Renzi
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Re: Renzi
20 mar 2018 09:45
CIRCO ORFINI – "UNA COALIZIONE TRA DEM E GRILLINI? UNA STRAMPALATA IDEA DI ORGIA" - IL SILURO DEL PRESIDENTE DEL PD A VELTRONI CHE AVEVA ESORTATO I DEM A "DIALOGARE" COL M5s "SOTTO LA REGIA" DI MATTARELLA: “NO AD ALLEANZE CON DI MAIO PER POI OTTENERE NEL 2022 LA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA...” - VIDEO
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 169681.htm
CIRCO ORFINI – "UNA COALIZIONE TRA DEM E GRILLINI? UNA STRAMPALATA IDEA DI ORGIA" - IL SILURO DEL PRESIDENTE DEL PD A VELTRONI CHE AVEVA ESORTATO I DEM A "DIALOGARE" COL M5s "SOTTO LA REGIA" DI MATTARELLA: “NO AD ALLEANZE CON DI MAIO PER POI OTTENERE NEL 2022 LA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA...” - VIDEO
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 169681.htm
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Re: Renzi
.........COLTIVATORI (DIRETTI) DI PALLE E FRATTAGLIE.....
Inizia così oggi il suo articolo di fondo il direttore dell'Espresso, Marco Damilano, dal titolo:
Tu chiamala se vuoi
Opposizione
Opposizione. Il Partito democratico riscopre dunque questa parola dal sapore antico, mentre le due Camere si riuniscono per la prima volta ed eleggono i loro presidenti, l'apertura della nuova legislatura.
E' familiare, rassicurante , mette calore mentre fuori fa freddo in queste giornate di inizio primavera.
Resteremo all'opposizione, gli elettori hanno voluto così, ripete il reggente(meglio auto reggente-ndt) del Pd Maurizio Martina e prima di lui il capo dimissionario Matteo Renzi, e tutte le anime del partito, solo in questo unite.<<<<PER LUCFIG- iL pasticcio è stato realizzato dalla nota banda criminale
Potrà fare bene un tempo di opposizione, di minoranza, per un partito che negli ultimi anni si è associato al sistema, fino ad appiattirsi.........................................................Oggi, però, quel quaranta per cento raccolto nel 2014 appare un exploit isolato in una catena interminabile di sconfitte, un risultato su cui la classe politica del Pd non è riuscita a costruire un progetto in grado di durare nel tempo, essendo completamente mancati <<più riflessione, più preparazione>>, come auspicava Renzi e anche più comunicazione, che per il leader più social della sinistra italiana assomiglia a una beffa.
CARO MARCO DAMILANO, SE PINOCCHIO MUSSOLONI E' DI SINISTRA, ALLORA IO SONO UN CAMMELLO A DIECI GOBBE CON IL COLLO DA GIRAFFA E LA CODA DA CAIMANO BLU. SE TU SEI CONVINTO DI QUESTO, TI OFFRO LA POSSIBILITA' DI ARRICCHIRTI MOSTRANDOMI IN TUTTI I CIRCHI EQUESTRI DEL MONDO.
Inizia così oggi il suo articolo di fondo il direttore dell'Espresso, Marco Damilano, dal titolo:
Tu chiamala se vuoi
Opposizione
Opposizione. Il Partito democratico riscopre dunque questa parola dal sapore antico, mentre le due Camere si riuniscono per la prima volta ed eleggono i loro presidenti, l'apertura della nuova legislatura.
E' familiare, rassicurante , mette calore mentre fuori fa freddo in queste giornate di inizio primavera.
Resteremo all'opposizione, gli elettori hanno voluto così, ripete il reggente(meglio auto reggente-ndt) del Pd Maurizio Martina e prima di lui il capo dimissionario Matteo Renzi, e tutte le anime del partito, solo in questo unite.<<<<PER LUCFIG- iL pasticcio è stato realizzato dalla nota banda criminale
Potrà fare bene un tempo di opposizione, di minoranza, per un partito che negli ultimi anni si è associato al sistema, fino ad appiattirsi.........................................................Oggi, però, quel quaranta per cento raccolto nel 2014 appare un exploit isolato in una catena interminabile di sconfitte, un risultato su cui la classe politica del Pd non è riuscita a costruire un progetto in grado di durare nel tempo, essendo completamente mancati <<più riflessione, più preparazione>>, come auspicava Renzi e anche più comunicazione, che per il leader più social della sinistra italiana assomiglia a una beffa.
CARO MARCO DAMILANO, SE PINOCCHIO MUSSOLONI E' DI SINISTRA, ALLORA IO SONO UN CAMMELLO A DIECI GOBBE CON IL COLLO DA GIRAFFA E LA CODA DA CAIMANO BLU. SE TU SEI CONVINTO DI QUESTO, TI OFFRO LA POSSIBILITA' DI ARRICCHIRTI MOSTRANDOMI IN TUTTI I CIRCHI EQUESTRI DEL MONDO.
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Re: Renzi
Satira Preventiva
I falsi indirizzi comprati dal Pd
Impossibile arginare il traffico di profili social. I dati di una cheerleader valgono dieci volte quelli di un professore
di Michele Serra
22 marzo 2018
Come arginare il traffico dei profili Facebook?
Come impedire che postando una tua foto mentre lavi i denti, i tuoi dati personali finiscano in una banca dati controllata da dentisti senza scrupoli?
Esistono ancora margini per tutelare la privacy in rete?
E sopratutto, come si fa a spiegare il concetto di privacy a uno che ha appena messo in rete una fotografia dei suoi alluci?
Le conseguenze Ormai chi controlla le grandi banche dati è in grado non solamente di decidere le elezioni americane e di quasi tutti i paesi del mondo (http://www.votantonio.org è ormai uno dei potenti della Terra), ma addirittura di condizionare la soluzione del sudoku sui principali quotidiani.
CONTINUA
I falsi indirizzi comprati dal Pd
Impossibile arginare il traffico di profili social. I dati di una cheerleader valgono dieci volte quelli di un professore
di Michele Serra
22 marzo 2018
Come arginare il traffico dei profili Facebook?
Come impedire che postando una tua foto mentre lavi i denti, i tuoi dati personali finiscano in una banca dati controllata da dentisti senza scrupoli?
Esistono ancora margini per tutelare la privacy in rete?
E sopratutto, come si fa a spiegare il concetto di privacy a uno che ha appena messo in rete una fotografia dei suoi alluci?
Le conseguenze Ormai chi controlla le grandi banche dati è in grado non solamente di decidere le elezioni americane e di quasi tutti i paesi del mondo (http://www.votantonio.org è ormai uno dei potenti della Terra), ma addirittura di condizionare la soluzione del sudoku sui principali quotidiani.
CONTINUA
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Re: Renzi
Dal sito dell'Espresso:
Analisi
Perché tornare all'opposizione per il Pd è un vero trauma
Il Partito Democratico è nato con l'obiettivo di essere un partito di governo. Ma ora riscopre un ruolo di minoranza. Ma per fare cosa, per essere chi? È il momento di ripensare tutto
di Marco Damilano
27 marzo 2018
Opposizione. Il Partito democratico riscopre dunque questa parola dal sapore antico, mentre le due Camere si riuniscono per la prima volta ed eleggono i loro presidenti, l’apertura della nuova legislatura. È familiare, rassicurante, mette calore mentre fuori fa freddo, come in queste giornate di inizio primavera. Resteremo all’opposizione, gli elettori hanno voluto così, ripete il reggente del Pd Maurizio Martina e prima di lui il capo dimissionario Matteo Renzi, e tutte le anime del partito, solo in questo unite.
Potrà fare bene un tempo di opposizione, di minoranza, per un partito che negli ultimi anni si è associato al sistema, fino ad appiattirsi. E va accolto con favore il proposito di non mescolarsi con i vincitori (presunti vincitori) del 4 marzo. Eppure questo è il punto di partenza. Perché, una volta formulata la parola, opposizione, bisogna immediatamente porsi la seconda domanda. Opposizione, per fare cosa? Opposizione per essere chi? «Qual è il suo Pd?», chiesi tre anni fa a Matteo Renzi, intervistandolo a Palazzo Chigi nei primi mesi del 2015.
«È il Pd che ha preso il 41 per cento alle europee», mi rispose. «È un accidente della storia? È un voto che si è costruito sulla sottrazione, rispetto alla crisi di Berlusconi e alla paura di Beppe Grillo? Per me è stato il tentativo di dipingere un’idea dell’Italia. L’Italia paese della speranza, in cui tutto è ancora possibile, contro Grillo, Berlusconi, Salvini e lo stesso Vendola che parlavano il linguaggio della rabbia. Per continuare a sviluppare questa idea c’è bisogno di più riflessione, più preparazione. E più comunicazione».
vedi anche:
renzi
Matteo Renzi: "Ecco l'Italia che sogno"
Il premier anticipa le prossime mosse: accordo fiscale col Vaticano, la riforma del Pd, la Rai, la sinistra. E un governo che funzioni come una giunta
Oggi, però, quel quaranta per cento raccolto nel 2014 appare un exploit isolato in una catena interminabile di sconfitte, un risultato su cui la classe politica del Pd non è riuscita a costruire un progetto in grado di durare nel tempo, essendo completamente mancati «più riflessione, più preparazione», come auspicava Renzi, e anche più comunicazione, che per il leader più social della storia della sinistra italiana assomiglia a una beffa. E soprattutto: se il Pd si identificava con un numero, il 40 per cento, cioè l’idea di rappresentare la maggioranza degli italiani, il centro sociale del Paese, un blocco di riferimento di dieci milioni di elettori che coincidevano più o meno con la platea che aveva usufruito della misura degli 80 euro, qual è l’identità di un partito che oggi di quei voti raccoglie meno della metà in termini percentuali e quasi la metà in assoluto?
Il Pd passa all’opposizione, ma il suo destino, la sua ragione sociale, fin dall’inizio, è stato il governo. La conclusione di un lungo percorso. Dal Pci di Enrico Berlinguer, il partito di lotta e di governo, la stagione in cui era possibile governare stando all’opposizione, il «lottagovernare» di cui scriveva Leonardo Sciascia, all’Ulivo di Romano Prodi, con Massimo D’Alema arrivato a Palazzo Chigi, ma nella condizione del figlio di un dio minore, senza passare dal voto degli italiani e sotto la tutela di Francesco Cossiga, dei centristi, dell’establishment economico finanziario, da Marco Tronchetti Provera a Enrico Cuccia incontrato a casa di Alfio Marchini. Fino alla nascita del Pd, nato nel 2007 con il discorso del Lingotto di Walter Veltroni.
Matteo Renzi
Matteo Renzi
Vocazione maggioritaria, fu così definito l’orizzonte in cui muoversi: rappresentare la società italiana in tutte le sue pieghe, come aveva fatto a suo tempo il partito di governo per eccellenza, la Dc. «Il Pd lo pensavo così: una sorta di Democrazia cristiana più laica, più a sinistra, ma non troppo diversa dalla Dc del dopoguerra. Una Balena rosa», spiegò all’epoca Marco Follini a Aldo Cazzullo sul “Corriere”. Lo statuto del nuovo partito, con la scelta delle primarie aperte a tutti gli elettori come metodo di elezione del leader, e l’identificazione tra il segretario del partito e il candidato premier completava la trasformazione. Il sogno di una democrazia all’americana, E l’impossibilità di immaginare un Pd fuori dalla prospettiva di essere un partito di governo, anzi, il partito egemone del governo. Era questa l’ambizione che stava dietro il progetto renziano del Pd partito della Nazione, definizione di Alfredo Reichlin, il grande dirigente del Pci scomparso esattamente un anno fa in questi giorni, il 21 marzo 2017. Reichlin confidava che Renzi si era impossessato di quell’immagine senza mai ringraziare lui che ne era l’autore e senza forse averne capito pienamente il senso: l’idea di un partito che si definisse per la sua missione storica e per la sua funzione nazionale, e non soltanto, come poi è diventata la vulgata renziana, un contenitore ad alto tasso trasformistico, in grado di prendere consensi ovunque, da sinistra e da destra, dai post-comunisti agli ex berlusconiani, il partito acchiappatutto.
Luigi Di Maio
Luigi Di Maio
Oggi quella funzione, per uno scherzo della storia, è stata occupata dal Movimento 5 Stelle. È la formazione di Luigi Di Maio il nuovo partito della Nazione che mette insieme elettori di ogni provenienza e classi sociali trasversali, l’interclassismo, si sarebbe detto un tempo, e generazioni e spinte territoriali diverse. E ora prova, con una metamorfosi spettacolare, a rovesciarsi nell’opposto, il nuovo partito di sistema. Oppure, evoluzione molto più inquietante, in un sistema totalitario, come sembra fare Davide Casaleggio sul Washington Post quando contrappone il Movimento 5 Stelle a tutti gli altri partiti: tutti sono destinati a scomparire tranne M5S. Una visione anti-costituzionale, poiché la Costituzione affida ai partiti il compito di rappresentare i cittadini per «determinare la politica nazionale». E poco coerente con M5S che invece in Parlamento rivendica presidenze, posti, incarichi.
Mentre per il Pd la vocazione maggioritaria si è capovolta in vocazione minoritaria, il partito della Nazione è al più il partito della Regione (la Toscana e neppure tutta) e i fautori del senso di responsabilità di ieri, sostenitori delle larghe intese con Berlusconi, sono i pasdaran di oggi, dell’opposizione a ogni costo. Ma non c’è un Bernie Sanders o un Jeremy Corbyn all’orizzonte, un leader capace di incarnare la nuova stagione radicale, quella in cui si tornerà a dire no, dopo aver detto tanti sì.
L’opposizione ha un valore se si accompagna a un ripensamento totale del proprio ruolo e della tavola dei valori e degli interessi. Oppure c’è un’altra strada, quella suggerita da Veltroni, uscire dall’isolamento e giocare un ruolo per dividere la Lega dai 5 Stelle, per spaccare la destra, per aiutare il presidente della Repubblica a trovare una soluzione alla crisi che non indebolisca il Paese di fronte all’Europa. Quello che non si può fare è utilizzare l’opposizione come riparo, una posizione di comodo per vedere che effetto fanno le contraddizioni dei detestati Di Maio e Salvini chiamati alla prova del governo. Fare l’opposizione come si stava al governo, perché nulla cambi.
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partito democratico
Pd
Analisi
Perché tornare all'opposizione per il Pd è un vero trauma
Il Partito Democratico è nato con l'obiettivo di essere un partito di governo. Ma ora riscopre un ruolo di minoranza. Ma per fare cosa, per essere chi? È il momento di ripensare tutto
di Marco Damilano
27 marzo 2018
Opposizione. Il Partito democratico riscopre dunque questa parola dal sapore antico, mentre le due Camere si riuniscono per la prima volta ed eleggono i loro presidenti, l’apertura della nuova legislatura. È familiare, rassicurante, mette calore mentre fuori fa freddo, come in queste giornate di inizio primavera. Resteremo all’opposizione, gli elettori hanno voluto così, ripete il reggente del Pd Maurizio Martina e prima di lui il capo dimissionario Matteo Renzi, e tutte le anime del partito, solo in questo unite.
Potrà fare bene un tempo di opposizione, di minoranza, per un partito che negli ultimi anni si è associato al sistema, fino ad appiattirsi. E va accolto con favore il proposito di non mescolarsi con i vincitori (presunti vincitori) del 4 marzo. Eppure questo è il punto di partenza. Perché, una volta formulata la parola, opposizione, bisogna immediatamente porsi la seconda domanda. Opposizione, per fare cosa? Opposizione per essere chi? «Qual è il suo Pd?», chiesi tre anni fa a Matteo Renzi, intervistandolo a Palazzo Chigi nei primi mesi del 2015.
«È il Pd che ha preso il 41 per cento alle europee», mi rispose. «È un accidente della storia? È un voto che si è costruito sulla sottrazione, rispetto alla crisi di Berlusconi e alla paura di Beppe Grillo? Per me è stato il tentativo di dipingere un’idea dell’Italia. L’Italia paese della speranza, in cui tutto è ancora possibile, contro Grillo, Berlusconi, Salvini e lo stesso Vendola che parlavano il linguaggio della rabbia. Per continuare a sviluppare questa idea c’è bisogno di più riflessione, più preparazione. E più comunicazione».
vedi anche:
renzi
Matteo Renzi: "Ecco l'Italia che sogno"
Il premier anticipa le prossime mosse: accordo fiscale col Vaticano, la riforma del Pd, la Rai, la sinistra. E un governo che funzioni come una giunta
Oggi, però, quel quaranta per cento raccolto nel 2014 appare un exploit isolato in una catena interminabile di sconfitte, un risultato su cui la classe politica del Pd non è riuscita a costruire un progetto in grado di durare nel tempo, essendo completamente mancati «più riflessione, più preparazione», come auspicava Renzi, e anche più comunicazione, che per il leader più social della storia della sinistra italiana assomiglia a una beffa. E soprattutto: se il Pd si identificava con un numero, il 40 per cento, cioè l’idea di rappresentare la maggioranza degli italiani, il centro sociale del Paese, un blocco di riferimento di dieci milioni di elettori che coincidevano più o meno con la platea che aveva usufruito della misura degli 80 euro, qual è l’identità di un partito che oggi di quei voti raccoglie meno della metà in termini percentuali e quasi la metà in assoluto?
Il Pd passa all’opposizione, ma il suo destino, la sua ragione sociale, fin dall’inizio, è stato il governo. La conclusione di un lungo percorso. Dal Pci di Enrico Berlinguer, il partito di lotta e di governo, la stagione in cui era possibile governare stando all’opposizione, il «lottagovernare» di cui scriveva Leonardo Sciascia, all’Ulivo di Romano Prodi, con Massimo D’Alema arrivato a Palazzo Chigi, ma nella condizione del figlio di un dio minore, senza passare dal voto degli italiani e sotto la tutela di Francesco Cossiga, dei centristi, dell’establishment economico finanziario, da Marco Tronchetti Provera a Enrico Cuccia incontrato a casa di Alfio Marchini. Fino alla nascita del Pd, nato nel 2007 con il discorso del Lingotto di Walter Veltroni.
Matteo Renzi
Matteo Renzi
Vocazione maggioritaria, fu così definito l’orizzonte in cui muoversi: rappresentare la società italiana in tutte le sue pieghe, come aveva fatto a suo tempo il partito di governo per eccellenza, la Dc. «Il Pd lo pensavo così: una sorta di Democrazia cristiana più laica, più a sinistra, ma non troppo diversa dalla Dc del dopoguerra. Una Balena rosa», spiegò all’epoca Marco Follini a Aldo Cazzullo sul “Corriere”. Lo statuto del nuovo partito, con la scelta delle primarie aperte a tutti gli elettori come metodo di elezione del leader, e l’identificazione tra il segretario del partito e il candidato premier completava la trasformazione. Il sogno di una democrazia all’americana, E l’impossibilità di immaginare un Pd fuori dalla prospettiva di essere un partito di governo, anzi, il partito egemone del governo. Era questa l’ambizione che stava dietro il progetto renziano del Pd partito della Nazione, definizione di Alfredo Reichlin, il grande dirigente del Pci scomparso esattamente un anno fa in questi giorni, il 21 marzo 2017. Reichlin confidava che Renzi si era impossessato di quell’immagine senza mai ringraziare lui che ne era l’autore e senza forse averne capito pienamente il senso: l’idea di un partito che si definisse per la sua missione storica e per la sua funzione nazionale, e non soltanto, come poi è diventata la vulgata renziana, un contenitore ad alto tasso trasformistico, in grado di prendere consensi ovunque, da sinistra e da destra, dai post-comunisti agli ex berlusconiani, il partito acchiappatutto.
Luigi Di Maio
Luigi Di Maio
Oggi quella funzione, per uno scherzo della storia, è stata occupata dal Movimento 5 Stelle. È la formazione di Luigi Di Maio il nuovo partito della Nazione che mette insieme elettori di ogni provenienza e classi sociali trasversali, l’interclassismo, si sarebbe detto un tempo, e generazioni e spinte territoriali diverse. E ora prova, con una metamorfosi spettacolare, a rovesciarsi nell’opposto, il nuovo partito di sistema. Oppure, evoluzione molto più inquietante, in un sistema totalitario, come sembra fare Davide Casaleggio sul Washington Post quando contrappone il Movimento 5 Stelle a tutti gli altri partiti: tutti sono destinati a scomparire tranne M5S. Una visione anti-costituzionale, poiché la Costituzione affida ai partiti il compito di rappresentare i cittadini per «determinare la politica nazionale». E poco coerente con M5S che invece in Parlamento rivendica presidenze, posti, incarichi.
Mentre per il Pd la vocazione maggioritaria si è capovolta in vocazione minoritaria, il partito della Nazione è al più il partito della Regione (la Toscana e neppure tutta) e i fautori del senso di responsabilità di ieri, sostenitori delle larghe intese con Berlusconi, sono i pasdaran di oggi, dell’opposizione a ogni costo. Ma non c’è un Bernie Sanders o un Jeremy Corbyn all’orizzonte, un leader capace di incarnare la nuova stagione radicale, quella in cui si tornerà a dire no, dopo aver detto tanti sì.
L’opposizione ha un valore se si accompagna a un ripensamento totale del proprio ruolo e della tavola dei valori e degli interessi. Oppure c’è un’altra strada, quella suggerita da Veltroni, uscire dall’isolamento e giocare un ruolo per dividere la Lega dai 5 Stelle, per spaccare la destra, per aiutare il presidente della Repubblica a trovare una soluzione alla crisi che non indebolisca il Paese di fronte all’Europa. Quello che non si può fare è utilizzare l’opposizione come riparo, una posizione di comodo per vedere che effetto fanno le contraddizioni dei detestati Di Maio e Salvini chiamati alla prova del governo. Fare l’opposizione come si stava al governo, perché nulla cambi.
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Re: Renzi
8 mar 2018 12:08
SINGOLARI COINCIDENZE: IL DUCETTO PERDE ELEZIONI E POLTRONE E SCAFARTO VIENE RIABILITATO
– IL TRIBUNALE DEL RIESAME CANCELLA LA SOSPENSIONE DAI CARABINIERI DELL’UFFICIALE, DECISA DALLA PROCURA DI ROMA
– ERA ACCUSATO DI AVER FALSIFICATO INTERCETTAZIONI SU TIZIANO RENZI, BABBO DELL’EX SEGRETARIO DEM
Edoardo Izzo per La Stampa
SCAFARTO
SCAFARTO
Nuovo colpo di scena nell' inchiesta Consip. Il maggiore dei carabinieri, Gianpaolo Scafarto, ex Noe, torna in servizio. Il tribunale del Riesame di Roma ha annullato la misura interdittiva della sospensione per un anno data a Scafarto accusato dalla procura di Roma di rivelazione del segreto istruttorio, depistaggio, e ben cinque episodi di falso. «Non si può ricavare alcun elemento di convinzione sulla dolosa falsità dell' informativa dalla dichiarazione di Scafarto "questo passaggio è vitale per arrestare Tiziano".
MATTEO RENZI TIZIANO
MATTEO RENZI TIZIANO
Al contrario l' ufficiale se avesse voluto falsificare non avrebbe sottolineato la cosa ai propri uomini», sottolinea l' ordinanza del Riesame. «L' indiziato non ha avuto nessun atteggiamento persecutorio nei confronti di Tiziano Renzi e l' attribuzione della frase incriminata a Bocchino sarebbe emersa in dibattimento», da tutti questi elementi emerge la buona fede di Scafarto anche perché lo stesso ufficiale si preoccupò di correggere altri errori materiali dell' informativa che potevano avvalorare le tesi accusatorie.
Alfredo Romeo 3
Alfredo Romeo 3
All' ufficiale, i magistrati romani, contestano di aver creato ad «arte» un capitolo su un presunto e mai provato coinvolgimento dei servizi segreti e di aver attribuito all' imprenditore napoletano Alfredo Romeo una frase su un incontro con Tiziano Renzi, papà dell' ex segretario del Pd Matteo pronunciata invece dall' ex An Italo Bocchino.
Per Scafarto quell' intercettazione era la «pistola fumante», la prova che l' incontro tra Renzi senior e Romeo era realmente avvenuto. Ma quel riscontro, cercato disperatamente dal maggiore che era disposto anche a «barare» pur di ottenerlo, sarebbe stato trovato oggi dai pm di Roma. Un incontro tra Tiziano Renzi e Romeo sarebbe, infatti, avvenuto nel 2014 a Firenze e a provarlo ci sono le celle telefoniche che «fotografano» i due nello medesimo luogo nello stesso momento.
italo bocchino
italo bocchino
Renzi senior ha detto di non aver mai incontrato Romeo, ma se ha mentito, ciò non basterebbe a provare il traffico di influenze illecite.
Babbo Renzi incolpa l' imprenditore di Scandicci, Carlo Russo (indagato per lo stesso reato) che avrebbe «abusato del suo cognome» quando al telefono con Romeo parlava di appalti e mazzette. Proprio per questo il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, l' aggiunto Paolo Ielo, e il pm Mario Palazzi volevano interrogare sia Romeo sia Russo.
CARLO RUSSO
CARLO RUSSO
Il primo, convocato a febbraio, era disposto a parlare del maxi appalto Fm4 bandito dalla Centrale acquisti della pubblica amministrazione, ma non di Renzi senior. Russo invece, convocato ad ottobre scorso in gran segreto, si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti ai pm. Entrambi lo hanno fatto per coprire qualcuno? Il protetto è Tiziano Renzi? Le indagini sul caso Consip sono lontane dalla conclusione.
LUCA LOTTI E TIZIANO RENZI
LUCA LOTTI E TIZIANO RENZI
Attualmente sono oltre 20 le persone che rischiano il processo nell' inchiesta sulla Centrale acquisti della pubblica amministrazione: tra gli altri il ministro dello Sport Luca Lotti, il cui interrogatorio previsto per ieri è stato rinviato.
SINGOLARI COINCIDENZE: IL DUCETTO PERDE ELEZIONI E POLTRONE E SCAFARTO VIENE RIABILITATO
– IL TRIBUNALE DEL RIESAME CANCELLA LA SOSPENSIONE DAI CARABINIERI DELL’UFFICIALE, DECISA DALLA PROCURA DI ROMA
– ERA ACCUSATO DI AVER FALSIFICATO INTERCETTAZIONI SU TIZIANO RENZI, BABBO DELL’EX SEGRETARIO DEM
Edoardo Izzo per La Stampa
SCAFARTO
SCAFARTO
Nuovo colpo di scena nell' inchiesta Consip. Il maggiore dei carabinieri, Gianpaolo Scafarto, ex Noe, torna in servizio. Il tribunale del Riesame di Roma ha annullato la misura interdittiva della sospensione per un anno data a Scafarto accusato dalla procura di Roma di rivelazione del segreto istruttorio, depistaggio, e ben cinque episodi di falso. «Non si può ricavare alcun elemento di convinzione sulla dolosa falsità dell' informativa dalla dichiarazione di Scafarto "questo passaggio è vitale per arrestare Tiziano".
MATTEO RENZI TIZIANO
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Al contrario l' ufficiale se avesse voluto falsificare non avrebbe sottolineato la cosa ai propri uomini», sottolinea l' ordinanza del Riesame. «L' indiziato non ha avuto nessun atteggiamento persecutorio nei confronti di Tiziano Renzi e l' attribuzione della frase incriminata a Bocchino sarebbe emersa in dibattimento», da tutti questi elementi emerge la buona fede di Scafarto anche perché lo stesso ufficiale si preoccupò di correggere altri errori materiali dell' informativa che potevano avvalorare le tesi accusatorie.
Alfredo Romeo 3
Alfredo Romeo 3
All' ufficiale, i magistrati romani, contestano di aver creato ad «arte» un capitolo su un presunto e mai provato coinvolgimento dei servizi segreti e di aver attribuito all' imprenditore napoletano Alfredo Romeo una frase su un incontro con Tiziano Renzi, papà dell' ex segretario del Pd Matteo pronunciata invece dall' ex An Italo Bocchino.
Per Scafarto quell' intercettazione era la «pistola fumante», la prova che l' incontro tra Renzi senior e Romeo era realmente avvenuto. Ma quel riscontro, cercato disperatamente dal maggiore che era disposto anche a «barare» pur di ottenerlo, sarebbe stato trovato oggi dai pm di Roma. Un incontro tra Tiziano Renzi e Romeo sarebbe, infatti, avvenuto nel 2014 a Firenze e a provarlo ci sono le celle telefoniche che «fotografano» i due nello medesimo luogo nello stesso momento.
italo bocchino
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Renzi senior ha detto di non aver mai incontrato Romeo, ma se ha mentito, ciò non basterebbe a provare il traffico di influenze illecite.
Babbo Renzi incolpa l' imprenditore di Scandicci, Carlo Russo (indagato per lo stesso reato) che avrebbe «abusato del suo cognome» quando al telefono con Romeo parlava di appalti e mazzette. Proprio per questo il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, l' aggiunto Paolo Ielo, e il pm Mario Palazzi volevano interrogare sia Romeo sia Russo.
CARLO RUSSO
CARLO RUSSO
Il primo, convocato a febbraio, era disposto a parlare del maxi appalto Fm4 bandito dalla Centrale acquisti della pubblica amministrazione, ma non di Renzi senior. Russo invece, convocato ad ottobre scorso in gran segreto, si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti ai pm. Entrambi lo hanno fatto per coprire qualcuno? Il protetto è Tiziano Renzi? Le indagini sul caso Consip sono lontane dalla conclusione.
LUCA LOTTI E TIZIANO RENZI
LUCA LOTTI E TIZIANO RENZI
Attualmente sono oltre 20 le persone che rischiano il processo nell' inchiesta sulla Centrale acquisti della pubblica amministrazione: tra gli altri il ministro dello Sport Luca Lotti, il cui interrogatorio previsto per ieri è stato rinviato.
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Re: Renzi
SECONDO VOI PERCHE' LA SOLITA BANDA HA (CLOCCATO<<<<<< ) BLOCCATO IL COPIA INCOLLA SUL PORTATILE
IL CAMBIARE LETTERA E' UNA LORO SPECIALITA'- MA INDICA UN CERVELLO INFERIORE A QUELLO DELLE GALLINE-
SOLO UN CERVELLO AVARIATO PUO' PROVARE SIDDISFAZIONE DA QUESTE EMERITE CRETINATE
IlFattoQuotidiano.it / BLOG di Andrea Scanzi
Pd, la finissima strategia politica renziana: il rosicamento
Politica | 28 marzo 2018
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Più informazioni su: Luigi di Maio, Matteo Renzi, Matteo Salvini, PD
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Andrea Scanzi
Giornalista e scrittore
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Dopo giorni e giorni di attente analisi e osservazioni, ho finalmente compreso la finissima strategia politica di Matteo Renzi e dunque del Pd: il rosicamento. Chi ancora fa appelli per un accordo tra M5S e Pd, e sapete che io non li ho mai fatti, spera l’impossibile. E non è il caso.
A oggi il Pd è ancora pressoché interamente renziano e non può esserci accordo tra grillini e renziani: sono due mondi inconciliabili. Credo poi che, se fosse chiesto alla base del Pd (ammesso che una “base” ancora esista) se vuole o no un accordo con Di Maio, la maggioranza direbbe no. Chi ancora vota Pd è in larga parte renziano, mentre chi era possibilista nei confronti dei 5 Stelle si è già spostato e ormai li vota (infatti sono passati dal 40 abbondante al 18 stitico in neanche quattro anni). Sarebbe certo giusto chiedere agli iscritti cosa fare, ma ritengo che – in maniera del tutto lecita, s’intende – risponderebbero così: “Con i grillini neanche morti”. E’ tempo di capire che l’equazione “Pd=partito di sinistra” non ha senso da un bel pezzo, essendo ormai il Pd un partito personalistico e padronale, gestito da un reuccio che non ne indovina mezza ma che non ha oppositori interni.
Torniamo però alla finissima strategia politica elaborata da Renzi, sempre bravissimo a non imparare nulla dai propri (continui) errori e dalle proprie (infinite) sconfitte. Dopo avere distrutto in quattro anni un partito, Renzi e i renziani hanno partorito un’altra strategia puntualmente infantile e sconsiderata: “Tanto meglio tanto peggio”. Oppure, se preferite: “Lasciamoli schiantare”.
Dopo una Waterloo di dimensioni bibliche, l’unica cosa che questi geni contemporanei hanno saputo partorire è stato il rosicamento. La reazione rancorosa di chi ha perso e se ne sta in un angolo, sperando che un meteorite cada sul campo e che a quel punto Dio gli dia la vittoria a tavolino. Infatti son lì che tifano perché Luigi Di Maio vada con Matteo Salvini e magari pure con Berlusconi, per poter poi dire che anche i grillini ci hanno la rogna e che Nicola Morra in un’altra vita è stato Goring.
Chissà cosa ha mai fatto l’Italia per meritarsi questo morbo goffo-renziano che fa danni tanto quando vince (quasi mai) quanto quando perde (quasi sempre). Certo, sarebbe ora che questi benedetti “non-renziani del Pd”, entità ormai metafisica e trascendente, battessero un colpo: ma non lo battono mica. E la mestizia, nel frattempo, esonda.
I renziani hanno perso tutto e ancora danno la colpa agli elettori, alla sfiga e alla congiura: che maturità politica accecante. Si sono autoconsegnati all’irrilevanza e ne godono pure. Starsene in disparte come bambini mocciosi e sperare nel disastro altrui – e incidentalmente del paese – è tanto infantile quanto politicamente folle. Un Aventino dei poveri, anzi dei poveracci, che non fa che regalare altro consenso a M5S e centrodestra, che è poi quel che in fondo ha (quasi) sempre fatto il Pd. Riuscendo persino a peggiorare di giorno in giorno, fino a questo parossismo di boria&nulla chiamato renzismo.
IL CAMBIARE LETTERA E' UNA LORO SPECIALITA'- MA INDICA UN CERVELLO INFERIORE A QUELLO DELLE GALLINE-
SOLO UN CERVELLO AVARIATO PUO' PROVARE SIDDISFAZIONE DA QUESTE EMERITE CRETINATE
IlFattoQuotidiano.it / BLOG di Andrea Scanzi
Pd, la finissima strategia politica renziana: il rosicamento
Politica | 28 marzo 2018
249
7,9 mila
Più informazioni su: Luigi di Maio, Matteo Renzi, Matteo Salvini, PD
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Andrea Scanzi
Giornalista e scrittore
Post | Articoli
Dopo giorni e giorni di attente analisi e osservazioni, ho finalmente compreso la finissima strategia politica di Matteo Renzi e dunque del Pd: il rosicamento. Chi ancora fa appelli per un accordo tra M5S e Pd, e sapete che io non li ho mai fatti, spera l’impossibile. E non è il caso.
A oggi il Pd è ancora pressoché interamente renziano e non può esserci accordo tra grillini e renziani: sono due mondi inconciliabili. Credo poi che, se fosse chiesto alla base del Pd (ammesso che una “base” ancora esista) se vuole o no un accordo con Di Maio, la maggioranza direbbe no. Chi ancora vota Pd è in larga parte renziano, mentre chi era possibilista nei confronti dei 5 Stelle si è già spostato e ormai li vota (infatti sono passati dal 40 abbondante al 18 stitico in neanche quattro anni). Sarebbe certo giusto chiedere agli iscritti cosa fare, ma ritengo che – in maniera del tutto lecita, s’intende – risponderebbero così: “Con i grillini neanche morti”. E’ tempo di capire che l’equazione “Pd=partito di sinistra” non ha senso da un bel pezzo, essendo ormai il Pd un partito personalistico e padronale, gestito da un reuccio che non ne indovina mezza ma che non ha oppositori interni.
Torniamo però alla finissima strategia politica elaborata da Renzi, sempre bravissimo a non imparare nulla dai propri (continui) errori e dalle proprie (infinite) sconfitte. Dopo avere distrutto in quattro anni un partito, Renzi e i renziani hanno partorito un’altra strategia puntualmente infantile e sconsiderata: “Tanto meglio tanto peggio”. Oppure, se preferite: “Lasciamoli schiantare”.
Dopo una Waterloo di dimensioni bibliche, l’unica cosa che questi geni contemporanei hanno saputo partorire è stato il rosicamento. La reazione rancorosa di chi ha perso e se ne sta in un angolo, sperando che un meteorite cada sul campo e che a quel punto Dio gli dia la vittoria a tavolino. Infatti son lì che tifano perché Luigi Di Maio vada con Matteo Salvini e magari pure con Berlusconi, per poter poi dire che anche i grillini ci hanno la rogna e che Nicola Morra in un’altra vita è stato Goring.
Chissà cosa ha mai fatto l’Italia per meritarsi questo morbo goffo-renziano che fa danni tanto quando vince (quasi mai) quanto quando perde (quasi sempre). Certo, sarebbe ora che questi benedetti “non-renziani del Pd”, entità ormai metafisica e trascendente, battessero un colpo: ma non lo battono mica. E la mestizia, nel frattempo, esonda.
I renziani hanno perso tutto e ancora danno la colpa agli elettori, alla sfiga e alla congiura: che maturità politica accecante. Si sono autoconsegnati all’irrilevanza e ne godono pure. Starsene in disparte come bambini mocciosi e sperare nel disastro altrui – e incidentalmente del paese – è tanto infantile quanto politicamente folle. Un Aventino dei poveri, anzi dei poveracci, che non fa che regalare altro consenso a M5S e centrodestra, che è poi quel che in fondo ha (quasi) sempre fatto il Pd. Riuscendo persino a peggiorare di giorno in giorno, fino a questo parossismo di boria&nulla chiamato renzismo.
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Re: Renzi
E' normale Zione che diano la colpa ad altri e non a se stessi.UncleTom ha scritto:SECONDO VOI PERCHE' LA SOLITA BANDA HA (CLOCCATO<<<<<< ) BLOCCATO IL COPIA INCOLLA SUL PORTATILE
IL CAMBIARE LETTERA E' UNA LORO SPECIALITA'- MA INDICA UN CERVELLO INFERIORE A QUELLO DELLE GALLINE-
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Dopo giorni e giorni di attente analisi e osservazioni, ho finalmente compreso la finissima strategia politica di Matteo Renzi e dunque del Pd: il rosicamento. Chi ancora fa appelli per un accordo tra M5S e Pd, e sapete che io non li ho mai fatti, spera l’impossibile. E non è il caso.
A oggi il Pd è ancora pressoché interamente renziano e non può esserci accordo tra grillini e renziani: sono due mondi inconciliabili. Credo poi che, se fosse chiesto alla base del Pd (ammesso che una “base” ancora esista) se vuole o no un accordo con Di Maio, la maggioranza direbbe no. Chi ancora vota Pd è in larga parte renziano, mentre chi era possibilista nei confronti dei 5 Stelle si è già spostato e ormai li vota (infatti sono passati dal 40 abbondante al 18 stitico in neanche quattro anni). Sarebbe certo giusto chiedere agli iscritti cosa fare, ma ritengo che – in maniera del tutto lecita, s’intende – risponderebbero così: “Con i grillini neanche morti”. E’ tempo di capire che l’equazione “Pd=partito di sinistra” non ha senso da un bel pezzo, essendo ormai il Pd un partito personalistico e padronale, gestito da un reuccio che non ne indovina mezza ma che non ha oppositori interni.
Torniamo però alla finissima strategia politica elaborata da Renzi, sempre bravissimo a non imparare nulla dai propri (continui) errori e dalle proprie (infinite) sconfitte. Dopo avere distrutto in quattro anni un partito, Renzi e i renziani hanno partorito un’altra strategia puntualmente infantile e sconsiderata: “Tanto meglio tanto peggio”. Oppure, se preferite: “Lasciamoli schiantare”.
Dopo una Waterloo di dimensioni bibliche, l’unica cosa che questi geni contemporanei hanno saputo partorire è stato il rosicamento. La reazione rancorosa di chi ha perso e se ne sta in un angolo, sperando che un meteorite cada sul campo e che a quel punto Dio gli dia la vittoria a tavolino. Infatti son lì che tifano perché Luigi Di Maio vada con Matteo Salvini e magari pure con Berlusconi, per poter poi dire che anche i grillini ci hanno la rogna e che Nicola Morra in un’altra vita è stato Goring.
Chissà cosa ha mai fatto l’Italia per meritarsi questo morbo goffo-renziano che fa danni tanto quando vince (quasi mai) quanto quando perde (quasi sempre). Certo, sarebbe ora che questi benedetti “non-renziani del Pd”, entità ormai metafisica e trascendente, battessero un colpo: ma non lo battono mica. E la mestizia, nel frattempo, esonda.
I renziani hanno perso tutto e ancora danno la colpa agli elettori, alla sfiga e alla congiura: che maturità politica accecante. Si sono autoconsegnati all’irrilevanza e ne godono pure. Starsene in disparte come bambini mocciosi e sperare nel disastro altrui – e incidentalmente del paese – è tanto infantile quanto politicamente folle. Un Aventino dei poveri, anzi dei poveracci, che non fa che regalare altro consenso a M5S e centrodestra, che è poi quel che in fondo ha (quasi) sempre fatto il Pd. Riuscendo persino a peggiorare di giorno in giorno, fino a questo parossismo di boria&nulla chiamato renzismo.
Ammettere di aver cannato non e' da tutti.
Il PD a mio avviso, E' FINITO e si portera dietro sia il "buono" che il "cattivo" !
Per il "cattivo" mi sta bene cosi!!
Purtroppo il "buono" per un certo qual modo se lo merita.
La paura di perdere lo scranno fa questo e anche altro.
Solo quando si sono accorti che non sarebbero mai più stati ricandidati, alcuni se la sogno svignata in furia e fretta ma purtroppo al popolo gli e' rimasta ancora la memoria.
Per il resto, lasciamo perdere
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Renzi
Analisi
Perché tornare all'opposizione per il Pd è un vero trauma
Il Partito Democratico è nato con l'obiettivo di essere un partito di governo. Ma ora riscopre un ruolo di minoranza. Ma per fare cosa, per essere chi? È il momento di ripensare tutto
di Marco Damilano
27 marzo 2018
Opposizione. Il Partito democratico riscopre dunque questa parola dal sapore antico, mentre le due Camere si riuniscono per la prima volta ed eleggono i loro presidenti, l’apertura della nuova legislatura. È familiare, rassicurante, mette calore mentre fuori fa freddo, come in queste giornate di inizio primavera. Resteremo all’opposizione, gli elettori hanno voluto così, ripete il reggente del Pd Maurizio Martina e prima di lui il capo dimissionario Matteo Renzi, e tutte le anime del partito, solo in questo unite.
Potrà fare bene un tempo di opposizione, di minoranza, per un partito che negli ultimi anni si è associato al sistema, fino ad appiattirsi. E va accolto con favore il proposito di non mescolarsi con i vincitori (presunti vincitori) del 4 marzo. Eppure questo è il punto di partenza. Perché, una volta formulata la parola, opposizione, bisogna immediatamente porsi la seconda domanda. Opposizione, per fare cosa? Opposizione per essere chi? «Qual è il suo Pd?», chiesi tre anni fa a Matteo Renzi, intervistandolo a Palazzo Chigi nei primi mesi del 2015.
«È il Pd che ha preso il 41 per cento alle europee», mi rispose. «È un accidente della storia? È un voto che si è costruito sulla sottrazione, rispetto alla crisi di Berlusconi e alla paura di Beppe Grillo? Per me è stato il tentativo di dipingere un’idea dell’Italia. L’Italia paese della speranza, in cui tutto è ancora possibile, contro Grillo, Berlusconi, Salvini e lo stesso Vendola che parlavano il linguaggio della rabbia. Per continuare a sviluppare questa idea c’è bisogno di più riflessione, più preparazione. E più comunicazione».
vedi anche:
renzi
Matteo Renzi: "Ecco l'Italia che sogno"
Il premier anticipa le prossime mosse: accordo fiscale col Vaticano, la riforma del Pd, la Rai, la sinistra. E un governo che funzioni come una giunta
Oggi, però, quel quaranta per cento raccolto nel 2014 appare un exploit isolato in una catena interminabile di sconfitte, un risultato su cui la classe politica del Pd non è riuscita a costruire un progetto in grado di durare nel tempo, essendo completamente mancati «più riflessione, più preparazione», come auspicava Renzi, e anche più comunicazione, che per il leader più social della storia della sinistra italiana assomiglia a una beffa. E soprattutto: se il Pd si identificava con un numero, il 40 per cento, cioè l’idea di rappresentare la maggioranza degli italiani, il centro sociale del Paese, un blocco di riferimento di dieci milioni di elettori che coincidevano più o meno con la platea che aveva usufruito della misura degli 80 euro, qual è l’identità di un partito che oggi di quei voti raccoglie meno della metà in termini percentuali e quasi la metà in assoluto?
Il Pd passa all’opposizione, ma il suo destino, la sua ragione sociale, fin dall’inizio, è stato il governo. La conclusione di un lungo percorso. Dal Pci di Enrico Berlinguer, il partito di lotta e di governo, la stagione in cui era possibile governare stando all’opposizione, il «lottagovernare» di cui scriveva Leonardo Sciascia, all’Ulivo di Romano Prodi, con Massimo D’Alema arrivato a Palazzo Chigi, ma nella condizione del figlio di un dio minore, senza passare dal voto degli italiani e sotto la tutela di Francesco Cossiga, dei centristi, dell’establishment economico finanziario, da Marco Tronchetti Provera a Enrico Cuccia incontrato a casa di Alfio Marchini. Fino alla nascita del Pd, nato nel 2007 con il discorso del Lingotto di Walter Veltroni.
Matteo Renzi
Matteo Renzi
Vocazione maggioritaria, fu così definito l’orizzonte in cui muoversi: rappresentare la società italiana in tutte le sue pieghe, come aveva fatto a suo tempo il partito di governo per eccellenza, la Dc. «Il Pd lo pensavo così: una sorta di Democrazia cristiana più laica, più a sinistra, ma non troppo diversa dalla Dc del dopoguerra. Una Balena rosa», spiegò all’epoca Marco Follini a Aldo Cazzullo sul “Corriere”. Lo statuto del nuovo partito, con la scelta delle primarie aperte a tutti gli elettori come metodo di elezione del leader, e l’identificazione tra il segretario del partito e il candidato premier completava la trasformazione. Il sogno di una democrazia all’americana, E l’impossibilità di immaginare un Pd fuori dalla prospettiva di essere un partito di governo, anzi, il partito egemone del governo. Era questa l’ambizione che stava dietro il progetto renziano del Pd partito della Nazione, definizione di Alfredo Reichlin, il grande dirigente del Pci scomparso esattamente un anno fa in questi giorni, il 21 marzo 2017. Reichlin confidava che Renzi si era impossessato di quell’immagine senza mai ringraziare lui che ne era l’autore e senza forse averne capito pienamente il senso: l’idea di un partito che si definisse per la sua missione storica e per la sua funzione nazionale, e non soltanto, come poi è diventata la vulgata renziana, un contenitore ad alto tasso trasformistico, in grado di prendere consensi ovunque, da sinistra e da destra, dai post-comunisti agli ex berlusconiani, il partito acchiappatutto.
Luigi Di Maio
Luigi Di Maio
Oggi quella funzione, per uno scherzo della storia, è stata occupata dal Movimento 5 Stelle. È la formazione di Luigi Di Maio il nuovo partito della Nazione che mette insieme elettori di ogni provenienza e classi sociali trasversali, l’interclassismo, si sarebbe detto un tempo, e generazioni e spinte territoriali diverse. E ora prova, con una metamorfosi spettacolare, a rovesciarsi nell’opposto, il nuovo partito di sistema. Oppure, evoluzione molto più inquietante, in un sistema totalitario, come sembra fare Davide Casaleggio sul Washington Post quando contrappone il Movimento 5 Stelle a tutti gli altri partiti: tutti sono destinati a scomparire tranne M5S. Una visione anti-costituzionale, poiché la Costituzione affida ai partiti il compito di rappresentare i cittadini per «determinare la politica nazionale». E poco coerente con M5S che invece in Parlamento rivendica presidenze, posti, incarichi.
Mentre per il Pd la vocazione maggioritaria si è capovolta in vocazione minoritaria, il partito della Nazione è al più il partito della Regione (la Toscana e neppure tutta) e i fautori del senso di responsabilità di ieri, sostenitori delle larghe intese con Berlusconi, sono i pasdaran di oggi, dell’opposizione a ogni costo. Ma non c’è un Bernie Sanders o un Jeremy Corbyn all’orizzonte, un leader capace di incarnare la nuova stagione radicale, quella in cui si tornerà a dire no, dopo aver detto tanti sì.
L’opposizione ha un valore se si accompagna a un ripensamento totale del proprio ruolo e della tavola dei valori e degli interessi. Oppure c’è un’altra strada, quella suggerita da Veltroni, uscire dall’isolamento e giocare un ruolo per dividere la Lega dai 5 Stelle, per spaccare la destra, per aiutare il presidente della Repubblica a trovare una soluzione alla crisi che non indebolisca il Paese di fronte all’Europa. Quello che non si può fare è utilizzare l’opposizione come riparo, una posizione di comodo per vedere che effetto fanno le contraddizioni dei detestati Di Maio e Salvini chiamati alla prova del governo. Fare l’opposizione come si stava al governo, perché nulla cambi.
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partito democratico
Pd
Perché tornare all'opposizione per il Pd è un vero trauma
Il Partito Democratico è nato con l'obiettivo di essere un partito di governo. Ma ora riscopre un ruolo di minoranza. Ma per fare cosa, per essere chi? È il momento di ripensare tutto
di Marco Damilano
27 marzo 2018
Opposizione. Il Partito democratico riscopre dunque questa parola dal sapore antico, mentre le due Camere si riuniscono per la prima volta ed eleggono i loro presidenti, l’apertura della nuova legislatura. È familiare, rassicurante, mette calore mentre fuori fa freddo, come in queste giornate di inizio primavera. Resteremo all’opposizione, gli elettori hanno voluto così, ripete il reggente del Pd Maurizio Martina e prima di lui il capo dimissionario Matteo Renzi, e tutte le anime del partito, solo in questo unite.
Potrà fare bene un tempo di opposizione, di minoranza, per un partito che negli ultimi anni si è associato al sistema, fino ad appiattirsi. E va accolto con favore il proposito di non mescolarsi con i vincitori (presunti vincitori) del 4 marzo. Eppure questo è il punto di partenza. Perché, una volta formulata la parola, opposizione, bisogna immediatamente porsi la seconda domanda. Opposizione, per fare cosa? Opposizione per essere chi? «Qual è il suo Pd?», chiesi tre anni fa a Matteo Renzi, intervistandolo a Palazzo Chigi nei primi mesi del 2015.
«È il Pd che ha preso il 41 per cento alle europee», mi rispose. «È un accidente della storia? È un voto che si è costruito sulla sottrazione, rispetto alla crisi di Berlusconi e alla paura di Beppe Grillo? Per me è stato il tentativo di dipingere un’idea dell’Italia. L’Italia paese della speranza, in cui tutto è ancora possibile, contro Grillo, Berlusconi, Salvini e lo stesso Vendola che parlavano il linguaggio della rabbia. Per continuare a sviluppare questa idea c’è bisogno di più riflessione, più preparazione. E più comunicazione».
vedi anche:
renzi
Matteo Renzi: "Ecco l'Italia che sogno"
Il premier anticipa le prossime mosse: accordo fiscale col Vaticano, la riforma del Pd, la Rai, la sinistra. E un governo che funzioni come una giunta
Oggi, però, quel quaranta per cento raccolto nel 2014 appare un exploit isolato in una catena interminabile di sconfitte, un risultato su cui la classe politica del Pd non è riuscita a costruire un progetto in grado di durare nel tempo, essendo completamente mancati «più riflessione, più preparazione», come auspicava Renzi, e anche più comunicazione, che per il leader più social della storia della sinistra italiana assomiglia a una beffa. E soprattutto: se il Pd si identificava con un numero, il 40 per cento, cioè l’idea di rappresentare la maggioranza degli italiani, il centro sociale del Paese, un blocco di riferimento di dieci milioni di elettori che coincidevano più o meno con la platea che aveva usufruito della misura degli 80 euro, qual è l’identità di un partito che oggi di quei voti raccoglie meno della metà in termini percentuali e quasi la metà in assoluto?
Il Pd passa all’opposizione, ma il suo destino, la sua ragione sociale, fin dall’inizio, è stato il governo. La conclusione di un lungo percorso. Dal Pci di Enrico Berlinguer, il partito di lotta e di governo, la stagione in cui era possibile governare stando all’opposizione, il «lottagovernare» di cui scriveva Leonardo Sciascia, all’Ulivo di Romano Prodi, con Massimo D’Alema arrivato a Palazzo Chigi, ma nella condizione del figlio di un dio minore, senza passare dal voto degli italiani e sotto la tutela di Francesco Cossiga, dei centristi, dell’establishment economico finanziario, da Marco Tronchetti Provera a Enrico Cuccia incontrato a casa di Alfio Marchini. Fino alla nascita del Pd, nato nel 2007 con il discorso del Lingotto di Walter Veltroni.
Matteo Renzi
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Vocazione maggioritaria, fu così definito l’orizzonte in cui muoversi: rappresentare la società italiana in tutte le sue pieghe, come aveva fatto a suo tempo il partito di governo per eccellenza, la Dc. «Il Pd lo pensavo così: una sorta di Democrazia cristiana più laica, più a sinistra, ma non troppo diversa dalla Dc del dopoguerra. Una Balena rosa», spiegò all’epoca Marco Follini a Aldo Cazzullo sul “Corriere”. Lo statuto del nuovo partito, con la scelta delle primarie aperte a tutti gli elettori come metodo di elezione del leader, e l’identificazione tra il segretario del partito e il candidato premier completava la trasformazione. Il sogno di una democrazia all’americana, E l’impossibilità di immaginare un Pd fuori dalla prospettiva di essere un partito di governo, anzi, il partito egemone del governo. Era questa l’ambizione che stava dietro il progetto renziano del Pd partito della Nazione, definizione di Alfredo Reichlin, il grande dirigente del Pci scomparso esattamente un anno fa in questi giorni, il 21 marzo 2017. Reichlin confidava che Renzi si era impossessato di quell’immagine senza mai ringraziare lui che ne era l’autore e senza forse averne capito pienamente il senso: l’idea di un partito che si definisse per la sua missione storica e per la sua funzione nazionale, e non soltanto, come poi è diventata la vulgata renziana, un contenitore ad alto tasso trasformistico, in grado di prendere consensi ovunque, da sinistra e da destra, dai post-comunisti agli ex berlusconiani, il partito acchiappatutto.
Luigi Di Maio
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Oggi quella funzione, per uno scherzo della storia, è stata occupata dal Movimento 5 Stelle. È la formazione di Luigi Di Maio il nuovo partito della Nazione che mette insieme elettori di ogni provenienza e classi sociali trasversali, l’interclassismo, si sarebbe detto un tempo, e generazioni e spinte territoriali diverse. E ora prova, con una metamorfosi spettacolare, a rovesciarsi nell’opposto, il nuovo partito di sistema. Oppure, evoluzione molto più inquietante, in un sistema totalitario, come sembra fare Davide Casaleggio sul Washington Post quando contrappone il Movimento 5 Stelle a tutti gli altri partiti: tutti sono destinati a scomparire tranne M5S. Una visione anti-costituzionale, poiché la Costituzione affida ai partiti il compito di rappresentare i cittadini per «determinare la politica nazionale». E poco coerente con M5S che invece in Parlamento rivendica presidenze, posti, incarichi.
Mentre per il Pd la vocazione maggioritaria si è capovolta in vocazione minoritaria, il partito della Nazione è al più il partito della Regione (la Toscana e neppure tutta) e i fautori del senso di responsabilità di ieri, sostenitori delle larghe intese con Berlusconi, sono i pasdaran di oggi, dell’opposizione a ogni costo. Ma non c’è un Bernie Sanders o un Jeremy Corbyn all’orizzonte, un leader capace di incarnare la nuova stagione radicale, quella in cui si tornerà a dire no, dopo aver detto tanti sì.
L’opposizione ha un valore se si accompagna a un ripensamento totale del proprio ruolo e della tavola dei valori e degli interessi. Oppure c’è un’altra strada, quella suggerita da Veltroni, uscire dall’isolamento e giocare un ruolo per dividere la Lega dai 5 Stelle, per spaccare la destra, per aiutare il presidente della Repubblica a trovare una soluzione alla crisi che non indebolisca il Paese di fronte all’Europa. Quello che non si può fare è utilizzare l’opposizione come riparo, una posizione di comodo per vedere che effetto fanno le contraddizioni dei detestati Di Maio e Salvini chiamati alla prova del governo. Fare l’opposizione come si stava al governo, perché nulla cambi.
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Re: Renzi
pancho ha scritto:E' normale Zione che diano la colpa ad altri e non a se stessi.UncleTom ha scritto:SECONDO VOI PERCHE' LA SOLITA BANDA HA (CLOCCATO<<<<<< ) BLOCCATO IL COPIA INCOLLA SUL PORTATILE
IL CAMBIARE LETTERA E' UNA LORO SPECIALITA'- MA INDICA UN CERVELLO INFERIORE A QUELLO DELLE GALLINE-
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A oggi il Pd è ancora pressoché interamente renziano e non può esserci accordo tra grillini e renziani: sono due mondi inconciliabili. Credo poi che, se fosse chiesto alla base del Pd (ammesso che una “base” ancora esista) se vuole o no un accordo con Di Maio, la maggioranza direbbe no. Chi ancora vota Pd è in larga parte renziano, mentre chi era possibilista nei confronti dei 5 Stelle si è già spostato e ormai li vota (infatti sono passati dal 40 abbondante al 18 stitico in neanche quattro anni). Sarebbe certo giusto chiedere agli iscritti cosa fare, ma ritengo che – in maniera del tutto lecita, s’intende – risponderebbero così: “Con i grillini neanche morti”. E’ tempo di capire che l’equazione “Pd=partito di sinistra” non ha senso da un bel pezzo, essendo ormai il Pd un partito personalistico e padronale, gestito da un reuccio che non ne indovina mezza ma che non ha oppositori interni.
Torniamo però alla finissima strategia politica elaborata da Renzi, sempre bravissimo a non imparare nulla dai propri (continui) errori e dalle proprie (infinite) sconfitte. Dopo avere distrutto in quattro anni un partito, Renzi e i renziani hanno partorito un’altra strategia puntualmente infantile e sconsiderata: “Tanto meglio tanto peggio”. Oppure, se preferite: “Lasciamoli schiantare”.
Dopo una Waterloo di dimensioni bibliche, l’unica cosa che questi geni contemporanei hanno saputo partorire è stato il rosicamento. La reazione rancorosa di chi ha perso e se ne sta in un angolo, sperando che un meteorite cada sul campo e che a quel punto Dio gli dia la vittoria a tavolino. Infatti son lì che tifano perché Luigi Di Maio vada con Matteo Salvini e magari pure con Berlusconi, per poter poi dire che anche i grillini ci hanno la rogna e che Nicola Morra in un’altra vita è stato Goring.
Chissà cosa ha mai fatto l’Italia per meritarsi questo morbo goffo-renziano che fa danni tanto quando vince (quasi mai) quanto quando perde (quasi sempre). Certo, sarebbe ora che questi benedetti “non-renziani del Pd”, entità ormai metafisica e trascendente, battessero un colpo: ma non lo battono mica. E la mestizia, nel frattempo, esonda.
I renziani hanno perso tutto e ancora danno la colpa agli elettori, alla sfiga e alla congiura: che maturità politica accecante. Si sono autoconsegnati all’irrilevanza e ne godono pure. Starsene in disparte come bambini mocciosi e sperare nel disastro altrui – e incidentalmente del paese – è tanto infantile quanto politicamente folle. Un Aventino dei poveri, anzi dei poveracci, che non fa che regalare altro consenso a M5S e centrodestra, che è poi quel che in fondo ha (quasi) sempre fatto il Pd. Riuscendo persino a peggiorare di giorno in giorno, fino a questo parossismo di boria&nulla chiamato renzismo.
Ammettere di aver cannato non e' da tutti.
Il PD a mio avviso, E' FINITO e si portera dietro sia il "buono" che il "cattivo" !
Per il "cattivo" mi sta bene cosi!!
Purtroppo il "buono" per un certo qual modo se lo merita.
La paura di perdere lo scranno fa questo e anche altro.
Solo quando si sono accorti che non sarebbero mai più stati ricandidati, alcuni se la sogno svignata in furia e fretta ma purtroppo al popolo gli e' rimasta ancora la memoria.
Per il resto, lasciamo perdere
un salutone
IL PD E' FINITO PERCHE' E' DIVENTATO LA DC DELLA SECONDA REPUBBLICA.
IN MOLTI FANNO FATICA A COMPRENDERE QUESTA REALTA'.
BASTA RIFLETTERE SU CASINI CANDIDATO PD A BOLOGNA
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Re: Renzi
.....VERSO LO SFASCIO TOTALE
Dalla prima pagina del Fatto Quotidiano di oggi:
TRATTATIVE M5S vede Lega e FI, il Pd diserta
Rivolta anti-Renzi:
"Basta Aventino,
vogliamo giocare"
(Fr4ance4sch<<<< ) Franceschini e Orlando contro l'isolamento alla Camera,
accordo destra-5 Stelle per gli uffici di presidenza
^^^^^^^^^
IL CONFRONTO Marroni accusa Lotti, (che4<<<< ) che ammette l'incontro ma nega rivelazioni
Consip: "La s9offiata sull'inchies5ta<<<< DA NOTARE SULLA TASTIERA CHE IL 5 È LONTANO DALLA S, E QUINDI NON PUO' ESSERE UN ERRORE DI SOV4RAPPOSIZIONE (<<<<<< ) MA E' OPERA DELLA BANDA criminale renziana CON IL CERVELLO DA GALLINA
Dalla prima pagina del Fatto Quotidiano di oggi:
TRATTATIVE M5S vede Lega e FI, il Pd diserta
Rivolta anti-Renzi:
"Basta Aventino,
vogliamo giocare"
(Fr4ance4sch<<<< ) Franceschini e Orlando contro l'isolamento alla Camera,
accordo destra-5 Stelle per gli uffici di presidenza
^^^^^^^^^
IL CONFRONTO Marroni accusa Lotti, (che4<<<< ) che ammette l'incontro ma nega rivelazioni
Consip: "La s9offiata sull'inchies5ta<<<< DA NOTARE SULLA TASTIERA CHE IL 5 È LONTANO DALLA S, E QUINDI NON PUO' ESSERE UN ERRORE DI SOV4RAPPOSIZIONE (<<<<<< ) MA E' OPERA DELLA BANDA criminale renziana CON IL CERVELLO DA GALLINA
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