Lettera aperta al Presidente del Consiglio
Signor Presidente,
come testimoniano tutti i dati e come Lei ben sa il nostro Paese conosce un’emergenza occupazionale e una
crisi sociale che trascina centinaia di migliaia di persone nell’insicurezza e nella paura di non poter garantire
un futuro a se stessi e ai propri figli.
E’ a partire da questa situazione che Lei ha più volte sottolineato la necessità di una svolta politica,
indicando nell’urgenza la principale delle motivazioni che l’hanno spinta ad accettare l’incarico di formare
un nuovo Governo, rinunciando persino a fondarlo sulla legittimazione elettorale, come sarebbe più
opportuno fare.
Nel nome della stessa urgenza abbiamo ascoltato da parte sua l’annuncio di un calendario d’interventi che
ha messo il lavoro ai primi posti dell’agenda del nuovo esecutivo.
Noi che nel mondo del lavoro cerchiamo di rappresentare i bisogni e gli interessi di milioni di donne e
uomini vogliamo portare il nostro contributo per affrontare la drammaticità della situazione sociale che
segna oggi grande parte del Paese.
La democrazia è a rischio nel nostro Paese se non si combatte la disoccupazione e la precarietà.
E quando si è poveri anche lavorando, vuol dire che è il momento della giustizia sociale e che bisogna
redistribuire ricchezza verso i redditi più bassi e verso le fasce più deboli della società.
Crediamo che oltre a rivedere e rinegoziare i vincoli europei per uscire dalla logica dell’ austerità , per il
lavoro sia prioritario partire dalla difesa e dalla valorizzazione dell’occupazione che già c’è per arrivare a
crearne di nuova. Per puntare a questi obiettivi sono essenziali politiche attive del lavoro a iniziare da un
piano straordinario di investimenti pubblici e privati, da una politica industriale che individui e intervenga
sui settori strategici del Paese, che non disperda ma anzi valorizzi il nostro patrimonio di conoscenze e
professionalità, sapendo che particolare attenzione debba essere riservata a quei settori e quei territori – la
manifattura e il Mezzogiorno - che hanno pagato il prezzo più alto della crisi, ma che possono essere il
cuore di una ripartenza comune.
E’ con questo spirito che, a partire dalla nostra esperienza e dalle nostre conoscenze, Le proponiamo unaserie di indirizzi per uscire dalla crisi e dal ristagno. Si tratta di scelte e interventi tesi a innovare la
produzione industriale e l’economia del Paese, riprogettare gli stessi prodotti e i loro cicli di vita
indirizzandoci verso un’economia di beni durevoli e ambientalmente sostenibili, con un'opportunità di
sviluppo qualificato dell’occupazione, di sicurezza sul lavoro (sono ancora più di 1000 i morti ogni anno nei
luoghi di lavoro) e di miglioramento della qualità della vita di tutti.
Lanciare un piano per la mobilità sostenibile anche con la costituzione di un polo nazionale dei
trasporti (su strada, ferrovia e mare) per coordinare le imprese del settore e indirizzarne le
strategie, in particolare per incrementare il trasporto pubblico e collettivo di persone e merci.
L’Italia anche per la sua posizione geografica potrebbe essere la piattaforma logistica del
mediterraneo. Per affermare e realizzare un concetto di nuova mobilità con cui affrontare la crisi
del settore automobilistico, cui è essenziale la convocazione di un Tavolo-Fiat utile a conoscere
investimenti e piani industriali del gruppo in Italia, difendere l’occupazione anche nei siti che la Fiat
sta abbandonando – come Termini Imerese e l’Irisbus di Valle Ufita - e favorendo anche l’ingresso
di nuovi produttori nel nostro Paese.
Elaborare un piano per il risparmio e l’efficienza energetica, investendo sull’industria delle energie
alternative, puntando su un nuovo modello energetico basato sulla «generazione distribuita» che
tenda al risparmio, all'efficienza, all'uso appropriato e razionale di tutte le fonti rinnovabili in
alternativa a quelle fossili.
Investire e puntare decisamente sullo sviluppo della banda larga, l’informatizzazione della pubblica
amministrazione e dei servizi alla persona, sviluppando le reti di telecomunicazioni anche per
recuperare il gap che il nostro Paese sconta rispetto al resto dell’Europa.
Riqualificare, rilanciare e riconvertire i settori manifatturieri oggi in crisi - dall’elettrodomestico alla
siderurgia alla microelettronica - che hanno bisogno di un intervento pubblico in ricerca e sviluppo
e investimenti consistenti per riqualificarsi con sistemi produttivi non inquinanti, a basso consumo
energetico e nuovi prodotti ambientalmente compatibili e riciclabili. L’esperienza del caso Ilva e la
siderurgia in generale ci portano a pensare che in alcuni casi c’è bisogno anche di cambiare gli
assetti proprietari delle imprese e pertanto un intervento pubblico , anche in via transitoria ,
diventano necessari per dare un futuro a settori strategici indispensabili per rimanere un Paese
industriale.
Evitare che le logiche della privatizzazione tesa a fare cassa prevalga sull’orizzonte produttivo e
rilanciare i gruppi industriali con presenza pubblica (da Finmeccanica a Fincantieri a Stm) con piani
industriali di sviluppo per scongiurare il declino di settori che rappresentano una fondamentale
risorsa per il paese e un patrimonio per gli stessi bilanci dello Stato.
Varare un piano pubblico straordinario per la manutenzione del territorio, delle scuole, degli
ospedali, valorizzando il patrimonio storico monumentale, in alternativa a grandi opere oggi non
prioritarie e poco utili, in modo che la cura del nostro paese e dei servizi ai suoi cittadini costituisca
un investimento che diventi una risorsa per lo sviluppo delle nostre comunità.
Anche per quanto riguarda le politiche sociali del lavoro crediamo sia necessaria una svolta rispetto alle
scelte degli ultimi anni, riproponendo gli obiettivi della piena occupazione e del diritto a redditi dignitosi. E
anche su questo – in attesa di conoscere meglio le indicazioni contentate nel vostro Jobs Act - ci
permettiamo di sottoporLe sinteticamente il nostro punto di vista, le nostre indicazioni, un nostro “piano
per il lavoro”.
Secondo noi, sono da evitare interventi a pioggia. Bisogna individuare delle priorità. Ad esempio Ogni euro
pubblico a favore delle imprese deve essere vincolato a quanti posti di lavoro si difendono e si creano.
Vanno resi possibili forme di credito e di finanziamento agli investimenti a tassi agevolati per le piccole e
medie imprese , incentivando la costituzione di reti d’impresa.
Non serve a nulla una riduzione
generalizzata e non selettiva del cuneo fiscale. Per una ripresa dei consumi la tassazione va ridotta a partire
da una riduzione dell’irpef sui redditi da lavoro più bassi e ripristinando una vera tassazione progressiva. In
particolare sarebbe necessario :
o Incentivare la riduzione e la redistribuzione degli orari di lavoro, stimolare l’uso dei contratti di
solidarietà rifinanziando un sistema di decontribuzione che riduce il costo del lavoro e non il salario
dei lavoratori, soprattutto nei casi di crisi industriale (per esempio, Electrolux) e accompagnare così
i processi di ristrutturazione e rilancio , vincolando le imprese ad impegni certi sul mantenimento
dell’ occupazione , la non delocalizzazione delle produzioni, nuovi investimenti.
o Ridurre l’età pensionabile e ripristinare le pensioni di anzianità (perché i lavori non sono tutti uguali
e vanno tutelate maggiormente le mansioni più disagiate), assicurare ai giovani la prospettiva di
una pensione adeguata garantendo in ogni caso un livello di copertura pensionistica non inferiore
al 60% e la copertura anche dei periodi di disoccupazione involontaria, eliminare il blocco della
rivalutazione delle pensioni, istituendo un tetto massimo.
o Riformare gli ammortizzatori sociali per estendere – tramite contribuzione - la cassa integrazione
ordinaria e straordinaria a tutti i lavoratori e a tutte le imprese di ogni settore e dimensione.
o Disoccupazione, precarietà, abbandono universitario e scolastico richiedono di introdurre anche in
Italia - con intervento della fiscalità e con un armonizzazione dei sistemi oggi esistenti - forme di un
reddito minimo universale come diritto individuale per combattere la povertà , incentivare la
formazione e la disponibilità al lavoro, far uscire le persone dal ricatto della precarietà e garantire il
diritto allo studio.
o Ridurre il numero oggi decisamente eccessivo delle tipologie contrattuali: ad esempio accanto al
contratto a tempo indeterminato, al part-time, all’apprendistato e al contratto a termine con
causali, introdurre un contratto unico di assunzione a tempo indeterminato con un allungamento
del periodo di prova e prevedendo incentivi al suo utilizzo e alla sua stabilizzazione.
o Cancellare l’articolo 8 della legge 148 del 2011, con cui si è permesso di derogare ai contratti
nazionali, impoverendo il lavoro e facendo venir meno la certezza del diritto contrattuale.Varare
una legge sulla rappresentanza coerente con la recente sentenza della Corte costituzionale, per
certificare il peso reale di ogni organizzazione sindacale, garantendo il diritto alle lavoratrici ed ai
lavoratori di scegliere e votare il sindacato che vogliono e approvare sempre le piattaforme e gli
accordi che li riguardano tramite referendum.. I contratti nazionali così stipulati possono avere
validità erga omnes sancendo che i minimi salariali contrattati tra le parti nei Ccnl diventino il
salario orario minimo garantito per legge. Un modo per ripristinare in Italia il principio
Costituzionale che a parità di mansione corrisponde parità di trattamento normativo e salariale.
o Varare una norma per rendere applicabile, anche nel nostro Paese, la clausola europea per i cambi
di appalti che garantiscano i diritti e l’applicazione dei contratti nazionali di lavoro in essere.
Per finanziare questi piani straordinari e questi interventi legislativi è naturalmente necessario un
consistente recupero di risorse che può essere raggiunto con misure straordinarie, in sintonia con la gravità
della situazione: dal rientro dei capitali all’estero alla lotta all’evasione fiscale, (ad esempio equitalia, a cui
forse cambiare nome non guasterebbe, concentri i propri sforzi su quel 50% dell’evasione che è
riconducibile solo al 10% degli evasori), dalla tassazione delle rendite finanziarie all’istituzione di una
patrimoniale, dal privilegiare la riduzione del peso fiscale per chi investe in Italia e reinveste gli utili anziché
distribuirli agli azionisti, al rendere possibile per i fondi pensione dei lavoratori dipendenti un accordo con
lo stato che garantendo il loro rendimento, permetta di usare parte di quelle risorse a sostegno di una
politica d’ investimenti per la ricerca , l’innovazione e l’ammodernamento del nostro sistema industriale ed
infrastrutturale piuttosto che, come avviene oggi, nella finanza internazionale.
Ci permettiamo di indicare la necessità di un vero coordinamento della Presidenza del Consiglio nell’ azione
del Governo e quindi tra i vari Ministeri , che fino ad ora troppe volte non abbiamo registrato.
Siamo coscienti, signor Presidente, quanto impegnativo e ambizioso sia l’insieme delle scelte che qui Le
abbiamo sommariamente esposto , consapevoli che ci sono una serie di emergenze in corso a cui dare
risposte (cassa in deroga ed esodati); ma è a partire dalla realtà che ogni giorno tocchiamo con mano che
siamo convinti della loro necessità e di una strategia che renda coerente i singoli provvedimenti e ricrei una
fiducia che oggi non c’è. E, se lo riterrà utile, siamo pronti a chiarirne il senso e la realizzabilità direttamente
con Lei e con i Ministri competenti.
Il 21 marzo organizzeremo a Roma una grande assemblea di delegate e delegati metalmeccanici per
discutere e valutare l’evoluzione della situazione e decidere tutte le iniziative necessarie.
Non possiamo più aspettare, questo Paese va cambiato ed il lavoro é l’unico vero motore di un
cambiamento che estenda la giustizia sociale e la democrazia, intesa come partecipazione e dignità.
Restando in attesa di un suo cortese riscontro, cogliamo l’occasione per inviarLe i nostri più cordiali saluti
http://www.fiom.cgil.it/seg_naz/comunic ... -Renzi.pdf
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Sembrerebbe che Landini avesse preso le redini in mano visto i tempi della camusso.