una novità perché cerca di rompere con i residui del postcomunismo, permane, tuttavia, nell’ambito di uno schieramento alternativo a quello dei moderati che afferiscono al PPE”. A sentire l’ex presidente del Senato, insomma, “la riflessione di Bondi conferma la correttezza della linea politica del Nuovo centrodestra, che oggi ha, con il suo leader Angelino Alfano, il compito di ricostruire l’area dei moderati”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04 ... ndro-bondi
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Re: La stagione dei morti viventi e il nipote del Conte Masc
Note per un baby premier.
Matteo Frenzy
(Marco Travaglio).
25/04/2014 di triskel182
Nel secondo compimese del suo governo, ci permettiamo qualche consiglio non richiesto a Matteo Renzi, sempre più Frenzy nel senso hitchcockiano di “delirio” e “frenesia”.
1. Evitare sceneggiate tipo l’uomo solo al computer che arringa via Twitter i cittadini davanti alle sedie vuote della sala stampa. I giornalisti sono quel che sono, ma un premier dovrebbe almeno fingere di rispettarli. Oltretutto sono inoffensivi.
2. Ricordare sempre da dove viene. Quando scalava il Pd e l’outsider era lui, Renzi non disdegnava programmi tv scomodi, come Servizio Pubblico, forse perché erano scomodi per chi allora stava al potere. Ora che lo sono per lui, non è una buona idea preferire i salotti comodi.La forza di un leader si misura dalla capacità di contraddire i critici, non di farsi lisciare il pelo dai servi.
3. Non scordare mai l’insegnamento del confessore: “Matteo, Dio esiste ma non sei tu, rilàssati”. Se il Pd, fino all’altroieri anti-renziano, è diventato tutto renziano, così Forza Italia, la stampa e le tv, non dipende tanto dalla sua bravura, quanto dalla cupidigia di servilismo tipica di una certa Italia. Ma il fenomeno è passeggero: alla prima difficoltà, torneranno tutti anti-renziani.
4. Non fidarsi troppo del feeling con la “gente”. Se oggi milioni di italiani “vogliono” credere in Renzi e gli perdonano tutto, è più per disperazione che per convinzione. Ma gli innamoramenti non portano mai bene ai capi popolar-populisti: dal balcone di palazzo Venezia al distributore di piazzale Loreto il passo è brevissimo.
5. Non esagerare con le promesse impossibili da mantenere. Lo choc iniziale è stato salutare, dopo l’ossario dei Monti e dei Letta. Ma, con questi chiari di luna, più promesse fai, più aspettative crei, più bugie dici, più delusioni prepari. Diceva Abramo Lincoln: “Puoi ingannare qualcuno per sempre, puoi ingannare tutti per un po’, ma non puoi ingannare tutti per sempre”.
6. Non rottamare la rottamazione: oltre alla giovane età, è la principale ragione del successo di Renzi. Che però, appena divenuto segretario e poi premier, è parso virare verso la manutenzione: la pace con D’Alema, il riciclaggio di mezzo governo Letta, le candidature di vecchi ras tipo Chiamparino e D’Alfonso, la melina sull’arresto di Genovese stanno appannando l’immagine del rottamatore. Prima o poi la gente lo noterà.
7. Evitare la sovraesposizione mediatica. Occupare tv, giornali e Rete a ogni ora del giorno e della notte, grazie anche allo stomachevole servilismo dei media, può servire a drogare i sondaggi e forse i risultati delle Europee. Ma Renzi, pur essendo un abile comunicatore, non ha il repertorio da guitto di B. per rendere sopportabile l’overdose di sé. Alla lunga può stancare.
8. Rispettare le regole. L’insofferenza alla par condicio mostrata nel mini-caso della Partita del Cuore non è un buon segno. Renzi non è più uno scout o un sindaco: la pretesa di sgambettare su un campo di calcio in diretta tv a sei giorni dal voto è vietata dalla legge. Bene ha fatto dunque a rinunciare, ma non a piagnucolare come un bambino capriccioso contro i grandi cattivi che gli han levato il pallone. E la sindrome del risotto di D’Alema da Vespa porta sfiga.
9. Badare più alla sostanza che alla forma. Dire “io riformo la legge elettorale e la Costituzione mentre gli altri chiacchierano” e poi partorire mostri come l’Italicum e il Senato delle Autonomie è insensato. Quando la gente scoprirà cosa c’è dentro le “riforme”, Renzi dovrà cambiarle o darsi alla fuga. Gli italiani chiedono riforme migliorative, non purchessia per dire di averle fatte. Ascoltare gli odiati “professoroni” e circondarsi di collaboratori migliori dell’attuale cerchio tragico potrebbe non essere una cattiva idea.
10. Combattere Grillo rubandogli le idee (a proposito: che ne è della promessa di abolire i “rimborsi elettorali”?), anziché dandogli del “milionario”. Anche perché finora Renzi si è retto sul patto d’acciaio con un miliardario, frodatore fiscale e detenuto: l’unico con cui non ha mai polemizzato. E “cambiare verso” anche lì?
Da Il Fatto Quotidiano del 25/04/2014.
Matteo Frenzy
(Marco Travaglio).
25/04/2014 di triskel182
Nel secondo compimese del suo governo, ci permettiamo qualche consiglio non richiesto a Matteo Renzi, sempre più Frenzy nel senso hitchcockiano di “delirio” e “frenesia”.
1. Evitare sceneggiate tipo l’uomo solo al computer che arringa via Twitter i cittadini davanti alle sedie vuote della sala stampa. I giornalisti sono quel che sono, ma un premier dovrebbe almeno fingere di rispettarli. Oltretutto sono inoffensivi.
2. Ricordare sempre da dove viene. Quando scalava il Pd e l’outsider era lui, Renzi non disdegnava programmi tv scomodi, come Servizio Pubblico, forse perché erano scomodi per chi allora stava al potere. Ora che lo sono per lui, non è una buona idea preferire i salotti comodi.La forza di un leader si misura dalla capacità di contraddire i critici, non di farsi lisciare il pelo dai servi.
3. Non scordare mai l’insegnamento del confessore: “Matteo, Dio esiste ma non sei tu, rilàssati”. Se il Pd, fino all’altroieri anti-renziano, è diventato tutto renziano, così Forza Italia, la stampa e le tv, non dipende tanto dalla sua bravura, quanto dalla cupidigia di servilismo tipica di una certa Italia. Ma il fenomeno è passeggero: alla prima difficoltà, torneranno tutti anti-renziani.
4. Non fidarsi troppo del feeling con la “gente”. Se oggi milioni di italiani “vogliono” credere in Renzi e gli perdonano tutto, è più per disperazione che per convinzione. Ma gli innamoramenti non portano mai bene ai capi popolar-populisti: dal balcone di palazzo Venezia al distributore di piazzale Loreto il passo è brevissimo.
5. Non esagerare con le promesse impossibili da mantenere. Lo choc iniziale è stato salutare, dopo l’ossario dei Monti e dei Letta. Ma, con questi chiari di luna, più promesse fai, più aspettative crei, più bugie dici, più delusioni prepari. Diceva Abramo Lincoln: “Puoi ingannare qualcuno per sempre, puoi ingannare tutti per un po’, ma non puoi ingannare tutti per sempre”.
6. Non rottamare la rottamazione: oltre alla giovane età, è la principale ragione del successo di Renzi. Che però, appena divenuto segretario e poi premier, è parso virare verso la manutenzione: la pace con D’Alema, il riciclaggio di mezzo governo Letta, le candidature di vecchi ras tipo Chiamparino e D’Alfonso, la melina sull’arresto di Genovese stanno appannando l’immagine del rottamatore. Prima o poi la gente lo noterà.
7. Evitare la sovraesposizione mediatica. Occupare tv, giornali e Rete a ogni ora del giorno e della notte, grazie anche allo stomachevole servilismo dei media, può servire a drogare i sondaggi e forse i risultati delle Europee. Ma Renzi, pur essendo un abile comunicatore, non ha il repertorio da guitto di B. per rendere sopportabile l’overdose di sé. Alla lunga può stancare.
8. Rispettare le regole. L’insofferenza alla par condicio mostrata nel mini-caso della Partita del Cuore non è un buon segno. Renzi non è più uno scout o un sindaco: la pretesa di sgambettare su un campo di calcio in diretta tv a sei giorni dal voto è vietata dalla legge. Bene ha fatto dunque a rinunciare, ma non a piagnucolare come un bambino capriccioso contro i grandi cattivi che gli han levato il pallone. E la sindrome del risotto di D’Alema da Vespa porta sfiga.
9. Badare più alla sostanza che alla forma. Dire “io riformo la legge elettorale e la Costituzione mentre gli altri chiacchierano” e poi partorire mostri come l’Italicum e il Senato delle Autonomie è insensato. Quando la gente scoprirà cosa c’è dentro le “riforme”, Renzi dovrà cambiarle o darsi alla fuga. Gli italiani chiedono riforme migliorative, non purchessia per dire di averle fatte. Ascoltare gli odiati “professoroni” e circondarsi di collaboratori migliori dell’attuale cerchio tragico potrebbe non essere una cattiva idea.
10. Combattere Grillo rubandogli le idee (a proposito: che ne è della promessa di abolire i “rimborsi elettorali”?), anziché dandogli del “milionario”. Anche perché finora Renzi si è retto sul patto d’acciaio con un miliardario, frodatore fiscale e detenuto: l’unico con cui non ha mai polemizzato. E “cambiare verso” anche lì?
Da Il Fatto Quotidiano del 25/04/2014.
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