Diario della caduta di un regime.

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UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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ANCHE LA REPUBBLICA DEI BROCCHI STA PER FINIRE



26 NOV 2016 20:52
1. VIOLENTISSIMO ATTACCO DI SANTORO CONTRO L’ANTIRENZISMO DI TRAVAGLIO (SONO SOCI DE “IL FATTO” E DA LUNEDÌ DIVIDERANNO LA STESSA SEDE). SI CANDIDA PER UNA DIREZIONE RAI?



2. ‘’TROVO IMBARAZZANTE CHE TUTTO ‘’IL FATTO’’, FIN DENTRO AI NECROLOGI, SIA SCHIERATO PER IL NO. E' RIDICOLO. TROVO IMBARAZZANTE POSSEDERE DELLE QUOTE DI UN GIORNALE CHE NON HA DUBBI. SE VOGLIONO CONTINUARE COSÌ, IO A CHE SERVO? CHE CI STO A FARE? ANCHE PER LA SALUTE DEL GIORNALE CHE HO CONTRIBUITO A FONDARE, MI AUGURO CHE VINCA IL SÌ"



3. "GRILLO È DESTRA, DESTRA PURA, INSULTO E MANGANELLO. QUANDO VINCE M5S NON SUCCEDE NULLA. ORMAI È UN DATO DI FATTO. GUARDA ROMA. SE CADE RENZI CADE LA SINISTRA"



4. BOTTE ANCHE PER LA MOGLIE DI BRUNETTA: ”I GIOVANI CRIMINALI NAPOLETANI SONO MIGLIORI RISPETTO A UNA BORGHESIA INCAPPUCCIATA, CHE PICCHIA DIETRO L'ANONIMATO DI TWITTER"



Salvatore Merlo per Il Foglio - ESTRATTO INTERVISTA - INTEGRALE SU: http://www.ilfoglio.it/cultura/2016/11/ ... ta-107575/

Sa come risultare scandaloso, come colpire l' intervistatore, afferrarne i fili della curiosità per trascinarlo dove vuole lui. Dunque mi dice che i giovani criminali napoletani del suo film, "Robinù", nei cinema il 6 e 7 dicembre, gli stanno simpatici, li capisce. Ed è un paradosso, certo, una sassata.


"Ammazzano, vogliono arricchirsi velocemente. Ma vedo in loro una sorta di ribellione a un destino che li avrebbe consegnati a un lavoro di pochi euro. Questi criminali non si nascondono, sono migliori rispetto a una borghesia incappucciata, che manganella al riparo, dietro l'anonimato di Twitter".

E probabilmente si riferisce anche al doppio e ingioiellato cognome della signora Tommasa Giovannoni Ottaviani, la moglie di Renato Brunetta, la signora della buona società, con villa a Ravello, che distribuiva patenti di mafiosità agli avversari politici del marito, ma nascosta dietro uno pseudonimo, spacciandosi per una giovanissima militante del Movimento cinque stelle, "un cappuccio come quello dei pentiti della criminalità organizzata", dice lui, in un soffio.


Ed è con lo stesso tono di apparente negligenza che, mentre gli si chiede del referendum, del Sì e del No, Michele Santoro lascia andare anche queste parole taglienti, rivolte a un mondo a lui consanguineo: "Non trovo strano che Marco Travaglio abbia schierato il Fatto a favore del No. Trovo tuttavia imbarazzante che tutto il giornale, fin dentro ai necrologi, sia schierato per il No. In ogni sua riga. E' ridicolo. Trovo imbarazzante possedere delle quote di un giornale senza sfumature, che non ha dubbi, costruito in questo modo.

Ne parleremo, credo, dopo il referendum".

Da quando Antonio Padellaro ha lasciato la direzione, il Fatto è diventato l' organo, l' araldo e il giustiziere pubblico del Movimento cinque stelle? "Se a Marco dici che è diventato l' organo di qualcuno, ti spara", dice lui, con un ridere malizioso negli occhi. "C' è di sicuro una corrispondenza tra lui e il Movimento. Non so quanto organica. Ma c' è". Sono ceffoni, magri ceffoni penetranti.


Insomma vuoi vendere, vuoi uscire dalla proprietà? "Se questo loro modo di fare il giornale è determinato dalla passione momentanea per il No, va bene. Ma se vogliono continuare così, io a che servo? Che ci sto a fare? Guarda, anche per la salute del giornale che ho contribuito a fondare, mi auguro che vinca il Sì".


E allora Michele Santoro parla di Travaglio, del suo amico Travaglio, quasi come di un' anima ordinata e limitata, che tende a ridurre ogni cosa a una scala monodimensionale, modica e accessibile, come fanno i bambini: bello/brutto, buono/cattivo, "ho sempre considerato Marco molto più contemporaneo di me. Più in sintonia con il mondo del 'mi piace' - 'non mi piace', che è la grammatica di internet e di Facebook. Io sono fatto in maniera diversa, sono un dinosauro, sempre pieno di dubbi e di elementi chiaroscurali. Una cosa che agli altri può sembrare ambiguità. Ma non lo è".


E allora la domanda è improrogabile, come lo stupore, un po': tu sei il grande, incontenibile tribuno della televisione italiana! Ma come? Dubbi, chiaroscuri? Tu, tu che della partigianeria, dell' eccesso di partecipazione, emotiva e militante, hai fatto una qualità e un marchio di fabbrica? "Come potrei dire che mi sento irresponsabile per quello che sta succedendo in questo paese?", risponde, senza incresparsi nemmeno un po', ma ritrovando tra i sopraccigli quel lieve solco verticale che è testimonianza di un' intensità ostinata.


"Grillo l' ho riportato io in tivù, è un fenomeno che ho certamente enfatizzato, e quando era proibito farlo, perché immaginavo una rigenerazione della classe dirigente". Ma è un piano inclinato. Si comincia a punzecchiare, a pungere, ma poi dall' ironia si passa al sarcasmo, all' ingiuria, all' assalto. E l' assedio diventa una festa violenta, ogni parola una fucilata a bruciapelo e ogni idea una bomba.


"Per me è ormai indubitabile che il Movimento cinque stelle è destra. Destra pura", sentenzia, con una voce piana, ma serrata.

............


E allora Santoro, uno sguardo indagatore, privo di indulgenza, un viso chiuso come un guscio di mandorla, si guarda intorno, e dice: "Dov' è la palingenesi grillina?".

La visione si condensa e si precisa come in un binocolo messo a fuoco. "La cosa che mi sorprende di più è questa: quando vincono i Cinque stelle non succede nulla. Ormai è un dato di fatto. Guarda Roma". "I Cinque stelle, con Virginia Raggi, hanno vinto a Roma, e sfido chiunque a riconoscere un cambiamento", dice Santoro.


"La cosa più inquietante è che non cambia nulla in questo tran-tran romano, sempre più degradato, e al quale ci siamo abituati. Guarda che alla fine Grillo è potere, è partito, è politica. Solo che finge di non esserlo, nasconde la sua natura, vuole apparire diverso. Ipocrita. Come quando si presenta con i jeans lisi, ma ha la Ferrari in garage e i filippini che rispondono al telefono nella sua villa: 'Il padrone è uscito'. Con questi non puoi avere un dibattito, tu fai domande e loro rispondono con il manganello e l' insulto. E Grillo fa finta di nulla. Rimane nascosto, incappucciato". Pure lui. Come la moglie di Brunetta. "Come un troll di Twitter".

Ed è come se tutto ciò su cui Santoro ha finora planato senza pericolo - Grillo, la denuncia politica, l' avversione per la Casta - gli si profili d' un tratto come un paesaggio irto, tempestoso, inquietante, che forse sarà costretto a ripercorrere palmo a palmo, ma da avversario. "Per me Travaglio, nella mia televisione, è stato un confine, un confine che mi sono dato per essere sicuro che il programma non rinunciasse a una posizione scomoda nei confronti del potere".


Scomoda o aggressiva? "Aggressiva". Faceste vincere Berlusconi, quando nel 2013 venne in studio, a ridosso delle elezioni politiche, qualcuno disse che aveva guadagnato un milione di voti in una sola sera. "Mi sono portato dietro quel trionfo assoluto in termini di ascolti come se fosse stato un disastro. Bersani disse che aveva perso, o meglio 'non vinto', per colpa di Santoro. E' ridicolo. Bersani ha perso pure nel suo paese, a Bettola. Quelle elezioni la sinistra le perse sul fronte grillino, perché le cose, e questo deve cercare di capirlo anche Renzi, stanno così: se la destra non si ripiglia, e resta ridotta a Salvini e Meloni, Grillo è irrefrenabile".


Anche Eugenio Scalfari disse che con Berlusconi sembravate Totò e Peppino, compari nella truffa. "Il film era con Nino Taranto, tanto per cominciare. E poi, se fosse stato un incontro di lotta fasullo non avrebbe funzionato drammaticamente. E invece funzionava. E' stato un crescendo di audience. Su quella trasmissione mi piacerebbe scrivere un libro. Io cominciai con la canzone di Claudio Villa, 'Granada', per dire che quella con Berlusconi non doveva essere una corrida, una ghigliottina. L' intenzione era un confronto civile. Berlusconi era così teso che all' inizio non era nemmeno efficace. Gli feci da massaggiatore. Poi divenne pimpante. Tutto è precipitato nel confronto con Travaglio". Rieccolo.


"Prima Berlusconi era stato contenuto, tenuto nel recinto. Con il pezzo di Marco ci fu la svolta. Io feci un errore tecnico, quello che compie ogni sera Gianluca Semprini a 'Politics'". Cioè? "Mi misi da parte. Lasciai la scena a Travaglio, convinto che il match si decidesse tra loro due. Con me la faccenda avrebbe preso un' altra forma. Ci sarei andato diversamente, avrei scherzato, avrei alleggerito, sarebbe continuata una schermaglia minore e Berlusconi non avrebbe potuto fare quel lunghissimo e stucchevole monologo che tutti ricordano".


E Matteo Renzi è di sinistra? "Credo che la sopravvivenza della sinistra dipenda da Renzi. E' l' unico in campo che riesce a dare qualche calcio al pallone, malgrado io trovi insufficiente il modo in cui affronta l' economia, come un Blair tardivo. E lo trovo lento anche nel saper far svolgere agli strumenti come la Rai la loro funzione di acceleratori dei processi culturali ed economici del paese. Però questo non mi impedisce di vedere quanto siano patetici D' Alema e Bersani quando dicono che se cade Renzi non succede nulla. Se cade Renzi cade la sinistra in questo paese".

Non è che stai cambiando un po' mestiere, oltre ad aver modificato certe idee? Adesso hai fatto un film, ti metti dietro la telecamera, al cinema e in televisione. "Non sto cambiando mestiere. Se guardi le cose che ho fatto, riconoscerai sempre un principio di autorialità".


Hai costruito la trasmissione di Giulia Innocenzi, ma forse non hai eredi, come non li ha Minoli, come Vespa, come... "Che c' entra Vespa?", dice, con un volto chiuso, del quale si è persa la chiave. Vespa è uno dei mostri, in senso buono, della tivù, come te, gli si dice.

"Minoli va bene, ma Vespa... Vespa è un conduttore, Minoli invece è anche un grande autore". Ti sta antipatico Vespa? "Ho stima di Vespa. Ma non ci siamo mai dovuti amare. E non ci siamo mai amati. Trovo che Gad Lerner, semmai, sia più autoriale. Lui riesce a fare trasmissioni, anche particolarmente noiose, insopportabili, ma c' è sempre uno sprazzo di intelligenza. Anche le interviste di Lucia Annunziata mi piacciono, anche più di quelle di Minoli, che sono tambureggianti, pulite, ma non arrivano alla pancia del pubblico, mentre quelle di Lucia hanno un linguaggio 'sporco' e zoppicante che a volte diventa spiazzante per l' intervistato". E queste parole di Santoro ammiccano e danno di gomito, non si capisce se sono complimenti o qualcos' altro.
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NELL'ITALIA DEI BROCCHI, QUESTI ITALIANI DOVREBBERO VOTARE SI???????????????

IL TARANTOLATO PREMIER CHE SENTE LA FINE VICINA E CORRE COME UN DANNATO SU E GIU' PER L'ITALIA FACENDO SOLO GRANDI PROMESSE SCRITTE SULL'ACQUA, PERCHE' NON HAI MAI TENTATO DI RISOLVERE QUESTO PROBLEMA?????????????????????




Italia in crisi, italiani al risparmio: due milioni e mezzo hanno rinunciato alle cure mediche perché non hanno soldi
Italia in crisi, italiani al risparmio: due milioni e mezzo hanno rinunciato alle cure mediche perché non hanno soldi



Società
Mancato accesso alle terapie, difficoltà per i giovani, fenomeno dei suicidi: secondo uno studio dell'Istat la grande recessione economica iniziata nel 2008 provoca ancora i suoi effetti su salute e mortalità. A pagarne le conseguenze peggiori sono le nuove generazioni, anche per il loro futuro
di Luisiana Gaita | 27 novembre 2016
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Più informazioni su: Crisi Finanziaria, Italia, Medici, Medicina, Recessione
Se in Italia la grande depressione degli anni ’20-’30 è passata senza colpo ferire, la grande recessione economica iniziata nel 2008 provoca ancora i suoi effetti su salute e mortalità. Si va dall’accesso alle cure, alle difficoltà per i giovani, fino al fenomeno dei suicidi. Tantissimi gli italiani, infatti, che rinunciano alle cure mediche perché pur avendone bisogno non hanno le risorse economiche per pagarne i costi. Lo ha dimostrato l’indagine Istat del 2013 (su dati 2012-2013 che riguardavano 60mila famiglie): due milioni e mezzo di persone hanno dichiarato di aver rinunciato per motivi economici, un milione e 200mila erano donne, 800mila dai 40 ai 64 anni, proprio nell’età in cui è più necessario fare prevenzione. Ma a pagare di più la crisi sono i giovani: l’11 per cento dei ragazzi sotto i 18 anni vivono in famiglie povere in senso assoluto, il 20 per cento in condizioni di povertà relativa. È quanto è stato evidenziato ieri, da Viviana Egidi ed Elena Demuru, rispettivamente professore ordinario del Dipartimento di Scienze statistiche e dottore di ricerca della Sapienza di Roma. Il loro convegno si è tenuto nell’ambito del ciclo di incontri scientifici sulla società italiana e le grandi crisi economiche in Italia, organizzati in occasione delle celebrazioni per l’anniversario della fondazione dell’Istat.




IL LEGAME TRA SALUTE, MORTALITÀ E BENESSERE ECONOMICO – La salute degli individui e delle popolazioni è strettamente legata al benessere economico, tanto a livello individuale che collettivo. “In anni in cui il tasso di mortalità scendeva molto rapidamente grazie a miglioramenti ambientali e delle condizioni di vita – ha spiegato a ilfattoquotidiano.it la professoressa Viviana Egidi – la grande depressione non ha comportato alcuna conseguenza immediata, al contrario la crisi attuale ha avuto effetti sensibili”. Primo fra tutti un significativo rallentamento della riduzione della mortalità per malattie del sistema circolatorio, che ha agito negativamente sulla mortalità complessiva. “In pratica – spiega la docente – non è che la mortalità stia aumentando, ma ha smesso di diminuire ai ritmi che hanno caratterizzato il periodo antecedente al 2008”. A questo dato si aggiunge il fatto che se in passato le malattie cardiovascolari erano tra le prime cause di decessi insieme a diverse patologie, negli ultimi decenni l’aspettativa di vita è molto aumentata quindi le variazioni nei tassi di mortalità diventano più sensibili a crisi economiche e cambiamenti ambientali. “Basti pensare – spiega la docente – ai decessi registrati nel 2015 a causa del caldo tra gli anziani”.

L’ACCESSO ALLE CURE – Il rapporto Istat 2015 ha evidenziato come il processo di rientro dal debito, cui hanno dovuto far fronte numerose Regioni, associato alla difficile congiuntura economica, ha avuto come conseguenza una riduzione dell’equità nell’accesso alle cure. Al fatto che alcune delle Regioni sotto piano di rientro dal debito non siano riuscite ad assicurare i livelli essenziali di assistenza si aggiunge il fenomeno della rinuncia a prestazioni sanitarie. Secondo il rapporto il 9,5 per cento della popolazione non ha potuto fruire di prestazioni che dovrebbero essere garantite dal servizio sanitario pubblico per motivi economici o per carenze delle strutture di offerta (tempi di attesa troppo lunghi, difficoltà a raggiungere la struttura oppure orari scomodi). “Il problema grave – spiega la docente della Sapienza – è che la rinuncia alle cure può portare a un peggioramento delle patologie con il rischio che i tumori vengano diagnosticati in una fase troppo avanzata della malattia e che si mandi all’aria il lavoro fatto sulle diagnosi precoci”. Sempre in termini di accesso alle cure, durante la crisi le differenze si sono allargate anche sotto questo profilo: “I differenziali territoriali che prima del 2008 si stavano lentamente colmando – aggiunge Viviana Egidi – sono tornati ad ampliarsi”. Il rapporto Istat del 2015 lo evidenzia: nel Nord-ovest si registra la quota più bassa (6,2 per cento) di rinuncia per motivi economici o carenza dell’offerta, mentre nel Mezzogiorno la quota è più che doppia (13,2 per cento).

I SUICIDI – Sebbene non si possa parlare di relazione causale tra crisi e suicidi, c’è una teoria che lega questo tipo di decessi alle condizioni economiche: “Se con la grande depressione tra il 1930 e il 1931 si è registrato un temporaneo aumento di uomini che si sono tolti la vita (parliamo numericamente di 500 suicidi in più) ma già nel ’32 si è tornati ai valori normali, nel periodo recente l’alterazione è diventata più duratura e ha riguardato, sempre uomini, dai 30 ai 74 anni”. Per la docente “non si può parlare di causa-effetto, ma si notano delle associazioni”. In alcuni casi, l’aumento dei suicidi si verifica anche prima che inizi la crisi economica vera e propria. Si tratta dei cosiddetti ‘eventi-sentinella’. Solo di recente, comunque, i numeri si stanno via via tornando alla normalità.

UN’IPOTECA SUL FUTURO – Il convegno si è chiuso con un monito che riguarda le nuove generazioni, quelle che stanno pagando la crisi in modo maggiore. La salute dei giovani peggiora. Il 31 per cento dei ragazzi sotto i 18 anni vivono in condizioni di povertà assoluta o relativa. “Diversi studi – ha concluso la docente – dimostrano che se si vive in condizioni di difficoltà economiche da bambini, si tende a rimanere in quelle stesse condizioni fino alla terza età”. Le condizioni di vita nell’infanzia influenzano gli esiti di mortalità e di salute durante l’intero corso della vita. Le conseguenze? “Se si arriva a 80 anni dopo aver sofferto fin da bambini, si rischia di vanificare tutti gli sforzi che si stanno facendo per garantire ai cittadini di invecchiare in buona salute, una necessità per evitare che il sistema sanitario nazionale non collassi”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11 ... i/3219621/
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LA REPUBBLICA DEI BROCCHI STA TIRANDO GLI ULTIMI



DAY AFTER I 4 scenari post referendum

Che succede dopo il voto?
Cambia tutto, oppure nulla


Le elezioni, l’inciucio, il governo teleguidato:
ecco cosa ci aspetta


IL 5 DICEMBRE
Guida semiseria Che
succede se vince il No? E se
trionfa il Sì? E come influisce
il distacco tra le due posizioni?
Tante le possibilità in campo:
meglio arrivare preparati


»WANDA MARRA
Il presidente-arbitro, alias Sergio Mattarella, aspetta preoccupato i risultati del referendum.

Matteo Renzi, intanto, combatte la sua battaglia: 200 comizi in giro per l’Italia, abbuffata di talk show e propaganda a go gò.

Cisono i milioni e milioni di lettere inviate agli italiani, all’estero e in patria, ci sono le immancabili slide celebrative.

Nel frattempo, i sondaggi non migliorano: il No è ancora avanti.

Renzi, allora, compulsa lo smartphone: messaggi WhatsApp ad amici, collaboratori, nemici, alleati.

Per dettare la linea, chiedere pareri, fare promesse.

Ma le strategie sono come un mazzodi carte che si mescolae si rimescola.

Anche perché i mazzi da cui cercare di estrarre la formula vincente sono quattro.

Che succede dopo il 4 dicembre? Non si tratta di un voto di sfiducia, e dunque Renzi sarà comunque ancora il capo del governo.

E resta in ogni caso il segretario del Pd.

Ma la situazione è più complessa di così.

Anche gli altri si organizzano.

Pronti a battere cassa, persuadere, logorare, incassare.

A seconda dei numeri.

Proviamo qui a fare il grande gioco delle possibilità, elencando prima, però, alcune variabili indipendenti: la realtà che bussa alla porta del Grande Gioco.

Il 5 dicembre, chiunque sia a Palazzo Chigi dovrà affrontare la crisi degli istituti bancari.

C’è la ricapitalizzazione di Mps (5 miliardi) e sullo sfondo quella monstre di Unicredit (13miliardi).

Tra il 7 e l’8 inizia lo show a Siena, ma i mercati ultimamente(eufemismo) non sembrano voler investire nelle banche italiane: il rischio che si arrivi al bail in è concreto.

Vorrebbe dire decine di migliaia di risparmiatori che perdono i loro soldi, nonostante le rassicurazioni del governo.

Si può andare a votare in una situazione del genere?

E, se si può, con quali effetti sul consenso?


Secondo, c’è la manovra da chiudere, in Senato.

Se non bastasse a inizio anno è atteso il giudizio della Commissione europea sui conti italiani: il Bilancio usa troppo deficit e coperture incerte.

In sostanza, non rispetta i parametri Ue.



La Ue ha rimandato il giudizio a dopo il referendum, chiedendo chiarimenti in particolare sulle spese per migranti e terremoto che l’Italia chiede di non contare nel deficit.


Con le elezioni tedesche alle porte, il rischio bocciatura non è trascurabile.


Terzo, va fatta una legge elettorale.

Scenario n. 1: la valanga di No 4 dicembre.

Interno notte. Palazzo Chigi. Renzi aspetta i risultati.

Con lui, lo spin doctor, Filippo Sensi, il factotum onnipresente, Filippo Bellacci, il fotografo ufficiale, Tiberio Barchielli, pronto a lavorare all’immagine necessaria. Dopo le 23, arrivano anche Luca Lotti, MariaElena Boschi e G r a zi a n o Delrio. Con i No in maggioranza schiacciante, il film racconta un Renzi che ammette la sconfitta subito. E sale il prima possibile al Colle per dimettersi. Chi lo conosce bene, lo immagina pronto ad asserragliarsi in una sorta di ritiro da cui far partire la rivincita. Prima mossa: dare le carte per quello che succede dopo le sue dimissioni. Ovvero, sostenere un governo che facciala legge elettorale (promemoria importante: l’Italicumvale soloperla Camera, se la riforma non passa serve una norma per l’elezione dei senatori). In questo scenario, la prospettiva è quella di andare a votare il prima possibile. A Mattarella una crisi politica al buio fa paura. E dunque prova a vedere se Renzi accetta un reincarico: è comunque il segretario del Pd, ovvero del partito di maggioranza. E il capo dello Stato spera di evitare il voto anticipato. Quando ha incontrato il premier, la settimana scorsa, gliel’ha detto chiaro e tondo: sulle elezioni, decide il Quirinale. Renzi ha ribadito la sua: “Non ci sto a vivacchiare”. Tradotto, nessun Renzi bis, che sarebbe più debole del Renzi 1. Pare che in questi ultimi giorni sul premier sia calata una sorta di serenità: la sconfitta è possibile, andrà come deve andare. E poi si riparte. La serenità,però, è un sentimento pericoloso ai tempi del renzismo (chiedere a Enrico Letta). E dunque, Renzipotrebbe trovarsi il partito contro e il Parlamento che non ci sta a farsi sciogliere. Da non sottovalutare, il Pd: distrutto, devastato, dilaniato. Ma anche un partito tradizionalmente pronto a tradire il perdente. Si ricorderà la direzione che, con un voltafaccia clamoroso, diede il via al governo Renzi e di fatto sfiduciòLetta. Ilcongresso dem è fissato per fine 2017,
ma il “ribaltone”che mette il segretario in minoranza è possibile. Se il Pd “m ol l a ” Renzi, l’ipotesi più probabile è un governo che arriva al 2018. Magari a guida Da rio Franceschini, ministro della Cultura, che nelle manovre di Palazzo è maestro, oppure Carlo Calenda, ministro allo Sviluppo economico, che in questi mesi si è guadagnato amicizie e sponsor a livello europeo (proprio nei giorni scorsi, l’Economist, invitava a votare No e metteva sul tavolo l’ipotesi di un governo tecnico). Ecco la variabile A: quella che peraltro il premier agita come spauracchio. Ma all’interno dello spettro di possibilità che si aprirerebbero in caso di dimissioni di Renzi, ne esistono anche altre, alcune decisamente più gradite al premier, ma che necessitano dell’ap pogg io del Pd al premier uscente: a Palazzo Chigi, Renzi vede un uomo fidato, Graziano DelriooPier Carlo Padoan, oggi ministri delle Infrastrutture e dell’Economia. Quest’u ltimo, in particolare, sembra garanzia di continuità. Anche in questo caso, la prospettiva è quella di fare la legge elettorale e andare a votare. A marzo, massimo a giugno. In quest’ottica, Renzi potrebbe avere come alleati i 5Stelle. Luigi Di Maiova dicendo da giorni che se vince il No saliranno al Colle per chiedereelezioni. L’ha chiarito ieri dalla manifestazione di Roma anche Beppe Grillo. Ma, come ha detto Silvio Berlusconi “ci vuole tanto tempo per fare la legge”. Bisogna mettere d’accordo tutti, per
cominciare. E poi, Delrio e Padoan davvero sarebbero pronti a sedersi a Palazzo Chigi, sapendo che Renzi è pronto a bombardarli, il giorno in cui dovesse decidere che gli conviene? Un terzo nome, nello scenario della vittoria schiacciante del No è quello di Pietro Grasso, il presidente del Senato, che il premier vede come “debole” e peraltro neanche dei suoi. Quindi, più facilmente disarcionabile. Scenario n. 2: il No avanti di un soffio L’inizio del film, nella notte diPalazzoChigi, èlostesso. Così come la rapidità da parte di Renzi nell’ammettere la sconfitta. L'espressione e le parole, però, sono più responsabili. Il discorso è tutto un appello al rispetto del voto degli italiani. Anche la posizione di Mattarella è la stessa: evitare il voto, rimandare il premier alle Camere. Ma in questo caso lo fa con più determinazione: “La sconfitta è di misura, il Paese ha bisogno di un governo e di una legge elettorale. Pensaci tu”, dirà al premier. Nel frattempo, in Parlamento le truppe si contano. Dal Pd a ForzaItalia valutanocheun Renzi indebolito è una garanzia. Il premier è convinto che il reincarico è un errore. Vuol dire farsi cuocere a fuoco lento. E poi, pensa che i Sì possano tramutarsi in voti per lui alle Politiche. Se con il 48 per cento il referendum è perso, gli stessi voti sarebbero tantissimi alle politiche. Ma in questo caso, sono (quasi) tutti pronti a pregar lo: di restare. Hanno già cominciato a farlo A ng e l i n o AlfanoeSilvio Berlusconi, ma anchePier LuigiBersani eMario Monti. Franceschini sta dicendo a tutti quelli disposti ad ascoltarlo che mettere in gioco il governo è stato un errore gravissimo. Il Cavaliere è pronto a un Nazareno bis, a una grande coalizione che arrivi al 2018. Gliazionisti dimaggioranza del Pd, come il Guardasigilli, Andrea Orlando, cercheranno di convincerlo a rimanere. Resisterà Renzi alla tentazione, sapendo che uscire da Palazzo Chigi può voler dire non tornarci mai? E poi, quanto può durare il Renzi bis? Davvero tre mesi per fare la legge elettorale e poi voto? Molto dipenderà dai gruppi parlamentari, che a quel punto si faranno i conti, molto dallo scenario intorno. Da notare, che ci sono due date cerchiate nell’agenda del pokerista Matteo: le nomine ai vertici delle società partecipate che il governo deve fare ad aprile (tanto potere,vero) eil G7a Taormina a maggio, che il governo ha organizzato e al quale Renzi vorrebbe molto essere presente. Scenario n. 3: il Sì vince di misura Lascenache iniziaconl’i nterno notte a Palazzo Chigi in questo caso si sviluppa con un’apparizione di Renzi per un breve messaggio agli italiani (lo ha già fatto con il referendum fallito sulle trivelle, nell’aprile scorso). Bandiera italiana ed europeaallespalle, ilpremieresordisce ringraziando gli italiani e promettendo rispetto per quelli che hanno votato No. Ma un attimo dopo comincerà a lavorare per le elezioni e il regolamento di conti. In Europa sono preoccupati per questo: temono che Renzi decida di votare, certo di vincere, e consegni il Paese ai Cinque Stelle (in questo caso, ricordiamolo, l’Italicum è la legge elettorale vigente e prevede il ball ot t ag g io : nella sfidauno a uno, finora, il Movimento ha di mo st ra to di vincere sempre). A Bruxelles e dintorni, i grillini sono considerati il male assoluto. Ma Renzi ha una alternativa, chetra l’a ltroha giàpromesso allaminoranza del suo partito: riscrivere la legge elettorale. Via il ballottaggio, premio di governabilità alla coalizione e non alla lista, come vogliono Berlusconi e Alfano. La strada per la grande coalizionein eterno.E seMattarella è contrario? A Renzi, basta far provocareun incidente in Senato. Oppure, se non vuole rischiare, il Renzi che ha vinto (ma non troppo) può tentare la strada del rimpasto di governo. Via Beatrice Lorenzin alla SaSa
nità, entra come “tec nic o” unuomodi fiduciadiDenis Ve rdi ni. Via anche Ste fania Giannini eMari anna Madiada ScuolaePubblica amministrazione (a entrambe Renzi attribuisce errori madornali). Finedel Pd,tra epurazioni dall’altoe ribelli in uscita a formare un altro partito. E se l’Europa gli fa portare a casa per l’anno prossimo una legge di Bilancio pre-elettorale, arrivo a fine legislatura, nel 2018. Scenario n. 4: il trionfo del Sì Nella notte a Palazzo Chigi, Renzi è entusiasta. Inaspettatamente, l’Italia gli ha ribadito piena fiducia. Conferenza stampa nella notte. Tentativo di sobrietà. Ma le frecciatine all’“ acco zzaglia”perdente non si contano, insieme alla celebrazione della morte dei sondaggisti e alle promesse sull’Italia che “cambia verso”. Gli scenari, però, sono gli stessi che nel caso di una vittoria non schiacciante. Se vince molto bene, Renzi avrà tutta l’i ntenzione di andare alle elezioni e di capitalizzare il consenso il prima possibile. Ha promesso comunque di cambiare l’Italicum, ma a quel punto chissà. D’altra parte, molti gli presenteranno il conto e gli chiederanno di mantenere le promesse fatte. Nello stesso tempo, potrà annientare il Pd come lo conosciamo e regolare i conti dentro e fuori la politica. Chi era mezzo sceso dal carro, risalirà. E altri arriveranno. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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SERGIO RIZZO
LA REPUBBLICA
DEI BROCCHI

IL DECLINO DELLA CLASSE
DIRIGENTE ITALIANA




“Non c’è stata nessuna presa della Ba-
stiglia, niente di comparabile con l’incen-
dio del Reichstag e l’incrociatore Auro-
ra non ha ancora sparato nessun colpo
di cannone. Tuttavia l’assalto è stato
già lanciato ed è stato coronato dal
successo: i mediocri hanno preso il po-
tere”

ALAIN DENEAULT. La Mediocritie
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SEMPRE PIU' DIFFICILE


“La base non vuole più Salvini come segretario”
Umberto Bossi chiede congresso della Lega Nord

“Basta con questo partito nazionale. Lui ha i voti? Non servono a niente se non sai per che cosa li prendi”
Politica
Il Senatùr(ciaparat-ndt) torna nell’arena dopo anni di silenzio. Con una zampata contro Matteo Salvini che certo non lascia indifferente la platea leghista, soprattutto quella della prima ora. “Rischia di cambiare la Lega? No, rischia di cambiare il segretario, la base non vuole più Salvini, non vuole più uno che ogni giorno parla di un partito nazionale. Ai nostri, soprattutto in Lombardia e Veneto, non frega niente dell’Italia”
UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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LA MACINA DELLA STORIA CONTINUA A GIRARE ADEMPIENDO AL SUO LAVORO.

UN PERIODO STORICO STA PER ESSERE CANCELLATO.

L'AMICO PANCHO HA LANCIATO IL SASSO NELLO STAGNO E POI SI E' VOLATILIZZATO.


HA SCRITTO PANCHO:

La domanda anche questa volta mi viene spontanea:
Che vogliamo fare di questo forum?
Vogliamo allargare la discussione o ci basta raccontarcela fra di noi che non e' del tutto da scartare ma pero non potra mai dare i frutti che il nostro forum ci era dato come obiettivi.
Apro la discussione che dovrebbe essere franca e sincera


GLI EVENTI STANNO MUTANDO LA STORIA DI QUESTO PAESE, ED IL FORUM DIVENTA UN MEZZO PER CONFRONTARE LE NOSTRE OPINIONI.

IN BALLO NON C'E PIU' LA FUNZIONALITA' O MENO DI QUESTO FORUM, MA LA NOSTRA SOPRAVVIVENZA ALL'INTERNO DEL QUADRO STORICO CHE CAMBIA.

IN QUESTI GIORNI RAPIDAMENTE.

ASPETTIAMO QUINDI CON PAZIENZA CHE PANCHO TORNI A DISCUTERE DI POLITICA E SOCIETA'.

OVVIAMENTE, IL CONFRONTO E' APERTO A TUTTI, ANCHE A COLORO CHE FINO ADESSO SI SONO LIMITATI A LEGGERE.

LA DEMOCRAZIA E' MORTA NEL NOSTRO PAESE, MA NOI CONTINUIAMO A CREDERCI E FARLA RIVIVERE, PER QUANTO POSSIBILE, ALL'INTERNO DI QUESTO FORUM.

UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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LIBRE, PUBBLICA OGGI UN PARTICOLARE ARTICOLO DELL'AVVOCATO GIANFRANCO CARPEORO, GIA' GRAN MAESTRO DEL GRANDE ORIENTE DEMOCRATICO


Serve una rivoluzione: non pagare le tasse, non votare più
Scritto il 27/11/16 • nella Categoria: idee Condividi



Renzi è spacciato, perché ormai è solo.

E’ completamente isolato, perché nessuno si fida più di lui: «Persino tra gangster, lo sgarro è un’infrazione grave.


E Renzi non ha mai mantenuto la parola data.



Lo stesso Napolitano, suo garante internazionale, non se l’è sentita di fargli da garante massonico: in massoneria, Renzi non lo fanno entrare.





E il suo isolamento è ormai percepito da tutti».



Questo, politicamente, fa di lui un “morto che cammina”, comunque vada il referendum: «Anche se dovesse vincere, cosa improbabile, resterà solo.




E se sei isolato, dove vai?».





Così l’avvocato Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, in diretta streaming con Fabio Frabetti di “Border Nights” a una settimana dal voto che rischia di rivelarsi un referendum su Renzi, anziché sul futuro dell’Italia, in ogni caso vincolata ai diktat di Bruxelles.


Per Carpeoro, non cambierà niente: «L’unico modo per non accettare cosa dice l’Europa è prendere una posizione eversiva e rivoluzionaria».


Ovvero: «Non pagare più le tasse per un anno, non andare più a votare in massa, mettendo questi politici nudi di fronte alle loro responsabilità».





Carpeoro esprime un giudizio nettissimo: il referendum è solo «lo strumento per fare fuori Renzi, anche se questo non è nemmeno onestamente dichiarato».





Ma un sostituto già pronto «ancora non c’è, nemmeno il grillino Di Maio».


E che c’entra, tutto questo, con l’avvenire del paese? «Nulla.


Gli italiani si riempiono la bocca della Costituzione, della democrazia.





Ma, se vai a vedere la sostanza, in Italia già da anni non c’è democrazia».





Si dice che se vincesse il Sì saremmo costretti a subire la “dittatura” dell’Ue?

«Ma perché, negli ultimi dieci anni cosa è successo, col vecchio sistema?».




L’Italia bicamerale ha sottoscritto al 100% tutte le volontà dell’Unione Europea.

Per questo, Carpeoro scommette che il voto del 4 dicembre non cambierà assolutamente niente: al limite, accelererà la fine politica di Renzi – irrilevante, per la comunità nazionale, vista l’assenza di vere alternative politiche.




L’unico piano-B davvero democratico?


Una scelta «eversiva e rivolzionaria», di ribellione sistemica.





«E le posizioni eversive e rivoluzionarie non c’entrano nulla con le leggi.



Quando uno deve fare eversione e rivoluzione, non si può preoccupare di che legge elettorale ha, o di com’è fatta la Costituzione – tanto, comunque, uno Stato che fa una rivoluzione, la Costituzione poi se la cambia».






Certo, «le rivoluzioni possono essere violente, delicate o dalle tinte forti – e io sono contro la violenza», sottolinea Carpeoro.






Ma, aggiunge, «penso che gli italiani possano dare uno scossone forte a questo sistema solo con atti realmente rivoluzionari», come appunto il boicottaggio fiscale dimostrativo e l’astensionismo di massa dichiarato.




«Io sono su questa posizione, una posizione che metta gravemente in discussione l’equilibrio, il futuro e le capacità dell’Italia.



Evitiamo i pannicelli caldi, il dire “resta la vecchia Costituzione, o arriva quella nuova”: cosa vuoi che cambi?».


Non è stata certo la Costituzione vigente a mettere l’Italia al riparo dal massacro sociale dell’austerity indotta dall’Ue e dall’Eurozona.


Dunque, perché insistere su temi come «il bicameralismo perfetto o imperfetto, la nomina dei senatori?».


Una presa di posizione estremanente esplicita: «Basta, non voglio essere coinvolto in questa pantomima che serve solo per capire chi si siede sulla sedia più bella», conclude Carpeoro.


«Basta, l’Italia politica di questo tipo è finita. Poi magari la gente ne prenderà atto tra dieci anni, ma è già finita adesso».
UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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I TERMINI DIALETTALI DI DIALETTANDO.COM:


Traduzione della parola italiana "Confusione, caos"

Calabria
Confusione, caos: Bbaraunda, confusioni

Campania
confusione/lupanare: casino

Emilia Romagna
confusione, casino: casein, regò, tragatéet

Friuli Venezia Giulia
confusione: desìo

Lombardia
confusione: bàitu, baraùnda, can-can, cincèl, confusioni, Diauléri, rebellòtt, rebelòt

Puglia
confusione: ammujine, mara'sm

Toscana
confusione, disordine: RATTUTAGLIA

Trentino Alto Adige
confusione: degheio

Umbria
confusione generata da molte persone: farzumajerìa, martufaglia (Perugia), pipinara, rattattùju

Veneto
confusione: rebégolo
UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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Noi siamo entrati in un Rebelòt


Per Carpeoro, non cambierà niente: «L’unico modo per non accettare cosa dice l’Europa è prendere una posizione eversiva e rivoluzionaria»


Avreste mai pensato che qualcuno ci proponesse una posizione eversiva e rivoluzionaria???????????????????
UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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Nel gran Rebelòt, oggi si è alzata la voce della Mummia Cinese, uscita dal sarcofago per l'occasione:

5 ore fa 1156
"Al referendum votiamo No
o Renzi sarà il padrone d'Italia"

Luca Romano


Silvio Berlusconi: "Votiamo No al referendum o Renzi sarà padrone d'Italia"
Berlusconi chiama gli elettori alle urne: "Col Sì si mette a rischio la democrazia. Il 4 dicembre tutti al seggio per dire No"


Luca Romano - Dom, 27/11/2016 - 17:04
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Con riforma della Costituzione e legge elettorale, "Renzi si è cucito un abito su misura su di lui e sul Pd.


Che cosa succederebbe? Un unico uomo avrebbe nelle sue mani il Senato, la Camera, potrebbe eleggere il capo dello Stato e i membri della Corte Costituzionale. Sarebbe padrone dell'Italia e degli italiani. Ma questo è contrario alla democrazia". Silvio Berlusconi, ospite a Domenica Live, spiega così le ragioni del No al referendum. Poi il Cav parla anche del dopo-voto: "Spero proprio in un tavolo con tutte le forze del paese per fare una legge elettorale". Poi mette in guardia sull'eventuale nuovo Senato: "Anche se il centrodestra vincesse le elezioni, avremmo un Senato con il 60% dei suoi componenti del Pd. Il Senato ha dei poteri enormi".

A questo punto il Cavaliere ribadisce il suo impegno in politica: "Io ho avuto questo intervento chirurgico e mi è servito molto tempo per riprendermi. Sentivo di non impegnarmi più ma poi è sopravvenuto un senso di responsabilità verso il Paese, verso i cittadini italiani, che negli anni mi hanno dato circa 200 milioni di voti. Sento anche un senso di responsabilità nei confronti dei tanti colleghi che mi hanno seguiro in questi anni. Questo senso di responsabilità mi ha fatto tornare in campo per questo referendum, poi vedremo". Poi Berlusconi chiama gli elettori moderati alle urne: "Bisogna fare uno sforzo e andare a votare No. Questo è un referendum seza quorum e ogni singolo voto pesa. . Chi pensa che restando a casa si favorisce il No si sbaglia. Restando a casa si fa un favore a Renzi. Bisogna andare a votare per un deciso e responsabile No, anche per mandare a casa un Governo che non risolve niente". Infine il Cavaliere si rivolge agli italiani e lancia un augurio particolare: "Spero che tutti possano realizzare i propri sogni in questo momento così difficile".




POTREMMO INTITOLARE QUESTO GIORNO IL RITORNO DEGLI ZOMBI.

4 ore fa 585
Bossi vuole il congresso
"Base è stufa di Salvini"

Franco Grilli


E DULCIS IN FUNDO:

53 minuti fa 139
Ancora allarmismo dalla City:
"Col No falliscono otto banche"

L'ultimo "aiutino" del Financial Times a Renzi
Franco Grilli


L'allarmismo del Financial Times: "Col No falliscono otto banche"
Prosegue l'allarmismo del Financial Times sul fronte del referendum del 4 dicembre. Il quotidiano della City adesso mette nel mirino le banche


Franco Grilli - Dom, 27/11/2016 - 21:27
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Prosegue l'allarmismo del Financial Times sul fronte del referendum del 4 dicembre.


Il quotidiano della City adesso mette nel mirino le banche per convincere gli italiani a votare "Sì". Se vincerà il 'no' al referendum del 4 dicembre, "fino a otto banche italiane in difficoltà saranno a rischio fallimento", scrive il Financial Times online citando fonti ufficiali e bancarie di alto livello.

Secondo il quotidiano della City, le banche a rischio sono otto: "Il Monte dei Paschi di Siena, la terza banca italiana per asset; tre banche di medie dimensioni (Popolare di Vicenza, Veneto Banca e Carige), quattro piccole banche 'salvate' l'anno scorso: Banca Etruria, CariChieti, Banca delle Marche e Cariferrara".

Sempre secondo il Financial Times con la vittoria del No "fallisce il salvataggio di Montepaschi, e crolla la fiducia in generale mettendo in pericolo una soluzione di mercato per le banche in difficoltà italiane".

Un altro dei timori è che le eventuali difficoltà delle otto banche possano "minacciare l'aumento di capitale di 13 miliardi di euro di Unicredit, la prima banca italiana per asset e la sua unica istituzione finanziaria di rilievo, in calendario all'inizio del 2017".
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