quo vadis PD ????
Re: quo vadis PD ????
30 DICEMBRE 2012
Miriam, ingegnere precario, 31 anni: la più votata in Lombardia
Miriam Cominelli di Nuvolera in provincia di Brescia, è il candidato alle parlamentarie del Pd più votato in Lombardia. Un nome nuovissimo: con quasi 6500 preferenze ha battuto tutta la nomenclatura del partito. E' bersaniana ma riconosce i meriti di Renzi: "Se ce l'ho fatta è anche merito del messaggio del sindaco di Firenze". A Bersani lancia un messaggio: "Le parlamentarie hanno dimostrato che il Paese è più avanti della classe politica. Venga a Brescia a vedere come si fa il rinnovamento dal basso, anche se credo proprio che lo sappia già".
di Francesco Gilioli
Leggi su Repubblica.it
http://video.repubblica.it/dossier/prim ... 7?ref=fbpr
Miriam, ingegnere precario, 31 anni: la più votata in Lombardia
Miriam Cominelli di Nuvolera in provincia di Brescia, è il candidato alle parlamentarie del Pd più votato in Lombardia. Un nome nuovissimo: con quasi 6500 preferenze ha battuto tutta la nomenclatura del partito. E' bersaniana ma riconosce i meriti di Renzi: "Se ce l'ho fatta è anche merito del messaggio del sindaco di Firenze". A Bersani lancia un messaggio: "Le parlamentarie hanno dimostrato che il Paese è più avanti della classe politica. Venga a Brescia a vedere come si fa il rinnovamento dal basso, anche se credo proprio che lo sappia già".
di Francesco Gilioli
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http://video.repubblica.it/dossier/prim ... 7?ref=fbpr
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Re: quo vadis PD ????
Come volevasi dimostrare le primarie del PD in sicilia hanno partorito il topolino di "tutto cambia x non cambiare niente", infatti i maggiorenti ultrasessantenni della nomenclatura, tranne pochi casi, sono passati:
Crisafulli (ex senatore) ad Enna
Capodicasa (ex governatore indagato per uso allegro riserva di 200 milioni di lire; "compare di matrimonio" di grosso boss locale) ad Agrigento
Culotta (sindaco, sponsorizzata da Cracolici) a Palermo
Faraone (ex. consigl. regionale, ora renziano) a Palermo
Zappulla (ex consigl. regionale) a Siracusa
Come vedete la nomenclatura l'ha fatta da padrone ... e anche la bassa affluenza imposta dall'organizzazione del PD, pensate che a Palermo una città di 500 mila abitanti c'era solo un Gazebo con 11 seggi, ha fatto il resto.
Il PD in Sicilia è non votabile ... credetemi .... neanche turandosi il naso.
Un saluto
Crisafulli (ex senatore) ad Enna
Capodicasa (ex governatore indagato per uso allegro riserva di 200 milioni di lire; "compare di matrimonio" di grosso boss locale) ad Agrigento
Culotta (sindaco, sponsorizzata da Cracolici) a Palermo
Faraone (ex. consigl. regionale, ora renziano) a Palermo
Zappulla (ex consigl. regionale) a Siracusa
Come vedete la nomenclatura l'ha fatta da padrone ... e anche la bassa affluenza imposta dall'organizzazione del PD, pensate che a Palermo una città di 500 mila abitanti c'era solo un Gazebo con 11 seggi, ha fatto il resto.
Il PD in Sicilia è non votabile ... credetemi .... neanche turandosi il naso.
Un saluto
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
Re: quo vadis PD ????
D'Antoni sarebbe rimasto fuori. Non è molto, ma è già qualcosa.
Comunque, se per risultare primo bastano intorno a i 5.000 voti a livello provinciale, come a Taranto e a Reggio Calabria, che ci vuole a pilotare il risultato se c'è un minimo di organizzazione sul territorio?
Comunque, se per risultare primo bastano intorno a i 5.000 voti a livello provinciale, come a Taranto e a Reggio Calabria, che ci vuole a pilotare il risultato se c'è un minimo di organizzazione sul territorio?
Re: quo vadis PD ????
L'opinione di Stefano Menichini
Ora il PD è un po’ più autentico
31 dicembre 2012
Sarebbe enfatico ed eccessivo dire che in tre mesi il Pd è diventato un altro partito. Qualcosa di clamoroso però è stato realizzato, passando da un lungo periodo di attesa statica (ricordate: stare sotto l’albero ad aspettare che cada la mela) a una breve vorticosa stagione nella quale i democratici si sono gettati a dettare il passo e l’agenda politica, sottoponendosi a una serie ravvicinata di stress che restituiscono al 2013 un Pd molto diverso.
Da quando Bersani, pressato dalla concorrenza di Renzi, ha capito che troppe variabili si frapponevano nello scenario politico tra lui e palazzo Chigi, ha deciso di giocare all’attacco. L’esito finale è tutto da vedere, i risultati tattici sono evidenti nello stop alla crescita di Grillo, nel contrasto imbarazzante con i contorcimenti berlusconiani, nel riscoprirsi i democratici dotati di molti argomenti anche nei confronti di un evento imprevisto come la candidatura di Monti: le sue liste non sono neanche nate, ma già il modo di formarle appare superato rispetto all’helzapoppin delle primarie del Pd.
Come aveva promesso di fare, Bersani ha messo in moto un meccanismo che sta spostando vistosamente gli assetti interni del Pd, la sua immagine, ovviamente la sua futura rappresentanza parlamentare.
È un fenomeno molto positivo che però va capito nelle sue diverse conseguenze, non tutte facili e scontate da gestire.
Il Pd di questa fine d’anno somiglia molto di più al suo segretario. Allo stesso tempo è più a sinistra di prima ed è meno catalogabile secondo le tradizionali ripartizioni interne.
Come abbiamo scritto tante volte, l’irruzione di Matteo Renzi ha disfatto la logica delle appartenenze. Nel tracciare la mappa dei candidati eletti in queste primarie si segnalano i ragazzi e le ragazze che si identificano col sindaco di Firenze, poi i tanti emergenti – soprattutto giovani e donne – che nei vari territori hanno spesso superato (come si prevedeva) i parlamentari uscenti.
Ci sono i casi clamorosi e ci sono le ingiustizie (il meccanismo è stato impietoso con diversi ottimi deputati e senatori). Ci sono qua e là tracce evidenti di logiche d’apparato, con segretari provinciali e responsabili d’organizzazione che hanno colto l’irripetibile occasione della vita.
Ciò che è quasi impossibile ritrovare sono i confini interni della vecchia maggioranza del Pd. Per forza: erano confini ed equilibri artificiali. I gruppi parlamentari del 2008, e prima ancora quelli del 2006, erano composti a tavolino secondo logiche ricavate dalle vecchie correnti diessine e dai vecchi soci fondatori della Margherita. I pesi rispettivi erano presunti, oppure approssimativamente desunti dalle varie primarie svoltesi negli anni. Qualche variazione sul tema l’aveva introdotta a modo suo Veltroni col suo album di figurine (il cattolico, l’operaio, l’imprenditore, l’ambientalista, il romanziere, il gay, il generale, l’immigrato): pur sempre un artificio.
Da ieri, anche senza fare retorica sul milione di cittadini al voto, il gruppo dirigente intermedio del Pd somiglia di più alla realtà di questo partito, a ciò che il Pd è diventato, piaccia o no.
Allora è inutile stupirsi o addirittura recriminare se si vede uno spostamento a sinistra (questo è il mainstream del tempo). O se le varie famiglie ex popolari appaiono surclassate dagli ex diessini: non ci fossero state le quote blindate che hanno consentito la fondazione del partito, sarebbe successo molto prima. Casomai la riflessione andrebbe fatta sul perché – fino all’arrivo di Renzi – non si sia fatto abbastanza per mescolare le carte e far svanire le vecchie appartenenze: oggi ci sarebbero tanti mugugni in meno, ai quali si proverà a porre parziale rimedio nella composizione del listino bloccato.
Se non l’avessimo già annunciato in altre occasioni, potremmo dire che il vero Pd nasce oggi, e lo rifonda Bersani con la complicità del suo sfidante. È un po’ più “autentico” di quello di prima, con i conseguenti difetti.
Per esempio è troppo sbilanciato a sinistra, come già scrivono tanti osservatori soprattutto considerando i successi di Fassina a Roma o Civati in Brianza, in aggiunta all’alleanza stretta con Vendola?
In parte è vero. Ma è vero come lo era ai tempi del Pci, e non per passatismo ma perché alla fine la funzione nazionale dei due partiti e perfino la loro dimensione rischiano di somigliarsi.
Anche considerando le cose difficili che toccherà di fare nella prossima legislatura (per non parlare delle alleanze, dell’allargamento della maggioranza eccetera), Pier Luigi Bersani torna a essere il tipico dirigente riformista che si incarica di pilotare su una rotta centrale una nave che di suo avrebbe una sensibile inerzia a sinistra.
Con una differenza decisiva rispetto al passato del lento “rinnovamento nella continuità” e all’epoca della cooptazione. Che sia le primarie di novembre, che queste di fine d’anno, hanno definito uno standard irreversibile di contendibilità e scalabilità del Pd.
L’assetto attuale è probabilmente il migliore per presentarsi come la proposta più seria e innovativa sul mercato elettorale, battere la concorrenza e vincere il 24 febbraio. Ma i giochi politici, anche interni, si sono appena aperti.
Ora il PD è un po’ più autentico
31 dicembre 2012
Sarebbe enfatico ed eccessivo dire che in tre mesi il Pd è diventato un altro partito. Qualcosa di clamoroso però è stato realizzato, passando da un lungo periodo di attesa statica (ricordate: stare sotto l’albero ad aspettare che cada la mela) a una breve vorticosa stagione nella quale i democratici si sono gettati a dettare il passo e l’agenda politica, sottoponendosi a una serie ravvicinata di stress che restituiscono al 2013 un Pd molto diverso.
Da quando Bersani, pressato dalla concorrenza di Renzi, ha capito che troppe variabili si frapponevano nello scenario politico tra lui e palazzo Chigi, ha deciso di giocare all’attacco. L’esito finale è tutto da vedere, i risultati tattici sono evidenti nello stop alla crescita di Grillo, nel contrasto imbarazzante con i contorcimenti berlusconiani, nel riscoprirsi i democratici dotati di molti argomenti anche nei confronti di un evento imprevisto come la candidatura di Monti: le sue liste non sono neanche nate, ma già il modo di formarle appare superato rispetto all’helzapoppin delle primarie del Pd.
Come aveva promesso di fare, Bersani ha messo in moto un meccanismo che sta spostando vistosamente gli assetti interni del Pd, la sua immagine, ovviamente la sua futura rappresentanza parlamentare.
È un fenomeno molto positivo che però va capito nelle sue diverse conseguenze, non tutte facili e scontate da gestire.
Il Pd di questa fine d’anno somiglia molto di più al suo segretario. Allo stesso tempo è più a sinistra di prima ed è meno catalogabile secondo le tradizionali ripartizioni interne.
Come abbiamo scritto tante volte, l’irruzione di Matteo Renzi ha disfatto la logica delle appartenenze. Nel tracciare la mappa dei candidati eletti in queste primarie si segnalano i ragazzi e le ragazze che si identificano col sindaco di Firenze, poi i tanti emergenti – soprattutto giovani e donne – che nei vari territori hanno spesso superato (come si prevedeva) i parlamentari uscenti.
Ci sono i casi clamorosi e ci sono le ingiustizie (il meccanismo è stato impietoso con diversi ottimi deputati e senatori). Ci sono qua e là tracce evidenti di logiche d’apparato, con segretari provinciali e responsabili d’organizzazione che hanno colto l’irripetibile occasione della vita.
Ciò che è quasi impossibile ritrovare sono i confini interni della vecchia maggioranza del Pd. Per forza: erano confini ed equilibri artificiali. I gruppi parlamentari del 2008, e prima ancora quelli del 2006, erano composti a tavolino secondo logiche ricavate dalle vecchie correnti diessine e dai vecchi soci fondatori della Margherita. I pesi rispettivi erano presunti, oppure approssimativamente desunti dalle varie primarie svoltesi negli anni. Qualche variazione sul tema l’aveva introdotta a modo suo Veltroni col suo album di figurine (il cattolico, l’operaio, l’imprenditore, l’ambientalista, il romanziere, il gay, il generale, l’immigrato): pur sempre un artificio.
Da ieri, anche senza fare retorica sul milione di cittadini al voto, il gruppo dirigente intermedio del Pd somiglia di più alla realtà di questo partito, a ciò che il Pd è diventato, piaccia o no.
Allora è inutile stupirsi o addirittura recriminare se si vede uno spostamento a sinistra (questo è il mainstream del tempo). O se le varie famiglie ex popolari appaiono surclassate dagli ex diessini: non ci fossero state le quote blindate che hanno consentito la fondazione del partito, sarebbe successo molto prima. Casomai la riflessione andrebbe fatta sul perché – fino all’arrivo di Renzi – non si sia fatto abbastanza per mescolare le carte e far svanire le vecchie appartenenze: oggi ci sarebbero tanti mugugni in meno, ai quali si proverà a porre parziale rimedio nella composizione del listino bloccato.
Se non l’avessimo già annunciato in altre occasioni, potremmo dire che il vero Pd nasce oggi, e lo rifonda Bersani con la complicità del suo sfidante. È un po’ più “autentico” di quello di prima, con i conseguenti difetti.
Per esempio è troppo sbilanciato a sinistra, come già scrivono tanti osservatori soprattutto considerando i successi di Fassina a Roma o Civati in Brianza, in aggiunta all’alleanza stretta con Vendola?
In parte è vero. Ma è vero come lo era ai tempi del Pci, e non per passatismo ma perché alla fine la funzione nazionale dei due partiti e perfino la loro dimensione rischiano di somigliarsi.
Anche considerando le cose difficili che toccherà di fare nella prossima legislatura (per non parlare delle alleanze, dell’allargamento della maggioranza eccetera), Pier Luigi Bersani torna a essere il tipico dirigente riformista che si incarica di pilotare su una rotta centrale una nave che di suo avrebbe una sensibile inerzia a sinistra.
Con una differenza decisiva rispetto al passato del lento “rinnovamento nella continuità” e all’epoca della cooptazione. Che sia le primarie di novembre, che queste di fine d’anno, hanno definito uno standard irreversibile di contendibilità e scalabilità del Pd.
L’assetto attuale è probabilmente il migliore per presentarsi come la proposta più seria e innovativa sul mercato elettorale, battere la concorrenza e vincere il 24 febbraio. Ma i giochi politici, anche interni, si sono appena aperti.
Re: quo vadis PD ????
Mucchetti e il Pd: "Vi spiego perché ho deciso di candidarmi"
Intervista a Massimo Mucchetti di Federico Fubini - Corriere della Sera
pubblicato il 31 dicembre 2012 , 1555 letture
Quando l'hai deciso?
«Subito prima di Natale, tra il 22 e il 24 dicembre. E non è stato facile, né comodo. Mi sento giornalista fino in fondo e parte integrante del Corriere. Ma prima di tutto sono un cittadino della Repubblica».
Massimo Mucchetti, 59 anni, editorialista e vicedirettore ad personam di questo giornale, si gode sui campi di sci di Ponte di Legno la domenica di passaggio dalle vesti di giornalista a candidato del Pd alla Camera, nel listino di Pier Luigi Bersani.
Lo sai cosa si dirà ora, no? Enrico Mentana sostiene già che entrare in politica, per i giornalisti, è un controsenso.
«La storia della politica è piena di giornalisti, a cominciare dal Corriere. Da Luigi Einaudi allo stesso Monti, che scrisse cose importanti prima dell'incarico. Da Spadolini a Luigi Albertini, entrambi senatori. Enrico ha una sua sensibilità, rispettabile, ma ce ne sono anche altre». Fra gli elettori c'è chi penserà che esiste un mondo a vasi comunicanti fra le cosiddette élite, siano esse della magistratura, dei media, degli affari o del palazzo. un tema che non mi tocca: sono figlio di un calzolaio e i miei amici sono persone normali. Il travaso va male se fatto in conflitto d'interessi. Se avviene in modo pulito la politica disinteressata, diversamente da quanto dice il cardinale Bagnasco, non è appannaggio di un solo uomo né di un solo partito il travaso può portare competenze ed esperienze. A patto che le élite vengano selezionate per merito e non per censo, per origini familiari o di consorteria».
Ora sei un candidato di partito. Trovi che in Italia la distanza fra i media e gli altri poteri sia sufficiente?
«Bersani mi propone come indipendente, ma accetto di essere considerato di parte. Dovrebbe farlo anche Monti. Altrimenti si fa come il ministro degli Interni, Cancellieri. Ciò detto, la distanza tra i media e i poteri non è mai sufficiente, in particolare verso il potere economico, che oggi è quello principale».
Ti infastidisce l'idea di entrare in Parlamento con il Porcellum, in un listino blindato del segretario?
«Il Porcellum è una cattiva legge e in questa legislatura non si sono create le condizioni per cambiarla. Ma a questo punto, più che provare imbarazzo, mi sono chiesto: se le regole del gioco sono queste, al momento di poter passare dalle parole all'azione che fai, fuggi o ci provi?».
Appunto, è l'ora del fare: meglio l'Agenda Monti o l'Agenda di Stefano Fassina, responsabile economico del Pd?
«Meglio l'Agenda Bersani. L'Agenda Fassina non è scritta da nessuna parte, mentre da tempo il Pd ha la sua che è in rete e tutto sommato non è così diversa da quella del premier».
In cosa si distingue?
«Non sui grandi impegni dell'Italia verso l'Europa e i mercati. Un punto di distinzione è il welfare e il rapporto con il mondo del lavoro. Le pensioni saranno un problema non per il sistema, messo in sicurezza ormai, ma per i pensionati. La propensione di Monti per i fondi pensione mi lascia perplesso. La mia pensione integrativa in mano ai Ligresti o ai fondi cogestiti da industriali e sindacati? Meglio l'Inps. In ogni caso, mi si faccia scegliere. Ho dubbi anche sulle aperture di Monti ai fondi-sanitari privati. Meglio mettere le mani dentro il Servizio sanitario nazionale per metterlo a posto, senza buttare il bambino con l'acqua sporca. E invece di dividere i sindacati in buoni e cattivi come faceva Berlusconi, sarebbe meglio attuare gli articoli 39 e 40 della Costituzione».
Qualche mal di pancia all'idea di dover fare i conti con una «Agenda bis» di Vendola?
«Non viviamo di fantasmi. In Puglia, Vendola ha dimostrato cultura di governo. Senza case a Montecarlo. In realtà, il centrosinistra può aiutare Monti a essere più coraggioso. Da commissario Ue, lo fu verso le multinazionali Usa, assai meno verso il duopolio Rai-Mediaset e gli elettrici italiani aiutati a spese dei consumatori. Da premier, non è stato un cuor di leone con la Fiat e non si è assunto le proprie responsabilità di azionista su Finmeccanica. Rispetto Monti, ma non è l'uomo della provvidenza. Sogno un Paese che non ha bisogno di eroi».
Da giornalista hai argomentato la logica delle cosiddette operazioni di sistema, Intesa-Unicredit o Fs-Alitalia. Da politico, le incoraggerai?
«Nessuna operazione è uguale all'altra, vanno tutte discusse nel merito, vedendo quali sono le alternative e chi trae vantaggio e svantaggio da cosa. E certo non mi piacciono tutte. Per esempio, il salvataggio di Alitalia del 2008 fu pessimo».
Hai scritto che le banche fanno bene a comprare sempre più titoli di Stato: ti pare la soluzione per far tornare il credito a famiglie e imprese nel 2013?
«No. Per incoraggiare il credito, indispensabile all'economia e tuttavia fonte di crescenti perdite per le banche, serve altro. Per esempio, una più ampia deducibilità sulle sofferenze bancarie. E tuttavia tenere in Italia gli interessi sui titoli pubblici aiuta».
Intervista a Massimo Mucchetti di Federico Fubini - Corriere della Sera
pubblicato il 31 dicembre 2012 , 1555 letture
Quando l'hai deciso?
«Subito prima di Natale, tra il 22 e il 24 dicembre. E non è stato facile, né comodo. Mi sento giornalista fino in fondo e parte integrante del Corriere. Ma prima di tutto sono un cittadino della Repubblica».
Massimo Mucchetti, 59 anni, editorialista e vicedirettore ad personam di questo giornale, si gode sui campi di sci di Ponte di Legno la domenica di passaggio dalle vesti di giornalista a candidato del Pd alla Camera, nel listino di Pier Luigi Bersani.
Lo sai cosa si dirà ora, no? Enrico Mentana sostiene già che entrare in politica, per i giornalisti, è un controsenso.
«La storia della politica è piena di giornalisti, a cominciare dal Corriere. Da Luigi Einaudi allo stesso Monti, che scrisse cose importanti prima dell'incarico. Da Spadolini a Luigi Albertini, entrambi senatori. Enrico ha una sua sensibilità, rispettabile, ma ce ne sono anche altre». Fra gli elettori c'è chi penserà che esiste un mondo a vasi comunicanti fra le cosiddette élite, siano esse della magistratura, dei media, degli affari o del palazzo. un tema che non mi tocca: sono figlio di un calzolaio e i miei amici sono persone normali. Il travaso va male se fatto in conflitto d'interessi. Se avviene in modo pulito la politica disinteressata, diversamente da quanto dice il cardinale Bagnasco, non è appannaggio di un solo uomo né di un solo partito il travaso può portare competenze ed esperienze. A patto che le élite vengano selezionate per merito e non per censo, per origini familiari o di consorteria».
Ora sei un candidato di partito. Trovi che in Italia la distanza fra i media e gli altri poteri sia sufficiente?
«Bersani mi propone come indipendente, ma accetto di essere considerato di parte. Dovrebbe farlo anche Monti. Altrimenti si fa come il ministro degli Interni, Cancellieri. Ciò detto, la distanza tra i media e i poteri non è mai sufficiente, in particolare verso il potere economico, che oggi è quello principale».
Ti infastidisce l'idea di entrare in Parlamento con il Porcellum, in un listino blindato del segretario?
«Il Porcellum è una cattiva legge e in questa legislatura non si sono create le condizioni per cambiarla. Ma a questo punto, più che provare imbarazzo, mi sono chiesto: se le regole del gioco sono queste, al momento di poter passare dalle parole all'azione che fai, fuggi o ci provi?».
Appunto, è l'ora del fare: meglio l'Agenda Monti o l'Agenda di Stefano Fassina, responsabile economico del Pd?
«Meglio l'Agenda Bersani. L'Agenda Fassina non è scritta da nessuna parte, mentre da tempo il Pd ha la sua che è in rete e tutto sommato non è così diversa da quella del premier».
In cosa si distingue?
«Non sui grandi impegni dell'Italia verso l'Europa e i mercati. Un punto di distinzione è il welfare e il rapporto con il mondo del lavoro. Le pensioni saranno un problema non per il sistema, messo in sicurezza ormai, ma per i pensionati. La propensione di Monti per i fondi pensione mi lascia perplesso. La mia pensione integrativa in mano ai Ligresti o ai fondi cogestiti da industriali e sindacati? Meglio l'Inps. In ogni caso, mi si faccia scegliere. Ho dubbi anche sulle aperture di Monti ai fondi-sanitari privati. Meglio mettere le mani dentro il Servizio sanitario nazionale per metterlo a posto, senza buttare il bambino con l'acqua sporca. E invece di dividere i sindacati in buoni e cattivi come faceva Berlusconi, sarebbe meglio attuare gli articoli 39 e 40 della Costituzione».
Qualche mal di pancia all'idea di dover fare i conti con una «Agenda bis» di Vendola?
«Non viviamo di fantasmi. In Puglia, Vendola ha dimostrato cultura di governo. Senza case a Montecarlo. In realtà, il centrosinistra può aiutare Monti a essere più coraggioso. Da commissario Ue, lo fu verso le multinazionali Usa, assai meno verso il duopolio Rai-Mediaset e gli elettrici italiani aiutati a spese dei consumatori. Da premier, non è stato un cuor di leone con la Fiat e non si è assunto le proprie responsabilità di azionista su Finmeccanica. Rispetto Monti, ma non è l'uomo della provvidenza. Sogno un Paese che non ha bisogno di eroi».
Da giornalista hai argomentato la logica delle cosiddette operazioni di sistema, Intesa-Unicredit o Fs-Alitalia. Da politico, le incoraggerai?
«Nessuna operazione è uguale all'altra, vanno tutte discusse nel merito, vedendo quali sono le alternative e chi trae vantaggio e svantaggio da cosa. E certo non mi piacciono tutte. Per esempio, il salvataggio di Alitalia del 2008 fu pessimo».
Hai scritto che le banche fanno bene a comprare sempre più titoli di Stato: ti pare la soluzione per far tornare il credito a famiglie e imprese nel 2013?
«No. Per incoraggiare il credito, indispensabile all'economia e tuttavia fonte di crescenti perdite per le banche, serve altro. Per esempio, una più ampia deducibilità sulle sofferenze bancarie. E tuttavia tenere in Italia gli interessi sui titoli pubblici aiuta».
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Re: quo vadis PD ????
Muchetti ?
Però non mi è piaciuto che sia passato nelle liste bloccate
Però non mi è piaciuto che sia passato nelle liste bloccate
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Re: quo vadis PD ????
Mucchetti è un valido giornalista di economia e finanza ma NON é un economista. Avrei preferito che restasse a fare il giornalista.
bye
bye
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‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
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Re: quo vadis PD ????
Al link i risultati degli "eletti" alle primarie:
http://www.primarieparlamentaripd.it/risultati.htm
p.s.
Gori "trombato" è da trip nel Nirvana...
http://www.primarieparlamentaripd.it/risultati.htm
p.s.
Gori "trombato" è da trip nel Nirvana...
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Re: quo vadis PD ????
Il sonno della ragione genera Monti ?
"Le primarie, a suo tempo elogiate in aula da Casini come straordinaria certificazione democratica per Bersani, vanno bene in casa d'altri"
Leggo che Casini incomincia a dettare le sue condizioni a Bersani,
ok lo riscrivo così sono più sicuro,
Pierferdinando Casini @pierferdinando per gli amici,
nonsegretario di un partito che viene valutato intorno al 5,5 %, da solo,
che sceglierà i suoi candidati seduto a un tavolino del centro di Roma, e che poi dovrà sottoporre i suoi candidati al vaglio di un consulente di Monti, Dott. Bondi che fino ad adesso si è occupato di aziende,
vuole dettare le condizioni del futuro governo, prima delle elezioni, a Pierluigi Bersani, scelto come candidato Premier da circa 3 Milioni di persone partecipanti alle primarie ( cioè un milione di persone in più del totale degli elettori dell'Udc) e leader di un Partito, il primo partito italiano, che ha poi sottoposto al vaglio delle primarie i suoi candidati parlamentari, con un altro milione di persone partecipanti alle votazioni.
E le condizioni sono che Bersani non può fare il Premier, a meno che non vinca anche al Senato.
Cioè Monti, che è dov'è, perchè noi del PD lo abbiamo sostenuto per 13 mesi contro tutti i veti del Pdl, che non si sottoporrà al giudizio personale degli elettori, perchè nominato Senatore a vita dal Presidente Napolitano, proprio per assumere quella caratteristica super partes che serviva in quel momento per salvare il paese e formare un governo di coalizione nazionale, sale in campo come dice lui, e fa dire al suo principale alleato politico, Casini, che sul principale partito italiano e suo principale difensore in questi mesi di governo, c'è un veto assoluto.
Se ne traggono due semplici conclusioni :
Primo, bisogna far vincere assolutamente la coalizione del PD anche al Senato, e in questo la vittoria in Lombardia è essenziale, decisiva.
Secondo, le primarie, a suo tempo elogiate in aula da Casini come straordinaria certificazione democratica per Bersani, vanno bene in casa d'altri, tra i moderati, i centristi e i consulenti, vanno molto "le solitarie", si decide tutto da soli, in casa propria, "a prescindere" come avrebbe detto Totò, a prescindere dalla collaborazione democratica durata un anno, a prescindere, dai risultati elettorali che ancora devono venire, a prescindere dalla Democrazia, quella vera, quella dei numeri.
http://www.partitodemocratico.it/doc/24 ... -monti.htm
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Re: quo vadis PD ????
Mi sapete spiegare chi è promosso e chi è bocciato in queste primarie ?
Chi c’è in linea
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