A volte è dolce riscoprirsi cittadini d’Europa
di Helena Janeczek
Com’è il bicchiere della riscossa a sinistra dopo il primo turno delle presidenziali in Francia?
Mezzo pieno o mezzo vuoto?
Il punto percentuale (e mezzo) di vantaggio di Hollande, insieme alle nette indicazioni di Mélenchon, giustificano festeggiamenti e speranze?
E che cosa rappresenta il «solo» 17,9% ottenuto da Marine Le Pen, composto al 30% del voto operaio?
Si tratta di qualcosa che già si conosceva e che si appaia, grosso modo, al nostro bacino leghista, prima che vicende di lingotti e diamanti bombardassero, come sa fare solo la-realtà-che-supera-la-fantasia, il mito della pura e dura identità padana?
La figlia di Le Pen purtroppo è meglio del figlio di Bossi come erede dinastica (ci vuole poco).
Ma è difficile non pensare che quando la globalizzazione si fa sentire come fonte di conflitto e prospettiva sempre più vasta d’immiserimento,
quando l’Europa da tutto questo non protegge,
ma anzi accresce l’acuirsi dei problemi, una risposta nazionalista e reazionaria sia la prima capace di fare breccia.
E come porsi dinnanzi ai mercati che registrano subito ciò che da tempo sanno bene, ossia che per la via pianificata a Bruxelles non c’è nessuna uscita dalla crisi dell’Eurozona?
Hanno paura di Hollande, quello spendaccione incorreggibile, o di chiunque, a destra o a sinistra, faccia saltare la pia menzogna del fiscal-compact,
promessa data e non mantenibile?
Il bicchiere è parecchio avvelenato, comunque vada.
Eppure c’è qualcosa di buono in questo eccesso di proiezioni, quasi che François Hollande, come Obi Wan Kenobi in Star Wars, fosse «la nostra ultima speranza».
Non era mai capitato che si manifestasse tanta partecipazione appassionata a un appuntamento elettorale fuori dalla stessa nazione coinvolta.
Non è a Bruxelles, ma grazie al voto sovrano nel Paese della Bastiglia, che ci scopriamo cittadini dell’Europa.
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