Re: COME VA IL PD
Inviato: 21/01/2015, 15:50
“Ci guida Verdini”. I veleni sul ring del Pd
(GIOVANNA CASADIO).
21/01/2015 di triskel182
I ribelli contrappongono la Costituzione ai richiami alla disciplina.
Zanda sorpreso: “Incredibile un dissenso così organizzato”
Boccia chiede a Renzi di evitare “metodi da Is” con la minoranza.
I fedelissimi del premier: “Ha passato il segno, chieda scusa”.
ROMA – «Ci siamo consegnati a Berlusconi, anzi a Verdini che è il vero consulente del Pd sull’Italicum, e non soltanto».
La minoranza dem — guidata dalla falange bersaniana con Miguel Gotor e Maurizio Migliavacca e dai civatiani — tira le somme alla fine di una giornata in cui il partito è piombato nel caos.
I dem si spaccano nell’assemblea dei senatori, dove gli appelli di Renzi e del ministro Maria Elena Boschi all’unità, gli ammonimenti del premier («Grave se mancano i voti del Pd sulle riforme»), la mozione di sentimenti dei renziani, restano lettera morta.
In 29 sciamano dall’auletta dove è riunito il gruppo a Palazzo Madama e più che le parole, vale la faccia del capogruppo Luigi Zanda che aveva sperato fino all’ultimo si sgretolasse l’opposizione interna: «Non immaginavo un dissenso organizzato…», mormora Zanda.
Ma sulla richiesta della minoranza di cancellare i capilista bloccati, Renzi non sente ragione.
Non si cambia, sta nel Patto del Nazareno, nell’accordo con Berlusconi incontrato a Palazzo Chigi ieri mattina poco prima di vedere il gruppo dem.
La sinistra del Pd annuncia che non darà tregua: non voterà l’Italicum e consegna un documento contro. Lo dice Gotor.
Lo spiega Paolo Corsini citando l’articolo 67 della Costituzione, quello che recita “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.
Vale più della disciplina e dell’obbedienza al partito.
Doris Lo Moro mette sul tavolo le dimissioni da capogruppo in commissione affari costituzionali: «Voterò con la minoranza del partito, non posso essere incoerente».
Lo scontro esplode.
Renzi tenta di convincere: «Cara Doris, comprendo e apprezzo il tuo travaglio… ma la questione dei capilista nominati non è poi decisiva».
Per i renziani i dissidenti «hanno passato il segno».
Andrea Marcucci parla a Bersani nella speranza che la falange bersaniana al Senato torni a più miti consigli:
«La minestra votata anche da Bersani in prima lettura alla Camera era molto meno saporita».
Lo strascico di tensioni finirà in un sabotaggio del candidato di Renzi per il Quirinale? I renziani lo temono e denunciano.
La minoranza nega e contrattacca: «Si è visto che il Patto del Nazareno varrà anche per il Quirinale », rincara Gotor.
Tra la sinistra dem e Stefano Esposito, il senatore che ha presentato il maxi emendamento-ghigliottina, volano parole grosse.
Esposito accusa «i cattivi consiglieri di Bersani, quelli che l’hanno fatto perdere nel 2013, i Gotor».
Passano le ore e i toni si alzano.
I dissidenti tuttavia fanno sapere di essere saldamente ancorati nella “ditta”, nel partito.
Solo Civati e i suoi sembrano tentati dalla scissione, da un movimento a sinistra con Sergio Cofferati, Maurizio Landini e Nichi Vendola.
La fronda dem sull’Italicum poi si riduce a 26, perché tre senatrici (Puppato, Idem e Albano) si sfilano.
Corradino Mineo, civatiano, svela la lamentela di Renzi contro il lettiano Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio di Montecitorio, che aveva a sua volta pesantemente attaccato il premier. «Mi ha detto Boccia — è lo sfogo di Renzi — che faccio come l’Isis».
«Matteo fa la vittima per strappare un applauso ai senatori, tutto pur di vincere», chiosa Mineo.
«Boccia chieda scusa», è la reazione dei renziani.
C’è un’atmosfera pesante tra i Democratici.
Vannino Chiti — che è stato ricevuto qualche giorno fa da Renzi proprio per parlare della nuova legge elettorale — ammette di essere sconcertato: «Mi sembrava che Matteo si fosse convinto a dare ascolto a noi della minoranza contro i capilista bloccati. Se si va avanti così i cittadini non eleggono più le Province, non eleggeranno il nuovo Senato e neppure i parlamentari… Evidentemente Berlusconi non ha voluto sentire ragione».[/b]
Nel Pd ci si guarda in cagnesco.
Alfredo D’Attorre, deputato bersaniano, ironizza:
«Elezioni anticipate? Se ci fossero, Renzi rivedrebbe Palazzo Chigi in cartolina».
Poco vale il lavoro dei pontieri. Francesco Verducci invita a non essere autolesionisti: «È come quella moglie che per fare un dispetto al marito… Ma il nuovo Italicum è una buona legge».
Renzi garantisce: «La minoranza non si caccia». Ma non deve esagerare e «si deve votare insieme ».
Da La Repubblica del 21/01/2015.
(GIOVANNA CASADIO).
21/01/2015 di triskel182
I ribelli contrappongono la Costituzione ai richiami alla disciplina.
Zanda sorpreso: “Incredibile un dissenso così organizzato”
Boccia chiede a Renzi di evitare “metodi da Is” con la minoranza.
I fedelissimi del premier: “Ha passato il segno, chieda scusa”.
ROMA – «Ci siamo consegnati a Berlusconi, anzi a Verdini che è il vero consulente del Pd sull’Italicum, e non soltanto».
La minoranza dem — guidata dalla falange bersaniana con Miguel Gotor e Maurizio Migliavacca e dai civatiani — tira le somme alla fine di una giornata in cui il partito è piombato nel caos.
I dem si spaccano nell’assemblea dei senatori, dove gli appelli di Renzi e del ministro Maria Elena Boschi all’unità, gli ammonimenti del premier («Grave se mancano i voti del Pd sulle riforme»), la mozione di sentimenti dei renziani, restano lettera morta.
In 29 sciamano dall’auletta dove è riunito il gruppo a Palazzo Madama e più che le parole, vale la faccia del capogruppo Luigi Zanda che aveva sperato fino all’ultimo si sgretolasse l’opposizione interna: «Non immaginavo un dissenso organizzato…», mormora Zanda.
Ma sulla richiesta della minoranza di cancellare i capilista bloccati, Renzi non sente ragione.
Non si cambia, sta nel Patto del Nazareno, nell’accordo con Berlusconi incontrato a Palazzo Chigi ieri mattina poco prima di vedere il gruppo dem.
La sinistra del Pd annuncia che non darà tregua: non voterà l’Italicum e consegna un documento contro. Lo dice Gotor.
Lo spiega Paolo Corsini citando l’articolo 67 della Costituzione, quello che recita “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.
Vale più della disciplina e dell’obbedienza al partito.
Doris Lo Moro mette sul tavolo le dimissioni da capogruppo in commissione affari costituzionali: «Voterò con la minoranza del partito, non posso essere incoerente».
Lo scontro esplode.
Renzi tenta di convincere: «Cara Doris, comprendo e apprezzo il tuo travaglio… ma la questione dei capilista nominati non è poi decisiva».
Per i renziani i dissidenti «hanno passato il segno».
Andrea Marcucci parla a Bersani nella speranza che la falange bersaniana al Senato torni a più miti consigli:
«La minestra votata anche da Bersani in prima lettura alla Camera era molto meno saporita».
Lo strascico di tensioni finirà in un sabotaggio del candidato di Renzi per il Quirinale? I renziani lo temono e denunciano.
La minoranza nega e contrattacca: «Si è visto che il Patto del Nazareno varrà anche per il Quirinale », rincara Gotor.
Tra la sinistra dem e Stefano Esposito, il senatore che ha presentato il maxi emendamento-ghigliottina, volano parole grosse.
Esposito accusa «i cattivi consiglieri di Bersani, quelli che l’hanno fatto perdere nel 2013, i Gotor».
Passano le ore e i toni si alzano.
I dissidenti tuttavia fanno sapere di essere saldamente ancorati nella “ditta”, nel partito.
Solo Civati e i suoi sembrano tentati dalla scissione, da un movimento a sinistra con Sergio Cofferati, Maurizio Landini e Nichi Vendola.
La fronda dem sull’Italicum poi si riduce a 26, perché tre senatrici (Puppato, Idem e Albano) si sfilano.
Corradino Mineo, civatiano, svela la lamentela di Renzi contro il lettiano Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio di Montecitorio, che aveva a sua volta pesantemente attaccato il premier. «Mi ha detto Boccia — è lo sfogo di Renzi — che faccio come l’Isis».
«Matteo fa la vittima per strappare un applauso ai senatori, tutto pur di vincere», chiosa Mineo.
«Boccia chieda scusa», è la reazione dei renziani.
C’è un’atmosfera pesante tra i Democratici.
Vannino Chiti — che è stato ricevuto qualche giorno fa da Renzi proprio per parlare della nuova legge elettorale — ammette di essere sconcertato: «Mi sembrava che Matteo si fosse convinto a dare ascolto a noi della minoranza contro i capilista bloccati. Se si va avanti così i cittadini non eleggono più le Province, non eleggeranno il nuovo Senato e neppure i parlamentari… Evidentemente Berlusconi non ha voluto sentire ragione».[/b]
Nel Pd ci si guarda in cagnesco.
Alfredo D’Attorre, deputato bersaniano, ironizza:
«Elezioni anticipate? Se ci fossero, Renzi rivedrebbe Palazzo Chigi in cartolina».
Poco vale il lavoro dei pontieri. Francesco Verducci invita a non essere autolesionisti: «È come quella moglie che per fare un dispetto al marito… Ma il nuovo Italicum è una buona legge».
Renzi garantisce: «La minoranza non si caccia». Ma non deve esagerare e «si deve votare insieme ».
Da La Repubblica del 21/01/2015.