Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Inviato: 15/05/2013, 11:42
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Iospero , ci sei ?
Pdl, il caos calmo sotto Silvio Berlusconi: due partiti in uno, la guerra ad Alfano, l'insofferenza sul governo Letta.
Un autorevole pidiellino, presidente di commissione alla Camera, chiede l’anonimato per consegnare il suo sfogo: “Sa quale è la verità? Che noi stiamo peggio del Pd. La crisi della sinistra ha oscurato la nostra, che è più profonda, ma nelle prossime settimane questo sarà evidente. Berlusconi è appannato dai processi, il partito è in mano alle tribù, Alfano si fa gli affari suoi”. È il caos calmo, che si agita all’ombra della “grande persecuzione giudiziaria”. Perché quell’ergastolo politico (copyright del Giornale) chiesto da Ilda Boccassini, rischia di essere l’unica certezza, nella palude politica del governo Letta. Cui si aggiungeranno altre certezze, dal processo Unipol a quello napoletano sulla compravendita di senatori su cui Berlusconi è stato ascoltato a Roma stamattina.
Con ben settantasette primavere sulle spalle il Cavaliere si trova di fronte alla prospettiva di una fine subita, forse anche per non aver mai optato per una fine voluta, nel senso di un passo indietro. Raccontano che nella riunione fiume con i suoi avvocati oggi a palazzo Grazioli, l’ira funesta si è trasformata in rabbia fredda. Quella di chi non riesce a liberarsi della prigione che verrà a causa della prigione che c’è. Perché questo governo così viene vissuto da Berlusconi: un governo di nessuno, dove chi ha preso i voti, come lui e Bersani non c’è e non ci ha messo la faccia, che non ha un programma e pieno di allegri quarantenni pronti a “tradire”. O che forse lo hanno già fatto. Come mostra l’approccio a molti dossier: “Se pensano di cambiare subito la legge elettorale senza fare il resto – dice all’HuffPost Mariastella Gelmini – si sbagliano di grosso. La legge elettorale si fa in coda alle riforme istituzionali”.
Non è quello su cui è al lavoro Quagliariello, e nemmeno Alfano. Segno che il vero “doppio binario” è tra partito di lotta (nel senso di Berlusconi) e partito di governo (nel senso di Alfano”). Togliere il Porcellum, o disinnescare questo premio di maggioranza, significa infatti togliere l’ultimo vero scudo che ha il Cavaliere, tornare a palazzo Chigi con una legge che altera la rappresentanza reale. Paolo Sisto, neo eletto alla commissione Affari Costituzionali spiega: “Non è un fatto di manutenzione, come dice Letta. Se partiamo con l’idea di una manutenzione della legge elettorale, perdiamo tempo e non la facciamo. Prima le riforme”.
Distinguo, precisazioni, correzioni di rotta, dietro il grido di dolore sulla persecuzione giudiziaria, unico spartito su cui sono tutti d'accordo. Segno che il governo viene vissuto come una palude mediocre e democristiana: "Questo governo è un errore" è lo spiffero che trapela da Grazioli. E soprattutto è una specie di prigione perfetta. Ecco, nel corso della riunione con gli avvocati, Berlusconi sbotta: "Facciamo una nuova manifestazione contro i giudici, e per far capire che non mollo". Solo una mediazione infinita delle colombe fa rientrare, per ora, l'idea. Perché, se cade il governo, l’alternativa, prosegue il pidiellino di rango, è ancora peggiore: “Il problema è che, nonostante quello che possiamo urlare alla luna, non si riuscirà a votare. Se noi ci liberiamo le mani, uscendo dal governo, Napolitano si dimette, ci troviamo un altro capo dello Stato alla Rodotà o Prodi, e un governo con i grillini che vota l’ineleggibilità di Berlusconi mentre nelle procure passa l’interdizione”.
Ecco il dilemma che tormenta il vecchio leone, la cui indomabile indole di morire sul campo, piuttosto che morire in prigione (politica, s’intende) non è mai stata domata. Ma il campo è lontano. L’ex ministro Saverio Romano, adagiato su un divanetto in Transatlantico dice: “Questo governo non pacifica nulla, e quindi non porta benefici a Berlusconi. Il problema è che va trovato un modo di farlo cadere, ma senza lasciarci le impronte digitali noi. Altrimenti come si fa con Napolitano?”. Già, come si fa? Tutti quelli che circondano Berlusconi sanno, infatti, che per ora il suo comportamento prudente è contro natura, ma non durerà. È stato convinto a non partecipare a Quinta Colonna, perché il suo sfogo avrebbe terremotato il governo, ma, appena è rimasto solo nella sua stanza, ha chiamato Bruno Vespa: “Caro direttore, se l’invito è sempre valido, ho voglia di venire in trasmissione da te uno di questi giorni”. Una melodia per il conduttore avvezzo a questi colpi, come quando titolò lo sfogone post scandalo Noemi con un memorabile “Adesso parlo io”. E se c’è una certezza, è che, quando sarà, non si tratterrà a dispetto di tutti gli inviti alla prudenza: “Se lo conosco – dice Luca D’Alessandro – ogni volta che lo frenano, quando parla ci va più pesante di come ci sarebbe andato se lo avessero fatto parlare”.
Del resto la distribuzione delle presenze televisive parla chiaro. Da giorni volano i falchi, nei telegiornali e negli approfondimenti. Uscita da Otto e Mezzo, una gasatissima Danielà Santanchè viene raggiunta dalla telefonata del Cavaliere, che ha ritenuto geniale la sua tesi dell’ergastolo politico: “Daniela, sei stata da dieci a lode. In televisione ci devi andare tu, sei la migliore”. E su una linea “ostile” al governo è stata posizionata l’informazione Mediaset. Del Debbio ha aperto la sua trasmissioni spiegando che 77 giorni dopo le elezioni ancora non cala una tassa. E poco importa che al governo ci sia il Pdl. Ci si può stare facendo finta che non sia il proprio.
Il segno di forte insofferenza verso il governo è l’insofferenza verso Angelino Alfano. Avanza nel Pdl il partito di quelli che “Angelino si deve dimettere da segretario”. Perché la sua presenza riduce la libertà di manovra: “Se per dirne una ci saranno dei brogli alle amministrative – dice un oppositore interno a microfoni spenti – come fa a parlare allo stesso tempo da segretario del Pd e da ministro dell’Interno? Oltre che inopportuno il doppio ruolo è dannoso per noi”. Ma c’è anche una motivazione tutta interna nella richiesta di una rimozione soft chiesta non solo dai falchi Denis Verdini e Daniela Santanchè. Non è sfuggito che Angelino sul governo si è mosso come ai tempi delle primarie (e del primo grado di Mediset), cercando per il Pdl un ancoraggio che lo proietti nel dopo-Berlusconi. E non è sfuggito che altri big, come Gaetano Quaglieriello, hanno già iniziato le proprie riunioni di corrente per stare pronti di fronte alla frana del Capo. E chissà se è un caso che il Cavaliere si è messo a lavoro sull’ipotesi di una reggenza con altri big dentro al posto di Angelino, come Raffaele Fitto e Mariastella Gelmini. E nessuno del governo. Tutto però, se avverrà, avverrà dopo il 24 giugno, giorno della sentenza su Ruby. La data, forse, in cui il Cavaliere imporrà la logica della ragione di fronte all’ennesimo spettro della (o delle) prigioni.
http://www.huffingtonpost.it/2013/05/14 ... _ref=italy
Iospero , ci sei ?
Pdl, il caos calmo sotto Silvio Berlusconi: due partiti in uno, la guerra ad Alfano, l'insofferenza sul governo Letta.
Un autorevole pidiellino, presidente di commissione alla Camera, chiede l’anonimato per consegnare il suo sfogo: “Sa quale è la verità? Che noi stiamo peggio del Pd. La crisi della sinistra ha oscurato la nostra, che è più profonda, ma nelle prossime settimane questo sarà evidente. Berlusconi è appannato dai processi, il partito è in mano alle tribù, Alfano si fa gli affari suoi”. È il caos calmo, che si agita all’ombra della “grande persecuzione giudiziaria”. Perché quell’ergastolo politico (copyright del Giornale) chiesto da Ilda Boccassini, rischia di essere l’unica certezza, nella palude politica del governo Letta. Cui si aggiungeranno altre certezze, dal processo Unipol a quello napoletano sulla compravendita di senatori su cui Berlusconi è stato ascoltato a Roma stamattina.
Con ben settantasette primavere sulle spalle il Cavaliere si trova di fronte alla prospettiva di una fine subita, forse anche per non aver mai optato per una fine voluta, nel senso di un passo indietro. Raccontano che nella riunione fiume con i suoi avvocati oggi a palazzo Grazioli, l’ira funesta si è trasformata in rabbia fredda. Quella di chi non riesce a liberarsi della prigione che verrà a causa della prigione che c’è. Perché questo governo così viene vissuto da Berlusconi: un governo di nessuno, dove chi ha preso i voti, come lui e Bersani non c’è e non ci ha messo la faccia, che non ha un programma e pieno di allegri quarantenni pronti a “tradire”. O che forse lo hanno già fatto. Come mostra l’approccio a molti dossier: “Se pensano di cambiare subito la legge elettorale senza fare il resto – dice all’HuffPost Mariastella Gelmini – si sbagliano di grosso. La legge elettorale si fa in coda alle riforme istituzionali”.
Non è quello su cui è al lavoro Quagliariello, e nemmeno Alfano. Segno che il vero “doppio binario” è tra partito di lotta (nel senso di Berlusconi) e partito di governo (nel senso di Alfano”). Togliere il Porcellum, o disinnescare questo premio di maggioranza, significa infatti togliere l’ultimo vero scudo che ha il Cavaliere, tornare a palazzo Chigi con una legge che altera la rappresentanza reale. Paolo Sisto, neo eletto alla commissione Affari Costituzionali spiega: “Non è un fatto di manutenzione, come dice Letta. Se partiamo con l’idea di una manutenzione della legge elettorale, perdiamo tempo e non la facciamo. Prima le riforme”.
Distinguo, precisazioni, correzioni di rotta, dietro il grido di dolore sulla persecuzione giudiziaria, unico spartito su cui sono tutti d'accordo. Segno che il governo viene vissuto come una palude mediocre e democristiana: "Questo governo è un errore" è lo spiffero che trapela da Grazioli. E soprattutto è una specie di prigione perfetta. Ecco, nel corso della riunione con gli avvocati, Berlusconi sbotta: "Facciamo una nuova manifestazione contro i giudici, e per far capire che non mollo". Solo una mediazione infinita delle colombe fa rientrare, per ora, l'idea. Perché, se cade il governo, l’alternativa, prosegue il pidiellino di rango, è ancora peggiore: “Il problema è che, nonostante quello che possiamo urlare alla luna, non si riuscirà a votare. Se noi ci liberiamo le mani, uscendo dal governo, Napolitano si dimette, ci troviamo un altro capo dello Stato alla Rodotà o Prodi, e un governo con i grillini che vota l’ineleggibilità di Berlusconi mentre nelle procure passa l’interdizione”.
Ecco il dilemma che tormenta il vecchio leone, la cui indomabile indole di morire sul campo, piuttosto che morire in prigione (politica, s’intende) non è mai stata domata. Ma il campo è lontano. L’ex ministro Saverio Romano, adagiato su un divanetto in Transatlantico dice: “Questo governo non pacifica nulla, e quindi non porta benefici a Berlusconi. Il problema è che va trovato un modo di farlo cadere, ma senza lasciarci le impronte digitali noi. Altrimenti come si fa con Napolitano?”. Già, come si fa? Tutti quelli che circondano Berlusconi sanno, infatti, che per ora il suo comportamento prudente è contro natura, ma non durerà. È stato convinto a non partecipare a Quinta Colonna, perché il suo sfogo avrebbe terremotato il governo, ma, appena è rimasto solo nella sua stanza, ha chiamato Bruno Vespa: “Caro direttore, se l’invito è sempre valido, ho voglia di venire in trasmissione da te uno di questi giorni”. Una melodia per il conduttore avvezzo a questi colpi, come quando titolò lo sfogone post scandalo Noemi con un memorabile “Adesso parlo io”. E se c’è una certezza, è che, quando sarà, non si tratterrà a dispetto di tutti gli inviti alla prudenza: “Se lo conosco – dice Luca D’Alessandro – ogni volta che lo frenano, quando parla ci va più pesante di come ci sarebbe andato se lo avessero fatto parlare”.
Del resto la distribuzione delle presenze televisive parla chiaro. Da giorni volano i falchi, nei telegiornali e negli approfondimenti. Uscita da Otto e Mezzo, una gasatissima Danielà Santanchè viene raggiunta dalla telefonata del Cavaliere, che ha ritenuto geniale la sua tesi dell’ergastolo politico: “Daniela, sei stata da dieci a lode. In televisione ci devi andare tu, sei la migliore”. E su una linea “ostile” al governo è stata posizionata l’informazione Mediaset. Del Debbio ha aperto la sua trasmissioni spiegando che 77 giorni dopo le elezioni ancora non cala una tassa. E poco importa che al governo ci sia il Pdl. Ci si può stare facendo finta che non sia il proprio.
Il segno di forte insofferenza verso il governo è l’insofferenza verso Angelino Alfano. Avanza nel Pdl il partito di quelli che “Angelino si deve dimettere da segretario”. Perché la sua presenza riduce la libertà di manovra: “Se per dirne una ci saranno dei brogli alle amministrative – dice un oppositore interno a microfoni spenti – come fa a parlare allo stesso tempo da segretario del Pd e da ministro dell’Interno? Oltre che inopportuno il doppio ruolo è dannoso per noi”. Ma c’è anche una motivazione tutta interna nella richiesta di una rimozione soft chiesta non solo dai falchi Denis Verdini e Daniela Santanchè. Non è sfuggito che Angelino sul governo si è mosso come ai tempi delle primarie (e del primo grado di Mediset), cercando per il Pdl un ancoraggio che lo proietti nel dopo-Berlusconi. E non è sfuggito che altri big, come Gaetano Quaglieriello, hanno già iniziato le proprie riunioni di corrente per stare pronti di fronte alla frana del Capo. E chissà se è un caso che il Cavaliere si è messo a lavoro sull’ipotesi di una reggenza con altri big dentro al posto di Angelino, come Raffaele Fitto e Mariastella Gelmini. E nessuno del governo. Tutto però, se avverrà, avverrà dopo il 24 giugno, giorno della sentenza su Ruby. La data, forse, in cui il Cavaliere imporrà la logica della ragione di fronte all’ennesimo spettro della (o delle) prigioni.
http://www.huffingtonpost.it/2013/05/14 ... _ref=italy