iospero ha scritto:
così non si andrebbe da nessuna parte
.
ed è per questo che ho messo le faccine a commento del post...
iospero ha scritto:
così non si andrebbe da nessuna parte
.
De Magistris battezza la lista arancione
e Ingroia promette: "Sono con voi"
Intervento di dieci minuti al teatro Vittopria, quartiere Testaccio a Roma, del sindaco di Napoli.
In platea Antonio Ingroia, Paolo Flores d'Arcais, Moni Ovadia, Citto Maselli, Gildo Claps e gli esponenti No Tav e Dal Molin.
Tra i candidati, il produttore cinematografico Gaetano Di Vaio.
segue al link:
http://napoli.repubblica.it/cronaca/201 ... ef=HREC1-3
iospero ha scritto:Interessante intervista .
Alla sinistra del PD ci stanno diversi movimenti o partitini , si sono dati nomi diversi, cioè No Monti ,che raccoglie i partitini dal PCI ,Pdrc, la sinistra , cambiare si può, gli arancioni, i viola ..
che se i vecchi capibastone facessero un passo indietro, potrebbero formare un gruppo di oltre 8% con molte cose in comune .
Da qui nasce una domanda da rivolgere a Civati e soprattutto al PD:
Avete più cose in comune con il centro di Casini o con questa nuova formazione Arancione ?
E' quello che stanno facendo.Shiloh
però,devono per forza fare un "rassemblement" che gli consenta di entrare in parlamento,diversamente valgono zero.
penso poi che "la domanda" non va rivolta a Civati nè al PD...ma a loro stessi:
iospero ha scritto:E' quello che stanno facendo.Shiloh
però,devono per forza fare un "rassemblement" che gli consenta di entrare in parlamento,diversamente valgono zero.
penso poi che "la domanda" non va rivolta a Civati nè al PD...ma a loro stessi:
Io la domanda la farei a Civati e al PD perchè credo che ci siano molte più cose in comune con questi gruppi che con l'UDC.
Per questo motivo avevo suggerito di cambiare la carta di Intenti nel senso che se ci sono dei contrasti nella coalizione sarebbe opportuno che questi venissero risolti non a livello dei capigruppo in parlamento, bensì consultando la base degli iscritti ai partiti
con un referendum ( magari on line) come previsto dallo Statuto del PD.
Purtroppo gli iscritti nei partiti contano niente, per questo mi sono dimesso dal partito.
Con tutti i difetti di questo PD, va riconosciuto che un qualunque tipo di dialogo o accordo è impossibile con una formazione (tutta ancora da definire) di numerosi partitini/movimenti con ancor più numerosi "leader" (leggi: cani sciolti) che vanno ognuno per conto proprio.shiloh ha scritto:iospero ha scritto:E' quello che stanno facendo.Shiloh
però,devono per forza fare un "rassemblement" che gli consenta di entrare in parlamento,diversamente valgono zero.
penso poi che "la domanda" non va rivolta a Civati nè al PD...ma a loro stessi:
Io la domanda la farei a Civati e al PD perchè credo che ci siano molte più cose in comune con questi gruppi che con l'UDC.
Per questo motivo avevo suggerito di cambiare la carta di Intenti nel senso che se ci sono dei contrasti nella coalizione sarebbe opportuno che questi venissero risolti non a livello dei capigruppo in parlamento, bensì consultando la base degli iscritti ai partiti
con un referendum ( magari on line) come previsto dallo Statuto del PD.
Purtroppo gli iscritti nei partiti contano niente, per questo mi sono dimesso dal partito.
vedremo.
se riescono a unirsi sotto un unico simbolo che abbia concrete possibilità di superare lo sbarramento imposto dalla legge elettorale,
potrei anche prendere in considerazione di votarli.
diversamente:
non voglio sprecare il mio voto.
io-spero-tu-mi-capirai.
Per questo affermavo :" se i vecchi capibastone facessero un passo indietro"Mariok
Con tutti i difetti di questo PD, va riconosciuto che un qualunque tipo di dialogo o accordo è impossibile con una formazione (tutta ancora da definire) di numerosi partitini/movimenti con ancor più numerosi "leader" (leggi: cani sciolti) che vanno ognuno per conto proprio.
Sarebbe addirittura peggio dell'Unione.
"Cambiare si può" - in vista delle assemblee del 14-16 dicembre/ COMUNICAZIONE
Dal 1° dicembre, quando le assemblee per il lancio sul territorio di “Cambiare si può” del 14-16 dicembre sono state varate, sono intervenuti diversi fatti nuovi. Uno ci riguarda direttamente: ad oggi sono in preparazione ben 84 assemblee
elenco in completamento al link
http://www.cambiaresipuo.net/primo-elenco-di-assemblee/
e l’integrazione tra i promotori (singoli e forze organizzate) procede in maniera soddisfacente, pur scontando fisiologiche difficoltà determinate da esperienze e incomprensioni del passato; è un fatto molto positivo perché significa che l’idea e il progetto funzionano e possono crescere ancora. Parallelamente c’è un continuo mutamento del contesto con un precipitare della crisi e l’ormai certa anticipazione del voto (anche se ancora indeterminato nella data): è un fatto che non possiamo ignorare e che ci impone di stringere i tempi e, quando avremo un quadro di riferimento temporale più chiaro (e comunque a partire dalla prossime assemblee), di valutare l’incidenza dei tempi sulla qualità dell’iniziativa.
In questa prospettiva e per rispondere alle molte richieste può essere utile fornire alcune indicazioni per dare alle assemblee una prospettiva unitaria, fermo che un cantiere politico come il nostro si alimenta dal basso e che le assemblee non devono limitarsi a formalizzare scelte già fatte ma avere un vero e proprio carattere costituente:
1) la discussione delle assemblee – in particolare nel contesto di cui si è detto – non potrà che essere a tutto campo e dovrà estendersi anche alle tappe dell’impresa. A questo fine è opportuno che si tengano presenti alcuni dati di fatto:
a) se le elezioni saranno il 10 marzo il decreto presidenziale di convocazione dei comizi elettorali, che deve essere pubblicato sulla Gazzetta ufficiale almeno 45 giorni prima delle elezioni, interverrà, se non prima, il 24 gennaio. Ciò significa che tra il 25 e il 28 gennaio dovranno essere depositati al Ministero dell’interno i contrassegni delle liste e entro il 4 e il 5 febbraio (35° e 34° giorno precedente le elezioni) dovranno essere raccolte, autenticate e depositate circa 80.000 firme di presentazione, pari a un numero variabile tra le 1.500 e le 4.000 a seconda delle circoscrizioni elettorali (che sono, per la Camera, 27). Se poi la data del voto dovesse essere anticipata – come oggi si dice da più parti – al 24 febbraio tutto sarebbe anticipato di 15 giorni e, dunque, le liste dovrebbero essere presentate intorno al 20 gennaio;
b) i tempi che abbiamo di fronte sono, dunque, strettissimi: entro la fine dell’anno (e, dunque, con l’assemblea del 22 dicembre o immediatamente dopo) dovremo avere un nome, un simbolo, dei criteri per la designazione dei candidati, un comitato di garanti (composto da persone che non si presenteranno alle elezioni) per seguire la formazione delle liste, una segreteria organizzativa nazionale (che coordini le operazioni materiali necessarie, la comunicazione, il sito etc.). Quanto ai criteri per la designazione dei candidati e la formazione delle liste va ribadito il rifiuto di ogni logica di contrattazione e lottizzazione: le candidature devono avere un segno di forte discontinuità rispetto al passato e devono essere individuate con la massima pubblicità e con il coinvolgimento e l’approvazione finale dei territori;
c) una campagna elettorale costa e noi – orgogliosamente – siamo senza soldi e finanziamenti. Ciò richiede che si attivino dei meccanismi di autofinanziamento a partire dalle assemblee (tenendo presente che 20 euro a testa da parte di 10.000 persone bastano a fare 200.000 euro: insufficienti per la campagna, ma sufficienti per una buona partenza).
2) le assemblee sono la prima presentazione di “Cambiare si può” ai cittadini che vogliamo coinvolgere nel progetto. Ciò significa che è opportuna l’introduzione informativa di uno dei promotori o di qualcun altro già coinvolto nella campagna e, possibilmente, la diffusione del documento costitutivo o la proiezione di alcuni passaggi dell’assemblea di Roma (tutti reperibili sul sito) anche per ribadire il carattere radicalmente alternativo del nostro progetto. Inoltre è importante che le assemblee abbiano carattere aperto, cioè che si discuta non tanto di noi quanto delle prospettive che vogliamo aprire nella scena politica e delle modalità per rendere praticabile l’impresa (tenendo conto – altro dato conoscitivo necessario – che il numero minimo di voti per avere una rappresentanza alla Camera – dove c’è, secondo la legge vigente, la soglia minima del 4% – è di circa 1.500.000 voti).
3) come contributo alla discussione e prima base di uno schema di programma, proponiamo di seguito una bozza di 10 punti irrinunciabili da sottoporre all’assemblea per valutazioni e integrazioni;
4) le assemblee dovranno anche discutere la struttura della campagna “Cambiare si può” e le regole per definire le liste dei candidati in caso di partecipazione alle elezioni, a partire da alcuni punti fermi fissati nel documento costitutivo: il carattere di originalità del progetto (che non può essere la semplice sommatoria di articolazioni preesistenti), il segno di novità nelle candidature (in termini di netta discontinuità rispetto al passato), la designazione dei candidati in modo pubblico e trasparente;
5) è importante che all’esito dell’assemblea (o della sua fase preparatoria) si individuino per ogni realtà territoriale un coordinamento organizzativo in modo da costruire una rete operativa immediatamente e facilmente attivabile (posto che una impresa che nasce dal basso deve valorizzarne le indicazioni ed essere in grado di coordinarle).
Buone assemblee!
10 punti programmatici minimi irrinunciabili
1. Sì a un’Europa dei cittadini, alla rinegoziazione del debito pubblico e delle normative europee al riguardo attraverso una alleanza dei Paesi mediterranei oggi devastati dalla crisi e a un progetto di riconversione di ampi settori dell’economia in grado di rilanciare l’occupazione con migliaia di piccole opere di evidente e immediata utilità collettiva. No all’Europa delle banche e dei banchieri e delle politiche recessive in atto.
2. Sì a un grande progetto di riconversione ecologica dell’economia e di riassetto del territorio nazionale e dei suoi usi per garantire la sicurezza dei cittadini e la riduzione del consumo di suoli agricoli. No alle grandi opere (dal Tav Torino-Lione al Ponte sullo stretto e al proliferare di autostrade e raccordi) inutili, dannose all’ambiente e alla salute ed economicamente insostenibili.
3. No a contrazione del lavoro e al precariato e alla riduzione di fatto dei salari e delle pensioni. Sì al ripristino delle tutele del lavoro e dei lavoratori cancellate dai Governi Berlusconi e Monti (anche con sostegno ai referendum) e alla sperimentazione di modalità di creazione diretta di occupazione, anche in ambito locale, all’introduzione di un reddito di cittadinanza, al potenziamento degli interventi a sostegno delle fasce più deboli e dei presidi dello stato sociale (nella prospettiva di un welfare dei diritti e non di forme di assistenzialismo caritatevole).
4. No agli attuali costi fuori controllo della politica e alla rappresentanza come mestiere. Sì alla autonomizzazione della politica dal denaro, all’abbattimento dei relativi costi, alla previsione di un tetto massimo per i compensi pubblici e privati, all’azzeramento delle indennità aggiuntive della retribuzione per ogni titolare di funzioni pubbliche.
5. Si a un’imposizione fiscale più incisiva sui redditi elevati, sui patrimoni e sulle rendite finanziarie (con estensione alle proprietà ecclesiastiche). No ad aumenti delle imposte indirette e a inasprimenti della fiscalità nei confronti dei redditi medio-bassi.
6. Sì a un’azione di ripristino della legalità, di contrasto della criminalità organizzata, dell’evasione fiscale e della corruzione con recupero di risorse da destinare a un welfare potenziato e risanato dal clientelismo. No alle politiche dei condoni e alle leggi ad personam.
7. No a tutte le operazioni di guerra e drastica riduzione delle spese militari. Sì alla destinazione dei corrispondenti risparmi e di risorse adeguate a sanità, scuola pubblica, ricerca e innovazione (nella convinzione che sapere e istruzione sono prerequisito della democrazia e intervento strategico).
8. Sì a politiche di valorizzazione dei beni comuni e a forme di sostegno e promozione delle esperienze di economie di cooperazione e solidarietà. No allo svuotamento di fatto dei referendum del 2011 e alla vendita ai privati dei servizi pubblici locali.
9. No ad ogni forma di discriminazione e di razzismo (e alle leggi che ne sono espressione, a cominciare dalla Bossi-Fini). Sì al pieno riconoscimento dei diritti civili degli individui e delle coppie a prescindere dal genere, a una cultura delle differenze, a politiche migratorie accoglienti e all’accesso alla cittadinanza per tutti i nati in Italia.
10. Sì a una riforma democratica dell’informazione e del sistema radiotelevisivo che ne spezzi l’attuale subordinazione al potere economico-finanziario. No al conflitto di interessi e alla concentrazione dell’informazione.
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