La Lega...? Gli ultimi ladri di una lunga serie...
Re: La Lega...? Gli ultimi ladri di una lunga serie...
perchè ci voleva vendere agli amerikani .
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Re: La Lega...? Gli ultimi ladri di una lunga serie...
Il beau geste di rinunciare all'ultima tranche di finanziamento era solo strumentale ed è durato poco,....è tornato il solito Bossi....
Calderoli, c'è un'altra casa romana
Bossi: "Quei soldi? Lecito buttarli"
Calderoli, c'è un'altra casa romana
Bossi: "Quei soldi? Lecito buttarli"
Re: La Lega...? Gli ultimi ladri di una lunga serie...
Lega, gli affari con la mafia
di Lirio Abbate
L'indagine sull'ex tesoriere Belsito punta a ricostruire gli strani giri di denaro fra Via Bellerio e i poteri oscuri della Calabria: un mix tra cosche della 'ndrangheta, massoneria ed estremisti di destra
(20 aprile 2012)
Il tesoriere della Lega e l'ex cassiere dei terroristi neofascisti: una connection da brivido che emerge dagli atti dei magistrati. Non l'unica, perché tutta l'indagine condotta dalla procura antimafia di Reggio Calabria sugli affari spericolati del Carroccio mostra un incredibile filo nero che corre lungo tutta la Penisola, intrecciando massoneria, 'ndrangheta, eversione fino ad arrivare a casa Bossi: il tradimento di tutti gli slogan dell'orgoglio padano, quasi uno sfregio per l'identità legalitaria lumbard.
Un'inchiesta solo apparentemente sorprendente: vent'anni fa, nel momento di massima crisi della prima Repubblica, lo stesso disegno venne tentato da fratellanze deviate, estremisti di destra e padrini per replicare a Sud il partito lumbard di Umberto Bossi. Oggi a muoversi su quel solco è stato Francesco Belsito, che si autodefiniva "il tesoriere più pazzo del mondo": è nato a Genova, ma da una famiglia di immigrati che ha mantenuto radici forti tra Pizzo Calabro e Vibo Valentia.
In quella zona hanno sede le logge più potenti del Meridione, capaci di mobilitare i fratelli in ogni parte del pianeta e metterli "a disposizione" degli altri iscritti. Una vocazione massonica che - stando agli investigatori - avrebbe trovato adepti anche nelle file della Lega. Così Belsito entra in contatto con un altro calabrese residente a Genova: Romolo Girardelli, detto "l'ammiraglio", con una militanza di estrema destra e considerato dagli inquirenti vicino alla potente cosca De Stefano. Dall'intesa tra i due si apre un canale che sarebbe servito per ripulire grosse somme di provenienza oscura: soldi da far transitare attraverso le casse della Lega.
Sull'origine di questi fondi ora indaga il pm Giuseppe Lombardo, che sta facendo analizzare migliaia di ore di intercettazioni per ricostruire la rotta del denaro e i suoi sbocchi. A partire da uno studio del centro di Milano, proprio accanto a piazza San Babila, dove ha sede la Mgim srl: una sigla di cui è socio Pasquale Guaglianone, altro calabrese trapiantato a Nord con una storia personale tutta a destra.
In gioventù è stato un membro dei Nuclei armati rivoluzionari, Nar, gestendo la cassa della formazione di Giusva Fioravanti e Massimo Carminati: dal casellario giudiziario risulta una condanna a suo carico per banda armata e associazione sovversiva. Nel 2006 si è candidato alla Camera nelle liste di Alessandra Mussolini, poi si è schierato con Ignazio La Russa, a cui è ancora politicamente legato. Ma negli ultimi anni è stata soprattutto la sua attività di commercialista, curando le iniziative di aziende meridionali, a renderlo molto ricco. Ed è nel suo studio che approda un trentenne reggino, Bruno Mafrici, ingaggiato come consulente personale da Belsito quando era sottosegretario del ministro Roberto Calderoli: al telefono il giovane dottore in giurisprudenza mostra entrature profonde nella politica calabrese, incluso il governatore Scopelliti, e una fiorente attività anche in società estere.
Le intercettazioni effettuate dalla Dia di Reggio Calabria hanno permesso di ricostruire una lunga catena di affari in cui veniva utilizzata la "cassa" della Lega Nord ma la strategia finanziaria era partorita nello studio di cui è socio Guaglianone. In questo modo in un ufficio a 500 metri dal Duomo di Milano, seduti attorno a una scrivania i calabresi - ognuno dei quali aveva in tasca la tessera della Lega, la collaborazione con un ministro padano, l'iscrizione a una loggia massonica, un passato da estremista di destra e collegamenti con la 'ndrangheta - decidevano dove spostare grossi capitali.
Quanti? E dove sono finiti? E' questo che l'indagine deve accertare, analizzando i pc e l'iPad sequestrati al tesoriere, seguendo la pista delle conversazioni e dei pedinamenti di Belsito e compari attraverso i palazzi del potere: le visite ai ministeri, le entrature nelle aziende statali, le mediazioni private per garantire lucrosi contratti. Quando il tesoriere verde fa affari con Fincantieri, corteggia Finmeccanica o sollecita convenzioni pubbliche agisce in conto proprio o è l'emissario dei suoi sponsor più spregiudicati?
Nel primo rapporto investigativo, la Dia sottolinea anche l'intreccio politico di fondo. Fin troppo simile al modello di quella clonazione meridionale del Carroccio tentata nei primi anni Novanta. Per questo gli investigatori stanno rileggendo una storia solo in apparenza remota, che risale agli albori della seconda Repubblica. Dagli accertamenti infatti emerge che quei movimenti sudisti "stabilirono rapporti con la Lega Nord" favoriti dal fatto che, soprattutto alle origini, vi erano importanti personaggi "legati alla massoneria" nel partito di Bossi. Un pentito di grande attendibilità come il mafioso Leonardo Messina sottolineò il ruolo del professore Gianfranco Miglio, l'ideologo della prima espansione bossiana. In quel periodo ci fu un proliferare di leghe meridionali, sponsorizzate da Licio Gelli, dall'ex esponente di Avanguardia Nazionale Stefano Delle Chiaie, con "l'appoggio fornito da Umberto Bossi alle loro iniziative anche con la diretta partecipazione ad alcune manifestazioni".
L'impronta nera è molto marcata anche a Nord. Fin dalla nascita del movimento, e in particolare all'interno della Liga Veneta, è presente una significativa componente legata agli ambienti dell'eversione neofascista. Risulta, da accertamenti eseguiti dalla Dia, che all'epoca venne candidato nelle liste della Liga Veneta, in alcune consultazioni elettorali, l'avvocato Stefano Menicacci, con un passato di primo piano negli ambienti degli attivisti della destra estrema, legale di Delle Chiaie, ma anche del leader della Liga Franco Rocchetta. Gli inquirenti antimafia che hanno analizzato il passato della Lega Nord, sono giunti alla conclusione che l'avvocato Menicacci è "l'elemento di collegamento principale" fra la Liga Veneta e le iniziative leghiste Centro-meridionali sviluppatesi negli anni Novanta.
"C'è un grande passato nel nostro futuro", gridavano i nostalgici del Ventennio. E ora questo slogan sembra tornare vivo nella mescolanza di politici, affaristi e uomini d'oro che ha già portato alla fine dell'era di Umberto Bossi.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... 2179115//0
di Lirio Abbate
L'indagine sull'ex tesoriere Belsito punta a ricostruire gli strani giri di denaro fra Via Bellerio e i poteri oscuri della Calabria: un mix tra cosche della 'ndrangheta, massoneria ed estremisti di destra
(20 aprile 2012)
Il tesoriere della Lega e l'ex cassiere dei terroristi neofascisti: una connection da brivido che emerge dagli atti dei magistrati. Non l'unica, perché tutta l'indagine condotta dalla procura antimafia di Reggio Calabria sugli affari spericolati del Carroccio mostra un incredibile filo nero che corre lungo tutta la Penisola, intrecciando massoneria, 'ndrangheta, eversione fino ad arrivare a casa Bossi: il tradimento di tutti gli slogan dell'orgoglio padano, quasi uno sfregio per l'identità legalitaria lumbard.
Un'inchiesta solo apparentemente sorprendente: vent'anni fa, nel momento di massima crisi della prima Repubblica, lo stesso disegno venne tentato da fratellanze deviate, estremisti di destra e padrini per replicare a Sud il partito lumbard di Umberto Bossi. Oggi a muoversi su quel solco è stato Francesco Belsito, che si autodefiniva "il tesoriere più pazzo del mondo": è nato a Genova, ma da una famiglia di immigrati che ha mantenuto radici forti tra Pizzo Calabro e Vibo Valentia.
In quella zona hanno sede le logge più potenti del Meridione, capaci di mobilitare i fratelli in ogni parte del pianeta e metterli "a disposizione" degli altri iscritti. Una vocazione massonica che - stando agli investigatori - avrebbe trovato adepti anche nelle file della Lega. Così Belsito entra in contatto con un altro calabrese residente a Genova: Romolo Girardelli, detto "l'ammiraglio", con una militanza di estrema destra e considerato dagli inquirenti vicino alla potente cosca De Stefano. Dall'intesa tra i due si apre un canale che sarebbe servito per ripulire grosse somme di provenienza oscura: soldi da far transitare attraverso le casse della Lega.
Sull'origine di questi fondi ora indaga il pm Giuseppe Lombardo, che sta facendo analizzare migliaia di ore di intercettazioni per ricostruire la rotta del denaro e i suoi sbocchi. A partire da uno studio del centro di Milano, proprio accanto a piazza San Babila, dove ha sede la Mgim srl: una sigla di cui è socio Pasquale Guaglianone, altro calabrese trapiantato a Nord con una storia personale tutta a destra.
In gioventù è stato un membro dei Nuclei armati rivoluzionari, Nar, gestendo la cassa della formazione di Giusva Fioravanti e Massimo Carminati: dal casellario giudiziario risulta una condanna a suo carico per banda armata e associazione sovversiva. Nel 2006 si è candidato alla Camera nelle liste di Alessandra Mussolini, poi si è schierato con Ignazio La Russa, a cui è ancora politicamente legato. Ma negli ultimi anni è stata soprattutto la sua attività di commercialista, curando le iniziative di aziende meridionali, a renderlo molto ricco. Ed è nel suo studio che approda un trentenne reggino, Bruno Mafrici, ingaggiato come consulente personale da Belsito quando era sottosegretario del ministro Roberto Calderoli: al telefono il giovane dottore in giurisprudenza mostra entrature profonde nella politica calabrese, incluso il governatore Scopelliti, e una fiorente attività anche in società estere.
Le intercettazioni effettuate dalla Dia di Reggio Calabria hanno permesso di ricostruire una lunga catena di affari in cui veniva utilizzata la "cassa" della Lega Nord ma la strategia finanziaria era partorita nello studio di cui è socio Guaglianone. In questo modo in un ufficio a 500 metri dal Duomo di Milano, seduti attorno a una scrivania i calabresi - ognuno dei quali aveva in tasca la tessera della Lega, la collaborazione con un ministro padano, l'iscrizione a una loggia massonica, un passato da estremista di destra e collegamenti con la 'ndrangheta - decidevano dove spostare grossi capitali.
Quanti? E dove sono finiti? E' questo che l'indagine deve accertare, analizzando i pc e l'iPad sequestrati al tesoriere, seguendo la pista delle conversazioni e dei pedinamenti di Belsito e compari attraverso i palazzi del potere: le visite ai ministeri, le entrature nelle aziende statali, le mediazioni private per garantire lucrosi contratti. Quando il tesoriere verde fa affari con Fincantieri, corteggia Finmeccanica o sollecita convenzioni pubbliche agisce in conto proprio o è l'emissario dei suoi sponsor più spregiudicati?
Nel primo rapporto investigativo, la Dia sottolinea anche l'intreccio politico di fondo. Fin troppo simile al modello di quella clonazione meridionale del Carroccio tentata nei primi anni Novanta. Per questo gli investigatori stanno rileggendo una storia solo in apparenza remota, che risale agli albori della seconda Repubblica. Dagli accertamenti infatti emerge che quei movimenti sudisti "stabilirono rapporti con la Lega Nord" favoriti dal fatto che, soprattutto alle origini, vi erano importanti personaggi "legati alla massoneria" nel partito di Bossi. Un pentito di grande attendibilità come il mafioso Leonardo Messina sottolineò il ruolo del professore Gianfranco Miglio, l'ideologo della prima espansione bossiana. In quel periodo ci fu un proliferare di leghe meridionali, sponsorizzate da Licio Gelli, dall'ex esponente di Avanguardia Nazionale Stefano Delle Chiaie, con "l'appoggio fornito da Umberto Bossi alle loro iniziative anche con la diretta partecipazione ad alcune manifestazioni".
L'impronta nera è molto marcata anche a Nord. Fin dalla nascita del movimento, e in particolare all'interno della Liga Veneta, è presente una significativa componente legata agli ambienti dell'eversione neofascista. Risulta, da accertamenti eseguiti dalla Dia, che all'epoca venne candidato nelle liste della Liga Veneta, in alcune consultazioni elettorali, l'avvocato Stefano Menicacci, con un passato di primo piano negli ambienti degli attivisti della destra estrema, legale di Delle Chiaie, ma anche del leader della Liga Franco Rocchetta. Gli inquirenti antimafia che hanno analizzato il passato della Lega Nord, sono giunti alla conclusione che l'avvocato Menicacci è "l'elemento di collegamento principale" fra la Liga Veneta e le iniziative leghiste Centro-meridionali sviluppatesi negli anni Novanta.
"C'è un grande passato nel nostro futuro", gridavano i nostalgici del Ventennio. E ora questo slogan sembra tornare vivo nella mescolanza di politici, affaristi e uomini d'oro che ha già portato alla fine dell'era di Umberto Bossi.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... 2179115//0
Re: La Lega...? Gli ultimi ladri di una lunga serie...
«L' uomo di Finmeccanica? Vicino a Udc e Democratici»
Maroni: non l' ho designato io. Bossi: è tutto preparato
MILANO - Il Carroccio si ribella: «Il coinvolgimento della Lega nell' affaire Finmeccanica, semplicemente, non esiste. Anzi, io non credo proprio che esista un affaire Finmeccanica». Parola di Roberto Maroni. Mentre Umberto Bossi torna alle inchieste sull' ex tesoriere Francesco Belsito e ribadisce la sua convinzione: «Era tutto preparato. Dite di no? Mah... Basta vedere. Tre procure insieme, non si era mai visto. Napoli, Reggio Calabria, Milano si mettono insieme per vedere le cose dentro la Lega. Figurati un po' ». Il presidente padano si scalda: «Evidentemente qualcosa non quadra... oppure è un Paese di merda. Paese in cui a Reggio Calabria avanzano il tempo di pensare alle beghe della Lega, con tutta la mafia che hanno. Questa roba puzza...». Roberto Maroni, ieri mattina, leggendo i giornali ha fatto un balzo sulla sedia. Tutti i giornali parlano di «tangenti alla Lega» in relazione alla vicenda Finmeccanica. Lui, il neo triumviro, in più di un' occasione aveva detto di «non credere ai complotti». Semmai, il problema era ed è la stampa: «Qui abbiamo un tizio (l' ex responsabile della comunicazione di Finmeccanica Lorenzo Borgogni, ndr) che sostiene di aver sentito dire che è stata pagata una tangente per i partiti. "Anche per la Lega?" gli chiedono, e lui conferma. Per i giornali, diventa la tangente della Lega. Ma perché?». Di più. In mattinata, raccontano gli amici dell' ex ministro dell' Interno, Maroni era anche indignato per i tentativi di tirare il suo nome in vicende tutte da verificare: «Adesso - avrebbe confidato - sembra che Orsi lo abbia designato io. Noi eravamo d' accordo, certo: era un esponente del nostro territorio che andava alla testa di una multinazionale. Ma non dimentichiamo che lui è sempre stato assai più vicino a Casini e all' Udc. Per tacer di Bersani, piacentino come lui e suo buon amico». Inoltre, Orsi era «all' interno di una terna, tutta interna al gruppo, da cui poi è stato scelto dal ministro all' Economia». Maroni, a sentire chi gli è vicino, resta in ogni caso assolutamente «convinto dell' estraneità di Orsi a quanto gli viene contestato. Tutto è basato su quanto afferma uno che proprio da Orsi è stato cacciato». Eppure, quel che fa storcere il naso all' ex ministro - che ieri avrebbe sentito per telefono lo stesso Orsi - è il tentativo di accostarlo a vicende in cui non c' entra: «Dicono che le nostre famiglie si frequentano - avrebbe detto -, alludono a chi sa quali relazioni. La verità è che io Orsi non l' ho mai incontrato neppure al ristorante, ma soltanto in occasioni aziendali». Peraltro, come ha ricordato ieri sera a Como Umberto Bossi, chi nella Lega si occupava di nomine e designazioni era Roberto Giorgetti, il segretario uscente della Lega lombarda. Uomo, secondo Bossi, lontanissimo da «tangenti e cose del genere. Io non penso proprio che ci siano state tangenti. Lì, di solito, lavorava Giorgetti, che è un pretino. Di lui sono ultrasicuro. Se gli avessero dato delle tangenti, lui gliele riportava indietro». Un riferimento al rifiuto di denaro offerto a suo tempo dal patron della Banca popolare di Lodi Gianpiero Fiorani. Il nome di Giorgetti già nel luglio scorso era apparso sulla stampa quale referente del Carroccio nelle designazioni in Finmeccanica. E intanto, Umberto Bossi sta meditando qualcosa. Un ritorno all' indipendentismo, sia pure in forma diversa dalla secessione lanciata nel 1996. A chi gli chiedeva delle politiche 2013 («Non si è mai votato ad ottobre, però vediamo, non dico niente in questo momento...») ha risposto duro: «Per la lega è stato un errore andare a Roma». E poi, con convinzione: «Spero sempre che nessuno vada più a fare il deputato a Roma, compreso me». E dunque, quel che Bossi annuncia è «la guerra, la battaglia per la libertà del Nord che, dopo tanti anni di Italia e di Roma, ne ha piene le scatole e vuole l' indipendenza». È assai probabile che di questi argomenti Bossi parlerà il Primo maggio, data per la quale è stato fissato un «Lega unita day» a Zanica, nella Bergamasca. Bossi all' evento ha accennato ieri: «La Lega aveva un grosso difetto, si era divisa: mai dividersi in battaglia perché lo Stato si infila dentro». E, appunto, c' è chi è pronto a scommettere che il discorso di Bossi riguarderà l' indipendenza, rilanciata anche dalla Padania oggi in edicola. Resta da capire quanto il capo in pectore Roberto Maroni possa apprezzare un programma neo secessionista. RIPRODUZIONE RISERVATA
Cremonesi Marco
Pagina 004.005
(25 aprile 2012) - Corriere della Sera
Maroni: non l' ho designato io. Bossi: è tutto preparato
MILANO - Il Carroccio si ribella: «Il coinvolgimento della Lega nell' affaire Finmeccanica, semplicemente, non esiste. Anzi, io non credo proprio che esista un affaire Finmeccanica». Parola di Roberto Maroni. Mentre Umberto Bossi torna alle inchieste sull' ex tesoriere Francesco Belsito e ribadisce la sua convinzione: «Era tutto preparato. Dite di no? Mah... Basta vedere. Tre procure insieme, non si era mai visto. Napoli, Reggio Calabria, Milano si mettono insieme per vedere le cose dentro la Lega. Figurati un po' ». Il presidente padano si scalda: «Evidentemente qualcosa non quadra... oppure è un Paese di merda. Paese in cui a Reggio Calabria avanzano il tempo di pensare alle beghe della Lega, con tutta la mafia che hanno. Questa roba puzza...». Roberto Maroni, ieri mattina, leggendo i giornali ha fatto un balzo sulla sedia. Tutti i giornali parlano di «tangenti alla Lega» in relazione alla vicenda Finmeccanica. Lui, il neo triumviro, in più di un' occasione aveva detto di «non credere ai complotti». Semmai, il problema era ed è la stampa: «Qui abbiamo un tizio (l' ex responsabile della comunicazione di Finmeccanica Lorenzo Borgogni, ndr) che sostiene di aver sentito dire che è stata pagata una tangente per i partiti. "Anche per la Lega?" gli chiedono, e lui conferma. Per i giornali, diventa la tangente della Lega. Ma perché?». Di più. In mattinata, raccontano gli amici dell' ex ministro dell' Interno, Maroni era anche indignato per i tentativi di tirare il suo nome in vicende tutte da verificare: «Adesso - avrebbe confidato - sembra che Orsi lo abbia designato io. Noi eravamo d' accordo, certo: era un esponente del nostro territorio che andava alla testa di una multinazionale. Ma non dimentichiamo che lui è sempre stato assai più vicino a Casini e all' Udc. Per tacer di Bersani, piacentino come lui e suo buon amico». Inoltre, Orsi era «all' interno di una terna, tutta interna al gruppo, da cui poi è stato scelto dal ministro all' Economia». Maroni, a sentire chi gli è vicino, resta in ogni caso assolutamente «convinto dell' estraneità di Orsi a quanto gli viene contestato. Tutto è basato su quanto afferma uno che proprio da Orsi è stato cacciato». Eppure, quel che fa storcere il naso all' ex ministro - che ieri avrebbe sentito per telefono lo stesso Orsi - è il tentativo di accostarlo a vicende in cui non c' entra: «Dicono che le nostre famiglie si frequentano - avrebbe detto -, alludono a chi sa quali relazioni. La verità è che io Orsi non l' ho mai incontrato neppure al ristorante, ma soltanto in occasioni aziendali». Peraltro, come ha ricordato ieri sera a Como Umberto Bossi, chi nella Lega si occupava di nomine e designazioni era Roberto Giorgetti, il segretario uscente della Lega lombarda. Uomo, secondo Bossi, lontanissimo da «tangenti e cose del genere. Io non penso proprio che ci siano state tangenti. Lì, di solito, lavorava Giorgetti, che è un pretino. Di lui sono ultrasicuro. Se gli avessero dato delle tangenti, lui gliele riportava indietro». Un riferimento al rifiuto di denaro offerto a suo tempo dal patron della Banca popolare di Lodi Gianpiero Fiorani. Il nome di Giorgetti già nel luglio scorso era apparso sulla stampa quale referente del Carroccio nelle designazioni in Finmeccanica. E intanto, Umberto Bossi sta meditando qualcosa. Un ritorno all' indipendentismo, sia pure in forma diversa dalla secessione lanciata nel 1996. A chi gli chiedeva delle politiche 2013 («Non si è mai votato ad ottobre, però vediamo, non dico niente in questo momento...») ha risposto duro: «Per la lega è stato un errore andare a Roma». E poi, con convinzione: «Spero sempre che nessuno vada più a fare il deputato a Roma, compreso me». E dunque, quel che Bossi annuncia è «la guerra, la battaglia per la libertà del Nord che, dopo tanti anni di Italia e di Roma, ne ha piene le scatole e vuole l' indipendenza». È assai probabile che di questi argomenti Bossi parlerà il Primo maggio, data per la quale è stato fissato un «Lega unita day» a Zanica, nella Bergamasca. Bossi all' evento ha accennato ieri: «La Lega aveva un grosso difetto, si era divisa: mai dividersi in battaglia perché lo Stato si infila dentro». E, appunto, c' è chi è pronto a scommettere che il discorso di Bossi riguarderà l' indipendenza, rilanciata anche dalla Padania oggi in edicola. Resta da capire quanto il capo in pectore Roberto Maroni possa apprezzare un programma neo secessionista. RIPRODUZIONE RISERVATA
Cremonesi Marco
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(25 aprile 2012) - Corriere della Sera
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Re: La Lega...? Gli ultimi ladri di una lunga serie...
L'ONOREVOLE VOTÒ PER LA NORMATIVA, POI LA USÒ PER FAR RIENTRARE SOLDI DA SAN MARINO
Scudo fiscale su 400 mila euro
Il leghista Pini sotto inchiesta
La sua operazione di rientro di capitali all'estero finita nel mirino della Banca d'Italia
MILANO - Aveva votato «sì» allo scudo fiscale. Convinto, coerente con le direttive del partito. Oggi, però, si viene a sapere che l'onorevole leghista aveva anche un'altra ragione: un bel gruzzoletto in nero nascosto a San Marino. Gianluca Pini, 39 anni, leader della Lega Nord in Emilia Romagna, è passato molto rapidamente dal voto in Parlamento al bonifico in banca, scudando 400 mila euro precedentemente sottratti al fisco.
La sua operazione (sospetta) è però finita nel mirino dell'Uif-Bankitalia e potrebbe essere legata alle manovre societarie per le quali l'Agenzia delle Entrate lo ha appena denunciato alla Procura della Repubblica di Forlì. Così il leghista autore del discusso emendamento sulla responsabilità civile dei giudici e dell'attacco, in piena bufera Lega, al suo ex capogruppo Marco Reguzzoni («...mi deve giustificare come cavolo sono stati spesi 90 mila euro in un anno con la carta di credito del gruppo») è ora formalmente indagato per appropriazione indebita e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, in concorso con altri non ancora identificati. E la prossima settimana sarà interrogato a Forlì dai pm Sergio Sottani, capo della Procura, e Fabio Di Vizio.
La scudata
Il «nero» regolarizzato e rimpatriato da Pini proveniva dalla banca sammarinese Ibs che li ha bonificati, su ordine del padre dell'onorevole, al conto 100104099 aperto da Pini al Credito di Romagna. I 400 mila euro sono stati subito reinvestiti in obbligazione della banca. Il sospetto che emerge dalle indagini è che in realtà si tratti di un patrimonio sottratto alla Nikenny Corporation, «sobria» denominazione della società di cui Pini è azionista di riferimento con il 40% del capitale. Da qui l'ipotesi di appropriazione indebita. Ma che cosa fa la Nikenny?
La denuncia del fisco
A metà marzo dalla sede di Bologna dell'Agenzia delle Entrate è partita per Forlì una circostanziata denuncia penale contro Pini (che abita a Fusignano e, tra l'altro, ha da poco acquistato la villa dell'ex allenatore Arrigo Sacchi). Il documento ricostruisce la storia della Nikenny, oggi in liquidazione, che ha iscrizioni a ruolo per 2,024 milioni di euro per omessi versamenti di Ires-Irap-Iva e per un accertamento relativo al 2004 (il contenzioso è in Cassazione). Il problema è che l'attività di import di caffè dalla Malesia, cioè il business della società di cui Pini è il principale socio, è stato trasferito a una nuova azienda totalmente in mano all'onorevole: la Golden Choice Europe. In pratica la Nikenny sarebbe stata svuotata da Pini che, secondo uno degli amministratori, avrebbe inviato una raccomandata dichiarando di «togliere a Nikenny il contratto di esclusiva da lui sottoscritto con il fornitore malese», per poi farne l'asset principale della sua nuova società. E così «rendendo difficoltoso - scrive l'Agenzia delle Entrate - il recupero della pretesa erariale». Nikenny, infatti, rischia il fallimento.
Insomma l'onorevole leghista avrebbe ideato «un'architettura operativa - secondo l'Agenzia delle Entrate - per depauperare Nikenny», esposta per 2 milioni con l'Erario, «e trasferire l'operatività a Golden Choice, priva di esposizione debitoria e fiscale».
«Sono parte lesa»
Se è falso Pini lo potrà dimostrare e già ha dichiarato di essere «parte lesa come altri miei soci». Se è vero si configurerebbe una cessione d'azienda (o di ramo d'azienda) dissimulata e dunque Pini sarà corresponsabile del debito con il fisco. Da qui l'invio del rapporto che ipotizza la «sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte». E forse quei 400 mila euro scudati da San Marino erano parte del patrimonio della Nikenny.
È probabile che gli investigatori vogliano approfondire le relazioni con San Marino del padre padrone del Carroccio romagnolo e di altri eventuali indagati. Tra l'altro due anni fa vi fu una strana delibera del Congresso di Stato sammarinese che finanziò con 90 mila euro la stampa leghista per la «creazione di un supporto informativo-mediatico per la Repubblica di San Marino attraverso il quotidiano La Padania e l'emittente tv Telepadania».
Mario Gerevini
27 aprile 2012 | 9:06
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere.it
Scudo fiscale su 400 mila euro
Il leghista Pini sotto inchiesta
La sua operazione di rientro di capitali all'estero finita nel mirino della Banca d'Italia
MILANO - Aveva votato «sì» allo scudo fiscale. Convinto, coerente con le direttive del partito. Oggi, però, si viene a sapere che l'onorevole leghista aveva anche un'altra ragione: un bel gruzzoletto in nero nascosto a San Marino. Gianluca Pini, 39 anni, leader della Lega Nord in Emilia Romagna, è passato molto rapidamente dal voto in Parlamento al bonifico in banca, scudando 400 mila euro precedentemente sottratti al fisco.
La sua operazione (sospetta) è però finita nel mirino dell'Uif-Bankitalia e potrebbe essere legata alle manovre societarie per le quali l'Agenzia delle Entrate lo ha appena denunciato alla Procura della Repubblica di Forlì. Così il leghista autore del discusso emendamento sulla responsabilità civile dei giudici e dell'attacco, in piena bufera Lega, al suo ex capogruppo Marco Reguzzoni («...mi deve giustificare come cavolo sono stati spesi 90 mila euro in un anno con la carta di credito del gruppo») è ora formalmente indagato per appropriazione indebita e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, in concorso con altri non ancora identificati. E la prossima settimana sarà interrogato a Forlì dai pm Sergio Sottani, capo della Procura, e Fabio Di Vizio.
La scudata
Il «nero» regolarizzato e rimpatriato da Pini proveniva dalla banca sammarinese Ibs che li ha bonificati, su ordine del padre dell'onorevole, al conto 100104099 aperto da Pini al Credito di Romagna. I 400 mila euro sono stati subito reinvestiti in obbligazione della banca. Il sospetto che emerge dalle indagini è che in realtà si tratti di un patrimonio sottratto alla Nikenny Corporation, «sobria» denominazione della società di cui Pini è azionista di riferimento con il 40% del capitale. Da qui l'ipotesi di appropriazione indebita. Ma che cosa fa la Nikenny?
La denuncia del fisco
A metà marzo dalla sede di Bologna dell'Agenzia delle Entrate è partita per Forlì una circostanziata denuncia penale contro Pini (che abita a Fusignano e, tra l'altro, ha da poco acquistato la villa dell'ex allenatore Arrigo Sacchi). Il documento ricostruisce la storia della Nikenny, oggi in liquidazione, che ha iscrizioni a ruolo per 2,024 milioni di euro per omessi versamenti di Ires-Irap-Iva e per un accertamento relativo al 2004 (il contenzioso è in Cassazione). Il problema è che l'attività di import di caffè dalla Malesia, cioè il business della società di cui Pini è il principale socio, è stato trasferito a una nuova azienda totalmente in mano all'onorevole: la Golden Choice Europe. In pratica la Nikenny sarebbe stata svuotata da Pini che, secondo uno degli amministratori, avrebbe inviato una raccomandata dichiarando di «togliere a Nikenny il contratto di esclusiva da lui sottoscritto con il fornitore malese», per poi farne l'asset principale della sua nuova società. E così «rendendo difficoltoso - scrive l'Agenzia delle Entrate - il recupero della pretesa erariale». Nikenny, infatti, rischia il fallimento.
Insomma l'onorevole leghista avrebbe ideato «un'architettura operativa - secondo l'Agenzia delle Entrate - per depauperare Nikenny», esposta per 2 milioni con l'Erario, «e trasferire l'operatività a Golden Choice, priva di esposizione debitoria e fiscale».
«Sono parte lesa»
Se è falso Pini lo potrà dimostrare e già ha dichiarato di essere «parte lesa come altri miei soci». Se è vero si configurerebbe una cessione d'azienda (o di ramo d'azienda) dissimulata e dunque Pini sarà corresponsabile del debito con il fisco. Da qui l'invio del rapporto che ipotizza la «sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte». E forse quei 400 mila euro scudati da San Marino erano parte del patrimonio della Nikenny.
È probabile che gli investigatori vogliano approfondire le relazioni con San Marino del padre padrone del Carroccio romagnolo e di altri eventuali indagati. Tra l'altro due anni fa vi fu una strana delibera del Congresso di Stato sammarinese che finanziò con 90 mila euro la stampa leghista per la «creazione di un supporto informativo-mediatico per la Repubblica di San Marino attraverso il quotidiano La Padania e l'emittente tv Telepadania».
Mario Gerevini
27 aprile 2012 | 9:06
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Corriere.it
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Re: La Lega...? Gli ultimi ladri di una lunga serie...
Bossi: «Mai rubato come il Psi, solo usato male i soldi. E io non mollo»
«Ho fatto io la Lega, resto per garantire la continuità ma anche perché se no se la prenderebbero con altri»
POLITICA
Il Senatur a Conegliano: «Grillo non ci fa paura: porta via voti alla sinistra, non a noi»
Licenziato il secondo autista di Bossi «Lega predona a casa nostra». Bossi contestato a Cremona
http://www.corriere.it/politica/12_apri ... 624b.shtml
«Ho fatto io la Lega, resto per garantire la continuità ma anche perché se no se la prenderebbero con altri»
POLITICA
Il Senatur a Conegliano: «Grillo non ci fa paura: porta via voti alla sinistra, non a noi»
Licenziato il secondo autista di Bossi «Lega predona a casa nostra». Bossi contestato a Cremona
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Re: La Lega...? Gli ultimi ladri di una lunga serie...
Bossi uguale a Berlusconi.Due disperati che non vogliono mollare la politica.Anche se ormai contestati da chi li votava.O forse possono contestarli solamente quelli che hanno la tessera del partito che sono una minoranza!
Ciao
Paolo11
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Paolo11
Re: La Lega...? Gli ultimi ladri di una lunga serie...
Bossi: «Mi ricandido al congresso»
Maroni annuncia la rivolta fiscale dei sindaci guerrieri
Maroni e Bossi sorridono sul palco di Zanica (LaPresse)
BERGAMO - I sindaci come guerrieri. Roberto Maroni usa questa immagine e lanciare la protesta fiscale al raduno della «Lega Unita» di Zanica, nella Bergamasca. Dal palco detta la linea, accanto a lui c’è Umberto Bossi che poi prende parola e chiude gli interventi, a dispetto delle previsioni che volevano invece fosse l’ex ministro dell’Interno a parlare per ultimo con quella scansione da scaletta che fra i lumbard individua il peso dei leader. Ancora Bossi, a margine del comizio, risponde a una domanda diretta dei giornalisti: si candiderà o no al congresso federale convocato per la fine di giugno? «Sì, penso di sì. Per forza, per la gente». E aggiunge: «Altrimenti la gente pensa che non siamo uniti. Lo farò se serve a tenere unita la Lega». La notizia viene battuta dalle agenzie e a stretto giro arriva un comunicato di Roberto Castelli: «La Lega ha bisogno di Bossi ancora per molto». Il tema sembra però cadere durante il pranzo a cui lo Stato maggiore presenzia dopo il comizio, con alcuni commenti rilasciati ai cronisti solo alla fine del pomeriggio: «Se Bossi si ricandiderà? Io lo voterò», dice l’europarlamentare Francesco Speroni. Per il vicepresidente della Regione Lombardia Andrea Gibelli «ogni decisione sarà presa dai militanti», mentre il triumviro Roberto Calderoli ai media parla di congressi: «Prima di pensare al federale mi sembra dobbiamo pensare ai nazionali».
OBIETTINO UNITA' - Fra i militanti in sala intanto circola la voce di una presa di posizione più morbida del Senatur («Ha spiegato che la Lega la guideranno lui e Maroni…»), mentre l’ex ministro dell’Interno non torna sul tema con la stampa. Maroni, come lo stesso Bossi, poco prima di fronte ai militanti (un migliaio assiepati sotto il palco nonostante la pioggia, molti di più durante il pranzo «del lavoratore padano» che è seguito) ha molto battuto sul tasto dell’unità che è «il presupposto per vincere ogni battaglia - ha detto l’ex ministro dell’Interno - non diamo ai giornali argomenti per dire che siamo spaccati. Ci sono simpatie e antipatie personali, ma tali devono restare. Lo dobbiamo mettere nello statuto: la Lega è potentissima e indivisibile. Quello che è successo ci ricompatta». E il monito: «Chi cercherà di creare divisioni farà la fine di quelli che hanno preso i soldi. Sarà cacciato. Subito». Della situazione della Lega parla anche Bossi: «Nessuno ha rubato. Abbiamo fatto solo alcuni errori. Ci è caduta una tegola in testa ma correremo più forti di prima». E comunque il Carroccio, a suo dire, è stato «attaccato dal centralismo romano, farabutto e canaglia». Ma il «Lega unita day» (sul palco Bossi, Maroni, i triumviri Calderoli e Dal Lago, i governatori delle Regioni e fra gli altri il capogruppo al Senato Federico Bricolo, dato dai militanti in passato vicino al cerchio magico), è stata anche la giornata dell’obiezione fiscale. È Maroni a dare la ricetta in tre punti: «Aliquota zero sulla prima casa, licenziare Equitalia e, per i sindaci più coraggiosi, intervenire sul patto di stabilità».
Il discorso di Bossi
RIVOLTA FISCALE - Da Calderoli altri dettagli: «Reintrodurre l’Ici è stato un atto criminale. La nostra proposta è dimezzare l'Imu e, attraverso detrazioni, di portarla a zero per la prima casa: si può fare a legislazione vigente». Si attende di capire cosa faranno davvero i sindaci, ma per discuterne i primi cittadini leghisti sono chiamati a raccolta ancora nella Bergamasca, «a Seriate il 25 maggio». «I nostri sindaci sono guerrieri», ribadisce Maroni la cui strategia nasce per «mandare a casa il governo prima dell'estate, ed è importante l'adesione di tutti i Comuni». Non si tratta di incitamento alla rivolta fiscale, ma è un'iniziativa politica, «la più importante negli ultimi mesi da parte del nostro movimento». Il premier Monti dice che è irresponsabile chi invita a non pagare le tasse? «E’ vietata la protesta? Siamo al fascismo? Se siamo a questo punto - chiosa Maroni - mi pare grave ma per fortuna non lo siamo». Dopo la protesta fiscale, è stata la volta della protesta contro la stampa, con qualche tensione fra militanti e i giornalisti che tallonavano i dirigenti leghisti diretti dentro al tendone per il pranzo. Infastiditi, con qualche spintone, i militanti riuniti per il pranzo a Zanica hanno urlato «fuori, fuori» e «venduti, venduti» all'indirizzo di giornalisti, fotografi e cameraman presenti.
Anna Gandolfi
1 maggio 2012 | 18:34
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Maroni annuncia la rivolta fiscale dei sindaci guerrieri
Maroni e Bossi sorridono sul palco di Zanica (LaPresse)
BERGAMO - I sindaci come guerrieri. Roberto Maroni usa questa immagine e lanciare la protesta fiscale al raduno della «Lega Unita» di Zanica, nella Bergamasca. Dal palco detta la linea, accanto a lui c’è Umberto Bossi che poi prende parola e chiude gli interventi, a dispetto delle previsioni che volevano invece fosse l’ex ministro dell’Interno a parlare per ultimo con quella scansione da scaletta che fra i lumbard individua il peso dei leader. Ancora Bossi, a margine del comizio, risponde a una domanda diretta dei giornalisti: si candiderà o no al congresso federale convocato per la fine di giugno? «Sì, penso di sì. Per forza, per la gente». E aggiunge: «Altrimenti la gente pensa che non siamo uniti. Lo farò se serve a tenere unita la Lega». La notizia viene battuta dalle agenzie e a stretto giro arriva un comunicato di Roberto Castelli: «La Lega ha bisogno di Bossi ancora per molto». Il tema sembra però cadere durante il pranzo a cui lo Stato maggiore presenzia dopo il comizio, con alcuni commenti rilasciati ai cronisti solo alla fine del pomeriggio: «Se Bossi si ricandiderà? Io lo voterò», dice l’europarlamentare Francesco Speroni. Per il vicepresidente della Regione Lombardia Andrea Gibelli «ogni decisione sarà presa dai militanti», mentre il triumviro Roberto Calderoli ai media parla di congressi: «Prima di pensare al federale mi sembra dobbiamo pensare ai nazionali».
OBIETTINO UNITA' - Fra i militanti in sala intanto circola la voce di una presa di posizione più morbida del Senatur («Ha spiegato che la Lega la guideranno lui e Maroni…»), mentre l’ex ministro dell’Interno non torna sul tema con la stampa. Maroni, come lo stesso Bossi, poco prima di fronte ai militanti (un migliaio assiepati sotto il palco nonostante la pioggia, molti di più durante il pranzo «del lavoratore padano» che è seguito) ha molto battuto sul tasto dell’unità che è «il presupposto per vincere ogni battaglia - ha detto l’ex ministro dell’Interno - non diamo ai giornali argomenti per dire che siamo spaccati. Ci sono simpatie e antipatie personali, ma tali devono restare. Lo dobbiamo mettere nello statuto: la Lega è potentissima e indivisibile. Quello che è successo ci ricompatta». E il monito: «Chi cercherà di creare divisioni farà la fine di quelli che hanno preso i soldi. Sarà cacciato. Subito». Della situazione della Lega parla anche Bossi: «Nessuno ha rubato. Abbiamo fatto solo alcuni errori. Ci è caduta una tegola in testa ma correremo più forti di prima». E comunque il Carroccio, a suo dire, è stato «attaccato dal centralismo romano, farabutto e canaglia». Ma il «Lega unita day» (sul palco Bossi, Maroni, i triumviri Calderoli e Dal Lago, i governatori delle Regioni e fra gli altri il capogruppo al Senato Federico Bricolo, dato dai militanti in passato vicino al cerchio magico), è stata anche la giornata dell’obiezione fiscale. È Maroni a dare la ricetta in tre punti: «Aliquota zero sulla prima casa, licenziare Equitalia e, per i sindaci più coraggiosi, intervenire sul patto di stabilità».
Il discorso di Bossi
RIVOLTA FISCALE - Da Calderoli altri dettagli: «Reintrodurre l’Ici è stato un atto criminale. La nostra proposta è dimezzare l'Imu e, attraverso detrazioni, di portarla a zero per la prima casa: si può fare a legislazione vigente». Si attende di capire cosa faranno davvero i sindaci, ma per discuterne i primi cittadini leghisti sono chiamati a raccolta ancora nella Bergamasca, «a Seriate il 25 maggio». «I nostri sindaci sono guerrieri», ribadisce Maroni la cui strategia nasce per «mandare a casa il governo prima dell'estate, ed è importante l'adesione di tutti i Comuni». Non si tratta di incitamento alla rivolta fiscale, ma è un'iniziativa politica, «la più importante negli ultimi mesi da parte del nostro movimento». Il premier Monti dice che è irresponsabile chi invita a non pagare le tasse? «E’ vietata la protesta? Siamo al fascismo? Se siamo a questo punto - chiosa Maroni - mi pare grave ma per fortuna non lo siamo». Dopo la protesta fiscale, è stata la volta della protesta contro la stampa, con qualche tensione fra militanti e i giornalisti che tallonavano i dirigenti leghisti diretti dentro al tendone per il pranzo. Infastiditi, con qualche spintone, i militanti riuniti per il pranzo a Zanica hanno urlato «fuori, fuori» e «venduti, venduti» all'indirizzo di giornalisti, fotografi e cameraman presenti.
Anna Gandolfi
1 maggio 2012 | 18:34
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Re: La Lega...? Gli ultimi ladri di una lunga serie...
Bossi si ricandida ha detto.Forse potrebbe candidarsi la moglie visto che chi comanda è lei oggi.
Avete visto L'infedele ieri sera Il primo autista del trota licenziato da lui.Aveva carta bianca dalla famiglia di sorvegliarlo come fosse suo figlio.
Ciao
Paolo11
Avete visto L'infedele ieri sera Il primo autista del trota licenziato da lui.Aveva carta bianca dalla famiglia di sorvegliarlo come fosse suo figlio.
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Re: La Lega...? Gli ultimi ladri di una lunga serie...
constatiamo quindi che anche le Trote possono averci la faccia come il c..o ,paolo11 ha scritto:
Bossi si ricandida ha detto.
Forse potrebbe candidarsi la moglie visto che chi comanda è lei oggi.
Avete visto L'infedele ieri sera Il primo autista del trota licenziato da lui.
Aveva carta bianca dalla famiglia di sorvegliarlo come fosse suo figlio.
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Paolo11
e di conseguenza viene confermato il detto:
"il pesce puzza dalla testa".
...che pena...son proprio senza vergogna.
ah...dimenticavo,
dietro questa ri-candidatura ci vedo la regia del solito maniaco di Hardcore,
in modo che poi Bossi ,che è in mano sua eco-no-mi-ca-men-te,possa poi riallacciare l'alleanza tra i merli verdi e i bananas alla prossime politiche.
speriamo solo che i merli verdi della base...non continuino ad essere così merli...ma non ci scommetto.
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