Consultazioni, la freddezza del Pdl su Enrico Letta.
Tradito l'accordo su Amato. Ora linea dura: "O governo politico o voto". Avanza il partito dei falchi.
Pubblicato: 24/04/2013 13:50 CEST | Aggiornato: 24/04/2013 17:09 CEST
Nessun veto a Letta, purché si faccia un governissimo con i big del Pdl dentro, senza "niet" sui falchi. Un programma con al primo punto l’abolizione dell’Imu e i cavalli di battaglia del Pdl. Insomma, nessuna carta bianca, anche se Giorgio Napolitano ha detto che non ci sono alternative. Altrimenti si vota. Adesso Silvio Berlusconi ha deciso di alzare l’asticella della trattativa. Perché l’accordo su Amato è saltato. E ora, dopo che il Pd oltre a tutte le cariche istituzionali ha pure il premier, nessun piatto è gratis: “O accettano le mie richieste o si vota”.
Ecco che il messaggio – a Pd e Quirinale – viene concordato mentre Berlusconi è in volo per gli Stati Uniti ed è ormai chiaro che Enrico Letta sta per ricevere l’incarico. Angelino Alfano lo mette nero su bianco: “Prima ancora di sapere chi sia il presidente incaricato, è bene chiarire al Pd che per noi non ci sarà un nuovo caso Marini, non daremo il sostegno a uno di loro cui loro non daranno un sostegno reale, visibile”. Parole pesanti. Che concedono poco all’interpretazione.
Adesso che hanno indicato “uno di loro”, il Pdl non darà carta bianca. Per questo parte subito l’ordine ai dichiaratori: linea dura, “o governo politico o voto”. Perché la soluzione Letta è inaspettata. Tutto lo stato maggiore del Pdl era andato a dormire sicuro del nome di Amato. E certo che il nome di Letta non era sul tavolo. Berlusconi aveva indicato Amato. E il Pd si era affidato alla “saggezza” del capo dello Stato. Così era andata ieri, almeno a quanto risulta allo stato maggiore pidiellino. E invece da questa mattina è filtrato dal Colle che lo scenario era mutato. Segno che il Pd non ha tenuto, che senza un suo uomo a palazzo Chigi rischia lo sfaldamento.
Il sospetto è che sia in atto un’operazione sbilanciata: “Il Pd non reggeva Amato – è il ragionamento – e ha fatto pressione su Letta per evitare la dissoluzione, e con la scusa di uno suo a palazzo Chigi, vuole fare un governo senza metterci i big dentro”. Alfano lo dice chiaramente: "Abbiamo la netta impressione che il Pd un governo forte non voglia farlo, ma non possa dirlo". È questo il sospetto, che tutta la manovra risponda a un’esigenza della sinistra. La Lega, possibilista su Letta tanto quanto era contraria ad Amato, non c’entra.
Per questo Alfano, in costante contato telefonico con l’ex premier in viaggio per gli Stati uniti, fissa l’asticella in alto, in vista della trattativa di domani: se il governo doveva essere “politico” con Amato, figura di garanzia, figuriamoci con Enrico Letta. A questo punto deve essere non ad alta, ma ad altissima intensità politica: “Non daremo il sostegno a uno di loro – dice Alfano - cui loro non daranno un sostegno reale, visibile, con nomi che rendano evidente questo sostegno e con un programma fiscale chiarissimo ed inequivocabile”.
Ecco i due assi del negoziato, governo politico e programma, che recepisca i cavalli di battaglia del Cavaliere a partire dall'Imu. Altrimenti, si vota. Il Pdl, nelle trattative riservate, ha già fatto sapere che i big devono essere coinvolti: “Noi mettiamo la nostra prima fila, voi la vostra”. Fuori i secondi. L’operazione parte solo se ci sono figure forti, non sbiadite. Per questo il partitone del Cavaliere è pronto a schierare i nomi più pesanti: Alfano vicepremier, Schifani alla Difesa, Quagliariello (dato più in quota Quirinale che Berlusconi) alle Riforme. Ma anche Renato Brunetta, il falco. Proprio la sua presenza nella rosa che circola in queste ore è il segnale di un indurimento del Pdl nel negoziato: “Hanno scelto la via politica con Letta, non accettiamo veti sui nostri politici, né li può scegliere il Pd” è il ragionamento.
Perché, rispetto allo schema Amato, ora lo schema di gioco cambia. Anche il Pd deve calare la prima fila, non la seconda. E si deve capire a chi andranno i ministeri che Berlusconi considera chiave, come la Giustizia. L’accordo su questo deve essere blindato. Non è un dettaglio il cambio di candidato premier sul dossier giudiziario. Il provato garantismo di Amato non è paragonabile a quello del mite Enrico Letta, vicesegretario di un Pd bersaniano che invocava l’arresto di Berlusconi, l’ineleggibilità e pure il conflitto di interessi.
Dunque, se prende corpo uno schema accettabile, bene altrimenti voto. L’ipotesi non è mai stata archiviata. E c’è un motivo se per la prima volta dall’insediamento di Napolitano viene messa nero su bianco nelle posizioni ufficiali: “Aspettiamo Enrico Letta – dice Maurizio Gasparri - ma condividiamo le parole del nostro segretario Alfano. O governo vero e politico dai contenuti condivisibili, o nulla da fare”. Con i sondaggi che danno Berlusconi avanti, il Senato contendibile, e con il Pd in frantumi, o la soluzione è soddisfacente – un governo politico duraturo, con i big di Pd e Pdl dentro e un programma che accolga i cavalli di battaglia berlusconiani – oppure è meglio puntare sul ritorno alle urne. E nel Pdl, dopo giorni in cui è stato suonato uno spartito responsabile, avanza il fronte dei falchi. Perché a sessanta giorni dalle elezioni di febbraio, stavolta, non si può andare avanti all’infinito, visto che il capo dello Stato ha il potere di scioglimento. Finalmente.
http://www.huffingtonpost.it/2013/04/24 ... _ref=italy