La Terza Guerra Mondiale
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Re: La Terza Guerra Mondiale
PERCHE' SIAMO SEMPRE GLI STESSI:
Scrive, Giovanni Francesco Carpeoro, nel suo libro :
DALLA MASSONERIA
AL TERRORISMO
Che il "pirata" Licio Gelli aveva avuto in consegna 1942, per conto dello Stato(Regno d'Italia SIM- Servizio Informazioni Militari), 60 tonnellate d'oro dal Re Pietro II di Jugoslavia, in custodia.
Nel 1947 quando abbiamo restituito l'oro, mancavano 20 tonnellate.
Scrive, Giovanni Francesco Carpeoro, nel suo libro :
DALLA MASSONERIA
AL TERRORISMO
Che il "pirata" Licio Gelli aveva avuto in consegna 1942, per conto dello Stato(Regno d'Italia SIM- Servizio Informazioni Militari), 60 tonnellate d'oro dal Re Pietro II di Jugoslavia, in custodia.
Nel 1947 quando abbiamo restituito l'oro, mancavano 20 tonnellate.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LIBRE news
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segnalazioni.
Carpeoro: tutto resti com’è. Così l’Isis obbedisce al potere
Scritto il 16/4/17 • nella Categoria: idee Condividi
Poteri forti? Grazie anche a cittadini deboli, sempre disposti a credere all’Uomo Nero, il nemico da odiare comodamente, cui attribuire ogni male. Nel suo saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, l’avvocato Gianfranco Carpeoro inserisce un passaggio di Francesco Saba Sardi, “L’istituzione dell’ostilità”, che chiarisce il concetto: il gioco al massacro continuerà all’infinito, fino a quando le vittime non capiranno che il nemico di turno è solo un trucco del potere. «Il politico, il massone, il mafioso, il gesuita: in Italia non ci siamo fatti mancare niente. Gelli e Sindona, Craxi, Andreotti. Caduti i quali, è cambiato qualcosa?». Ecco il punto: «Non cambiare mai niente, nella sostanza. A questo serve l’odio del nemico. E attenzione: «Il lasciare tutto com’è è esattamente l’obiettivo di questo potere, che oggi ricorre in modo sistematico al terrorismo targato Isis». Tema che Carpeoro ha affrontato in un recente convegno, in Veneto, sul dominio occulto dell’élite paramassonica. Una situazione che si annuncia molto critica ormai anche per l’Italia: «L’ultimo report dei nostri servizi segreti parla di qualcosa come 5.000 “foreign fighters” provenienti dalla Siria, via Albania: sono perfettamente addestrati e si teme invadano la penisola per attuare attentati».
Per capire il neo-terrorismo, ragiona Carpeoro, basta analizzarne il movente: «Ha un progetto politico, l’Isis?». Non se ne vede traccia: il cosiddetto Califfato Islamico è una barzelletta. «Ha una base etnica, lo Stato Islamico? Neppure: all’Islam aderiscono arabi sunniti, persiani sciiti, bosniaci ariani». E inoltre: «Provengono da un retroterra di profonde sofferenze, i miliziani jihadisti “foreign fighters”». Macché: «Il più delle volte sono figli di famiglie borghesi». Sono anche loro – più che mai – terroristi, certamente. «Ma non hanno niente in comune con un certo Pietro Micca, che nel 1706 fa saltare in aria mezza Torino per opporsi all’assedio francese». Carpeoro traccia una linea rossa che, attraverso svariate geografie, collega i “terrorismi” del passato, lontano e prossimo: da Pietro Micca ai palestinesi dell’Olp, passando per l’Ira irlandese, la Raf tedesca, le Brigate Rosse. «Ovviamente non posso approvare la violenza come metodo di lotta, ma almeno in quei casi si può leggere una coerenza, una proiezione di futuro: la liberazione di territori, la lotta politica per trasformare il governo del paese. I tedeschi della Baader-Meinhof combattevano a modo loro contro il governo di Bonn, inquinato dalla presenza di ex nazisti. Gli irlandesi volevano cacciare gli inglesi dalla loro terra. Le stesse Br aspiravano a una svolta rivoluzionaria in Italia». E l’Isis? Dov’è il suo progetto?
Le cose si sono completamente ribaltate, sottolinea Carpeoro, «da quando il potere è finito nelle mani di un’élite oligarchica», che oggi «ha capito che non ha più nessuna chance democratica: non potrebbe in nessun modo godere del consenso popolare, della stima dei cittadini». E allora, per ottenere la loro obbedienza, «impugna l’arma della paura, attraverso il terrorismo “false flag”, sotto falsa bandiera, cioè attribuito agli islamici in modo fraudolento, ma in realtà concepito e diretto da menti massoniche occidentali, gestito da settori dei servizi segreti e affidato a sciagurata manovalanza che si dichiara islamista, pilotata e manipolata in modo da danneggiare innanzitutto l’Islam, che con il terrorismo non c’entra niente». E’ un massone (o meglio, un super-massone) lo stesso presunto capo dell’Isis, il sedicente “califfo” Abu Bakr al-Baghdadi, fotografato in Siria in compagnia del senatore John McCain dopo esser stato improvvisamente scarcerato nel 2009 dal centro di detenzione iracheno di Camp Bucca. Dopo Osama Bin Laden, Al-Baghdadi è l’ultima reincarnazione dell’Uomo Nero, il nemico brutto e cattivo. «Che effetto fa, allora, scoprire che quel tizio è stato iniziato alla stessa superloggia in cui sedevano sia George W. Bush che il capo di Al-Qaeda, Bin Laden?».
Il primo a fare il nome di quell’organizzazione-ombra (Hathor Pentalpha, si chiama) è stato Gioele Magaldi nel libro “Massoni, società a responsabilità illimitata”, pubblicato a fine 2014). Sta per uscire il “sequel”, con nuovi dettagli destinati ad aggravare ulteriormente la posizione della “loggia del sangue e della vendetta” fondata da Bush senior all’inizio degli anni ‘80, dopo la bruciante sconfitta subita da Reagan alle primarie repubblicane. Al club aderiranno l’intero gruppo neocon statunitense ma anche politici europei, come l’inglese Tony Blair (quello delle inesistenti “armi di distruzione di massa” di Saddam), il francese Nicolas Sarkozy (il killer politico di Gheddafi) e il turco Recep Tayyip Erdogan, invischiato fino al collo nell’invasione della Siria da parte dell’Isis. Ma nell’album di famiglia della “Hathor” non ci sono soltanto le peggiori menti dell’Occidente: accanto ai Bush e a Blair, a Sarkozy e a Erdogan «bisogna aggiungere prima Bin Laden, poi Al-Baghdadi». E’ indispensabile, per capire con chi abbiamo davvero a che fare: l’Uomo Nero è in azione, ma non è una scheggia impazzita come i suoi kamikaze. Sta obbedendo a ordini, a istruzioni precise, che partono dai piani più alti del potere mondiale, occidentale.
Un potere che, oggi, non si fa scrupolo di sparare nel mucchio: «E’ il caso dei camion lanciati sulla folla a fare strage: un metodo semplice, economico e con pochi rischi, tranne che per l’attentatore». I terrorismi di ieri sparavano su obiettivi strategici: industriali, banchieri, politici. Oggi, invece, le vittime siamo noi. «Erano terroristi la cui azione – non approvabile, per carità – nasceva comunque da infinite sofferenze, come nel caso dei palestinesi». All’epoca dell’arresto di Renato Curcio, le stesse Br non avevano ancora ucciso nessuno: «Fu Curcio a fare fuoco, sul carabiniere che aveva ucciso sua moglie, Mara Cagol, colpendola alla schiena mentre stava scappando: può un carabiniere sparare alla schiena di qualcuno?», si domanda Carpeoro. Poi, certo, la storia del “vecchio” terrorismo è a doppio fondo, piena di infiltrazioni, in tutti sensi: terroristi “in buona fede” e terroristi “gestiti” dall’intelligence, 007 complici della strategia della tensione e agenti invece onesti, fedeli alle istituzioni. Un caos sanguinoso, infernale, con code processuali infinite, misteri irrisolti e vittime eccellenti – una su tutte, da noi: Aldo Moro.
«Alla base, però, c’erano posizioni nette: da una parte una visione eversiva e rivoluzionaria, o irredentista, dall’altra lo Stato». Adesso, invece, a pilotare l’eversione è direttamente il lato oscuro del potere: non ha neppure “cavalcato” il furore dell’Isis, l’ha proprio progettato a tavolino, sfruttando la disperazione di paesi arabi a cui l’Occidente infligge sterminate sofferenze, attraverso la complitcità di dittature filo-occidentali. Questo “funziona” per ottenere la necessaria manovalanza, ma non certo per provocare una sollevazione politica delle popolazioni musulmane, che dell’Isis hanno orrore. «Ieri, i terroristi volevano cambiare tutto. I terroristi di oggi, invece, rispondono agli ordini di chi è deciso a non cambiare niente, dell’attuale sistema: pochissimi hanno in mano tutto, e così deve restare». Rimarremo al buio per sempre? «Oso sperare – azzarda Carpeoro – che magari, nel giro di due o tre generazioni, questa situazione cambierà». Smascherare i mandanti, liberare le nostre società dal ricatto della paura – perfettamente consonante con il ricatto economico dell’austerity, il rigore imposto per via finanziaria dall’élite privatizzatrice che, in Europa, a partire dall’omicidio di Olof Palme, ha stroncato il seme del socialismo democratico. Smontare il teatro del terrore? «A una condizione: che si smetta di dare la caccia all’Uomo Nero. E’ lì apposta per distrarci, per farci odiare qualcuno. E’ lo schema della magia, dell’illusionismo: il potere non fa altro che darci in pasto il cattivo di turno, da detestare. Se invece smettessimo di odiare, una buona volta, avremmo fatto un passo avanti enorme».
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Carpeoro: tutto resti com’è. Così l’Isis obbedisce al potere
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Poteri forti? Grazie anche a cittadini deboli, sempre disposti a credere all’Uomo Nero, il nemico da odiare comodamente, cui attribuire ogni male. Nel suo saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, l’avvocato Gianfranco Carpeoro inserisce un passaggio di Francesco Saba Sardi, “L’istituzione dell’ostilità”, che chiarisce il concetto: il gioco al massacro continuerà all’infinito, fino a quando le vittime non capiranno che il nemico di turno è solo un trucco del potere. «Il politico, il massone, il mafioso, il gesuita: in Italia non ci siamo fatti mancare niente. Gelli e Sindona, Craxi, Andreotti. Caduti i quali, è cambiato qualcosa?». Ecco il punto: «Non cambiare mai niente, nella sostanza. A questo serve l’odio del nemico. E attenzione: «Il lasciare tutto com’è è esattamente l’obiettivo di questo potere, che oggi ricorre in modo sistematico al terrorismo targato Isis». Tema che Carpeoro ha affrontato in un recente convegno, in Veneto, sul dominio occulto dell’élite paramassonica. Una situazione che si annuncia molto critica ormai anche per l’Italia: «L’ultimo report dei nostri servizi segreti parla di qualcosa come 5.000 “foreign fighters” provenienti dalla Siria, via Albania: sono perfettamente addestrati e si teme invadano la penisola per attuare attentati».
Per capire il neo-terrorismo, ragiona Carpeoro, basta analizzarne il movente: «Ha un progetto politico, l’Isis?». Non se ne vede traccia: il cosiddetto Califfato Islamico è una barzelletta. «Ha una base etnica, lo Stato Islamico? Neppure: all’Islam aderiscono arabi sunniti, persiani sciiti, bosniaci ariani». E inoltre: «Provengono da un retroterra di profonde sofferenze, i miliziani jihadisti “foreign fighters”». Macché: «Il più delle volte sono figli di famiglie borghesi». Sono anche loro – più che mai – terroristi, certamente. «Ma non hanno niente in comune con un certo Pietro Micca, che nel 1706 fa saltare in aria mezza Torino per opporsi all’assedio francese». Carpeoro traccia una linea rossa che, attraverso svariate geografie, collega i “terrorismi” del passato, lontano e prossimo: da Pietro Micca ai palestinesi dell’Olp, passando per l’Ira irlandese, la Raf tedesca, le Brigate Rosse. «Ovviamente non posso approvare la violenza come metodo di lotta, ma almeno in quei casi si può leggere una coerenza, una proiezione di futuro: la liberazione di territori, la lotta politica per trasformare il governo del paese. I tedeschi della Baader-Meinhof combattevano a modo loro contro il governo di Bonn, inquinato dalla presenza di ex nazisti. Gli irlandesi volevano cacciare gli inglesi dalla loro terra. Le stesse Br aspiravano a una svolta rivoluzionaria in Italia». E l’Isis? Dov’è il suo progetto?
Le cose si sono completamente ribaltate, sottolinea Carpeoro, «da quando il potere è finito nelle mani di un’élite oligarchica», che oggi «ha capito che non ha più nessuna chance democratica: non potrebbe in nessun modo godere del consenso popolare, della stima dei cittadini». E allora, per ottenere la loro obbedienza, «impugna l’arma della paura, attraverso il terrorismo “false flag”, sotto falsa bandiera, cioè attribuito agli islamici in modo fraudolento, ma in realtà concepito e diretto da menti massoniche occidentali, gestito da settori dei servizi segreti e affidato a sciagurata manovalanza che si dichiara islamista, pilotata e manipolata in modo da danneggiare innanzitutto l’Islam, che con il terrorismo non c’entra niente». E’ un massone (o meglio, un super-massone) lo stesso presunto capo dell’Isis, il sedicente “califfo” Abu Bakr al-Baghdadi, fotografato in Siria in compagnia del senatore John McCain dopo esser stato improvvisamente scarcerato nel 2009 dal centro di detenzione iracheno di Camp Bucca. Dopo Osama Bin Laden, Al-Baghdadi è l’ultima reincarnazione dell’Uomo Nero, il nemico brutto e cattivo. «Che effetto fa, allora, scoprire che quel tizio è stato iniziato alla stessa superloggia in cui sedevano sia George W. Bush che il capo di Al-Qaeda, Bin Laden?».
Il primo a fare il nome di quell’organizzazione-ombra (Hathor Pentalpha, si chiama) è stato Gioele Magaldi nel libro “Massoni, società a responsabilità illimitata”, pubblicato a fine 2014). Sta per uscire il “sequel”, con nuovi dettagli destinati ad aggravare ulteriormente la posizione della “loggia del sangue e della vendetta” fondata da Bush senior all’inizio degli anni ‘80, dopo la bruciante sconfitta subita da Reagan alle primarie repubblicane. Al club aderiranno l’intero gruppo neocon statunitense ma anche politici europei, come l’inglese Tony Blair (quello delle inesistenti “armi di distruzione di massa” di Saddam), il francese Nicolas Sarkozy (il killer politico di Gheddafi) e il turco Recep Tayyip Erdogan, invischiato fino al collo nell’invasione della Siria da parte dell’Isis. Ma nell’album di famiglia della “Hathor” non ci sono soltanto le peggiori menti dell’Occidente: accanto ai Bush e a Blair, a Sarkozy e a Erdogan «bisogna aggiungere prima Bin Laden, poi Al-Baghdadi». E’ indispensabile, per capire con chi abbiamo davvero a che fare: l’Uomo Nero è in azione, ma non è una scheggia impazzita come i suoi kamikaze. Sta obbedendo a ordini, a istruzioni precise, che partono dai piani più alti del potere mondiale, occidentale.
Un potere che, oggi, non si fa scrupolo di sparare nel mucchio: «E’ il caso dei camion lanciati sulla folla a fare strage: un metodo semplice, economico e con pochi rischi, tranne che per l’attentatore». I terrorismi di ieri sparavano su obiettivi strategici: industriali, banchieri, politici. Oggi, invece, le vittime siamo noi. «Erano terroristi la cui azione – non approvabile, per carità – nasceva comunque da infinite sofferenze, come nel caso dei palestinesi». All’epoca dell’arresto di Renato Curcio, le stesse Br non avevano ancora ucciso nessuno: «Fu Curcio a fare fuoco, sul carabiniere che aveva ucciso sua moglie, Mara Cagol, colpendola alla schiena mentre stava scappando: può un carabiniere sparare alla schiena di qualcuno?», si domanda Carpeoro. Poi, certo, la storia del “vecchio” terrorismo è a doppio fondo, piena di infiltrazioni, in tutti sensi: terroristi “in buona fede” e terroristi “gestiti” dall’intelligence, 007 complici della strategia della tensione e agenti invece onesti, fedeli alle istituzioni. Un caos sanguinoso, infernale, con code processuali infinite, misteri irrisolti e vittime eccellenti – una su tutte, da noi: Aldo Moro.
«Alla base, però, c’erano posizioni nette: da una parte una visione eversiva e rivoluzionaria, o irredentista, dall’altra lo Stato». Adesso, invece, a pilotare l’eversione è direttamente il lato oscuro del potere: non ha neppure “cavalcato” il furore dell’Isis, l’ha proprio progettato a tavolino, sfruttando la disperazione di paesi arabi a cui l’Occidente infligge sterminate sofferenze, attraverso la complitcità di dittature filo-occidentali. Questo “funziona” per ottenere la necessaria manovalanza, ma non certo per provocare una sollevazione politica delle popolazioni musulmane, che dell’Isis hanno orrore. «Ieri, i terroristi volevano cambiare tutto. I terroristi di oggi, invece, rispondono agli ordini di chi è deciso a non cambiare niente, dell’attuale sistema: pochissimi hanno in mano tutto, e così deve restare». Rimarremo al buio per sempre? «Oso sperare – azzarda Carpeoro – che magari, nel giro di due o tre generazioni, questa situazione cambierà». Smascherare i mandanti, liberare le nostre società dal ricatto della paura – perfettamente consonante con il ricatto economico dell’austerity, il rigore imposto per via finanziaria dall’élite privatizzatrice che, in Europa, a partire dall’omicidio di Olof Palme, ha stroncato il seme del socialismo democratico. Smontare il teatro del terrore? «A una condizione: che si smetta di dare la caccia all’Uomo Nero. E’ lì apposta per distrarci, per farci odiare qualcuno. E’ lo schema della magia, dell’illusionismo: il potere non fa altro che darci in pasto il cattivo di turno, da detestare. Se invece smettessimo di odiare, una buona volta, avremmo fatto un passo avanti enorme».
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Dal Corriere.it
PACIFICO
Milano, 15 aprile 2017 - 22:40
Nord Corea pronta alla guerra totale
Seul: «Fallito nuovo test missilistico»
Lo rivelano fonti della Corea del Sud, poi la conferma dal Pentagono. Nessun commento da Trump. Parata nelle vie di Pyongyang, esibiti i nuovi «missili intercontinentali»
di Guido Olimpio
WASHINGTON - Kim Jong un ha celebrato il nonno con una grande parata e 24 ore dopo ha cercato di festeggiarlo con l’ennesimo lancio di un missile. Ma la prova - secondo fonti del Sud, poi confermate dal Pentagono - sarebbe fallita. La notizia, trapelata nel tardo pomeriggio americano, ha rilanciato così i timori che si erano in parte attenuati in quanto la data simbolo del 15 aprile era trascorsa senza provocazioni. E, invece, il leader della Nord Corea avrebbero compiuto un’altra delle su mosse tirando un ordigno nella regione orientale di Simpo. Non è chiaro di che tipo, ma — riferisce la Cnn citando fonti del Pentagono — non si trattava di un vettore intercontinentale in grado di raggiungere gli Stati Uniti. Il lancio è avvenuto a poche ore dall’arrivo del vice presidente americano a Seul. Mike Pence sta viaggiando verso la Sud Corea sull’Air Force 2, è stato informato del nuovo test di lancio missilistico ed è in contatto con Donald Trump. Che ha rilasciato un brevissimo comunicato tramite il suo Segretario della Difesa Jim Mattis: «Il presidente ed il suo staff della Sicurezza Nazionale sono stati informati del lancio del missile nordcoreano. Per stasera non sono previsti commenti». Anche il governo giapponese conferma il tentativo fallito di lancio da parte della dittatura nordcoreana. E fa sapere che la sicurezza del Paese non è stata messa a rischio.
Imbarazzo
La sfida (fallita) di Kim mette in luce due aspetti. Il primo. Il dittatore prosegue sulla sua strada “muscolare” incurante delle pressioni diplomatiche e militari. Il secondo. Al tempo stesso il presunto flop dell’ordigno rappresenta una forma di imbarazzo in quanto coincide con lo show di forza del regime che ha fatto sfilare nella vie della capitale le sue armi migliori. L’altro aspetto più intrigante riguarda il test stesso: il missile è esploso per un’avaria oppure perché gli americani hanno attuato qualche forma di sabotaggio? Questa seconda ipotesi è legata alle rivelazioni di qualche settimana fa dove si sosteneva che il Pentagono era riuscito a “disturbare” le prove missilistiche. Tanto è vero che le autorità nord coreane avevano lanciato un’inchiesta per scoprire eventuali colpevoli.
Isteria
L’episodio, che potrebbe avere nuove conseguenze, ha rappresentato il seguito dei grandi festeggiamenti a Pyongyang in onore dello scomparso Kim Il sung, il padre-padrone della Corea del Nord e nonno dell’attuale leader. Lui, il Numero Uno, si è goduto la sfilata, alternando il volto corrucciato ai sorrisi, dall’alto dell’imponente tribuna. Al suo fianco i gerarchi, compreso il medagliato Kim Wong Hong, il potente ministro per la Sicurezza che avevano dato per giubilato. A conferma di come la porta girevole del potere sia in moto perenne. Dietro una colonna, quasi invisibile, qualcuno ha scorto Kim Yo-jong, la sorella del presidente. Il dittatore ha lasciato che a parlare fosse Choe Ryong Hae, altra figura della nomenklatura: «E’ colpa di Trump e dell’isteria americana se si è creata una situazione di conflitto - ha esordito - Gli Usa fanno un grande errore se ci considerano come l’Iraq e la Libia....Alla guerra totale risponderemo con quella totale, compresa quella nucleare». Un discorso in linea con il momento.
Linea rossa
Chiusa l’orazione, è stato impartito l’ordine di marcia ai reparti di fanteria con il passo dell’oca, ai tank, alle donne in costume tradizionale, quindi le nuove armi. I generali hanno mostrato un vettore a lungo raggio che potrebbe raggiungere il territorio Usa, quindi il Pokkuuksong, missile lanciabile da un sommergibile e il noto Musudan, destinato a «battere» le basi statunitensi a Guam. Allo scetticismo di qualche osservatore sullo status di questi sistemi (alimentato anche dal fallito test), gli esperti rispondono invitando a non sottovalutare l’apparato bellico del Nord e i suoi passi in avanti. Progressi favoriti dall’assistenza cinese, come dimostrano i reperti recuperati dai sud coreani dopo una recente prova di un ordigno. Un aiuto sconsiderato bilanciato ora dall’iniziativa diplomatica per ridurre la crisi. Pechino ha accusato Washington e Seul, ma anche messo in guardia il partner nord coreano sulle conseguenze. Cerchiobottismo legato ai recenti contatti tra il presidente Xi Jinping .e Trump in Florida.
Opzione militare
Secondo il New York Times i cinesi sono pronti ad accentuare la pressione su Pyongyang - in campo economico - e sono disposti a scambiare informazioni di intelligence con gli Stati Uniti. Altri elementi diplomatici potrebbero emergere nelle prossime ore in quanto il vice presidente Mike Pence visiterà Seul e Tokio. Missione in parallelo a quella del Pentagono che ha nello scacchiere la task force con la portaerei Vinson e le unità lanciamissili. Diverse indiscrezioni sostengono che l’opzione militare non è così automatica e che l’obiettivo di Washington è quello di tenere sotto stress la Corea del Nord. I problemi restano e il tentato lancio del missile lo prova, in quanto dimostra che Kim non è poi così disposto ad ascoltare i “consigli” cinesi
video:
http://www.corriere.it/esteri/17_aprile ... 2ddd.shtml
PACIFICO
Milano, 15 aprile 2017 - 22:40
Nord Corea pronta alla guerra totale
Seul: «Fallito nuovo test missilistico»
Lo rivelano fonti della Corea del Sud, poi la conferma dal Pentagono. Nessun commento da Trump. Parata nelle vie di Pyongyang, esibiti i nuovi «missili intercontinentali»
di Guido Olimpio
WASHINGTON - Kim Jong un ha celebrato il nonno con una grande parata e 24 ore dopo ha cercato di festeggiarlo con l’ennesimo lancio di un missile. Ma la prova - secondo fonti del Sud, poi confermate dal Pentagono - sarebbe fallita. La notizia, trapelata nel tardo pomeriggio americano, ha rilanciato così i timori che si erano in parte attenuati in quanto la data simbolo del 15 aprile era trascorsa senza provocazioni. E, invece, il leader della Nord Corea avrebbero compiuto un’altra delle su mosse tirando un ordigno nella regione orientale di Simpo. Non è chiaro di che tipo, ma — riferisce la Cnn citando fonti del Pentagono — non si trattava di un vettore intercontinentale in grado di raggiungere gli Stati Uniti. Il lancio è avvenuto a poche ore dall’arrivo del vice presidente americano a Seul. Mike Pence sta viaggiando verso la Sud Corea sull’Air Force 2, è stato informato del nuovo test di lancio missilistico ed è in contatto con Donald Trump. Che ha rilasciato un brevissimo comunicato tramite il suo Segretario della Difesa Jim Mattis: «Il presidente ed il suo staff della Sicurezza Nazionale sono stati informati del lancio del missile nordcoreano. Per stasera non sono previsti commenti». Anche il governo giapponese conferma il tentativo fallito di lancio da parte della dittatura nordcoreana. E fa sapere che la sicurezza del Paese non è stata messa a rischio.
Imbarazzo
La sfida (fallita) di Kim mette in luce due aspetti. Il primo. Il dittatore prosegue sulla sua strada “muscolare” incurante delle pressioni diplomatiche e militari. Il secondo. Al tempo stesso il presunto flop dell’ordigno rappresenta una forma di imbarazzo in quanto coincide con lo show di forza del regime che ha fatto sfilare nella vie della capitale le sue armi migliori. L’altro aspetto più intrigante riguarda il test stesso: il missile è esploso per un’avaria oppure perché gli americani hanno attuato qualche forma di sabotaggio? Questa seconda ipotesi è legata alle rivelazioni di qualche settimana fa dove si sosteneva che il Pentagono era riuscito a “disturbare” le prove missilistiche. Tanto è vero che le autorità nord coreane avevano lanciato un’inchiesta per scoprire eventuali colpevoli.
Isteria
L’episodio, che potrebbe avere nuove conseguenze, ha rappresentato il seguito dei grandi festeggiamenti a Pyongyang in onore dello scomparso Kim Il sung, il padre-padrone della Corea del Nord e nonno dell’attuale leader. Lui, il Numero Uno, si è goduto la sfilata, alternando il volto corrucciato ai sorrisi, dall’alto dell’imponente tribuna. Al suo fianco i gerarchi, compreso il medagliato Kim Wong Hong, il potente ministro per la Sicurezza che avevano dato per giubilato. A conferma di come la porta girevole del potere sia in moto perenne. Dietro una colonna, quasi invisibile, qualcuno ha scorto Kim Yo-jong, la sorella del presidente. Il dittatore ha lasciato che a parlare fosse Choe Ryong Hae, altra figura della nomenklatura: «E’ colpa di Trump e dell’isteria americana se si è creata una situazione di conflitto - ha esordito - Gli Usa fanno un grande errore se ci considerano come l’Iraq e la Libia....Alla guerra totale risponderemo con quella totale, compresa quella nucleare». Un discorso in linea con il momento.
Linea rossa
Chiusa l’orazione, è stato impartito l’ordine di marcia ai reparti di fanteria con il passo dell’oca, ai tank, alle donne in costume tradizionale, quindi le nuove armi. I generali hanno mostrato un vettore a lungo raggio che potrebbe raggiungere il territorio Usa, quindi il Pokkuuksong, missile lanciabile da un sommergibile e il noto Musudan, destinato a «battere» le basi statunitensi a Guam. Allo scetticismo di qualche osservatore sullo status di questi sistemi (alimentato anche dal fallito test), gli esperti rispondono invitando a non sottovalutare l’apparato bellico del Nord e i suoi passi in avanti. Progressi favoriti dall’assistenza cinese, come dimostrano i reperti recuperati dai sud coreani dopo una recente prova di un ordigno. Un aiuto sconsiderato bilanciato ora dall’iniziativa diplomatica per ridurre la crisi. Pechino ha accusato Washington e Seul, ma anche messo in guardia il partner nord coreano sulle conseguenze. Cerchiobottismo legato ai recenti contatti tra il presidente Xi Jinping .e Trump in Florida.
Opzione militare
Secondo il New York Times i cinesi sono pronti ad accentuare la pressione su Pyongyang - in campo economico - e sono disposti a scambiare informazioni di intelligence con gli Stati Uniti. Altri elementi diplomatici potrebbero emergere nelle prossime ore in quanto il vice presidente Mike Pence visiterà Seul e Tokio. Missione in parallelo a quella del Pentagono che ha nello scacchiere la task force con la portaerei Vinson e le unità lanciamissili. Diverse indiscrezioni sostengono che l’opzione militare non è così automatica e che l’obiettivo di Washington è quello di tenere sotto stress la Corea del Nord. I problemi restano e il tentato lancio del missile lo prova, in quanto dimostra che Kim non è poi così disposto ad ascoltare i “consigli” cinesi
video:
http://www.corriere.it/esteri/17_aprile ... 2ddd.shtml
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Re: La Terza Guerra Mondiale
AVEVANO SCRITTO COSI’, …IERI:
Se oggi parte il missile di Kim Trump parte per la guerra
Washington aspetta un nuovo test nucleare nord coreano per scatenare i caccia. Mosca e Pechino provano a mediare
Valeria Robecco - Sab, 15/04/2017 - 08:03
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Dispiegamento in grande stile per le forze militari americane a ridosso della penisola coreana, quando è ormai scoccata l'ora x, ovvero quella di un possibile test nucleare di Pyongyang in occasione del 105esimo compleanno del padre fondatore Kim Il-sung, nonno dell'attuale leader Kim Jong-un.
Gli Stati Uniti - secondo quanto dichiarato a Nbc da fonti dell'intelligence - sono pronti a un raid preventivo con armi convenzionali contro la Corea del Nord se e quando saranno convinti che il regime si stia preparando al sesto test nucleare. Da parte sua Pyongyang ha avvertito che un «grande evento» è vicino, e il gruppo di analisti «38 North» ha affermato come «le attività delle ultime sei settimane nel sito nucleare di Punggye-ri facciano pensare ai preparativi finali per un test», che potrebbe avvenire proprio durante il fine settimana. Il Pentagono per ora non commenta le indiscrezioni di Nbc, ma gli Usa hanno posizionato due cacciatorpedinieri in grado di lanciare missili Tomahawk a meno di 500 chilometri dal sito dove sono stati effettuati i precedenti cinque test nucleari. Mentre bombardieri pesanti B-52 e B-2 Spirith (stealth, invisibili ai radar) sono dislocati nella base aerea di Guam, pronti ad attaccare la Nord Corea, se necessario. E la Uss Carl Vinson, portaerei classe Nimitz a propulsione nucleare di 97mila tonnellate, che trasporta 60 velivoli e imbarca 5mila tra uomini e donne, si sta avvicinando alla penisola.
Il presidente Donald Trump, costantemente aggiornato sugli sviluppi dai suoi più stretti collaboratori a Mar-a-Lago, in Florida, ha avvertito: «La Nord Corea è un problema... ce ne occuperemo». E il vice presidente Mike Pence domani sarà a Seul nell'ambito di un viaggio di dieci giorni in Asia, per mostrare l'impegno americano verso l'alleato sudcoreano. Il monito di
Pyongyang, invece, arriva dal vice ministro degli Esteri Han Song-ryol, il quale ha accusato il tycoon di aver creato un «circolo vizioso» di tensioni nella penisola, avvertendo che il suo Paese «andrà in guerra se» gli Stati Uniti «lo sceglieranno». Quindi ha puntato il dito contro le «manovre militari spericolate» degli Usa e i possibili «attacchi preventivi», e assicurato che la Corea del Nord «ha un potente deterrente nucleare». «Trump provoca in continuazione con le sue frasi aggressive», ha chiosato Han, precisando che la politica di Trump è «più violenta e aggressiva» di quella del suo predecessore, Barack Obama. Mentre un portavoce del Comando generale di Pyongyang ha fatto sapere tramite l'agenzia ufficiale Kcna che le forze armate nordcoreane sono pronte a prendere «le più dure» contromisure contro l'America se continuerà con le provocazioni. «Le nostre controazioni più dure contro gli Usa e i loro vassalli saranno prese senza alcuna pietà - ha tuonato - tali da non permettere all'aggressore di sopravvivere». Mosca e Pechino hanno espresso forti timori per la situazione nell'aerea: «È con grande preoccupazione che stiamo seguendo l'escalation delle tensioni - ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov - invitiamo tutti i Paesi a dar prova di moderazione». Mentre il ministro degli esteri cinese Wang Yi ha «invitato tutte le parti a smettere di minacciarsi a vicenda, a non permettere che la situazione diventi irreparabile». Poi la Cina ha sospeso i voli per Pyongyang da lunedì.
Sul fronte afghano, invece, la «superbomba» sganciata dagli Usa per colpire tunnel e grotte utilizzate dai miliziani Isis ha causato la morte di 82 militanti del Califfato, secondo il portavoce del governo provinciale, Ataullah Khogyani. L'arma potentissima, definita in gergo la «madre di tutte le bombe», dall'acronimo Moab, è stata lanciata in una rete di tunnel nel distretto di Achin della provincia di Nangarhar, e «ha completamente distrutto» l'obiettivo. Lo Stato Islamico, invece, tramite la sua agenzia Amaq, ha negato che il raid abbia fatto alcuna vittima tra i militanti jihadisti a Nangahar.
Se oggi parte il missile di Kim Trump parte per la guerra
Washington aspetta un nuovo test nucleare nord coreano per scatenare i caccia. Mosca e Pechino provano a mediare
Valeria Robecco - Sab, 15/04/2017 - 08:03
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Dispiegamento in grande stile per le forze militari americane a ridosso della penisola coreana, quando è ormai scoccata l'ora x, ovvero quella di un possibile test nucleare di Pyongyang in occasione del 105esimo compleanno del padre fondatore Kim Il-sung, nonno dell'attuale leader Kim Jong-un.
Gli Stati Uniti - secondo quanto dichiarato a Nbc da fonti dell'intelligence - sono pronti a un raid preventivo con armi convenzionali contro la Corea del Nord se e quando saranno convinti che il regime si stia preparando al sesto test nucleare. Da parte sua Pyongyang ha avvertito che un «grande evento» è vicino, e il gruppo di analisti «38 North» ha affermato come «le attività delle ultime sei settimane nel sito nucleare di Punggye-ri facciano pensare ai preparativi finali per un test», che potrebbe avvenire proprio durante il fine settimana. Il Pentagono per ora non commenta le indiscrezioni di Nbc, ma gli Usa hanno posizionato due cacciatorpedinieri in grado di lanciare missili Tomahawk a meno di 500 chilometri dal sito dove sono stati effettuati i precedenti cinque test nucleari. Mentre bombardieri pesanti B-52 e B-2 Spirith (stealth, invisibili ai radar) sono dislocati nella base aerea di Guam, pronti ad attaccare la Nord Corea, se necessario. E la Uss Carl Vinson, portaerei classe Nimitz a propulsione nucleare di 97mila tonnellate, che trasporta 60 velivoli e imbarca 5mila tra uomini e donne, si sta avvicinando alla penisola.
Il presidente Donald Trump, costantemente aggiornato sugli sviluppi dai suoi più stretti collaboratori a Mar-a-Lago, in Florida, ha avvertito: «La Nord Corea è un problema... ce ne occuperemo». E il vice presidente Mike Pence domani sarà a Seul nell'ambito di un viaggio di dieci giorni in Asia, per mostrare l'impegno americano verso l'alleato sudcoreano. Il monito di
Pyongyang, invece, arriva dal vice ministro degli Esteri Han Song-ryol, il quale ha accusato il tycoon di aver creato un «circolo vizioso» di tensioni nella penisola, avvertendo che il suo Paese «andrà in guerra se» gli Stati Uniti «lo sceglieranno». Quindi ha puntato il dito contro le «manovre militari spericolate» degli Usa e i possibili «attacchi preventivi», e assicurato che la Corea del Nord «ha un potente deterrente nucleare». «Trump provoca in continuazione con le sue frasi aggressive», ha chiosato Han, precisando che la politica di Trump è «più violenta e aggressiva» di quella del suo predecessore, Barack Obama. Mentre un portavoce del Comando generale di Pyongyang ha fatto sapere tramite l'agenzia ufficiale Kcna che le forze armate nordcoreane sono pronte a prendere «le più dure» contromisure contro l'America se continuerà con le provocazioni. «Le nostre controazioni più dure contro gli Usa e i loro vassalli saranno prese senza alcuna pietà - ha tuonato - tali da non permettere all'aggressore di sopravvivere». Mosca e Pechino hanno espresso forti timori per la situazione nell'aerea: «È con grande preoccupazione che stiamo seguendo l'escalation delle tensioni - ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov - invitiamo tutti i Paesi a dar prova di moderazione». Mentre il ministro degli esteri cinese Wang Yi ha «invitato tutte le parti a smettere di minacciarsi a vicenda, a non permettere che la situazione diventi irreparabile». Poi la Cina ha sospeso i voli per Pyongyang da lunedì.
Sul fronte afghano, invece, la «superbomba» sganciata dagli Usa per colpire tunnel e grotte utilizzate dai miliziani Isis ha causato la morte di 82 militanti del Califfato, secondo il portavoce del governo provinciale, Ataullah Khogyani. L'arma potentissima, definita in gergo la «madre di tutte le bombe», dall'acronimo Moab, è stata lanciata in una rete di tunnel nel distretto di Achin della provincia di Nangarhar, e «ha completamente distrutto» l'obiettivo. Lo Stato Islamico, invece, tramite la sua agenzia Amaq, ha negato che il raid abbia fatto alcuna vittima tra i militanti jihadisti a Nangahar.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Cosa accadrebbe se la Corea del Nord lanciasse un attacco nucleare
Esistono protocolli specifici per diversi scenari termonucleari, ma nessuno sa con certezza cosa accadrebbe se una guerra tra Stati Uniti e Corea del Nord si concretizzasse.
Franco Iacch - Sab, 15/04/2017 - 21:55
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È uno scenario da giorno del giudizio. Nonostante la retorica utilizzata in queste ore da Corea del Nord e Stati Uniti, l’unica opzione per risolvere la crisi nella regione resta quella diplomatica. Bisogna discernere un tweet dalla reale posizione politica e militare.
Medesimo ragionamento per la retorica del Nord.
Ammettiamo per assurdo che la Corea del Nord in maniera preventiva o per ritorsione ad un attacco convenzionale subito riuscisse a lanciare una o più testate nucleari. La Corea del Nord ha investito enormi risorse in una forza missilistica di proiezione mobile disseminata in profondità in tutto il paese. È praticamente certo che gli Stati Uniti, qualora dovessero decidere di attaccare preventivamente la Corea del Nord, non riuscirebbero ad azzerare le minaccia missilistica, perdendo quasi certamene Seul. Qualora un attacco missilistico nemico fosse ritenuto imminente, si attiverebbero i protocolli Kill Chain per la distruzione chirurgica preventiva dei siti di lancio, secondo le procedure 4D: rilevare, interrompere, distruggere, e difendere. Tuttavia, un attacco preventivo è sempre difficile da giustificare diplomaticamente, considerando che pochi secondi dopo scoppierebbe una guerra dalle conseguenze inimmaginabili.
Tale scenario si basa sui piani strategici elaborati da Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone. A riferimento prendiamo quindi il piano di emergenza OPLAN 5029 ed OPLAN 5027. Le specifiche dell’OPLAN 5015, infine, sono classificate ma, dovrebbe prevedere i piani di attacco preventivi contro la Corea del Nord. In questo scenario, tralasciamo la scarsa affidabilità degli intercettori basati in Alaska ed in California (programma da 36 miliardi di dollari) e le capacità del Pacific Missile Range (in fase di test) degli Stati Uniti. Tale wargame, infine, si basa sulla teoria e non considera alterazioni del paradigma (inevitabili) come il ruolo della Cina.
Prima fase: Testate nucleari in volo (scenario non SLBM)
Corea del Sud e Giappone, circa 180 milioni di persone e 75.000 soldati statunitensi sarebbero i principali obiettivi di un attacco nucleare del Nord. Ad essere immediatamente attivata sarebbe la Korea Air and Missile Defense. Se la Corea del Nord lanciasse un attacco convenzionale, i danni provocati sarebbero accettabili diversamente dalle testate nucleari contro cui il margine di intercettazione, pena conseguenze inaccettabili, dovrebbe raggiungere il 100%. Grado di certezza che non sarà mai possibile raggiungere. Il Kinetic Kill del Terminal High Altitude Area Defense o THAAD è ritenuto in grado di distruggere un missile balistico a medio e corto raggio grazie all’energia cinetica da impatto. Lockheed Martin, conferma un raggio di azione di 200 km ad un'altitudine operativa di 150 km ed una velocità massima di Mach 8.24. I sistemi THAAD chiudono il cerchio difensivo a protezione dello strato esterno della Corea del Sud, integrandosi ai sistemi Aegis e Patriot. Il suo raggio di intercettazione è di 120°: un sottomarino, concettualmente, potrebbe lanciare il suo carico da qualsiasi direzione. Una batteria THAAD si compone di sei lanciatori montati su camion per 48 intercettori, otto per ogni lanciatore, una unità di controllo del tiro e della comunicazione ed un radar AN / TPY-2. Il sistema migliora sostanzialmente la capacità di difesa contro un attacco missilistico della Corea del Nord, poiché quando incorporato in un’architettura di difesa, il THAAD incrementa la possibilità di intercettare i vettori in entrata, sebbene non rappresenti la difesa perfetta (non esiste). Per ammorbidire la posizione della Cina, il radar in banda X è posto in modalità di intercettazione terminale. Il THAAD è concepito per intercettare una manciata di missili in arrivo, non per contrastarne centinaia in fase terminale. Nessuno sistema missilistico di difesa assicura una schermatura completa. Nove cacciatorpediniere in turnazione sono sempre in pattugliamento al largo della Corea del Sud. La schermatura difensiva del Giappone è ritenuta più efficace di quella della Corea del Sud ed integrata nella rete statunitense. La maggior parte dei sistemi missilistici di difesa non sono mai stati testati in condizioni reali. Sono asset concepiti per ridurre la percentuale dei missili in entrata e per garantire la rappresaglia.
La rappresaglia
Prendiamo a riferimento l’OPLAN 8010-12, testo di riferimento strategico dove si rileva la “necessità di una volontà politica americana nell’impiegare le forze strategiche qualora la deterrenza fallisse”. Le soglie di tolleranza sono delineate, ma nell’OPLAN 8010 si rileva testualmente che “il presidente può ordinare a Stratcom di rispondere ad un atto ostile o ad una minaccia imminente”. Non vi è un vincolo sul potenziale uso del nucleare. OPLAN 8010 è un piano strategico che incorpora diversi elementi del potere nazionale per esercitare pressione ed ottenere effetti strategici contro avversari specifici. Qualora le testate della Corea del Nord venissero immediatamente intercettate, la risposta militare degli Stati Uniti sarebbe senza dubbio decisa, ma di natura convenzionale. Il punto è che una volta in volo, nessuno conoscerebbe il loro carico utile interno prima della loro detonazione. Da valutare anche il bersaglio prescelto, le potenziali vittime ed il numero di vettori lanciati. Queste alcune delle infinite variabili da considerare.
Ciò significa che il comandante in capo, il Presidente degli Stati Uniti, dovrà decidere in pochi minuti un immediato grado di risposta. In sintesi: Trump potrebbe ordinare una rappresaglia nucleare, mentre le le testate del Nord sono in volo. Sarebbe una decisone politica che richiede compostezza, giudizio, moderazione, abilità diplomatica e percezione delle tecnologia in possesso delle fazioni da colpire. Consentendo un’alterazione del paradigma, gli Stati Uniti potrebbero anche decidere di attendere l’efficacia e la natura dell’attacco del Nord prima di ordinare una rappresaglia di qualche tipo.
Se di natura convenzionale, lo scontro vedrebbe Stati Uniti e Corea del Sud piegare la Corea del Nord nel breve termine con una ragionevole certezza di perdere Seul. A riferimento prendiamo il Korea Massive Punishment and Retaliation, piano strategico di attacco della Corea del Sud per annientare Pyongyang con forze missilistiche, sbarramento di artiglieria ed invasione terrestre. Le perdite sarebbero elevatissime da entrambi gli schieramenti.
Se la Corea del Nord lanciasse un attacco nucleare, per i motivi spiegati in precedenza, gli Stati Uniti non avrebbero altra scelta che attivare la linea Trident II. Teoria, valutazioni e supposizioni. Innescata la guerra, ogni decisione politica e miliare diverrà più complicata.
La risposta proporzionale
E’ un concetto strategico. “Valutata la minaccia, una proporzionale risposta, ma in grado di arrestare il potere decisionale e militare di un nemico”. Tuttavia, una risposta proporzionale, una volta autorizzato il lancio di testate nucleari, non esiste. E’ un principio che dovrebbe guidare la valutazione immediata in uno scenario di guerra.
Per ridurre il tempo di volo dalla linea di fuoco fissa dei Minuteman in patria, Donald Trump autorizzerebbe il lancio da uno dei sottomarini strategici classe Ohio sempre in navigazione. Secondo il concetto della ridondanza Usa, da quattro a sei Ohio sono sempre in mare a copertura di potenziali obiettivi. Il concetto della proporzionalità si applica per la scelta delle testate da impiegare. Approssimativamente, i sottomarini balistici trasportano 890 testate.
La linea morbida di attacco è formata da 506 testate W76/Mk4A da 100 kt. La linea pesante da attacco è format da 384 testate pesanti W88 / MK5 da 455 kt.
E’ un grado distruttivo inimmaginabile. L’ordigno che colpì Hiroshima aveva una resa esplosiva di 15 kt. Il tempo necessario per lanciare un attacco nucleare è stimato in otto / dodici minuti. Esistono protocolli specifici per diversi scenari termonucleari, ma nessuno sa con certezza cosa accadrebbe se una guerra tra Stati Uniti e Corea del Nord si concretizzasse.
Esistono protocolli specifici per diversi scenari termonucleari, ma nessuno sa con certezza cosa accadrebbe se una guerra tra Stati Uniti e Corea del Nord si concretizzasse.
Franco Iacch - Sab, 15/04/2017 - 21:55
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È uno scenario da giorno del giudizio. Nonostante la retorica utilizzata in queste ore da Corea del Nord e Stati Uniti, l’unica opzione per risolvere la crisi nella regione resta quella diplomatica. Bisogna discernere un tweet dalla reale posizione politica e militare.
Medesimo ragionamento per la retorica del Nord.
Ammettiamo per assurdo che la Corea del Nord in maniera preventiva o per ritorsione ad un attacco convenzionale subito riuscisse a lanciare una o più testate nucleari. La Corea del Nord ha investito enormi risorse in una forza missilistica di proiezione mobile disseminata in profondità in tutto il paese. È praticamente certo che gli Stati Uniti, qualora dovessero decidere di attaccare preventivamente la Corea del Nord, non riuscirebbero ad azzerare le minaccia missilistica, perdendo quasi certamene Seul. Qualora un attacco missilistico nemico fosse ritenuto imminente, si attiverebbero i protocolli Kill Chain per la distruzione chirurgica preventiva dei siti di lancio, secondo le procedure 4D: rilevare, interrompere, distruggere, e difendere. Tuttavia, un attacco preventivo è sempre difficile da giustificare diplomaticamente, considerando che pochi secondi dopo scoppierebbe una guerra dalle conseguenze inimmaginabili.
Tale scenario si basa sui piani strategici elaborati da Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone. A riferimento prendiamo quindi il piano di emergenza OPLAN 5029 ed OPLAN 5027. Le specifiche dell’OPLAN 5015, infine, sono classificate ma, dovrebbe prevedere i piani di attacco preventivi contro la Corea del Nord. In questo scenario, tralasciamo la scarsa affidabilità degli intercettori basati in Alaska ed in California (programma da 36 miliardi di dollari) e le capacità del Pacific Missile Range (in fase di test) degli Stati Uniti. Tale wargame, infine, si basa sulla teoria e non considera alterazioni del paradigma (inevitabili) come il ruolo della Cina.
Prima fase: Testate nucleari in volo (scenario non SLBM)
Corea del Sud e Giappone, circa 180 milioni di persone e 75.000 soldati statunitensi sarebbero i principali obiettivi di un attacco nucleare del Nord. Ad essere immediatamente attivata sarebbe la Korea Air and Missile Defense. Se la Corea del Nord lanciasse un attacco convenzionale, i danni provocati sarebbero accettabili diversamente dalle testate nucleari contro cui il margine di intercettazione, pena conseguenze inaccettabili, dovrebbe raggiungere il 100%. Grado di certezza che non sarà mai possibile raggiungere. Il Kinetic Kill del Terminal High Altitude Area Defense o THAAD è ritenuto in grado di distruggere un missile balistico a medio e corto raggio grazie all’energia cinetica da impatto. Lockheed Martin, conferma un raggio di azione di 200 km ad un'altitudine operativa di 150 km ed una velocità massima di Mach 8.24. I sistemi THAAD chiudono il cerchio difensivo a protezione dello strato esterno della Corea del Sud, integrandosi ai sistemi Aegis e Patriot. Il suo raggio di intercettazione è di 120°: un sottomarino, concettualmente, potrebbe lanciare il suo carico da qualsiasi direzione. Una batteria THAAD si compone di sei lanciatori montati su camion per 48 intercettori, otto per ogni lanciatore, una unità di controllo del tiro e della comunicazione ed un radar AN / TPY-2. Il sistema migliora sostanzialmente la capacità di difesa contro un attacco missilistico della Corea del Nord, poiché quando incorporato in un’architettura di difesa, il THAAD incrementa la possibilità di intercettare i vettori in entrata, sebbene non rappresenti la difesa perfetta (non esiste). Per ammorbidire la posizione della Cina, il radar in banda X è posto in modalità di intercettazione terminale. Il THAAD è concepito per intercettare una manciata di missili in arrivo, non per contrastarne centinaia in fase terminale. Nessuno sistema missilistico di difesa assicura una schermatura completa. Nove cacciatorpediniere in turnazione sono sempre in pattugliamento al largo della Corea del Sud. La schermatura difensiva del Giappone è ritenuta più efficace di quella della Corea del Sud ed integrata nella rete statunitense. La maggior parte dei sistemi missilistici di difesa non sono mai stati testati in condizioni reali. Sono asset concepiti per ridurre la percentuale dei missili in entrata e per garantire la rappresaglia.
La rappresaglia
Prendiamo a riferimento l’OPLAN 8010-12, testo di riferimento strategico dove si rileva la “necessità di una volontà politica americana nell’impiegare le forze strategiche qualora la deterrenza fallisse”. Le soglie di tolleranza sono delineate, ma nell’OPLAN 8010 si rileva testualmente che “il presidente può ordinare a Stratcom di rispondere ad un atto ostile o ad una minaccia imminente”. Non vi è un vincolo sul potenziale uso del nucleare. OPLAN 8010 è un piano strategico che incorpora diversi elementi del potere nazionale per esercitare pressione ed ottenere effetti strategici contro avversari specifici. Qualora le testate della Corea del Nord venissero immediatamente intercettate, la risposta militare degli Stati Uniti sarebbe senza dubbio decisa, ma di natura convenzionale. Il punto è che una volta in volo, nessuno conoscerebbe il loro carico utile interno prima della loro detonazione. Da valutare anche il bersaglio prescelto, le potenziali vittime ed il numero di vettori lanciati. Queste alcune delle infinite variabili da considerare.
Ciò significa che il comandante in capo, il Presidente degli Stati Uniti, dovrà decidere in pochi minuti un immediato grado di risposta. In sintesi: Trump potrebbe ordinare una rappresaglia nucleare, mentre le le testate del Nord sono in volo. Sarebbe una decisone politica che richiede compostezza, giudizio, moderazione, abilità diplomatica e percezione delle tecnologia in possesso delle fazioni da colpire. Consentendo un’alterazione del paradigma, gli Stati Uniti potrebbero anche decidere di attendere l’efficacia e la natura dell’attacco del Nord prima di ordinare una rappresaglia di qualche tipo.
Se di natura convenzionale, lo scontro vedrebbe Stati Uniti e Corea del Sud piegare la Corea del Nord nel breve termine con una ragionevole certezza di perdere Seul. A riferimento prendiamo il Korea Massive Punishment and Retaliation, piano strategico di attacco della Corea del Sud per annientare Pyongyang con forze missilistiche, sbarramento di artiglieria ed invasione terrestre. Le perdite sarebbero elevatissime da entrambi gli schieramenti.
Se la Corea del Nord lanciasse un attacco nucleare, per i motivi spiegati in precedenza, gli Stati Uniti non avrebbero altra scelta che attivare la linea Trident II. Teoria, valutazioni e supposizioni. Innescata la guerra, ogni decisione politica e miliare diverrà più complicata.
La risposta proporzionale
E’ un concetto strategico. “Valutata la minaccia, una proporzionale risposta, ma in grado di arrestare il potere decisionale e militare di un nemico”. Tuttavia, una risposta proporzionale, una volta autorizzato il lancio di testate nucleari, non esiste. E’ un principio che dovrebbe guidare la valutazione immediata in uno scenario di guerra.
Per ridurre il tempo di volo dalla linea di fuoco fissa dei Minuteman in patria, Donald Trump autorizzerebbe il lancio da uno dei sottomarini strategici classe Ohio sempre in navigazione. Secondo il concetto della ridondanza Usa, da quattro a sei Ohio sono sempre in mare a copertura di potenziali obiettivi. Il concetto della proporzionalità si applica per la scelta delle testate da impiegare. Approssimativamente, i sottomarini balistici trasportano 890 testate.
La linea morbida di attacco è formata da 506 testate W76/Mk4A da 100 kt. La linea pesante da attacco è format da 384 testate pesanti W88 / MK5 da 455 kt.
E’ un grado distruttivo inimmaginabile. L’ordigno che colpì Hiroshima aveva una resa esplosiva di 15 kt. Il tempo necessario per lanciare un attacco nucleare è stimato in otto / dodici minuti. Esistono protocolli specifici per diversi scenari termonucleari, ma nessuno sa con certezza cosa accadrebbe se una guerra tra Stati Uniti e Corea del Nord si concretizzasse.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
TITOLAVA COSI' A PAGINA 12, IERI, IL FATTO QUOTIDIANO:
Alta tensioneTrump vuole il raid preventivo, Jong-un si scalda,
Pechino ammonisce: “La guerra può scoppiare in ogni momento”
The Donald, Kim
la Cina e il lungo
weekend di paura
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Re: La Terza Guerra Mondiale
UN PO’ INGENUI I SIGNORI DEL FATTO QUOTIDIANO.
L’articolo che commenta il lancio del missile inizia così:
Quella che voleva essere l’ennesima provocazione del regime di Kim Jong-un si è trasformata in un boomerang. E’ infatti fallito il tentativo della Corea del Nord di lanciare un nuovo missile dalla base militare di Simpo, sulla sua costa orientale, nel giorno in cui vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence è atterrato a Seul, in Corea del Sud.
1) Ciccio Kim, al di la della sua strampalata visione della vita, e del suo ostentato sprezzo del pericolo, sa benissimo cosa significa provocare un conflitto vero.
2) Per cui vale di rischiare un lancio flop. In questo modo tranquillizza non solo l’opinione pubblica a stelle e strisce, ma anche alcuni apparati militari. Se il potenziale nucleare di Ciccio kim è questo, possiamo dormire tra due guanciali.
3) Sono sicuri gli ammericà che le cose stiano così???????
Corea del Nord, tentato il lancio di un nuovo missile nel giorno in cui il vice di Trump arriva a Seul. Ma il test è fallito
MONDO
E' esploso quasi immediatamente dopo il decollo dalla base militare di Simpo, sulla costa orientale, alle 17.21 di sabato ora di Washington. Mike Pence, che inizia dalla Corea del Sud un tour di 10 giorni in Asia, era stato informato del tentativo durante il viaggio
di F. Q. | 16 aprile 2017
Quella che voleva essere l’ennesima provocazione del regime di Kim Jong-un si è trasformata in un boomerang. E’ infatti fallito il tentativo della Corea del Nord di lanciare un nuovo missile dalla base militare di Simpo, sulla sua costa orientale, nel giorno in cui vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence è atterrato a Seul, in Corea del Sud. E il giorno dopo la grande parata militare per la Giornata del Sole durante la quale Pyongyang ha mostrato i muscoli, facendo sfilare testate con gittata potenzialmente intercontinentale, e per bocca del vice presidente del Partito dei lavoratori Choe Ryong-ha ha avvertito gli Stati Uniti di Donald Trump di esser “pronta alla guerra nucleare“.
Il missile lanciato alle 17.21 di sabato ora di Washington (già il giorno seguente in Corea del Nord), è esploso quasi immediatamente dopo il decollo. Le prime indicazioni dalla Difesa sucoreana, poi la conferma dei militari Usa, secondo cui è stato utilizzato un unico missile e l’area interessata è la stessa da cui sono partiti altri recenti tentativi falliti di lanci.
Gli Usa non hanno commentato: il capo del Pentagono James Mattis si è limitato a un “no comment”. Pence, che inizia a Seul un tour di 10 giorni in Asia, era stato informato del tentativo durante il viaggio. La visita di Pence intende confortare gli alleati dell’Asia nel momento critico del confronto con la Corea del Nord. Il vicepresidente, che è accompagnato dalla moglie e dalle due figlie maggiori, vedrà il premier sudcoreano Hwang Kyo-ahn, che svolge le funzioni presidenziali, dopo l’impeachment della presidente Park Geun-hye in attesa delle elezioni di maggio. Pence, figlio di un reduce della Guerra di Corea (1950-53), del quale conserva la stella di bronzo in ufficio, fra l’altro deporrà una corona di fiori al Cimitero nazionale della capitale sudcoreana e poi si unirà alle truppe americane e sudcoreane per la messa pasquale e i festeggiamenti. Martedì sarà poi a Tokyo, dove incontrerà il premier Shinzo Abe, altro alleato strategico.
L’articolo che commenta il lancio del missile inizia così:
Quella che voleva essere l’ennesima provocazione del regime di Kim Jong-un si è trasformata in un boomerang. E’ infatti fallito il tentativo della Corea del Nord di lanciare un nuovo missile dalla base militare di Simpo, sulla sua costa orientale, nel giorno in cui vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence è atterrato a Seul, in Corea del Sud.
1) Ciccio Kim, al di la della sua strampalata visione della vita, e del suo ostentato sprezzo del pericolo, sa benissimo cosa significa provocare un conflitto vero.
2) Per cui vale di rischiare un lancio flop. In questo modo tranquillizza non solo l’opinione pubblica a stelle e strisce, ma anche alcuni apparati militari. Se il potenziale nucleare di Ciccio kim è questo, possiamo dormire tra due guanciali.
3) Sono sicuri gli ammericà che le cose stiano così???????
Corea del Nord, tentato il lancio di un nuovo missile nel giorno in cui il vice di Trump arriva a Seul. Ma il test è fallito
MONDO
E' esploso quasi immediatamente dopo il decollo dalla base militare di Simpo, sulla costa orientale, alle 17.21 di sabato ora di Washington. Mike Pence, che inizia dalla Corea del Sud un tour di 10 giorni in Asia, era stato informato del tentativo durante il viaggio
di F. Q. | 16 aprile 2017
Quella che voleva essere l’ennesima provocazione del regime di Kim Jong-un si è trasformata in un boomerang. E’ infatti fallito il tentativo della Corea del Nord di lanciare un nuovo missile dalla base militare di Simpo, sulla sua costa orientale, nel giorno in cui vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence è atterrato a Seul, in Corea del Sud. E il giorno dopo la grande parata militare per la Giornata del Sole durante la quale Pyongyang ha mostrato i muscoli, facendo sfilare testate con gittata potenzialmente intercontinentale, e per bocca del vice presidente del Partito dei lavoratori Choe Ryong-ha ha avvertito gli Stati Uniti di Donald Trump di esser “pronta alla guerra nucleare“.
Il missile lanciato alle 17.21 di sabato ora di Washington (già il giorno seguente in Corea del Nord), è esploso quasi immediatamente dopo il decollo. Le prime indicazioni dalla Difesa sucoreana, poi la conferma dei militari Usa, secondo cui è stato utilizzato un unico missile e l’area interessata è la stessa da cui sono partiti altri recenti tentativi falliti di lanci.
Gli Usa non hanno commentato: il capo del Pentagono James Mattis si è limitato a un “no comment”. Pence, che inizia a Seul un tour di 10 giorni in Asia, era stato informato del tentativo durante il viaggio. La visita di Pence intende confortare gli alleati dell’Asia nel momento critico del confronto con la Corea del Nord. Il vicepresidente, che è accompagnato dalla moglie e dalle due figlie maggiori, vedrà il premier sudcoreano Hwang Kyo-ahn, che svolge le funzioni presidenziali, dopo l’impeachment della presidente Park Geun-hye in attesa delle elezioni di maggio. Pence, figlio di un reduce della Guerra di Corea (1950-53), del quale conserva la stella di bronzo in ufficio, fra l’altro deporrà una corona di fiori al Cimitero nazionale della capitale sudcoreana e poi si unirà alle truppe americane e sudcoreane per la messa pasquale e i festeggiamenti. Martedì sarà poi a Tokyo, dove incontrerà il premier Shinzo Abe, altro alleato strategico.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
SE, CERCANDO INFORMAZIONI SU GOOGLE, CIRCA GIOVANNI XXIII, PAPA RONCALLI, VI IMBATTETE SU QUESTO, QUALE DEDUZIONE TRARRESTE, VISTO CHE SI STANNO IMPEGNANDO TUTTI AL MASSIMO LIVELLO PER FINIRE A SCHIFIO????????
Il mondo finirà nel 2017: arriva l'eclissi dell'Apocalisse | superEva
http://www.supereva.it/il-mondo-finira- ... isse-17183
Il 21 agosto del 2017 è prevista una grande eclissi di Sole che, secondo alcuni ... per prendere in mano l'ultimo libro della Bibbia, l'Apocallise di Giovanni, ...
Il mondo finirà nel 2017: arriva l'eclissi dell'Apocalisse | superEva
http://www.supereva.it/il-mondo-finira- ... isse-17183
Il 21 agosto del 2017 è prevista una grande eclissi di Sole che, secondo alcuni ... per prendere in mano l'ultimo libro della Bibbia, l'Apocallise di Giovanni, ...
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Re: La Terza Guerra Mondiale
PROVIAMO A CHIEDERCI PERCHE' CRAIG ROBERTS, SI PONE QUESTO QUADRO PER IL FUTURO???????????
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Craig Roberts: Putin si difenderà usando la bomba atomica
Scritto il 17/4/17 • nella Categoria: idee Condividi
Fine del film: la Russia, insieme alla Cina, si sta preparando a subire un attacco nucleare da parte degli Usa. E non starà certo a guardare. E’ la conclusione cui giunge un allarmatissimo Paul Craig Roberts, di fronte all’escalation in atto: i missili sulla Siria, le minacce a Mosca e quelle rivolte alla Corea del Nord. «I dirigenti russi, che a differenza dei bugiardi occidentali dicono la verità, hanno dichiarato in modo chiaro che la Russia non combatterà più una guerra nel proprio territorio», scrive Craig Roberts. «I russi non potevano specificarlo più chiaramente: provocate una guerra, dicono, e vi distruggiamo nel vostro territorio». Aggiunge l’ex viceministro di Reagan: «Washington è così arrogante e perduta nella sua hybris, da non capire che anni di bugie cristalline sulle intenzioni e azioni della Russia e dei russi hanno convinto la Russia che Washington stia preparando le popolazioni degli Stati Uniti e dei popoli prigionieri di Washington, nell’Europa dell’Ovest e dell’Est, nonché in Canada, Australia e Giappone, a un primo colpo nucleare Usa contro la Russia». Bombe atomiche: «C’è l’Arnageddon nucleare all’orizzonte?».
I già pubblicati piani di guerra degli Stati Uniti contro Pechino «hanno convinto la Cina della stessa cosa», scrive Craig Roberts sul suo blog, in un post tradotto da Pino Cabras per “Megachip”. «Se non è per la guerra, a che altro s’indirizza il cambiamento della dottrina di guerra negli Stati Uniti?». George W. Bush, ricorda l’analista americano, aveva abbandonato il ruolo “stabilizzatore” delle armi nucleari – l’equilibrio missilistico della deterrenza incrociata – per «spostarle da una funzione di rappresaglia a quella di un “primo attacco” nucleare». La nota teoria del “first strike”, un colpo missilistico a sorpresa. Poi, sempre Bush junior «si è tirato fuori dal trattato anti-missili balistici stipulato dal presidente Richard Nixon». Così, ora, «abbiamo siti missilistici Usa posizionati lungo i confini della Russia». In più, «raccontiamo ai russi la menzogna che i missili sono intesi a prevenire un attacco nucleare iraniano con missili balistici intercontinentali (Icbm) contro l’Europa». E questa menzogna, coninua Craig Roberts, «è raccontata e accettata dai burattini in Europa, nonostante il fatto, ben noto e incontestabile, che l’Iran non possieda né armi nucleari né Icbm». Ma i russi non lo accettano: «Sanno che è un’altra menzogna di Washington».
Così, «quando la Russia ascolta queste flagranti, palesi, evidenti bugie, sa che Washington intende un attacco nucleare preventivo contro la Russia», scrive Craig Roberts. «La Cina ha raggiunto le stesse conclusioni». Quindi, ecco la situazione: «Due paesi con forze nucleari si aspettano che i pazzi furiosi che governano l’Occidente stiano per attaccarli con le armi nucleari». E cosa stanno facendo, Russia e Cina? «Si stanno preparando per distruggere il malefico Occidente, un assortimento di bugiardi e criminali di guerra, di cui il mondo non ne ha mai sperimentato di simili in precedenza». E sono gli Stati Uniti, cioè la “superpotenza” che «dopo 16 anni è ancora incapace di sconfiggere poche migliaia di Taliban armati di armi leggere in Afghanistan», a rischiare grosso. «Putin ha dimostrato straordinaria pazienza, riguardo alle menzogne e provocazioni di Washington». Ma, avverte Craig Roberts, il capo del Cremlino «non può rischiare la Russia fidandosi di Washington, di cui nessuno può fidarsi: né il popolo americano, né il popolo russo, né popolo alcuno». Allarme rosso, dunque, visto che i media mainstream – che Roberts chiama “presstitutes”, stampa prostituita al potere – sono tutti saltati «sul carro della propaganda dello Stato Profondo», insieme alla “sinistra” liberal-progressista, anch’essa «complice della marcia verso l’Armageddon».
Perfettamente inutile aspettarsi qualche segnale positivo da parte di Donald Trump, che spedisce a Mosca il segretario di Stato, Rex Tillerson, con la faccia tosta di accusare la Russia dopo aver architettato l’attacco coi gas, in Siria, allo scopo di strappare Damasco alla tutela dei russi, vincitori sull’Isis armato dall’Occidente. «Un nuovo folle alla Casa Bianca ha sostituito il vecchio folle», conclude Craig Roberts. «Neanche 100 giorni in carica, e Trump è già un criminale di guerra insieme al resto del suo governo guerrafondaio». Stephen Cohen, «uno dei pochi americani rimasti informati sulla Russia», ha detto che Mosca si sta «preparando alla guerra calda», temendo che «i pazzi di Washington» intendano colpirla per primi con la bomba atomica. Insiste Craig Roberts: Russia e Cina spareranno i loro missili un minuto prima. E sarà la catastrofe. Pericolo massimo, anche e soprattutto perché nessuno ne parla. «Quando osservate il presidente e il governo a Washington, i governi europei (specie gli idioti a Londra), i governi canadese e australiano, potete solo meravigliarvi della totale stupidità della “leadership occidentale”. Stanno implorando la fine del mondo. E i puttanoni del giornalismo lavorano alacremente per trascinarci alla fine della vita». Craig Roberts è preoccupatissimo: «E’ in preparazione la scomparsa di enormi masse, tra i popoli occidentali. Ma non arrivano ad accorgersene, essendo protette dalla loro spensieratezza».
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Scritto il 17/4/17 • nella Categoria: idee Condividi
Fine del film: la Russia, insieme alla Cina, si sta preparando a subire un attacco nucleare da parte degli Usa. E non starà certo a guardare. E’ la conclusione cui giunge un allarmatissimo Paul Craig Roberts, di fronte all’escalation in atto: i missili sulla Siria, le minacce a Mosca e quelle rivolte alla Corea del Nord. «I dirigenti russi, che a differenza dei bugiardi occidentali dicono la verità, hanno dichiarato in modo chiaro che la Russia non combatterà più una guerra nel proprio territorio», scrive Craig Roberts. «I russi non potevano specificarlo più chiaramente: provocate una guerra, dicono, e vi distruggiamo nel vostro territorio». Aggiunge l’ex viceministro di Reagan: «Washington è così arrogante e perduta nella sua hybris, da non capire che anni di bugie cristalline sulle intenzioni e azioni della Russia e dei russi hanno convinto la Russia che Washington stia preparando le popolazioni degli Stati Uniti e dei popoli prigionieri di Washington, nell’Europa dell’Ovest e dell’Est, nonché in Canada, Australia e Giappone, a un primo colpo nucleare Usa contro la Russia». Bombe atomiche: «C’è l’Arnageddon nucleare all’orizzonte?».
I già pubblicati piani di guerra degli Stati Uniti contro Pechino «hanno convinto la Cina della stessa cosa», scrive Craig Roberts sul suo blog, in un post tradotto da Pino Cabras per “Megachip”. «Se non è per la guerra, a che altro s’indirizza il cambiamento della dottrina di guerra negli Stati Uniti?». George W. Bush, ricorda l’analista americano, aveva abbandonato il ruolo “stabilizzatore” delle armi nucleari – l’equilibrio missilistico della deterrenza incrociata – per «spostarle da una funzione di rappresaglia a quella di un “primo attacco” nucleare». La nota teoria del “first strike”, un colpo missilistico a sorpresa. Poi, sempre Bush junior «si è tirato fuori dal trattato anti-missili balistici stipulato dal presidente Richard Nixon». Così, ora, «abbiamo siti missilistici Usa posizionati lungo i confini della Russia». In più, «raccontiamo ai russi la menzogna che i missili sono intesi a prevenire un attacco nucleare iraniano con missili balistici intercontinentali (Icbm) contro l’Europa». E questa menzogna, coninua Craig Roberts, «è raccontata e accettata dai burattini in Europa, nonostante il fatto, ben noto e incontestabile, che l’Iran non possieda né armi nucleari né Icbm». Ma i russi non lo accettano: «Sanno che è un’altra menzogna di Washington».
Così, «quando la Russia ascolta queste flagranti, palesi, evidenti bugie, sa che Washington intende un attacco nucleare preventivo contro la Russia», scrive Craig Roberts. «La Cina ha raggiunto le stesse conclusioni». Quindi, ecco la situazione: «Due paesi con forze nucleari si aspettano che i pazzi furiosi che governano l’Occidente stiano per attaccarli con le armi nucleari». E cosa stanno facendo, Russia e Cina? «Si stanno preparando per distruggere il malefico Occidente, un assortimento di bugiardi e criminali di guerra, di cui il mondo non ne ha mai sperimentato di simili in precedenza». E sono gli Stati Uniti, cioè la “superpotenza” che «dopo 16 anni è ancora incapace di sconfiggere poche migliaia di Taliban armati di armi leggere in Afghanistan», a rischiare grosso. «Putin ha dimostrato straordinaria pazienza, riguardo alle menzogne e provocazioni di Washington». Ma, avverte Craig Roberts, il capo del Cremlino «non può rischiare la Russia fidandosi di Washington, di cui nessuno può fidarsi: né il popolo americano, né il popolo russo, né popolo alcuno». Allarme rosso, dunque, visto che i media mainstream – che Roberts chiama “presstitutes”, stampa prostituita al potere – sono tutti saltati «sul carro della propaganda dello Stato Profondo», insieme alla “sinistra” liberal-progressista, anch’essa «complice della marcia verso l’Armageddon».
Perfettamente inutile aspettarsi qualche segnale positivo da parte di Donald Trump, che spedisce a Mosca il segretario di Stato, Rex Tillerson, con la faccia tosta di accusare la Russia dopo aver architettato l’attacco coi gas, in Siria, allo scopo di strappare Damasco alla tutela dei russi, vincitori sull’Isis armato dall’Occidente. «Un nuovo folle alla Casa Bianca ha sostituito il vecchio folle», conclude Craig Roberts. «Neanche 100 giorni in carica, e Trump è già un criminale di guerra insieme al resto del suo governo guerrafondaio». Stephen Cohen, «uno dei pochi americani rimasti informati sulla Russia», ha detto che Mosca si sta «preparando alla guerra calda», temendo che «i pazzi di Washington» intendano colpirla per primi con la bomba atomica. Insiste Craig Roberts: Russia e Cina spareranno i loro missili un minuto prima. E sarà la catastrofe. Pericolo massimo, anche e soprattutto perché nessuno ne parla. «Quando osservate il presidente e il governo a Washington, i governi europei (specie gli idioti a Londra), i governi canadese e australiano, potete solo meravigliarvi della totale stupidità della “leadership occidentale”. Stanno implorando la fine del mondo. E i puttanoni del giornalismo lavorano alacremente per trascinarci alla fine della vita». Craig Roberts è preoccupatissimo: «E’ in preparazione la scomparsa di enormi masse, tra i popoli occidentali. Ma non arrivano ad accorgersene, essendo protette dalla loro spensieratezza».
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