referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
il manifesto 9.9.16
Referendum. Renzi personalizza su Napolitano
Il presidente del Consiglio cerca di nascondersi e sceglie un altro portabandiera del Sì. ma sceglie anche un avversario preferito: D'Alema. Il 15 settembre il confronto con il presidente dell'Anpi Smuraglia
Giorgio Napolitano contro Massimo D’Alema. Archiviata la fase della «personalizzazione», Matteo Renzi adesso non spiega più che al referendum costituzionale si dovrà votare su di lui e sul suo governo. Ieri pomeriggio a Reggio Emilia ha detto che bisognerà votare per l’ex presidente della Repubblica. E contro l’ex presidente del Consiglio. Consigliato dai sondaggi, il segretario del Pd cerca di fare passi continui indietro e invita a spostare i riflettori su altri portabandiera del Sì e del No. Scelti da lui o dal suo super consulente americano. Personalizza ancora, ma dove più gli conviene.
«Questa riforma costituzionale non è intestata a me, porta il nome e il cognome di Giorgio Napolitano», arriva a dire Renzi nel comizio alla festa di Reggio. Esagerazione che probabilmente risulterà sgradita allo stesso ex presidente della Repubblica, in prima fila tra i sostenitori del Sì, ma contrario a personalizzare una consultazione che riguarda la Costituzione. In ogni caso il presidente del Consiglio sa come blandire Napolitano: «È grazie a lui se questo paese è ancora in piedi».
Scelto il padre nobile della riforma, l’alleato numero uno – che però a suo tempo ha rifiutato l’incarico di presidente d’onore del comitato del Sì – Matteo Renzi sceglie anche l’avversario preferito: Massimo D’Alema. Lo nomina ormai in ogni comizio, anche ieri per girargli addosso l’accusa di aver tentato di rafforzare i poteri del presidente del Consiglio. «Non c’è alcun rafforzamento dei poteri del capo del governo in questa nostra riforma», assicura Renzi – sorvolando sul fatto che il governo potrà chiedere la votazione a data certa dei suoi disegni di legge e che contemporaneamente verranno ridotti i poteri del parlamento – «mentre c’era in due riforme tentate in passato, quella di Berlusconi quella di D’Alema» (che presiedeva la bicamerale). «Tra i due c’è amore – ha aggiunto Renzi – rispettiamolo». Non solo, l’ex presidente del Consiglio per Renzi è anche l’autore della riforma fallita del Titolo V (in realtà più attribuibile a Franco Bassanini, oggi sostenitore del Sì): «Adesso D’Alema dice che lui era contrario. Ma l’ha firmata. L’avrà firmata a sua insaputa», dice nel comizio, prima di farsi passare una bandiera tricolore e concludere gridando «viva l’Italia che dice Sì».
Dopo di lui a Reggio è stata la volta della senatrice Anna Finocchiaro, presidente della commissione affari costituzionali della camera ed esponente di «Sinistra per il Sì», la corrente del ministro Martina, che si è confrontata con il costituzionalista e presidente onorario del comitato per il No Gustavo Zagrebelsky. Mentre D’Alema era alla festa di Milano, da dove ha detto che dopo il lancio di lunedì scorso a Milano «si stanno formando diversi comitati del No, anche se io non me ne sto occupando». «La riforma è confusa ha aggiunto – nata dalla intenzione di semplificare, rende più complicata, più difficile la vita democratica e restringe gli spazi di partecipazione». L’ex presidente del Consiglio aveva annunciato un convegno di costituzionalisti per presentare la sua riforma «minima» e possibile della Costituzione, da approvare dopo al vittoria del No.
La data prescelta era da tempo il 15 settembre, ma ieri l’appuntamento è stato rinviato per aspettare novità sul versante della legge elettorale, e dunque la pronuncia della Corte costituzionale sull’Italicum attesa per il 4 ottobre o i giorni immediatamente successivi. Questa la motivazione ufficiale, ma sempre ieri si è appreso che sarà proprio il 15 settemebre il giorno del tanto atteso confronto tra Matteo Renzi e il presidente dell’Associazione nazionale partigiani Carlo Smuraglia. Schierata per il No, l’Anpi è stata al centro degli attacchi di parte renziana; il segretario ieri sera però si è recato in visita allo stand dei partigiani alla festa di Reggio. L’incontro tra Smuraglia e Renzi si terrà come da programma a Bologna, e a moderarlo sarà Gad Lerner, scelto dalle due parti di comune accordo.
Nel frattempo a Roma nella riunione della corrente del Pd di Gianni Cuperlo «Sinistra dem» e si sono registrate diverse posizioni favorevoli alla riforma. Tanto che non si esclude che anche dalla minoranza Pd possa nascere un comitato per il Sì.
Referendum. Renzi personalizza su Napolitano
Il presidente del Consiglio cerca di nascondersi e sceglie un altro portabandiera del Sì. ma sceglie anche un avversario preferito: D'Alema. Il 15 settembre il confronto con il presidente dell'Anpi Smuraglia
Giorgio Napolitano contro Massimo D’Alema. Archiviata la fase della «personalizzazione», Matteo Renzi adesso non spiega più che al referendum costituzionale si dovrà votare su di lui e sul suo governo. Ieri pomeriggio a Reggio Emilia ha detto che bisognerà votare per l’ex presidente della Repubblica. E contro l’ex presidente del Consiglio. Consigliato dai sondaggi, il segretario del Pd cerca di fare passi continui indietro e invita a spostare i riflettori su altri portabandiera del Sì e del No. Scelti da lui o dal suo super consulente americano. Personalizza ancora, ma dove più gli conviene.
«Questa riforma costituzionale non è intestata a me, porta il nome e il cognome di Giorgio Napolitano», arriva a dire Renzi nel comizio alla festa di Reggio. Esagerazione che probabilmente risulterà sgradita allo stesso ex presidente della Repubblica, in prima fila tra i sostenitori del Sì, ma contrario a personalizzare una consultazione che riguarda la Costituzione. In ogni caso il presidente del Consiglio sa come blandire Napolitano: «È grazie a lui se questo paese è ancora in piedi».
Scelto il padre nobile della riforma, l’alleato numero uno – che però a suo tempo ha rifiutato l’incarico di presidente d’onore del comitato del Sì – Matteo Renzi sceglie anche l’avversario preferito: Massimo D’Alema. Lo nomina ormai in ogni comizio, anche ieri per girargli addosso l’accusa di aver tentato di rafforzare i poteri del presidente del Consiglio. «Non c’è alcun rafforzamento dei poteri del capo del governo in questa nostra riforma», assicura Renzi – sorvolando sul fatto che il governo potrà chiedere la votazione a data certa dei suoi disegni di legge e che contemporaneamente verranno ridotti i poteri del parlamento – «mentre c’era in due riforme tentate in passato, quella di Berlusconi quella di D’Alema» (che presiedeva la bicamerale). «Tra i due c’è amore – ha aggiunto Renzi – rispettiamolo». Non solo, l’ex presidente del Consiglio per Renzi è anche l’autore della riforma fallita del Titolo V (in realtà più attribuibile a Franco Bassanini, oggi sostenitore del Sì): «Adesso D’Alema dice che lui era contrario. Ma l’ha firmata. L’avrà firmata a sua insaputa», dice nel comizio, prima di farsi passare una bandiera tricolore e concludere gridando «viva l’Italia che dice Sì».
Dopo di lui a Reggio è stata la volta della senatrice Anna Finocchiaro, presidente della commissione affari costituzionali della camera ed esponente di «Sinistra per il Sì», la corrente del ministro Martina, che si è confrontata con il costituzionalista e presidente onorario del comitato per il No Gustavo Zagrebelsky. Mentre D’Alema era alla festa di Milano, da dove ha detto che dopo il lancio di lunedì scorso a Milano «si stanno formando diversi comitati del No, anche se io non me ne sto occupando». «La riforma è confusa ha aggiunto – nata dalla intenzione di semplificare, rende più complicata, più difficile la vita democratica e restringe gli spazi di partecipazione». L’ex presidente del Consiglio aveva annunciato un convegno di costituzionalisti per presentare la sua riforma «minima» e possibile della Costituzione, da approvare dopo al vittoria del No.
La data prescelta era da tempo il 15 settembre, ma ieri l’appuntamento è stato rinviato per aspettare novità sul versante della legge elettorale, e dunque la pronuncia della Corte costituzionale sull’Italicum attesa per il 4 ottobre o i giorni immediatamente successivi. Questa la motivazione ufficiale, ma sempre ieri si è appreso che sarà proprio il 15 settemebre il giorno del tanto atteso confronto tra Matteo Renzi e il presidente dell’Associazione nazionale partigiani Carlo Smuraglia. Schierata per il No, l’Anpi è stata al centro degli attacchi di parte renziana; il segretario ieri sera però si è recato in visita allo stand dei partigiani alla festa di Reggio. L’incontro tra Smuraglia e Renzi si terrà come da programma a Bologna, e a moderarlo sarà Gad Lerner, scelto dalle due parti di comune accordo.
Nel frattempo a Roma nella riunione della corrente del Pd di Gianni Cuperlo «Sinistra dem» e si sono registrate diverse posizioni favorevoli alla riforma. Tanto che non si esclude che anche dalla minoranza Pd possa nascere un comitato per il Sì.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
Zagrebelsky attacca “Sul referendum governo non dignitoso”
Finocchiaro difende la riforma
di G. C.
REGGIO EMILIA. «Io non sono qui per fare un duello». Gustavo Zagrebelsky presidente onorario del comitato del No al referendum si alza in piedi con leggero inchino alla sfidante Anna Finocchiaro. «Non mi piace stare seduto perché non discutiamo di cose da salotto». E infatti si parla di riforma costituzionale in un confronto affollatissimo a Festareggio con i diversi supporter che intervengono dalla platea. Annuncio della senatrice Finocchiaro che è presidente della commissione Affari costituzionali: ci sarà una corsia veloce per la cittadinanza ai bambini stranieri nati in Italia. Questo perché si parla del valore dell’uguaglianza nella nostra Costituzione.
Un confronto, se non per cambiare le proprie ragioni almeno limarle. Finisce uno a uno e palla al centro. Ma vince la passione con cui gli sfidanti affrontano le questioni. E Finocchiaro si alza in piedi a sua volta: «Anche io che sono stata pm, lo preferisco ». Polemica sulla data. «Indignitoso continuare a traccheggiare, non può dire che a naso si voterà tra fine novembre e inizi dicembre. Arriveremo esausti, se votassimo a dicembre. Io non ne posso più già adesso. Avrei voluto dire a Renzi se l’avessi incontrato qui che la vita politica ha anche bisogno di un lessico. Tu devi dare ai cittadini una certezza sui tempi» attacca Zagrebelsky. «Come dire, vediamo quando finisce l’inferno della campagna elettorale », ironizza Finocchiaro. Che confessa avrebbe voluto mandare il testo della riforma all’Accademia della Crusca per una pulizia formale.
Quindi il merito. Contro il bicameralismo paritario, la senatrice dem ricorda il dibattito costituente. Zagrebelsky: «Non so se Mortati, Dossetti sarebbero favorevoli a questa riforma. Bisogna partire dal corpo politico, non si cambia prima la veste. Stiamo facendo passi indietro. La Costituzione si cambia sui principi e i tempi lunghi». Insiste l’ex presidente della Consulta sulla relazione tra riforma della Carte e Italicum: «Se cambiamo delle regole come queste le garanzie vengono meno ». Finocchiaro: «La riforma serve a dare efficacia e stabilità all’azione del governo ma è poi compito della politica». E rivendica la scelta che in commissione fece di non affrontare gli emendamenti che riguardavano la forma di governo. «Sistema sbilanciato sotto il profilo dei contrappesi » dice Zagrebelsky. La platea si scalda quando si parla di come si eleggono i consiglieri-senatori. Può essere autorevole un Senato fatto di consiglieri regionali e sindaci? «Dipende dalla selezione fatta dai cittadini e dai partiti» afferma Finocchiaro. Zagrebelsky replica che non è il bicameralismo a creare instabilità: «Le 40-60 crisi sono derivanti da trasformismo parlamentare o crisi interne alla maggioranza».
Finocchiaro difende la riforma
di G. C.
REGGIO EMILIA. «Io non sono qui per fare un duello». Gustavo Zagrebelsky presidente onorario del comitato del No al referendum si alza in piedi con leggero inchino alla sfidante Anna Finocchiaro. «Non mi piace stare seduto perché non discutiamo di cose da salotto». E infatti si parla di riforma costituzionale in un confronto affollatissimo a Festareggio con i diversi supporter che intervengono dalla platea. Annuncio della senatrice Finocchiaro che è presidente della commissione Affari costituzionali: ci sarà una corsia veloce per la cittadinanza ai bambini stranieri nati in Italia. Questo perché si parla del valore dell’uguaglianza nella nostra Costituzione.
Un confronto, se non per cambiare le proprie ragioni almeno limarle. Finisce uno a uno e palla al centro. Ma vince la passione con cui gli sfidanti affrontano le questioni. E Finocchiaro si alza in piedi a sua volta: «Anche io che sono stata pm, lo preferisco ». Polemica sulla data. «Indignitoso continuare a traccheggiare, non può dire che a naso si voterà tra fine novembre e inizi dicembre. Arriveremo esausti, se votassimo a dicembre. Io non ne posso più già adesso. Avrei voluto dire a Renzi se l’avessi incontrato qui che la vita politica ha anche bisogno di un lessico. Tu devi dare ai cittadini una certezza sui tempi» attacca Zagrebelsky. «Come dire, vediamo quando finisce l’inferno della campagna elettorale », ironizza Finocchiaro. Che confessa avrebbe voluto mandare il testo della riforma all’Accademia della Crusca per una pulizia formale.
Quindi il merito. Contro il bicameralismo paritario, la senatrice dem ricorda il dibattito costituente. Zagrebelsky: «Non so se Mortati, Dossetti sarebbero favorevoli a questa riforma. Bisogna partire dal corpo politico, non si cambia prima la veste. Stiamo facendo passi indietro. La Costituzione si cambia sui principi e i tempi lunghi». Insiste l’ex presidente della Consulta sulla relazione tra riforma della Carte e Italicum: «Se cambiamo delle regole come queste le garanzie vengono meno ». Finocchiaro: «La riforma serve a dare efficacia e stabilità all’azione del governo ma è poi compito della politica». E rivendica la scelta che in commissione fece di non affrontare gli emendamenti che riguardavano la forma di governo. «Sistema sbilanciato sotto il profilo dei contrappesi » dice Zagrebelsky. La platea si scalda quando si parla di come si eleggono i consiglieri-senatori. Può essere autorevole un Senato fatto di consiglieri regionali e sindaci? «Dipende dalla selezione fatta dai cittadini e dai partiti» afferma Finocchiaro. Zagrebelsky replica che non è il bicameralismo a creare instabilità: «Le 40-60 crisi sono derivanti da trasformismo parlamentare o crisi interne alla maggioranza».
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
Referendum Riforme, Napolitano rilancia il Sì, ma avverte Renzi: “Personalizzazione sbagliata. E Italicum va cambiato”
Referendum Costituzionale
In un'intervista a Repubblica, l'ex presidente della Repubblica denuncia la "guerra surreale" che infuria intorno al disegno di modifica della Costituzione. Per Napolitano nessun rischio di autoritarismo dal combinato disposto tra legge-Boschi e Italicum, ma la legge elettorale presenta storture: il meccanismo bipolare si è ormai rotto, e dunque col ballottaggio "si rischia di consegnare il 54% dei seggi a chi al primo turno ha preso molto meno del 40% dei voti"
di F. Q. | 10 settembre 2016
COMMENTI (6)
Il fastidio per “una guerra surreale“, quella che infuria intorno al referendum costituzionale, e la necessità di trovare un accordo per modificare l’Italicum. Sono questi i due temi principali affrontati da Giorgio Napolitano, in una lunga intervista concessa al direttore del quotidiano La Repubblica Mario Calabresi. Un dialogo molto ampio, in cui l’ex presidente della Repubblica ha spaziato su vari argomenti: dalla politica interna alla crisi siriana, dai problemi dell’Europa minacciata dal risorgere dei nazionalismi al complicato rapporto tra Italia e Germania. Ma è appunto sulle questioni di casa nostra che Napolitano si è concentrato con maggior attenzione.
Innanzitutto per ribadire il suo sostegno alla riforma costituzionale, il cui fallimento – sostiene – rischierebbe di risultare fatale per gli equilibri e la stabilità dell’Italia. “Credo si comprenda – afferma Napolitano – che mettere (alla cieca) a rischio la continuità e l’azione del governo oggi esponga il Paese a serie incognite in termini di convulsione politica e istituzionale“. Una situazione che si presenta come ancor “più grave” a seguito della Brexit, “perché molti, e non solo nell’Unione, aspettano di vedere, nonostante i due casi siano clamorosamente diversi, se ci sarà il bis di un rovesciamento di governo in Europa”. Quanto all’imminente referendum, Napolitano precisa in particolare due punti. Il primo “riguarda la iniziale politicizzazione e personalizzazione del referendum da parte del Presidente del Consiglio”: un atteggiamento “non condiviso” dal presidente emerito, il quale ha però apprezzato il cambio di rotta operato da Palazzo Chigi nelle ultime settimane. E dunque, “all’indomani del sia pur lento sforzo di correzione di questo approccio da parte di Renzi, nulla può giustificare la virulenza di una personalizzazione alla rovescia operata dalle più diverse opposizioni facendo del referendum il terreno di un attacco radicale a chi guida il Pd e il governo del Paese”. Il secondo punto indicato da Napolitano pone degli interrogativi sull’opportunità di prevedere una consultazione popolare su un tema così delicato: “Forse c’è anche da riflettere – argomenta l’ex capo dello Stato – se fu giusto prevedere nell’apposita mozione parlamentare, con l’accordo del governo Letta/Quagliariello, la facoltà di sottoporre comunque a referendum il testo di riforma che fosse stato approvato”.
Al direttore di Repubblica Mario Calabresi, che gli fa notare come per molti questa riforma sarebbe “un’occasione mancata”, Napolitano risponde invece che è proprio “bocciandola che se ne farebbe un’occasione mancata. Lasciando credere che si potrebbe ripartire da zero e fare meglio”. Altra critica che Napolitano respinge è quella relativa ai rischi connessi al combinato disposto tra riforma costituzionale e Italicum: una formula alla quale, precisa l’ex presidente, “non ho mai creduto”. Nessun “effetto perverso” sarebbe infatti all’orizzonte, nessun “pericolo autoritario”, dal momento che “di contrappesi vecchi e nuovi ce ne sono di assai corposi”.
Ciò su cui è opportuno riflettere, però, sono le caratteristiche intrinseche della nuova legge elettorale. L’Italicum appare inadeguato infatti soprattutto perché, attraverso il sistema del doppio turno, ripropone dei meccanismi che non si addicono ad uno schema politico ormai tripolare. “Il gioco di governo tra due schieramenti”, infatti, per Napolitano è stato “rotto”, in Italia come in altri Paesi d’Europa, dall’ascesa dei nuovi partiti. Il rischio è dunque che” vada al ballottaggio previsto dall’Italicum e vinca chi al primo turno ha ricevuto una base troppo scarsa di legittimazione col voto popolare. Si rischia di consegnare il 54% dei seggi a chi al primo turno ha preso molto meno del 40% dei voti”. Chiaro dunque il riferimento al Movimento Cinque Stelle, e all’eventualità di una loro vittoria secondo una dinamica analoga a quella che li ha portati a trionfare in molti comuni nelle scorse amministrative di giugno. Un’eventualità che, però, per Napolitano non rappresenta affatto un rischio: “Non mi sono mai posto il problema di trovare un marchingegno per impedire una possibile vittoria dei Cinquestelle né di escluderli da consultazioni ed eventuali intese per modifiche alla legge elettorale”.
Per porre rimedio alle storture dell’Italicum, spiega Napolitano, il governo dovrebbe dunque agire in fretta, e dovrebbe farlo “indipendentemente dall’attesa del pronunciamento della Consulta“, che il 4 ottobre prossimo si pronuncerà sulla costituzionalità dell’Italicum. “Dovrebbe essere interesse di Renzi” – prosegue Napolitano – “promuovere una ricognizione tra le forze parlamentari per capire quale possa essere il terreno di incontro per apportare modifiche alla legge elettorale. C’è in questo momento una sola iniziativa sul tappeto, è di esponenti di minoranza del Pd tra i quali Speranza ed è una proposta degna di essere considerata, insieme ad eventuali altre”.
Messa da parte la politica interna, Napolitano si è poi dedicato ai vari problemi dello scenario internazionale. E soprattutto a quelli che riguardano l’Europa, rispetto ai quali l’ex capo dello Stato ammette di condividere “una preoccupazione molto seria: c’è qualcosa di più di un vento euroscettico o euro distruttivo che circola da noi. Siamo davanti a un’ondata di posizioni populiste, di ‘politica della rabbia’ e di furia iconoclasta che non soffia solo in Europa ma anche negli Stati Uniti”. E riferendosi al recente successo del partito nazionalista AfD nella regione del Meclemburgo, Napolitano dichiara di aver apprezzato la “reazione della Cancelliera Merkel che non ha fatto marcia indietro e reagisce confermando piuttosto che rinnegare la sua linea sui profughi”.
La Germania rientra nelle riflessioni di Napolitano anche per un altro motivo, però, e cioè per gli altalenanti rapporti diplomatici tra Roma e Berlino in questi ultimi mesi, soprattutto per quanto riguarda i temi economici. L’ex presidente della Repubblica giudica in modo negativo alcuni recenti atteggiamenti del governo Renzi. “Dal punto di vista del rapporto tra i due governi c’è stato un momento di notevole tensione al Consiglio europeo dello scorso dicembre anche per accenti del governo italiano che non considerai persuasivi, ma poi si è trovato il modo di operare un positivo riequilibrio”.
Referendum Costituzionale
In un'intervista a Repubblica, l'ex presidente della Repubblica denuncia la "guerra surreale" che infuria intorno al disegno di modifica della Costituzione. Per Napolitano nessun rischio di autoritarismo dal combinato disposto tra legge-Boschi e Italicum, ma la legge elettorale presenta storture: il meccanismo bipolare si è ormai rotto, e dunque col ballottaggio "si rischia di consegnare il 54% dei seggi a chi al primo turno ha preso molto meno del 40% dei voti"
di F. Q. | 10 settembre 2016
COMMENTI (6)
Il fastidio per “una guerra surreale“, quella che infuria intorno al referendum costituzionale, e la necessità di trovare un accordo per modificare l’Italicum. Sono questi i due temi principali affrontati da Giorgio Napolitano, in una lunga intervista concessa al direttore del quotidiano La Repubblica Mario Calabresi. Un dialogo molto ampio, in cui l’ex presidente della Repubblica ha spaziato su vari argomenti: dalla politica interna alla crisi siriana, dai problemi dell’Europa minacciata dal risorgere dei nazionalismi al complicato rapporto tra Italia e Germania. Ma è appunto sulle questioni di casa nostra che Napolitano si è concentrato con maggior attenzione.
Innanzitutto per ribadire il suo sostegno alla riforma costituzionale, il cui fallimento – sostiene – rischierebbe di risultare fatale per gli equilibri e la stabilità dell’Italia. “Credo si comprenda – afferma Napolitano – che mettere (alla cieca) a rischio la continuità e l’azione del governo oggi esponga il Paese a serie incognite in termini di convulsione politica e istituzionale“. Una situazione che si presenta come ancor “più grave” a seguito della Brexit, “perché molti, e non solo nell’Unione, aspettano di vedere, nonostante i due casi siano clamorosamente diversi, se ci sarà il bis di un rovesciamento di governo in Europa”. Quanto all’imminente referendum, Napolitano precisa in particolare due punti. Il primo “riguarda la iniziale politicizzazione e personalizzazione del referendum da parte del Presidente del Consiglio”: un atteggiamento “non condiviso” dal presidente emerito, il quale ha però apprezzato il cambio di rotta operato da Palazzo Chigi nelle ultime settimane. E dunque, “all’indomani del sia pur lento sforzo di correzione di questo approccio da parte di Renzi, nulla può giustificare la virulenza di una personalizzazione alla rovescia operata dalle più diverse opposizioni facendo del referendum il terreno di un attacco radicale a chi guida il Pd e il governo del Paese”. Il secondo punto indicato da Napolitano pone degli interrogativi sull’opportunità di prevedere una consultazione popolare su un tema così delicato: “Forse c’è anche da riflettere – argomenta l’ex capo dello Stato – se fu giusto prevedere nell’apposita mozione parlamentare, con l’accordo del governo Letta/Quagliariello, la facoltà di sottoporre comunque a referendum il testo di riforma che fosse stato approvato”.
Al direttore di Repubblica Mario Calabresi, che gli fa notare come per molti questa riforma sarebbe “un’occasione mancata”, Napolitano risponde invece che è proprio “bocciandola che se ne farebbe un’occasione mancata. Lasciando credere che si potrebbe ripartire da zero e fare meglio”. Altra critica che Napolitano respinge è quella relativa ai rischi connessi al combinato disposto tra riforma costituzionale e Italicum: una formula alla quale, precisa l’ex presidente, “non ho mai creduto”. Nessun “effetto perverso” sarebbe infatti all’orizzonte, nessun “pericolo autoritario”, dal momento che “di contrappesi vecchi e nuovi ce ne sono di assai corposi”.
Ciò su cui è opportuno riflettere, però, sono le caratteristiche intrinseche della nuova legge elettorale. L’Italicum appare inadeguato infatti soprattutto perché, attraverso il sistema del doppio turno, ripropone dei meccanismi che non si addicono ad uno schema politico ormai tripolare. “Il gioco di governo tra due schieramenti”, infatti, per Napolitano è stato “rotto”, in Italia come in altri Paesi d’Europa, dall’ascesa dei nuovi partiti. Il rischio è dunque che” vada al ballottaggio previsto dall’Italicum e vinca chi al primo turno ha ricevuto una base troppo scarsa di legittimazione col voto popolare. Si rischia di consegnare il 54% dei seggi a chi al primo turno ha preso molto meno del 40% dei voti”. Chiaro dunque il riferimento al Movimento Cinque Stelle, e all’eventualità di una loro vittoria secondo una dinamica analoga a quella che li ha portati a trionfare in molti comuni nelle scorse amministrative di giugno. Un’eventualità che, però, per Napolitano non rappresenta affatto un rischio: “Non mi sono mai posto il problema di trovare un marchingegno per impedire una possibile vittoria dei Cinquestelle né di escluderli da consultazioni ed eventuali intese per modifiche alla legge elettorale”.
Per porre rimedio alle storture dell’Italicum, spiega Napolitano, il governo dovrebbe dunque agire in fretta, e dovrebbe farlo “indipendentemente dall’attesa del pronunciamento della Consulta“, che il 4 ottobre prossimo si pronuncerà sulla costituzionalità dell’Italicum. “Dovrebbe essere interesse di Renzi” – prosegue Napolitano – “promuovere una ricognizione tra le forze parlamentari per capire quale possa essere il terreno di incontro per apportare modifiche alla legge elettorale. C’è in questo momento una sola iniziativa sul tappeto, è di esponenti di minoranza del Pd tra i quali Speranza ed è una proposta degna di essere considerata, insieme ad eventuali altre”.
Messa da parte la politica interna, Napolitano si è poi dedicato ai vari problemi dello scenario internazionale. E soprattutto a quelli che riguardano l’Europa, rispetto ai quali l’ex capo dello Stato ammette di condividere “una preoccupazione molto seria: c’è qualcosa di più di un vento euroscettico o euro distruttivo che circola da noi. Siamo davanti a un’ondata di posizioni populiste, di ‘politica della rabbia’ e di furia iconoclasta che non soffia solo in Europa ma anche negli Stati Uniti”. E riferendosi al recente successo del partito nazionalista AfD nella regione del Meclemburgo, Napolitano dichiara di aver apprezzato la “reazione della Cancelliera Merkel che non ha fatto marcia indietro e reagisce confermando piuttosto che rinnegare la sua linea sui profughi”.
La Germania rientra nelle riflessioni di Napolitano anche per un altro motivo, però, e cioè per gli altalenanti rapporti diplomatici tra Roma e Berlino in questi ultimi mesi, soprattutto per quanto riguarda i temi economici. L’ex presidente della Repubblica giudica in modo negativo alcuni recenti atteggiamenti del governo Renzi. “Dal punto di vista del rapporto tra i due governi c’è stato un momento di notevole tensione al Consiglio europeo dello scorso dicembre anche per accenti del governo italiano che non considerai persuasivi, ma poi si è trovato il modo di operare un positivo riequilibrio”.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
REFERENDUM COSTITUZIONALE
Referendum costituzionale, e se gli indecisi si astenessero?
di Mauro Barberis | 13 settembre 2016
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Più informazioni su: Italicum, Referendum Costituzionale 2016
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Mauro Barberis
Docente di Diritto, Università di Trieste
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Nella campagna referendaria d’autunno, siamo entrati nella fase del “basta discutere d’altro, entriamo nel merito della riforma”. È una parola. Sono due anni che cerco di informare i lettori del Fatto e del Secolo XIX, ma confesso che non è tanto la riforma, per quanto disarmante, a farmi optare per il “No”, quanto l’Italicum, questa specie di roulette russa elettorale. Ora, siccome Renzi non lo cambierà mai, non prima della decisione della Corte costituzionale e del referendum, e meno che mai dopo, specie se vincerà, ecco che non ho alternative: continuerò a invitare gli elettori ad andare alle urne e a votare “No”.
Detto questo, però, non posso evitare di guardare i sondaggi e constatare che, mentre “Sì” e “No” oscillano da mesi, gli indecisi non accennano a diminuire, e talvolta addirittura aumentano. I sondaggisti di Demos, le cui indagini sono state riportate su Repubblica ritengono che, fra quanti andranno a votare, il “Sì” prevarrà tra pensionati, casalinghe e persone meno istruite, il “No” tra studenti, dipendenti pubblici, professionisti e in genere tra persone con un livello di istruzione più alto. Questa osservazione, unita al tasso costante di indecisi, lascia pensare che quanti conoscono davvero la riforma siano un’infima minoranza, specie tra i “Sì”.
Ora, il dubbio che vorrei esporre ai lettori del Fatto – che spero proprio vadano a votare, loro che sono stati informati correttamente – è il seguente: tutti quelli che non hanno le idee chiare non farebbero meglio ad astenersi? Attenzione, non sono certo loro a doversi vergognare: semmai, chi ha scritto una riforma illeggibile, e ora pretende che gli si creda sulla parola. Del resto, anche per i più informati è arduo rispondere con un “Sì” o con un “No” a quesiti così complessi. Infine, i risultati saranno validi comunque, perché al referendum costituzionale non c’è quorum. E allora il dubbio diviene assillante: chi ci ha capito poco o nulla, e non per colpa sua, non farebbe meglio ad astenersi?
Referendum costituzionale, e se gli indecisi si astenessero?
di Mauro Barberis | 13 settembre 2016
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Nella campagna referendaria d’autunno, siamo entrati nella fase del “basta discutere d’altro, entriamo nel merito della riforma”. È una parola. Sono due anni che cerco di informare i lettori del Fatto e del Secolo XIX, ma confesso che non è tanto la riforma, per quanto disarmante, a farmi optare per il “No”, quanto l’Italicum, questa specie di roulette russa elettorale. Ora, siccome Renzi non lo cambierà mai, non prima della decisione della Corte costituzionale e del referendum, e meno che mai dopo, specie se vincerà, ecco che non ho alternative: continuerò a invitare gli elettori ad andare alle urne e a votare “No”.
Detto questo, però, non posso evitare di guardare i sondaggi e constatare che, mentre “Sì” e “No” oscillano da mesi, gli indecisi non accennano a diminuire, e talvolta addirittura aumentano. I sondaggisti di Demos, le cui indagini sono state riportate su Repubblica ritengono che, fra quanti andranno a votare, il “Sì” prevarrà tra pensionati, casalinghe e persone meno istruite, il “No” tra studenti, dipendenti pubblici, professionisti e in genere tra persone con un livello di istruzione più alto. Questa osservazione, unita al tasso costante di indecisi, lascia pensare che quanti conoscono davvero la riforma siano un’infima minoranza, specie tra i “Sì”.
Ora, il dubbio che vorrei esporre ai lettori del Fatto – che spero proprio vadano a votare, loro che sono stati informati correttamente – è il seguente: tutti quelli che non hanno le idee chiare non farebbero meglio ad astenersi? Attenzione, non sono certo loro a doversi vergognare: semmai, chi ha scritto una riforma illeggibile, e ora pretende che gli si creda sulla parola. Del resto, anche per i più informati è arduo rispondere con un “Sì” o con un “No” a quesiti così complessi. Infine, i risultati saranno validi comunque, perché al referendum costituzionale non c’è quorum. E allora il dubbio diviene assillante: chi ci ha capito poco o nulla, e non per colpa sua, non farebbe meglio ad astenersi?
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
13 SET 2016 18:21
A QUANDO L'INVASIONE DELLE CAVALLETTE SE VINCE IL "NO" AL REFERENDUM?
- PURE L'AGENZIA DI RATING FITCH PREVEDE SFRACELLI, COME L'AMBASCIATORE USA
- BERSANI NON CI STA E S'INCAZZA CON GLI AMERICANI: "PER CHI C'HANNO PRESO? UNA GRAVE INGERENZA"
1. Allarme Fitch (dall'Ansa)
Dopo l'endorsment dell'ambasciatore americano ("una vittoria del no terrebbe lontani gli investitori stranieri dall'Italia") arriva anche l'allarme di Fitch sulle turbolenze che potrebbero seguire a una eventuale vittoria del no.
Ogni turbolenza politica o problemi nel settore bancario che si possano ripercuotere sull'economia reale o sul debito pubblico, potrebbe portare a un intervento negativo sul rating dell'Italia. Lo ha affermato il responsabile rating sovrani per Europa Medio Oriente di Fitch, Edward Parker, a una conferenza a Londra, secondo quanto riferisce Bloomberg. "Se ci fosse un voto 'no', lo vedremmo come uno shock negativo per l'economia e il merito di credito italiano", ha dichiarato, come si legge sul sito online di Reuters.
2. Bersani si ribella (da Huffingtonpost)
Protesta anche Pier Luigi Bersani: "Le parole dell'ambasciatore americano sono cose da non credere. Per chi ci prendono?" dice conversando con i cronisti in Transatlantico. "Aver allestito un appuntamento come se fosse un giudizio di Dio, un fatto cosmico, darà fiato alla speculazione finanziaria e a chi vuol mettere le mani sul nostro sistema. Chi ha il potere di farlo deve raffreddare il clima" aggiunge l'ex segretario dem.
"Il giorno dopo ci sveglieremo come il giorno prima, con gli stessi problemi, le stesse opportunità e con il governo che abbiamo adesso, checchè ne dicano le agenzie di rating. Teniamo i piedi per terra". Secondo i deputati M5S in commissione Affari costituzionali ed Esteri, "quello dell'ambasciatore statunitense a Roma ci sembra un intervento irrituale e appare come una grave ingerenza negli affari interni di un altro Paese".
A QUANDO L'INVASIONE DELLE CAVALLETTE SE VINCE IL "NO" AL REFERENDUM?
- PURE L'AGENZIA DI RATING FITCH PREVEDE SFRACELLI, COME L'AMBASCIATORE USA
- BERSANI NON CI STA E S'INCAZZA CON GLI AMERICANI: "PER CHI C'HANNO PRESO? UNA GRAVE INGERENZA"
1. Allarme Fitch (dall'Ansa)
Dopo l'endorsment dell'ambasciatore americano ("una vittoria del no terrebbe lontani gli investitori stranieri dall'Italia") arriva anche l'allarme di Fitch sulle turbolenze che potrebbero seguire a una eventuale vittoria del no.
Ogni turbolenza politica o problemi nel settore bancario che si possano ripercuotere sull'economia reale o sul debito pubblico, potrebbe portare a un intervento negativo sul rating dell'Italia. Lo ha affermato il responsabile rating sovrani per Europa Medio Oriente di Fitch, Edward Parker, a una conferenza a Londra, secondo quanto riferisce Bloomberg. "Se ci fosse un voto 'no', lo vedremmo come uno shock negativo per l'economia e il merito di credito italiano", ha dichiarato, come si legge sul sito online di Reuters.
2. Bersani si ribella (da Huffingtonpost)
Protesta anche Pier Luigi Bersani: "Le parole dell'ambasciatore americano sono cose da non credere. Per chi ci prendono?" dice conversando con i cronisti in Transatlantico. "Aver allestito un appuntamento come se fosse un giudizio di Dio, un fatto cosmico, darà fiato alla speculazione finanziaria e a chi vuol mettere le mani sul nostro sistema. Chi ha il potere di farlo deve raffreddare il clima" aggiunge l'ex segretario dem.
"Il giorno dopo ci sveglieremo come il giorno prima, con gli stessi problemi, le stesse opportunità e con il governo che abbiamo adesso, checchè ne dicano le agenzie di rating. Teniamo i piedi per terra". Secondo i deputati M5S in commissione Affari costituzionali ed Esteri, "quello dell'ambasciatore statunitense a Roma ci sembra un intervento irrituale e appare come una grave ingerenza negli affari interni di un altro Paese".
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
Titolo dalla seconda pagina del Fatto di oggi:
L'America vota Renzi
e spinge Bersani sul NO
A' Bersa', ma ce voleveno gli ammericà pe' fatte di de NO
L'America vota Renzi
e spinge Bersani sul NO
A' Bersa', ma ce voleveno gli ammericà pe' fatte di de NO
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
SMETTIAMOLA DI DISCUTERE A LIVELLO NAZIONALE DEL VOTO SUL REFERENDUM, SI O NO. NON C’ENTRA NIENTE CON LA NOSTRA COSTITUZIONE. CHE NON E’ STATA ANCORA OGGI APPLICATA PER L’INTERO.
QUESTA VOLTA LA MASSONERIA FINANZIARIA CHE GOVERNA IL MONDO OCCIDENTALE SI E’ SPUTTANATA.
VUOLE IL CONTROLLO ASSOLUTO DELL’ITALIA PER DOMINARE TRANQUILLA NEI PROSSIMI ANNI.
ALL’INSEGNA DEL “SUDDITI, FORZA MERLI IMBECILLI”.
E ALLORA, VISTO CHE SI METTE MALE NEI SONDAGGI, E CHE BENITO, PINOCCHIO MUSSOLONI NON RIESCE A REALIZZARE QUANTO PROMESSO PRIMA DELL’INSEDIAMENTO, GLI AMMERICA’ COMINCIANO CON LA POLITICA DEL TERRORE.
IN FRANCIA PER ATTUARE LA POLITICA DEL TERRORE SI SONO INVENTATI L’ISIS.
DA NOI NON CI SONO ANCORA ARRIVATI PERCHE’ DOVREBBERO INTERFERIRE CON GLI AFFARI DI MAFIA, 'NDRANGHETA, CAMORRA. MA NON E’ DETTO.
DIPENDE FINO A CHE PUNTO SONO DISPOSTI A FERMARE IL LORO DISEGNO CRIMINALE.
QUESTA VOLTA LA MASSONERIA FINANZIARIA CHE GOVERNA IL MONDO OCCIDENTALE SI E’ SPUTTANATA.
VUOLE IL CONTROLLO ASSOLUTO DELL’ITALIA PER DOMINARE TRANQUILLA NEI PROSSIMI ANNI.
ALL’INSEGNA DEL “SUDDITI, FORZA MERLI IMBECILLI”.
E ALLORA, VISTO CHE SI METTE MALE NEI SONDAGGI, E CHE BENITO, PINOCCHIO MUSSOLONI NON RIESCE A REALIZZARE QUANTO PROMESSO PRIMA DELL’INSEDIAMENTO, GLI AMMERICA’ COMINCIANO CON LA POLITICA DEL TERRORE.
IN FRANCIA PER ATTUARE LA POLITICA DEL TERRORE SI SONO INVENTATI L’ISIS.
DA NOI NON CI SONO ANCORA ARRIVATI PERCHE’ DOVREBBERO INTERFERIRE CON GLI AFFARI DI MAFIA, 'NDRANGHETA, CAMORRA. MA NON E’ DETTO.
DIPENDE FINO A CHE PUNTO SONO DISPOSTI A FERMARE IL LORO DISEGNO CRIMINALE.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
PURTROPPO, SIAMO IN PRESENZA DI BANDITI CRIMINALI CHE PUR DI MANTENERE IL POTERE SONO DISPOSTI A TUTTO.
LA GRANDE FREGATURA E' CHE CI SONO TROPPI MERLI CHE CREDONO A TUTTO
“Se vince il Sì le bollette saranno meno care”
L’ultimo slogan (falso) del fronte pro-Riforma
Per il comitato sarà la fine dei conflitti Regioni-Stato. Che però sull’energia già legifera in autonomia
Mattarella: “Sovranità rimane agli elettori” / Renzi: “Per Di Maio io come Pinochet? Offesa Repubblica”
boschi-renzi-bolletta-pp
Referendum Costituzionale
Secondo il sito Bastaunsì.it, i continui conflitti tra Stato e Regioni in materia di energia allungano i tempi per la costruzione delle infrastrutture e fanno scappare gli investitori. Conseguenza: poca concorrenza e costi alti in bolletta per gli utenti italiani. “Un ragionamento che non sta né in cielo né in terra” dice il costituzionalista Enzo Di Salvatore. Del resto l’energia è materia strategica e lo Stato può già legiferare e adottare provvedimenti amministrativi esautorando facilmente le Regioni di Virginia Della Sala
LA GRANDE FREGATURA E' CHE CI SONO TROPPI MERLI CHE CREDONO A TUTTO
“Se vince il Sì le bollette saranno meno care”
L’ultimo slogan (falso) del fronte pro-Riforma
Per il comitato sarà la fine dei conflitti Regioni-Stato. Che però sull’energia già legifera in autonomia
Mattarella: “Sovranità rimane agli elettori” / Renzi: “Per Di Maio io come Pinochet? Offesa Repubblica”
boschi-renzi-bolletta-pp
Referendum Costituzionale
Secondo il sito Bastaunsì.it, i continui conflitti tra Stato e Regioni in materia di energia allungano i tempi per la costruzione delle infrastrutture e fanno scappare gli investitori. Conseguenza: poca concorrenza e costi alti in bolletta per gli utenti italiani. “Un ragionamento che non sta né in cielo né in terra” dice il costituzionalista Enzo Di Salvatore. Del resto l’energia è materia strategica e lo Stato può già legiferare e adottare provvedimenti amministrativi esautorando facilmente le Regioni di Virginia Della Sala
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
IL BASTONE E LA CAROTA
TRUFFE E TRUFFATORI IN SPE., SEMPRE ALLERTA
DOPO LE MINACCE DELL'AMBASCIATORE A STELLE E STRISCE CHE HA FATTO USCIRE DALL'ARMADIO MATTARELLA(IL BASTONE), ECCO LA CAROTA DI CONFINDUSTRIA, ADESSO GUIDATA DA UN UOMO DI RENZI
Assist di Confindustria a Renzi: "Sì al referendum per la crescita"
Anche Confindustria tira la volata al governo per il "sì" al referendum. "E' vitale proseguire e anzi approfondire il processo riformista"
Claudio Torre - Gio, 15/09/2016 - 11:26
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Anche Confindustria tira la volata al governo per il "sì" al referendum. "E' vitale proseguire e anzi approfondire il processo riformista.
E questo dipende dall'esito del referendum sulle modifiche alla Costituzione che migliorerebbero la governabilità del Paese e aiuterebbero a far cadere acuni degli impedimenti agli investimenti", spiega il rapporto del Centro Studi di Confindustrai nel ribadire l'incondizionato appoggio al prossimo referendum costituzionale. Poi nel rapporto viene fatta un'analisi sullo stato dell'economia italiana. E su questo fronte la posizione degli industriali appare critica, numeri alla mano.
Crescita insoddisfacente e una ripresa che toccherà i livelli pre-crisi solo nel 2028. I dati della confederazione degli industriali rivedono al ribasso le stime del Pil per il 2016 e il 2017 e parlano di crescita "bassa e insoddisfacente": per l’anno in corso il prodotto interno lordo passa a +0,7% (da +0,8%) e per il prossimo anno a +0,5% (da +0,6%). "Nel contesto di accresciuta turbolenza globale - si legge ne "Le sfide della politica economica" - l’economia italiana presenta una debolezza superiore all’atteso. La risalita del Pil si è arrestata già dalla scorsa primavera. Gli ultimi indicatori congiunturali non puntano a un suo rapido riavvio, piuttosto confermano il profilo piatto. I rischi si mantengono verso il basso. La crescita indicata per il 2017, sebbene già del tutto insoddisfacente, non è scontata e va conquistata". "L’urgenza di misure a favore degli investimenti e che spronino la produttività è ribadita dalla sostanziale conferma delle previsioni Csc di bassa crescita", prosegue il rapporto. "Il forte aumento dell’incertezza - spiega Luca Paolazzi, direttore del Csc - è legato questa volta anche alla questione politica, all’evidente incertezza politica".
Anche sul fronte del lavoro i dati di Confidustria fotografano una situazione poco rosea: l’occupazione continua a salire ma perderà slancio a metà anno e nel 2017; dall’altra parte i disoccupati sono in lento calo ma il tasso dei senza lavoro resterà "elevato". Confindustria infine sottolinea l'esigenza di maggiore flessibilità in sede Ue: "Senza margini di flessibilità aggiuntivi per il 2017 sarà necessaria una manovra complessiva sui saldi di 16,6 miliardi". Il Csc ricorda che l’obiettivo di deficit per il 2017 è fissato all’1,8% del Pil ma "il deterioramento del quadro economico negli ultimi mesi, comporta un peggioramento del deficit, e a parità di obiettivo, richiederebbe uno sforzo maggiore di quello fin qui previsto. È quindi assolutamente necessario negoziare margini di flessibilità aggiuntivi in sede Ue, magari legati all’approvazione referendaria della riforma Costituzionale". Secondo gli analisti di Viale dell’Astronomia, "la crescita si ferma nel 2016 allo 0,7% e nel 2017 allo 0,5%, con un deficit che raggiunge il prossimo anno il 2,3%. Ciò -osserva il Csc - richiederebbe una manovra complessiva sui saldi di 16,6 miliardi". Confindustria, infine, suggerisce di concentrare "le poche risorse disponibili su tre priorità: il sostegno agli investimenti privati e infrastrutturali, lo scambio salario-produttività a livello decentrato e la crescita dimensionale delle imprese".
TRUFFE E TRUFFATORI IN SPE., SEMPRE ALLERTA
DOPO LE MINACCE DELL'AMBASCIATORE A STELLE E STRISCE CHE HA FATTO USCIRE DALL'ARMADIO MATTARELLA(IL BASTONE), ECCO LA CAROTA DI CONFINDUSTRIA, ADESSO GUIDATA DA UN UOMO DI RENZI
Assist di Confindustria a Renzi: "Sì al referendum per la crescita"
Anche Confindustria tira la volata al governo per il "sì" al referendum. "E' vitale proseguire e anzi approfondire il processo riformista"
Claudio Torre - Gio, 15/09/2016 - 11:26
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Anche Confindustria tira la volata al governo per il "sì" al referendum. "E' vitale proseguire e anzi approfondire il processo riformista.
E questo dipende dall'esito del referendum sulle modifiche alla Costituzione che migliorerebbero la governabilità del Paese e aiuterebbero a far cadere acuni degli impedimenti agli investimenti", spiega il rapporto del Centro Studi di Confindustrai nel ribadire l'incondizionato appoggio al prossimo referendum costituzionale. Poi nel rapporto viene fatta un'analisi sullo stato dell'economia italiana. E su questo fronte la posizione degli industriali appare critica, numeri alla mano.
Crescita insoddisfacente e una ripresa che toccherà i livelli pre-crisi solo nel 2028. I dati della confederazione degli industriali rivedono al ribasso le stime del Pil per il 2016 e il 2017 e parlano di crescita "bassa e insoddisfacente": per l’anno in corso il prodotto interno lordo passa a +0,7% (da +0,8%) e per il prossimo anno a +0,5% (da +0,6%). "Nel contesto di accresciuta turbolenza globale - si legge ne "Le sfide della politica economica" - l’economia italiana presenta una debolezza superiore all’atteso. La risalita del Pil si è arrestata già dalla scorsa primavera. Gli ultimi indicatori congiunturali non puntano a un suo rapido riavvio, piuttosto confermano il profilo piatto. I rischi si mantengono verso il basso. La crescita indicata per il 2017, sebbene già del tutto insoddisfacente, non è scontata e va conquistata". "L’urgenza di misure a favore degli investimenti e che spronino la produttività è ribadita dalla sostanziale conferma delle previsioni Csc di bassa crescita", prosegue il rapporto. "Il forte aumento dell’incertezza - spiega Luca Paolazzi, direttore del Csc - è legato questa volta anche alla questione politica, all’evidente incertezza politica".
Anche sul fronte del lavoro i dati di Confidustria fotografano una situazione poco rosea: l’occupazione continua a salire ma perderà slancio a metà anno e nel 2017; dall’altra parte i disoccupati sono in lento calo ma il tasso dei senza lavoro resterà "elevato". Confindustria infine sottolinea l'esigenza di maggiore flessibilità in sede Ue: "Senza margini di flessibilità aggiuntivi per il 2017 sarà necessaria una manovra complessiva sui saldi di 16,6 miliardi". Il Csc ricorda che l’obiettivo di deficit per il 2017 è fissato all’1,8% del Pil ma "il deterioramento del quadro economico negli ultimi mesi, comporta un peggioramento del deficit, e a parità di obiettivo, richiederebbe uno sforzo maggiore di quello fin qui previsto. È quindi assolutamente necessario negoziare margini di flessibilità aggiuntivi in sede Ue, magari legati all’approvazione referendaria della riforma Costituzionale". Secondo gli analisti di Viale dell’Astronomia, "la crescita si ferma nel 2016 allo 0,7% e nel 2017 allo 0,5%, con un deficit che raggiunge il prossimo anno il 2,3%. Ciò -osserva il Csc - richiederebbe una manovra complessiva sui saldi di 16,6 miliardi". Confindustria, infine, suggerisce di concentrare "le poche risorse disponibili su tre priorità: il sostegno agli investimenti privati e infrastrutturali, lo scambio salario-produttività a livello decentrato e la crescita dimensionale delle imprese".
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
Referendum costituzionale, i cittadini sono i veri estranei
di Furio Colombo | 18 settembre 2016
| Commenti (18)
Passano i giorni e i mesi dalla fine di Marco Pannella (per fortuna non è finito, ha detto cose che bastano per altre due vite), e ti manca quel suo accanito ripetere (da solo) che ci viene negato il diritto di sapere, il diritto alla conoscenza. E ci viene lasciato solo un finto diritto di decidere credendo di sapere. Ogni personaggio della politica sta guardando altrove, mentre parla a un altro politico o a un altro editorialista e dicendo parole in codice (le capisci solo se sei nella stanza).
Manca uno “sportello dei cittadini”, un posto dove vai per chiedere che cosa sta succedendo, e perché sta succedendo, e chi ha deciso (o non deciso) che stia succedendo. Un utile esempio di separazione fra cittadini e politica è stato di inviare all’improvviso in Libia duecento paracadutisti italiani scortati da cento infermieri, che costruiranno un grande ospedale, e per questo i soldati vanno a fare la guardia. Dove? In una zona petrolifera appena occupata da truppe non nemiche (ma neppure amiche, diciamo estranee) mentre infuria tuttora la battaglia di Sirte (di cui era stata annunciata varie volte la conquista), e ci sfugge la scelta del tempo e del luogo e del mettere così pochi soldati e così tanti infermieri nel mezzo di violentissime lotte fratricide fra tribù divise da ragioni note e ignote. Credevamo che l’isolamento dei cittadini da chi li governa o li rappresenta fosse al colmo, ma ecco che l’ambasciatore americano, a nome del presidente Obama, dichiara che l’eventuale voto No alle modifiche Boschi (Boschi, non Rodotà-Sartori) alla Costituzione italiana danneggerebbe gravemente la reputazione italiana. L’ambasciatore americano si schiera con una lunga lista di imprese e potenze finanziarie. Perché? Pur apprezzando la cauta obiezione del nostro presidente della Repubblica (“la decisione spetta ai cittadini”) una più adeguata risposta sarebbe stata affidare al nostro ambasciatore a Washington una nota a sostegno di Hillary Clinton. Evidentemente non si può. Ma perché, allora, si può a carico dell’Italia? Che ci sia, mi domando, nel testo Boschi, coperta dal confuso linguaggio, una parola o una frase convenuta che sembra niente (come tutta la legge di riforma), ma può cambiare il mondo? Lo sportello delle informazioni al cittadino resta chiuso. E poiché c’è stato, con Pannella (lo abbiamo appena detto), un solo garante dei cittadini nella vita politica italiana, quello sportello non aprirà tanto presto. Ecco altre prove.
Matteo Renzi, senza dire perché, all’inizio lega il suo nome al referendum. Decisione strana, perché almeno in apparenza, non è il governo (prima carica di Renzi) né il partito (altra prima carica di Renzi) che riscrive, sia pure male, la Costituzione, ma il Parlamento. Un po’ dopo, senza dire perché, Matteo Renzi separa il suo nome dall’esito del referendum. Ma lo dice agli amici e avversari del suo partito, e lo dice agli altri leader di partito e a Bruno Vespa. Ai cittadini mai. Dovrebbe dare spiegazioni che non gli garbano. Però rimangono a Renzi dei dubbi, che circolano sempre e solo all’interno del club: quale sarà la data giusta del referendum? Subito mostra l’intenzione di tirarla in lungo: forse ottobre, forse novembre, forse dicembre… La data diventa misteriosa come le parole-chiave nascoste nel testo della Boschi, che mettono sul chi vive Obama e fanno scattare l’ambasciatore americano e le agenzie internazionali di rating. Che cosa vede, Renzi, nella decisione di quella data? Dov’è il senso, di partito, di governo, di leader, di innovatore?
Non dovevamo fare in fretta, un Paese di bersaglieri e crocerossine che sfilano nel 2 giugno della nuova Italia? Voi dite: ma avviene tutto in pubblico, e noi siamo informati in tempo reale sia del decidere che nel non decidere. Vero. Ma, come degli altri eventi che ho elencato, e dei moltissimi che mancano in questa pagina (pensate al gioco delle pensioni, a cui non si rinuncia mai, nel tempo libero, terrorizzando i vecchi, disincentivando i giovani e creando rabbia e disprezzo fra generazioni), anche il poco e circospetto comunicare ad alta voce avviene da capitano a capitano, da nave a nave. Anche il rivolgersi ai cittadini è finto, perché è sempre un messaggio di un politico a un altro politico. In questo senso, persino i nuovi Cinque Stelle sono diventati subito maestri. A chi insiste, tra loro, e vuole sapere, dirai con severità che è molto meglio lavorare che perdersi in chiacchiere. Nessun dubbio: ogni politico (del tipo di prima, seconda e, forse, terza Repubblica) parla, se parla, solo all’altro politico e a quelle copie conformi che sono certi giornalisti. Non spiega niente agli estranei E nessuno ha intenzione (né i santi né i perversi) di rendere conto ai cittadini. Che sono gli estranei.
di Furio Colombo | 18 settembre 2016
di Furio Colombo | 18 settembre 2016
| Commenti (18)
Passano i giorni e i mesi dalla fine di Marco Pannella (per fortuna non è finito, ha detto cose che bastano per altre due vite), e ti manca quel suo accanito ripetere (da solo) che ci viene negato il diritto di sapere, il diritto alla conoscenza. E ci viene lasciato solo un finto diritto di decidere credendo di sapere. Ogni personaggio della politica sta guardando altrove, mentre parla a un altro politico o a un altro editorialista e dicendo parole in codice (le capisci solo se sei nella stanza).
Manca uno “sportello dei cittadini”, un posto dove vai per chiedere che cosa sta succedendo, e perché sta succedendo, e chi ha deciso (o non deciso) che stia succedendo. Un utile esempio di separazione fra cittadini e politica è stato di inviare all’improvviso in Libia duecento paracadutisti italiani scortati da cento infermieri, che costruiranno un grande ospedale, e per questo i soldati vanno a fare la guardia. Dove? In una zona petrolifera appena occupata da truppe non nemiche (ma neppure amiche, diciamo estranee) mentre infuria tuttora la battaglia di Sirte (di cui era stata annunciata varie volte la conquista), e ci sfugge la scelta del tempo e del luogo e del mettere così pochi soldati e così tanti infermieri nel mezzo di violentissime lotte fratricide fra tribù divise da ragioni note e ignote. Credevamo che l’isolamento dei cittadini da chi li governa o li rappresenta fosse al colmo, ma ecco che l’ambasciatore americano, a nome del presidente Obama, dichiara che l’eventuale voto No alle modifiche Boschi (Boschi, non Rodotà-Sartori) alla Costituzione italiana danneggerebbe gravemente la reputazione italiana. L’ambasciatore americano si schiera con una lunga lista di imprese e potenze finanziarie. Perché? Pur apprezzando la cauta obiezione del nostro presidente della Repubblica (“la decisione spetta ai cittadini”) una più adeguata risposta sarebbe stata affidare al nostro ambasciatore a Washington una nota a sostegno di Hillary Clinton. Evidentemente non si può. Ma perché, allora, si può a carico dell’Italia? Che ci sia, mi domando, nel testo Boschi, coperta dal confuso linguaggio, una parola o una frase convenuta che sembra niente (come tutta la legge di riforma), ma può cambiare il mondo? Lo sportello delle informazioni al cittadino resta chiuso. E poiché c’è stato, con Pannella (lo abbiamo appena detto), un solo garante dei cittadini nella vita politica italiana, quello sportello non aprirà tanto presto. Ecco altre prove.
Matteo Renzi, senza dire perché, all’inizio lega il suo nome al referendum. Decisione strana, perché almeno in apparenza, non è il governo (prima carica di Renzi) né il partito (altra prima carica di Renzi) che riscrive, sia pure male, la Costituzione, ma il Parlamento. Un po’ dopo, senza dire perché, Matteo Renzi separa il suo nome dall’esito del referendum. Ma lo dice agli amici e avversari del suo partito, e lo dice agli altri leader di partito e a Bruno Vespa. Ai cittadini mai. Dovrebbe dare spiegazioni che non gli garbano. Però rimangono a Renzi dei dubbi, che circolano sempre e solo all’interno del club: quale sarà la data giusta del referendum? Subito mostra l’intenzione di tirarla in lungo: forse ottobre, forse novembre, forse dicembre… La data diventa misteriosa come le parole-chiave nascoste nel testo della Boschi, che mettono sul chi vive Obama e fanno scattare l’ambasciatore americano e le agenzie internazionali di rating. Che cosa vede, Renzi, nella decisione di quella data? Dov’è il senso, di partito, di governo, di leader, di innovatore?
Non dovevamo fare in fretta, un Paese di bersaglieri e crocerossine che sfilano nel 2 giugno della nuova Italia? Voi dite: ma avviene tutto in pubblico, e noi siamo informati in tempo reale sia del decidere che nel non decidere. Vero. Ma, come degli altri eventi che ho elencato, e dei moltissimi che mancano in questa pagina (pensate al gioco delle pensioni, a cui non si rinuncia mai, nel tempo libero, terrorizzando i vecchi, disincentivando i giovani e creando rabbia e disprezzo fra generazioni), anche il poco e circospetto comunicare ad alta voce avviene da capitano a capitano, da nave a nave. Anche il rivolgersi ai cittadini è finto, perché è sempre un messaggio di un politico a un altro politico. In questo senso, persino i nuovi Cinque Stelle sono diventati subito maestri. A chi insiste, tra loro, e vuole sapere, dirai con severità che è molto meglio lavorare che perdersi in chiacchiere. Nessun dubbio: ogni politico (del tipo di prima, seconda e, forse, terza Repubblica) parla, se parla, solo all’altro politico e a quelle copie conformi che sono certi giornalisti. Non spiega niente agli estranei E nessuno ha intenzione (né i santi né i perversi) di rendere conto ai cittadini. Che sono gli estranei.
di Furio Colombo | 18 settembre 2016
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