Berlusconi è ancora armato e pericoloso
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Berlusconi fuori dalla politica. Se n’è accorto anche D’Alema
di Daniela Gaudenzi
| 26 giugno 2013Commenti (32)
A due giorni dalla sentenza Ruby che ha inchiodato Berlusconi come concussore “per costrizione” (art 317 c.p.p.) e ha raso al suolo la gigantesca operazione di ritrattazione e concertazione delle testimonianze pro-papi di Olgettine a libro paga e parlamentari nominati arrivano, più o meno attutiti per non accidentare le larghe intese, gli inviti a “farsi da parte” anche dalla nomenclatura del Pd.
Quasi una risposta a distanza al Giuliano Ferrara con rossetto che dal palco di Piazza Farnese ha lanciato la provocazione “siamo tutti puttane?“, dato il parterre più una domanda retorica, e ha tuonato: “non è un reato essere Berlusconi, un signore che è piaciuto a milioni di cittadini”.
Sull’evidenza che per Berlusconi sia stata scritta in via definitiva l’uscita dalla scena politica e istituzionale si erano già pronunciati sia il M5S che Sel, peraltro entrambi schierati, in sostanziale solitudine, sul fronte della ineleggibilità finalmente calendarizzata dopo ostacoli di ogni sorta per i primi di luglio.
E mentre il nuovo segretario del Pd Epifani continua a ripetere come una litania che bisogna tenere rigorosamente distinte le vicende giudiziarie di Berlusconi da quelle politiche e cioè dalla vita e dalla durata dell’esecutivo, Rosy Bindi si è domandata da subito “come può stare il Pd in una maggioranza con un partito guidato da un leader che ha già accumulato diverse gravissime condanne, che pretende l’impunità in nome della legittimazione elettorale e non perde occasione per attaccare la magistratura”.
Ovviamente il tema dell’attacco alla magistratura nel Pd è stato ancora una volta oggetto del più assordante e vile silenzio e nonostante le formali prese di posizione di Letta dopo la manifestazione antigiudici di Brescia, alla passerella dell’orgoglio Bunga-Bunga di piazza Farnese, elettrizzata dalla presenza della fidanzata del Capo, hanno sfilato ed inveito contro “le toghe comuniste” parlamentari e ministri berlusconiani rappresentanti delle varie anime: Santanché, Lupi, Cicchitto…
Da ultimo, e naturalmente senza nemmeno sfiorare le reazioni truci, agli antipodi dei principi ispiratori di qualsiasi democrazia liberale di cui si riempiono la bocca i partner di governo del Pd, è intervenuto persino Massimo D’Alema per dire testualmente che “Berlusconi avrebbe dovuto lasciare la politica da tempo, anche per ‘non scaricare’ i suoi problemi giudiziari sulle istituzioni e la speranza è che tutto questo non abbia un contraccolpo sul governo… ma non spetta a me spetta al suo partito”.
Evidentemente l’aria europea di Bruxelles deve averlo ispirato positivamente, anche in senso retrospettivo, sul rapporto che nei sistemi democratici compiuti deve esistere tra legittimazione elettorale, eguaglianza davanti alla legge ed indipendenza tra i poteri dello stato.
Naturalmente D’Alema, secondo il suo stile consolidato, parla come se avesse vissuto il ventennio berlusconiano da cittadino qualsiasi, anzi da “turista per caso” in Italia invece che come fautore dell’accreditamento di Berlusconi quale statitista dalla Bicamerale in poi, sempre in nome del “primato della politica”, e del feticcio della legittimazione elettorale.
I suoi leit motiv sono sempre stati quelli di Giuliano Ferrara: Berlusconi piace a milioni di italiani, non l’abbiamo scelto noi come partner per le riforme costituzionali né per governare insieme; il problema di questo paese non è Berlusconi ma l’antiberlusconismo ed il protagonismo giudiziario; la magistratura è il vero pericolo per questo paese.
Che per lui sia arrivato il tempo dei titoli di coda sembra averlo capito al di là del muro difensivo anche il diretto interessato ed il grosso del suo pseudo-partito se è ritornata, con tutte le smentite del caso, la candidatura dell’amazzone di famiglia, la più fidata di tutte, Marina.
Ed il solo fatto che si parli di una successione all’interno del perimetro di Arcore dà la misura di cosa è e cosa è stata l’avventura berlusconiana, di quanto sia fragile un partito che si affida ai discendenti e di come avrebbe potuto essere diversa la nostra storia recente se gli “avversari” di Berlusconi non si fossero chiamati D’Alema & co.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06 ... ma/638149/
di Daniela Gaudenzi
| 26 giugno 2013Commenti (32)
A due giorni dalla sentenza Ruby che ha inchiodato Berlusconi come concussore “per costrizione” (art 317 c.p.p.) e ha raso al suolo la gigantesca operazione di ritrattazione e concertazione delle testimonianze pro-papi di Olgettine a libro paga e parlamentari nominati arrivano, più o meno attutiti per non accidentare le larghe intese, gli inviti a “farsi da parte” anche dalla nomenclatura del Pd.
Quasi una risposta a distanza al Giuliano Ferrara con rossetto che dal palco di Piazza Farnese ha lanciato la provocazione “siamo tutti puttane?“, dato il parterre più una domanda retorica, e ha tuonato: “non è un reato essere Berlusconi, un signore che è piaciuto a milioni di cittadini”.
Sull’evidenza che per Berlusconi sia stata scritta in via definitiva l’uscita dalla scena politica e istituzionale si erano già pronunciati sia il M5S che Sel, peraltro entrambi schierati, in sostanziale solitudine, sul fronte della ineleggibilità finalmente calendarizzata dopo ostacoli di ogni sorta per i primi di luglio.
E mentre il nuovo segretario del Pd Epifani continua a ripetere come una litania che bisogna tenere rigorosamente distinte le vicende giudiziarie di Berlusconi da quelle politiche e cioè dalla vita e dalla durata dell’esecutivo, Rosy Bindi si è domandata da subito “come può stare il Pd in una maggioranza con un partito guidato da un leader che ha già accumulato diverse gravissime condanne, che pretende l’impunità in nome della legittimazione elettorale e non perde occasione per attaccare la magistratura”.
Ovviamente il tema dell’attacco alla magistratura nel Pd è stato ancora una volta oggetto del più assordante e vile silenzio e nonostante le formali prese di posizione di Letta dopo la manifestazione antigiudici di Brescia, alla passerella dell’orgoglio Bunga-Bunga di piazza Farnese, elettrizzata dalla presenza della fidanzata del Capo, hanno sfilato ed inveito contro “le toghe comuniste” parlamentari e ministri berlusconiani rappresentanti delle varie anime: Santanché, Lupi, Cicchitto…
Da ultimo, e naturalmente senza nemmeno sfiorare le reazioni truci, agli antipodi dei principi ispiratori di qualsiasi democrazia liberale di cui si riempiono la bocca i partner di governo del Pd, è intervenuto persino Massimo D’Alema per dire testualmente che “Berlusconi avrebbe dovuto lasciare la politica da tempo, anche per ‘non scaricare’ i suoi problemi giudiziari sulle istituzioni e la speranza è che tutto questo non abbia un contraccolpo sul governo… ma non spetta a me spetta al suo partito”.
Evidentemente l’aria europea di Bruxelles deve averlo ispirato positivamente, anche in senso retrospettivo, sul rapporto che nei sistemi democratici compiuti deve esistere tra legittimazione elettorale, eguaglianza davanti alla legge ed indipendenza tra i poteri dello stato.
Naturalmente D’Alema, secondo il suo stile consolidato, parla come se avesse vissuto il ventennio berlusconiano da cittadino qualsiasi, anzi da “turista per caso” in Italia invece che come fautore dell’accreditamento di Berlusconi quale statitista dalla Bicamerale in poi, sempre in nome del “primato della politica”, e del feticcio della legittimazione elettorale.
I suoi leit motiv sono sempre stati quelli di Giuliano Ferrara: Berlusconi piace a milioni di italiani, non l’abbiamo scelto noi come partner per le riforme costituzionali né per governare insieme; il problema di questo paese non è Berlusconi ma l’antiberlusconismo ed il protagonismo giudiziario; la magistratura è il vero pericolo per questo paese.
Che per lui sia arrivato il tempo dei titoli di coda sembra averlo capito al di là del muro difensivo anche il diretto interessato ed il grosso del suo pseudo-partito se è ritornata, con tutte le smentite del caso, la candidatura dell’amazzone di famiglia, la più fidata di tutte, Marina.
Ed il solo fatto che si parli di una successione all’interno del perimetro di Arcore dà la misura di cosa è e cosa è stata l’avventura berlusconiana, di quanto sia fragile un partito che si affida ai discendenti e di come avrebbe potuto essere diversa la nostra storia recente se gli “avversari” di Berlusconi non si fossero chiamati D’Alema & co.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06 ... ma/638149/
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Filotto
UDIENZA IN CASSAZIONE
Mondadori, il Pg: sì all'al risarcimento
«Ma l'indennizzo va ridotto, anche se di poco»
La Cassazione decide sulla cosiddetta guerra di Segrate
La guerra di Segrate va risolta con un risarcimento. «Ma l'indennizzo va ridotto, anche se di poco». È quanto ha chiesto il procuratore generale della Cassazione Pasquale Fimiani nel corso dell'udienza in corso davanti la Terza Sezione civile della Suprema Corte. Il Pg ha respinto, ritenendoli infondati, quasi tutti i punti presenti nel ricorso presentato dai legali di Fininvest, accogliendo però due voci.
LA VICENDA - Ci si avvicina così a rapide falcate verso una possibile soluzione della lunga Guerra di Segrate. In questo caso, al Palazzaccio viene discusso il ricorso dei legali della Fininvest contro la sentenza con la quale la Corte d'Appello di Milano, il 9 luglio 2011, ha confermato il risarcimento a favore della Cir della famiglia De Benedetti, riducendo però l'indennizzo da 750 a 564,2 milioni di euro.
I SUPREMI GIUDICI - Il Collegio è presieduto da Francesco Trifone e la Procura della Suprema Corte è rappresentata dal sostituto procuratore generale Pasquale Fimiani. Per la prima volta, nella vicenda civile di questo processo viene data la parola alla Procura di Milano che non ha avuto voce in capitolo nè in primo nè in secondo grado. Il collegio difensivo di Fininvest è guidato dall'ex giudice costituzionale Romano Vaccarella che, a quanto si è appreso, tiene i contatti con Silvio Berlusconi per informarlo sull'andamento dell'udienza. Gli altri legali del team sono Fabio Lepri, Giorgio De Nova, Giuseppe Lombardi e Achille Saletti. Il team difensivo di Cir è invece composto da Vincenzo Roppo, Nicolò Lipari ed Elisabetta Rubini. La decisione, come avviene per tutto il settore civile, dovrebbe essere resa nota e depositata con le motivazioni scritte della sentenza, tra circa 30 giorni.
27 giugno 2013 | 16:16
http://www.corriere.it/cronache/13_giug ... 6abd.shtml
UDIENZA IN CASSAZIONE
Mondadori, il Pg: sì all'al risarcimento
«Ma l'indennizzo va ridotto, anche se di poco»
La Cassazione decide sulla cosiddetta guerra di Segrate
La guerra di Segrate va risolta con un risarcimento. «Ma l'indennizzo va ridotto, anche se di poco». È quanto ha chiesto il procuratore generale della Cassazione Pasquale Fimiani nel corso dell'udienza in corso davanti la Terza Sezione civile della Suprema Corte. Il Pg ha respinto, ritenendoli infondati, quasi tutti i punti presenti nel ricorso presentato dai legali di Fininvest, accogliendo però due voci.
LA VICENDA - Ci si avvicina così a rapide falcate verso una possibile soluzione della lunga Guerra di Segrate. In questo caso, al Palazzaccio viene discusso il ricorso dei legali della Fininvest contro la sentenza con la quale la Corte d'Appello di Milano, il 9 luglio 2011, ha confermato il risarcimento a favore della Cir della famiglia De Benedetti, riducendo però l'indennizzo da 750 a 564,2 milioni di euro.
I SUPREMI GIUDICI - Il Collegio è presieduto da Francesco Trifone e la Procura della Suprema Corte è rappresentata dal sostituto procuratore generale Pasquale Fimiani. Per la prima volta, nella vicenda civile di questo processo viene data la parola alla Procura di Milano che non ha avuto voce in capitolo nè in primo nè in secondo grado. Il collegio difensivo di Fininvest è guidato dall'ex giudice costituzionale Romano Vaccarella che, a quanto si è appreso, tiene i contatti con Silvio Berlusconi per informarlo sull'andamento dell'udienza. Gli altri legali del team sono Fabio Lepri, Giorgio De Nova, Giuseppe Lombardi e Achille Saletti. Il team difensivo di Cir è invece composto da Vincenzo Roppo, Nicolò Lipari ed Elisabetta Rubini. La decisione, come avviene per tutto il settore civile, dovrebbe essere resa nota e depositata con le motivazioni scritte della sentenza, tra circa 30 giorni.
27 giugno 2013 | 16:16
http://www.corriere.it/cronache/13_giug ... 6abd.shtml
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Siamo la coppia più bella del mondo,..e ci dispiace per gli altri......
http://www.youtube.com/watch?v=su5UXFG6fbI
Anselma Dell’Olio: ‘Olgettine? Meglio delle sceme di sinistra che scopano gratis’
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/06/ ... is/238136/
“Ruby? E’ una ragazza emigrata di una povera famiglia islamica. La sinistra dovrebbe abbracciarla e aiutarla, anziché dire che è una puttana“. Così Anselma Dell’Olio, moglie di Giuliano Ferrara, si esprime sulla ragazza marocchina in una torrenziale intervista rilasciata a “La Zanzara”, su Radio24. La giornalista, che ha affiancato il marito nella manifestazione “Siamo tutti puttane” a sostegno del Cavaliere, difende con veemenza Berlusconi. “Lui è un uomo generoso, le sue cene erano davvero eleganti” – afferma -”Ruby rappresenta quegli immigrati in difficoltà che la sinistra a parole dice di difendere. Però ora è utile attaccare Berlusconi” – continua – “e quindi la ragazza viene trattata da puttana. Ma è pieno di donne di sinistra che scopano i parrucconi per vedersi pubblicati i libri“. E aggiunge: “Meglio le olgettine di chi, ad esempio, ha una storia con un dirigente di partito sposato con figli, si fa scopare e viene mandata come numero nelle piazze o a fare le fotocopie“. La Dell’Olio spiega: “Queste donne di sinistra sono sceme, scopano gratis. Ma guai a toccare i maschi loro, si incazzano. Conosco quel mondo, io vengo dalla sinistra, che ora odio e sono scappata per lo schifo che c’è, per la loro ipocrisia”. La moglie del direttore de “Il Foglio” dà una sua personale descrizione delle “olgettine”: “Sono donne che non indossano zoccoli e gonne a fiori, preferiscono gli abiti aderenti magari con lo spacco, si truccano e vanno a cena da Berlusconi. Si divertono e si fanno aiutare, dov’è il problema?”. E osserva: “Berlusconi è molto ‘regalino’. Anche a me ha fatto tanti regali, ricaverei un bel gruzzoletto se li portassi al Monte di pietà“. La Dell’Olio poi rivela: “Marco Travaglio diverte me e Giuliano tantissimo. Mio marito ogni mattina ride molto, quando lo sento ridere è perché legge Travaglio, lo fa sempre. Non si perde mai “Il Fatto Quotidiano”“. E sottolinea: “Meno male che Travaglio c’è. Quando chiama mio marito “Platinette barbuto”, fa crescere il mito di Giuliano”. Non manca una menzione di Ilda Boccassini: “Non è molto forte in italiano. Ha fatto contro Berlusconi una requisitoria lunga sei ore, quindi non aveva nulla in mano. E’ gente fissata col pisello di Berlusconi”
di Gisella Ruccia
****
Il bacato del marito
http://www.youtube.com/watch?v=i1Fa8P0Xgmk
http://www.youtube.com/watch?v=sPJ9NTMSNI8
http://www.youtube.com/watch?v=laOMdYqEUWw
27 giugno 2013
Dio li fa e poi li accoppia............
http://www.youtube.com/watch?v=su5UXFG6fbI
Anselma Dell’Olio: ‘Olgettine? Meglio delle sceme di sinistra che scopano gratis’
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/06/ ... is/238136/
“Ruby? E’ una ragazza emigrata di una povera famiglia islamica. La sinistra dovrebbe abbracciarla e aiutarla, anziché dire che è una puttana“. Così Anselma Dell’Olio, moglie di Giuliano Ferrara, si esprime sulla ragazza marocchina in una torrenziale intervista rilasciata a “La Zanzara”, su Radio24. La giornalista, che ha affiancato il marito nella manifestazione “Siamo tutti puttane” a sostegno del Cavaliere, difende con veemenza Berlusconi. “Lui è un uomo generoso, le sue cene erano davvero eleganti” – afferma -”Ruby rappresenta quegli immigrati in difficoltà che la sinistra a parole dice di difendere. Però ora è utile attaccare Berlusconi” – continua – “e quindi la ragazza viene trattata da puttana. Ma è pieno di donne di sinistra che scopano i parrucconi per vedersi pubblicati i libri“. E aggiunge: “Meglio le olgettine di chi, ad esempio, ha una storia con un dirigente di partito sposato con figli, si fa scopare e viene mandata come numero nelle piazze o a fare le fotocopie“. La Dell’Olio spiega: “Queste donne di sinistra sono sceme, scopano gratis. Ma guai a toccare i maschi loro, si incazzano. Conosco quel mondo, io vengo dalla sinistra, che ora odio e sono scappata per lo schifo che c’è, per la loro ipocrisia”. La moglie del direttore de “Il Foglio” dà una sua personale descrizione delle “olgettine”: “Sono donne che non indossano zoccoli e gonne a fiori, preferiscono gli abiti aderenti magari con lo spacco, si truccano e vanno a cena da Berlusconi. Si divertono e si fanno aiutare, dov’è il problema?”. E osserva: “Berlusconi è molto ‘regalino’. Anche a me ha fatto tanti regali, ricaverei un bel gruzzoletto se li portassi al Monte di pietà“. La Dell’Olio poi rivela: “Marco Travaglio diverte me e Giuliano tantissimo. Mio marito ogni mattina ride molto, quando lo sento ridere è perché legge Travaglio, lo fa sempre. Non si perde mai “Il Fatto Quotidiano”“. E sottolinea: “Meno male che Travaglio c’è. Quando chiama mio marito “Platinette barbuto”, fa crescere il mito di Giuliano”. Non manca una menzione di Ilda Boccassini: “Non è molto forte in italiano. Ha fatto contro Berlusconi una requisitoria lunga sei ore, quindi non aveva nulla in mano. E’ gente fissata col pisello di Berlusconi”
di Gisella Ruccia
****
Il bacato del marito
http://www.youtube.com/watch?v=i1Fa8P0Xgmk
http://www.youtube.com/watch?v=sPJ9NTMSNI8
http://www.youtube.com/watch?v=laOMdYqEUWw
27 giugno 2013
Dio li fa e poi li accoppia............
Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Governo, Silvio Berlusconi sbarella. Due schiaffi su Lodo Mondadori e Napoli, e il Pdl è tutto e il suo contrario
http://www.huffingtonpost.it/2013/06/27 ... _ref=italy
Resistere. A oltranza. Anche se fa male: “Non poteva immaginare che l'invidia e l'odio sarebbero arrivati fino al punto di volermi far fuori sul piano patrimoniale, sul piano dei diritti politici e su quello della libertà personale”. È forse l’unica certezza il grido che Silvio Berlusconi consegna in un’intervista alla Discussione. È provato, il Cavaliere. Al termine di un’altra giornata da incubo. Pessime le notizie da Napoli, dove il Sergio De Gregorio ha chiesto di patteggiare nell’ambito del processo che vede coinvolto l’ex premier sulla corruzione dei senatori. Pessime sul lodo Mondadori, dove il pg ha confermato che l'impianto della sentenza regge.
E' in questo quadro che adesso Silvio Berlusconi ha davvero paura. Perché sente di non avere una via d’uscita. Politica. E tutt’attorno sbanda un partito senza certezze. Ne è una prova l’isteria sulla giustizia. Con l’emendamento presentato da un gruppo di senatori, per inserire la riforma nell’ambito delle riforme costituzionali. Con la raffica sull’economia come se il Pdl fosse un partito di opposizione. Falchi, colombe, falchi contro colombe. Nel corso dell’ennesimo vertice notturno l’ex premier aveva provato placare i suoi, che urlavano la necessità di una rottura. È servito a poco. E lo stesso Berlusconi, calmo di notte, di giorno ha consegnato alla Discussione parole non morbide: “Sosterremo lealmente il governo fin quando rispetta gli accordi: via l'Imu sulla prima casa, no all'aumento dell'Iva, tassazione zero sulle assunzioni dei giovani e dei disoccupati”. Parole che lasciano presagire la preparazione della crisi in autunno. Proprio l’eventualità che il Cavaliere ha negato di fronte a Giorgio Napolitano. Per non parlare delle solite, provocatorie parole contro la Merkel, proprio nel momento in cui il premier è in Europa per il consiglio europeo: “E quando ho invitato il premier Enrico Letta a fare un braccio di ferro con la signora Merkel per correggere le storture più evidenti della politica europea”. Frasi che non tirano giù il governo, ma servono più a preparare la guerra che a costruire la pace.
Ecco, colpo dopo colpo, il fantastico mondo berlusconiano vacilla, o quantomeno sbarella: “Siamo all’anarchia – dice un ex ministro alla Camera mentre beve un caffè – ognuno dice quello che gli pare: Alfano loda un governo che fa pena, Brunetta parla come se stesse all’opposizione. E Berlusconi lascia fare perché non sa che fare”. Già, l’anarchia. Sovrastata da un Cavaliere bipolare non solo sul governo – rompo o non rompo” ma pure sul partito. Che parla con i dirigenti della prima ora e chiede di organizzare incontri modello ’94 con gli imprenditori. Che fa dire alla Santanchè a Porta a Porta che stavolta è fatta: “Abbiamo preso oggi con il presidente Berlusconi la decisione che tra neanche un mese, venti giorni, rinasce Forza Italia”. Peccato che alla lettura delle agenzie la frase venga accolta dallo scetticismo dei più: “Nell’ultimo mese – dice un azzurro di peso – la Santanchè ha tirato su e giù il governo un paio di volte. E ha rifondato Forza Italia non si sa quante”.
L’unica certezza sono i soldi da risparmiare. Chi ha letto il bilancio nel corso della riunione assicura che Berlusconi non ci vuole mettere più un euro: i dipendenti rischiano i tagli, l’ultima manifestazione di piazza del Popolo, per dirne una, gli è costata tre milioni di euro, e quindi una ristrutturazione si impone. Ma chi conosce bene Berlusconi assicura che il marchio Forza Italia è legato alla prospettiva delle elezioni: “Prima si deve capire quando si vota – dice un fondatore di Forza Italia – e poi c’è il marchio”. Anche se un punto fermo nell’anarchia c’è: la voglia di sbarazzarsi della nomenklatura del Pdl. Almeno per ora: “Poi, si sa – prosegue il fondatore – che prevale il conformismo e cambia tutto”. O non cambia niente.
http://www.huffingtonpost.it/2013/06/27 ... _ref=italy
Resistere. A oltranza. Anche se fa male: “Non poteva immaginare che l'invidia e l'odio sarebbero arrivati fino al punto di volermi far fuori sul piano patrimoniale, sul piano dei diritti politici e su quello della libertà personale”. È forse l’unica certezza il grido che Silvio Berlusconi consegna in un’intervista alla Discussione. È provato, il Cavaliere. Al termine di un’altra giornata da incubo. Pessime le notizie da Napoli, dove il Sergio De Gregorio ha chiesto di patteggiare nell’ambito del processo che vede coinvolto l’ex premier sulla corruzione dei senatori. Pessime sul lodo Mondadori, dove il pg ha confermato che l'impianto della sentenza regge.
E' in questo quadro che adesso Silvio Berlusconi ha davvero paura. Perché sente di non avere una via d’uscita. Politica. E tutt’attorno sbanda un partito senza certezze. Ne è una prova l’isteria sulla giustizia. Con l’emendamento presentato da un gruppo di senatori, per inserire la riforma nell’ambito delle riforme costituzionali. Con la raffica sull’economia come se il Pdl fosse un partito di opposizione. Falchi, colombe, falchi contro colombe. Nel corso dell’ennesimo vertice notturno l’ex premier aveva provato placare i suoi, che urlavano la necessità di una rottura. È servito a poco. E lo stesso Berlusconi, calmo di notte, di giorno ha consegnato alla Discussione parole non morbide: “Sosterremo lealmente il governo fin quando rispetta gli accordi: via l'Imu sulla prima casa, no all'aumento dell'Iva, tassazione zero sulle assunzioni dei giovani e dei disoccupati”. Parole che lasciano presagire la preparazione della crisi in autunno. Proprio l’eventualità che il Cavaliere ha negato di fronte a Giorgio Napolitano. Per non parlare delle solite, provocatorie parole contro la Merkel, proprio nel momento in cui il premier è in Europa per il consiglio europeo: “E quando ho invitato il premier Enrico Letta a fare un braccio di ferro con la signora Merkel per correggere le storture più evidenti della politica europea”. Frasi che non tirano giù il governo, ma servono più a preparare la guerra che a costruire la pace.
Ecco, colpo dopo colpo, il fantastico mondo berlusconiano vacilla, o quantomeno sbarella: “Siamo all’anarchia – dice un ex ministro alla Camera mentre beve un caffè – ognuno dice quello che gli pare: Alfano loda un governo che fa pena, Brunetta parla come se stesse all’opposizione. E Berlusconi lascia fare perché non sa che fare”. Già, l’anarchia. Sovrastata da un Cavaliere bipolare non solo sul governo – rompo o non rompo” ma pure sul partito. Che parla con i dirigenti della prima ora e chiede di organizzare incontri modello ’94 con gli imprenditori. Che fa dire alla Santanchè a Porta a Porta che stavolta è fatta: “Abbiamo preso oggi con il presidente Berlusconi la decisione che tra neanche un mese, venti giorni, rinasce Forza Italia”. Peccato che alla lettura delle agenzie la frase venga accolta dallo scetticismo dei più: “Nell’ultimo mese – dice un azzurro di peso – la Santanchè ha tirato su e giù il governo un paio di volte. E ha rifondato Forza Italia non si sa quante”.
L’unica certezza sono i soldi da risparmiare. Chi ha letto il bilancio nel corso della riunione assicura che Berlusconi non ci vuole mettere più un euro: i dipendenti rischiano i tagli, l’ultima manifestazione di piazza del Popolo, per dirne una, gli è costata tre milioni di euro, e quindi una ristrutturazione si impone. Ma chi conosce bene Berlusconi assicura che il marchio Forza Italia è legato alla prospettiva delle elezioni: “Prima si deve capire quando si vota – dice un fondatore di Forza Italia – e poi c’è il marchio”. Anche se un punto fermo nell’anarchia c’è: la voglia di sbarazzarsi della nomenklatura del Pdl. Almeno per ora: “Poi, si sa – prosegue il fondatore – che prevale il conformismo e cambia tutto”. O non cambia niente.
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Da L'intervista
Il presidente dell'Anm Rodolfo Sabelli: ci attacca da anni ma nessuno può permettersi di abituarsi a questi epiteti.
"Non è interessato alla riforma ma ai suoi processi"
(La Repubblica - 29/06/2013 - P.6)
Il presidente dell'Anm Rodolfo Sabelli: ci attacca da anni ma nessuno può permettersi di abituarsi a questi epiteti.
"Non è interessato alla riforma ma ai suoi processi"
(La Repubblica - 29/06/2013 - P.6)
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
L’AZIONE PARALLELA
(Massimo Giannini).
29/06/2013 di triskel182
BISOGNA avere fiducia in Silvio Berlusconi. Bisogna seguire le sue ossessioni, credere alle sue tentazioni, scommettere sulle sue esagerazioni. È accaduto così, ormai da quasi vent’anni. Lo “statista” prova qua e là a farsi spazio, nei pochi interstizi psicologici e politici lasciati aperti dallo “sfascista”. Ma alla fine il peggio prevale sempre. È nell’indole del leader, che vive di semplificazioni populiste e di pulsioni cesariste. Una miscela esplosiva, e tecnicamente eversiva, che spinge naturalmente il Cavaliere a concepire le regole della democrazia come una camicia di forza, e dunque a volerne ostinatamente fuggire. Sta accadendo anche oggi. Esasperato dai processi ai quali si sottrae scientificamente dai tempi della sua discesa in campo, ma rassegnato a sostenere una maggioranza di Larghe Intese che gli consente di restare comunque seduto al tavolo del potere, Berlusconi si muove nello schema dell’Uomo senza qualità di Musil.
Porta avanti l’Azione Parallela: da una parte conferma la lealtà al governo. Ma dall’altra parte conferma la volontà di far saltare il tavolo della giustizia. Con una mano fa finta di sorreggere Enrico Letta, con l’altra mano punta la pistola alla tempia dei magistrati, e al tempo stesso spinge le sue falangi macedoni ad avvelenare i pozzi, a seminare di mine innescate il campo della battaglia parlamentare, a sfruttare il primo treno che passa per veicolarci sopra qualche nuovo salvacondotto, o qualche altra legge ad personam. Prima l’emendamento fantasma che corregge le norme sull’interdizione dai pubblici uffici (pena accessoria che gli è stata inflitta per cinque anni nel processo di primo e secondo grado sui diritti tv Mediaset e in perpetuo nel processo di primo grado su Ruby). Poi l’ipotesi di amnistia, da far correre sui binari del decreto svuota-carceri. Infine il blitz sul disegno di legge per le riforme costituzionali, che un codicillo del senatore Donato Bruno apre ora anche alla riscrittura del Titolo Quarto della Costituzione dedicato proprio alla magistratura e all’ordinamento giurisdizionale.
Di fronte a questa improvvisa e palese violazione del fragile patto costitutivo sul quale si fondano le Larghe Intese (questo «governo di servizio» non si occuperà per ovvi motivi di riforma della giustizia) qualcuno nel Pd aveva parlato di un «atto di pirateria ». Il Pdl ha replicato con sdegno, per bocca del suo ministro delle Riforme Quagliariello, respingendo l’accusa e denunciandone l’evidente “strumentalità”. Adesso, a smentire le colombe e a rafforzare i falchi, arriva il Cavaliere in persona. L’intervista al Tg1 sancisce ciò che era già
chiaro fin dall’inizio. Quarantott’ore dopo la condanna a sette anni per prostituzione minorile e concussione nella farsa sulla “nipote di Mubarak”, ventiquattr’ore dopo i posticci esercizi di moderazione svolti durante il colloquio con il presidente della Repubblica, e in pendenza della decisione della Cassazione sul maxi-risarcimento dovuto da Fininvest a Cir per la corruzione nel Lodo Mondadori, Berlusconi ribadisce che «se c’è un settore che ha bisogno di una riforma questo è proprio la giustizia». E dunque conferma le peggiori intenzioni che stanno dietro l’offensiva del suo gruppo parlamentare al Senato.
I magistrati, inquirenti e requirenti, devono sapere che quella che il Cavaliere chiama e fa chiamare dalle sue televisioni serventi la «guerra dei vent’anni», lui continuerà a combatterla con tutti i mezzi. E gli alleati riluttanti della strana maggioranza devono sapere che il suo personale plotone d’esecuzione è sempre lì, nelle aule parlamentari, pronto a sparare fuoco amico sul governo e fuoco nemico sulle toghe rosse. La minaccia è puramente virtuale sul piano dei processi: il nuovo corso della “pacificazione”, che secondo lo schema berlusconiano doveva propiziare la nascita e consolidare la crescita di una Grosse Koalition all’italiana, sembra già svanito. Ma la minaccia è reale sul piano politico: resta difficile immaginare un Cavaliere condannato in via definitiva che diligentemente “si consegna agli arresti
domiciliari”, mentre la nave del governo di Larghe Intese continua serena la sua navigazione. E c’è un’aggravante: la solita, quando si tratta di ricostruire i nudi fatti che hanno portato l’imputato di Arcore a subire un processo o una condanna. La menzogna come arma di difesa e di attacco.
Distorcendo ancora una volta le regole, l’ex premier parla al Tg1 mentre i giudici della Cassazione stanno ancora decidendo e scrivendo il dispositivo della sentenza sulla causa civile di risarcimento per il Lodo Mondadori. Si dichiara «vittima» di una decisione che, ai tempi della spartizione della casa editrice con il gruppo De Benedetti, lo vide invece nei panni del «carnefice ». Un ruolo che sta scritto nero su bianco su una sentenza di condanna penale già passata in giudicato, emessa dalla Corte d’appello di Milano il 23 febbraio 2007. In
quella pronuncia si certifica che nel 1991 la Mondadori fu sottratta alla Cir dal gruppo Fininvest grazie a una sentenza «comprata » da Berlusconi ed emessa dal giudice Vittorio Metta, che per questo fu ricompensato con una tangente di 400 milioni di lire. Dalla condanna per corruzione, che sei anni fa ha colpito i suoi “sensali” Previti, Pacifico e Acampora, Berlusconi si è salvato solo grazie alla prescrizione. Ma di tutto questo, sulla rete ammiraglia della Rai, lo Statista non parla. Fa la parte del perseguitato (che non è) e non quella dell’imputato (che invece continua ad essere). La rituale contraffazione dei fatti, riscritti e raccontati secondo convenienza personale e impudenza politica.
Può sembrare un paradosso, ma questo ennesimo e disperato colpo di teatro del Cavaliere avviene proprio nello stesso giorno in cui, sul caso Ruby, si verifica un clamoroso episodio di disvelamento per il quale dobbiamo ringraziare niente meno che Lele Mora. È lui che, suo malgrado, si assume l’onere di dare un nome alle cose. Di squarciare il velo della propaganda conformista e manipolatoria, che nasconde una macchina costruita per produrre senso comune e trasformarlo in consenso politico. È sorprendente, e al tempo stesso anche inquietante, che a compiere un’operazione di verità così “scandalosa” rispetto ai canoni omertosi dell’ortodossia berlusconiana sia stato uno degli “ingranaggi” di quella
stessa macchina. Ma anche questo, infine, è accaduto. Il fornitore seriale e «assaggiatore » ufficiale di olgettine nelle cene eleganti confessa, in un’aula di tribunale, che quelle serate ad Arcore sono state un caso di «abuso di potere, dismisura, degrado». Queste tre parole, testuali, le aveva scritte Giuseppe D’Avanzo su
Repubblica
(e le ha ricordate Ezio Mauro nel suo editoriale di martedì scorso), per spiegare in splendida solitudine quello che era chiaro e pacifico fin da allora. Che l’inchiesta sul Ruby-gate non era un odioso attacco alla privacy né un morboso tentativo di spiare l’allora presidente del Consiglio dal buco della serratura della sua camera da letto. Era invece un gigantesco scandalo politico, caricato di una colossale dimensione pubblica. E a nasconderlo, con una dose insopportabile di ipocrisia, poteva provare solo chi si ostinava (e si ostina tuttora) a presentarlo invece come la fatwa di una teocrazia che pretende di giudicare un peccato e di condannare non un reato, ma «uno stile di vita».
Ora, dalle parole di Mora, per una volta sincere nonostante le mezze ritrattazioni successive, abbiamo la conferma di quello che non abbiamo mai dubitato: e cioè che aveva ragione D’Avanzo. Abuso di potere, dismisura, degrado. Non c’è altro da dire, di fronte a una penosa storia di privatizzazione delle funzioni pubbliche, o di pubblicizzazione dei vizi privati, che ha esposto un capo di governo dell’Occidente al ricatto sistematico di un drappello di faccendieri e di un manipolo di escort. Ci vogliono la responsabilità politica e la tempra etica di un Lele Mora, a riconoscere almeno una volta, e a viso aperto, questa disarmante banalità del male?
Da La Repubblica del 29/06/2013.
(Massimo Giannini).
29/06/2013 di triskel182
BISOGNA avere fiducia in Silvio Berlusconi. Bisogna seguire le sue ossessioni, credere alle sue tentazioni, scommettere sulle sue esagerazioni. È accaduto così, ormai da quasi vent’anni. Lo “statista” prova qua e là a farsi spazio, nei pochi interstizi psicologici e politici lasciati aperti dallo “sfascista”. Ma alla fine il peggio prevale sempre. È nell’indole del leader, che vive di semplificazioni populiste e di pulsioni cesariste. Una miscela esplosiva, e tecnicamente eversiva, che spinge naturalmente il Cavaliere a concepire le regole della democrazia come una camicia di forza, e dunque a volerne ostinatamente fuggire. Sta accadendo anche oggi. Esasperato dai processi ai quali si sottrae scientificamente dai tempi della sua discesa in campo, ma rassegnato a sostenere una maggioranza di Larghe Intese che gli consente di restare comunque seduto al tavolo del potere, Berlusconi si muove nello schema dell’Uomo senza qualità di Musil.
Porta avanti l’Azione Parallela: da una parte conferma la lealtà al governo. Ma dall’altra parte conferma la volontà di far saltare il tavolo della giustizia. Con una mano fa finta di sorreggere Enrico Letta, con l’altra mano punta la pistola alla tempia dei magistrati, e al tempo stesso spinge le sue falangi macedoni ad avvelenare i pozzi, a seminare di mine innescate il campo della battaglia parlamentare, a sfruttare il primo treno che passa per veicolarci sopra qualche nuovo salvacondotto, o qualche altra legge ad personam. Prima l’emendamento fantasma che corregge le norme sull’interdizione dai pubblici uffici (pena accessoria che gli è stata inflitta per cinque anni nel processo di primo e secondo grado sui diritti tv Mediaset e in perpetuo nel processo di primo grado su Ruby). Poi l’ipotesi di amnistia, da far correre sui binari del decreto svuota-carceri. Infine il blitz sul disegno di legge per le riforme costituzionali, che un codicillo del senatore Donato Bruno apre ora anche alla riscrittura del Titolo Quarto della Costituzione dedicato proprio alla magistratura e all’ordinamento giurisdizionale.
Di fronte a questa improvvisa e palese violazione del fragile patto costitutivo sul quale si fondano le Larghe Intese (questo «governo di servizio» non si occuperà per ovvi motivi di riforma della giustizia) qualcuno nel Pd aveva parlato di un «atto di pirateria ». Il Pdl ha replicato con sdegno, per bocca del suo ministro delle Riforme Quagliariello, respingendo l’accusa e denunciandone l’evidente “strumentalità”. Adesso, a smentire le colombe e a rafforzare i falchi, arriva il Cavaliere in persona. L’intervista al Tg1 sancisce ciò che era già
chiaro fin dall’inizio. Quarantott’ore dopo la condanna a sette anni per prostituzione minorile e concussione nella farsa sulla “nipote di Mubarak”, ventiquattr’ore dopo i posticci esercizi di moderazione svolti durante il colloquio con il presidente della Repubblica, e in pendenza della decisione della Cassazione sul maxi-risarcimento dovuto da Fininvest a Cir per la corruzione nel Lodo Mondadori, Berlusconi ribadisce che «se c’è un settore che ha bisogno di una riforma questo è proprio la giustizia». E dunque conferma le peggiori intenzioni che stanno dietro l’offensiva del suo gruppo parlamentare al Senato.
I magistrati, inquirenti e requirenti, devono sapere che quella che il Cavaliere chiama e fa chiamare dalle sue televisioni serventi la «guerra dei vent’anni», lui continuerà a combatterla con tutti i mezzi. E gli alleati riluttanti della strana maggioranza devono sapere che il suo personale plotone d’esecuzione è sempre lì, nelle aule parlamentari, pronto a sparare fuoco amico sul governo e fuoco nemico sulle toghe rosse. La minaccia è puramente virtuale sul piano dei processi: il nuovo corso della “pacificazione”, che secondo lo schema berlusconiano doveva propiziare la nascita e consolidare la crescita di una Grosse Koalition all’italiana, sembra già svanito. Ma la minaccia è reale sul piano politico: resta difficile immaginare un Cavaliere condannato in via definitiva che diligentemente “si consegna agli arresti
domiciliari”, mentre la nave del governo di Larghe Intese continua serena la sua navigazione. E c’è un’aggravante: la solita, quando si tratta di ricostruire i nudi fatti che hanno portato l’imputato di Arcore a subire un processo o una condanna. La menzogna come arma di difesa e di attacco.
Distorcendo ancora una volta le regole, l’ex premier parla al Tg1 mentre i giudici della Cassazione stanno ancora decidendo e scrivendo il dispositivo della sentenza sulla causa civile di risarcimento per il Lodo Mondadori. Si dichiara «vittima» di una decisione che, ai tempi della spartizione della casa editrice con il gruppo De Benedetti, lo vide invece nei panni del «carnefice ». Un ruolo che sta scritto nero su bianco su una sentenza di condanna penale già passata in giudicato, emessa dalla Corte d’appello di Milano il 23 febbraio 2007. In
quella pronuncia si certifica che nel 1991 la Mondadori fu sottratta alla Cir dal gruppo Fininvest grazie a una sentenza «comprata » da Berlusconi ed emessa dal giudice Vittorio Metta, che per questo fu ricompensato con una tangente di 400 milioni di lire. Dalla condanna per corruzione, che sei anni fa ha colpito i suoi “sensali” Previti, Pacifico e Acampora, Berlusconi si è salvato solo grazie alla prescrizione. Ma di tutto questo, sulla rete ammiraglia della Rai, lo Statista non parla. Fa la parte del perseguitato (che non è) e non quella dell’imputato (che invece continua ad essere). La rituale contraffazione dei fatti, riscritti e raccontati secondo convenienza personale e impudenza politica.
Può sembrare un paradosso, ma questo ennesimo e disperato colpo di teatro del Cavaliere avviene proprio nello stesso giorno in cui, sul caso Ruby, si verifica un clamoroso episodio di disvelamento per il quale dobbiamo ringraziare niente meno che Lele Mora. È lui che, suo malgrado, si assume l’onere di dare un nome alle cose. Di squarciare il velo della propaganda conformista e manipolatoria, che nasconde una macchina costruita per produrre senso comune e trasformarlo in consenso politico. È sorprendente, e al tempo stesso anche inquietante, che a compiere un’operazione di verità così “scandalosa” rispetto ai canoni omertosi dell’ortodossia berlusconiana sia stato uno degli “ingranaggi” di quella
stessa macchina. Ma anche questo, infine, è accaduto. Il fornitore seriale e «assaggiatore » ufficiale di olgettine nelle cene eleganti confessa, in un’aula di tribunale, che quelle serate ad Arcore sono state un caso di «abuso di potere, dismisura, degrado». Queste tre parole, testuali, le aveva scritte Giuseppe D’Avanzo su
Repubblica
(e le ha ricordate Ezio Mauro nel suo editoriale di martedì scorso), per spiegare in splendida solitudine quello che era chiaro e pacifico fin da allora. Che l’inchiesta sul Ruby-gate non era un odioso attacco alla privacy né un morboso tentativo di spiare l’allora presidente del Consiglio dal buco della serratura della sua camera da letto. Era invece un gigantesco scandalo politico, caricato di una colossale dimensione pubblica. E a nasconderlo, con una dose insopportabile di ipocrisia, poteva provare solo chi si ostinava (e si ostina tuttora) a presentarlo invece come la fatwa di una teocrazia che pretende di giudicare un peccato e di condannare non un reato, ma «uno stile di vita».
Ora, dalle parole di Mora, per una volta sincere nonostante le mezze ritrattazioni successive, abbiamo la conferma di quello che non abbiamo mai dubitato: e cioè che aveva ragione D’Avanzo. Abuso di potere, dismisura, degrado. Non c’è altro da dire, di fronte a una penosa storia di privatizzazione delle funzioni pubbliche, o di pubblicizzazione dei vizi privati, che ha esposto un capo di governo dell’Occidente al ricatto sistematico di un drappello di faccendieri e di un manipolo di escort. Ci vogliono la responsabilità politica e la tempra etica di un Lele Mora, a riconoscere almeno una volta, e a viso aperto, questa disarmante banalità del male?
Da La Repubblica del 29/06/2013.
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Sforzarsi (vent’anni dopo)
(Massimo Gramellini).
29/06/2013 di triskel182
Forza alziamoci, il futuro è aperto, entriamoci, e le tue mani unite alle mie, energie per sentirci più grandi – grandi…
Forza Italia mia, che siamo in tanti a crederci, nella tua storia un’altra storia c’è, la scriveremo noi con te…
E Forza Italia, per essere liberi, e Forza Italia, per fare e per crescere. E Forza Italia, c’è il grande orgoglio in noi di appartenere a te, ad una gente che rinasce con noi…
Nella tua storia un’altra storia c’è, la scriveremo noi con te.
E Forza Italia, è tempo di credere, dai Forza Italia, che siamo tantissimi.
E abbiamo tutti un fuoco dentro al cuore, un cuore grande che, sincero e libero, batte forte per te. Forza Italia con noi!
________________________
Forza sgranchiamoci, il passato è un reperto, rientriamoci, e le tue rughe unite alle mie, sciatalgie per sentirci più blandi – blandi …
Forza, nipote mia, che siamo in tanti a mungerti, nella tua gloria qualche altra scoria c’è, sopravvivremo noi e non te… E Smorza Italia, fa’ incetta di viveri, e Smorza Italia, sei vecchia non crescere.
E Smorza Italia, c’è il grande intruglio in noi di darla bere a te, ad una gente che si fidava di noi…
Nella tua storia un po’ di boria c’è, la indosseremo io e Santanché.
E Scorza Italia, è scempio il tuo credere, dai Sforza Italia, siamo abbronzatissimi.
E abbiamo tutti un bimbo dentro al cuore, un bimbo grande che, Brunetta e libero, sbava forte per me. Forza Italia son me!
Da La Stampa del 29/06/2013
(Massimo Gramellini).
29/06/2013 di triskel182
Forza alziamoci, il futuro è aperto, entriamoci, e le tue mani unite alle mie, energie per sentirci più grandi – grandi…
Forza Italia mia, che siamo in tanti a crederci, nella tua storia un’altra storia c’è, la scriveremo noi con te…
E Forza Italia, per essere liberi, e Forza Italia, per fare e per crescere. E Forza Italia, c’è il grande orgoglio in noi di appartenere a te, ad una gente che rinasce con noi…
Nella tua storia un’altra storia c’è, la scriveremo noi con te.
E Forza Italia, è tempo di credere, dai Forza Italia, che siamo tantissimi.
E abbiamo tutti un fuoco dentro al cuore, un cuore grande che, sincero e libero, batte forte per te. Forza Italia con noi!
________________________
Forza sgranchiamoci, il passato è un reperto, rientriamoci, e le tue rughe unite alle mie, sciatalgie per sentirci più blandi – blandi …
Forza, nipote mia, che siamo in tanti a mungerti, nella tua gloria qualche altra scoria c’è, sopravvivremo noi e non te… E Smorza Italia, fa’ incetta di viveri, e Smorza Italia, sei vecchia non crescere.
E Smorza Italia, c’è il grande intruglio in noi di darla bere a te, ad una gente che si fidava di noi…
Nella tua storia un po’ di boria c’è, la indosseremo io e Santanché.
E Scorza Italia, è scempio il tuo credere, dai Sforza Italia, siamo abbronzatissimi.
E abbiamo tutti un bimbo dentro al cuore, un bimbo grande che, Brunetta e libero, sbava forte per me. Forza Italia son me!
Da La Stampa del 29/06/2013
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Trash
E l'esercito di Silvio va in tour
L'improbabile guardia personale di Berlusconi adesso ha un nuovo obiettivo: girare le città del Paese per rilanciare la nascita di una 'Forza Italia 2.0'. E conquistare un balcone in ogni comune
(27 giugno 2013)Meno male che (l'esercito di) Silvio c'è. Dopo aver fatto ridere l'Italia e persino la stampa straniera con l'allestimento di una guardia personale di Berlusconi per "difendere il presidente e sostenerlo nella Guerra dei Vent'anni", l'improbabile plotone ha una nuova missione: girare il Paese per sostenere il ritorno di Forza Italia. E, come per un gruppo musicale, iniziano a comparire anche le date dell'improbabile tour.
"E' arrivato il momento che Forza Italia 2.0 parta dal basso, dai cittadini, dai pasdaran di Berlusconi e dell'Italia", spiega il comunicato diffuso online, "pensionando tutti coloro che hanno esaurito la benzina, ovvero buona parte dei dirigenti locali e nazionali del PDL per i quali è arrivato il momento di dedicarsi ad altro". E dopo qualche riga arriva finalmente l'ordine di mobilitazione. "Il tour che Simone Furlan (uno dei fondatori dell'esercito ndr) terrà in tutta Italia, a partire dal giorno 8 luglio, servirà a rafforzare e promuovere la struttura di difesa del Presidente Berlusconi e la rete di Forzisti della nuova generazione".
Attenzione però a prendere sottogamba la poderosa mobilitazione: gli iscritti (digitali) all'esercito sono oltre 17mila, per non parlare dei "reggimenti territoriali" che sono oltre 400, di cui "260 già certificati".
Una forza tanto poderosa non poteva che essere impiegata in una nobile missione: se Garibaldi con i suoi mille si è accontentato di riunificare l'Italia, le truppe di Arcore devono conquistare i balconi.
Esatto: i balconi.
"Presto in tutti i comuni d'Italia, almeno su un balcone, sventoleranno insieme le bandiere dell'Esercito di Silvio e di Forza Italia per un nuovo sogno italiano", spiegano sul sito i generali che, senza apparente paura del ridicolo, hanno pure pensato alla data della vittoria. "Il 14 Luglio, giorno simbolo di rivoluzione, prenderemo la nostra Bastiglia al grido di W Forza Italia".
Ognuno ha le rivoluzioni che si merita.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... ur/2210077
E l'esercito di Silvio va in tour
L'improbabile guardia personale di Berlusconi adesso ha un nuovo obiettivo: girare le città del Paese per rilanciare la nascita di una 'Forza Italia 2.0'. E conquistare un balcone in ogni comune
(27 giugno 2013)Meno male che (l'esercito di) Silvio c'è. Dopo aver fatto ridere l'Italia e persino la stampa straniera con l'allestimento di una guardia personale di Berlusconi per "difendere il presidente e sostenerlo nella Guerra dei Vent'anni", l'improbabile plotone ha una nuova missione: girare il Paese per sostenere il ritorno di Forza Italia. E, come per un gruppo musicale, iniziano a comparire anche le date dell'improbabile tour.
"E' arrivato il momento che Forza Italia 2.0 parta dal basso, dai cittadini, dai pasdaran di Berlusconi e dell'Italia", spiega il comunicato diffuso online, "pensionando tutti coloro che hanno esaurito la benzina, ovvero buona parte dei dirigenti locali e nazionali del PDL per i quali è arrivato il momento di dedicarsi ad altro". E dopo qualche riga arriva finalmente l'ordine di mobilitazione. "Il tour che Simone Furlan (uno dei fondatori dell'esercito ndr) terrà in tutta Italia, a partire dal giorno 8 luglio, servirà a rafforzare e promuovere la struttura di difesa del Presidente Berlusconi e la rete di Forzisti della nuova generazione".
Attenzione però a prendere sottogamba la poderosa mobilitazione: gli iscritti (digitali) all'esercito sono oltre 17mila, per non parlare dei "reggimenti territoriali" che sono oltre 400, di cui "260 già certificati".
Una forza tanto poderosa non poteva che essere impiegata in una nobile missione: se Garibaldi con i suoi mille si è accontentato di riunificare l'Italia, le truppe di Arcore devono conquistare i balconi.
Esatto: i balconi.
"Presto in tutti i comuni d'Italia, almeno su un balcone, sventoleranno insieme le bandiere dell'Esercito di Silvio e di Forza Italia per un nuovo sogno italiano", spiegano sul sito i generali che, senza apparente paura del ridicolo, hanno pure pensato alla data della vittoria. "Il 14 Luglio, giorno simbolo di rivoluzione, prenderemo la nostra Bastiglia al grido di W Forza Italia".
Ognuno ha le rivoluzioni che si merita.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... ur/2210077
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
La 'nuova' Forza Italia? Un bluff
di Susanna Turco
Il ritorno al vecchio partito è solo un'operazione di marketing con nessuna novità. Il leader sarà sempre Berlusconi e non mancheranno ultrà e amazzoni: dalla Santanché alla Biancofiore. E persino Gasparri è scettico: "vediamo quello che verrà fuori"(27 giugno 2013)Rullino i tamburi, squillino le trombe: il Cavaliere resuscita Forza Italia. Di nuovo. "Il progetto è avanzato e pressoché irreversibile", ha annunciato Angelino Alfano l'altra sera a Porta a porta.
Certo, a molti è venuta una vertigine, tipo attacco di sindrome postraumatica da stress: "Il Pdl tornerà al vecchio nome di Forza Italia", era l'annuncio che giusto un anno fa (il 16 luglio 2012) Silvio Berlusconi faceva alla "Bild" - prodromo di molte riunioni e molti programmi poi svaniti con la fine dell'estate. Comunque, contattata dall'Espresso, Daniela Santanché, data in pole position come volto nuovo del ritrovato partito azzurro, è felicissima: "E' inutile che mi chieda cosa pensi dell'idea di tornare a Forza Italia: perché non è un'idea, è una certezza. E' stato deciso: ci sarà, entro fine mese. Non ci saranno leader perché Forza Italia è un partito presidenziale: il presidente sarà Berlusconi e non ci saranno altri ruoli politici. Poi certo si discuterà dei ruoli apicali, e spero di farne parte - come è oggi del resto".
E Angelino Alfano, il segretario del Pdl, che fine farà? "Il ministro, se avrà tempo, avrà un ruolo operativo. Se non avrà tempo, il ministro... Però lui ha ragione: è vero, come ha detto, che sono 'contenta' di esordire in Forza Italia. Essendo donna sono molto curiosa, mi piace esplorare le cose nuove: e poi, una cosa quando ce l'hai non l'apprezzi più, non la sai più valorizzare. Invece le novità provocano entusiasmi", aggiunge con tono perfido in direzione del "ministro" Alfano.
Entusiasmi a parte (come la Santanché, anche l'amazzone Michaela Biancofiore, Giancarlo Galan, Denis Verdini e Daniele Capezzone), nulla o poco è ancora chiaro, in realtà, circa il progetto dei ritorno al partito azzurro. Naturalmente, proprio come l'estate scorsa, Berlusconi sogna un partito leggero, simil americano, e poi immagina azzeramenti di vertici locali e nuovi imprenditori assoldati per reperire fondi; naturalmente nel Pdl vi sono malumori e scetticismi, da parte degli ex An e non solo. Fabrizio Cicchitto non a caso precisa: "Sulle caratteristiche che il partito dovrà assumere la discussione aperta, e non può certamente essere risolta a colpi di editti".
Del resto, è ancora tutto molto vago. Santanché, per esempio, immagina che Forza Italia conviva per un periodo accanto al Pdl, e che magari "poi sia il Pdl a confluire in Forza Italia". Di tutt'altro avviso Maurizio Gasparri, che da sempre è scettico sui "ritorni al passato", perché "suscitano emozioni in chi l'ha vissuto ma non risolvono il problema". "Nelle linee che il Cavaliere ci ha fatto vedere l'estate scorsa, c'era l'idea di un Pdl che restava come perno dell'alleanza di centrodestra. Comunque di dettagli non si è ancora parlato", precisa. Senza chiarire fino in fondo se lui, a una nuova Forza Italia, si iscriverebbe o no: "Mi interessa il contenuto, più che l'abito. E sono contrario alla frammentazione. Vedremo che verrà fuori".
E forse Gasparri gioca d'anticipo prudente. Spiega infatti una voce parlamentare del Pdl: "Rispetto all'estate scorsa qualcosa è cambiato: non ci sono più gli alleati con cui discutere". In effetti, mentre la Lega boccheggia, la gran parte degli ex An o è politicamente asfaltata (Alemanno, Polverini), o è andata in Fratelli d'Italia (La Russa, Meloni), o tenta di ricostruire una destra che appare davvero residuale; e al centro è tutta una maceria, da Monti a Casini. Le resistenze al ritorno di Forza Italia, insomma - che certo ci sono - potrebbero essere più flebili rispetto a dodici mesi fa. Scanso equivoci, il democristiano Gianfranco Rotondi si prenota per adottare il Pdl dismesso: "Avendo contribuito a fondare, e addirittura ideato il Pdl, ho il diritto di chiedere a Berlusconi se me lo lascia. Non vedo perché dovrebbe negarmi il diritto al rottame".
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... 2210080/24
di Susanna Turco
Il ritorno al vecchio partito è solo un'operazione di marketing con nessuna novità. Il leader sarà sempre Berlusconi e non mancheranno ultrà e amazzoni: dalla Santanché alla Biancofiore. E persino Gasparri è scettico: "vediamo quello che verrà fuori"(27 giugno 2013)Rullino i tamburi, squillino le trombe: il Cavaliere resuscita Forza Italia. Di nuovo. "Il progetto è avanzato e pressoché irreversibile", ha annunciato Angelino Alfano l'altra sera a Porta a porta.
Certo, a molti è venuta una vertigine, tipo attacco di sindrome postraumatica da stress: "Il Pdl tornerà al vecchio nome di Forza Italia", era l'annuncio che giusto un anno fa (il 16 luglio 2012) Silvio Berlusconi faceva alla "Bild" - prodromo di molte riunioni e molti programmi poi svaniti con la fine dell'estate. Comunque, contattata dall'Espresso, Daniela Santanché, data in pole position come volto nuovo del ritrovato partito azzurro, è felicissima: "E' inutile che mi chieda cosa pensi dell'idea di tornare a Forza Italia: perché non è un'idea, è una certezza. E' stato deciso: ci sarà, entro fine mese. Non ci saranno leader perché Forza Italia è un partito presidenziale: il presidente sarà Berlusconi e non ci saranno altri ruoli politici. Poi certo si discuterà dei ruoli apicali, e spero di farne parte - come è oggi del resto".
E Angelino Alfano, il segretario del Pdl, che fine farà? "Il ministro, se avrà tempo, avrà un ruolo operativo. Se non avrà tempo, il ministro... Però lui ha ragione: è vero, come ha detto, che sono 'contenta' di esordire in Forza Italia. Essendo donna sono molto curiosa, mi piace esplorare le cose nuove: e poi, una cosa quando ce l'hai non l'apprezzi più, non la sai più valorizzare. Invece le novità provocano entusiasmi", aggiunge con tono perfido in direzione del "ministro" Alfano.
Entusiasmi a parte (come la Santanché, anche l'amazzone Michaela Biancofiore, Giancarlo Galan, Denis Verdini e Daniele Capezzone), nulla o poco è ancora chiaro, in realtà, circa il progetto dei ritorno al partito azzurro. Naturalmente, proprio come l'estate scorsa, Berlusconi sogna un partito leggero, simil americano, e poi immagina azzeramenti di vertici locali e nuovi imprenditori assoldati per reperire fondi; naturalmente nel Pdl vi sono malumori e scetticismi, da parte degli ex An e non solo. Fabrizio Cicchitto non a caso precisa: "Sulle caratteristiche che il partito dovrà assumere la discussione aperta, e non può certamente essere risolta a colpi di editti".
Del resto, è ancora tutto molto vago. Santanché, per esempio, immagina che Forza Italia conviva per un periodo accanto al Pdl, e che magari "poi sia il Pdl a confluire in Forza Italia". Di tutt'altro avviso Maurizio Gasparri, che da sempre è scettico sui "ritorni al passato", perché "suscitano emozioni in chi l'ha vissuto ma non risolvono il problema". "Nelle linee che il Cavaliere ci ha fatto vedere l'estate scorsa, c'era l'idea di un Pdl che restava come perno dell'alleanza di centrodestra. Comunque di dettagli non si è ancora parlato", precisa. Senza chiarire fino in fondo se lui, a una nuova Forza Italia, si iscriverebbe o no: "Mi interessa il contenuto, più che l'abito. E sono contrario alla frammentazione. Vedremo che verrà fuori".
E forse Gasparri gioca d'anticipo prudente. Spiega infatti una voce parlamentare del Pdl: "Rispetto all'estate scorsa qualcosa è cambiato: non ci sono più gli alleati con cui discutere". In effetti, mentre la Lega boccheggia, la gran parte degli ex An o è politicamente asfaltata (Alemanno, Polverini), o è andata in Fratelli d'Italia (La Russa, Meloni), o tenta di ricostruire una destra che appare davvero residuale; e al centro è tutta una maceria, da Monti a Casini. Le resistenze al ritorno di Forza Italia, insomma - che certo ci sono - potrebbero essere più flebili rispetto a dodici mesi fa. Scanso equivoci, il democristiano Gianfranco Rotondi si prenota per adottare il Pdl dismesso: "Avendo contribuito a fondare, e addirittura ideato il Pdl, ho il diritto di chiedere a Berlusconi se me lo lascia. Non vedo perché dovrebbe negarmi il diritto al rottame".
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... 2210080/24
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Mora parla, per B. nuovi guai
di Arianna Giunti
Terrorizzato all'idea di tornare in carcere, l'ex agente dei Vip in aula ha iniziato a raccontare quello che succedeva davvero ad Arcore scaricando tutta la responsabilità su Berlusconi. Parole che peseranno sull'appello del Cavaliere
(28 giugno 2013)"Io ho frequentato Papa Wojtyla, Madre Teresa di Calcutta e Lady Diana. Però non c'è uomo al mondo più buono di Berlusconi". Quando Lele Mora ha pronunciato questa frase erano passati pochi minuti dalla sentenza Ruby e una condanna pesantissima – sette anni e interdizione a vita dai pubblici uffici – si era appena posata sul capo dell'ex presidente del Consiglio. Da quel pomeriggio di quattro giorni fa, qualcosa è deve essersi mosso nella testa e nel cuore dell'ex talent scout dei divi, a sua volta finito nella burrasca giudiziaria nel processo Ruby bis, e che questa mattina in aula ha ammesso – stravolgendo di fatto tutte le precedenti dichiarazioni davanti ai magistrati e smentendo di fatto Berlusconi – gli abusi di potere che avvenivano durante le cene di Arcore.
L'unica cosa che ti fa voltare la faccia persino agli amici è la paura, diceva Frankiln Delano Roosvelt. E c'è da credere che sia proprio il caso dell'ex agente dei divi. Finito in carcere negli anni Ottanta per spaccio di droga a Verona, coinvolto nello scandalo Vallettopoli nel 2007 (poi prosciolto da ogni accusa), travolto dall'inchiesta Ruby e poi ancora arrestato per una bancarotta fraudolenta da otto milioni e mezzo di euro per la quale ha già scontato più di un anno di galera. Se c'è una persona che conosce l'inferno del carcere – e che farebbe di tutto pur di non finirci di nuovo dentro – quello è Lele Mora.
L'ex Re Mida del mondo dello spettacolo in questi ultimi tre anni ha perso tutto. Dalla sua agenzia LM Management divorata dai debiti fino alle sue proprietà immobiliari, case lussuose e locali notturni. Tanto per fare un esempio, risale a poche settimane fa la messa all'asta dei sontuosi arredi del suo appartamento milanese. Mentre gli altri immobili che facevano capo alla Immobiliare Diana Srl (dichiarata fallita nel 2011) sono stati messi in vendita. Un intero impero che si è sgretolato sotto il peso delle indagini e di una gestione sregolata del denaro. "Ho vissuto sempre al massimo, come uno spendaccione", ha dichiarato più volte l'ex impresario.
Un "mea culpa" che ha ripetuto davanti ai giudici, quando è uscito dal carcere di Opera dopo aver patteggiato a 4 anni e 6 mesi, che è sgorgato come un fiume in piena anche questa mattina, alle ultime udienze del processo Ruby bis, durante la quale si è scaricato di un peso forse troppo grosso, ammettendo scenari di "degrado" che finora erano stati negati con convinzione da ogni altro imputato e testimone della difesa chiamato a ricostruire quello che accadeva nelle cene a villa San Martino.
E così ora Berlusconi non è più un amico, o "l'uomo più buono di Papa Wojtyla", ma un sultano davanti al quale lui è stato "passivo concorrente". Un'ammissione in zona Cesarini che ha il retrogusto amaro di un voltafaccia, come già era stato con l'ex amico e sodale Emilio Fede e anche con Nicole Minetti, con i quali ora non si scambia più strette di mani né sorrisi. Lele Mora deve aver visto incombere su di lui lo spettro di un'altra condanna – altrettanto pensante di quella inflitta al Cavaliere – altri mesi di carcere, altri malesseri fisici, altro "cibo avariato", come ha detto lui stesso in aula.
"Io, Fede e la Minetti faremo la fine dei tre capponi dei Promessi Sposi, che beccano tra di loro nel sacco e alla fine finiscono in padella", aveva dichiarato poco più di due anni fa, prima che gli agenti della Guardia di Finanza venissero ad arrestarlo. E mai profezia fu più azzeccata.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... ai/2210164
di Arianna Giunti
Terrorizzato all'idea di tornare in carcere, l'ex agente dei Vip in aula ha iniziato a raccontare quello che succedeva davvero ad Arcore scaricando tutta la responsabilità su Berlusconi. Parole che peseranno sull'appello del Cavaliere
(28 giugno 2013)"Io ho frequentato Papa Wojtyla, Madre Teresa di Calcutta e Lady Diana. Però non c'è uomo al mondo più buono di Berlusconi". Quando Lele Mora ha pronunciato questa frase erano passati pochi minuti dalla sentenza Ruby e una condanna pesantissima – sette anni e interdizione a vita dai pubblici uffici – si era appena posata sul capo dell'ex presidente del Consiglio. Da quel pomeriggio di quattro giorni fa, qualcosa è deve essersi mosso nella testa e nel cuore dell'ex talent scout dei divi, a sua volta finito nella burrasca giudiziaria nel processo Ruby bis, e che questa mattina in aula ha ammesso – stravolgendo di fatto tutte le precedenti dichiarazioni davanti ai magistrati e smentendo di fatto Berlusconi – gli abusi di potere che avvenivano durante le cene di Arcore.
L'unica cosa che ti fa voltare la faccia persino agli amici è la paura, diceva Frankiln Delano Roosvelt. E c'è da credere che sia proprio il caso dell'ex agente dei divi. Finito in carcere negli anni Ottanta per spaccio di droga a Verona, coinvolto nello scandalo Vallettopoli nel 2007 (poi prosciolto da ogni accusa), travolto dall'inchiesta Ruby e poi ancora arrestato per una bancarotta fraudolenta da otto milioni e mezzo di euro per la quale ha già scontato più di un anno di galera. Se c'è una persona che conosce l'inferno del carcere – e che farebbe di tutto pur di non finirci di nuovo dentro – quello è Lele Mora.
L'ex Re Mida del mondo dello spettacolo in questi ultimi tre anni ha perso tutto. Dalla sua agenzia LM Management divorata dai debiti fino alle sue proprietà immobiliari, case lussuose e locali notturni. Tanto per fare un esempio, risale a poche settimane fa la messa all'asta dei sontuosi arredi del suo appartamento milanese. Mentre gli altri immobili che facevano capo alla Immobiliare Diana Srl (dichiarata fallita nel 2011) sono stati messi in vendita. Un intero impero che si è sgretolato sotto il peso delle indagini e di una gestione sregolata del denaro. "Ho vissuto sempre al massimo, come uno spendaccione", ha dichiarato più volte l'ex impresario.
Un "mea culpa" che ha ripetuto davanti ai giudici, quando è uscito dal carcere di Opera dopo aver patteggiato a 4 anni e 6 mesi, che è sgorgato come un fiume in piena anche questa mattina, alle ultime udienze del processo Ruby bis, durante la quale si è scaricato di un peso forse troppo grosso, ammettendo scenari di "degrado" che finora erano stati negati con convinzione da ogni altro imputato e testimone della difesa chiamato a ricostruire quello che accadeva nelle cene a villa San Martino.
E così ora Berlusconi non è più un amico, o "l'uomo più buono di Papa Wojtyla", ma un sultano davanti al quale lui è stato "passivo concorrente". Un'ammissione in zona Cesarini che ha il retrogusto amaro di un voltafaccia, come già era stato con l'ex amico e sodale Emilio Fede e anche con Nicole Minetti, con i quali ora non si scambia più strette di mani né sorrisi. Lele Mora deve aver visto incombere su di lui lo spettro di un'altra condanna – altrettanto pensante di quella inflitta al Cavaliere – altri mesi di carcere, altri malesseri fisici, altro "cibo avariato", come ha detto lui stesso in aula.
"Io, Fede e la Minetti faremo la fine dei tre capponi dei Promessi Sposi, che beccano tra di loro nel sacco e alla fine finiscono in padella", aveva dichiarato poco più di due anni fa, prima che gli agenti della Guardia di Finanza venissero ad arrestarlo. E mai profezia fu più azzeccata.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... ai/2210164
Chi c’è in linea
Visitano il forum: Nessuno e 4 ospiti