IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
Il sondaggio del Fatto: il No avanti di 6 punti
Ma Renzi può vincere se convince gli indecisi
Oggi è l’ultimo giorno in cui è possibile diffondere le intenzioni di voto. Quello realizzato da Gpf per il nostro giornale spiega che i contrari alla riforma sono avanti 32 a 26: c’è però un 14% che sarà decisivo
Leggi:
http://www.ilfattoquotidiano.it/premium ... -indecisi/
Ma Renzi può vincere se convince gli indecisi
Oggi è l’ultimo giorno in cui è possibile diffondere le intenzioni di voto. Quello realizzato da Gpf per il nostro giornale spiega che i contrari alla riforma sono avanti 32 a 26: c’è però un 14% che sarà decisivo
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
La Stampa come Il Giornale danno in vantaggio i No per 8 punti.
Ultimo giorno di sondaggi: il No ancora avanti di otto punti
Per almeno due italiani su tre sarà un plebiscito sul premier. Trump non aiuta il Sì, Cuperlo e Verdini ininfluenti sul risultato
LEGGI :
http://www.lastampa.it/2016/11/18/itali ... agina.html
E questi rilevamenti sono stati effettuati prima che scoppiasse la bomba DE LUCA.
Da oggi non verranno più pubblicati dati.
Ma circoleranno in forma clandestina.
Non dire gatto se non ce l'hai nel sacco, ma Pinocchio Mussoloni-La Truffa è il grande sconfitto
Ultimo giorno di sondaggi: il No ancora avanti di otto punti
Per almeno due italiani su tre sarà un plebiscito sul premier. Trump non aiuta il Sì, Cuperlo e Verdini ininfluenti sul risultato
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http://www.lastampa.it/2016/11/18/itali ... agina.html
E questi rilevamenti sono stati effettuati prima che scoppiasse la bomba DE LUCA.
Da oggi non verranno più pubblicati dati.
Ma circoleranno in forma clandestina.
Non dire gatto se non ce l'hai nel sacco, ma Pinocchio Mussoloni-La Truffa è il grande sconfitto
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
Una domanda se passasse la riforma :
le maggioranze al Senato potrebbero cambiare più volte a seconda DEI CAMBIAMENTI dei sindaci e dei consigli regionali mentre alla Camera la maggioranza dovrebbe essere sempre la stessa.
Questa sfasatura potrebbe complicare l'approvazione di alcune leggi o riforme costituzionali.
le maggioranze al Senato potrebbero cambiare più volte a seconda DEI CAMBIAMENTI dei sindaci e dei consigli regionali mentre alla Camera la maggioranza dovrebbe essere sempre la stessa.
Questa sfasatura potrebbe complicare l'approvazione di alcune leggi o riforme costituzionali.
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
iospero ha scritto:Una domanda se passasse la riforma :
le maggioranze al Senato potrebbero cambiare più volte a seconda DEI CAMBIAMENTI dei sindaci e dei consigli regionali mentre alla Camera la maggioranza dovrebbe essere sempre la stessa.
Questa sfasatura potrebbe complicare l'approvazione di alcune leggi o riforme costituzionali.
E' ANCHE PER QUESTO MOTIVO CHE CHI HA UN MINIMO DI COMPRENDONIO VOTA NO.
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
...LA TRUFFA E' IL MIO MESTIERE...
Benito Pinocchio Mussoloni-La Truffa
Dal Fatto Quotidiano del 19/11/2016
Prima pagina
CAOS ALL’ESTERO Nell’Est Europa l’ultimo caso di un sistema che non funziona
Referendum, italiano di Praga
ha 2 schede: può votare 2 volte
Edoardo Livolsi vive nella capitale della Repubblica Ceca. L’a l t ro giorno nella cassetta delle lettere ha trovato un plico per votare alle consultazioni del 4 dicembre. Ha adempiuto al suo dovere poi, due giorni dopo, gli è arrivato un secondo kit per poter esprimere un’ulteriore preferenza. Non era un caso di omonimia ma l’enne simo pasticcio legato alle regole del voto estero
ZANCA A PAG. 3
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, PER RISPETTO DEL SACRIFICIO DI SUO FRATELLO, ABBIA ALMENO IL CORAGGIO CIVILE DI INVALIDARE I VOTI ALL'ESTERO CHE RAPPRESENTANO UNA TRUFFA NELLA TRUFFA.
Piersanti Mattarella
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Piersanti Mattarella
Piersantimattarella.jpg
Presidente della Regione Siciliana
Durata mandato 20 marzo 1978 –
6 gennaio 1980
Predecessore Angelo Bonfiglio
Successore Gaetano Giuliano (f.f.)
Dati generali
Partito politico Democrazia Cristiana
Piersanti Mattarella (Castellammare del Golfo, 24 maggio 1935 – Palermo, 6 gennaio 1980) è stato un politico italiano, assassinato da cosa nostra durante il mandato di presidente della Regione Siciliana.
https://it.wikipedia.org/wiki/Piersanti_Mattarella
Benito Pinocchio Mussoloni-La Truffa
Dal Fatto Quotidiano del 19/11/2016
Prima pagina
CAOS ALL’ESTERO Nell’Est Europa l’ultimo caso di un sistema che non funziona
Referendum, italiano di Praga
ha 2 schede: può votare 2 volte
Edoardo Livolsi vive nella capitale della Repubblica Ceca. L’a l t ro giorno nella cassetta delle lettere ha trovato un plico per votare alle consultazioni del 4 dicembre. Ha adempiuto al suo dovere poi, due giorni dopo, gli è arrivato un secondo kit per poter esprimere un’ulteriore preferenza. Non era un caso di omonimia ma l’enne simo pasticcio legato alle regole del voto estero
ZANCA A PAG. 3
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, PER RISPETTO DEL SACRIFICIO DI SUO FRATELLO, ABBIA ALMENO IL CORAGGIO CIVILE DI INVALIDARE I VOTI ALL'ESTERO CHE RAPPRESENTANO UNA TRUFFA NELLA TRUFFA.
Piersanti Mattarella
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Piersanti Mattarella
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Durata mandato 20 marzo 1978 –
6 gennaio 1980
Predecessore Angelo Bonfiglio
Successore Gaetano Giuliano (f.f.)
Dati generali
Partito politico Democrazia Cristiana
Piersanti Mattarella (Castellammare del Golfo, 24 maggio 1935 – Palermo, 6 gennaio 1980) è stato un politico italiano, assassinato da cosa nostra durante il mandato di presidente della Regione Siciliana.
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
Dall'intervista di Cazzullo ad Andrea Camilleri:
Al referendum andrà a votare?
«Pur di votare No mi sottoporrò a due visite oculistiche, obbligatorie per entrare nella cabina elettorale accompagnato. Io le riforme le voglio: il Senato deve controllare la Camera, non esserne il doppione. Ma questa riforma è pasticciata. E non ci consente di scegliere i nostri rappresentanti».
Al referendum andrà a votare?
«Pur di votare No mi sottoporrò a due visite oculistiche, obbligatorie per entrare nella cabina elettorale accompagnato. Io le riforme le voglio: il Senato deve controllare la Camera, non esserne il doppione. Ma questa riforma è pasticciata. E non ci consente di scegliere i nostri rappresentanti».
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
Referendum, a Roma sono sicuri: “Il 4 dicembre si vota pro o contro Renzi”
Video:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11 ... i/3202467/
1:57
/
5:02
di Manolo Lanaro e Alberto Sofia | 19 novembre 2016
COMMENTI (940)
1,4 mila
Più informazioni su: Matteo Renzi, Referendum, Referendum Costituzionale 2016
Mancano soltanto due settimane al voto sul referendum costituzionale. Ai capolinea della metropolitana A e B e lungo le fermate della Metro C, all’interno delle periferie romane, quasi tutte le persone che abbiamo intervistato sanno che il 4 dicembre ci sarà il voto referendario, ma molti, anzi praticamente nessuno, sa quali sono gli argomenti sui quali saranno chiamati a esprimere il proprio voto. Un tema che più di altri sembra aver attirato l’attenzione degli elettori è il nuovo Senato, sul quale divergono le interpretazioni: subirà una “riduzione”; oppure una più drastica “abolizione”; per altri nella riforma c’è la “riduzione degli stipendi dei parlamentari”. Ma c’è anche chi ammette: “Non ho capito i termini della questione”. La maggioranza degli intervistati garantisce che andrà alle urne. E i più ‘informati’ sembrano avere una certezza: “Si vota su Renzi”.
Altro che “merito” della riforma, sembra un coro unanime: “Se vince il No il premier si dimette“; si voterà su “se vogliamo Renzi Sì o No”; “alla fine si sceglie pro Renzi o contro Renzi”, rispondono in molti. E ancora: “Della riforma non m’interessa, l’importante è mandare a casa Renzi”; “Renzi deve andare via perché non sta facendo niente per noi cittadini italiani”. Insomma, sembra che la personalizzazione abbia lasciato un segno indelebile durante la campagna elettorale referendaria. E c’è anche chi se ne dispiace: “Una scelta sbagliata, io avrei gradito un referendum con più domande, non con una soltanto”. Non è l’unico. “Dicono che andiamo a votare per poter cambiare, altrimenti per i prossimi trent’anni non si cambia più e per me che ho settant’anni questa è dunque l’ultima occasione” afferma un altro intervistato.
I più giovani non sanno ancora su quali modifiche costituzionali si voterà, ma assicurano “che s’informeranno” e andranno (quasi tutti) a votare. Altri invece hanno già le idee “chiare”: “Io voto Sì anche se non conosco ancora i punti della riforma” replica un intervistato. Allo stesso modo una signora rivendica: “Non conosco la riforma, ma voterò No”. Molta è l’incertezza e c’è anche chi si lancia in appelli: “Votate No perché qui ci sono troppi disoccupati”. “La battaglia tra il Sì o il No è una battaglia tra frustrati” sentenzia un signore. In altri è la disillusione a vincere: “Per noi cittadini italiani non cambierà niente”. Non manca chi dichiara la propria astensione perché “non m’interessa” o perché “è tutto uno schifo”. Ma cosa significherà questo voto? “Se passerà è la dimostrazione che noi italiani possiamo fare una riforma così importante, brutta o bella che sia”, afferma un ragazzo. Un altro intervistato sottolinea: “Se passa il Sì avremo un governo e un personaggio come Renzi che si sentiranno ancora più forti. Se passa il No non penso che ci sarà una catastrofe“.
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di Manolo Lanaro e Alberto Sofia | 19 novembre 2016
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Mancano soltanto due settimane al voto sul referendum costituzionale. Ai capolinea della metropolitana A e B e lungo le fermate della Metro C, all’interno delle periferie romane, quasi tutte le persone che abbiamo intervistato sanno che il 4 dicembre ci sarà il voto referendario, ma molti, anzi praticamente nessuno, sa quali sono gli argomenti sui quali saranno chiamati a esprimere il proprio voto. Un tema che più di altri sembra aver attirato l’attenzione degli elettori è il nuovo Senato, sul quale divergono le interpretazioni: subirà una “riduzione”; oppure una più drastica “abolizione”; per altri nella riforma c’è la “riduzione degli stipendi dei parlamentari”. Ma c’è anche chi ammette: “Non ho capito i termini della questione”. La maggioranza degli intervistati garantisce che andrà alle urne. E i più ‘informati’ sembrano avere una certezza: “Si vota su Renzi”.
Altro che “merito” della riforma, sembra un coro unanime: “Se vince il No il premier si dimette“; si voterà su “se vogliamo Renzi Sì o No”; “alla fine si sceglie pro Renzi o contro Renzi”, rispondono in molti. E ancora: “Della riforma non m’interessa, l’importante è mandare a casa Renzi”; “Renzi deve andare via perché non sta facendo niente per noi cittadini italiani”. Insomma, sembra che la personalizzazione abbia lasciato un segno indelebile durante la campagna elettorale referendaria. E c’è anche chi se ne dispiace: “Una scelta sbagliata, io avrei gradito un referendum con più domande, non con una soltanto”. Non è l’unico. “Dicono che andiamo a votare per poter cambiare, altrimenti per i prossimi trent’anni non si cambia più e per me che ho settant’anni questa è dunque l’ultima occasione” afferma un altro intervistato.
I più giovani non sanno ancora su quali modifiche costituzionali si voterà, ma assicurano “che s’informeranno” e andranno (quasi tutti) a votare. Altri invece hanno già le idee “chiare”: “Io voto Sì anche se non conosco ancora i punti della riforma” replica un intervistato. Allo stesso modo una signora rivendica: “Non conosco la riforma, ma voterò No”. Molta è l’incertezza e c’è anche chi si lancia in appelli: “Votate No perché qui ci sono troppi disoccupati”. “La battaglia tra il Sì o il No è una battaglia tra frustrati” sentenzia un signore. In altri è la disillusione a vincere: “Per noi cittadini italiani non cambierà niente”. Non manca chi dichiara la propria astensione perché “non m’interessa” o perché “è tutto uno schifo”. Ma cosa significherà questo voto? “Se passerà è la dimostrazione che noi italiani possiamo fare una riforma così importante, brutta o bella che sia”, afferma un ragazzo. Un altro intervistato sottolinea: “Se passa il Sì avremo un governo e un personaggio come Renzi che si sentiranno ancora più forti. Se passa il No non penso che ci sarà una catastrofe“.
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
REFERENDUM COSTITUZIONALE
Referendum: la qualità della nostra democrazia non dipende dal bicameralismo perfetto
di Luca Fazzi | 20 novembre 2016
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Luca Fazzi
Docente in Sociologia presso l'Università di Trento
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Uno degli argomenti più utilizzati nelle ultime settimane per convincere gli indecisi a votare Sì al referendum di dicembre riguarda la velocità del processo decisionale. L’idea propagandata è che una delle cause principali della crisi politica italiana sia l’impasse in cui il decisore si trova dovendo negoziare tra maggioranze variabili tra Senato e Camera e tra esecutivo e Parlamento. L’argomento è oggetto di così tanta attenzione da dare l’impressione alle volte che a essere sacrificato sull’altare della retorica politica sia un tema ben più rilevante della velocità del decisore, ovvero quello del rapporto tra qualità delle decisioni politiche e qualità della democrazia.
Una decisione politica in un regime democratico è valida nella misura in cui si basa su un processo democratico trasparente e consapevole. Ora un processo di questo tipo è un qualcosa di molto diverso da un’operazione di mero accentramento del potere decisionale in mano a un’oligarchia. I presupposti della qualità della democrazia sono piuttosto severi.
Il primo presupposto consiste nella cosiddetta rule of law, ovvero la capacità del sistema democratico di garantire il rispetto della legge. Abbiamo una condizione simile in Italia? Non pare anzi al contrario il sistema legislativo è talmente farraginoso e costruito per riparare dalle sanzioni i malfattori che solo chi non ha denaro per garantirsi un decente avvocato rischia di essere punito per le violazioni che ha compiuto.
Il secondo presupposto per parlare di qualità della democrazia è la libertà di informazione senza la quale nessun cittadino può formarsi una opinione consapevole sui fatti. Anche a questo riguardo i passi da fare sono parecchi considerando che secondo la classifica di Reporters sans frontières (Rsf), il paese è scivolato al 77° posto della scala mondiale per la libertà di stampa sotto Nicaraugua e Botswana e che esiste un blocco di monopolio delle informazioni di natura spaventosa che da decenni influenza e condiziona le preferenze dell’opinione pubblica.
In terzo luogo, la qualità della democrazia, è data dalla accountability ovvero dalla capacità di garantire il rendiconto delle decisioni prese e delle loro conseguenze e anche in questo caso tale condizione è collegata alla possibilità del cittadino di valutare in modo appropriato il modo con il quale sono state assunte le decisioni e gli effetti da esse prodotte. Il monopolio informativo e gli investimenti sempre più scarsi in istruzione e formazione fanno diventare deflagranti su questo piano i conflitti di interesse abnormi tra chi dovrebbe informare in modo corretto sui fatti e chi assume le decisioni. Così venti anni di berlusconismo sono ancora oggi etichettati come mancata rivoluzione liberale invece che ventennio della corruzione permanente, mentre due anni e mezzo di riforme di Renzi sono propagandate come il risveglio della nazione e non come un periodo di deregulation dei mercati del lavoro di cui si faticano a vedere i benefici reali.
Infine la qualità della democrazia dipende dal fatto che esistano leggi e impedimenti capaci di evitare che un singolo o un oligarchia possa per usare le parole di Montesquieu “trascinare tutto e tutti dietro la sua volontà e i suoi capricci”. E qui si arriva di nuovo al punto dei poteri e contropoteri che consentono di frenare il libero arbitrio di persone o gruppi politici che infrangono la legge o si pongono per qualche motivo al di sopra di essa. A causa delle legislazioni approvate dai partiti politici che hanno governato l’Italia negli ultimi anni nel nostro paese manca quella che Montesquieu il grande filosofo liberale definiva la condizione prima per evitare la degenerazione in questa direzione della democrazia ovvero la possibilità che “il potere arresti il potere”. Ma se il potere giudiziario non può fermare il potere politico che tipo di decisioni sono possibili e chi è in grado di opporsi se non un’opinione pubblica non sclerotizzata dal controllo dell’informazione e dei media da parte dei poteri forti?
L’Italia dei decisori forti prospettata da molti sostenitori del Sì al referendum costituzionale è dunque un paese che ancora una volta in assenza di questi presupposti democratici di base rischia di affidare le sue sorti alla figura di un demiaturgo a cui sono attribuiti poteri decisionali eccezionali. Prima il suo nome era Berlusconi, ora è Renzi. Domani speriamo sia una crescita della consapevolezza che la democrazia non si costruisce per delega a un’oligarchia senza controlli sostanziali, ma va coltivata giorno per giorno da ciascun cittadino con passione e senso di responsabilità civile.
Referendum: la qualità della nostra democrazia non dipende dal bicameralismo perfetto
di Luca Fazzi | 20 novembre 2016
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Luca Fazzi
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Uno degli argomenti più utilizzati nelle ultime settimane per convincere gli indecisi a votare Sì al referendum di dicembre riguarda la velocità del processo decisionale. L’idea propagandata è che una delle cause principali della crisi politica italiana sia l’impasse in cui il decisore si trova dovendo negoziare tra maggioranze variabili tra Senato e Camera e tra esecutivo e Parlamento. L’argomento è oggetto di così tanta attenzione da dare l’impressione alle volte che a essere sacrificato sull’altare della retorica politica sia un tema ben più rilevante della velocità del decisore, ovvero quello del rapporto tra qualità delle decisioni politiche e qualità della democrazia.
Una decisione politica in un regime democratico è valida nella misura in cui si basa su un processo democratico trasparente e consapevole. Ora un processo di questo tipo è un qualcosa di molto diverso da un’operazione di mero accentramento del potere decisionale in mano a un’oligarchia. I presupposti della qualità della democrazia sono piuttosto severi.
Il primo presupposto consiste nella cosiddetta rule of law, ovvero la capacità del sistema democratico di garantire il rispetto della legge. Abbiamo una condizione simile in Italia? Non pare anzi al contrario il sistema legislativo è talmente farraginoso e costruito per riparare dalle sanzioni i malfattori che solo chi non ha denaro per garantirsi un decente avvocato rischia di essere punito per le violazioni che ha compiuto.
Il secondo presupposto per parlare di qualità della democrazia è la libertà di informazione senza la quale nessun cittadino può formarsi una opinione consapevole sui fatti. Anche a questo riguardo i passi da fare sono parecchi considerando che secondo la classifica di Reporters sans frontières (Rsf), il paese è scivolato al 77° posto della scala mondiale per la libertà di stampa sotto Nicaraugua e Botswana e che esiste un blocco di monopolio delle informazioni di natura spaventosa che da decenni influenza e condiziona le preferenze dell’opinione pubblica.
In terzo luogo, la qualità della democrazia, è data dalla accountability ovvero dalla capacità di garantire il rendiconto delle decisioni prese e delle loro conseguenze e anche in questo caso tale condizione è collegata alla possibilità del cittadino di valutare in modo appropriato il modo con il quale sono state assunte le decisioni e gli effetti da esse prodotte. Il monopolio informativo e gli investimenti sempre più scarsi in istruzione e formazione fanno diventare deflagranti su questo piano i conflitti di interesse abnormi tra chi dovrebbe informare in modo corretto sui fatti e chi assume le decisioni. Così venti anni di berlusconismo sono ancora oggi etichettati come mancata rivoluzione liberale invece che ventennio della corruzione permanente, mentre due anni e mezzo di riforme di Renzi sono propagandate come il risveglio della nazione e non come un periodo di deregulation dei mercati del lavoro di cui si faticano a vedere i benefici reali.
Infine la qualità della democrazia dipende dal fatto che esistano leggi e impedimenti capaci di evitare che un singolo o un oligarchia possa per usare le parole di Montesquieu “trascinare tutto e tutti dietro la sua volontà e i suoi capricci”. E qui si arriva di nuovo al punto dei poteri e contropoteri che consentono di frenare il libero arbitrio di persone o gruppi politici che infrangono la legge o si pongono per qualche motivo al di sopra di essa. A causa delle legislazioni approvate dai partiti politici che hanno governato l’Italia negli ultimi anni nel nostro paese manca quella che Montesquieu il grande filosofo liberale definiva la condizione prima per evitare la degenerazione in questa direzione della democrazia ovvero la possibilità che “il potere arresti il potere”. Ma se il potere giudiziario non può fermare il potere politico che tipo di decisioni sono possibili e chi è in grado di opporsi se non un’opinione pubblica non sclerotizzata dal controllo dell’informazione e dei media da parte dei poteri forti?
L’Italia dei decisori forti prospettata da molti sostenitori del Sì al referendum costituzionale è dunque un paese che ancora una volta in assenza di questi presupposti democratici di base rischia di affidare le sue sorti alla figura di un demiaturgo a cui sono attribuiti poteri decisionali eccezionali. Prima il suo nome era Berlusconi, ora è Renzi. Domani speriamo sia una crescita della consapevolezza che la democrazia non si costruisce per delega a un’oligarchia senza controlli sostanziali, ma va coltivata giorno per giorno da ciascun cittadino con passione e senso di responsabilità civile.
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Loretta Napoleoni
ECONOMIA OCCULTA
Referendum, perché il Sì serve a Renzi per salvare Mps (e tutte le altre banche)
Economia Occulta
di Loretta Napoleoni | 20 novembre 2016
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Più informazioni su: Brexit, Donald Trump, Matteo Renzi, Monte dei Paschi di Siena
Loretta Napoleoni
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All’inizio dell’anno, i guru dell’alta finanza sostenevano che Brexit e l’elezione di Donald Trump avrebbero prodotto due choc così forti da mettere a repentaglio la sopravvivenza del sistema finanziario, in altre parole potevano creare una crisi della portata del crollo della Lehman Brothers. Certamente la Brexit ha prodotto il crollo della sterlina e continua ad essere per tutti un’incognita scomoda, ma non è certo paragonabile alla bancarotta della Lehman. L’elezione di Trump, almeno fino ad ora, sembra addirittura aver rinvigorito i mercati. Ciò significa che siamo fuori pericolo?
E’ ancora presto per tirare il fiato. Un anno fa nessuno aveva previsto con accuratezza gli esiti elettorali nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America, come nessuno si era interessato al referendum italiano sulla Costituzione. Eppure il voto di dicembre appare sempre più come il terzo imprevedibile fenomeno che può far deragliare i delicati equilibri su cui poggia il sistema finanziario e politico europeo. E vediamo perché.
Matteo Renzi aveva affermato che il suo futuro di leader dipende dal voto di dicembre, come David Cameron ha giocato la propria carriera alla roulette del referendum, perché di questo si tratta dal momento che ormai i sondaggi non funzionano più e nessuno sa come voteranno gli italiani. Ma l’Italia non è il Regno Unito, la vittoria del No e le eventuali dimissioni di Renzi con molta probabilità apriranno una crisi di governo che difficilmente verrà sanata, morale della favola l’Italia potrebbe nel 2017 andare alle elezioni anticipate e nessuno, neppure Matteo Renzi, ha idea dei risultati del voto.
Uno scenario, dunque, di profonda incertezza contro il quale si staglia la crisi del sistema bancario italiano e dalla quale dipenderà il destino della terza banca italiana per grandezza e la più antica in assoluto, il Monte dei Paschi di Siena, fondata nel 1472.
Nelle ultime settimane il governo ha freneticamente cercato di salvare l’istituto di credito un tempo prestigioso, le tappe le conosciamo tutti: a luglio la banca non ha passato l’esame della Banca centrale europea, un test dal quale risulta che ha in portafoglio 55,2 miliardi di dollari di cattivi investimenti, un eufemismo per la parola perdite. La Bce ha anche detto che dalla vendita di questa zavorra il Monte dei Paschi potrebbe ricavare soltanto il 20 per cento del valore totale, 20 centesimi per ogni dollaro) e che non sarebbe in grado di sopravvivere ad una nuova recessione economica.
Di fronte a queste conclusioni il governo non poteva, come fece la Grecia nel lontano 2010 e 2011, salvare la banca rilevando le perdite, la Bce ha vietato questo tipo di intervento e si capisce anche perché: le cifre sono talmente elevate che se si salva la banca con i soldi del contribuente si trasla la crisi sulle finanze dello Stato.
Altra possibilità, anche questa sperimentata durante la crisi greca, è il cosiddetto ‘aircut’, taglio dei capelli, degli investitori. Che significa? Che chi ha acquistato le obbligazioni del Monte dei Paschi si ritrova con un valore più basso di quello al quale le aveva comprate. Una strategia che permette di non penalizzare i risparmiatori correntisti. Ma anche questa strada non era percorribile perché a differenza del debito greco che era in buona parte nelle mani di investitori istituzionali stranieri e greci, quello del Monte di Paschi è stato sottoscritto dai fondi pensione italiani e dai privati, si tratta di 130.000 persone ed istituzioni. Come mai?Perché chi ha venduto queste obbligazioni non le ha potute piazzare in nessun altro mercato, così le ha vendute alla clientela italiana sulla fiducia, cioè presentandole come investimenti sicurissimi.
A questo punto, il governo ha cercato un’alternativa: mettere insieme un consorzio di banche ‘amiche’ che comprano i cattivi investimenti del Monte dei Paschi, liberandolo dalla zavorra che lo sta facendo affondare. La proposta era di trovare 5 miliardi di euro provenienti da Santander, Goldman Sachs, Citi, Credit Suisse, Deutsche Bank e Bank of America. Secondo l’accordo il Monte dei Paschi avrebbe venduto 27 miliardi di cattivi investimenti, che sarebbero stati ‘riconfigurati’ con l’ausilio dei derivati in titoli del valore di 9,2 miliardi di euro. Si sarebbe trattato del terzo prestito in due anni, dai salvataggi precedenti la banca di Siena aveva ricevuto 8 miliardi di euro.
Ma questo accordo non è andato in porto. Con il referendum alle porte, il governo ha, dunque, pensato di lasciare che il Monte dei Paschi facesse un’emissione pubblica per raccogliere 4,6 miliardi in titoli. Il problema è che il valore di mercato delle azioni della banca è oggi 740 milioni di dollari, basso, troppo basso per garantire l’emissione dei titoli. Secondo la banca il Qatar sarebbe interessato a sottoscrivere l’emissione, anche se non si capisce bene perché.
Renzi sa bene che il fallimento del Monte dei Paschi darebbe vita ad un effetto domino simile a quello del crollo della Lehman Brother, anche se in proporzioni ridotte; sa anche che Bruxelles e la Bce ne sono coscienti e che la vittoria del No farebbe crollare la fiducia nei confronti del sistema bancario italiano, ed ecco perché è tornato a dirsi disposto a giocare la carriera sui risultati del referendum. Spera che questi timori convincano gli italiani a votare Sì, anche se questa decisione darebbe carta bianca a chiunque, non solo al suo partito, vinca le prossime elezioni.
Naturalmente i cittadini europei sanno poco o nulla riguardo all’importanza di questo referendum per il loro futuro. E questo preoccupa per una serie di motivi, primo tra tutti lo scarso interesse della stampa riguardo ad alcune questioni fondamentali nei paesi membri dell’Unione e l’eccessivo interesse nei confronti di questioni, ugualmente importanti. Non ci resta che aspettare i risultati del voto!
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11 ... e/3205994/
ECONOMIA OCCULTA
Referendum, perché il Sì serve a Renzi per salvare Mps (e tutte le altre banche)
Economia Occulta
di Loretta Napoleoni | 20 novembre 2016
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Più informazioni su: Brexit, Donald Trump, Matteo Renzi, Monte dei Paschi di Siena
Loretta Napoleoni
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All’inizio dell’anno, i guru dell’alta finanza sostenevano che Brexit e l’elezione di Donald Trump avrebbero prodotto due choc così forti da mettere a repentaglio la sopravvivenza del sistema finanziario, in altre parole potevano creare una crisi della portata del crollo della Lehman Brothers. Certamente la Brexit ha prodotto il crollo della sterlina e continua ad essere per tutti un’incognita scomoda, ma non è certo paragonabile alla bancarotta della Lehman. L’elezione di Trump, almeno fino ad ora, sembra addirittura aver rinvigorito i mercati. Ciò significa che siamo fuori pericolo?
E’ ancora presto per tirare il fiato. Un anno fa nessuno aveva previsto con accuratezza gli esiti elettorali nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America, come nessuno si era interessato al referendum italiano sulla Costituzione. Eppure il voto di dicembre appare sempre più come il terzo imprevedibile fenomeno che può far deragliare i delicati equilibri su cui poggia il sistema finanziario e politico europeo. E vediamo perché.
Matteo Renzi aveva affermato che il suo futuro di leader dipende dal voto di dicembre, come David Cameron ha giocato la propria carriera alla roulette del referendum, perché di questo si tratta dal momento che ormai i sondaggi non funzionano più e nessuno sa come voteranno gli italiani. Ma l’Italia non è il Regno Unito, la vittoria del No e le eventuali dimissioni di Renzi con molta probabilità apriranno una crisi di governo che difficilmente verrà sanata, morale della favola l’Italia potrebbe nel 2017 andare alle elezioni anticipate e nessuno, neppure Matteo Renzi, ha idea dei risultati del voto.
Uno scenario, dunque, di profonda incertezza contro il quale si staglia la crisi del sistema bancario italiano e dalla quale dipenderà il destino della terza banca italiana per grandezza e la più antica in assoluto, il Monte dei Paschi di Siena, fondata nel 1472.
Nelle ultime settimane il governo ha freneticamente cercato di salvare l’istituto di credito un tempo prestigioso, le tappe le conosciamo tutti: a luglio la banca non ha passato l’esame della Banca centrale europea, un test dal quale risulta che ha in portafoglio 55,2 miliardi di dollari di cattivi investimenti, un eufemismo per la parola perdite. La Bce ha anche detto che dalla vendita di questa zavorra il Monte dei Paschi potrebbe ricavare soltanto il 20 per cento del valore totale, 20 centesimi per ogni dollaro) e che non sarebbe in grado di sopravvivere ad una nuova recessione economica.
Di fronte a queste conclusioni il governo non poteva, come fece la Grecia nel lontano 2010 e 2011, salvare la banca rilevando le perdite, la Bce ha vietato questo tipo di intervento e si capisce anche perché: le cifre sono talmente elevate che se si salva la banca con i soldi del contribuente si trasla la crisi sulle finanze dello Stato.
Altra possibilità, anche questa sperimentata durante la crisi greca, è il cosiddetto ‘aircut’, taglio dei capelli, degli investitori. Che significa? Che chi ha acquistato le obbligazioni del Monte dei Paschi si ritrova con un valore più basso di quello al quale le aveva comprate. Una strategia che permette di non penalizzare i risparmiatori correntisti. Ma anche questa strada non era percorribile perché a differenza del debito greco che era in buona parte nelle mani di investitori istituzionali stranieri e greci, quello del Monte di Paschi è stato sottoscritto dai fondi pensione italiani e dai privati, si tratta di 130.000 persone ed istituzioni. Come mai?Perché chi ha venduto queste obbligazioni non le ha potute piazzare in nessun altro mercato, così le ha vendute alla clientela italiana sulla fiducia, cioè presentandole come investimenti sicurissimi.
A questo punto, il governo ha cercato un’alternativa: mettere insieme un consorzio di banche ‘amiche’ che comprano i cattivi investimenti del Monte dei Paschi, liberandolo dalla zavorra che lo sta facendo affondare. La proposta era di trovare 5 miliardi di euro provenienti da Santander, Goldman Sachs, Citi, Credit Suisse, Deutsche Bank e Bank of America. Secondo l’accordo il Monte dei Paschi avrebbe venduto 27 miliardi di cattivi investimenti, che sarebbero stati ‘riconfigurati’ con l’ausilio dei derivati in titoli del valore di 9,2 miliardi di euro. Si sarebbe trattato del terzo prestito in due anni, dai salvataggi precedenti la banca di Siena aveva ricevuto 8 miliardi di euro.
Ma questo accordo non è andato in porto. Con il referendum alle porte, il governo ha, dunque, pensato di lasciare che il Monte dei Paschi facesse un’emissione pubblica per raccogliere 4,6 miliardi in titoli. Il problema è che il valore di mercato delle azioni della banca è oggi 740 milioni di dollari, basso, troppo basso per garantire l’emissione dei titoli. Secondo la banca il Qatar sarebbe interessato a sottoscrivere l’emissione, anche se non si capisce bene perché.
Renzi sa bene che il fallimento del Monte dei Paschi darebbe vita ad un effetto domino simile a quello del crollo della Lehman Brother, anche se in proporzioni ridotte; sa anche che Bruxelles e la Bce ne sono coscienti e che la vittoria del No farebbe crollare la fiducia nei confronti del sistema bancario italiano, ed ecco perché è tornato a dirsi disposto a giocare la carriera sui risultati del referendum. Spera che questi timori convincano gli italiani a votare Sì, anche se questa decisione darebbe carta bianca a chiunque, non solo al suo partito, vinca le prossime elezioni.
Naturalmente i cittadini europei sanno poco o nulla riguardo all’importanza di questo referendum per il loro futuro. E questo preoccupa per una serie di motivi, primo tra tutti lo scarso interesse della stampa riguardo ad alcune questioni fondamentali nei paesi membri dell’Unione e l’eccessivo interesse nei confronti di questioni, ugualmente importanti. Non ci resta che aspettare i risultati del voto!
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11 ... e/3205994/
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
Nella pubblicazione odierna di LIBRE associazione di idee, viene presentato questo profilo, inedito per lunghezza, dell'autore dell'articolo.
(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a Claudio Messora per la video-intervista “Dietro a Donald Trump, le trame della massoneria progressista”, pubblicata da “ByoBlu” l’11 novembre 2016. Massone progressista, già gran maestro della loggia Monte Sion del Grande Oriente d’Italia, Magaldi ha fondato l’associazione Grande Oriente Democratico, è stato affiliato alla superloggia internazionale Thomas Paine e ha fondato il Movimento Roosevelt, organismo meta-partitico che si propone di sollecitare un profondo risveglio sovranista della politica italiana. E’ autore del bestseller “Massoni, società a responsabilità illimitata”, edito da Chiarelettere, nel quale denuncia lo strapotere di 36 Ur-Lodges a carattere apolide, alcune delle quali coinvolte nel disegno geopolitico neo-feudale e nella strategia della tensione internazionale, dall’11 Settembre all’Isis. Nell’intervista su “ByoBlu”, Magaldi dichiara anche che Matteo Renzi sarebbe «tuttora “bussante” presso circuiti massonici neo-aristocratici, segnatamente quelli di cui è protagonista Mario Draghi», dalla “Three Eyes” in cui militerebbe anche Giorgio Napolitano, ad altre superlogge come la “Pan-Europa”, la “Edmund Burke”, la “Compass Star-Rose” e la “Der Ring”, il cui venerabile maestro è il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble).
(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a Claudio Messora per la video-intervista “Dietro a Donald Trump, le trame della massoneria progressista”, pubblicata da “ByoBlu” l’11 novembre 2016. Massone progressista, già gran maestro della loggia Monte Sion del Grande Oriente d’Italia, Magaldi ha fondato l’associazione Grande Oriente Democratico, è stato affiliato alla superloggia internazionale Thomas Paine e ha fondato il Movimento Roosevelt, organismo meta-partitico che si propone di sollecitare un profondo risveglio sovranista della politica italiana. E’ autore del bestseller “Massoni, società a responsabilità illimitata”, edito da Chiarelettere, nel quale denuncia lo strapotere di 36 Ur-Lodges a carattere apolide, alcune delle quali coinvolte nel disegno geopolitico neo-feudale e nella strategia della tensione internazionale, dall’11 Settembre all’Isis. Nell’intervista su “ByoBlu”, Magaldi dichiara anche che Matteo Renzi sarebbe «tuttora “bussante” presso circuiti massonici neo-aristocratici, segnatamente quelli di cui è protagonista Mario Draghi», dalla “Three Eyes” in cui militerebbe anche Giorgio Napolitano, ad altre superlogge come la “Pan-Europa”, la “Edmund Burke”, la “Compass Star-Rose” e la “Der Ring”, il cui venerabile maestro è il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble).
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