PREMIATO PUTTANIFICIO TRICOLORE
Direzione Pd, Renzi sfida la minoranza: "Se volete che lasci, chiedete un congresso"
Il premier-segretario risponde picche a chi chiede un'analisi del voto delle amministrative e una gestione più condivisa, e "più di sinistra", del Partito. Riproponendo il suo schema preferito: un partito nuovo, il suo ovviamente, contro uno vecchio che si balocca nelle questioni interne
DI LUCA SAPPINO
04 luglio 2016
Ci arriva dopo aver parlato di banche, del barcone recuperato nel Mediterraneo, di Dacca, di Brexit, di tasse e di jobs act, dopo aver mandato in onda non slide ma ben tre video di cui uno sul giocatore Eric Cantona e l’importanza del gioco di squadra, ma alla fine Matteo Renzi ha risposto alla minoranza del Pd che chiedeva un’analisi del voto delle amministrative e una gestione più condivisa, e «più di sinistra», del Partito.
E ha risposto picche, in estrema sintesi, come deve registrareGianni Cuperlo che amaro gli replica: «Oggi tu sei vissuto come avversario da una parte della destra, e va bene così, ma anche da una parte della sinistra, e questo è un dramma. Senza una svolta tu condurrai la sinistra italiana a una sconfitta storica». Renzi non la pensa così, evidentemente, visto il sorriso sarcastico con cui ha finito la sua introduzione, rivolto alla minoranza dem: «Se volete che io lasci, nE «in bocca al lupo», dice Renzi con quel sorriso. Allo stesso modo, «se volete dividere le cariche», continua rivolto a chi, da Bersani e D’Alema in giù, chiede che il segretario non sia più automaticamente il candidato premier, «non avete che da proporre una modifica allo Statuto». E poi, ancora una volta: «Non avete che da trovare i numeri. In bocca al lupo».
Vincenzo De Luca in direzione nazionale Pd definisce «bambolina imbambolata» Virginia Raggi.
— Ciro Pellegrino (@ciropellegrino) 4 luglio 2016
Lancia dunque la sfida convinto di vincerla, Matteo Renzi, e non c’è modo più comodo per chiudere la discussione con la minoranza interna. Perché Renzi non lo dice, ovviamente, ma cosa pensano i suoi, della minoranza, è noto. Il notista de l’Unità Fabrizio Rondolino, ad esempio, l’ha detto a La7 senza troppi giri di parole: «Nessuno può insediare la leadership di Renzi. Sono morti che camminano».
Toni così li usava Grillo, ma non fa niente: sono «morti che camminano», sì (e Virginia Raggi, d’altronde, per Vincenzo De Luca è «una bambolina imbambolata»)on avete che da chiedere un congresso anticipato e vincerlo».
Perché lo schema della direzione del Pd è dunque, ancora una volta, quello del Pd nuovo, «dove finché il segretario lo faccio io le correnti non avranno spazio», contro il Pd vecchio, incapace di seguire le rapide evoluzioni del primo e di comprendere soprattutto che - è sempre la versione del premier - «nei tempi della comunicazione», bisognerebbe imparare qualcosa persino dai Cinque Stelle, «che litigano senza avere il coraggio di farlo in diretta streaming», dice ancora Renzi, ma che sanno almeno di doversi mostrare pubblicamente «come una falange».
#Renzi a #direzionePd : correnti non contano, ma i renziani che scendono dal carro lo troveranno occupato. Poca logica ma che eleganza!
— Marco Meloni (@MarcoMeloni) 4 luglio 2016
Il Pd vecchio, dunque, che vorrebbe baloccarsi di questioni interne mentre lui si spende in Europa, trova i soldi per le banche italiane, recupera il barcone nel Mediterraneo, approva le unioni civili. «Mi sono appuntato otto punti che vorrei toccare nel mio intervento», dice Renzi aprendo la direzione del partito. L’esito delle amministrative è solo il quinto; il suo ruolo nel partito, l’ultimo. Che Renzi sveli la scaletta
dell’intervento non è un caso, ma il modo perfetto per rappresentare plasticamente quali sarebbero le sue priorità, se solo non ci fosse qualcuno nel partito con strane passioni: «Il problema non sono le amministrative», dice ancora Renzi, «diciamoci la verità: per molti di voi il problema è il partito, di quello volete discutere».
Non abbiamo perso le amministrative tutt'e insieme, abbiamo perso un'amministrativa per volta
— Antonio Polito (@antoniopolito1) 4 luglio 2016
Anche perché parlare delle amministrative non porta lontano. Renzi conferma infatti più o meno quando detto a caldo due settimane fa: «Per dare una lettura nazionale del voto bisogna avere molta fantasia», dice. Insomma: i Cinque Stelle saranno pure stati bravi a vincere a Roma e Torino, ma poi ci sono i piccoli comuni e c’è soprattutto Milano, «simbolo delle elezioni».
«Le amministrative non sono andate bene», dice Renzi, che dipinge però praticamente un pareggio. Pareggio che così non giustifica nessuna riorganizzazione interna, che dà torto «a chi dice che c’è un problema di linea politica». Non c’è alcun problema, per Renzi, che come prova porta il risultato «anche peggiore» del Pd pugliese rispetto al Pd nazionale. Il Pd pugliese di Michele Emiliano, un Pd che sarebbe dunque più di sinistra.
Renzi: "reddito di cittadinanza è messaggio devastante" mentre il lavoro gratuito di Expo e i voucher sono un bel messaggio eh#direzionePd
— Claudio Riccio (@claudioriccio) 4 luglio 2016
Un Pd che vorrebbe logorarlo, è l’accusa: «Guardate le vostre bacheche facebook», dice Renzi, «non diffondete mai le cose buone che fa il Pd, che facciamo noi». Sempre a polemizzare, anzi, sta la minoranza, che si è convinta, ad esempio, che sia il premier a personalizzare lo scontro sul referendum costituzionale. E invece non è così, dice sempre Renzi, che però conferma che se vincono i no lui lascia palazzo Chigi e anzi, introdotto dal video dell’intervento della rielezione di Napolitano, aggiunge: «Per me dovrebbe prenderne atto anche il Parlamento». Via il governo, dunque, e ritorno alle urne. Con che legge elettorale? Questo è invece l’unico spiraglio che arriva dalla direzione. Perché il premier di Italicum non parla - dopo aver detto alla vigilia che «non c’è la maggioranza per modificarlo». Ma Dario Franceschini invece sì. Il ministro - che i retroscena delle ultime settimane danno indaffarato a organizzare l’era post Renzi - apre alla richiesta numero uno della minoranza: «Il premio alla coalizione vuol dire includere, allargare. Così si batte il populismo».
E noi a scrivere che la minoranza avrebbe chiesto la modifica dell'Italicum. Invece l'ha chiesto Franceschini. #direzionePd
— Elisa Calessi (@elisacalessi) 4 luglio 2016
http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... =HEF_RULLO