referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
PINOCCHIO MUSSOLONI SUBITO A CASA!!!!!!!!!!!
Scrive Furio Colombo:
Un utile esempio di separazione fra cittadini e politica è stato di inviare all’improvviso in Libia duecento paracadutisti italiani scortati da cento infermieri, che costruiranno un grande ospedale, e per questo i soldati vanno a fare la guardia. Dove? In una zona petrolifera appena occupata da truppe non nemiche (ma neppure amiche, diciamo estranee) mentre infuria tuttora la battaglia di Sirte (di cui era stata annunciata varie volte la conquista), e ci sfugge la scelta del tempo e del luogo e del mettere così pochi soldati e così tanti infermieri nel mezzo di violentissime lotte fratricide fra tribù divise da ragioni note e ignote.
Ho chiesto anche ad altri se mi ero sbagliato a capire che erano stati inviati 300 medici in Libia.
E' questa la notizia che hanno fatto passare i Pinocchioni.
Per non far sapere che siamo in guerra, e che gli avrebbe fatto perdere voti, Pinocchio si è inventato la balla dei trecento medici.
Riusciranno i media del NO a sputtanare Benito Pinocchio Mussoloni e mandarlo a casa prima del referendum??????
Scrive Furio Colombo:
Un utile esempio di separazione fra cittadini e politica è stato di inviare all’improvviso in Libia duecento paracadutisti italiani scortati da cento infermieri, che costruiranno un grande ospedale, e per questo i soldati vanno a fare la guardia. Dove? In una zona petrolifera appena occupata da truppe non nemiche (ma neppure amiche, diciamo estranee) mentre infuria tuttora la battaglia di Sirte (di cui era stata annunciata varie volte la conquista), e ci sfugge la scelta del tempo e del luogo e del mettere così pochi soldati e così tanti infermieri nel mezzo di violentissime lotte fratricide fra tribù divise da ragioni note e ignote.
Ho chiesto anche ad altri se mi ero sbagliato a capire che erano stati inviati 300 medici in Libia.
E' questa la notizia che hanno fatto passare i Pinocchioni.
Per non far sapere che siamo in guerra, e che gli avrebbe fatto perdere voti, Pinocchio si è inventato la balla dei trecento medici.
Riusciranno i media del NO a sputtanare Benito Pinocchio Mussoloni e mandarlo a casa prima del referendum??????
-
- Messaggi: 3688
- Iscritto il: 22/02/2012, 14:30
Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
I media : lasciamo perdere.
Ciao
Paolo11
Ciao
Paolo11
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
.........SUPERPINOCCHIO E' ALLA CANNA DEL GAS............
ANALISI
Il Ponte sullo stretto, le pensioni e gli slogan: mille promesse di Renzi per il sì al referendum
Il premier si prepara a spendere ogni possibile carta in vista della consultazione del 4 dicembre. Va in Tv, sfida D'Alema e Zagrebelsky, e mentre si accende la macchina della propaganda, dalla manovra vuole un colpo come gli 80 euro per le Europee
DI LUCA SAPPINO
28 settembre 2016
12
FACEBOOK
TWITTER
PINTEREST
GOOGLE
EMAIL
Il Ponte sullo stretto, le pensioni e gli slogan: mille promesse di Renzi per il sì al referendum
Si è preso tutto il tempo possibile, fino al 4 dicembre, per recuperare il vantaggio che oggi, per il momento, i sondaggi assegnano al no. Ma Matteo Renzi non è preoccupato, sa che gli stessi sondaggi fotografano una maggioranza di indecisi e sa di potersi sparare ancora un sacco di cartucce vincenti, un po’ come gli 80 euro in busta paga lo sono stati per le ultime Europee, successo elettorale su cui il premier si è poggiato per mesi, dandosi slancio per tenere a bada la minoranza del partito e gli alleati in parlamento.
Stare al governo, insomma, ha i suoi vantaggi, e dalle parti di Renzi non capiscono perché non approfittarne. D’altronde anche il compleanno di Totti è una scusa buona per alleggerire sì, e ricordare però che «Basta un Sì», come twitta il comunicatore dem Francesco Nicodemo, che contando i governi che si sono succeduti dall’esordio in serie A del "Pupone", ricorda nello specifico come, approvata la riforma, solo la Camera darà la fiducia al governo.
Segui
Francesco Nicodemo @fnicodemo
Oggi celebriamo #Totti40 ricordandovi che da quando il capitano ha esordito in Serie A ci sono stati 15 governi
Per la stabilità #bastaunsì
09:29 - 27 Set 2016
43 43 Retweet 59 59 Mi piace
Per carità, la campagna referendaria avrà tutta una sua strategia, ci sono da spendere oltre 620mila euro per montare palchi, stampare volantini e affiggere manifesti. Per pagare le sponsorizzazioni sui social network e le spese vive del comitato inaugurato a piazza Santi Apostoli, significativamente la piazza dell’Ulivo della prima vittoria, di Romano Prodi e del suo programma elettorale. Programma che i renziani assicurano di aver ripreso, loro, e che la minoranza Pd dice che invece è stato tradito, che all’epoca l’obiettivo era tutt’altro, e che la riforma di Renzi&Boschi - come dice l’ex dem Pippo Civati, segretario di Possibile - «è quella che il centrodestra ha sempre voluto. Ed è molto più simile a quella che è stata bocciata nel 2006». I soldi arrivano per la gran parte dai rimborsi elettorali, che il Pd si è aggiudicato raccogliendo anche lui le firme, attività generalmente lasciata alle opposizioni, e per 120mila euro dalle donazioni.
Segui
Daniele Capezzone ✔ @Capezzone
Da qui al 4 dicembre, caro #Renzi , perché limitarti al #PonteSulloStretto ? Annuncia pure la Piramide Renzi e l'Arco di Trionfo Boschi...
13:13 - 27 Set 2016
14 14 Retweet 13 13 Mi piace
Ci sarà spazio per gli slogan, che non vanno per il sottile e puntano, ad esempio, sul tema del taglio delle poltrone: «Basta un Sì per cancellare poltrone e stipendi», è la frase del manifesto arancione che indispone i costituzionalisti del No, come Mauro Volpi. Professore di diritto costituzionale a Perugia, Volpi, «se proprio ai tagli bisogna pensare quando si riforma la Costituzione», ricorda al premier che molto di più si sarebbe risparmiato «se invece di creare un Senato di 100 nominati, si fossero migliorati i regolamenti parlamentari, lasciate le due camere, e diminuiti di un terzo tanto i deputati quanto i senatori». O ancora, «che molto più, e senza bisogno di una legge costituzionale, si sarebbe risparmiato tagliando le indennità di entrambi».
A Volpi risponde il manifesto, che ha un messaggio sicuramente più diretto, e rispondono poi i costituzionalisti del Sì. Tra loro c’è la professoressa Carla Bassu, dell’Università di Sassari, che spiega, ad esempio, come non sia vero che a questo punto era meglio abolire veramente il Senato - critica che arriva dal fronte del No. «Perché, è vero che bisognava superare il bicameralismo perfetto che rende lentissimo il Parlamento: ci sono leggi che negli anni sono state approvate rapidamente, ma il più dei testi si inabissa. Ma si è deciso giustamente di tenere una camera delle autonomie per alcune funzioni e per un compito di riflessione. Che non sia di elezione diretta non deve però scandalizzare: è così in molti Paesi».
Tobia Zevi @tobiazevi
In cammino per il Sì al referendum. Senza moto chiassose, a piedi e zaino in spalla percorrerò tutta Italia. #bastaunsi @pdnetwork
12:53 - 27 Set 2016
8 8 Retweet 19 19 Mi piace
Ci sarà spazio, quindi, da qui a dicembre, per accurate e martellanti strategie di comunicazione e per creatività più o meno applicata, come quella in cui si eserciterà Tobia Zevi, dirigente del Pd e consigliere del ministro Gentiloni, che - per dire - vuole percorrere mille chilometri a piedi per il Sì, in giro per l’Italia, toccando tutte le regioni e cercando di volta in volta compagni di viaggio: «Un po’ come Forrest Gump», dice. «Meno male che abbiamo spostato la data al 4 dicembre», ha scherzato con lui Roberto Cociancich, senatore dem e coordinatore del comitato per il Sì, «così almeno non devi farli di corsa». La campagna sarà anche genuina, sì, ma Renzi poi punta molto sulla spinta della manovra.
Claudio Cerasa @claudiocerasa
Renzi rilancia a Milano, alla Triennale, il Ponte sullo Stretto. Lo ascolta anche Maroni. Che lo applaude
11:54 - 27 Set 2016
22 22 Retweet 24 24 Mi piace
Siccome svelare le carte non è un problema che lo riguarda, il premier è andato persino in tv a dire cosa ha in mente. La tempistica, la discussione del Def in aula, lo aiuta. Ospite di Del Debbio, su Rete4, si è alzato e - un po’ come Silvio Berlusconi faceva da Bruno Vespa - su una lavagna ha segnato i sogni nel cassetto. La quattordicesima raddoppiata per le minime, l’anticipo pensionistico. Più flessibilità dall’Europa per i migranti.
«L'Italia», dice il premier presentando il Def, «chiederà un indebitamento ulteriore di 0,4 punti percentuali per il sisma e per la gestione dell’immigrazione». Mancava una grande opera, ma l’ha aggiunta dall’assemblea che celebra i 110 anni del gruppo Salini-Impregilo, dicendo che se l’azienda pensa di farcela il governo è pronto a spingere perché il ponte sullo Stretto si faccia: «Se voi siete in grado di portare le carte e sistemare ciò che è fermo da dieci anni», ha detto, «noi lo sblocchiamo». Pronti a «completare il grande progetto di quella che Delrio chiama la Napoli-Palermo, per non chiamarla Ponte sullo Stretto, ma che è di fatto il collegamento tra Napoli e Palermo, in un'operazione che porta centomila posti di lavoro».
Segui
Maurizio Gasparri @gasparripdl
Le fesserie di @matteorenzi oggi ha rifatto anche il ponte sullo Stretto,da qui al 4 dicembre anche decreto Lazzaro per resuscitare i morti
13:09 - 27 Set 2016
35 35 Retweet 42 42 Mi piace
Sono le opposizioni a sostenere che anche il Ponte sullo Stretto faccia parte della strategia per il Sì. Leggono così le parole del premier la destra, il Movimento 5 stelle e Sinistra Italiana. In realtà Renzi già in un’altra occasione aveva aperto al Ponte. Già una volta aveva smentito il Renzi del 2010 che da Firenze scriveva: «Vogliamo un Paese che preferisca la banda larga al ponte sullo Stretto». Renzi punta più sull’effetto della manovra e degli argomenti della sua riforma, che sosterrà nella prossima direzione del partito per stanare definitivamente la minoranza dem e poi con un tour in Italia.
Andrà poi spesso direttamente in tv come farà già venerdì su La7 per un confronto con Zagrebelsky moderato da Enrico Mentana. Si sta pensando di organizzare un dibattito anche con Massimo D’Alema, convinti che tra i due non ci sia partita. E infine c’è la Leopolda, appuntamento fisso che cadrà proprio a ridosso del voto, forse il 20 novembre.
ANALISI
Il Ponte sullo stretto, le pensioni e gli slogan: mille promesse di Renzi per il sì al referendum
Il premier si prepara a spendere ogni possibile carta in vista della consultazione del 4 dicembre. Va in Tv, sfida D'Alema e Zagrebelsky, e mentre si accende la macchina della propaganda, dalla manovra vuole un colpo come gli 80 euro per le Europee
DI LUCA SAPPINO
28 settembre 2016
12
Il Ponte sullo stretto, le pensioni e gli slogan: mille promesse di Renzi per il sì al referendum
Si è preso tutto il tempo possibile, fino al 4 dicembre, per recuperare il vantaggio che oggi, per il momento, i sondaggi assegnano al no. Ma Matteo Renzi non è preoccupato, sa che gli stessi sondaggi fotografano una maggioranza di indecisi e sa di potersi sparare ancora un sacco di cartucce vincenti, un po’ come gli 80 euro in busta paga lo sono stati per le ultime Europee, successo elettorale su cui il premier si è poggiato per mesi, dandosi slancio per tenere a bada la minoranza del partito e gli alleati in parlamento.
Stare al governo, insomma, ha i suoi vantaggi, e dalle parti di Renzi non capiscono perché non approfittarne. D’altronde anche il compleanno di Totti è una scusa buona per alleggerire sì, e ricordare però che «Basta un Sì», come twitta il comunicatore dem Francesco Nicodemo, che contando i governi che si sono succeduti dall’esordio in serie A del "Pupone", ricorda nello specifico come, approvata la riforma, solo la Camera darà la fiducia al governo.
Segui
Francesco Nicodemo @fnicodemo
Oggi celebriamo #Totti40 ricordandovi che da quando il capitano ha esordito in Serie A ci sono stati 15 governi
Per la stabilità #bastaunsì
09:29 - 27 Set 2016
43 43 Retweet 59 59 Mi piace
Per carità, la campagna referendaria avrà tutta una sua strategia, ci sono da spendere oltre 620mila euro per montare palchi, stampare volantini e affiggere manifesti. Per pagare le sponsorizzazioni sui social network e le spese vive del comitato inaugurato a piazza Santi Apostoli, significativamente la piazza dell’Ulivo della prima vittoria, di Romano Prodi e del suo programma elettorale. Programma che i renziani assicurano di aver ripreso, loro, e che la minoranza Pd dice che invece è stato tradito, che all’epoca l’obiettivo era tutt’altro, e che la riforma di Renzi&Boschi - come dice l’ex dem Pippo Civati, segretario di Possibile - «è quella che il centrodestra ha sempre voluto. Ed è molto più simile a quella che è stata bocciata nel 2006». I soldi arrivano per la gran parte dai rimborsi elettorali, che il Pd si è aggiudicato raccogliendo anche lui le firme, attività generalmente lasciata alle opposizioni, e per 120mila euro dalle donazioni.
Segui
Daniele Capezzone ✔ @Capezzone
Da qui al 4 dicembre, caro #Renzi , perché limitarti al #PonteSulloStretto ? Annuncia pure la Piramide Renzi e l'Arco di Trionfo Boschi...
13:13 - 27 Set 2016
14 14 Retweet 13 13 Mi piace
Ci sarà spazio per gli slogan, che non vanno per il sottile e puntano, ad esempio, sul tema del taglio delle poltrone: «Basta un Sì per cancellare poltrone e stipendi», è la frase del manifesto arancione che indispone i costituzionalisti del No, come Mauro Volpi. Professore di diritto costituzionale a Perugia, Volpi, «se proprio ai tagli bisogna pensare quando si riforma la Costituzione», ricorda al premier che molto di più si sarebbe risparmiato «se invece di creare un Senato di 100 nominati, si fossero migliorati i regolamenti parlamentari, lasciate le due camere, e diminuiti di un terzo tanto i deputati quanto i senatori». O ancora, «che molto più, e senza bisogno di una legge costituzionale, si sarebbe risparmiato tagliando le indennità di entrambi».
A Volpi risponde il manifesto, che ha un messaggio sicuramente più diretto, e rispondono poi i costituzionalisti del Sì. Tra loro c’è la professoressa Carla Bassu, dell’Università di Sassari, che spiega, ad esempio, come non sia vero che a questo punto era meglio abolire veramente il Senato - critica che arriva dal fronte del No. «Perché, è vero che bisognava superare il bicameralismo perfetto che rende lentissimo il Parlamento: ci sono leggi che negli anni sono state approvate rapidamente, ma il più dei testi si inabissa. Ma si è deciso giustamente di tenere una camera delle autonomie per alcune funzioni e per un compito di riflessione. Che non sia di elezione diretta non deve però scandalizzare: è così in molti Paesi».
Tobia Zevi @tobiazevi
In cammino per il Sì al referendum. Senza moto chiassose, a piedi e zaino in spalla percorrerò tutta Italia. #bastaunsi @pdnetwork
12:53 - 27 Set 2016
8 8 Retweet 19 19 Mi piace
Ci sarà spazio, quindi, da qui a dicembre, per accurate e martellanti strategie di comunicazione e per creatività più o meno applicata, come quella in cui si eserciterà Tobia Zevi, dirigente del Pd e consigliere del ministro Gentiloni, che - per dire - vuole percorrere mille chilometri a piedi per il Sì, in giro per l’Italia, toccando tutte le regioni e cercando di volta in volta compagni di viaggio: «Un po’ come Forrest Gump», dice. «Meno male che abbiamo spostato la data al 4 dicembre», ha scherzato con lui Roberto Cociancich, senatore dem e coordinatore del comitato per il Sì, «così almeno non devi farli di corsa». La campagna sarà anche genuina, sì, ma Renzi poi punta molto sulla spinta della manovra.
Claudio Cerasa @claudiocerasa
Renzi rilancia a Milano, alla Triennale, il Ponte sullo Stretto. Lo ascolta anche Maroni. Che lo applaude
11:54 - 27 Set 2016
22 22 Retweet 24 24 Mi piace
Siccome svelare le carte non è un problema che lo riguarda, il premier è andato persino in tv a dire cosa ha in mente. La tempistica, la discussione del Def in aula, lo aiuta. Ospite di Del Debbio, su Rete4, si è alzato e - un po’ come Silvio Berlusconi faceva da Bruno Vespa - su una lavagna ha segnato i sogni nel cassetto. La quattordicesima raddoppiata per le minime, l’anticipo pensionistico. Più flessibilità dall’Europa per i migranti.
«L'Italia», dice il premier presentando il Def, «chiederà un indebitamento ulteriore di 0,4 punti percentuali per il sisma e per la gestione dell’immigrazione». Mancava una grande opera, ma l’ha aggiunta dall’assemblea che celebra i 110 anni del gruppo Salini-Impregilo, dicendo che se l’azienda pensa di farcela il governo è pronto a spingere perché il ponte sullo Stretto si faccia: «Se voi siete in grado di portare le carte e sistemare ciò che è fermo da dieci anni», ha detto, «noi lo sblocchiamo». Pronti a «completare il grande progetto di quella che Delrio chiama la Napoli-Palermo, per non chiamarla Ponte sullo Stretto, ma che è di fatto il collegamento tra Napoli e Palermo, in un'operazione che porta centomila posti di lavoro».
Segui
Maurizio Gasparri @gasparripdl
Le fesserie di @matteorenzi oggi ha rifatto anche il ponte sullo Stretto,da qui al 4 dicembre anche decreto Lazzaro per resuscitare i morti
13:09 - 27 Set 2016
35 35 Retweet 42 42 Mi piace
Sono le opposizioni a sostenere che anche il Ponte sullo Stretto faccia parte della strategia per il Sì. Leggono così le parole del premier la destra, il Movimento 5 stelle e Sinistra Italiana. In realtà Renzi già in un’altra occasione aveva aperto al Ponte. Già una volta aveva smentito il Renzi del 2010 che da Firenze scriveva: «Vogliamo un Paese che preferisca la banda larga al ponte sullo Stretto». Renzi punta più sull’effetto della manovra e degli argomenti della sua riforma, che sosterrà nella prossima direzione del partito per stanare definitivamente la minoranza dem e poi con un tour in Italia.
Andrà poi spesso direttamente in tv come farà già venerdì su La7 per un confronto con Zagrebelsky moderato da Enrico Mentana. Si sta pensando di organizzare un dibattito anche con Massimo D’Alema, convinti che tra i due non ci sia partita. E infine c’è la Leopolda, appuntamento fisso che cadrà proprio a ridosso del voto, forse il 20 novembre.
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
MANCANO 66 GIORNI AL VOTO, E PER SMONTARE SUPER PINOCCHIO, HA RAGIONE CAPEZZONE, BISOGNA USARE L’IRONIA.
PROVIAMO A TROVARE SLOGAN PER DEMOLIRE L’IMPERATORE DEL BUNGA – BUNGA.
CAPEZZONE :
1) COSTRUZIONE DELLA PIRAMIDE DI RENZI (minimo 200mila posti di lavoro)
2) COSTRUZIONE DELL’ARCO DI TRIONFO BOSCHI (almeno 100mila posti di lavoro)
Totale compreso il ponte sullo stretto 400mila posti di lavoro.
PROVIAMO A TROVARE SLOGAN PER DEMOLIRE L’IMPERATORE DEL BUNGA – BUNGA.
CAPEZZONE :
1) COSTRUZIONE DELLA PIRAMIDE DI RENZI (minimo 200mila posti di lavoro)
2) COSTRUZIONE DELL’ARCO DI TRIONFO BOSCHI (almeno 100mila posti di lavoro)
Totale compreso il ponte sullo stretto 400mila posti di lavoro.
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
» POLITICA lunedì 26/09/2016
Referendum, Landini: “Siamo ancora in campo: ora parte la stagione delle consultazioni sul lavoro”
Il segretario della Fiom: "Un filo lega il contratto dei metalmeccanici alla battaglia sulla Costituzione. Si tratta di contrastare un modello che si è andato affermando in questi anni, quello di una ‘Repubblica fondata sullo sfruttamento del lavoro’. L’affermazione del contratto nazionale è un modo per continuare quella battaglia"
In piazza – Una delle manifestazioni della Fiom organizzate a Roma – AnsaIn piazza – Una delle manifestazioni della Fiom organizzate a Roma – AnsaIn piazza – Una delle manifestazioni della Fiom organizzate a Roma – Ansa
di Salvatore Cannavò | 26 settembre 2016
| Commenti (7)
“La Fiom è ancora in campo”. Maurizio Landini non ha dubbi quando gli si chiede che fine ha fatto. Anzi, si dice convinto che il lavoro svolto negli scorsi anni germoglierà in quella che definisce la “stagione referendaria”: il referendum costituzionale dove Fiom e Cgil invitano a votare No. E poi i referendum sociali di primavera, per la prima volta indetti da un sindacato, che punteranno ad abolire le norme sui voucher, sugli appalti e soprattutto sul reintegro nel posto di lavoro. Due appuntamenti in cui il sindacato entra direttamente nel campo della politica e dopo i quali Landini lascerà la Fiom per trasferirsi, con un ruolo nella segreteria nazionale, in una Cgil che oggi considera molto più in sintonia con le proprie posizioni.
Quindi la Fiom non è scomparsa dalla scena?
La Fiom è impegnata nel rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici che è la nostra ragione di fondo. Negli ultimi anni si è provato in tutti i modi a cancellare il contratto in particolare attraverso le leggi.
Non è stato quindi solo un tentativo della Fiat di Marchionne?
Marchionne ha anticipato quanto stava per accadere. Poi ci sono state le leggi berlusconiane, come l’articolo 8 voluto dall’allora ministro del Lavoro Maurizio Sacconi fino a leggi attuali e le regole sugli appalti, o lo stesso Jobs Act. Ma non va dimenticata una cosa fondamentale: a bloccare molti di quei tentativi è stata sempre la Costituzione che ha garantito agibilità sindacale e diritti di fondo dei lavoratori.
C’è dunque un filo che lega il contratto al vostro No al referendum costituzionale?
Certamente. Si tratta di contrastare un modello che si è andato affermando in questi anni, quello di una ‘Repubblica fondata sullo sfruttamento del lavoro’ e l’affermazione del contratto nazionale è un modo per continuare quella battaglia.
Confindustria e Federmeccanica non sono d’accordo.
Da Confindustria stanno giungendo segnali nuovi anche perché il comparto metalmeccanico è quello che è maggiormente esposto all’export, che è coinvolto nella globalizzazione e vive i conflitti più diversi. Non va sottovalutata nemmeno la ritrovata unità tra Fiom, Fim e Uilm che ha portato a 20 ore di sciopero comuni.
E quindi, che succederà?
Il 28 settembre Federmeccanica ha convocato un tavolo per una nuova proposta. È un fatto nuovo. Ci sederemo al tavolo per ottenere risultati e anche per introdurre novità nel contratto come la verifica annuale dell’inflazione o forme innovative di welfare integrativo. La Fiom, insomma, è ancora in campo.
Eppure nel progetto della Coalizione sociale qualcosa non ha funzionato.
Sicuramente non tutto è andato come pensavamo. Forse quell’ipotesi è stata percepita troppo come un’operazione politica e si è caricata di attese che non la riguardavano. Mi si darà atto che, chiaramente, ho sempre sottolineato che non si trattava di costruire un nuovo partito ma una unità sociale con l’obiettivo di cambiare delle leggi. Quel progetto oggi torna a vivere con l’opportunità dei referendum.
Vuol dire che le posizioni della Cgil in tema di referendum sono anche figlie di quella iniziativa?
Per la prima volta nella storia la Cgil raccoglie le firme per un referendum su quesiti sociali. E la confederazione si è chiaramente espressa per il No al referendum costituzionale. Erano le proposte che avevamo lanciato nel 2014 all’assemblea nazionale della Coalizione sociale. Non ho mai pensato che i metalmeccanici potessero fare da soli e ho sempre invocato il ruolo e il protagonismo della Cgil. Il 29 settembre, ad esempio, sarà depositato in Parlamento il milione di firme per una nuova Carta dei diritti del lavoro. I punti da cui eravamo partiti oggi si stanno verificando nei fatti.
Con il corollario, apparentemente paradossale, di un sindacato che per rivendicare diritti entra direttamente nel campo della politica promuovendo referendum o proposte di legge.
Storicamente noi ci siamo battuti per fare applicare le leggi del Parlamento: lo Statuto dei lavoratori, i diritti sociali. Oggi dobbiamo mobilitarci per cambiare leggi che tutelano i forti contro i deboli. A differenza della storia del movimento operaio, in cui accanto a un sindacato forte c’erano partiti forti, oggi non c’è più nessun partito, il sindacato deve fare da solo.
Senza però fondare nulla di nuovo?
No, la battaglia vera è quella di affermare una nuova ‘cultura del lavoro’ come quella che portò, nel 1970, anche il Partito liberale ad approvare lo Statuto dei lavoratori.
Dalla coalizione sociale ai referendum?
Sì, la coalizione sociale rivive nel No, e poi nel Sì, ai referendum sapendo che la politica si cambia anche consentendo ai cittadini di riprendere la parola. Ci sono tante leggi che vanno cambiate, come quella sulla scuola ad esempio, e la stagione referendaria è un’occasione per rimettere in discussione quel modello imposto dalla Bce e dall’Unione europea dei parametri fiscali.
Considera la stagione di Renzi conclusa?
Il tema della caduta del governo in caso di sconfitta al referendum lo ha posto maldestramente il Presidente del Consiglio ed è una provocazione. A me interessa non cosa succede al governo ma cosa succede al Paese. Il No esprimerà una domanda di cambiamento in direzione di una estensione della democrazia e in difesa della Costituzione. Sapendo però che le persone in carne e ossa , nella vita di tutti i giorni, non hanno il problema di cambiare la Costituzione ma di cambiare la propria vita e di migliorarla.
Che giudizio da oggi del Movimento Cinque Stelle?
Il sindacato dialoga con tutti. Del M5S ho apprezzato il voto contro il Jobs Act e la Fiom, insieme a Libera di don Luigi Ciotti, sostiene la battaglia per un Reddito di dignità. Certamente, guardando quanto avviene a Roma, il M5S ha dei problemi che deve affrontare.
Lei approva la decisione sulle Olimpiadi?
Viviamo in una fase in cui le “grandi opere” non sono una priorità mentre ci sarebbe bisogno di una politica attenta al riassetto dei territorio. Non mi entusiasma l’idea di correre per correre in vista dei profitti. Le priorità non sono le Olimpiadi così come non sono la Tav o il Ponte sullo Stretto.
Il prossimo anno lascerà la guida della Fiom?
Tra le nostre regole c’è giustamente quella che stabilisce che non si resta a vita nello stesso posto. Il mandato che mi lega alla Fiom è quello di portare a casa il contratto e di condurre la battaglia referendaria. Manca poco tempo.
Quindi a primavera passerà alla Cgil?
Sì, mi riterrò a disposizione per quegli incarichi che l’organizzazione deciderà di affidarmi.
di Salvatore Cannavò | 26 settembre 2016
Referendum, Landini: “Siamo ancora in campo: ora parte la stagione delle consultazioni sul lavoro”
Il segretario della Fiom: "Un filo lega il contratto dei metalmeccanici alla battaglia sulla Costituzione. Si tratta di contrastare un modello che si è andato affermando in questi anni, quello di una ‘Repubblica fondata sullo sfruttamento del lavoro’. L’affermazione del contratto nazionale è un modo per continuare quella battaglia"
In piazza – Una delle manifestazioni della Fiom organizzate a Roma – AnsaIn piazza – Una delle manifestazioni della Fiom organizzate a Roma – AnsaIn piazza – Una delle manifestazioni della Fiom organizzate a Roma – Ansa
di Salvatore Cannavò | 26 settembre 2016
| Commenti (7)
“La Fiom è ancora in campo”. Maurizio Landini non ha dubbi quando gli si chiede che fine ha fatto. Anzi, si dice convinto che il lavoro svolto negli scorsi anni germoglierà in quella che definisce la “stagione referendaria”: il referendum costituzionale dove Fiom e Cgil invitano a votare No. E poi i referendum sociali di primavera, per la prima volta indetti da un sindacato, che punteranno ad abolire le norme sui voucher, sugli appalti e soprattutto sul reintegro nel posto di lavoro. Due appuntamenti in cui il sindacato entra direttamente nel campo della politica e dopo i quali Landini lascerà la Fiom per trasferirsi, con un ruolo nella segreteria nazionale, in una Cgil che oggi considera molto più in sintonia con le proprie posizioni.
Quindi la Fiom non è scomparsa dalla scena?
La Fiom è impegnata nel rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici che è la nostra ragione di fondo. Negli ultimi anni si è provato in tutti i modi a cancellare il contratto in particolare attraverso le leggi.
Non è stato quindi solo un tentativo della Fiat di Marchionne?
Marchionne ha anticipato quanto stava per accadere. Poi ci sono state le leggi berlusconiane, come l’articolo 8 voluto dall’allora ministro del Lavoro Maurizio Sacconi fino a leggi attuali e le regole sugli appalti, o lo stesso Jobs Act. Ma non va dimenticata una cosa fondamentale: a bloccare molti di quei tentativi è stata sempre la Costituzione che ha garantito agibilità sindacale e diritti di fondo dei lavoratori.
C’è dunque un filo che lega il contratto al vostro No al referendum costituzionale?
Certamente. Si tratta di contrastare un modello che si è andato affermando in questi anni, quello di una ‘Repubblica fondata sullo sfruttamento del lavoro’ e l’affermazione del contratto nazionale è un modo per continuare quella battaglia.
Confindustria e Federmeccanica non sono d’accordo.
Da Confindustria stanno giungendo segnali nuovi anche perché il comparto metalmeccanico è quello che è maggiormente esposto all’export, che è coinvolto nella globalizzazione e vive i conflitti più diversi. Non va sottovalutata nemmeno la ritrovata unità tra Fiom, Fim e Uilm che ha portato a 20 ore di sciopero comuni.
E quindi, che succederà?
Il 28 settembre Federmeccanica ha convocato un tavolo per una nuova proposta. È un fatto nuovo. Ci sederemo al tavolo per ottenere risultati e anche per introdurre novità nel contratto come la verifica annuale dell’inflazione o forme innovative di welfare integrativo. La Fiom, insomma, è ancora in campo.
Eppure nel progetto della Coalizione sociale qualcosa non ha funzionato.
Sicuramente non tutto è andato come pensavamo. Forse quell’ipotesi è stata percepita troppo come un’operazione politica e si è caricata di attese che non la riguardavano. Mi si darà atto che, chiaramente, ho sempre sottolineato che non si trattava di costruire un nuovo partito ma una unità sociale con l’obiettivo di cambiare delle leggi. Quel progetto oggi torna a vivere con l’opportunità dei referendum.
Vuol dire che le posizioni della Cgil in tema di referendum sono anche figlie di quella iniziativa?
Per la prima volta nella storia la Cgil raccoglie le firme per un referendum su quesiti sociali. E la confederazione si è chiaramente espressa per il No al referendum costituzionale. Erano le proposte che avevamo lanciato nel 2014 all’assemblea nazionale della Coalizione sociale. Non ho mai pensato che i metalmeccanici potessero fare da soli e ho sempre invocato il ruolo e il protagonismo della Cgil. Il 29 settembre, ad esempio, sarà depositato in Parlamento il milione di firme per una nuova Carta dei diritti del lavoro. I punti da cui eravamo partiti oggi si stanno verificando nei fatti.
Con il corollario, apparentemente paradossale, di un sindacato che per rivendicare diritti entra direttamente nel campo della politica promuovendo referendum o proposte di legge.
Storicamente noi ci siamo battuti per fare applicare le leggi del Parlamento: lo Statuto dei lavoratori, i diritti sociali. Oggi dobbiamo mobilitarci per cambiare leggi che tutelano i forti contro i deboli. A differenza della storia del movimento operaio, in cui accanto a un sindacato forte c’erano partiti forti, oggi non c’è più nessun partito, il sindacato deve fare da solo.
Senza però fondare nulla di nuovo?
No, la battaglia vera è quella di affermare una nuova ‘cultura del lavoro’ come quella che portò, nel 1970, anche il Partito liberale ad approvare lo Statuto dei lavoratori.
Dalla coalizione sociale ai referendum?
Sì, la coalizione sociale rivive nel No, e poi nel Sì, ai referendum sapendo che la politica si cambia anche consentendo ai cittadini di riprendere la parola. Ci sono tante leggi che vanno cambiate, come quella sulla scuola ad esempio, e la stagione referendaria è un’occasione per rimettere in discussione quel modello imposto dalla Bce e dall’Unione europea dei parametri fiscali.
Considera la stagione di Renzi conclusa?
Il tema della caduta del governo in caso di sconfitta al referendum lo ha posto maldestramente il Presidente del Consiglio ed è una provocazione. A me interessa non cosa succede al governo ma cosa succede al Paese. Il No esprimerà una domanda di cambiamento in direzione di una estensione della democrazia e in difesa della Costituzione. Sapendo però che le persone in carne e ossa , nella vita di tutti i giorni, non hanno il problema di cambiare la Costituzione ma di cambiare la propria vita e di migliorarla.
Che giudizio da oggi del Movimento Cinque Stelle?
Il sindacato dialoga con tutti. Del M5S ho apprezzato il voto contro il Jobs Act e la Fiom, insieme a Libera di don Luigi Ciotti, sostiene la battaglia per un Reddito di dignità. Certamente, guardando quanto avviene a Roma, il M5S ha dei problemi che deve affrontare.
Lei approva la decisione sulle Olimpiadi?
Viviamo in una fase in cui le “grandi opere” non sono una priorità mentre ci sarebbe bisogno di una politica attenta al riassetto dei territorio. Non mi entusiasma l’idea di correre per correre in vista dei profitti. Le priorità non sono le Olimpiadi così come non sono la Tav o il Ponte sullo Stretto.
Il prossimo anno lascerà la guida della Fiom?
Tra le nostre regole c’è giustamente quella che stabilisce che non si resta a vita nello stesso posto. Il mandato che mi lega alla Fiom è quello di portare a casa il contratto e di condurre la battaglia referendaria. Manca poco tempo.
Quindi a primavera passerà alla Cgil?
Sì, mi riterrò a disposizione per quegli incarichi che l’organizzazione deciderà di affidarmi.
di Salvatore Cannavò | 26 settembre 2016
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
LE FETENZIE DI NARCISO, PINOCCHIO MUSSOLONI
29 SET 2016 17:28
RENZI AL ''FOGLIO'': ''IL REFERENDUM SI VINCE CON I VOTI DELLA DESTRA''
- INSORGE LA MINORANZA DEM: ''COSÌ PD PERDE ANIMA ED ELETTORI''
- “ECCO PERCHE’ HA RILANCIATO L’IDEA DEL PONTE SULLO STRETTO”
- SPERANZA: “CI TROVEREMO TUTTI ISCRITTI AL PARTITO DELLA NAZIONE?” -
Da “Repubblica”
"Inutile girarci intorno: i voti di destra saranno decisivi al referendum. La sinistra, ormai, è in larghissima parte con noi". A dirlo è il presidente del Consiglio Matteo Renzi, con una lettera pubblicata da Il Foglio.
"Direi che la stragrande maggioranza è con noi. La questione vera oggi è la destra. E l'elettore di destra oggi si trova di fronte a due scelte: votare sul merito, non votare sul merito. Se la scelta diventa votare sul merito vota sì. E sono certo che alla fine andrà così. Sulla scheda elettorale in fondo non c'è scritto: volete voi cancellare dalla faccia della terra il governo Renzi. Il governo Renzi può essere cancellato ogni giorno in Parlamento, in qualsiasi momento, o alle elezioni politiche, dai cittadini. Oggi si discute di altro. Oggi si discute di Italia, non di una persona".
E in fondo, non manca di rilevare Renzi, di una sconfitta del "sì" e del governo politicamente non godrebbe il centrodestra, ma sarebbe solo la "vittoria di Grillo".
La minoranza interna al Pd si mostra insofferente. "Il referendum si vince a destra...non è una bella frase, detta dal segretario del Pd e non è una bella frase detta dal presidente dl Consiglio - osserva l'ex segretario dem Gianni Cuperlo a Omnibus su La7-, perché il referendum riguarda quasi un terzo della Carta Costituzionale e io ho sempre pensato che noi dovessimo cercare, sia nella fase in cui la riforma è stata costruita, scritta, votata, che nella fase in cui il popolo italiano si pronuncerà, di tenere assieme questo Paese.
“Quindi l'idea di mettere sul piano della bilancia i voti della destra - prosegue - magari con delle aperture come quella sul ponte sullo Stretto, in contrapposizione ai veti della sinistra, temo che rischiamo di svegliarci il giorno dopo il referendum, chiunque vinca, con delle istituzioni non più solide ma più fragili, con un Paese più diviso e anche con una sinistra più divisa".
A seguire, ecco l'ex capogruppo alla Camera Roberto Speranza. "Il referendum si vince a destra? Se è così il Pd perde anima ed elettori" dichiara a Adnkronos, descrivendo come "turbata" la sinistra dem dalle affermazioni del premier e segretario.
"Renzi - argomenta Speranza - dice che il referendum si vince a destra. Io incontro tante persone di centrosinistra che non sono convinte e vogliono votare no. Non vorrei che il giorno dopo il referendum, avendo puntato sugli elettori di destra, ci ritrovassimo tutti iscritti al partito della nazione e il Pd svuotato di idee ed elettori".
Nella sinistra "esterna" al Pd, si registra il commento di Loredana De Petris, capogruppo di Sinistra italiana e presidente del Gruppo Misto al Senato: "Come sempre Renzi racconta bugie. Quando nella lettera a Il Foglio dice che i voti di destra saranno decisivi perché quelli di sinistra sono già nella stragrande maggioranza a favore del 'sì' mente sapendo di mentire. La realtà è che sa di non poter contare sui voti del proprio elettorato e per questo si rivolge all'elettorato degli avversari".
De Petris definisce quindi "l'appello all'elettorato berlusconiano una mossa disperata", perc
29 SET 2016 17:28
RENZI AL ''FOGLIO'': ''IL REFERENDUM SI VINCE CON I VOTI DELLA DESTRA''
- INSORGE LA MINORANZA DEM: ''COSÌ PD PERDE ANIMA ED ELETTORI''
- “ECCO PERCHE’ HA RILANCIATO L’IDEA DEL PONTE SULLO STRETTO”
- SPERANZA: “CI TROVEREMO TUTTI ISCRITTI AL PARTITO DELLA NAZIONE?” -
Da “Repubblica”
"Inutile girarci intorno: i voti di destra saranno decisivi al referendum. La sinistra, ormai, è in larghissima parte con noi". A dirlo è il presidente del Consiglio Matteo Renzi, con una lettera pubblicata da Il Foglio.
"Direi che la stragrande maggioranza è con noi. La questione vera oggi è la destra. E l'elettore di destra oggi si trova di fronte a due scelte: votare sul merito, non votare sul merito. Se la scelta diventa votare sul merito vota sì. E sono certo che alla fine andrà così. Sulla scheda elettorale in fondo non c'è scritto: volete voi cancellare dalla faccia della terra il governo Renzi. Il governo Renzi può essere cancellato ogni giorno in Parlamento, in qualsiasi momento, o alle elezioni politiche, dai cittadini. Oggi si discute di altro. Oggi si discute di Italia, non di una persona".
E in fondo, non manca di rilevare Renzi, di una sconfitta del "sì" e del governo politicamente non godrebbe il centrodestra, ma sarebbe solo la "vittoria di Grillo".
La minoranza interna al Pd si mostra insofferente. "Il referendum si vince a destra...non è una bella frase, detta dal segretario del Pd e non è una bella frase detta dal presidente dl Consiglio - osserva l'ex segretario dem Gianni Cuperlo a Omnibus su La7-, perché il referendum riguarda quasi un terzo della Carta Costituzionale e io ho sempre pensato che noi dovessimo cercare, sia nella fase in cui la riforma è stata costruita, scritta, votata, che nella fase in cui il popolo italiano si pronuncerà, di tenere assieme questo Paese.
“Quindi l'idea di mettere sul piano della bilancia i voti della destra - prosegue - magari con delle aperture come quella sul ponte sullo Stretto, in contrapposizione ai veti della sinistra, temo che rischiamo di svegliarci il giorno dopo il referendum, chiunque vinca, con delle istituzioni non più solide ma più fragili, con un Paese più diviso e anche con una sinistra più divisa".
A seguire, ecco l'ex capogruppo alla Camera Roberto Speranza. "Il referendum si vince a destra? Se è così il Pd perde anima ed elettori" dichiara a Adnkronos, descrivendo come "turbata" la sinistra dem dalle affermazioni del premier e segretario.
"Renzi - argomenta Speranza - dice che il referendum si vince a destra. Io incontro tante persone di centrosinistra che non sono convinte e vogliono votare no. Non vorrei che il giorno dopo il referendum, avendo puntato sugli elettori di destra, ci ritrovassimo tutti iscritti al partito della nazione e il Pd svuotato di idee ed elettori".
Nella sinistra "esterna" al Pd, si registra il commento di Loredana De Petris, capogruppo di Sinistra italiana e presidente del Gruppo Misto al Senato: "Come sempre Renzi racconta bugie. Quando nella lettera a Il Foglio dice che i voti di destra saranno decisivi perché quelli di sinistra sono già nella stragrande maggioranza a favore del 'sì' mente sapendo di mentire. La realtà è che sa di non poter contare sui voti del proprio elettorato e per questo si rivolge all'elettorato degli avversari".
De Petris definisce quindi "l'appello all'elettorato berlusconiano una mossa disperata", perc
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
LE FETENZIE DI NARCISO, PINOCCHIO MUSSOLONI
Il "ricatto" di Renzi nel Def: "Il pil sale solo se vince il Sì"
Nella nota di aggiornamento del documento, il governo lega la crescita all'approvazione della riforma costituzionale
Chiara Sarra - Gio, 29/09/2016 - 20:21
commenta
Cosa c'entra il pil con le modifiche alla Costituzione e il referendum che si terrà il 4 dicembre? Poco o nulla, diranno i più.
Eppure non è così per Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan che nella nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Def) varata martedì sera hanno deciso di legare la crescita proprio alla vittoria del Sì alla prossima consultazione.
"Per effetto delle misure attuate e in programma si prevede una crescita del pil per il 2017 dell’1,0 per cento", scrive infatti il ministro dell'Economia nel documento, "Affinché tuttavia la politica di bilancio stimoli la crescita e la creazione di occupazione, e le riforme strutturali adottate producano benefici crescenti nel tempo, il Paese ha bisogno di stabilità politica e istituzionale. In tal senso le riforme istituzionali promosse mirano a rendere l’attuale sistema più stabile ed efficiente".
E di quali riforme si sta parlando? Ovviamente di quelle promosse da Maria Elena Boschi e alle quali il premier ha legato (anzi, no) il suo governo. "In particolare la riforma costituzionale intende snellire il processo legislativo, superando il bicameralismo perfetto e realizzando una più efficiente allocazione delle competenze e una riduzione dei contenziosi tra centro e periferia; la legge elettorale intende garantire governabilità, stabilità e accountability", scrive ancora Padoan.
"Le cifre contenute nella nota di aggiornamento del Def sono tutte sballate", attacca ora Arturo Scotto (Si), "Ma cosa ancora più grave nella relazione di accompagnamento tra gli elementi propedeutici alla crescita c'è il programma di riforme istituzionali. Il ministro Padoan ci deve spiegare in quale manuale di economia c'è scritto che l'Italicum contribuisce a far volare il Pil? Ormai siamo alla propaganda spudorata anche negli atti di governo".
Il "ricatto" di Renzi nel Def: "Il pil sale solo se vince il Sì"
Nella nota di aggiornamento del documento, il governo lega la crescita all'approvazione della riforma costituzionale
Chiara Sarra - Gio, 29/09/2016 - 20:21
commenta
Cosa c'entra il pil con le modifiche alla Costituzione e il referendum che si terrà il 4 dicembre? Poco o nulla, diranno i più.
Eppure non è così per Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan che nella nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Def) varata martedì sera hanno deciso di legare la crescita proprio alla vittoria del Sì alla prossima consultazione.
"Per effetto delle misure attuate e in programma si prevede una crescita del pil per il 2017 dell’1,0 per cento", scrive infatti il ministro dell'Economia nel documento, "Affinché tuttavia la politica di bilancio stimoli la crescita e la creazione di occupazione, e le riforme strutturali adottate producano benefici crescenti nel tempo, il Paese ha bisogno di stabilità politica e istituzionale. In tal senso le riforme istituzionali promosse mirano a rendere l’attuale sistema più stabile ed efficiente".
E di quali riforme si sta parlando? Ovviamente di quelle promosse da Maria Elena Boschi e alle quali il premier ha legato (anzi, no) il suo governo. "In particolare la riforma costituzionale intende snellire il processo legislativo, superando il bicameralismo perfetto e realizzando una più efficiente allocazione delle competenze e una riduzione dei contenziosi tra centro e periferia; la legge elettorale intende garantire governabilità, stabilità e accountability", scrive ancora Padoan.
"Le cifre contenute nella nota di aggiornamento del Def sono tutte sballate", attacca ora Arturo Scotto (Si), "Ma cosa ancora più grave nella relazione di accompagnamento tra gli elementi propedeutici alla crescita c'è il programma di riforme istituzionali. Il ministro Padoan ci deve spiegare in quale manuale di economia c'è scritto che l'Italicum contribuisce a far volare il Pil? Ormai siamo alla propaganda spudorata anche negli atti di governo".
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
Post trasmesso da una postazione esterna.
Una Woodstock di attori e cantanti per vincere col No
di Antonio Padellaro | 1 ottobre 2016
| Commenti (499)
Caro Marco, incontro spesso persone che parlando del referendum del 4 dicembre mi dicono: non ho ancora deciso. E a me viene istintivo pensare: voteranno Sì, ma preferiscono non confessarlo, forse perché un po’ se ne vergognano. Sarò sfortunato o forse frequento la gente sbagliata, anche se fino a poco tempo fa quegli stessi mi parlavano malissimo di Matteo Renzi e delle sue riforme. Ecco, penso che il pericolo siano i molti, i troppi che una volta giunti al dunque si turano il naso. Succedeva, lo ricordiamo tutti, con la vecchia Dc, ingiuriata e disprezzata nelle piazze ma non nelle urne visto che poi, invariabilmente, vinceva le elezioni.
È successo con Silvio Berlusconi, pubblicamente insultato e deriso per vent’anni e che per vent’anni ha ricevuto valanghe di voti. Con cui ha dominato l’Italia, stando a Palazzo Chigi o alternativamente sparando sul pianista. Dicono che l’italiano medio sia fatto così: piove governo ladro, ma quando si tratta di dare una sterzata spesso si fa prendere dalle vertigini. Infatti tante brave persone si chiedono: Renzi è quello che è ma se cade lui chi prenderà il suo posto? Grillo e la sua banda di incompetenti? Per carità.
Siamo il Paese del male minore: Renzi e i suoi sodali furbescamente ci campano sopra con le solite insopportabili balle retoriche rilanciate dall’informazione. Cose del tipo: non sarà la migliore delle riforme ma se vince il No questa Costituzione resterà immobile per sempre. Oppure: certo, si poteva fare meglio e di più, ma intanto il Sì ridurrà il numero dei parlamentari, taglierà le spese e finalmente abolirà il povero Cnel, fucina di tutti i mali. Altro che tagliare le unghie alla casta, sarà solo un modo per farle la manicure. Nondimeno chi cerca un alibi per turarsi il naso lo avrà. Ma di quanta gente parliamo? Stando all’ultimo sondaggio attendibile, quello di La 7 (26 settembre), il No (35,5%) manterrebbe un vantaggio di circa sei punti sul Sì (29,6%). Bene, se non fosse per il numero consistente degli (ancora) incerti: quasi il 35%. Sono cittadini intenzionati a votare ma che alla domanda del campione rispondono: non ho ancora deciso o qualcosa di simile. Difficile non pensare che la maggior parte di essi sia intenzionata a votare per il Sì ma che preferisce non dirlo. Come per la Dc. Come per Berlusconi. Il mio pessimismo aumenta se penso alla potenza di fuoco che Renzi si appresta a scatenare per portare il maggior numero di incerti dalla sua parte. Nei due mesi che mancano, si sa, occuperà la tv a reti unificate promettendo qualsiasi cosa. Una sorta di Babbo Natale giunto in anticipo con la sua gerla di doni fasulli. Come il Ponte sullo Stretto, la più sputtanata delle trovate, ma tutto fa brodo se serve ad abbindolare qualche allocco di destra.
Temo invece che il No abbia già fatto il pieno. Quello dei Cinque Stelle sarà compatto ed è probabile che anche gli elettori di Matteo Salvini daranno il loro fattivo contributo per mandare a casa il premier. Forse anche nella sinistra del Pd potrebbe emergere un voto “contro”, ma non mi faccio troppe illusioni. Non mi fido invece dell’elettorato di Forza Italia. Berlusconi come sempre pensa agli affari suoi e comunque appare tiepido assai. A parte Renato Brunetta (chi l’avrebbe detto trovarselo come alleato) non si annuncia in quel mondo una particolare mobilitazione. Il 4 dicembre, vedrai, il berlusconismo militante (o ciò che ne resta) perlopiù se ne starà a casa e a votare ci andranno i favorevoli al Sì. In fondo Matteo è un Silvio più giovane, senza il Milan e il bunga-bunga. Quello che il nostro giornale può fare per smuovere perplessi e deboli di spirito lo sta già facendo. E molto ancora si ripromette di fare e farà, come annunci nei tuoi editoriali. Quel gigantesco NO che avvolgeva il Fatto di martedì scorso, con tutte le ragioni per bocciare una controriforma pessima e antidemocratica è il manifesto soprattutto della ragionevolezza.
Temo tuttavia che non sia sufficiente spiegare alle persone quanto quel testo scritto con i piedi abbia un solo scopo: mettere a disposizione dello statista di Rignano un potere che nessun altro premier ha mai avuto dopo la caduta del fascismo. Molti lo hanno già capito, ma temono il vuoto. Quel vuoto creato artificialmente dallo stesso Renzi per spaccare l’Italia e prendersi ciò che ne resta dobbiamo provare noi a riempirlo. Penso a una grande manifestazione popolare, con tutti quelli che ci stanno e non sarebbero pochi. Una Woodstock del No, con dentro tutta la musica e le parole di cui siamo capaci. Un luogo dove smontare le troppe menzogne con cui cercano di avvelenarci. E dove riderne. Un grande spettacolo civile. Una grande dimostrazione d’amore per la più bella Costituzione del mondo. Quella a cui, fin dal primo numero, abbiamo dedicato il nostro giornale.
Poi mi sveglio e rifletto su quanto sia difficile mobilitare, e forse anche mettere d’accordo, un arcipelago di comitati per il No che (leggo sul Corriere della Sera) ha in cassa 180mila euro o poco più. Hai idea, mi dicono quelli pratici, di quanto costa soltanto allestire un palco? E le spese vive degli ospiti della tua Woodstock poi chi le paga, le microdonazioni? Insomma caro Marco, dovremmo tutti quanti essere capaci di sognare la nostra festosa giornata del No, ma stando con i piedi ben piantati nella realtà. Gli annunci che non si realizzano, lasciamoli a quell’altro. È possibile? È impossibile? Tu cosa ne pensi? Un abbraccio.
di Antonio Padellaro | 1 ottobre 2016
Una Woodstock di attori e cantanti per vincere col No
di Antonio Padellaro | 1 ottobre 2016
| Commenti (499)
Caro Marco, incontro spesso persone che parlando del referendum del 4 dicembre mi dicono: non ho ancora deciso. E a me viene istintivo pensare: voteranno Sì, ma preferiscono non confessarlo, forse perché un po’ se ne vergognano. Sarò sfortunato o forse frequento la gente sbagliata, anche se fino a poco tempo fa quegli stessi mi parlavano malissimo di Matteo Renzi e delle sue riforme. Ecco, penso che il pericolo siano i molti, i troppi che una volta giunti al dunque si turano il naso. Succedeva, lo ricordiamo tutti, con la vecchia Dc, ingiuriata e disprezzata nelle piazze ma non nelle urne visto che poi, invariabilmente, vinceva le elezioni.
È successo con Silvio Berlusconi, pubblicamente insultato e deriso per vent’anni e che per vent’anni ha ricevuto valanghe di voti. Con cui ha dominato l’Italia, stando a Palazzo Chigi o alternativamente sparando sul pianista. Dicono che l’italiano medio sia fatto così: piove governo ladro, ma quando si tratta di dare una sterzata spesso si fa prendere dalle vertigini. Infatti tante brave persone si chiedono: Renzi è quello che è ma se cade lui chi prenderà il suo posto? Grillo e la sua banda di incompetenti? Per carità.
Siamo il Paese del male minore: Renzi e i suoi sodali furbescamente ci campano sopra con le solite insopportabili balle retoriche rilanciate dall’informazione. Cose del tipo: non sarà la migliore delle riforme ma se vince il No questa Costituzione resterà immobile per sempre. Oppure: certo, si poteva fare meglio e di più, ma intanto il Sì ridurrà il numero dei parlamentari, taglierà le spese e finalmente abolirà il povero Cnel, fucina di tutti i mali. Altro che tagliare le unghie alla casta, sarà solo un modo per farle la manicure. Nondimeno chi cerca un alibi per turarsi il naso lo avrà. Ma di quanta gente parliamo? Stando all’ultimo sondaggio attendibile, quello di La 7 (26 settembre), il No (35,5%) manterrebbe un vantaggio di circa sei punti sul Sì (29,6%). Bene, se non fosse per il numero consistente degli (ancora) incerti: quasi il 35%. Sono cittadini intenzionati a votare ma che alla domanda del campione rispondono: non ho ancora deciso o qualcosa di simile. Difficile non pensare che la maggior parte di essi sia intenzionata a votare per il Sì ma che preferisce non dirlo. Come per la Dc. Come per Berlusconi. Il mio pessimismo aumenta se penso alla potenza di fuoco che Renzi si appresta a scatenare per portare il maggior numero di incerti dalla sua parte. Nei due mesi che mancano, si sa, occuperà la tv a reti unificate promettendo qualsiasi cosa. Una sorta di Babbo Natale giunto in anticipo con la sua gerla di doni fasulli. Come il Ponte sullo Stretto, la più sputtanata delle trovate, ma tutto fa brodo se serve ad abbindolare qualche allocco di destra.
Temo invece che il No abbia già fatto il pieno. Quello dei Cinque Stelle sarà compatto ed è probabile che anche gli elettori di Matteo Salvini daranno il loro fattivo contributo per mandare a casa il premier. Forse anche nella sinistra del Pd potrebbe emergere un voto “contro”, ma non mi faccio troppe illusioni. Non mi fido invece dell’elettorato di Forza Italia. Berlusconi come sempre pensa agli affari suoi e comunque appare tiepido assai. A parte Renato Brunetta (chi l’avrebbe detto trovarselo come alleato) non si annuncia in quel mondo una particolare mobilitazione. Il 4 dicembre, vedrai, il berlusconismo militante (o ciò che ne resta) perlopiù se ne starà a casa e a votare ci andranno i favorevoli al Sì. In fondo Matteo è un Silvio più giovane, senza il Milan e il bunga-bunga. Quello che il nostro giornale può fare per smuovere perplessi e deboli di spirito lo sta già facendo. E molto ancora si ripromette di fare e farà, come annunci nei tuoi editoriali. Quel gigantesco NO che avvolgeva il Fatto di martedì scorso, con tutte le ragioni per bocciare una controriforma pessima e antidemocratica è il manifesto soprattutto della ragionevolezza.
Temo tuttavia che non sia sufficiente spiegare alle persone quanto quel testo scritto con i piedi abbia un solo scopo: mettere a disposizione dello statista di Rignano un potere che nessun altro premier ha mai avuto dopo la caduta del fascismo. Molti lo hanno già capito, ma temono il vuoto. Quel vuoto creato artificialmente dallo stesso Renzi per spaccare l’Italia e prendersi ciò che ne resta dobbiamo provare noi a riempirlo. Penso a una grande manifestazione popolare, con tutti quelli che ci stanno e non sarebbero pochi. Una Woodstock del No, con dentro tutta la musica e le parole di cui siamo capaci. Un luogo dove smontare le troppe menzogne con cui cercano di avvelenarci. E dove riderne. Un grande spettacolo civile. Una grande dimostrazione d’amore per la più bella Costituzione del mondo. Quella a cui, fin dal primo numero, abbiamo dedicato il nostro giornale.
Poi mi sveglio e rifletto su quanto sia difficile mobilitare, e forse anche mettere d’accordo, un arcipelago di comitati per il No che (leggo sul Corriere della Sera) ha in cassa 180mila euro o poco più. Hai idea, mi dicono quelli pratici, di quanto costa soltanto allestire un palco? E le spese vive degli ospiti della tua Woodstock poi chi le paga, le microdonazioni? Insomma caro Marco, dovremmo tutti quanti essere capaci di sognare la nostra festosa giornata del No, ma stando con i piedi ben piantati nella realtà. Gli annunci che non si realizzano, lasciamoli a quell’altro. È possibile? È impossibile? Tu cosa ne pensi? Un abbraccio.
di Antonio Padellaro | 1 ottobre 2016
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
3 ottobre 2016 | di Gisella Ruccia
Referendum, D’Alema: “Renzi dice una cosa non vera, gli capita spesso. Non fui io a riformare Titolo V”
“Renzi? Ha detto una cosa non vera, gli capita spesso. Secondo lui, io, da presidente del Consiglio, ho fatto la riforma del Titolo V. In verità, la riforma fu fatta sotto la presidenza di Giuliano Amato, che capisco ora non voglia nominare perché Amato è membro della Corte Costituzionale e preferisce prendersela con me. Ma i fatti sono inconfutabili“. E’ la nuova scudisciata che l’ex presidente del Consiglio, Massimo D’Alema, intervistato su Radio Popolare, rifila al premier Matteo Renzi. Quest’ultimo, poche ora prima, sulle stesse frequenze aveva dichiarato che ‘gli articoli della revisione del Titolo V della Costituzione non sono stati fatti dai partigiani, ma dal governo D’Alema nel ’98-2001″. L’ex leader dei Ds spiega: “Fu preso un pezzo del progetto della Bicamerale, di cui certo io fui coautore, e fu trasformato in una riforma singola. Espressi allora le mie perplessità dicendo che una riforma monca avrebbe creato uno squilibrio e dato molto lavoro alla Corte costituzionale. Tuttavia, l’insistenza di Rutelli che era il candidato del centrosinistra, con il sostegno di Veltroni, e la convinzione che con quella riforma si sarebbero sottratti voti alla Lega spinsero a realizzare quella riforma con una ristrettissima maggioranza“. Poi passa all’attacco dell’Italicum e della riforma costituzionale: “Io votai no alla riforma Berlusconi che conteneva molti principi dell’attuale riforma Renzi. Resto coerente con le mie opinioni. Vedo, invece, piuttosto mutevoli quelle del presidente del Consiglio. L’Italicum che ci fu presentata come la più bella legge elettorale del mondo e imposta con un voto di fiducia, cioè con atto di violenza verso il Parlamento, adesso sembra diventata una legge figlia di nessuno, messa sul mercato per guadagnare voti al referendum“. E aggiunge: “Non approvo la riduzione anche di questioni così importanti per la democrazia italiana a puro gioco di manovra tattica e di furbizia. La politica non dovrebbe mai ridursi a furbizia, bugie, mezze bugie. Soprattutto quando si tratta di problemi che toccano la qualità della democrazia. Io sono favorevole a tornare al collegio uninominale” – continua – “dopodiché ci può anche essere il ballottaggio. Ma una legge che reintroduca le coalizioni e il premio alle coalizioni è la Calderoli, ce l’abbiamo già“. Poi sottolinea: “Passare dall’Italicum a un Italicum con coalizioni è un peggioramento. E’ già una legge brutta, ma nelle mani di Renzi e dei suoi interlocutori, come Verdini, Alfano e compagnia, potrebbe persino diventare peggiore. C’è una sola garanzia per evitarlo, la vittoria del NO al referendum. Il vero cambiamento non è l’Italicum con o senza ballottaggio, ma uscire dalla logica dell’Italicum”
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/10/ ... -v/564272/
Referendum, D’Alema: “Renzi dice una cosa non vera, gli capita spesso. Non fui io a riformare Titolo V”
“Renzi? Ha detto una cosa non vera, gli capita spesso. Secondo lui, io, da presidente del Consiglio, ho fatto la riforma del Titolo V. In verità, la riforma fu fatta sotto la presidenza di Giuliano Amato, che capisco ora non voglia nominare perché Amato è membro della Corte Costituzionale e preferisce prendersela con me. Ma i fatti sono inconfutabili“. E’ la nuova scudisciata che l’ex presidente del Consiglio, Massimo D’Alema, intervistato su Radio Popolare, rifila al premier Matteo Renzi. Quest’ultimo, poche ora prima, sulle stesse frequenze aveva dichiarato che ‘gli articoli della revisione del Titolo V della Costituzione non sono stati fatti dai partigiani, ma dal governo D’Alema nel ’98-2001″. L’ex leader dei Ds spiega: “Fu preso un pezzo del progetto della Bicamerale, di cui certo io fui coautore, e fu trasformato in una riforma singola. Espressi allora le mie perplessità dicendo che una riforma monca avrebbe creato uno squilibrio e dato molto lavoro alla Corte costituzionale. Tuttavia, l’insistenza di Rutelli che era il candidato del centrosinistra, con il sostegno di Veltroni, e la convinzione che con quella riforma si sarebbero sottratti voti alla Lega spinsero a realizzare quella riforma con una ristrettissima maggioranza“. Poi passa all’attacco dell’Italicum e della riforma costituzionale: “Io votai no alla riforma Berlusconi che conteneva molti principi dell’attuale riforma Renzi. Resto coerente con le mie opinioni. Vedo, invece, piuttosto mutevoli quelle del presidente del Consiglio. L’Italicum che ci fu presentata come la più bella legge elettorale del mondo e imposta con un voto di fiducia, cioè con atto di violenza verso il Parlamento, adesso sembra diventata una legge figlia di nessuno, messa sul mercato per guadagnare voti al referendum“. E aggiunge: “Non approvo la riduzione anche di questioni così importanti per la democrazia italiana a puro gioco di manovra tattica e di furbizia. La politica non dovrebbe mai ridursi a furbizia, bugie, mezze bugie. Soprattutto quando si tratta di problemi che toccano la qualità della democrazia. Io sono favorevole a tornare al collegio uninominale” – continua – “dopodiché ci può anche essere il ballottaggio. Ma una legge che reintroduca le coalizioni e il premio alle coalizioni è la Calderoli, ce l’abbiamo già“. Poi sottolinea: “Passare dall’Italicum a un Italicum con coalizioni è un peggioramento. E’ già una legge brutta, ma nelle mani di Renzi e dei suoi interlocutori, come Verdini, Alfano e compagnia, potrebbe persino diventare peggiore. C’è una sola garanzia per evitarlo, la vittoria del NO al referendum. Il vero cambiamento non è l’Italicum con o senza ballottaggio, ma uscire dalla logica dell’Italicum”
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/10/ ... -v/564272/
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
TRUFFE ALL'ITALIANA
Sul quesito referendario parte un ricorso al Tar
Benigni sponsor del Sì: “O sarà peggio di Brexit”
Sinistra italiana e Movimento 5 Stelle si rivolgono al tribunale: “Testo-truffa, propaganda ingannevole”
È una trovata di Renzi per prendere in giro gli italiani. E il presidente della Repubblica non può tacere”
“Uno spot pubblicitario” e “una truffa”. Sono queste le accuse contenute nel ricorso al Tar del Lazio di Sinistra Italiana e del Movimento 5 stelle in merito al quesito del Referendum sulla Costituzione. La domanda diffusa nei giorni scorsi ha scatenato molte polemiche perché, secondo le critiche, metterebbe in luce solo alcune parti della riforma. A parere dei ricorrenti il quesito così formulato “finisce per tradursi in una sorta di ‘spot pubblicitario’, tanto suggestivo quanto incompleto e fuorviante, a favore del governo che ha preso l’iniziativa della revisione e che ora ne chiede impropriamente la conferma ai cittadini, che non meritano di essere ingannati in modo così plateale”
Sul quesito referendario parte un ricorso al Tar
Benigni sponsor del Sì: “O sarà peggio di Brexit”
Sinistra italiana e Movimento 5 Stelle si rivolgono al tribunale: “Testo-truffa, propaganda ingannevole”
È una trovata di Renzi per prendere in giro gli italiani. E il presidente della Repubblica non può tacere”
“Uno spot pubblicitario” e “una truffa”. Sono queste le accuse contenute nel ricorso al Tar del Lazio di Sinistra Italiana e del Movimento 5 stelle in merito al quesito del Referendum sulla Costituzione. La domanda diffusa nei giorni scorsi ha scatenato molte polemiche perché, secondo le critiche, metterebbe in luce solo alcune parti della riforma. A parere dei ricorrenti il quesito così formulato “finisce per tradursi in una sorta di ‘spot pubblicitario’, tanto suggestivo quanto incompleto e fuorviante, a favore del governo che ha preso l’iniziativa della revisione e che ora ne chiede impropriamente la conferma ai cittadini, che non meritano di essere ingannati in modo così plateale”
Chi c’è in linea
Visitano il forum: Semrush [Bot] e 15 ospiti