La Terza Guerra Mondiale
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Canada, spari in moschea: sei morti, 8 feriti
Trudeau: “Attacco terroristico contro musulmani”
Un commando ha aperto il fuoco nel Centro culturale islamico di Quebec City. Polizia: “Due arresti”
Premier: “Violenza insensata, diversità nostra forza”. A giugno trovata testa di maiale davanti all’ingresso
Mondo
Un commando ha aperto il fuoco sui fedeli riuniti in preghiera della sera nel Centro culturale islamico di Quebec City: sei persone sono rimaste uccise e altre otto ferite. La polizia ha reso noto che due persone sono state arrestate e che nulla porta a ritenere che ve ne siano altre in fuga. Le forze dell’ordine non hanno ancora fornito alcuna motivazione dell’attacco, ma il premier Justin Trudeau ha parlato di “attacco terroristico”: “Violenza insensata, diversità e tolleranza religiosa nostra forza”
di F. Q.
Trudeau: “Attacco terroristico contro musulmani”
Un commando ha aperto il fuoco nel Centro culturale islamico di Quebec City. Polizia: “Due arresti”
Premier: “Violenza insensata, diversità nostra forza”. A giugno trovata testa di maiale davanti all’ingresso
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Un commando ha aperto il fuoco sui fedeli riuniti in preghiera della sera nel Centro culturale islamico di Quebec City: sei persone sono rimaste uccise e altre otto ferite. La polizia ha reso noto che due persone sono state arrestate e che nulla porta a ritenere che ve ne siano altre in fuga. Le forze dell’ordine non hanno ancora fornito alcuna motivazione dell’attacco, ma il premier Justin Trudeau ha parlato di “attacco terroristico”: “Violenza insensata, diversità e tolleranza religiosa nostra forza”
di F. Q.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
UncleTom ha scritto:Canada, spari in moschea: sei morti, 8 feriti
Trudeau: “Attacco terroristico contro musulmani”
Un commando ha aperto il fuoco nel Centro culturale islamico di Quebec City. Polizia: “Due arresti”
Premier: “Violenza insensata, diversità nostra forza”. A giugno trovata testa di maiale davanti all’ingresso
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Un commando ha aperto il fuoco sui fedeli riuniti in preghiera della sera nel Centro culturale islamico di Quebec City: sei persone sono rimaste uccise e altre otto ferite. La polizia ha reso noto che due persone sono state arrestate e che nulla porta a ritenere che ve ne siano altre in fuga. Le forze dell’ordine non hanno ancora fornito alcuna motivazione dell’attacco, ma il premier Justin Trudeau ha parlato di “attacco terroristico”: “Violenza insensata, diversità e tolleranza religiosa nostra forza”
di F. Q.
Canada, attacco contro moschea a Quebec City: sei morti e otto feriti. Il premier Trudeau: “Terrorismo” – FOTO e VIDEO
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01 ... o/3349167/
Mondo
La polizia ha arrestato due uomini. Le vittime dell'assalto erano in preghiera. Il premier canadese: "Mentre le autorità continuano ad indagare e i dettagli vengono confermati, è straziante assistere a tanta violenza insensata. La diversità è la nostra forza e la tolleranza religiosa è un valore che noi, come canadesi, abbiamo a cuore"
di F. Q. | 30 gennaio 2017
Erano in preghiera le vittime dell’attacco alla moschea di Quebec City (Canada). Un commando, formato da due uomini che sono stati arrestati dalla polizia, ha aperto il fuoco sui fedeli della Grande Mosquée de Québec. Le forze dell’ordine non hanno ancora fornito un movente dell’assalto, ma il premier Justin Trudeau ha parlato di terrorismo: “Condanniamo questo attacco terroristico contro i musulmani in un centro di culto e rifugio. Mentre le autorità continuano ad indagare e i dettagli vengono confermati, è straziante assistere a tanta violenza insensata. La diversità è la nostra forza e la tolleranza religiosa è un valore che noi, come canadesi, abbiamo a cuore”. “Ho chiesto che la bandiera dell’Assemblea nazionale sia posta a mezz’asta” scrive su Twitter il primo ministro del Quebec Philipp Couillard
Polizia: “Vittime con età comprese tra i 35 e 70 anni”
Il presidente centro culturale islamico della città Mohamed Yangui, che non era all’interno dei locali al momento della strage, aveva detto che la sparatoria è avvenuta nella sezione maschile della moschea e di temere che tra le vittime, tutti uomini, potessero esserci dei bambini. Un timore smentito dalle forze dell’ordine; la portavoce della polizia Étienne Doyon, nel corso di una conferenza stampa, ha dichiarato che le vittime hanno età comprese tra 35 e 70 anni. I media locali inizialmente avevano parlato di un terzo sospetto coinvolto, ma le autorità dichiarano che non si cercano altre persone. Non confermata l’indiscrezione secondo cui uno dei fermati avrebbe 27 anni e che la polizia avrebbe recuperato un fucile d’assalto AK-47
Secondo Yangui c’era un gruppo stimato tra le 60 e le 100 persone all’interno dei locali della moschea: “Siamo rattristati per le famiglie”. In un tweet il centro chiede a tutti di aspettare gli esiti dell’indagine “prima di far circolare voci. La situazione è molto critica, che Allah ci ci dia resistenza”. L’anno scorso, durante il Ramadan, davanti al centro culturale era stata ritrovata una testa di maiale avvolta e una rivista con un maiale in copertina con la scritta “Bonne Appetit”. “Questa gente va pacificamente a pregare ogni giorno ma ora qualcuno di loro non tornerà mai più a casa dalla preghiera” dice Yangui che ha raccontato di essere stato chiamato all’obitorio.
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Centre Culturel Islamique de Québec
5 ore fa
Toutes nos pensées pour les enfants qu'on doit leur annoncer la mort de leurs papas.
Qu'Allah leurs prête patience et endurance.
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Il sindaco di Gatineau, città vicino alla capitale Ottawa, ha annunciato che in seguito all’attacco sarà incrementata la presenza della polizia nelle moschee intorno alla sua città. Anche il Dipartimento di Polizia di New York ha detto di stare allestendo ronde alle moschee. “La polizia sta per fornire ulteriore protezione alle moschee della città. Tutti i cittadini di New York devono essere vigili. Se qualcuno vede qualcosa, lo dica” twitta il sindaco Bill de Blasio.
Hollande: “Attentato odioso”, Gentiloni: “Vicinanza a comunità musulmana”
Il presidente francese François Hollande ha condannato “nei termini più forti” l’attentato “odioso” e ha sottolineato che i responsabili hanno voluto attaccare “lo spirito di apertura dei cittadini del Quebec”. In una nota diffusa dall’Eliseo, Hollande ha ribadito che la Francia è al fianco delle vittime e delle loro famiglie. L’Eliseo fa sapere che il presidente ha già inviato un “messaggio di affetto e solidarietà” al primo ministro del Quebec, Philippe Couillard, e a quello canadese, Justin Trudeau. “L’Unione europea è con il Canada e tutti i canadesi in questo triste giorno” dice l’Alta rappresentante per la Politica estera Ue Federica Mogherini. “Siamo vicini al popolo canadese, bisogna rispondere con fermezza alla violenza”, ma “la violenza non è mai una risposta contro il terrorismo: la soluzione si chiama dialogo dichiara il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. “Il governo italiano è vicino alle vittime, ai familiari e alla comunità musulmana canadese oltre che al governo e al presidente Trudeau. È un modo anche per confermare il nostro atteggiamento di vicinanza e solidarietà alla stragrande maggioranza cittadini di fede islamica che vivono nei nostri Paesi e città e che rifiutano il terrorismo fondamentalista e anzi ne sono spesso vittime e bersagli” dice il premier Paolo Gentiloni durante l’incontro con Tajani.
di F. Q. | 30 gennaio 2017
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Re: La Terza Guerra Mondiale
...E ADESSO????????????
Quebec, un solo attentatore: “Franco-canadese
studente con passione per la destra radicale”
Secondo Site, società specializzata in terrorismo, Alexandre Bissonnette era “un fan di Trump, della
destra lepenista e dei militari israeliani”. Rilasciato il secondo sospettato. Polizia: “Solo un testimone”
Mondo
Si chiama Alexandre Bissonnette, è franco-canadese e ha 27 anni il presunto attentatore della moschea di Quebec City in cui sono morte sei persone. Secondo quanto scrive Site, specializzato in terrorismo jihadista, il giovane aveva espresso il suo apprezzamento per “Trump, Marine Le Pen e le forze di difesa israeliane, rendendo improbabili i legami con la Jihad’’. Bissonette non era noto alle forze dell’ordine. Vive a Cap-Rouge ed è uno studente di Scienze politiche dell’Università di Laval, vicino alla moschea
di F. Q.
Quebec, un solo attentatore: “Franco-canadese
studente con passione per la destra radicale”
Secondo Site, società specializzata in terrorismo, Alexandre Bissonnette era “un fan di Trump, della
destra lepenista e dei militari israeliani”. Rilasciato il secondo sospettato. Polizia: “Solo un testimone”
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Si chiama Alexandre Bissonnette, è franco-canadese e ha 27 anni il presunto attentatore della moschea di Quebec City in cui sono morte sei persone. Secondo quanto scrive Site, specializzato in terrorismo jihadista, il giovane aveva espresso il suo apprezzamento per “Trump, Marine Le Pen e le forze di difesa israeliane, rendendo improbabili i legami con la Jihad’’. Bissonette non era noto alle forze dell’ordine. Vive a Cap-Rouge ed è uno studente di Scienze politiche dell’Università di Laval, vicino alla moschea
di F. Q.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Canada, “l’attentatore Alexandre Bissonnette apprezzava Trump, Marine Le Pen e le forze israeliane”
Mondo
E' stato arrestato dalla polizia. Vive a Cap-Rouge ed è uno studente di Scienze politiche dell'Università di Laval. A rivelare il messaggio è Site, specializzato in terrorismo islamico: "Improbabile il legame con la jihad"
di F. Q. | 30 gennaio 2017
commenti (0)
1,2 mila
Più informazioni su: Attentato, Canada, Moschea
Si chiama Alexandre Bissonnette, è franco-canadese e ha 27 anni il presunto attentatore della moschea di Quebec City. E secondo quanto scrive Site, specializzato in terrorismo jihadista, sul suo profilo Facebook aveva espresso il suo apprezzamento per “Trump, Marine Le Pen e le forze di difesa israeliane, rendendo improbabili i legami con la Jihad’’. Una rivelazione che arriva poco dopo la telefonata di condoglianze e solidarietà del presidente Usa al premier canadese Trudeau, al quale ha voluto esprimere la propria vicinanza.
Oltre a lui è stato fermato e in seguito rilasciato Mohamed Khadir, 20enne di origini marocchine, che è stato sentito come testimone dalla polizia canadese. Bissonette non era noto alle forze dell’ordine ed è stato fermato, come Khadir, nei minuti successivi alla sparatoria. Vive a Cap-Rouge ed è uno studente di Scienze politiche dell’Università di Laval, vicino alla moschea: si tratta della più antica università in lingua francese del Nord America, con circa 42 mila studenti e vive a Cap-Rouge.
Di Khadir i media locali avevano scritto inizialmente che dopo l’assalto alla moschea aveva chiamato la polizia e deciso di arrendersi perché pentito. Nella sua auto gli investigatori hanno trovato un’arma, la macchina è stata prima bonificata dagli artificieri perché si temeva potesse essere una trappola. I testimoni hanno detto che al momento dell’assalto avvenuto alle 20 di domenica due aggressori erano vestiti di nero e hanno gridato “Allah Akbar“. Ancora nessuna certezza sul movente dell’attentato. Nel frattempo i profili e le pagine personali dei due sui social network sono state bloccate dagli inquirenti.
di F. Q. | 30 gennaio 2017
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E' stato arrestato dalla polizia. Vive a Cap-Rouge ed è uno studente di Scienze politiche dell'Università di Laval. A rivelare il messaggio è Site, specializzato in terrorismo islamico: "Improbabile il legame con la jihad"
di F. Q. | 30 gennaio 2017
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Più informazioni su: Attentato, Canada, Moschea
Si chiama Alexandre Bissonnette, è franco-canadese e ha 27 anni il presunto attentatore della moschea di Quebec City. E secondo quanto scrive Site, specializzato in terrorismo jihadista, sul suo profilo Facebook aveva espresso il suo apprezzamento per “Trump, Marine Le Pen e le forze di difesa israeliane, rendendo improbabili i legami con la Jihad’’. Una rivelazione che arriva poco dopo la telefonata di condoglianze e solidarietà del presidente Usa al premier canadese Trudeau, al quale ha voluto esprimere la propria vicinanza.
Oltre a lui è stato fermato e in seguito rilasciato Mohamed Khadir, 20enne di origini marocchine, che è stato sentito come testimone dalla polizia canadese. Bissonette non era noto alle forze dell’ordine ed è stato fermato, come Khadir, nei minuti successivi alla sparatoria. Vive a Cap-Rouge ed è uno studente di Scienze politiche dell’Università di Laval, vicino alla moschea: si tratta della più antica università in lingua francese del Nord America, con circa 42 mila studenti e vive a Cap-Rouge.
Di Khadir i media locali avevano scritto inizialmente che dopo l’assalto alla moschea aveva chiamato la polizia e deciso di arrendersi perché pentito. Nella sua auto gli investigatori hanno trovato un’arma, la macchina è stata prima bonificata dagli artificieri perché si temeva potesse essere una trappola. I testimoni hanno detto che al momento dell’assalto avvenuto alle 20 di domenica due aggressori erano vestiti di nero e hanno gridato “Allah Akbar“. Ancora nessuna certezza sul movente dell’attentato. Nel frattempo i profili e le pagine personali dei due sui social network sono state bloccate dagli inquirenti.
di F. Q. | 30 gennaio 2017
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Se non cambiano immagine in giornata-
Su questo sito:
http://www.msn.com/it-it/notizie/italia ... spartandhp
La prima foto a sinistra, riporta le immagini di Gasparri e Alfano sopra il titolo:
Terroristi in Italia,
ecco quanti sono
Su questo sito:
http://www.msn.com/it-it/notizie/italia ... spartandhp
La prima foto a sinistra, riporta le immagini di Gasparri e Alfano sopra il titolo:
Terroristi in Italia,
ecco quanti sono
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Tra batterie scariche e scarso carburante, inizia il pattugliamento degli Stati Baltici
I carri armati negli Stati Baltici, al confine con la Russia, avranno il compito di rilevare eventuali movimenti ostili
Franco Iacch - Mar, 31/01/2017 - 11:36
commenta
I carri armati statunitensi M1A2 Abrams sono in viaggio verso gli Stati Baltici dove, tra poche ore, inizieranno a pattugliare i confini con la Russia per quello definito come il più grande dispiegamento militare nell’Europa orientale dopo la fine della guerra fredda.
Concluse le manovre in Polonia, i carri armati pesanti del Pentagono prenderanno posizione in Lettonia, Estonia e Lituania per rilevare eventuali movimenti russi. Con una popolazione di 1,3 milioni di abitanti, l'Estonia mantiene un esercito permanente di circa seimila unità, ma sta aumentando le capacità non convenzionali della Estonian Defense League. Lettonia, Lituania ed Estonia, nel 2016, hanno investito nella spesa militare 390 milioni di dollari rispetto ai 214 del 2014.
La brigata corazzata completa statunitense, basata su sette battaglioni, ha completato il dispiegamento in Europa pochi giorni fa. Nella base navale di Bremerhaven, in Germania, sono sbarcati circa 3500 soldati, 144 veicoli corazzati per fanteria Bradley, 87 carri armati M1A2 Abrams e 18 sistemi di artiglieria M109 Paladin. Il comando di brigata è stato allestito in Polonia, con due battaglioni: il primo di cavalleria corazzata ed il secondo di artiglieria da campo equipaggiato con obici semoventi M109 Paladin. Turnazione costante nella città polacca di Orzysz, vicino l'enclave russa di Kaliningrad. La regione Baltica tra l’Estonia e la Lettonia sarà pattugliata da un battaglione formato da carri armati Abrams. Due battaglioni di fanteria meccanizzata equipaggiati con i Bradley M2 e gli Abrams avranno un punto d’appoggio nella regione rumena e bulgara. Un battaglione pesante Abrams, resterà in Germania. Durante la sua distribuzione di nove mesi, la brigata corazzata statunitense effettuerà rotazioni in Ungheria, Polonia, Germania e Romania.
Altri 1700 soldati statunitensi della Brigata Aerea della Decima Divisione da Montagna, basata a Fort Drum, New York, raggiungeranno la Germania entro il prossimo marzo. I sessanta velivoli tra CH-47 Chinook, UH-60 Blackhawk ed elicotteri Medevac, effettueranno turnazioni in Lettonia, Romania e Polonia.
Il Pentagono ha completato il trasferimento delle attrezzature pesanti nei quattro siti di stoccaggio identificati in Europa come parte dell’operazione della Nato Atlantic Resolve.
I quattro impianti di stoccaggio in Belgio, Germania e Paesi Bassi, garantiranno agli USA la rapida disponibilità di seimila attrezzature pesanti così da ridurre i tempi di risposta durante le possibili emergenze a livello mondiale.
In Norvegia, infine, il Pentagono ha rifornito le strutture da attivare in caso di emergenza a supporto di una MEB, Marine Expeditionary Brigade, formata da 15 mila soldati con rifornimenti completi per 30 giorni di attività operativa (combattimento reale). Il preposizionamento riduce il tempo di reazione, elimina la necessità di distribuire gli asset dagli Stati Uniti e gli oneri del trasporto strategico.
Ritornare in Europa: le difficoltà logistiche
La brigata corazzata completa statunitense inviata in Europa è un messaggio al mondo sulla capacità degli Stati Uniti di rafforzare celermentele linee del fronte. Tuttavia, le difficoltà logistiche incontrate nelle fasi iniziali sono state notevoli. Il Pentagono paga l’inesperienza del personale nel confrontarsi in un contesto che aveva quasi del tutto abbandonato dopo la fine della guerra fredda.
I primi cinque carri armati pesanti M1A2 Abrams giunti nel porto di Bremerhaven, in Germania, sono rimasti fermi per giorni mentre l’esercito cercava di elaborare un percorso idoneo per raggiungere la Polonia. E’ una questione acclarata: la versione M1A2 del principale carro armato degli Stati Uniti raggiunge un peso di 62 tonnellate. Peso che potrebbe aumentare in presenza di kit di sopravvivenza aggiuntivi. Le infrastrutture europee, la maggior parte di esse, non sono in grado di reggere tale peso limitando il transito in tratti ben identificati e noti, certamente anche ad una fazione ostile. E’ un problema che riguarda l’intero sistema viario europeo, con particolare riferimento ai collegamenti con i paesi della Nato che facevano parte dell’ex Unione Sovietica. Tali problemi sono stati evidenziati dal comandante di Eucom, il generale Ben Hodges.
Nell’annunciare la capacita operativa della brigata corazzata, stimata in quindici giorni, il generale Hodges ha confermato che “il Pentagono manca di informazioni sufficientemente dettagliate sulle infrastrutture nelle aree che un tempo facevano parte del blocco sovietico, ora nella Nato”.
L’esercito statunitense manca di punti di riferimento in Polonia, Romania, Ungheria e specialmente negli Stati Baltici. Attualmente, così come confermato da Eucom, non possiede le capacità di spostare rapidamente le forze in Europa, come durante la guerra fredda.
Paradossalmente, all'entrata nella Nato dei nuovi paesi membri, non è seguita alcuna rilevazione aggiornata della rete viaria per scopi militari.
Hodges ha confermato ulteriori imprevisti.
Un secondo lotto di carri armati M1A2 Abrams ha raggiunto la Germania senza carburante (erano stati imbarcati combat ready). Alcuni Abrams, sono sbarcati in Europa con le batterie scariche: dopo l’ultima revisione prima dell’imbarco, la società esterna responsabile del controllo non ha provveduto a spegnere i sistemi elettrici.
Numerosi corazzati, infine, sono giunti in Europa in livrea desertica.
Dall’United States European Command rilevano la necessità di una maggiore copertura di intelligence per la speed of recognition delle truppe russe.
Nei Paesi Baltici gli Stati Uniti hanno schierato i reparti speciali per la formazione del personale militare regolare. Svolgono operazioni congiunte con la CIA per la raccolta delle informazioni ed una veloce valutazione delle attività ostili.
I carri armati negli Stati Baltici, al confine con la Russia, avranno il compito di rilevare eventuali movimenti ostili
Franco Iacch - Mar, 31/01/2017 - 11:36
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I carri armati statunitensi M1A2 Abrams sono in viaggio verso gli Stati Baltici dove, tra poche ore, inizieranno a pattugliare i confini con la Russia per quello definito come il più grande dispiegamento militare nell’Europa orientale dopo la fine della guerra fredda.
Concluse le manovre in Polonia, i carri armati pesanti del Pentagono prenderanno posizione in Lettonia, Estonia e Lituania per rilevare eventuali movimenti russi. Con una popolazione di 1,3 milioni di abitanti, l'Estonia mantiene un esercito permanente di circa seimila unità, ma sta aumentando le capacità non convenzionali della Estonian Defense League. Lettonia, Lituania ed Estonia, nel 2016, hanno investito nella spesa militare 390 milioni di dollari rispetto ai 214 del 2014.
La brigata corazzata completa statunitense, basata su sette battaglioni, ha completato il dispiegamento in Europa pochi giorni fa. Nella base navale di Bremerhaven, in Germania, sono sbarcati circa 3500 soldati, 144 veicoli corazzati per fanteria Bradley, 87 carri armati M1A2 Abrams e 18 sistemi di artiglieria M109 Paladin. Il comando di brigata è stato allestito in Polonia, con due battaglioni: il primo di cavalleria corazzata ed il secondo di artiglieria da campo equipaggiato con obici semoventi M109 Paladin. Turnazione costante nella città polacca di Orzysz, vicino l'enclave russa di Kaliningrad. La regione Baltica tra l’Estonia e la Lettonia sarà pattugliata da un battaglione formato da carri armati Abrams. Due battaglioni di fanteria meccanizzata equipaggiati con i Bradley M2 e gli Abrams avranno un punto d’appoggio nella regione rumena e bulgara. Un battaglione pesante Abrams, resterà in Germania. Durante la sua distribuzione di nove mesi, la brigata corazzata statunitense effettuerà rotazioni in Ungheria, Polonia, Germania e Romania.
Altri 1700 soldati statunitensi della Brigata Aerea della Decima Divisione da Montagna, basata a Fort Drum, New York, raggiungeranno la Germania entro il prossimo marzo. I sessanta velivoli tra CH-47 Chinook, UH-60 Blackhawk ed elicotteri Medevac, effettueranno turnazioni in Lettonia, Romania e Polonia.
Il Pentagono ha completato il trasferimento delle attrezzature pesanti nei quattro siti di stoccaggio identificati in Europa come parte dell’operazione della Nato Atlantic Resolve.
I quattro impianti di stoccaggio in Belgio, Germania e Paesi Bassi, garantiranno agli USA la rapida disponibilità di seimila attrezzature pesanti così da ridurre i tempi di risposta durante le possibili emergenze a livello mondiale.
In Norvegia, infine, il Pentagono ha rifornito le strutture da attivare in caso di emergenza a supporto di una MEB, Marine Expeditionary Brigade, formata da 15 mila soldati con rifornimenti completi per 30 giorni di attività operativa (combattimento reale). Il preposizionamento riduce il tempo di reazione, elimina la necessità di distribuire gli asset dagli Stati Uniti e gli oneri del trasporto strategico.
Ritornare in Europa: le difficoltà logistiche
La brigata corazzata completa statunitense inviata in Europa è un messaggio al mondo sulla capacità degli Stati Uniti di rafforzare celermentele linee del fronte. Tuttavia, le difficoltà logistiche incontrate nelle fasi iniziali sono state notevoli. Il Pentagono paga l’inesperienza del personale nel confrontarsi in un contesto che aveva quasi del tutto abbandonato dopo la fine della guerra fredda.
I primi cinque carri armati pesanti M1A2 Abrams giunti nel porto di Bremerhaven, in Germania, sono rimasti fermi per giorni mentre l’esercito cercava di elaborare un percorso idoneo per raggiungere la Polonia. E’ una questione acclarata: la versione M1A2 del principale carro armato degli Stati Uniti raggiunge un peso di 62 tonnellate. Peso che potrebbe aumentare in presenza di kit di sopravvivenza aggiuntivi. Le infrastrutture europee, la maggior parte di esse, non sono in grado di reggere tale peso limitando il transito in tratti ben identificati e noti, certamente anche ad una fazione ostile. E’ un problema che riguarda l’intero sistema viario europeo, con particolare riferimento ai collegamenti con i paesi della Nato che facevano parte dell’ex Unione Sovietica. Tali problemi sono stati evidenziati dal comandante di Eucom, il generale Ben Hodges.
Nell’annunciare la capacita operativa della brigata corazzata, stimata in quindici giorni, il generale Hodges ha confermato che “il Pentagono manca di informazioni sufficientemente dettagliate sulle infrastrutture nelle aree che un tempo facevano parte del blocco sovietico, ora nella Nato”.
L’esercito statunitense manca di punti di riferimento in Polonia, Romania, Ungheria e specialmente negli Stati Baltici. Attualmente, così come confermato da Eucom, non possiede le capacità di spostare rapidamente le forze in Europa, come durante la guerra fredda.
Paradossalmente, all'entrata nella Nato dei nuovi paesi membri, non è seguita alcuna rilevazione aggiornata della rete viaria per scopi militari.
Hodges ha confermato ulteriori imprevisti.
Un secondo lotto di carri armati M1A2 Abrams ha raggiunto la Germania senza carburante (erano stati imbarcati combat ready). Alcuni Abrams, sono sbarcati in Europa con le batterie scariche: dopo l’ultima revisione prima dell’imbarco, la società esterna responsabile del controllo non ha provveduto a spegnere i sistemi elettrici.
Numerosi corazzati, infine, sono giunti in Europa in livrea desertica.
Dall’United States European Command rilevano la necessità di una maggiore copertura di intelligence per la speed of recognition delle truppe russe.
Nei Paesi Baltici gli Stati Uniti hanno schierato i reparti speciali per la formazione del personale militare regolare. Svolgono operazioni congiunte con la CIA per la raccolta delle informazioni ed una veloce valutazione delle attività ostili.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
ETTEPAREVA!!!!!! …….CI AVEVAMO TANTA NOSTALGIA DELLA GUERA……
PERCHE’ NON SCOPIA LA GUERA,….PERCHE’ NON SCOPIA LA GUERA…….
I TRUMP OLINI DE CASA NOSTRA SARANNO GIA’ IN MIMETICA E MOSCHETTO, E LA MAGLIETTA BONA CON TRUMP OLONE
L'avvertimento di Jack Ma: Se si ferma il commercio, inizia la guerra
1/31
Il Giornale
Alessandra Benignetti57 minuti fa
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“Se si ferma il commercio, inizia la guerra”. È questo l’avvertimento di Jack Ma, fondatore del colosso cinese di e-commerce, Alibaba.
Da Melbourne, in Australia, dove ha inaugurato una nuova sede di Alibaba, destinata a servire le imprese australiane e neozelandesi, Jack Ma difende la globalizzazione e da una stoccata, nemmeno troppo celata, alle scelte “protezionistiche” del nuovo presidente americano, Donald Trump. “Tutti sono preoccupati per le guerre commerciali”, ha detto, infatti, aggiungendo che “se però si ferma il commercio, inizia la guerra”.
Le parole del magnate dell'e-commerce cinese si inseriscono ovviamente nel braccio di ferro tra Trump e Xi Jinping sulla globalizzazione. Presidente del “compra americano, assumi americano”, il primo, incoronato, dopo il World Economic Forum di Davos, alfiere mondiale della globalizzazione economica, il secondo. Qualche giorno fa, infatti, Trump ha di nuovo sferzato la Cina, durante un incontro con i vertici del settore farmaceutico, accusando esplicitamente Pechino di “approfittare dell'America attraverso la svalutazione della sua moneta”. Alle accuse di Trump aveva risposto il portavoce del ministero degli Esteri cinese, affermando che la Cina non ha mai fatto ricorso alla “guerra valutaria”, e che condurre una guerra commerciale dalla quale nemmeno la Cina trarrebbe vantaggi, non è nelle intenzioni di Pechino.
Ora, ad un mese dal suo faccia a faccia con Trump, anche Jack Ma è sceso in campo per difendere l’economia globale. “Il mondo ha bisogno di globalizzazione, ha bisogno del commercio”, ha ripetuto il miliardario cinese, le cui dichiarazioni sono state riprese dal quotidiano britannico Independent. “Dobbiamo dimostrare che il commercio aiuta le persone a comunicare”, ha aggiunto, Ma, citato da Business Insider Australia. “Dovremmo avere scambi commerciali giusti, trasparenti ed inclusivi”, ha affermato, quindi, il magnate cinese. Una visione che si scontra con quella del presidente americano che vuole proteggere i confini nazionali e che denuncia l’esistenza di una globalizzazione “truccata” a vantaggio di Pechino, che “ruba” agli Usa lavoro e produzione.
Se l’incontro del mese scorso tra Trump e Jack Ma, durante il quale il fondatore di Alibaba aveva promesso la creazione di un milione di posti di lavoro in America, aveva tranquillizzato molti, dimostrando che per la cooperazione, in fondo, c’è sempre spazio, ora da Melbourne il secondo uomo più ricco della Cina, vicinissimo al presidente cinese Xi Jinping, interviene di nuovo in difesa di Pechino e della globalizzazione, lanciando un nuovo, preoccupante, avvertimento.
http://www.msn.com/it-it/notizie/mondo/ ... spartandhp
PERCHE’ NON SCOPIA LA GUERA,….PERCHE’ NON SCOPIA LA GUERA…….
I TRUMP OLINI DE CASA NOSTRA SARANNO GIA’ IN MIMETICA E MOSCHETTO, E LA MAGLIETTA BONA CON TRUMP OLONE
L'avvertimento di Jack Ma: Se si ferma il commercio, inizia la guerra
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“Se si ferma il commercio, inizia la guerra”. È questo l’avvertimento di Jack Ma, fondatore del colosso cinese di e-commerce, Alibaba.
Da Melbourne, in Australia, dove ha inaugurato una nuova sede di Alibaba, destinata a servire le imprese australiane e neozelandesi, Jack Ma difende la globalizzazione e da una stoccata, nemmeno troppo celata, alle scelte “protezionistiche” del nuovo presidente americano, Donald Trump. “Tutti sono preoccupati per le guerre commerciali”, ha detto, infatti, aggiungendo che “se però si ferma il commercio, inizia la guerra”.
Le parole del magnate dell'e-commerce cinese si inseriscono ovviamente nel braccio di ferro tra Trump e Xi Jinping sulla globalizzazione. Presidente del “compra americano, assumi americano”, il primo, incoronato, dopo il World Economic Forum di Davos, alfiere mondiale della globalizzazione economica, il secondo. Qualche giorno fa, infatti, Trump ha di nuovo sferzato la Cina, durante un incontro con i vertici del settore farmaceutico, accusando esplicitamente Pechino di “approfittare dell'America attraverso la svalutazione della sua moneta”. Alle accuse di Trump aveva risposto il portavoce del ministero degli Esteri cinese, affermando che la Cina non ha mai fatto ricorso alla “guerra valutaria”, e che condurre una guerra commerciale dalla quale nemmeno la Cina trarrebbe vantaggi, non è nelle intenzioni di Pechino.
Ora, ad un mese dal suo faccia a faccia con Trump, anche Jack Ma è sceso in campo per difendere l’economia globale. “Il mondo ha bisogno di globalizzazione, ha bisogno del commercio”, ha ripetuto il miliardario cinese, le cui dichiarazioni sono state riprese dal quotidiano britannico Independent. “Dobbiamo dimostrare che il commercio aiuta le persone a comunicare”, ha aggiunto, Ma, citato da Business Insider Australia. “Dovremmo avere scambi commerciali giusti, trasparenti ed inclusivi”, ha affermato, quindi, il magnate cinese. Una visione che si scontra con quella del presidente americano che vuole proteggere i confini nazionali e che denuncia l’esistenza di una globalizzazione “truccata” a vantaggio di Pechino, che “ruba” agli Usa lavoro e produzione.
Se l’incontro del mese scorso tra Trump e Jack Ma, durante il quale il fondatore di Alibaba aveva promesso la creazione di un milione di posti di lavoro in America, aveva tranquillizzato molti, dimostrando che per la cooperazione, in fondo, c’è sempre spazio, ora da Melbourne il secondo uomo più ricco della Cina, vicinissimo al presidente cinese Xi Jinping, interviene di nuovo in difesa di Pechino e della globalizzazione, lanciando un nuovo, preoccupante, avvertimento.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
"Se finisce il commercio, inizia la guerra", parole e musica di Jack Ma
1/31
International Business Times (IT)
Alessandro Martorana Un'ora fa
Se termina il commercio, scoppia la guerra. Una guerra commerciale, ma sempre guerra. Questa non è un'astrusa previsione di qualche analista tendente al catastrofismo, bensì dell'idea di Jack Ma, il 33° uomo più ricco del mondo, che a quanto pare non è un grande fan delle strategie anti-globalizzazione di Donald Trump.
Mentre si trovava a Melbourne per l'inaugurazione della sede di Alibaba per l'Australia e la Nuova Zelanda, Ma ha espresso con molta chiarezza i propri timori in merito alle idee di Trump: "Sono tutti preoccupati per le guerre commerciali. Se il commercio finisce, scoppia la guerra".
LEGGI ANCHE: Possibile guerra Cina-USA: dopo Donald Trump l'uomo forte della Casa Bianca è Steve Bannon?
Sia con le parole durante la campagna elettorale che con i fatti nel corso di queste sue prime settimane alla Casa Bianca, Donald Trump è stato molto esplicito sulle sue intenzioni di favorire un "nazionalismo commerciale" per gli Stati Uniti: ad esempio, uno dei suoi primi atti come presidente è stato quello di cancellare l'accordo commerciale trans-pacifico che era stato negoziato da Barack Obama.
Un aspetto particolarmente interessante delle dichiarazioni del secondo uomo più ricco della Cina è il fatto che Ma non abbia parlato solamente del contesto economico, ma abbia anche dato dei giudizi più "filosofici", per così dire: "Commercio significa commercio di valori. Dobbiamo attivamente provare che il commercio aiuta le persone a comunicare", ha affermato il fondatore e presidente di Alibaba, secondo quanto riportato da Business Insider Australia.
Ad inizio gennaio, quando il neo-presidente doveva ancora insediarsi al 1600 di Pennsylvania Avenue, la coppia di imprenditori si era incontrata nella Trump Tower: davanti alle telecamere, i due si erano detti soddisfatti del colloquio, con Ma che si era persino spinto fino alla promessa di un milione di posti di lavoro nelle piccole aziende statunitensi. Apparentemente qualcosa dev'essere cambiato da quell'incontro dello scorso 10 gennaio, se l'imprenditore cinese si è sentito in dovere di lanciare degli "avvertimenti" diretti verso la sponda opposta dell'Oceano Pacifico.
Peraltro, paradossalmente non è detto che sarebbe Pechino a rimetterci nel caso di un maggior protezionismo statunitense. Nelle scorse settimane Zhang Yansheng, capo economista presso il think tank governativo del Centro della Cina per lo Sviluppo Economico e Internazionale, ha spiegato come il paese potrebbe cavarsela anche sotto la nuova politica imposta da Trump, dal momento che dal 2015 i consumi domestici rappresentano ormai i due terzi del prodotto interno lordo del colosso asiatico.
"La Cina è riuscita a ridurre la sua dipendenza dalle esportazioni in maniera efficace, grazie ad un tempestivo passaggio verso la domanda domestica proprio quando la domanda dal mercato globale è calata rispetto ai picchi raggiunti negli anni precedenti", ha affermato Zhang.
Alibaba non è comunque la prima azienda ad esprimere timori o contrarietà per le mosse di Donald Trump: nei giorni scorsi abbiamo ad esempio parlato delle forti reazioni che le politiche sull'immigrazione del neo-presidente stanno scatenando nella Silicon Valley. A quanto pare, non si tratta soltanto di dichiarazioni di facciata ma dell'espressione di un desiderio di dare battaglia.
97 grandi aziende statunitensi (tra le quali colossi tech come Apple, Facebook, Google, Intel, Microsoft, Netflix, PayPal, Twitter, Uber ed Airbnb) hanno infatti presentato presso la US Court of Appeals for the 9th Circuit un amicus curiae (un documento mirato ad offrire volontariamente informazioni su un caso) in opposizione all'ordine esecutivo di Trump che impedisce l'accesso nel paese alle persone provenienti da alcuni paesi.
LEGGI ANCHE: L'ultima follia di Trump contro l'EPA: le leggi "2x1"
Secondo una bozza del documento ottenuta dal Washington Post, il testo pone all'attenzione della corte il grande contributo dato dall'immigrazione all'economia statunitense: "Gli immigrati o i loro figli hanno fondato oltre 200 delle aziende Fortune 500, il che include Apple, Kraft, Ford, General Electric, AT&T, Google, McDonald’s, Boeing, and Disney. Insieme, queste aziende generano un fatturato annuo di 4,2 trilioni e danno lavoro a milioni di americani. Tra il 2006 ed il 2010, gli immigrati hanno aperto il 28% di tutte le nuove aziende negli Stati Uniti".
Nell'amicus si mette in risalto come l'ordine di Trump crei una grande incertezza su quali altri paesi potrebbero essere in futuro aggiunti senza preavviso tra quelli della "lista nera". Inoltre, nel documento si sostiene come il provvedimento sia illegale in quanto in violazione delle leggi anti-discriminazione emanate nel 1965.
Video Alan Friedman al TG 1
Trump all'attacco
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International Business Times (IT)
Alessandro Martorana Un'ora fa
Se termina il commercio, scoppia la guerra. Una guerra commerciale, ma sempre guerra. Questa non è un'astrusa previsione di qualche analista tendente al catastrofismo, bensì dell'idea di Jack Ma, il 33° uomo più ricco del mondo, che a quanto pare non è un grande fan delle strategie anti-globalizzazione di Donald Trump.
Mentre si trovava a Melbourne per l'inaugurazione della sede di Alibaba per l'Australia e la Nuova Zelanda, Ma ha espresso con molta chiarezza i propri timori in merito alle idee di Trump: "Sono tutti preoccupati per le guerre commerciali. Se il commercio finisce, scoppia la guerra".
LEGGI ANCHE: Possibile guerra Cina-USA: dopo Donald Trump l'uomo forte della Casa Bianca è Steve Bannon?
Sia con le parole durante la campagna elettorale che con i fatti nel corso di queste sue prime settimane alla Casa Bianca, Donald Trump è stato molto esplicito sulle sue intenzioni di favorire un "nazionalismo commerciale" per gli Stati Uniti: ad esempio, uno dei suoi primi atti come presidente è stato quello di cancellare l'accordo commerciale trans-pacifico che era stato negoziato da Barack Obama.
Un aspetto particolarmente interessante delle dichiarazioni del secondo uomo più ricco della Cina è il fatto che Ma non abbia parlato solamente del contesto economico, ma abbia anche dato dei giudizi più "filosofici", per così dire: "Commercio significa commercio di valori. Dobbiamo attivamente provare che il commercio aiuta le persone a comunicare", ha affermato il fondatore e presidente di Alibaba, secondo quanto riportato da Business Insider Australia.
Ad inizio gennaio, quando il neo-presidente doveva ancora insediarsi al 1600 di Pennsylvania Avenue, la coppia di imprenditori si era incontrata nella Trump Tower: davanti alle telecamere, i due si erano detti soddisfatti del colloquio, con Ma che si era persino spinto fino alla promessa di un milione di posti di lavoro nelle piccole aziende statunitensi. Apparentemente qualcosa dev'essere cambiato da quell'incontro dello scorso 10 gennaio, se l'imprenditore cinese si è sentito in dovere di lanciare degli "avvertimenti" diretti verso la sponda opposta dell'Oceano Pacifico.
Peraltro, paradossalmente non è detto che sarebbe Pechino a rimetterci nel caso di un maggior protezionismo statunitense. Nelle scorse settimane Zhang Yansheng, capo economista presso il think tank governativo del Centro della Cina per lo Sviluppo Economico e Internazionale, ha spiegato come il paese potrebbe cavarsela anche sotto la nuova politica imposta da Trump, dal momento che dal 2015 i consumi domestici rappresentano ormai i due terzi del prodotto interno lordo del colosso asiatico.
"La Cina è riuscita a ridurre la sua dipendenza dalle esportazioni in maniera efficace, grazie ad un tempestivo passaggio verso la domanda domestica proprio quando la domanda dal mercato globale è calata rispetto ai picchi raggiunti negli anni precedenti", ha affermato Zhang.
Alibaba non è comunque la prima azienda ad esprimere timori o contrarietà per le mosse di Donald Trump: nei giorni scorsi abbiamo ad esempio parlato delle forti reazioni che le politiche sull'immigrazione del neo-presidente stanno scatenando nella Silicon Valley. A quanto pare, non si tratta soltanto di dichiarazioni di facciata ma dell'espressione di un desiderio di dare battaglia.
97 grandi aziende statunitensi (tra le quali colossi tech come Apple, Facebook, Google, Intel, Microsoft, Netflix, PayPal, Twitter, Uber ed Airbnb) hanno infatti presentato presso la US Court of Appeals for the 9th Circuit un amicus curiae (un documento mirato ad offrire volontariamente informazioni su un caso) in opposizione all'ordine esecutivo di Trump che impedisce l'accesso nel paese alle persone provenienti da alcuni paesi.
LEGGI ANCHE: L'ultima follia di Trump contro l'EPA: le leggi "2x1"
Secondo una bozza del documento ottenuta dal Washington Post, il testo pone all'attenzione della corte il grande contributo dato dall'immigrazione all'economia statunitense: "Gli immigrati o i loro figli hanno fondato oltre 200 delle aziende Fortune 500, il che include Apple, Kraft, Ford, General Electric, AT&T, Google, McDonald’s, Boeing, and Disney. Insieme, queste aziende generano un fatturato annuo di 4,2 trilioni e danno lavoro a milioni di americani. Tra il 2006 ed il 2010, gli immigrati hanno aperto il 28% di tutte le nuove aziende negli Stati Uniti".
Nell'amicus si mette in risalto come l'ordine di Trump crei una grande incertezza su quali altri paesi potrebbero essere in futuro aggiunti senza preavviso tra quelli della "lista nera". Inoltre, nel documento si sostiene come il provvedimento sia illegale in quanto in violazione delle leggi anti-discriminazione emanate nel 1965.
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Trump all'attacco
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Se termina il commercio, scoppia la guerra. Una guerra commerciale, ma sempre guerra. Questa non è un'astrusa previsione di qualche analista tendente al catastrofismo, bensì dell'idea di Jack Ma, il 33° uomo più ricco del mondo, che a quanto pare non è un grande fan delle strategie anti-globalizzazione di Donald Trump.
S’INIZIA SEMPRE COSI’. CON UN CONFLITTO DI TONO MINORE COME UNA GUERRA COMMERCIALE.
MA IL PROBLEMA SONO LE REAZIONI DELL’UOMO CHE GUIDA GLI USA.
TRUMP, A TUTTI I COSTI VUOL DIMOSTRARE CHE QUELLO CHE DICE, L’OTTIENE.
MA COMPLESSIVAMENTE, FINO ADESSO HA REGISTRATO DEI FLOP.
ARRETRERA’ANCHE IN QUESTO CASO?
SECONDO ME NON E’ L’UOMO ADATTO A GUIDARE GLI STATI UNITI IN QUESTA FASE STORICA.
E SOLO UN COW BOYS CON LA LAPPA BERLUSCONIANA.
MA DI UOMO DI STATO CHE POSSA GUIDARE UNA NAZIONE NON HA NIENTE.
A L’ESTABLISHMENT, QUELLO CHE GOVERNA IL MONDO OCCIDENTALE , E NON SOLO, A QUESTO PUNTO QUESTO PAZZARIELLO, GLI STA BENE.
AVETE VOLUTO LA BICICLETTA, ADESSO PEDALATE.
CERTO CHE LA SITUAZIONE E’ GRAVE.
VOLEVANO LA CLINTON PERCHE’ ERA GIA’ STATA ADDOMENSTICATA A DOVERE.
E QUINDI AGLI AMERICANI, L’ESTABLISHMENT FA CAPIRE CHE LA DEVONO GRATTARE.
LA SPACCATURA DEL MONDO OCCIDENTALE E’ ARRIVATA PERFINO ALL’INTERNO DELLE MURA LEONINE.
FRANCESCO, DIPLOMATICAMENTE, HA FATTO INTENDERE CHE E’ CONTRO TRUMP.
E QUI E’ PARTITA LA FRONDA DEL CLERO PRO TRUMP.
NON A CASO LA SETTIMANA SCORSA SALVINI, PRO TUMP, HA INCONTRATO SEGRETAMENTE IL CARDINALE BURKE IN VATICANO.
QUESTO DIMOSTRA QUANTO SIA COMPLICATA ED AVVELENATA LA SITUAZIONE.
S’INIZIA SEMPRE COSI’. CON UN CONFLITTO DI TONO MINORE COME UNA GUERRA COMMERCIALE.
MA IL PROBLEMA SONO LE REAZIONI DELL’UOMO CHE GUIDA GLI USA.
TRUMP, A TUTTI I COSTI VUOL DIMOSTRARE CHE QUELLO CHE DICE, L’OTTIENE.
MA COMPLESSIVAMENTE, FINO ADESSO HA REGISTRATO DEI FLOP.
ARRETRERA’ANCHE IN QUESTO CASO?
SECONDO ME NON E’ L’UOMO ADATTO A GUIDARE GLI STATI UNITI IN QUESTA FASE STORICA.
E SOLO UN COW BOYS CON LA LAPPA BERLUSCONIANA.
MA DI UOMO DI STATO CHE POSSA GUIDARE UNA NAZIONE NON HA NIENTE.
A L’ESTABLISHMENT, QUELLO CHE GOVERNA IL MONDO OCCIDENTALE , E NON SOLO, A QUESTO PUNTO QUESTO PAZZARIELLO, GLI STA BENE.
AVETE VOLUTO LA BICICLETTA, ADESSO PEDALATE.
CERTO CHE LA SITUAZIONE E’ GRAVE.
VOLEVANO LA CLINTON PERCHE’ ERA GIA’ STATA ADDOMENSTICATA A DOVERE.
E QUINDI AGLI AMERICANI, L’ESTABLISHMENT FA CAPIRE CHE LA DEVONO GRATTARE.
LA SPACCATURA DEL MONDO OCCIDENTALE E’ ARRIVATA PERFINO ALL’INTERNO DELLE MURA LEONINE.
FRANCESCO, DIPLOMATICAMENTE, HA FATTO INTENDERE CHE E’ CONTRO TRUMP.
E QUI E’ PARTITA LA FRONDA DEL CLERO PRO TRUMP.
NON A CASO LA SETTIMANA SCORSA SALVINI, PRO TUMP, HA INCONTRATO SEGRETAMENTE IL CARDINALE BURKE IN VATICANO.
QUESTO DIMOSTRA QUANTO SIA COMPLICATA ED AVVELENATA LA SITUAZIONE.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
DENTRO IL POZZO NERO, SOTTO LE MACERIE
NOTIZIE DAL MINISTERO DELLE STRUMPTRUPPEN
Putin ordina l'ispezione a sorpresa delle forze aerospaziali per prepararsi a tempi di guerra
23/32
Il Giornale
Alessandra Benignetti
21 ore fa
CONDIVIDI
Il presidente russo, Vladimir Putin, ha ordinato un'ispezione a sorpresa delle forze aerospaziali russe per verificare la loro attitudine al combattimento. La verifica ha preso il via stamane, alle 9 del mattino, orario di Mosca, le 7 in Italia.
Ad annunciarlo è stato il ministro della Difesa russo, Sergej Shoigu, le cui dichiarazioni sono state pubblicate dai media locali. “Un’attenzione speciale è stata prestata alla prontezza di combattimento, al dispiegamento della difesa antiaerea per tempi di guerra e alla disposizione dei raggruppamenti aerei per respingere un'aggressione, ha affermato Shoigu, citato dall’agenzia russa Tass. Tra gli ordini arrivati dal Cremlino, inoltre, c’è anche quello di assicurare, attraverso l’ispezione, la conformità con i requisiti di sicurezza e l’integrità delle munizioni e degli armamenti.
E a metà mattinata, il portavoce del presidente russo, Dmitrj Peskov, ha annunciato che l’ispezione a sorpresa per verificare la prontezza al combattimento delle Forze aerospaziali russe, non resterà un’iniziativa isolata, ma si ripeterà in futuro. Molte volte il presidente e il ministro della Difesa hanno detto che questa pratica continuerà, perché si è dimostrata molto positiva in termini di mantenimento di un adeguato livello delle capacità di difesa delle nostre forze armate, ha dichiarato il portavoce del Cremlino.
La verifica a sorpresa dello stato di prontezza dell’aviazione militare russa, arriva ad una settimana di distanza dall’inizio di una nuova escalation della violenza in Ucraina orientale, dove esercito ucraino e ribelli filo-russi hanno ricominciato a scontrarsi, utilizzando anche l’artiglieria pesante, vietata dagli accordi per il cessate il fuoco sottoscritti nella capitale bielorussa, Minsk, nel febbraio del 2015. E anche ad un mese di distanza dallo schieramento, deciso durante l’ultimo vertice dell’Alleanza Atlantica che si è svolto lo scorso luglio a Varsavia, di decine di carri armati e oltre 3mila effettivi americani della Nato al confine con la Russia. I militari statunitensi sono arrivati all’inizio di gennaio in Polonia, per essere schierati nei Paesi dell’Europa orientale che condividono il proprio confine con la Russia, incluse le repubbliche baltiche.
Video:
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NOTIZIE DAL MINISTERO DELLE STRUMPTRUPPEN
Putin ordina l'ispezione a sorpresa delle forze aerospaziali per prepararsi a tempi di guerra
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Il Giornale
Alessandra Benignetti
21 ore fa
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Il presidente russo, Vladimir Putin, ha ordinato un'ispezione a sorpresa delle forze aerospaziali russe per verificare la loro attitudine al combattimento. La verifica ha preso il via stamane, alle 9 del mattino, orario di Mosca, le 7 in Italia.
Ad annunciarlo è stato il ministro della Difesa russo, Sergej Shoigu, le cui dichiarazioni sono state pubblicate dai media locali. “Un’attenzione speciale è stata prestata alla prontezza di combattimento, al dispiegamento della difesa antiaerea per tempi di guerra e alla disposizione dei raggruppamenti aerei per respingere un'aggressione, ha affermato Shoigu, citato dall’agenzia russa Tass. Tra gli ordini arrivati dal Cremlino, inoltre, c’è anche quello di assicurare, attraverso l’ispezione, la conformità con i requisiti di sicurezza e l’integrità delle munizioni e degli armamenti.
E a metà mattinata, il portavoce del presidente russo, Dmitrj Peskov, ha annunciato che l’ispezione a sorpresa per verificare la prontezza al combattimento delle Forze aerospaziali russe, non resterà un’iniziativa isolata, ma si ripeterà in futuro. Molte volte il presidente e il ministro della Difesa hanno detto che questa pratica continuerà, perché si è dimostrata molto positiva in termini di mantenimento di un adeguato livello delle capacità di difesa delle nostre forze armate, ha dichiarato il portavoce del Cremlino.
La verifica a sorpresa dello stato di prontezza dell’aviazione militare russa, arriva ad una settimana di distanza dall’inizio di una nuova escalation della violenza in Ucraina orientale, dove esercito ucraino e ribelli filo-russi hanno ricominciato a scontrarsi, utilizzando anche l’artiglieria pesante, vietata dagli accordi per il cessate il fuoco sottoscritti nella capitale bielorussa, Minsk, nel febbraio del 2015. E anche ad un mese di distanza dallo schieramento, deciso durante l’ultimo vertice dell’Alleanza Atlantica che si è svolto lo scorso luglio a Varsavia, di decine di carri armati e oltre 3mila effettivi americani della Nato al confine con la Russia. I militari statunitensi sono arrivati all’inizio di gennaio in Polonia, per essere schierati nei Paesi dell’Europa orientale che condividono il proprio confine con la Russia, incluse le repubbliche baltiche.
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