Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Stato-mafia, legge elettorale: non siamo soli .
Legge elettorale e trattativa Stato-mafia. Questi sono temi fondamentali per uno Stato che deve lasciarsi alle spalle, una volta per tutte, una politica arraffona e un passato oscuro. È necessario aprire una stagione nuova, basata sulla partecipazione e sulla ricerca della verità e della giustizia.
Questi due temi, peraltro, potrebbero essere affrontati, trovando una facile e cristallina soluzione. Infatti, per fare la legge elettorale ci vogliono tre giorni e c'è un disegno di legge depositato dall'IdV che giace inascoltato nei cassetti delle Commissioni parlamentari.
Altro non fa, quel ddl, che riprendere la volontà espressa da ben un milione e duecentomila cittadini che avevano firmato il referendum anti-Porcellum. Invece, questa maggioranza assetata di poltrone discute da mesi su come fare un'altra legge elettorale, ancora peggiore di questa, con l’unico scopo di mantenersi al potere. Questo non lo sosteniamo noi, i populisti dell'IdV, ma lo sostengono autorevoli commentatori e giornalisti su importanti quotidiani come Il Corriere della Sera.
Per quanto riguarda la trattativa, la questione è drammaticamente semplice: basterebbe lasciar lavorare la magistratura e i coraggiosi pm palermitani che si stanno avvicinando come mai prima alla verità, invece di sollevare conflitti di attribuzione inopportuni e di screditare il loro lavoro. Ancora una volta, non è necessario affidarsi a quello che sostengono quegli eversivi dell'IdV, basta leggere le parole di un costituzionalista come Zagrebelsky o la lucida analisi di Barbara Spinelli pubblicata oggi sul quotidiano La Stampa.
L'altra sera, su La7, Enrico Mentana ha condotto un interessante dibattito sul tema della trattativa. Oscurato però dall'arrogante presenza di Giuliano Ferrara, che ha chiuso ogni spazio di discussione civile arroccandosi, peraltro, su posizioni difficilmente difendibili. Ha affrontato il tema nei dettagli il senatore IdV Luigi Li Gotti, oltre allo stesso Marco Travaglio.
http://www.italiadeivalori.it/interna/1 ... siamo-soli
..................................
La trasmissione l'ho vista..........
Anche ieri sera c'era Ferrara sa La7.
Ciao
Paolo11
Legge elettorale e trattativa Stato-mafia. Questi sono temi fondamentali per uno Stato che deve lasciarsi alle spalle, una volta per tutte, una politica arraffona e un passato oscuro. È necessario aprire una stagione nuova, basata sulla partecipazione e sulla ricerca della verità e della giustizia.
Questi due temi, peraltro, potrebbero essere affrontati, trovando una facile e cristallina soluzione. Infatti, per fare la legge elettorale ci vogliono tre giorni e c'è un disegno di legge depositato dall'IdV che giace inascoltato nei cassetti delle Commissioni parlamentari.
Altro non fa, quel ddl, che riprendere la volontà espressa da ben un milione e duecentomila cittadini che avevano firmato il referendum anti-Porcellum. Invece, questa maggioranza assetata di poltrone discute da mesi su come fare un'altra legge elettorale, ancora peggiore di questa, con l’unico scopo di mantenersi al potere. Questo non lo sosteniamo noi, i populisti dell'IdV, ma lo sostengono autorevoli commentatori e giornalisti su importanti quotidiani come Il Corriere della Sera.
Per quanto riguarda la trattativa, la questione è drammaticamente semplice: basterebbe lasciar lavorare la magistratura e i coraggiosi pm palermitani che si stanno avvicinando come mai prima alla verità, invece di sollevare conflitti di attribuzione inopportuni e di screditare il loro lavoro. Ancora una volta, non è necessario affidarsi a quello che sostengono quegli eversivi dell'IdV, basta leggere le parole di un costituzionalista come Zagrebelsky o la lucida analisi di Barbara Spinelli pubblicata oggi sul quotidiano La Stampa.
L'altra sera, su La7, Enrico Mentana ha condotto un interessante dibattito sul tema della trattativa. Oscurato però dall'arrogante presenza di Giuliano Ferrara, che ha chiuso ogni spazio di discussione civile arroccandosi, peraltro, su posizioni difficilmente difendibili. Ha affrontato il tema nei dettagli il senatore IdV Luigi Li Gotti, oltre allo stesso Marco Travaglio.
http://www.italiadeivalori.it/interna/1 ... siamo-soli
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La trasmissione l'ho vista..........
Anche ieri sera c'era Ferrara sa La7.
Ciao
Paolo11
Re: Come se ne viene fuori ?
Renzi non mi piace, tanto meno mi piacciono i suoi "consiglieri" (Ichino e Gori-ex mediaset).iospero ha scritto:
E mentre noi stiamo cercando dove è la sinistra
Renzi tenta il colpo nel PD, cambiare tutti e diventare PDemocristiani
Gli va però riconosciuto il coraggio di uscire allo scoperto e di prendere posizione contro la gestione dei "big". Cosa che si guardano bene dal fare gli altri, a partire dalla Serracchiani fino a presunti dissenzienti interni da sinistra che preferiscono evidentemente nascondersi dietro Vendola.
Son curioso di vedere se e come si schiererà Civati.
Re: Come se ne viene fuori ?
e la sinistra la cerchi nel PD? ma se manco Sel ....iospero ha scritto:
E mentre noi stiamo cercando dove è la sinistra
Renzi tenta il colpo nel PD, cambiare tutti e diventare PDemocristiani
ragatzi il pd all'opposizione non ci vuole stare .... e manco vuole mettersi in mano ai litigiosi .... abbiamo già abbondantemente dato.
per mariok
il 1989 rappresenta il cenozoico per i neo elettori, e per i vecchi la credibilità di chi ha preso le redini è al minimo ( e non solo in sicilia , ho visto il sondaggio, SIGH)
Io il film di Renzi me lo voglio vedere tutto , ma proprio tutto!
e se pippo civati avesse una particina non mi dispiacerebbe affatto.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Non morire montisti – Marco Revelli (Il Manifesto)
Forse ce la faremo a portare a casa la pelle in questo agosto complicato. O forse no. Può darsi che l’asse Monti-Draghi, con l’appoggio esterno di Hollande e l’alleanza «interna» con la Confindustria tedesca, riescano ad arginare la voglia dell’alleanza del Nord di spaccare l’Eurozona e di sganciare la zavorra mediterranea dal treno mitteleuropeo. O è possibile che i falchi della Bundesbank riescano ad accelerare ancora la marcia verso un’Armageddon finanziaria, quando si decidano una volta per tutte i sommersi e i salvati, magari nella convinzione che un euro limitato all’area dei paesi optimo iure – dei virtuosi finalmente liberi dalla cicale del sud – sia più adatto ad affrontare il prossimo big one, quando esploderà la grana dell’immenso debito americano.
Comunque vada, è chiaro che i giochi per noi verranno fatti fuori dai nostri confini. I compiti – sempre più impegnativi, sempre più estremi – verranno stabiliti a Berlino, o a Francoforte, non certo «a casa». Per chi crede che la costituzione materiale europea sia scritta una volta per tutte sulle tavole di pietra del dogma neoliberista, e che sia per sua natura immodificabile (lo credono tutte le principali forze politiche italiane, lo crede Monti, lo credono Bersani e Casini, lo crede – forse – Alfano…), la strada per restare nell’euro è segnata. E si fa sempre più ripida.
Sia che si debba sottostare esplicitamente all’accettazione del famigerato Memorandum, o che a ogni riunione dell’Eurogruppo si sia obbligati a portare sul tavolo una nuova offerta sacrificale, è certo che le linee guida nel campo delle politiche sociali nel prossimo quinquennio resteranno quelle seguite dal governo Monti in questo primo squarcio di 2012, con un ulteriore incrudelimento dettato da un’emergenza permanente. D’altra parte c’è già chi, in Europa, dice che la riforma del mercato del lavoro non basta ancora, che la flessibilità in uscita, pur dopo il taglio dell’art. 18, è insufficiente, che le remunerazioni pubbliche e private sono ancora eccessive (anche se stanno al fondo della graduatoria Ocse), che l’occupazione nel pubblico impiego è pletorica. I mercati e i banchieri centrali teutonici ce l’anno ormai insegnato, che «non gli basta mai».
Che su questa strada, dentro questo quadro rigido e immodificabile di compatibilità, i compiti, come gli esami, «non finiscono mai».
Ora è evidente che, se inserite in questo contesto, e se limitate alle attuali forze in campo, le prossime elezioni politiche appaiono in larga misura già segnate. Per certi versi potremmo dire «inutili». Chiunque vinca, tra gli attuali «insiders» – centro-destra o centro-sinistra – si troverà l’agenda già scritta. Qualunque governo scaturisca nell’attuale sistema dei partiti, dovrà seguire una road map che permette pochissimi scarti, e nessuna «svolta» rispetto alla linea seguita finora. Dopo Monti, sembra chiaro, non può che esserci Monti, o la sostanza del «montismo» probabilmente ulteriormente incrudelita, sia che l’ex presidente della Bocconi ascenda al Quirinale, o che rimanga alla guida del governo per un nuovo accordo bipatisan da stipulare prima o più probabilmente dopo le elezioni o, ancora, che conservi un qualche ruolo di garante grazie a un qualche nuovo espediente istituzionale a cui siamo ormai abituati.
E d’altra parte – se la politica volesse davvero «fare un passo avanti» oltre il governo dei tecnici – ve lo immaginate voi un governo di centro-sinistra con Bersani in giro per il mondo – come ha fatto il «professore» in questi mesi – a tranquillizzare i guru di Wall Street o gli scettici finlandesi o i tecnocrati della Buba con il suo linguaggio da Crozza e un partito diviso su tutto? O, nel caso improbabile di una vittoria del centro-destra, un nuovo governo Berlusconi con lo spread a 2500 fin dalla prima settimana?
È per tutte queste ragioni che mi è apparsa del tutto dissennata, e in fondo suicida, la decisione di Nichi Vendola di riunirsi a coorte con il Pd. E di legare le proprie sorti ai risultati di consultazioni primarie in cui, bene che vada, potrà contendere il secondo posto a un qualche Renzi, e dopo le quali si troverà vincolato al programma del vincitore: lo stesso che ha approvato la riforma Fornero con art. 18 incluso (su cui non mi pare che Vendola fosse d’accordo), la riorganizzazione del sistema pensionistico con esodati annessi, la modifica dell’art. 81 della Costituzione, con la messa fuori legge delle politiche keynesiane, la spending review… ecc. ecc. E che per questa ragione non potrà che farsi garante della continuità con quelle politiche.
Questo è lo scenario, se ci si ferma al «mondo sparito» (come lo chiama Ilvo Diamanti) su cui ragiona la politica ufficiale: se si continuano a consultare «le vecchie mappe» di un’Italia che non c’è più. Se però solo si sposta un po’ più in là lo sguardo, sul mondo reale che viene avanti, il quadro cambia radicalmente. I partiti su cui sono incentrate tutte le ipotesi di governo del dopo-elezioni tutti insieme, Pdl e Udc, Pd e Sel, non superano il 60% dei potenziali elettori (elettori, non «aventi diritto al voto»). Cioè, supposto che non subiscano ancora ulteriori emorragie, stanno poco al di sopra della metà di quel meno di due terzi di cittadini ancora disposti a votare.
Fuori dal loro cerchio magico c’è un popolo esteso, in potenziale espansione, che in quelle sigle, in quelle facce, in quei linguaggi non ci crede più. E che probabilmente non ci sta a rassegnarsi all’alternativa tra morire subito di default o entrare in una lunga agonia sociale in cui la fine del tunnel non solo non si vede ma viene via via allontanata dalle misure di «risanamento» subìte. Intuisce che occorre un’alternativa di modello allo stato di cose presente: uno scarto, o uno scatto d’immaginazione e di progettazione, che ci porti fuori dall’impasse. In parte si posteggia nelle liste del Movimento 5 stelle. Segna, urlando, la propria demarcazione rispetto al «mondo sparito» in cui non crede più. In parte cerca conforto in ipotetiche liste civiche, nei Sindaci che hanno dato segnali di diversità, nelle pieghe del «locale» dove la fiducia negli uomini tenta di compensare la sfiducia negli apparati. Ma è e resta «in attesa».
A loro bisognerà dare una risposta in avanti. Pensando in grande: a un’altra Europa, in primo luogo. Un’altra politica estera che ipotizzi la strutturazione di un’area mediterranea in grado di negoziare da posizioni di parità con il centro berlinese e l’area dei «virtuosi» e di contrastarne i dogmi falliti. E poi un’altra politica sociale, che metta al centro i diritti del lavoro, e il lavoro in quanto tale, come entità reale, contro la virtualità del «finanz-capitalismo» e dei suoi circuiti astratti. Un’altra politica economica, fondata su quei processi di riorganizzazione capillare del sistema produttivo intorno a una generale messa in sicurezza delle nostre vite e del nostro ambiente di cui ha scritto su questo giornale Guido Viale. Un altro stile di «far politica», che restituisca dignità e parola ai cittadini e ai territori. C’è uno spazio immenso, per una galassia che sappia riconoscersi e condensarsi intorno a pochi, semplici punti da non negoziare, senza gli esercizi bizantini del vecchio Arcobaleno, senza bilancini e intergruppi, senza estenuanti mediazioni. Semplicemente per un atto di riconoscimento del «reale».
Può sembrare banale. Ma «se non ora, quando»?
Forse ce la faremo a portare a casa la pelle in questo agosto complicato. O forse no. Può darsi che l’asse Monti-Draghi, con l’appoggio esterno di Hollande e l’alleanza «interna» con la Confindustria tedesca, riescano ad arginare la voglia dell’alleanza del Nord di spaccare l’Eurozona e di sganciare la zavorra mediterranea dal treno mitteleuropeo. O è possibile che i falchi della Bundesbank riescano ad accelerare ancora la marcia verso un’Armageddon finanziaria, quando si decidano una volta per tutte i sommersi e i salvati, magari nella convinzione che un euro limitato all’area dei paesi optimo iure – dei virtuosi finalmente liberi dalla cicale del sud – sia più adatto ad affrontare il prossimo big one, quando esploderà la grana dell’immenso debito americano.
Comunque vada, è chiaro che i giochi per noi verranno fatti fuori dai nostri confini. I compiti – sempre più impegnativi, sempre più estremi – verranno stabiliti a Berlino, o a Francoforte, non certo «a casa». Per chi crede che la costituzione materiale europea sia scritta una volta per tutte sulle tavole di pietra del dogma neoliberista, e che sia per sua natura immodificabile (lo credono tutte le principali forze politiche italiane, lo crede Monti, lo credono Bersani e Casini, lo crede – forse – Alfano…), la strada per restare nell’euro è segnata. E si fa sempre più ripida.
Sia che si debba sottostare esplicitamente all’accettazione del famigerato Memorandum, o che a ogni riunione dell’Eurogruppo si sia obbligati a portare sul tavolo una nuova offerta sacrificale, è certo che le linee guida nel campo delle politiche sociali nel prossimo quinquennio resteranno quelle seguite dal governo Monti in questo primo squarcio di 2012, con un ulteriore incrudelimento dettato da un’emergenza permanente. D’altra parte c’è già chi, in Europa, dice che la riforma del mercato del lavoro non basta ancora, che la flessibilità in uscita, pur dopo il taglio dell’art. 18, è insufficiente, che le remunerazioni pubbliche e private sono ancora eccessive (anche se stanno al fondo della graduatoria Ocse), che l’occupazione nel pubblico impiego è pletorica. I mercati e i banchieri centrali teutonici ce l’anno ormai insegnato, che «non gli basta mai».
Che su questa strada, dentro questo quadro rigido e immodificabile di compatibilità, i compiti, come gli esami, «non finiscono mai».
Ora è evidente che, se inserite in questo contesto, e se limitate alle attuali forze in campo, le prossime elezioni politiche appaiono in larga misura già segnate. Per certi versi potremmo dire «inutili». Chiunque vinca, tra gli attuali «insiders» – centro-destra o centro-sinistra – si troverà l’agenda già scritta. Qualunque governo scaturisca nell’attuale sistema dei partiti, dovrà seguire una road map che permette pochissimi scarti, e nessuna «svolta» rispetto alla linea seguita finora. Dopo Monti, sembra chiaro, non può che esserci Monti, o la sostanza del «montismo» probabilmente ulteriormente incrudelita, sia che l’ex presidente della Bocconi ascenda al Quirinale, o che rimanga alla guida del governo per un nuovo accordo bipatisan da stipulare prima o più probabilmente dopo le elezioni o, ancora, che conservi un qualche ruolo di garante grazie a un qualche nuovo espediente istituzionale a cui siamo ormai abituati.
E d’altra parte – se la politica volesse davvero «fare un passo avanti» oltre il governo dei tecnici – ve lo immaginate voi un governo di centro-sinistra con Bersani in giro per il mondo – come ha fatto il «professore» in questi mesi – a tranquillizzare i guru di Wall Street o gli scettici finlandesi o i tecnocrati della Buba con il suo linguaggio da Crozza e un partito diviso su tutto? O, nel caso improbabile di una vittoria del centro-destra, un nuovo governo Berlusconi con lo spread a 2500 fin dalla prima settimana?
È per tutte queste ragioni che mi è apparsa del tutto dissennata, e in fondo suicida, la decisione di Nichi Vendola di riunirsi a coorte con il Pd. E di legare le proprie sorti ai risultati di consultazioni primarie in cui, bene che vada, potrà contendere il secondo posto a un qualche Renzi, e dopo le quali si troverà vincolato al programma del vincitore: lo stesso che ha approvato la riforma Fornero con art. 18 incluso (su cui non mi pare che Vendola fosse d’accordo), la riorganizzazione del sistema pensionistico con esodati annessi, la modifica dell’art. 81 della Costituzione, con la messa fuori legge delle politiche keynesiane, la spending review… ecc. ecc. E che per questa ragione non potrà che farsi garante della continuità con quelle politiche.
Questo è lo scenario, se ci si ferma al «mondo sparito» (come lo chiama Ilvo Diamanti) su cui ragiona la politica ufficiale: se si continuano a consultare «le vecchie mappe» di un’Italia che non c’è più. Se però solo si sposta un po’ più in là lo sguardo, sul mondo reale che viene avanti, il quadro cambia radicalmente. I partiti su cui sono incentrate tutte le ipotesi di governo del dopo-elezioni tutti insieme, Pdl e Udc, Pd e Sel, non superano il 60% dei potenziali elettori (elettori, non «aventi diritto al voto»). Cioè, supposto che non subiscano ancora ulteriori emorragie, stanno poco al di sopra della metà di quel meno di due terzi di cittadini ancora disposti a votare.
Fuori dal loro cerchio magico c’è un popolo esteso, in potenziale espansione, che in quelle sigle, in quelle facce, in quei linguaggi non ci crede più. E che probabilmente non ci sta a rassegnarsi all’alternativa tra morire subito di default o entrare in una lunga agonia sociale in cui la fine del tunnel non solo non si vede ma viene via via allontanata dalle misure di «risanamento» subìte. Intuisce che occorre un’alternativa di modello allo stato di cose presente: uno scarto, o uno scatto d’immaginazione e di progettazione, che ci porti fuori dall’impasse. In parte si posteggia nelle liste del Movimento 5 stelle. Segna, urlando, la propria demarcazione rispetto al «mondo sparito» in cui non crede più. In parte cerca conforto in ipotetiche liste civiche, nei Sindaci che hanno dato segnali di diversità, nelle pieghe del «locale» dove la fiducia negli uomini tenta di compensare la sfiducia negli apparati. Ma è e resta «in attesa».
A loro bisognerà dare una risposta in avanti. Pensando in grande: a un’altra Europa, in primo luogo. Un’altra politica estera che ipotizzi la strutturazione di un’area mediterranea in grado di negoziare da posizioni di parità con il centro berlinese e l’area dei «virtuosi» e di contrastarne i dogmi falliti. E poi un’altra politica sociale, che metta al centro i diritti del lavoro, e il lavoro in quanto tale, come entità reale, contro la virtualità del «finanz-capitalismo» e dei suoi circuiti astratti. Un’altra politica economica, fondata su quei processi di riorganizzazione capillare del sistema produttivo intorno a una generale messa in sicurezza delle nostre vite e del nostro ambiente di cui ha scritto su questo giornale Guido Viale. Un altro stile di «far politica», che restituisca dignità e parola ai cittadini e ai territori. C’è uno spazio immenso, per una galassia che sappia riconoscersi e condensarsi intorno a pochi, semplici punti da non negoziare, senza gli esercizi bizantini del vecchio Arcobaleno, senza bilancini e intergruppi, senza estenuanti mediazioni. Semplicemente per un atto di riconoscimento del «reale».
Può sembrare banale. Ma «se non ora, quando»?
Re: Come se ne viene fuori ?
Rinunciare definitivamente ad una possibile alternativa a questo sistema rapace e fallimentare solo perché il 1989 rappresenta il cenozoico per i giovani (che si ritiene evidentemente essere dei semi-analfabeti, incapaci di capire la storia) ed i post-comunisti superstiti sono impresentabili, non mi sembra una scelta intelligente, anche se purtroppo appare nell'attuale situazione ineluttabile.Amadeus ha scritto: per mariok
il 1989 rappresenta il cenozoico per i neo elettori, e per i vecchi la credibilità di chi ha preso le redini è al minimo ( e non solo in sicilia , ho visto il sondaggio, SIGH)
Io il film di Renzi me lo voglio vedere tutto , ma proprio tutto!
e se pippo civati avesse una particina non mi dispiacerebbe affatto.
Re: Come se ne viene fuori ?
Ho già osservato che mi sbaglierò, ma questo "popolo esteso" alla ricerca consapevole di un'alternativa, non riesco a vederlo.marco revelli ha scritto:Fuori dal loro cerchio magico c’è un popolo esteso, in potenziale espansione, che in quelle sigle, in quelle facce, in quei linguaggi non ci crede più. E che probabilmente non ci sta a rassegnarsi all’alternativa tra morire subito di default o entrare in una lunga agonia sociale in cui la fine del tunnel non solo non si vede ma viene via via allontanata dalle misure di «risanamento» subìte. Intuisce che occorre un’alternativa di modello allo stato di cose presente: uno scarto, o uno scatto d’immaginazione e di progettazione, che ci porti fuori dall’impasse. In parte si posteggia nelle liste del Movimento 5 stelle. Segna, urlando, la propria demarcazione rispetto al «mondo sparito» in cui non crede più. In parte cerca conforto in ipotetiche liste civiche, nei Sindaci che hanno dato segnali di diversità, nelle pieghe del «locale» dove la fiducia negli uomini tenta di compensare la sfiducia negli apparati. Ma è e resta «in attesa».
Ma se pure esistesse, esso dimostrerebbe la totale incapacità politica e la mancanza di spessore dei vari Marco Revelli.
Re: Come se ne viene fuori ?
Rinunciare mai , ma dovremmo anche superare l'etichetta di "pensatori" e diventare gli esecutori di qualcosa... che non sarà il 100% sicuro, e manco il 70, ma almeno il timone non andrà totalmente dall'altra direzione.
finchè comanda il mercato non abbiamo molta scelta, dobbiamo salire sulla giostra che gira anche se ci gira la testa e ci viene il vomito.
il "popolo esteso" non è affatto maturo per scelte "alternative" malgrado si faccia influenzare dal populismo di grillo e co.
un conto è mandare a casa una classe dirigente di teste di XXXXX , un conto è cambiare totalmente stile di vita.
finchè comanda il mercato non abbiamo molta scelta, dobbiamo salire sulla giostra che gira anche se ci gira la testa e ci viene il vomito.
il "popolo esteso" non è affatto maturo per scelte "alternative" malgrado si faccia influenzare dal populismo di grillo e co.
un conto è mandare a casa una classe dirigente di teste di XXXXX , un conto è cambiare totalmente stile di vita.
Re: Come se ne viene fuori ?
Non ho ben capito quale sarebbe la conclusione: che pur di mandare a casa questa classe dirigente dobbiamo ingoiarci Renzi-Ichino-Gori?Amadeus ha scritto:
il "popolo esteso" non è affatto maturo per scelte "alternative" malgrado si faccia influenzare dal populismo di grillo e co.
un conto è mandare a casa una classe dirigente di teste di XXXXX , un conto è cambiare totalmente stile di vita.
Non so se andrò a votare per le primarie, ma quasi quasi sono tentato dal tuo suggerimento.
Ma poi tu veramente ci credi che li manderebbe a casa?
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Re: Come se ne viene fuori ?
mariok ha scritto:Rinunciare definitivamente ad una possibile alternativa a questo sistema rapace e fallimentare solo perché il 1989 rappresenta il cenozoico per i giovani (che si ritiene evidentemente essere dei semi-analfabeti, incapaci di capire la storia) ed i post-comunisti superstiti sono impresentabili, non mi sembra una scelta intelligente, anche se purtroppo appare nell'attuale situazione ineluttabile.Amadeus ha scritto: per mariok
il 1989 rappresenta il cenozoico per i neo elettori, e per i vecchi la credibilità di chi ha preso le redini è al minimo ( e non solo in sicilia , ho visto il sondaggio, SIGH)
Io il film di Renzi me lo voglio vedere tutto , ma proprio tutto!
e se pippo civati avesse una particina non mi dispiacerebbe affatto.
Che le intenzioni di Marx. Engels, Lenin, fossero umanamente buone è accettabile. Ad esempio:
Non ancora diciannovenne, Engels, nell'aprile 1839 pubblica, con lo pseudonimo di Friedrich Oswald, nel Telegraph für Deutschland (Telegrafo per la Germania), diretta da Gutzkow, l'articolo Lettere dal Wuppertal, descrivendo le miserabili condizioni di vita degli operai della propria regione: "Questo lavoro compiuto in stanze basse, nelle quali gli operai respirano più vapore di carbone e polvere che ossigeno, e per lo più sin dall'età di sei anni, è destinato a toglier loro la forza e la gioia di vivere". I padroni delle fabbriche, per lo più pietisti e mistici, che impiegano volentieri i bambini, potendoli pagare meno degli adulti, sono responsabili di questo stato di cose, aggravate dalla loro avversione per ogni forma di cultura: "Questa è l'attività dei pietisti nel Wuppertal; è incomprensibile che tutto questo possa accadere nel nostro tempo, ma sembra che anche lo scoglio dell'antico oscurantismo non possa più reggere di fronte alla tempestosa corrente del tempo...".
Da Wikipedia
Ma poi, la storia dell’umanità insegna. Il detto “La storia è madre”, è una verità completamente disattesa.
Alla fine in tutti movimenti si inseriscono sempre i profittatori e gli opportunisti.
Stalin ed altri sono un chiaro esempio. Ma anche ai giorni nostri chi se ne approfitta è sempre in prima linea. Gli Scilipoti, i Razzi, i De Gregorio, i Calearo, gli Ichino, i Barbareschi, tanto per non pubblicare l’intera Treccani dei profittatori.
Basta rivedere cos’ha combinato in Russia lo zar Putin, il cui nonno, Spiridon, lavorò come cuoco nella dacia di Stalin.
Quindi, salviamo la sostanza e tralasciamo la forma. La sostanza è quella che ci preme.
La comunicazione nel mondo attuale è di grande importanza.
Ma elettrificazione (sviluppo economico, non solo mercato) più soviet (e cioè controllo democratico di base) non vi pare un programma ancora del tutto proponibile?
Parliamo di sviluppo economico, e non solo mercato, e di controllo democratico della base.
Evitiamo i termini di un’esperienza completamente negativa, come “elettrificazione” e “soviet” e badiamo alla sostanza da perpetuare.
Nella nostra società sarebbe un successone senza spaventare nessuno.
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Re: Come se ne viene fuori ?
E mentre noi stiamo cercando dove è la sinistra
Renzi tenta il colpo nel PD, cambiare tutti e diventare PDemocristiani
Iospero
Il sondaggio di Noto, Ipr Marketing, del 28 agosto per il Tg3, in merito alle intenzioni di voto sulle primarie prevede:
Bersani……..= 40 %
Renzi………..= 28 %
Vendola……= 25%
Tabacci…….=….7 %
Allo stato dell’arte, Renzi, che chiaramente è un outsider, potrebbe anche vincere le primarie, non per merito suo ma per la situazione contingente.
1) Da un mese Renzi è sceso in pista e sta cercando di vincere una partita persa in partenza. Non ha le caratteristiche né per guidare il Pd, e nemmeno quelle di concorrere a Palazzo Chigi, ma corre ugualmente.
2) Prima o poi, Bersani dovrà chiarire i 98.000 euro, documentati, ricevuti dal Gruppo Riva nel 2007 quando era ministro dello Sviluppo economico, e quali controlli ha predisposto nell’acciaieria tarantina.
3) Il caso Napolitano è stato volutamente rimesso in moto da Panorama, anche se in modo poco ortodosso. Ma non può non avere ripercussioni anche sul Pd che sostiene apertamente Napolitano.
4) Il caso Sicilia presuppone che si stia approntando un disastro di grandi dimensioni.
Sempre il sondaggio Ipr Marketing da :
- Pd + Udc = SI per un 15 %
- Pd + Sel + Udc = SI per un 25 %.
Che il sondaggio Ipsos preveda il Pd all’8 % può essere considerato un disastro di grandi proporzioni, che prelude quello nazionale.
5) Nel confronto con gli altri candidati sul curriculum di Peppone abbiamo:
- La riforma delle pensioni
- La riforma del lavoro
fatti digerire ai suoi afficionados, in cambio di niente.
- La legge elettorale della premiata salumeria ABC, è un’altra superporcata, e potrebbe avvantaggiare o il Pdl o il M5S se recupera e si porta ai livelli del maggio u.s.
Bersani quindi ha solo subito l’ammucchiata, senza imporre nulla di sostanziale al governo Monti.
6) La crisi è destinata a peggiorare dal punto di vista economico e il suo appoggio incondizionato a Monti gli si ritorce contro.
Bersani sta rischiando molto, e da questa situazione altamente fluida e incerta, non per merito suo, ne potrebbe usufruire Renzi, modificando fortemente il quadro politico italiano.
“Buongiorno, sono Renzi, sono l’ex sindaco di Firenze - potrebbe dire ai nuovi governanti della Germania, se dovesse diventare premier - ….il monopattino l’ho lasciato fori in giardino…..”
Renzi tenta il colpo nel PD, cambiare tutti e diventare PDemocristiani
Iospero
Il sondaggio di Noto, Ipr Marketing, del 28 agosto per il Tg3, in merito alle intenzioni di voto sulle primarie prevede:
Bersani……..= 40 %
Renzi………..= 28 %
Vendola……= 25%
Tabacci…….=….7 %
Allo stato dell’arte, Renzi, che chiaramente è un outsider, potrebbe anche vincere le primarie, non per merito suo ma per la situazione contingente.
1) Da un mese Renzi è sceso in pista e sta cercando di vincere una partita persa in partenza. Non ha le caratteristiche né per guidare il Pd, e nemmeno quelle di concorrere a Palazzo Chigi, ma corre ugualmente.
2) Prima o poi, Bersani dovrà chiarire i 98.000 euro, documentati, ricevuti dal Gruppo Riva nel 2007 quando era ministro dello Sviluppo economico, e quali controlli ha predisposto nell’acciaieria tarantina.
3) Il caso Napolitano è stato volutamente rimesso in moto da Panorama, anche se in modo poco ortodosso. Ma non può non avere ripercussioni anche sul Pd che sostiene apertamente Napolitano.
4) Il caso Sicilia presuppone che si stia approntando un disastro di grandi dimensioni.
Sempre il sondaggio Ipr Marketing da :
- Pd + Udc = SI per un 15 %
- Pd + Sel + Udc = SI per un 25 %.
Che il sondaggio Ipsos preveda il Pd all’8 % può essere considerato un disastro di grandi proporzioni, che prelude quello nazionale.
5) Nel confronto con gli altri candidati sul curriculum di Peppone abbiamo:
- La riforma delle pensioni
- La riforma del lavoro
fatti digerire ai suoi afficionados, in cambio di niente.
- La legge elettorale della premiata salumeria ABC, è un’altra superporcata, e potrebbe avvantaggiare o il Pdl o il M5S se recupera e si porta ai livelli del maggio u.s.
Bersani quindi ha solo subito l’ammucchiata, senza imporre nulla di sostanziale al governo Monti.
6) La crisi è destinata a peggiorare dal punto di vista economico e il suo appoggio incondizionato a Monti gli si ritorce contro.
Bersani sta rischiando molto, e da questa situazione altamente fluida e incerta, non per merito suo, ne potrebbe usufruire Renzi, modificando fortemente il quadro politico italiano.
“Buongiorno, sono Renzi, sono l’ex sindaco di Firenze - potrebbe dire ai nuovi governanti della Germania, se dovesse diventare premier - ….il monopattino l’ho lasciato fori in giardino…..”
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