Dopo primarie, ecco come cambia il Pd
«La ruota girerà», aveva promesso Pier Luigi Bersani,
e il giro stavolta è stato forte.
Dopo che più di un milione di elettori è andato ai gazebo per votare, delle vecchie correnti è rimasto più che altro il nome.
E altri nomi invece si impongono.
Come quello dei cosiddetti giovani turchi, i trenta-quarantenni che nei mesi scorsi hanno dato vita a «Rifare l’Italia»:
almeno una cinquantina di loro sarà in lista in posizioni di elezione certa.
Tra i quaranta e i cinquanta, considerando quelli che hanno avuto buoni risultati alle primarie e quelli che saranno nel cosiddetto listino, saranno i renziani.
Dopo queste primarie diversi parlamentari uscenti anche di un certo calibro, come Sergio D’Antoni, Achille Passoni, Salvatore Vassallo, Paolo Nerozzi, Manuela Ghizzoni, Mariangela Bastico, Vincenzo Vita e altri o
sono già fuori dai giochi o devono aspettare di vedere quanti del cosiddetto listino verranno candidati in posizione più alta della loro per sapere se potranno poi avere qualche chance di venire eletti alle politiche.
Le direzioni regionali convocate per il 4 e 5 dovranno infatti sciogliere alcuni nodi e redigere le liste,
ma sarà poi la direzione nazionale convocata per l’8 a dover approvare le liste elettorali in versione definitiva.
Liste cioè che saranno composte dai migliori piazzati alle primarie di sabato e domenica più le personalità scelte tra il mondo delle professioni e tra il gruppo dirigente del Pd.
Ai nomi di Piero Grasso e Massimo Mucchetti si è aggiunto ieri quello di Maria Chiara Carrozza, rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Altri ne arriveranno.
Ora però l’attenzione è tutta per i vincitori delle primarie.
Hanno fatto il pieno di preferenze
Stefano Fassina a Roma e Anna Finocchiaro a Taranto.
Ottimi risultati anche per Rosy Bindi a Reggio Calabria,
Barbara Pollastrini a Milano, Cesare Damiano a Torino.
Primo a Monza Pippo Civati.
In Puglia risultato record per Michele Bordo.
In Toscana trionfa Elisa Simoni (fronte pro-Bersani), davanti al vicesindaco di Firenze Dario Nardella (fronte pro-Renzi).
Tra i renziani ottengono un buon risultato Davide Faraone (Palermo) e Matteo Richetti (Emilia Romagna)
mentre è uscito sconfitto dalla competizione Giorgio Gori (Bergamo).
(n.d.r.#1:trip to Nirvana for me...)
In Sardegna sono due donne sindaco, Romina Mura e Giovanna Sanna le due candidate che avranno i primi posti per le liste del Pd alla Camera e al Senato.
E molte altre donne, anche under 30, hanno ottenuto ottimi risultati o sono arrivate prime.
n.d.r. #2:nella mia provincia ( RE )ha vinto una donna (Antonella Incerti sindaco di Albinea,un paesino con 3000 abitanti,forse meno)con oltre 8 mila preferenze,quasi il doppio di quelle della Pollastrini a Milano...
Come la campionessa olimpica
Josefa Idem, arrivata in testa a Ravenna.
Il più votato in Italia il messinese Fracantonio Genovese, con quasi 20 mila preferenze.
Bersani si dice «felice» per come sono andate queste primarie:
«Emerge il successo di giovani e donne».
Ora dovrà chiudere la partita resistendo a molto pressioni interne per il listino.
Il leader del Pd vuole candidare storici e politologi come Miguel Gotor, Carlo Galli, Alberto Melloni,
ex sindacalisti come Guglielmo Epifani (probabile capolista in Umbria), segretari regionali come Enrico Gasbarra (probabile capolista nel Lazio) Franco Marini (si parla di lui come capolista in Abruzzo).
Ma è in corso un confronto per far entrare anche i principali collaboratori di Renzi (a cominciare da Roberto Reggi) e, per precise quote, esponenti delle componenti ormai per così dire tradizionali (da Ignazio Marino a Marina Sereni, da Beppe Fioroni a Walter Verini).
Oggi, una volta che dalle federazioni locali saranno stati inviati a Roma tutti i dati definitivi delle primarie,
la discussione entrerà nel vivo.
La direzione nazionale è fissata per l’8 ma questa è una decisione presa quando dal Viminale veniva indicata come il 17 febbraio la data più probabile del voto.
Con lo slittamento al 24 febbraio potrebbe esserci un rinvio anche per la direzione che dovrà dare il via libera definitivo alle liste elettorali.
I nodi da sciogliere non mancano, anche a livello locale.
Dovrebbe essere rispettata l’alternanza di genere nelle liste,
un fatto giudicato generalmente positivo perché permetterebbe di creare dei gruppi parlamentari del Pd composti per almeno il 40% da deputate e senatrici.
Addirittura in alcuni casi l’alternanza sembra poter penalizzare proprio le candidate.
È successo a Bologna, dove Sandra Zampa ha preso più voti di Paolo Bolognesi, che però potrebbe essere favorito se la composizione della lista seguisse il criterio dell’alternanza di genere:
se il capolista fosse uomo, tra i sette eleggibili figurerebbe cioè il presidente dell’associazione vittime della strage del 2 agosto 1980, e non la portavoce di Prodi.
Si sta studiando una soluzione sia a livello regionale che nazionale.
Una delle ipotesi è candidare come capolista una donna.
Dopo queste primarie si è aperto invece un caso in Umbria.
Lamberto Bottini si è dimesso da segretario regionale del Pd all’indomani delle primarie, dopo essere arrivato sesto su sette candidati.
Al Pd nazionale spiegano che nessuno tra coloro che sono usciti sconfitti alle primarie verrà ripescato nel listino e candidato.
http://www.unita.it/italia/speciale-pri ... 062?page=1