Diario della caduta di un regime.

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camillobenso
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LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA




ITALIA
giovedì 04/08/2016
Droga, il racconto del trafficante: la coca invisibile ai raggi X? Nella pancia dei cani

di Davide Milosa | 4 agosto 2016
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Un banale controllo di polizia. L’auto che si ferma, gli agenti che chiedono i documenti. Il controllo non poi così è banale, ma soltanto simulato. La persona viene fermata. Su di lui l’accusa di aver trafficato cocaina con membri dei Latin King, banda criminale sudamericana. Eppure, al netto dell’inchiesta, quel fermato, una volta portato davanti ai pm della Procura di Milano, racconta ancora un’altra storia, svelando scenari inaspettati, collegamenti con i cartelli colombiani.

Per capire basta leggere i passaggi del suo straordinario verbale: “Mi chiamo Lenny Barsanti sono nato a Livorno il 28 maggio 1980. Sono uscito il 13 aprile 2012 dal carcere delle Baumette a Marsiglia, dove ero detenuto per narcotraffico. In quanto cittadino italiano, alla fine della pena i poliziotti francesi mi hanno accompagnato fino all’aeroporto di Fiumicino. Mi occupo di narcotraffico tra l’America latina e l’Europa da circa 14 anni. Ero sposato con Luzbalvina Prieto Marquez, figlia di un luogotenente del Cartello del Golfo, associato al braccio armato degli Zetas, mentre io lavoravo con il cartello messicano di Sinaloa perché ero stato presentato da personaggi del cartello del Norte del Valle, narcotrafficanti colombiani. Dentro il carcere di Marsiglia ho inventato un nuovo sistema di trasporto di cocaina che utilizza i cani vivi”.

Larry Barsanti racconta tutti i dettagli del suo innovativo metodo: “La sostanza viene inserita dentro un cilindro di circa 250 grammi; prima la avvolgo nel cellophane, poi viene chiuso sottovuoto, poi nuovamente nel cellophane, poi nella carta carbone (affinché i raggi X non possano penetrare l’involucro), dopodiché ancora il cellophane e dopo uno scotch di vinile nero (ancor più resistente ai raggi X). Finito l’involucro è pronto per essere inserito dentro cani di grossa taglia tipo San Bernardo, Gran Danese, Dog de Bordeaux, Mastino Napoletano e Labrador. Il cane viene preparato a Città del Messico, per mano di un veterinario di nome Lallo, che opera un taglio cesareo e inserisce cinque, massimo sei involucri preparati, nel diaframma di ogni cane”.

Perché il viaggio risulti economicamente davvero vantaggioso, “dovevo spedire almeno due cani per ogni passeggero. Nell’ultimo anno, sempre attraverso lo scalo di Madrid, sono entrati ben 48 cani e nessuno di loro è mai stato fermato in quanto il sistema era davvero infallibile. Ogni cane aveva microchip ed era regolarmente denunciato. Con questo metodo sono riuscito a evitare addirittura i controlli dell’aeroporto di Santa Cruz della Sierra in Bolivia, che è uno dei più controllati al mondo. Una volta arrivati a destinazione il cane veniva aperto e la mercanzia veniva estratta, per un totale di circa 1.250 grammi circa per ogni cane.

La cocaina è purissima, continua a raccontare Larry Barsanti, “il mio capo in Messico è Raffael Niebla detto il Calcio, lui voleva costituire un proprio allevamento perché stavamo comprando troppi cani e le acque si stavano muovendo troppo. Rafael è davvero una personalità importante all’interno del cartello Messicano dei Sinaloa il quale è presente in ben 38 Paesi ed è davvero pericoloso. Io in particolare possiedo sia la cittadinanza italiana che quella colombiana e parlo perfettamente sei lingue. Sul campo sono diventato un vero e proprio chimico del narcotico, sono in grado di trasformare le foglie di coca in pasta; dalla pasta alla base; dalla base alla base riossidata e da questa in cocaina idrocloridrica. Oggi ho colto l’occasione e ho deciso di fare quello che nel gergo dei narcos si chiama crossover, ovvero un taglio netto e totale con la vita precedente. Ovviamente per quanto sto riferendo sono in serio pericolo, ma intendo collaborare con la giustizia e cambiare del tutto vita”. Era l’estate del 2012. Da allora di Lenny Barsanti si sono perse le tracce.

di Davide Milosa | 4 agosto 2016
camillobenso
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CRONACA DI GIORNI DI GUERRA


7 AGO 2016 10:40
BISI E RISI

- RENZI SEMPRE PIÙ SOLO. ANCHE DRAGHI E MOGHERINI GLI REMANO CONTRO. SUPERMARIO IN BALIA DEI TEDESCHI CHE CONTROLLANO LA VIGILANZA DELLA BCE E CHE NON MOLLANO LA MORSA SULLE BANCHE ITALIANE, IL VERO INCUBO PER IL PREMIER

- RENZI L'UNICO LEADER CHE POLEMIZZA CON ERDOGAN SENZA RICORDARSI CHE I FLUSSI MIGRATORI PASSANO DA LÌ. RITORSIONI PER L'ITALIA DOPO I RAID USA IN LIBIA?





Luigi Bisignani per il Tempo

Uno era già lì, l'altra ce l’ha messa e se n'è pentito. Mario Draghi e Federica Mogherini, i due italiani con le posizioni più importanti in Europa, non aiutano Renzi a sbrogliare quella matassa finanziaria-politica-diplomatica di cui da solo proprio non trova il bandolo.

Un ‘triangolo delle Bermuda’ rappresentato da Francoforte-Tripoli -Ankara per sorvolare il quale occorre esperienza. A Francoforte SuperMario neanche prova a contenere i tedeschi, che controllano militarmente il nuovo meccanismo di vigilanza unica e sono decisi a non mollare di un millimetro sui salvataggi bancari.


E nel pieno della tempesta Monte Paschi ha inviato una lettera a Siena il cui risultato è stato il crollo del titolo. Di missive foriere di disastri Draghi è specialista e Berlusconi lo sa bene, essendo stato sfrattato da Palazzo Chigi proprio dopo una sua nota. Per Tremonti e Brunetta fu un golpe. Uno scenario da incubo che sembra riproporsi con Padoan e Visco alla finestra.

Quanto alla Libia, Obama ha deciso blitz aerei infischiandosene dell'Italia e delle sue contraddizioni. Renzi e la Pinotti hanno un bel dire che Sigonella è pronta a ospitare i voli a stelle e strisce, sta di fatto che i primi bombardamenti sono partiti dalla Giordania e che da questa operazione rischiamo di subire gravi contraccolpi e non solo sul piano economico.


Ma il vero nodo è con Ankara. Dopo il finto putsch, Renzi è tornato a battibeccare con Erdogan per le grane del figlio Bilal, indagato a Bologna per riciclaggio. Se si considera che la Turchia è il principale argine ai flussi migratori e che assieme alla Turchia sosteniamo Sarraj in Libia, la cosa si fa preoccupante.

Renzi dovrebbe sapere che nemmeno gli Stati Uniti sfidano in pubblico Erdogan. E quando lo fa la Russia, nei cieli esplodono aerei. Certamente non gliel’ha fatto notare la Mogherini che più che da Renzi sembra essere stata messa in quel ruolo dalla Merkel. La gratitudine, come diceva il divo Giulio, è il sentimento della vigilia.
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Tira aria di regime ora. Figuriamoci se dovessero vincere i SI.




Rai, i dirigenti milanesi il lunedì si riuniscono nel capoluogo lombardo. E prendono l’indennità di trasferta

Molti neoassunti da CdO risiedono sotto la Madonnina, ma sono di base a Roma: se lavorano da casa, risultano fuori sede e hanno diritto a un importo aggiuntivo
AnsaIlaria Dallatana (Raidue) e Daria Bignardi (Raitre) – Ansa
di Carlo Tecce | 7 agosto 2016
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Il palazzone di Viale Mazzini, il complesso di Saxa Rubra, gli studi di via Teulada: la capitale Roma custodisce le icone Rai, ma in quest’epoca segnata da Antonio Campo Dall’Orto, l’amministratore delegato abituato a lavorare nel privato, Milano è centrale. Perché di lunedì, ormai è diventata una tradizione, negli uffici di corso Sempione a Milano si tengono le riunioni fra i dirigenti milanesi; un gruppo di fedelissimi che comprende la maggioranza dei ventuno assunti da Campo Dall’Orto, in particolare i direttori Ilaria Dallatana (Rai2) e Daria Bignardi (Rai3).

La carovana di esterni è scandagliata da un’istruttoria dell’Anticorruzione guidata da Raffaele Cantone. Oltre a creare malumori fra i dipendenti romani, l’assenza il lunedì – che a volte si estende al martedì – solleva un dubbio: la giornata da Milano ha un costo aggiuntivo per la televisione pubblica? Sì.

Per i milanesi ingaggiati da Campo Dall’Orto, la sede di lavoro è Roma. Siccome la residenza di Dallatana&C. è Milano o dintorni, com’è normale per il tipo di incarico, nonostante l’accordo sia fino alla scadenza del mandato dei vertici (il classico triennio e non l’indeterminato del passato), Viale Mazzini elargisce un contributo per l’alloggio e per i trasporti. Quando i milanesi risultano in servizio da Milano, però, ricevono un’indennità di trasferta. Un bizzarro paradosso: in trasferta da “casa”. Nessuna irregolarità, precisano dall’azienda, di certo è una questione di opportunità. In merito, Viale Mazzini fa sapere che il trattamento applicato è previsto dal contratto collettivo nazionale dei dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi.

All’articolo 10 c’è il punto utile per comprendere la vicenda, anche se non sappiamo se in Viale Mazzini siano in vigore importi diversi e ulteriori formule di integrazioni: “Per ogni periodo di trasferta non inferiore a 12 ore nell’arco temporale di 24 ore dalla partenza un importo aggiuntivo in cifra fissa per rimborso spese non documentabili, pari a 85 euro”. L’abitudine a sfruttare l’abbondanza di dirigenti in città per organizzare riunioni a Milano è contestato da tempo in azienda, e dunque la stessa società fa sapere che la frequenza è sporadica. Perché Campo Dall’Orto e soci preferiscono corso Sempione? La ragione: maggiore riservatezza.

L’ex capo di Mtv e La7 si comporta in Viale Mazzini con una profonda diffidenza, per questo motivo ha chiamato in Rai dirigenti conosciuti in carriera. Il vizio di Milano è una testimonianza di scarsa considerazione per Roma e anche, scopriamo adesso, una spesa evitabile, soprattutto in un’azienda che ha superato ampiamente il limite dei 240.000 euro di stipendio per i dirigenti pubblici. Come s’è potuto appurare con l’applicazione delle norme sulla trasparenza, Campo Dall’Orto guadagna 650.000 euro, Bignardi e Dallatana 300mila, altri nuovi tra i 240 e i 340mila. Superata dalla polemica sui Tg e la sostituzione di Bianca Berlinguer, quella sui compensi è ormai dimenticata. Ma l’ha rievocata a Radio24 un deputato renziano (e loquace), Michele Anzaldi: “Non è mai successo che delle nomine venissero fatte così, interne e con il grado: è un trionfo di Campo Dall’Orto. L’ad, di cui non penso bene, l’ha fatto per distogliere l’attenzione da cose scandalose: il loro stipendio. Non si parla più di uno stipendio faraonico di 650mila euro, sei volte quello del premier, e parliamo invece di una rotazione naturale col vicedirettore che stava in quel giornale (Colucci al Tg2, ndr)”.

di Carlo Tecce | 7 agosto 2016
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L'islam vuol creare un partito

Il progetto di un nuovo soggetto istituzionale di rappresentanza: "I Cinque Stelle? Sono un modello interessante"

di Alberto Giannoni
2 ore fa



"Costituente islamica". Così i musulmani vogliono farsi partito

Il progetto di un nuovo soggetto istituzionale di rappresentanza: "M5s? Modello interessante"


Alberto Giannoni - Dom, 07/08/2016 - 17:09
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Una «assemblea costituente» dell'islam italiano. Ci siamo, dunque. Siamo al progetto concreto di dare una rappresentanza ai musulmani italiani, con tanto di scadenze e «road map».


A lanciarlo, Hamza Roberto Piccardo, che con grande dedizione si è messo al lavoro sull'idea della Costituente, che dovrebbe essere votata on line (in primavera) con l'obiettivo di dare ai musulmani, «a prescindere dagli orientamenti giurisprudenziali, ideologici e obbedienze», una «rappresentanza democratica che possa interagire con le istituzioni, i media e l'insieme della società civile». «In poche settimane - ha spiegato l'imam - redigeremo un documento programmatico, speriamo di mettere on line la piattaforma web e proporremo le regole generali per accedere al voto». Significativo che l'idea, «in canna da tempo», sia stata lanciata proprio nel giorno in cui alcuni musulmani hanno fatto partecipato o assistito alle funzioni religiose nelle chiese cattoliche, come segno di pace dopo la barbara uccisione di padre Jacques Hamel a Rouen. Davide Piccardo, figlio di Hamza è coordinatore delle moschee milanesi aderenti al Caim. E condividono la simpatia per il presidente turco Recep Tayyip Erdogan: «Torna grande nazione musulmana» ha detto Hamza. Ma quella di Piccardo senior è una figura centrale nel radicamento dell'islam in Italia. Oggi punto di riferimento delle moschee liguri, è conosciuto come un instancabile promotore di iniziative culturali, editoriali e associative nel mondo delle moschee di casa nostra. Autore di una (controversa) traduzione del Corano, è fra gli esponenti del European Muslim Network e ha fatto gli onori di casa quando a Milano, alla vigilia delle elezioni, è stato invitato Tariq Ramadan, «star» carismatica dei musulmani europei, da molti considerato l'emblema di un islam ambiguo e bifronte. Piccardo, soprattutto, è stato fra i fondatori dell'Ucoii, e nel consiglio dell'Unione delle comunità islamiche è tornato a sedere nel 2010. Oggi evidentemente qualche motivo di dissenso lo ha indotto a compiere questo strappo.

La Costituente, dunque. Un'altra Ucoii, nell'ipotesi minimalista. Un'organizzazione capace di sopperire alla storica carenza di gerarchie islamiche organizzate. Si potrebbe trattare, dunque, di una sorta di «sindacato» dei centri islamici, in grado di negoziare con lo Stato italiano partite decisive: gli eventuali finanziamenti (come l'8 per mille, invocato da molti, non solo musulmani) o la regolamentazione degli imam, o la presenza nelle carceri, nervo scoperto del proselitismo. L'ambizione di fondare un grande sindacato delle moschee italiane, tuttavia, nascerebbe accompagnato dalla prevedibile freddezza delle altre organizzazioni, già dotate a loro volta di leader, sedi, referenti locali. Qualcuno già obietta che sarebbe tutta da chiarire la legittimità di questa Costituente. E sarebbe soprattutto da chiarire e tracciare il percorso dei fondi eventualmente utilizzati per finanziare un'operazione del genere.

Un'altra lettura è invece suggerita dal nome prescelto, che evoca la fase costituente della Repubblica italiana nell'immediato dopoguerra. Saremmo alla creazione di un soggetto che è qualcosa di più di un'associazione di moschee. Stiamo parlando di rappresentanza generale, politica. Piccardo, d'altra parte, parla di «uno strumento Costituente la Comunità Islamica italiana, nelle sue componenti sociali, culturali e di orientamento giuridico e spirituale». E un modello in mente ce l'ha. Una specie di movimento 5 Stelle? «Il modello è interessante e innovativo - ammette - e risponde alle esigenze di chi non ha denaro né voglia di profondersi in un'organizzazione partitica».
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IL FASCISMO DEL TERZO MILLENNIO.


A QUALCUNO PIACE.








Rai, Mercalli e il programma cancellato: “Sgraditi perché prendiamo posizione. Bignardi? Mai sentita, neppure un sms”

Media & Regime
Dopo Giannini, Berlinguer, Lillo e Greg (ancora in bilico) salta anche "Scala Mercalli". Non è per lo share, non è per i costi: "Per sei puntate a stagione mi davano 57mila euro lordi, non certo le cifre che girano in Rai. Non ci hanno perdonato le puntate su trivelle, energia, cemento e grandi opere che documentavano con rigore scientifico verità diverse da quelle dell'esecutivo. Tollerano giusto i reggi microfono"
di Thomas Mackinson | 9 agosto 2016
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Mercalli sta andando ad Aosta per un convegno. Titolo: “Come l’informazione rimuove il tema ambientale”. Ad ascoltarlo saranno un centinaio di persone o poco più, non certo il milione di telespettatori del suo programma su Rai Tre. Ma avrebbe molte cose da dire, visto che dopo Bianca Berlinguer e Massimo Giannini, Lillo e Greg (su cui c’è stata una parziale marcia indietro) e dopo le pressioni in radio a Francesca Fornario, i vertici Rai hanno chiuso “Scala Mercalli”, il programma che conduceva da due anni su Rai Tre, facendone di fatto l’ultimo epurato.

Alcune riflessioni ce le anticipa, mentre è in viaggio: “E’ evidente che la scelta di chiuderci è dovuta al fatto che non fossimo allineati alle posizioni dell’esecutivo di Renzi su tanti temi, come le trivelle o la Tav, il cemento e le grandi opere. Stanno trasformando l’epurazione in una scienza: fanno interventi mirati e chirurgici per non sollevare polemiche, come negli editti di Berlusconi”. E ancora: “Il silenzio che mi colpisce di più? Quello del Ministro Martina, che pure tanto aveva lodato le puntate sull’agricoltura. La Bignardi? Mai sentita, neppure la cortesia di una telefonata”.


Al bar si dirà che va bene così,visti gli stipendi dei dirigenti e giornalisti del servizio pubblico. Mercalli costava però 57mila euro l’anno lordi e in cambio realizzava un programma di sei puntate a stagione d’informazione ambientale scientificamente rigorosa, riconosciuta anche da esponenti e parlamentari di estrazione ambientalista che oggi “pur di non stare contro vento infilano la testa sotto la sabbia”.

Avvisaglie, da meteorologo aveva capito che era nella lista nera?
Nessuna allerta, il temporale è arrivato improvviso.

Sgomberiamo il campo da un possibile equivoco: quanto guadagnava in Rai?
Non so se posso dirlo.

Eddai, ormai siamo alla resa dei conti…
E’ la prima volta che lo dico. Nell’ultimo contratto costavo euro 57mila, lordi. Per sei puntate che hanno la preparazione di un anno, comprese le trasferte, i servizi fatti fuori etc.

Una miseria rispetto ad altri colleghi conduttori…
Diciamo che era un lavoro di grande soddisfazione professionale ma con il quale io non mi arricchivo né spogliavo la Rai. Avevo un compenso da buon impiegato. Però è bene che si sappia, perché non è certo il costo a motivare la chiusura del programma.

Sarà per gli ascolti…
E’ vero che in Italia c’è una rimozione psicologica del problema ambientale. Alla gente non piace che si parli di certi temi, ci danno dei catastrofisti perché la meniamo con l’effetto serra. Ma il programma aveva un pubblico di un milione di telespettatori, era seguito e quindi non è un problema di share. Anche se fosse, e non è stato, faceva parte di quella “riserva” per cui il servizio pubblico deve esserci e produrre informazione oltre il gradimento. Perché la sfida è raccontare qualcosa le cui conseguenze negative si trascinano per secoli, se non millenni. E’ una responsabilità civile che io e tanti altri sentiamo addosso e abbiamo tentato di trasferire col mezzo televisivo, finché possibile, ai cittadini.

Non sono i costi, non sono gli ascolti. Ne resta solo una…
E’ chiaro che ai nuovi vertici di viale Mazzini non piace che si facciano trasmissioni che raccontano una verità diversa da quella del governo in carica, peggio che mai se con dati ed evidenze scientifiche. Questo abbiamo fatto e la nostra colpa, da quanto capisco, è di non aver solo allungato il microfono per raccogliere l’opinione del politico di turno, ma aver osato sposare una tesi corroborata da dati di valore scientifico.

Ci faccia degli esempi, prego
Abbiamo preso posizioni nette su molti temi. Le trivelle, in primis. Ma anche la legge sul consumo di suolo che stenta ad arrivare, l’energia, le grandi opere. Forse l’informazione che vogliono è quella che si ferma a registrare le varie posizioni in campo. Magari pensano che sia meglio affidare certi temi delicati a conduttori e giornalisti che non ne sanno molto e per questo si devono limitare ad allungare il microfono e registrare le posizioni prevalenti. E’ successo con le chiacchiere da salotto tv sulle trivelle che non hanno mai centrato il tema mentre io ho tirato fuori una puntata di grande rigore scientifico. Non ci siamo mai rifugiati nel politicamente corretto. Abbiamo sempre preso una posizione, difesa con i dati, ma univoca. Anche al rischio di esporci.

Ma non è bastato…
La serietà dell’informazione che facevamo non è mai stata in discussione. Sa che la trasmissione era girata alla sede della Fao, un’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa proprio di questi temi? Non era solo un presidio prestigioso per la Rai, era anche un’esposizione al controllo di quello che andavamo documentando.

Ovvero?
Se avessimo mai detto una cazzata saremmo stati richiamati dai vari ambasciatori, e non è mai successo, anzi, sono fioccati gran complimenti. Posso testimoniare allora il paradosso per cui “Scala Mercalli” andava bene a tutti i Paesi dell’Onu, tranne che all’Italia. Il punto è che mi aspettavo di essere sotto osservazione per questioni scientifiche, scopro invece che erano politiche. E cioè l’allineamento o meno alle posizioni del governo.

Forse siete stati solo “gufi”
In realtà avevamo sentore di passare per tali. Per questo nell’ultima edizione abbiamo fatto una scelta di equilibrio: siamo stati attenti a fare 50% di sana predica ambientalista e 50% di soluzioni che funzionano e sono già in atto. Al motto “si può fare”.

Si sente tra gli epurati Rai?
Non sta a me dirlo. Certo non ho bisogno di difendere io il mio lavoro, ho molte altre cose da fare, a partire dalla ricerca e dall’insegnamento in università.

I prossimi chi saranno?
Non lo so ma è una demolizione chirurgica, scientifica. Chi la fa non vuole certo suscitare indignazione, come fu con gli editti di Berlusconi. E’ un’opera di selezione e rimozione continua: oggi tolgo quello, domani quell’altro, poi modifico qualcosa, cancello un tema, un argomento. Solo a distanza di anni poi ti accorgi di quanto hai perso per strada, dilapidando patrimoni di esperienze importanti che sono costati impegno e soldi.

Si tengono (forse) la Gabanelli e si riprendono Santoro, quasi a dire “vedete? Siamo per il pluralismo”
Questa è la sensazione. Anche se io non conosco a fondo il pianeta Rai, non sono un professionista della tv ma un ricercatore prestato alla divulgazione di argomenti scientifici.

Qualcuno vicino al governo vi ha bacchettati?
Macché, in alcune occasioni ho ricevuto apprezzamento e sostegno anche da esponenti del Pd. Chi mi ha sempre sostenuto per la qualità dei contenuti scientifici e ambientali è stato il ministro Martina. Quando ho fatto le puntate sull’agricoltura ha espresso apprezzamenti. Ma qui non si è fatto vivo nessuno, neppure la cosiddetta “sinistra ambientalista” che pur di non andare controvento infila la testa sotto la sabbia.

Daria Bignardi l’ha chiamata?
Non ho mai parlato con la nuova direttrice. Mai ricevuto una telefonata, una mail, una richiesta di colloquio. Niente di niente di niente. Su un tema di attualità come i problemi ambientali mi sarei premurato di fare un confronto con chi li ha trattati fino al giorno prima. E’ questa superbia che non capisco. Si fa della tv pubblica quel che si fa nella politica. Spoil System: il programma l’aveva deciso Vianello, lei è arrivata a febbraio e basta, non è un figlio suo.

Altro da tagliare?
Ormai siamo arrivati al fondo. Non c’è molto altro.
camillobenso
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TIC, ..TAC,---- TIC,...TAC. LA BOMBA STA PER ESPLODERE.





9 AGO 2016 15:58
MILANO TENDOPOLI

- BEPPE SALA TEME ONDATA DI MIGRANTI: CHIUSE LE FRONTIERE DI CHIASSO E VENTIMIGLIA, TUTTI ALL’OMBRA DELLA MADUNINA


- SONO 3.300 SENZA UN TETTO,


- LO SCONTRO CON MARONI: “NON SONO PROFUGHI, MA CLANDESTINI. VANNO ESPULSI”, MA NESSUNO SE LI PRENDE




ESPULSI DOVE???????

PERCHE' MARONI QUOR DI CONIGLIO NON PROPONE DI GASIFICARLI????

NON FA' PRIMA??????

HA PAURA DI ESSERE PARAGONATO A HIMMLER?????????



di ZITA DAZZI PER “REPUBBLICA.IT”


l sindaco di Milano Beppe Sala sta valutando col prefetto Alessandro Marangoni l'ipotesi di fare una nuova tendopoli per ospitare i migranti, in una città che continua a essere in piena emergenza per i costanti arrivi dal Sud, ma anche dalle frontiere chiuse di Como (per i quali, nonostante l'impegno, non è ancora stata trovata una struttura) e Ventimiglia.


Sala lo ha confermato a margine di una conferenza stampa a Turro, spiegando che "da Como e Ventimiglia c'è un reflusso continuo di migranti verso Milano, stiamo monitorando col prefetto la situazione e non è escluso che si valuti la soluzione tende, c'è questa possibilità perché obiettivamente di altri spazi in tempi rapidi non ce ne sono. Ho insistito col ministro Pinotti per lavorare sulle ex caserme dove ci sono elementi di sicurezza e sono spazi vuoti molto grandi".

I numeri dell'emergenza. Nel fine settimana il Comune ha dovuto allestire altri 200 posti letto nei centri d'accoglienza che già ospitano oltre 1.700 persone, a cui si sommano le atre strutture dello Sprar per un totale di oltre 3.300 rifugiati presenti nel capoluogo lombardo. Numeri mai visti anche nelle scorse estati.
sala al pranzo per i senzatetto organizzato dai city angels a milano 3


“Bisogna gestire un'emergenza che è strutturale ed europea. - dice il sindaco - Siamo a 3.300 migranti nella sola Milano e mi diceva il prefetto che sono pronti altri spazi. Continuo a non capire l'opposizione del presidente della Regione Roberto Maroni all'uso dell'ex campo base di Expo per ospitare i migranti, ma credo che da settembre lo potremo utilizzare nonostante la sua contrarietà. Non c'è alternativa e sono in continuo collegamento con Roma e col governo per tenere sotto controlla la situazione, vista la chiusura delle frontiere che provoca ricadute forti sulla città di Milano".


La replica di Maroni non si fa attendere, il governatore lombardo replica su Twitter "Sulla questione immigrati il governo Renzi è allo sbando" e aggiunge, riferendosi alla situazione di Como, che "questi non sono profughi, ma clandestini. Vanno espulsi".


Via Sammartini al collasso. Da settimane ormai la pressione è fortissima su Milano con l'hub di prima accoglienza della Stazione Centrale, in fondo a via Sammartini, che ospita fino a 400 persone a notte, pur avendo solo 150 posti. Molti migranti quindi si riversano in strada e dormono nei giardini. Mobilitati tutti gli enti del terzo settore e anche la Comunità ebraica che ospita 70 rifugiati a notte nel Memoriale della Shoà di via Ferrante Aporti, alle spalle della stazione.


De Corato: "Milano è già una tendopoli". "Dal centrodestra partono le polemiche dopo le parole di Sala e il riferimento al possibile uso delle tende per ospitare i migranti. Per Riccardo De Corato, consigliere regionale di FdI, "Milano è già una tendopoli e Sala, non sapendo come affrontare la situazione ha tirato fuori dal cilindro l'idea di posizionare altre strutture, come queste ultime, per ospitare i cosidetti migranti che poi sarebbero clandestini. Come se Milano non ne avesse centinaia posizionate dappertutto, da via Corelli all'aeroporto di Bresso, alla Stazione Centrale e alle centinaia disseminate in tutta la citta in stabili abbandonati , in parchi e aree verdi".


Lega e Forza Italia: "Renzi intervenga". Sulla stessa lunghezza d'onda il deputato di Forza Italia Luca Sueri per il quale "l'emergenza migranti sta assumendo i contorni di un disastro: migliaia di persone stipate in centri d'accoglienza allo stremo, con la sinistra che continua a smistare clandestini qua e là, forzando la mano ai comuni dell'hinterland.


E ora il sindaco se ne esce con la 'brillante' idea di trasformare la città in una tendopoli. Una follia che è lo specchio dell'irresponsabilità del governo". Toni decisi anche dall'onorevole Paolo Grimoldi della Lega che chiede a Renzi "di intervenire subito per liberare Milano invasa da 3.300 clandestini" e aggiunge che "non si può trasformare, come dice Sala, la città in una tendopoli".


MA AL GOVERNO NON CI SONO GLI ILLUMINATI, MATTEO QUINDICIPALLE MUSSOLONI E ALGERINO ALFANO & ROMINA???????????
camillobenso
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CRONACA DI GIORNI DI GUERRA






Chiusi tutti i confini con l'Italia: Milano invasa da 3300 migranti
Tutte bloccate le chiuse le rotte che portano al Nord Europa. Milano è al collasso: oltre 3.300 i migranti è al collasso. E il governo non muove un dito


Andrea Indini - Mar, 09/08/2016 - 10:11
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L'Italia non riesce più a gestire l'emergenza. Gli sbarchi sulle coste del Sud continuano a ritmi inesorabili. E la carovana di migranti non riesce ad andare oltre l'Italia perché tutte le frontiere sono state chiuse.




Emergenza anche a Como: in centinaia alla frontiera

Rovina di una città che viveva di turismo e fiori
Lo è quella francese a Ventimiglia dove da settimane sono rimasti bloccati centinaia di africani. Lo è pure quella svizzera a Chiasso dove i richiedenti asilo bivaccano in stazione in attesa di ottenere il foglio di via per poter partire verso il Nord Europa. E lo è quella austriaca al Brennero dove le barriere di cemento non permettono nemmeno a una persona di passare. In questo gioco al massacro, migliaia di disperati stanno convogliando su Milano. E lì rimangono, in una situazione che è ormai al collasso.

"Nelle ultime due notti lo sforzo di accoglienza a cui siamo stati costretti all’hub di via Sammartini ha raggiunto livelli mai visti prima. Vi chiediamo un impegno ulteriore", recita una mail dell'assessorato ai Servizi sociali. Il Comune di Milano ha chiesto a tutte le associazioni che gestiscono l'emergenza immigrazione di fare di più di quanto non abbiano fatto finora. In città stazionano almeno 3.300 immigrati. Per non farli bivaccare in giro sono state aperto due strutture temporanee a Bruzzano e a Quarto Oggiaro dopo che nell'hub di via Sammartini, a due passi dalla stazione Centrale, erano già state accolte oltre 400 persone (guarda la gallery). Nelle ultime settimane tutte le rotte che li avrebbero dovuti portare nei Paesi del Nord Europa sono state chiuse. La stazione di Como è in piena emergenza da almeno tre settimane. Qui sono rimasti bloccati almeno 500 immigrati da quando la polizia di frontiera di Chiasso ha decisono che nemmeno i minorenni possono passare.

Sempre più immigrati finiscono così per chiedere asilo. in Italia. Come riporta la Stampa, "nel 2014 lo 0,3% dei migranti aveva come destinazione finale l’Italia, nel 2015 la percentuale è cresciuta al 4,8% mentre oggi siamo al 49,3%, uno su due. Così i tempi si allungano - sui legge nel report - nel 2015 la permanenza media nelle strutture di accoglienza cittadine era di 6 giorni, oggi è di 20". Milano è sicuramente la città più penalizzata del Paese. Oltre agli immigrati che continuano ad arrivare, il governo la obbliga ad accogliere altri richiedenti asilo che sono stati riassegnati dai centri di altre regioni. "Non sono profughi - ha messo in chiaro il governatore Roberto Maroni - ma clandestini che vanno rimandati a casa". Ma di rimandarli tutti a casa il ministro dell'Interno Angelino Alfano proprio non vuol sentir parlare. E così i disperati che si aggirano per il capoluogo lombardo continuano ad aumentare, giorno dopo giorno.
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LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA




IL FASCISMO DEL TERZO MILLENNIO.
E QUALCUNO HA ANCORA IL CORAGGIO DI VOTARE A OTTOBRE, LA LEGGE ACERBO 2.0, PER TENTARE DI UFFICIALIZZARE IL NUOVO FASCIO.





Boschi fischiata e felice La Rai oscura tutto per compiacere il capo

Da Banca Etruria agli studenti, continuano le contestazioni ma la tv pubblica non lo dice


Giuseppe Marino - Mer, 10/08/2016 - 07:59
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Roma - Una Maria Elena Boschi sorridente, scortata da militanti Pd, illuminata dai flash dei fotografi.


È l'immagine a tg unificati andata in onda negli ultimi giorni. Del resto anche prima delle ultime nomine, che siano epurazioni o meno, di rado l'informazione Rai ha dato fastidio al ministro più in vista del governo Renzi. Ma gettare la croce sulle spalle dei colleghi della tv di Stato sarebbe iniquo. Perché in realtà lo scudo dei media intorno alla Boschi è molto più ampio.

Il ministro è da mesi impegnato in una campagna di incontri e interventi per portare acqua al mulino del referendum-ordalia voluto dal suo governo. Ieri ha anche propalato la singolare tesi costituzionale che «chi propone di votare no al referendum e buttare via due anni di lavoro in Parlamento, vuol dire che non rispetta il lavoro fatto dal Parlamento», salvo poi innestare una affannata retromarcia.

Quasi sempre si tratta di apparizioni protette, con pubblico simpatizzante. O pre-addomesticato, come nello scorso marzo all'università La Sapienza di Roma, dove gli studenti ammessi al cospetto di Madonna Boschi erano stati selezionati e perfino le domande filtrate in precedenza. Nel volantino che annunciava l'iniziativa era specificato che gli interessati dovevano preventivamente inviare via mail alla presidenza della facoltà di Economia la domanda e due alternative. I fortunati ammessi all'incontro avrebbero poi ricevuto una mail di conferma. Un vero inno alla libertà accademica, una lectio magistralis di democrazia. E nonostante questo, un gruppo di contestatori si era presentato, opportunamente tenuto alla larga dalle forze dell'ordine, ovvio.

Le contestazioni contro Maria Elena Boschi in realtà sono praticamente un appuntamento fisso, soprattutto da quando è scoppiato lo scandalo di famiglia legato a Banca Etruria. Ma sulla quasi totalità dei mezzi di informazione non se ne trova traccia. Come nell'ultimo caso, alla Festa dell'Unità regionale a Santomato, vicino Pistoia, e non lontano anche dalle case dei risparmiatori traditi da Boschi e compagni. E infatti una piccola ma rumorosa delegazione si è presentata alla festa del partito con striscioni e urlando «Vergogna» e «Ladri, ladri». Le telecamere e i fotografi però hanno guardato da un'altra parte. Lei, dal palco, ha irriso con condiscendenza i manifestanti: «Chi contesta è qui perché non sa dove andare, perché solo il Pd ha appuntamenti come questi». Contestazioni simili in precedenza si sono ripetute puntualmente a Reggio Emilia, a Piombino, al lago d'Iseo e a Napoli. Spazio su tg e giornaloni? Zero. Per trovarne notizia per fortuna c'è Google. Incredibilmente anche le agenzie di stampa glissano sull'argomento. Del resto in ballo ci sono i contratti con Palazzo Chigi che le tengono in piedi. E con il ddl editoria Renzi si prepara ad accentrare nelle sue mani anche i fondi per i giornali in crisi. Chi scrive è perduto.
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CRONACA DI GIORNI DI GUERRA



L'ITALIETTA NON FINIRA' MAI.

NEL GIORNO IN CUI BAGNAI RENDE NOTO CHE I NUMERI DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE CORRISPONDONO A UN DISASTRO CHE NON HA PRECEDENTI.

NEL GIORNO IN CUI I MEDIA SOSTITUISCONO MUSSOLONI NEL METTERE AL CORRENTE CHE L'ITALIA E' IN GUERRA, ALCUNI SETTORI DELL'ITALIETTA, PER DISTRARRE L'ATTENZIONE DELL'OPINIONE PUBBLICA, SI OCCUPANO DELLA SATIRA SULLE COSCE DELLA BOSCHI.




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Boschi, cosce e altre ragioni per indignarsi
di Stefano Feltri | 10 agosto 2016
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Nel torpore d’agosto che a tratti contagia anche i social network, si accende una fiammata di indignazione. La scatena la vignetta che ha pubblicato oggi in prima pagina Il Fatto Quotidiano, un disegno di Riccardo Mannelli: c’è Maria Elena Boschi che parla, si immagina a una festa dell’Unità o in un comitato del “Sì”, e una frase a commento: “Riforme – lo stato delle cos(c)e”.

Le vignette di solito non si spiegano, a volte il senso è proprio nell’ambivalenza o nel paradosso, ma faccio un tentativo. Mannelli, per come la vedo io, gioca sul fatto che vista la scarsa capacità della Boschi di argomentare la propria riforma, in quei dibattiti molti spettatori finiscono per concentrarsi più sullo stato delle cosce che sullo stato delle cose. Dinamica che, a giudicare dai commenti che ho sentito in un paio di interventi pubblici della Boschi, non esiste soltanto nella testa di Mannelli.


Una vignetta sessista? Forse, ma se la mia interpretazione è corretta – ovviamente ognuno può dare la sua – il tema non sono tanto le cosce della Boschi quanto le reazioni degli spettatori ai suoi comizi. Ma poco importa.

Quello che mi lascia perplesso è la scelta delle ragioni per cui indignarsi su Facebook o Twitter. Mi spiego. In quella prima pagina del Fatto ci sono vari elementi: a cominciare dal titolo, sempre dedicato al ministro Boschi che, in un incontro, ha sostenuto che chi vota No alle riforma costituzionale “non rispetta il lavoro del Parlamento”. Qualcuno si indigna per un ministro che auspica un referendum in cui si possa soltanto votare Sì, o l’indignazione è lecita solo perché Mannelli ha osato disegnare le sue gambe?

Altre notizie sulla prima pagina: la Rai congeda un’altra voce sgradita al governo, il meteorologo Luca Mercalli. Certo, magari è una coincidenza che il Pd lo abbia criticato, magari è davvero una scelta editoriale, magari è davvero una questione di ascolti (in effetti Matteo Renzi aveva commentato gli ascolti di Ballarò e poi Ballarò ha chiuso). Ma qualcuno magari potrebbe trovare spunto di indignazione o almeno di inquietudine anche qui. E in effetti sui social e su Change.org un po’ di polemica c’è.

Sempre sulla famosa prima pagina delle cosce, c’è un articolo sui genitori che aiutano i propri figli a doparsi per vincere le gare di ciclismo, a 12 anni o poco più, firmato da Cecilia Sala.

E poi il racconto da Aleppo, in Siria, di un giornalista di Al Jazeera che non riesce più a leggere le notizie su quella città devastata dalla guerra e da un assedio infinito senza mettersi a piangere in diretta: “Non c’è più energia elettrica e l’acqua è carente a causa dei pozzi colpiti e danneggiati. E’ necessario un intervento umanitario immediato per ridare ossigeno alla popolazione”, dice Milad Fadel a Pierfrancesco Curzi.

Ma, certo, è per le cosce della Boschi e soltanto per quelle che bisogna indignarsi.

Non so se fosse il suo scopo, ma il disegno di Mannelli ha almeno evidenziato questa sensibilità selettiva che dice molto sulle priorità nel dibattito pubblico italiano.

Ps. La dichiarazione del deputato Pd Michele Anzaldi, uno che sembra avere molto tempo per leggere giornali e guardare talk show, proprio non l’ho capita: “Mi aspetto che non vi siano due pesi e due misure: per un titolo sbagliato per una volta su un giornale c’è il licenziamento e per un Fatto Quotidiano che ripete attacchi tutti i giorni non vi è nessuna ripercussione”. Incita alla rivolta? Al licenziamento di Mannelli? Allo sciopero delle edicole? In Rai i suoi suggerimenti sembrano prenderli sul serio. Ma non tutti i posti sono così sensibili agli umori della politica come la Rai…
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CRONACA DI GIORNI DI GUERRA



LA TRAGICOMICA COMMEDIA ALL'ITALIANA



11 AGO 2016 12:38
L’ISIS E’ ALLA FRUTTA: IN UN VIDEO DI PROPAGANDA MINACCIA RENZI E IL POVERO MATTARELLA ACCUSANDOLI DI ESSERE “CROCIATI”

- MA SONO DUE VECCHI SCUDO-CROCIATI, SENZA ALCUN PESO INTERNAZIONALE! E DELLA MUMMIA SICULA PERSINO GLI ITALIANI HANNO PERSO LE TRACCE: DOVE È FINITO?



Marta Serafini per il “Corriere della Sera”


L' Italia sempre più al centro della propaganda di Isis.

Due i filmati, uno proveniente da una divisione media libica del sedicente Stato Islamico in cui, a fianco di Obama, Putin e Kerry, compaiono il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e il primo ministro Matteo Renzi.

Poi un secondo, più recente, proveniente dalla Siria, in cui appare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, come sottolineato anche da Il Foglio.

L' accusa, di essere crociati che sostengono il governo di Fayez Serraj.

E non mancano riferimenti al passato coloniale dell' Italia in Libia e al generale Graziani.

Non è la prima volta che l' Italia viene citata nei video del Califfato.

«Ma fin qui i riferimenti erano generici, si parlava di Roma. Ora vengono indicati precisi obiettivi come il Vaticano», sottolinea l' esperto di Islam politico Marco Arnaboldi.

Una coincidenza, ora che Isis è in difficoltà a Sirte?

«Assolutamente no».

Ma attenzione a metterla in relazione alla propaganda fabbricata ad hoc per i lupi solitari e per le reclute europee.

«In questi giorni stanno circolando anche molte immagini e messaggi destinati alla Spagna».
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