Regionali 2015
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Re: Regionali 2015
ELEZIONI 2015
Elezioni regionali 2015: il Partitino della Nazioncina
di Marco Travaglio | 2 giugno 2015
1) Numeri. Calcolando le regioni vinte e quelle perse, non c’è dubbio che le elezioni le abbia vinte il Pd sul centrodestra 5-2, mentre i 5Stelle continuano a non governarne nessuna. Contando le regioni strappate agli avversari, c’è un perfetto equilibrio rispetto a cinque anni fa: 5 al Pd e 2 al centrodestra (con lo scambio incrociato Liguria-Campania). Quindi nessun effetto-Renzi, anzi: alle regionali del 2010 il Pd di Bersani fece molto meglio di lui, con 1 milione di voti in più (26% contro 25, e allora il centrosinistra non aveva ancora raso al suolo i suoi alleati, dall’Idv alle sinistre radicali). E il paragone con il risultato di un anno fa alle Europee è ancor più impietoso: il Renzi 2015 è la metà del Renzi 2014 quanto a percentuale (25 contro 40,8), e dimagrisce di 2 milioni di voti in un solo anno. Il che non vuol dire ancora né crisi né declino: ma è una bella spuntatina al crine di Sansone e alla fortuna di Gastone, un po’ meno bravo bravissimo e molto meno fortunatissimo in verità. Un bagno forzato di umiltà, un brusco ritorno sulla terraferma.
2) Governo. “Il governo non c’entra”, dicono il premier e i suoi. Sulla carta è vero: non si votava per Renzi (per la verità non si è mai votato per Renzi, salvo alle provinciali e alle comunali di Firenze). Ma nemmeno un anno fa, alle Europee: eppure lui si intestò quel trionfo come un premio al suo governo, che peraltro non aveva ancora fatto nulla, se non annunciare gli 80 euro. Ora, questa è la prima elezione dopo 16 mesi di governo; e il premier e i suoi ministri si sono spesi allo spasimo in campagna elettorale. Soprattutto per le due uniche candidate renziane: la Paita, stesa da tal Toti, e la Moretti, asfaltata da Zaia. vincitori, invece, o rappresentano la vecchia “ditta” (Rossi in Toscana, Marini in Umbria, Ceriscioli nelle Marche), o hanno giocato e vinto da soli (Vincenzo De Luca in Campania e Michele Emiliano in Puglia).
3) Conseguenze. Nel 2000 il centrosinistra perse in 8 regioni su 15 e il premier D’Alema si dimise all’istante. Ora la situazione è diversa, ed è una sciocchezza chiedere le dimissioni del governo. Ma anche dire che non cambia nulla. Intanto gli italiani avvertono il premier che non sono soddisfatti del suo primo anno a Palazzo Chigi, tutto chiacchiere e distintivo. Eppoi l’arroganza dell’uomo solo al comando non paga, anzi spaventa. Tantopiù se un elettore su due non va a votare: in Spagna vince Podemos, in Italia trionfa Astenemos. Con che faccia Renzi riforma da solo la legge elettorale, lo Statuto dei lavoratori, la scuola, financo la Costituzione col 25% dei votanti, pari al 13 dei cittadini attivi? Chi rappresenta poco più di un italiano su 10 non può comportarsi come l’idolo delle masse.
4) Paradossi. Renzi perde nelle due regioni dove più avrebbe voluto vincere, mentre strappa alla destra l’unica regione che le avrebbe volentieri lasciato: la Campania. Lì ora gli tocca dichiarare decaduto De Luca e spiegare perché mai ha candidato e sostenuto uno che non può governare, avviando una battaglia di carte bollate destinata a screditare più Matteo che don Vincenzo. La classica vittoria di Pirro, anzi di pirla.
5) Alibi. Anziché fare autocritica sui candidati sbagliati in Liguria, Veneto e Campania e sull’agenda sballata del governo, Renzi e il suo politburo battono il mea culpa sul petto degli altri: i soliti “gufi e masochisti” della sinistra che gli avrebbero rubato la Liguria. Se questi gaglioffi sapessero far di conto, scoprirebbero che Toti ha staccato la Paita di 7 punti, mentre di suo Pastorino ha portato a casa il 4% (il resto è di Tsipras, che si sarebbe presentato comunque). E poi: se il Pd passa dal 40,8 al 25 su scala nazionale, tallonato in molte regioni e città dai 5Stelle, e perde 2 milioni di voti in un anno, sarà mica colpa dei 62 mila elettori di Pastorino? Forse la colpa è di un partito che ha smarrito la vecchia identità, senza costruirsene una nuova, e anzi mettendo in fuga con le scelte di governo pezzi del suo blocco sociale (insegnanti, studenti, lavoratori, sindacalisti, società civile sensibile alla legalità). E poi: se davvero la sconfitta in Liguria fosse colpa di Pastorino, dunque non conta, allora non varrebbe neppure la vittoria in Campania, che sarebbe merito di De Mita e delle liste impresentabili, senza i cui voti De Luca avrebbe perso con Caldoro. O De Mita e l’ex sputacchiere Barbato sono due architravi del “nuovo Pd”?
6) Partito della Nazione. Il sogno (o l’incubo) di un partitone centrista e postideologico tipo Dc, che si piazza al centro e catalizza voti da destra e sinistra, esiste solo nella fantasia malata di chi l’ha concepito. Gli elettori – a dispetto della pretesa giacobina di rieducarli, raddrizzando le gambe all’Italia tripolare uscita dalle urne del 2013 – continuano a dividersi in tre blocchi equivalenti: centrosinistra, centrodestra e incazzati grillini. Il che rende ancor più demenziale il premio di maggioranza dell’Italicum che regala il 55% della Camera alla prima lista, magari al di sotto del 30% dei voti validi (cioè del 15% degli elettori). E il record di astensionismo fa delle regioni l’istituzione più screditata e meno rappresentativa: la meno indicata per nominare i futuri senatori.
7) 5Stelle. A ridosso del Pd in diverse regioni e città, il M5S smentisce chi lo dava anzitempo per morto. Merito di alcuni suoi esponenti capaci di rendersi credibili dopo la ritirata mediatica di Grillo e Casaleggio. Ma anche merito del governo, che alimenta la speranza di qualcosa di radicalmente diverso. A lungo andare, però, vincere senza governare può stufare chi crede nel Movimento, che ora più che mai è a un bivio: porsi il problema delle alleanze, misurarsi con la difficile sfida dell’amministrazione e smentire la propaganda del “voto inutile”. Una sfida che potrebbe arrivare prima del previsto, se a Toti non bastassero 16 consiglieri su 30 e si rivotasse in Liguria e/o in Campania: un approccio sui contenuti con la sinistra landinian-civatian-cofferatiana pare l’unica strada.
8) Forza Lega. Salvini si aggiudica il derby con FI, ma senza B. non vincerebbe da nessuna parte, salvo il Veneto (dove però candidava il più rassicurante Zaia) e forse la Lombardia. FI, pur al suo minimo storico, si salva dall’estinzione: che, per un partito senza leader, senza idee, senza programmi e senza senso, è già un trionfo. Quindi Lega e FI sono condannate alle nozze o alla testimonianza. E quel che resta di B., che pure ha perso la supremazia a destra, avrà ottimi argomenti (numerici e finanziari) per contare ancora qualcosa al tavolo delle trattative con l’altro Matteo. Anche perché il suo cerchio magico ha vinto con Toti e ha rimesso in riga i nostalgici del Nazareno, Fitto e Verdini, che col dimagrimento di Renzi stanno – se possibile – peggio di B. Il quale potrà “investire” un volto più giovane e spendibile di lui (non è difficile: Mara Carfagna?) e sperare che intercetti su scala nazionale quegli elettori di centrodestra che non voterebbero mai nessuno dei due Matteo (modello Liguria).
9) Sinistra. È ancora un mondo senza leader: Civati è troppo debole, Cofferati troppo “ex”, Vendola è troppo screditato. Ma, se ne trovasse uno, se magari Landini si decidesse al grande passo, troverebbe un suo elettorato, in grado anche di ringalluzzire gli antirenziani rimasti nel Pd. Anch’essi sono in cerca di un leader che non puzzi di ditta e di muffa. Ma il loro peso contrattuale da oggi aumenta: col Pd sotto il 30%, un’eventuale scissione costringerebbe Renzi a porsi un problema finora inimmaginabile: il rischio di diventare il secondo partito alle elezioni politiche. Tantopiù che ora qualcuno potrebbe sfidare la sualeadership, smontando la famosa “mancanza di alternative” con un progetto neoulivista (intervista a Emiliano, pag. 10).
10) Informazione. Come sempre arroccati nei loro palazzi, spesso coincidenti con il Palazzo, i giornaloni avevano capito poco o nulla. Davano Renzi per imbattibile, gli accreditavano consensi oceanici grazie alle mirabolanti “riforme”, irridevano a chiunque non baciasse la sua sacra pantofola. E lui, poveretto, ci aveva creduto.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06 ... a/1741164/
Elezioni regionali 2015: il Partitino della Nazioncina
di Marco Travaglio | 2 giugno 2015
1) Numeri. Calcolando le regioni vinte e quelle perse, non c’è dubbio che le elezioni le abbia vinte il Pd sul centrodestra 5-2, mentre i 5Stelle continuano a non governarne nessuna. Contando le regioni strappate agli avversari, c’è un perfetto equilibrio rispetto a cinque anni fa: 5 al Pd e 2 al centrodestra (con lo scambio incrociato Liguria-Campania). Quindi nessun effetto-Renzi, anzi: alle regionali del 2010 il Pd di Bersani fece molto meglio di lui, con 1 milione di voti in più (26% contro 25, e allora il centrosinistra non aveva ancora raso al suolo i suoi alleati, dall’Idv alle sinistre radicali). E il paragone con il risultato di un anno fa alle Europee è ancor più impietoso: il Renzi 2015 è la metà del Renzi 2014 quanto a percentuale (25 contro 40,8), e dimagrisce di 2 milioni di voti in un solo anno. Il che non vuol dire ancora né crisi né declino: ma è una bella spuntatina al crine di Sansone e alla fortuna di Gastone, un po’ meno bravo bravissimo e molto meno fortunatissimo in verità. Un bagno forzato di umiltà, un brusco ritorno sulla terraferma.
2) Governo. “Il governo non c’entra”, dicono il premier e i suoi. Sulla carta è vero: non si votava per Renzi (per la verità non si è mai votato per Renzi, salvo alle provinciali e alle comunali di Firenze). Ma nemmeno un anno fa, alle Europee: eppure lui si intestò quel trionfo come un premio al suo governo, che peraltro non aveva ancora fatto nulla, se non annunciare gli 80 euro. Ora, questa è la prima elezione dopo 16 mesi di governo; e il premier e i suoi ministri si sono spesi allo spasimo in campagna elettorale. Soprattutto per le due uniche candidate renziane: la Paita, stesa da tal Toti, e la Moretti, asfaltata da Zaia. vincitori, invece, o rappresentano la vecchia “ditta” (Rossi in Toscana, Marini in Umbria, Ceriscioli nelle Marche), o hanno giocato e vinto da soli (Vincenzo De Luca in Campania e Michele Emiliano in Puglia).
3) Conseguenze. Nel 2000 il centrosinistra perse in 8 regioni su 15 e il premier D’Alema si dimise all’istante. Ora la situazione è diversa, ed è una sciocchezza chiedere le dimissioni del governo. Ma anche dire che non cambia nulla. Intanto gli italiani avvertono il premier che non sono soddisfatti del suo primo anno a Palazzo Chigi, tutto chiacchiere e distintivo. Eppoi l’arroganza dell’uomo solo al comando non paga, anzi spaventa. Tantopiù se un elettore su due non va a votare: in Spagna vince Podemos, in Italia trionfa Astenemos. Con che faccia Renzi riforma da solo la legge elettorale, lo Statuto dei lavoratori, la scuola, financo la Costituzione col 25% dei votanti, pari al 13 dei cittadini attivi? Chi rappresenta poco più di un italiano su 10 non può comportarsi come l’idolo delle masse.
4) Paradossi. Renzi perde nelle due regioni dove più avrebbe voluto vincere, mentre strappa alla destra l’unica regione che le avrebbe volentieri lasciato: la Campania. Lì ora gli tocca dichiarare decaduto De Luca e spiegare perché mai ha candidato e sostenuto uno che non può governare, avviando una battaglia di carte bollate destinata a screditare più Matteo che don Vincenzo. La classica vittoria di Pirro, anzi di pirla.
5) Alibi. Anziché fare autocritica sui candidati sbagliati in Liguria, Veneto e Campania e sull’agenda sballata del governo, Renzi e il suo politburo battono il mea culpa sul petto degli altri: i soliti “gufi e masochisti” della sinistra che gli avrebbero rubato la Liguria. Se questi gaglioffi sapessero far di conto, scoprirebbero che Toti ha staccato la Paita di 7 punti, mentre di suo Pastorino ha portato a casa il 4% (il resto è di Tsipras, che si sarebbe presentato comunque). E poi: se il Pd passa dal 40,8 al 25 su scala nazionale, tallonato in molte regioni e città dai 5Stelle, e perde 2 milioni di voti in un anno, sarà mica colpa dei 62 mila elettori di Pastorino? Forse la colpa è di un partito che ha smarrito la vecchia identità, senza costruirsene una nuova, e anzi mettendo in fuga con le scelte di governo pezzi del suo blocco sociale (insegnanti, studenti, lavoratori, sindacalisti, società civile sensibile alla legalità). E poi: se davvero la sconfitta in Liguria fosse colpa di Pastorino, dunque non conta, allora non varrebbe neppure la vittoria in Campania, che sarebbe merito di De Mita e delle liste impresentabili, senza i cui voti De Luca avrebbe perso con Caldoro. O De Mita e l’ex sputacchiere Barbato sono due architravi del “nuovo Pd”?
6) Partito della Nazione. Il sogno (o l’incubo) di un partitone centrista e postideologico tipo Dc, che si piazza al centro e catalizza voti da destra e sinistra, esiste solo nella fantasia malata di chi l’ha concepito. Gli elettori – a dispetto della pretesa giacobina di rieducarli, raddrizzando le gambe all’Italia tripolare uscita dalle urne del 2013 – continuano a dividersi in tre blocchi equivalenti: centrosinistra, centrodestra e incazzati grillini. Il che rende ancor più demenziale il premio di maggioranza dell’Italicum che regala il 55% della Camera alla prima lista, magari al di sotto del 30% dei voti validi (cioè del 15% degli elettori). E il record di astensionismo fa delle regioni l’istituzione più screditata e meno rappresentativa: la meno indicata per nominare i futuri senatori.
7) 5Stelle. A ridosso del Pd in diverse regioni e città, il M5S smentisce chi lo dava anzitempo per morto. Merito di alcuni suoi esponenti capaci di rendersi credibili dopo la ritirata mediatica di Grillo e Casaleggio. Ma anche merito del governo, che alimenta la speranza di qualcosa di radicalmente diverso. A lungo andare, però, vincere senza governare può stufare chi crede nel Movimento, che ora più che mai è a un bivio: porsi il problema delle alleanze, misurarsi con la difficile sfida dell’amministrazione e smentire la propaganda del “voto inutile”. Una sfida che potrebbe arrivare prima del previsto, se a Toti non bastassero 16 consiglieri su 30 e si rivotasse in Liguria e/o in Campania: un approccio sui contenuti con la sinistra landinian-civatian-cofferatiana pare l’unica strada.
8) Forza Lega. Salvini si aggiudica il derby con FI, ma senza B. non vincerebbe da nessuna parte, salvo il Veneto (dove però candidava il più rassicurante Zaia) e forse la Lombardia. FI, pur al suo minimo storico, si salva dall’estinzione: che, per un partito senza leader, senza idee, senza programmi e senza senso, è già un trionfo. Quindi Lega e FI sono condannate alle nozze o alla testimonianza. E quel che resta di B., che pure ha perso la supremazia a destra, avrà ottimi argomenti (numerici e finanziari) per contare ancora qualcosa al tavolo delle trattative con l’altro Matteo. Anche perché il suo cerchio magico ha vinto con Toti e ha rimesso in riga i nostalgici del Nazareno, Fitto e Verdini, che col dimagrimento di Renzi stanno – se possibile – peggio di B. Il quale potrà “investire” un volto più giovane e spendibile di lui (non è difficile: Mara Carfagna?) e sperare che intercetti su scala nazionale quegli elettori di centrodestra che non voterebbero mai nessuno dei due Matteo (modello Liguria).
9) Sinistra. È ancora un mondo senza leader: Civati è troppo debole, Cofferati troppo “ex”, Vendola è troppo screditato. Ma, se ne trovasse uno, se magari Landini si decidesse al grande passo, troverebbe un suo elettorato, in grado anche di ringalluzzire gli antirenziani rimasti nel Pd. Anch’essi sono in cerca di un leader che non puzzi di ditta e di muffa. Ma il loro peso contrattuale da oggi aumenta: col Pd sotto il 30%, un’eventuale scissione costringerebbe Renzi a porsi un problema finora inimmaginabile: il rischio di diventare il secondo partito alle elezioni politiche. Tantopiù che ora qualcuno potrebbe sfidare la sualeadership, smontando la famosa “mancanza di alternative” con un progetto neoulivista (intervista a Emiliano, pag. 10).
10) Informazione. Come sempre arroccati nei loro palazzi, spesso coincidenti con il Palazzo, i giornaloni avevano capito poco o nulla. Davano Renzi per imbattibile, gli accreditavano consensi oceanici grazie alle mirabolanti “riforme”, irridevano a chiunque non baciasse la sua sacra pantofola. E lui, poveretto, ci aveva creduto.
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Re: Regionali 2015
Impresentabili, anche De Luca nella lista Antimafia: 4 in Puglia, 12 in Campania
Il candidato del centrosinistra in Campania, sulla cui candidatura pende la spada di Damocle della legge Severino: "Denuncio la Bindi per diffamazione". C'è anche Sandra Lonardo, moglie dell'ex ministro Clemente Mastella. "Sono stati inseriti nelle liste - ha spiegato la presidente della Commissione Bindi - perché portano voti, forse proprio perché sono impresentabili". Il premier minimizzava: "Dibattito lontano dalla realtà". Caldoro chiede un passo indietro al suo candidato
di F. Q. | 29 maggio 2015
Renzi che nei giorni scorsi prevedeva all’unisono con il vicesegretario Lorenzo Guerini: “Nessuno del Pd tra gli impresentabili”. “Mai visto dibattito così autoreferenziale e lontano dalla realtà – scriveva il premier nella sua Enews – nessuno di loro verrà eletto”. “Denuncio la Bindi per diffamazione“, la prima reazione di De Luca, che sfida la presidente della commissione Antimafia a “un dibattito pubblico per sbugiardarla”, fanno sapere dal suo staff
Video + Articolo
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05 ... a/1729386/
Il candidato del centrosinistra in Campania, sulla cui candidatura pende la spada di Damocle della legge Severino: "Denuncio la Bindi per diffamazione". C'è anche Sandra Lonardo, moglie dell'ex ministro Clemente Mastella. "Sono stati inseriti nelle liste - ha spiegato la presidente della Commissione Bindi - perché portano voti, forse proprio perché sono impresentabili". Il premier minimizzava: "Dibattito lontano dalla realtà". Caldoro chiede un passo indietro al suo candidato
di F. Q. | 29 maggio 2015
Renzi che nei giorni scorsi prevedeva all’unisono con il vicesegretario Lorenzo Guerini: “Nessuno del Pd tra gli impresentabili”. “Mai visto dibattito così autoreferenziale e lontano dalla realtà – scriveva il premier nella sua Enews – nessuno di loro verrà eletto”. “Denuncio la Bindi per diffamazione“, la prima reazione di De Luca, che sfida la presidente della commissione Antimafia a “un dibattito pubblico per sbugiardarla”, fanno sapere dal suo staff
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Re: Regionali 2015
http://www.beppegrillo.it/la_cosa/2015/ ... e-di-roma/
4 giugno. Altre 44 persone sono state arrestate. L’accusa è di aver contribuito a creare un business sui flussi migratori e i campi di accoglienza: Tra gli arresti ci sono diversi esponenti del Partito Democratico e di altre forze politiche, salvo il M5S, che ne esce ancora una volta pulito. Per questo, i nostri cittadini portavoce in Parlamento e al Comune svolgeranno oggi, alle 15:00, una conferenza stampa presso la sala stampa della Camera dei deputati. Saranno presenti Luigi Di Maio, Roberta Lombardi, Paola Taverna e una rappresentanza del gruppo consiliare romano – Guarda l’intervento di Luigi Di Maio M5S
Ciao
Paolo11
4 giugno. Altre 44 persone sono state arrestate. L’accusa è di aver contribuito a creare un business sui flussi migratori e i campi di accoglienza: Tra gli arresti ci sono diversi esponenti del Partito Democratico e di altre forze politiche, salvo il M5S, che ne esce ancora una volta pulito. Per questo, i nostri cittadini portavoce in Parlamento e al Comune svolgeranno oggi, alle 15:00, una conferenza stampa presso la sala stampa della Camera dei deputati. Saranno presenti Luigi Di Maio, Roberta Lombardi, Paola Taverna e una rappresentanza del gruppo consiliare romano – Guarda l’intervento di Luigi Di Maio M5S
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Re: Regionali 2015
Piglio da capobastone della Camorra. Lo avrà sottomesso??????
Legge Severino, De Luca entra a Palazzo Chigi: “Incontro con Renzi? Non rispondo”
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2015/06/ ... do/380494/
Il neo presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca (Pd), entra a Palazzo Chigi dal retro. Il cronista de ilfattoquotidiano.it lo intercetta: “Giornata importante presidente De Luca? Incontro con Renzi?”, ma il governatore non risponde. L’incontro è durato un’ora circa, il neogovernatore non ha rilasciato dichiarazioni all’uscita e si è allontanato da Palazzo Chigi a bordo di una berlina
di Manolo Lanaro
^^^^^^^
La vox populi personale
camillobenso • 34 minuti fa
Renzi...................Matteo......................personaggetto da svegliare..........
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Legge Severino, De Luca entra a Palazzo Chigi: “Incontro con Renzi? Non rispondo”
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2015/06/ ... do/380494/
Il neo presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca (Pd), entra a Palazzo Chigi dal retro. Il cronista de ilfattoquotidiano.it lo intercetta: “Giornata importante presidente De Luca? Incontro con Renzi?”, ma il governatore non risponde. L’incontro è durato un’ora circa, il neogovernatore non ha rilasciato dichiarazioni all’uscita e si è allontanato da Palazzo Chigi a bordo di una berlina
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camillobenso • 34 minuti fa
Renzi...................Matteo......................personaggetto da svegliare..........
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Re: Regionali 2015
De Luca, ministero Interno: “Presupposto per sospensione è la proclamazione”
Elezioni 2015
Il viceministro Bubbico: "Provvedimento dopo il primo consiglio regionale, quando potrà essere presentata la giunta". Intanto il neopresidente della Campania: "Farò il ricorso. Impresentabili? Grande imbecillità. I grillini sono specializzati in ricorsi. Metteremo sulla loro lapide: 'Presentarono mille ricorsi', è l'unica loro attività politica. Sono dibattiti epici su impresentabili, Severino, le palle e le pippe"
di F. Q. | 5 giugno 2015
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http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06 ... e/1749612/
Elezioni 2015
Il viceministro Bubbico: "Provvedimento dopo il primo consiglio regionale, quando potrà essere presentata la giunta". Intanto il neopresidente della Campania: "Farò il ricorso. Impresentabili? Grande imbecillità. I grillini sono specializzati in ricorsi. Metteremo sulla loro lapide: 'Presentarono mille ricorsi', è l'unica loro attività politica. Sono dibattiti epici su impresentabili, Severino, le palle e le pippe"
di F. Q. | 5 giugno 2015
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Re: Regionali 2015
Quando si è trattato di incontrare i sindacati, come aveva sparato per pubblicità, li ha poi dirottati al Nazareno. Con il capobastone si è intrattenuto un'ora a Palazzo Chigi.
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Re: Regionali 2015
Da oggi il renzismo non sta più tanto bene
Il premier ha sottovalutato il fuoco amico. Il Jobs Act ancora non produce effetti. La scuola nel caos. E la strada delle riforme si fa sempre più difficile
Secessione progressiva, incontrastata. Dalla partecipazione democratica.
Un italiano su due ha smesso di votare, ha rotto quell’esile patto che lo tiene legato alla rappresentanza istituzionale.
Si astiene. Per protesta, per sfiducia, per indifferenza.
Forma un partito silenzioso e maggioritario.
Ininfluente nelle scelte correnti, destinato tuttavia a condizionare il corso delle tornate elettorali.
Come domenica 31 maggio.
La secessione degli invisibili infatti scompensa i pesi nelle urne: pochi decidono per tutti.
È la regola: chi si assenta non conta nulla. Ma alla lunga, non può funzionare così.
Le liti in politica demotivano e la scarsa partecipazione impoverisce di molto la democrazia, sottolinea il presidente Mattarella.
I partiti amano poco affrontare il tema dell’astensionismo.
È lo specchio della loro inadeguatezza.
Ne parlano giusto un po’ tra la chiusura dei seggi e le prime proiezioni, appena il tempo necessario per intrattenere il pubblico televisivo.
E poi vai con chi ha vinto e chi ha perso.
A casa sono rimasti quasi 9 milioni di persone. Né il decisionismo di Renzi, né l’occupazione di ogni schermo televisivo da parte di Salvini, né le pizze di autofinanziamento dei 5 Stelle sono stati strumenti utili per frenare l’emorragia di votanti.
L’offerta politica - come dicono gli esperti di marketing - è insufficiente.
Le ultime due sono formazioni populiste in sintonia con gli umori neri serpeggianti in tutta Europa.
I 5 Stelle, sempre meno grillini, sempre più tele-presenti, non conquistano alcuna delle sette regioni in palio, ma si attestano su una media del 16 per cento.
Condizione invidiabile: non hanno responsabilità di nulla ma insediano una pattuglia di consiglieri per radicarsi localmente
. Sono pronti a raccogliere quei sentimenti di rabbia e di ribellione verso la politica “ufficiale”, ma la loro inconcludenza pratica li relega nella sfera del voto inutile.
Altro discorso per il fascio-leghismo del capo dalle cento felpe.
Salvini ha vinto il derby con Forza Italia e conduce verso una deriva sempre più estremista il centrodestra.
Sfrontatamente razzista, tesaurizza con cinismo le paure dei ceti più deboli, flirta con Marine Le Pen, vuole smantellare l’euro e l’Europa («È come l’Unione Sovietica»): interpreta l’esatto contrario di quella destra normale che l’Italia non ha mai avuto (ne ho scritto su “l’Espresso” n. 20). Secondo i calcoli dell’istituto Cattaneo di Bologna, la Lega è l’unico partito che guadagna voti in numeri assoluti rispetto alle politiche 2013 e alle europee 2014.
Li sottrae a Berlusconi senza riuscire ad ampliare il consenso in quell’area. Anzi, incentiva l’astensione. L’assenza insomma di una destra moderata e conservatrice rende traballante l’assetto istituzionale futuro.
IL PARTITO DEMOCRATICO, infine.
Renzi non ha vinto queste elezioni; la “non vittoria” non è paragonabile però a quella di Bersani due anni fa. Nel 2013 l’ex segretario consumò l’occasione storica di portare al governo dell’Italia il partito-ditta post-comunista.
Quell’esperienza è tramontata per sempre, nonostante i maldipancia delle correnti di minoranza.
La capacità di interdizione - e di far male al suo leader, considerato un usurpatore del partito - resta invece alta.
Se infatti Renzi avesse mantenuto la Liguria, avrebbe potuto dichiarare una vittoria netta. Deve accontentarsi di giocare alla playstation.
Godono le minoranze, resuscitate dalla irrilevanza cui erano state relegate negli ultimi mesi.
Il premier-segretario ha sottovalutato il fuoco amico.
Uomo solo al comando ha puntato su un populismo riformista per depotenziare i populismi dell’antipolitica grillina e leghista.
La formula non regge se non mette mano a quei provvedimenti in grado di dare davvero soldi, lavoro e sicurezza sociale. Gli 80 euro sono stati un grande spot, ma limitato all’anno scorso. Il Jobs Act non dà ancora frutti maturi. E sulla scuola la metà del caos già bastava per perder voti.
RALLENTARE sulla via delle riforme? Quella sì, sarebbe una sconfitta. Come scrive il “Wall Street Journal” deve continuare con la sua «ambiziosa agenda di riforme».
Ma il metodo fin qui adottato evidenzia una crisi con l’elettorato e dentro il suo stesso partito.
Punito in Liguria per una candidatura, nonostante le primarie, capace di lacerare il Pd oltre ogni aspettativa. Mortificato in Veneto, regione di cui la sinistra, passano gli anni, non riesce mai a cogliere la complessità. Per ora Renzi resta il leader. È il renzismo che non sta tanto bene.
Twitter @VicinanzaL
04 giugno 2015
http://espresso.repubblica.it/opinioni/ ... e-1.215534
Il premier ha sottovalutato il fuoco amico. Il Jobs Act ancora non produce effetti. La scuola nel caos. E la strada delle riforme si fa sempre più difficile
Secessione progressiva, incontrastata. Dalla partecipazione democratica.
Un italiano su due ha smesso di votare, ha rotto quell’esile patto che lo tiene legato alla rappresentanza istituzionale.
Si astiene. Per protesta, per sfiducia, per indifferenza.
Forma un partito silenzioso e maggioritario.
Ininfluente nelle scelte correnti, destinato tuttavia a condizionare il corso delle tornate elettorali.
Come domenica 31 maggio.
La secessione degli invisibili infatti scompensa i pesi nelle urne: pochi decidono per tutti.
È la regola: chi si assenta non conta nulla. Ma alla lunga, non può funzionare così.
Le liti in politica demotivano e la scarsa partecipazione impoverisce di molto la democrazia, sottolinea il presidente Mattarella.
I partiti amano poco affrontare il tema dell’astensionismo.
È lo specchio della loro inadeguatezza.
Ne parlano giusto un po’ tra la chiusura dei seggi e le prime proiezioni, appena il tempo necessario per intrattenere il pubblico televisivo.
E poi vai con chi ha vinto e chi ha perso.
A casa sono rimasti quasi 9 milioni di persone. Né il decisionismo di Renzi, né l’occupazione di ogni schermo televisivo da parte di Salvini, né le pizze di autofinanziamento dei 5 Stelle sono stati strumenti utili per frenare l’emorragia di votanti.
L’offerta politica - come dicono gli esperti di marketing - è insufficiente.
Le ultime due sono formazioni populiste in sintonia con gli umori neri serpeggianti in tutta Europa.
I 5 Stelle, sempre meno grillini, sempre più tele-presenti, non conquistano alcuna delle sette regioni in palio, ma si attestano su una media del 16 per cento.
Condizione invidiabile: non hanno responsabilità di nulla ma insediano una pattuglia di consiglieri per radicarsi localmente
. Sono pronti a raccogliere quei sentimenti di rabbia e di ribellione verso la politica “ufficiale”, ma la loro inconcludenza pratica li relega nella sfera del voto inutile.
Altro discorso per il fascio-leghismo del capo dalle cento felpe.
Salvini ha vinto il derby con Forza Italia e conduce verso una deriva sempre più estremista il centrodestra.
Sfrontatamente razzista, tesaurizza con cinismo le paure dei ceti più deboli, flirta con Marine Le Pen, vuole smantellare l’euro e l’Europa («È come l’Unione Sovietica»): interpreta l’esatto contrario di quella destra normale che l’Italia non ha mai avuto (ne ho scritto su “l’Espresso” n. 20). Secondo i calcoli dell’istituto Cattaneo di Bologna, la Lega è l’unico partito che guadagna voti in numeri assoluti rispetto alle politiche 2013 e alle europee 2014.
Li sottrae a Berlusconi senza riuscire ad ampliare il consenso in quell’area. Anzi, incentiva l’astensione. L’assenza insomma di una destra moderata e conservatrice rende traballante l’assetto istituzionale futuro.
IL PARTITO DEMOCRATICO, infine.
Renzi non ha vinto queste elezioni; la “non vittoria” non è paragonabile però a quella di Bersani due anni fa. Nel 2013 l’ex segretario consumò l’occasione storica di portare al governo dell’Italia il partito-ditta post-comunista.
Quell’esperienza è tramontata per sempre, nonostante i maldipancia delle correnti di minoranza.
La capacità di interdizione - e di far male al suo leader, considerato un usurpatore del partito - resta invece alta.
Se infatti Renzi avesse mantenuto la Liguria, avrebbe potuto dichiarare una vittoria netta. Deve accontentarsi di giocare alla playstation.
Godono le minoranze, resuscitate dalla irrilevanza cui erano state relegate negli ultimi mesi.
Il premier-segretario ha sottovalutato il fuoco amico.
Uomo solo al comando ha puntato su un populismo riformista per depotenziare i populismi dell’antipolitica grillina e leghista.
La formula non regge se non mette mano a quei provvedimenti in grado di dare davvero soldi, lavoro e sicurezza sociale. Gli 80 euro sono stati un grande spot, ma limitato all’anno scorso. Il Jobs Act non dà ancora frutti maturi. E sulla scuola la metà del caos già bastava per perder voti.
RALLENTARE sulla via delle riforme? Quella sì, sarebbe una sconfitta. Come scrive il “Wall Street Journal” deve continuare con la sua «ambiziosa agenda di riforme».
Ma il metodo fin qui adottato evidenzia una crisi con l’elettorato e dentro il suo stesso partito.
Punito in Liguria per una candidatura, nonostante le primarie, capace di lacerare il Pd oltre ogni aspettativa. Mortificato in Veneto, regione di cui la sinistra, passano gli anni, non riesce mai a cogliere la complessità. Per ora Renzi resta il leader. È il renzismo che non sta tanto bene.
Twitter @VicinanzaL
04 giugno 2015
http://espresso.repubblica.it/opinioni/ ... e-1.215534
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Re: Regionali 2015
Pongo qui alcune domande che sembrano di una ingenuità tale da far sorridere ma che purtroppo non lo sono:
1- Perche' non votare PD ai prossimi ballottaggi?
2- Perche' non votare M5S ai prossimi ballottaggi?
3- Perche' non votare Lega ai prossimi ballottaggi?
Poi questa la faccio all'inverso e qundi: perche votare uno di questi?
Se ritenete questa mia domanda fuori tempo chiedo venia ma purtroppo(anche questa volta)credo che non siano lontante nuove consultazioni.
un salutone
1- Perche' non votare PD ai prossimi ballottaggi?
2- Perche' non votare M5S ai prossimi ballottaggi?
3- Perche' non votare Lega ai prossimi ballottaggi?
Poi questa la faccio all'inverso e qundi: perche votare uno di questi?
Se ritenete questa mia domanda fuori tempo chiedo venia ma purtroppo(anche questa volta)credo che non siano lontante nuove consultazioni.
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Regionali 2015
1- Perche' non votare PD ai prossimi ballottaggi?
Perché è completamente falso definirlo un partito di centrosinistra. Solamente i giornalisti SLURP, possono definirlo tale.
Oppure gli editori che obbligano i giornalisti-dipendenti- schiavi, a scrivere che sia un partito di Cs.
E' un partito di centro che guarda a destra. Molto a destra.
Il rottamatt'attore, ha raccontato che intendeva rottamare la vecchia guardia.
In effetti ha solo rottamato la vecchia guardia proveniente dal Pci.
Vicié De Luca - classe 1949
Pier Luigi Bersani - classe 1951
Il vecchio capobastone si guarda bene dal rottamarlo.
Questa è la sua mission.
PS. Non dimentichiamo che solo 4 giorni fa, Palazzo Chigi ha donato ai quotidiani amici 120 milioni.
Per forza poi scrivono tanto bene di Matteo La Qualunque.
Devono essere grati chi concorre a tenerli in vita in questa fase di crisi dell'editoria.
Perché è completamente falso definirlo un partito di centrosinistra. Solamente i giornalisti SLURP, possono definirlo tale.
Oppure gli editori che obbligano i giornalisti-dipendenti- schiavi, a scrivere che sia un partito di Cs.
E' un partito di centro che guarda a destra. Molto a destra.
Il rottamatt'attore, ha raccontato che intendeva rottamare la vecchia guardia.
In effetti ha solo rottamato la vecchia guardia proveniente dal Pci.
Vicié De Luca - classe 1949
Pier Luigi Bersani - classe 1951
Il vecchio capobastone si guarda bene dal rottamarlo.
Questa è la sua mission.
PS. Non dimentichiamo che solo 4 giorni fa, Palazzo Chigi ha donato ai quotidiani amici 120 milioni.
Per forza poi scrivono tanto bene di Matteo La Qualunque.
Devono essere grati chi concorre a tenerli in vita in questa fase di crisi dell'editoria.
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Re: Regionali 2015
la tua Zione non è la risposta che attendevo.camillobenso ha scritto:1- Perche' non votare PD ai prossimi ballottaggi?
Perché è completamente falso definirlo un partito di centrosinistra. Solamente i giornalisti SLURP, possono definirlo tale.
Oppure gli editori che obbligano i giornalisti-dipendenti- schiavi, a scrivere che sia un partito di Cs.
E' un partito di centro che guarda a destra. Molto a destra.
Il rottamatt'attore, ha raccontato che intendeva rottamare la vecchia guardia.
In effetti ha solo rottamato la vecchia guardia proveniente dal Pci.
Vicié De Luca - classe 1949
Pier Luigi Bersani - classe 1951
Il vecchio capobastone si guarda bene dal rottamarlo.
Questa è la sua mission.
PS. Non dimentichiamo che solo 4 giorni fa, Palazzo Chigi ha donato ai quotidiani amici 120 milioni.
Per forza poi scrivono tanto bene di Matteo La Qualunque.
Devono essere grati chi concorre a tenerli in vita in questa fase di crisi dell'editoria.
Le domande erano molteplici e chiedevano il perché si deve votare o non votare QUESTI partiti escludendo il non voto.
Per dirla alla Celentano, sto pensando a Salvini.
Ti basta questo per iniziare una vera discussione magari anche forte che metta in discussione un po' tutto partendo dall'Europa passando per i flussi migratori e finendo sui poteri economici ed altro? E perché no anche sulla rivolta del nord?
Se dovessi scegliere il meno peggio, qui c'è da sbizzarrirci e non sarebbe da escludere a priori nessuno
Un salutone
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