Re: Circolano in rete...
Inviato: 04/11/2012, 4:52
camillobenso ha scritto:Questa è senz'altro una delle migliori foto di Oliviero Toscani.
Quel piccolo in mezzo ad adulti soldati è la storia eterna dell'umanità.
Hebron, Luglio 2012
E’ da piccoli che si impara
di Oliviero Toscani | 2 novembre 2012
Foto della settimana
È da piccoli che s’impara
Il bambino di Hebron tra i giganti armati d’Israele
di Lidia Ravera
Un bambino di 3 anni, solo, fra uomini protetti e mascherati dalle uniformi. I calzoncini, la camicetta rosa, le ginocchia nude, un minuscolo paio di sneaker ai piedi. Gli uomini in uniforme imbracciano armi pesanti. Le tengono a tracolla, le puntano. Ha gli occhi attenti e ansiosi, il bambino, come se cercasse di decifrare qualcosa. Oppure qualcuno che gli spieghi.
Gli uomini hanno occhi distratti. Stanchi. Hanno 20 anni, da quando sono nati non hanno visto altro, non hanno imparato altro. Guerre, attentati, check point, barriere, muri. Funerali rabbiosi, bandiere insanguinate. Il bambino è nato da poco, la ripetizione non ha ancora spento lo stupore.
È attonito, il bambino. Lo spavento è nelle proporzioni: lui tutto intero, dai piedi alla testa, arriva appena alle ginocchia dei soldati. Vicino a lui sembrano giganti in agguato. Potrebbero calpestarlo, travolgerlo.
Perdere l’hanno già perso. Non lo guardano, infatti, nemmeno come il particolare sbagliato nel quadro. E lui non guarda loro. Li registra, assieme al resto di quel mondo incomprensibile.
Chissà dov’è sua madre. Se hai tre anni, nel nostro Paese, c’è sempre qualcuno che ti tiene per mano. Ma vivere in Palestina non è come vivere nel tuo Paese, nel Paese dove sei nato.
Sei in ostaggio, se sei nato in Palestina, sei tollerato, ostacolato, discriminato. Il suk di Hebron, è il luogo dove il bambino si è perso o forse sta aspettando o cercando di capire. Alle sue spalle, non si vede, ma c’è un posto di blocco. E subito dietro, strade che gli israeliani possono percorrere e i palestinesi no. Passaggi frazionati, quattro metri per gli israeliani, uno per i palestinesi.
Hebron è il crocevia di un intenso traffico d’odio. Un territorio senza pace. Vivere su un territorio senza pace, su una terra contesa, è come vivere con il terremoto. Uno dei contendenti è forte e l’altro è debole.
Se fai parte dei deboli la tua casa può essere rasa al suolo da un momento all’altro, puoi morire da un momento all’altro. Anche se hai tre anni, cinque, dieci. Può morire tua madre. Da un momento all’altro.
Gli occhi del bambino, solo solo fra i soldati giganti, sembrano saperlo: non conoscono quell’allegria prima della parola, quando senti pulsare la vita allo stato puro. Voglia di correre e ridere, dar calci a una palla, volare e ascoltare le storie. La leggerezza di una mente ancora vuota è un lusso, per i bambini nati in Palestina, nascono e, poco dopo, hanno già visto tutto.
Tutto quello che non dovrebbero vedere. Sanno già tutto. Tutto quello che non dovrebbero sapere. Sanno, e li colpisce un dolore precoce. Senza speranza. Smisurato. Il dolore si trasformerà in odio, dopo, a 12 anni, 15, 20. A 3 anni è presto per odiare, non sei ancora capace. Così il dolore diventa solitudine. E nella solitudine ti perdi.
Da IFQ del 3 novembre 2012