Come se ne viene fuori ?

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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paolo11
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da paolo11 »

Una cosa è certa di questi personaggi, che sprecano a man bassa (e Rubano).Hanno avuto un gran mestro questo si chiama Berlusconi.
Ciao
Paolo
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Il Paese allo sbando - 18

Senza via di scampo



Quando le nazioni crollano tutti i punti di riferimento vengono a mancare. Questa settimana è stata la settimana Laziogate, simbolo dello spreco piuttosto volgare e copioso.

Oggi si fa sentire la Chiesa Cattolica

Una bottarella alla credibilità della Chiesa Cattolica l’ha data ieri il cardinal Bagnasco: “Sprechi vergognosi”

Qualificata per guidare la Regione Lazio era certamente Emma Bonino, al di là del fatto di appartenere al Partito radicale.

Ma il Vaticano SpA ha spinto al massimo con la Polverini perché la Bonino avrebbe intralciato gli affari sostanziosi che ha nel Lazio. Oggi in modo del tutto ipocrita Bagnasco s’indigna. C’è poco da indignarsi, “ i bravi figlioli” ce li hanno messi loro.

Di cosa si lamentano il cardinale e confratelli?
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Il Paese allo sbando - 19

Una giornata particolare


Alcuni giornali, ma soprattutto Giulianone Ferrara che tiene a sottolineare su “Il Giornale” che a lui piace far ballare i cretini, fa notare che ieri Grillo ha fatto flop, piazza vuota. Lo fa anche in prima pagina l’Unità, perché vede in Grillo un pericoloso nemico.

Forse per reazione alla piazza vuota, ieri il guru genovese si è spinto un po’ più in là del solito, ha dichiarato per la prima volta la fatidica parola: <<Faremo la rivoluzione>>

Ma in serata la tv offre un altro elemento che può far scattare una rivoluzione. È possibile che al termine di una giornata ai più sia sfuggito per stanchezza e a pronunciarlo è il solito Littorio Feltri in collegamento da Bergamo, la sua città.

Il tema della lunga puntata di ieri di “In onda” è ovviamente quello della giornata, il caso Fiat.

A Vasto ci stava Landini, che si era già precedentemente scontrato con Feltri. Ad un certo punto il giornalista bergamasco, a cui il collega Porro, co-conduttore della trasmissione gli aveva notificato che in precedenza Feltri non era mai stato tenero con Fiat e con Marchionne ( erano i tempi in cui Littorio sosteneva la cara salma impegnata in una guerra personale con casa Fiat, perché l’avvocato nazionale, come la Merkel e Sarcozy avevano una loro opinione personale sul piccoletto di Hardcore e lo aveva sempre tenuto a distanza dal salotto buono dell’imprenditoria italiana), nel chiedersi perché Fiat ha successo negli Usa e in Italia no (visione ristretta e piuttosto ottusa perché anche in Europa e nel resto del mondo Fiat non ha successo, mentre i coreani si) si chiedeva quali fossero le ragioni.

Dopo averne elencate alcune comprese le tasse, il buon Littorio per non litigare oltre con Landini, ha dichiarato che ci sono troppe difficoltà con la produzione e i sindacati. Altrove la mano d’opera costa meno e uno ha tutto il diritto di andare dove crede perché lo scopo primario dell’impresa è il profitto.

Spero che gli italiani dormissero in quel momento, altrimenti un motivo per fare la rivoluzione ci sarebbe.

Feltri ha ancora recentemente precisato che a lui i soldi non dispiacciono affatto. Oggi per la cazzate che scrive prende 700mila euro all’anno.

Per il prode Littorio gli operai possono morire di fame se le fabbriche vanno altrove per disporre del profitto, ma nello stesso tempo, adorando i soldi pretende da anni che comprino i giornali dove scrive per leggere in prevalenza le sua cazzate.

Sono in tanti a pensarla come lui, sono i signori del privilegio. Cerchi Feltri di non tirare troppo la corda sugli squilibri sociali, perché se le cose peggiorano non basterà nascondersi nelle valli bergamasche per sfuggire alla rivolta. E' di buona cultura, si ricordi il 1789 francese.
mariok

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da mariok »

Oggi, per come stanno le cose, lo scontro tra destra e sinistra dovrebbe vertere su queste questioni fondamentali:

Quale Europa e come contribuire a costruirla in concreto.

Quali tagli alla spesa corrente, quali lobby, sacche di privilegi e resistenze corporative colpire.

Come impiegare le risorse recuperate, scegliendo tra investimenti per il futuro dei giovani e assistenzialismo.

E' falso far credere che lo scontro è fra rigore e sviluppo. Lo scontro fra destra e sinistra è su quale rigore e per quale sviluppo.


L'EDITORIALE

Il lingotto è soltanto la punta di un iceberg

di EUGENIO SCALFARI

L'INCONTRO di ieri pomeriggio tra Sergio Marchionne e il premier Mario Monti affiancato dai ministri Passera e Fornero non riguarda soltanto la Fiat.

Rappresenta infatti la punta di un iceberg poiché porta con sé la situazione di tutta l'industria italiana e quindi del lavoro, degli ammortizzatori sociali, della produttività, della fiscalità, della recessione e infine dell'Europa di cui l'Italia è soltanto una regione che non può affrontare e risolvere problemi di questa dimensione se non inquadrandoli nel contesto del continente senza il quale da sola può fare ben poco.

Nessuna delle due parti sedute al tavolo di Palazzo Chigi - a quanto si sa - era sulla difensiva. Ciascuna aveva richieste da porre all'altra, soprattutto il governo perché l'inadempiente in questo caso è la Fiat e non il governo. Fu la Fiat infatti che due anni fa e ancora l'anno scorso aveva lanciato il progetto definito Fabbrica Italia, aveva stanziato 20 miliardi di investimenti, aveva stipulato gli accordi con due dei tre sindacati confederali. Ed è la Fiat che ora ritiene non più agibile quel progetto e gli investimenti che esso comportava. Perché? La risposta di Marchionne riguarda il mutamento in peggio del mercato dell'auto in Europa, ma è una risposta che non risponde a verità, come Passera ha fatto presente nel corso dell'incontro. Già nel 2010 il mercato dell'auto aveva subìto un crollo drammatico delle immatricolazioni di circa 3 milioni di
unità e ulteriori diminuzioni prevedibili e previste.

Ma era stato proprio allora che la Fiat aveva lanciato il suo progetto sottolineando che esso non avrebbe richiesto alcun aiuto da parte dello Stato, salvo quello di prendersi carico della chiusura dello stabilimento di Termini Imerese e delle conseguenze sociali che quella chiusura avrebbe comportato.

All'atto pratico si è visto che la cifra di 20 miliardi (dei quali solo uno e mezzo è stato effettivamente investito) era decisamente sopravvalutata; probabilmente fumo negli occhi per convincere la Cisl e la Uil a rompere con la Cgil-Fiom e a firmare il contratto-tipo; ma questa è una ricerca di intenzioni che non vogliamo fare. Sta di fatto che ora di quella cifra è inutile parlare, almeno fino a quando il mercato dovesse riprendersi con una rapidità e un'intensità sulle quali nessuno scommetterebbe neppure un centesimo.

La Fiat non se ne andrà dall'Italia, se non altro perché l'Italia è la sua unica base in Europa, responsabilità storiche a parte. E l'Europa è tuttora un grande mercato dell'auto anche se fin troppo maturo. Non se ne andrà, ma stavolta chiede aiuti allo Stato (anche se i protagonisti smentiscono di averne parlato). Due soprattutto: la cassa integrazione "in deroga" per alcune migliaia di lavoratori e per la durata di almeno due anni; un accordo tra tutte le case automobilistiche europee, sponsorizzato dai rispettivi governi, per una riduzione della produzione equamente ripartita e per un accordo sui prezzi di vendita che impedisca manovre di "dumping" che modificherebbero le quote di mercato che ciascuna casa detiene.

A queste richieste si aggiungono facilitazioni creditizie connesse a eventuali innovazioni produttive e a ricerche tecnologiche capaci di aumentare la produttività e la competitività.

La richiesta di una sorta di cartello europeo non è stata neppure formulata ufficialmente: è caduta nei colloqui informali perché improponibile. Sulle altre la decisione, probabilmente positiva, verrà dopo il consiglio di amministrazione del Lingotto di ottobre che dovrebbe riconfermare la presenza di tutti gli stabilimenti dell'azienda in Italia e un piano per superare i due anni di pena in attesa dell'uscita dalla recessione.

Se queste prime notizie saranno confermate la punta dell'iceberg sarebbe stata positivamente pilotata ma quello che c'è sotto no.
Sotto la punta emersa, cui si affacciano i casi non meno imponenti dell'Ilva di Taranto e del Sulcis, ci sono 150 tavoli di aziende in chiusura già operativi al ministero dello Sviluppo e molte migliaia di aziende medio-piccole in gravi difficoltà. Gli accordi con la Fiat faranno testo e creeranno un precedente che sarà impossibile ignorare senza determinare una vera e propria ribellione. Ed è questo il problema che si è spalancato dopo l'incontro di ieri.

***
Le dimensioni della crisi industriale sono tali da richiedere soluzioni generali perché è impossibile un approccio caso per caso.
Viene in tal modo al pettine il tema del lavoro, della produttività, dell'occupazione, dei contratti, del precariato, degli ammortizzatori sociali, della fiscalità, delle liberalizzazioni. Insomma delle risorse, perché è puramente illusorio pensar di padroneggiare l'enormità e la complessità di questa crisi con riforme a tasso zero.

Le riforme a tasso zero sono ganascini e placebo, non terapie che agiscono sulle cause e non soltanto sui sintomi.

Alcuni, anzi purtroppo molti, pensano di risolvere la questione con un'imposta patrimoniale sui ricchi. Far piangere i ricchi per consolare i poveri e riportarli sul mercato dei consumi. Una patrimoniale capace di produrre questi effetti eticamente è sacrosanta ma economicamente è impossibile. In un mercato dei capitali aperto come abbiamo in Europa e nel mondo si determinerebbe una fuga di capitali di proporzioni enormi con effetti devastanti sul mercato finanziario e sulla tenuta dell'euro. L'imposta patrimoniale ha un senso se si tratta di un gravame ordinario di piccole dimensioni che, in una futura riforma fiscale, serva di coronamento a imposte proporzionali sulla ricchezza per mantenere un andamento progressivo del sistema nel suo complesso. Ad altro non può servire, salvo che se ne limiti l'applicazione ai patrimoni immobiliari con il risultato di un effetto negativo sul valore e quindi sulla vendita dei predetti immobili. Sarebbe opportuno che di queste cose riflettessero quelle forze politiche che della patrimoniale hanno fatto un mantra che non sta in piedi.

In realtà c'è solo un modo per affrontare il problema del come finanziare le riforme degli ammortizzatori e i nuovi investimenti: il taglio della spesa corrente.

La spesa corrente negli ultimi dieci anni è aumentata al ritmo del 2 per cento l'anno senza procurare alcuna contropartita vantaggiosa allo Stato e all'occupazione. La crescita della spesa è avvenuta perfino in questo ultimo anno con il governo cosiddetto tecnico. Ora è in corso la riqualificazione della spesa (spending review) ma i frutti sono ancora del tutto insufficienti.

Affinché fossero significativi ci vorrebbe un taglio di 40 miliardi, dal quale siamo ancora ben lontani anche perché con quella cifra si impedirebbe un ulteriore aumento senza tuttavia alcuna diminuzione capace di generare nuove risorse.

Il taglio dovrebbe dunque ammontare complessivamente a 50 miliardi e non può certo essere effettuato a carico della spesa sociale, della quale vanno cambiati i meccanismi ma non la dimensione. È possibile? Sì, è possibile, il grasso da tagliare c'è. Non certamente tagli lineari ma mirati. Il ministro Giarda e il commissario Bondi ne hanno individuato alcuni, ma le cifre sono ancora molto limitate e il processo va avanti con eccessiva timidezza e con molti ostacoli frapposti da lobby potenti e da alcuni partiti ad esse legati.

Il vero banco di prova di questo governo nei pochi mesi di vita che gli restano è questo. "Qui si parrà la tua nobilitate". Non solo gli sprechi ma una visione politica deve presiedere a questa operazione che ha come contropartita una riduzione, anch'essa mirata, delle imposte. Un taglio massiccio della spesa corrente potrebbe infatti produrre deflazione se non fosse destinato ad una riduzione, anch'essa mirata, delle imposte.

Quali imposte? Le accise e le imposte sul lavoro e sulle imprese; tante riduzioni di spesa e altrettante riduzioni di imposte, fermo restando il fiscal compact e il pareggio del bilancio previsto.

Questa deve essere la scommessa. Se riuscisse porrà le condizioni del rilancio per la crescita del reddito, sempre che nel frattempo anche lo spread diminuisca e con esso gli interessi e gli oneri del Tesoro sul debito pubblico.

***
Qui si apre il capitolo Europa. Ne abbiamo parlato più volte in queste pagine, ma qualche cosa va aggiunta per aggiornare ad oggi la situazione.

Si dice attendibilmente che Monti abbia suggerito al premier spagnolo di chiedere l'intervento del fondo Esm - e quindi dello scudo anti-spread di Draghi - negoziandone le condizioni. Si vedrà nei prossimi giorni se il suggerimento verrà accolto. A quel punto è probabile che anche lo spread italiano benefici indirettamente dell'intervento della Bce in Spagna oppure, se questo effetto positivo non si verificasse, che Monti chieda anche lui lo scudo anti-spread a condizioni certamente diverse e più leggere di quelle spagnole.

Poiché l'Ue e la Bce chiedono al tempo stesso mantenimento del rigore e riforme per la crescita, un eventuale programma di riduzione della spesa corrente e delle imposte potrebbe essere la contropartita dell'intervento di Draghi sul mercato italiano, insieme alle riforme necessarie per aumentare la produttività.

A questo punto si sarebbero poste le condizioni per il rafforzamento definitivo dell'euro e l'Europa dovrebbe procedere verso l'obiettivo di fondo delle cessioni di sovranità necessarie alla nascita dello Stato federale europeo, non solo nel settore dell'economia, ma anche della politica estera e della difesa.

Processo lungo che proprio per questo deve iniziare quanto prima.

L'Italia potrebbe contribuire efficacemente a quel percorso anche in forza dell'ulteriore credibilità acquisita.
È inutile dire che qui si pone ancora un volta il tema spinosissimo del dopo Monti e quello, altrettanto spinoso, del dopo Napolitano. Su questa questione ho già più volte espresso la mia personale opinione.

Sono convinto che quando un Paese affronta la campagna elettorale, i risultati di essa non possono essere ignorati per la semplice ragione che si insedia un nuovo Parlamento, si formano una nuova maggioranza e un nuovo governo.

Sono tuttavia convinto che le forze politiche che daranno vita a queste novità non potranno, quand'anche lo volessero, rimettere indietro le lancette dell'orologio. Viviamo un'epoca del tutto diversa da quella che l'ha preceduta. Se l'Europa vuole aver voce nel mondo della globalità non può continuare a parlare attraverso le 27 voci degli Stati membri e se l'euro vuole diventare una delle grandi monete mondiali non può esser guidata da 17 Paesi, ciascuno con un proprio fisco e una propria politica economica.
In aprile si voterà per questo o quel partito ma si voterà soprattutto per l'Europa o contro di essa. La legge elettorale è molto importante ma ancor più importante è l'obiettivo che ciascun partito si proporrà di fronte al tema europeo. Non è questione di terza repubblica, è questione della nascita di un nuovo Stato di dimensione continentale e con una visione politica unitaria. La speranza è che gli italiani votino per questa prospettiva vincendo sul populismo e sull'indifferenza.

***
Dovrei ora dire qualche parola sullo scandalo del Lazio e di gran parte delle Regioni italiane a cominciare dalla Lombardia del Celeste e dalla Sicilia di Lombardo.

Mi limito solo a dire vergogna aggiungendo che con questa classe politica locale pensare ad un buon federalismo significa sognare ad occhi aperti.

Soltanto i Comuni danno ancora fiducia. Le Regioni ne avevano già poca, adesso è rimasta soltanto la cenere ed i fumi infetti che essa espande.

(23 settembre 2012)
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Alcuni, anzi purtroppo molti, pensano di risolvere la questione con un'imposta patrimoniale sui ricchi. Far piangere i ricchi per consolare i poveri e riportarli sul mercato dei consumi. Una patrimoniale capace di produrre questi effetti eticamente è sacrosanta ma economicamente è impossibile. In un mercato dei capitali aperto come abbiamo in Europa e nel mondo si determinerebbe una fuga di capitali di proporzioni enormi con effetti devastanti sul mercato finanziario e sulla tenuta dell'euro. L'imposta patrimoniale ha un senso se si tratta di un gravame ordinario di piccole dimensioni che, in una futura riforma fiscale, serva di coronamento a imposte proporzionali sulla ricchezza per mantenere un andamento progressivo del sistema nel suo complesso. Ad altro non può servire, salvo che se ne limiti l'applicazione ai patrimoni immobiliari con il risultato di un effetto negativo sul valore e quindi sulla vendita dei predetti immobili. Sarebbe opportuno che di queste cose riflettessero quelle forze politiche che della patrimoniale hanno fatto un mantra che non sta in piedi.

E. Scalfari

Molto probabilmente Scalfari negli anni in cui ha diretto La Repubblica è diventato miliardario e quindi oggi difende il suo patrimonio. Nelle debite proporzioni, se Vittorio Feltri percepisce 700 mila euro all’anno , un direttore e fondatore di giornale come lui miliardario ci è diventato senz’altro. Ma fare i conti in tasca agli altri è sempre piuttosto seccante.

Diego Della Valle, invece, non la pensa come lui. Della Valle è uno di quegli imprenditori che ha una dimensione precisa del denaro. Con tutto il denaro che ha si può permettere di tutto e di più, e non solo lui, ma anche i suoi figli e nipoti in futuro. Quando hai la fortuna che nella vita in qualsiasi momento senza problema alcuno puoi soddisfare qualsiasi tuo desiderio materiale, si può sapere cosa vai cercando di più? L’impossibile?

La luna non la può avere, ma anche se potesse mi domando cosa ci possa fare.

Questo senza voler mettere Diego Della valle su tutti gli altari d’Italia.

Il megalomane di Harcore di ville ne ha 16, ma cosa se ne fa ? Non ci può stare in tutte e 16 contemporaneamente. Se poi si tiene conto del tipo di vita che fa, ha senso disporre di ville che se va bene le occupa solo qualche giorno all’anno?

Ma i tipetti come lui li conosciamo bene, al momento giusto te la sbatte là che ha 16 ville solo con l’intento di impressionarti, di stabilire un rapporto ben preciso su quale gradito sta lui e su quale stai tu.

Lo ha fatto più volte con Bossi.

Non ci stupisce per niente, quindi, quando sulla nave “Divina”, intervistato da Sallusti ha ricominciato con la solita tiritera di togliere l’Imu. Era ancora stordito della cifra della seconda rata dell’Imu che ha dovuto pagare per le sue proprietà in Italia ed ha cercato di sfogarsi in quel modo.

Della Valle per rimettere in carreggiata il Paese si è detto disposto a contribuire ad una patrimoniale straordinaria per tre anni.

Ma oltre lui, di Paperoni che vogliono rimettere a posto il Paese non ne ho sentiti altri. Sento invece tutti i santi giorni chi lo sta invece mandando in malora.

Fare poi un discorso sulla sola patrimoniale come panacea dei mali italiani è semplicemente folle e non serve a nulla.

Il discorso è molto più ampio e riguarda la revisione totale del sistema Italia, di cui la patrimoniale è un tassello.

I politici sono di una spudoratezza infinita,…..senza limiti.

Infatti, stanno raccontando negli ultimi mesi, erga omnes ai merli scemi, che dopo Monti bisogna proseguire con il rigore di Monti.

Veramente sono stati loro, e solo loro, a deviare da una concezione di minimo rigore che una nazione democratica Occidentale deve mantenere nell’esercizio del governo del Paese se non vuole andare a fondo.

Tanto è vero che le quattro nazioni dell’Europa meridionale, Grecia, Italia, Spagna e Portogallo, soffrono attualmente della stessa identica malattia perché le classi dirigenti, in prevalenza politici, si sono comportate peggio dei bucanieri.

I cittadini elettori in questi anni hanno avuto solo la grandissima responsabilità di avergli creduto, di averli votati e messi alla guida della nazione anche quando non avevano né la capacità, né la responsabilità minima per un impegno del genere.

E il tutto relativo alla responsabilità dei cittadini elettori si limita a quei quaranta secondi che bastano per mettere una croce sulle schede elettorali ogni 5 anni.

Fuori da questi tempi e questi spazi i cittadini elettori non c’entrano per niente con la responsabilità dell’andamento del Paese perché non contano assolutamente nulla. Sono solo ombre morte che camminano.

Sono solo i maneggioni della politica che negli ultimi 40 anni hanno portato il Paese al disastro due volte di seguito. E guai a farglielo presente.

La storia di come si è arricchito Paperon de Paperoni cercando l’oro nel Klondike, può rimanere solo all’interno dei racconti di Topolino.

Gli arricchimenti eccezionali esistono ma sono rari e dovuti a felici combinazioni. Bill Gates e Steve Jobs negli Usa oppure Dalla Valle in Italia.

Chi ha un minimo di esperienza nel settore sa che fuori da settori particolari non si diventa Paperon de Paperoni se segui le regole fino in fondo.

Il caso Callisto Tanzi con la Parmalat un’azienda a livello nazionale, con i sistemi normali non poteva andare avanti e quando si è affidata ai soliti trucchetti ha subito il crack.

E’ caso dell’Eternit a Casale Monferrato, in cui i proprietari , gli svizzeri Stephan Schmidheiny e Louis De Cartier De Marchienne sapevano benissimo che la loro era una fabbrica di morte ma hanno proseguito per anni ugualmente per arricchirsi il più possibile.

E’ caso della Tyssen Krupp, che ha preferito la morte dei suoi dipendenti piuttosto che provvedere con le minime misure di sicurezza.

E’ di questi ultimi tempi il caso di come si è arricchita la famiglia Riva con l’acciaio.

Il Paperone brianzolo di Hardcore nel decennio precedente il 1992 , l’hanno d’inizio di Mani pulite, era inseguito dalla Gdf di Via Fabio Filzi in Milano. Ma grazie alla protezione del CAF, le sue aziende non venivano toccate.

Quando il nucleo operativo di Milano si presentava alla reception delle sue aziende gli addetti avevano l’ordine di imporre l’alt.

Poi chiamavano direttamente il presidente del Consiglio Craxi che ordinava il rientro in caserma.

Questa procedura non è stata possibile per il 99 % delle restanti imprese italiane.

Certo è che poi la cara salma ricambiava sempre con generosi bonifici.

Quando il CAF viene messo con le spalle al muro, Forlani con la bavetta alla bocca nel tribunale di Milano, Craxi fugge ad Hammamet, Andreotti appende le scarpe al chiodo, la GdF si rifà d’un colpo di più di 10 anni di umiliazioni e parte spedita negli accertamenti che il CAF aveva bloccato.

Da qui nasce la teoria della”persecuzione” di Madre Teresa di Hardcore.

Ergo, salvo casi eccezionali di valore individuale e di fortuna di aver azzeccato il filone giusto, in tutti gli altri casi gli arricchimenti sono sospetti.

A differenza di Eugenio Scalfari, una quindicina di giorni fa, Marco Travaglio ha avuto il coraggio civile di mettere nero su bianco come stanno le cose.

I SOLDI LI DEVONO ANDARE A PRENDERE AI RICCHI E AI LADRI,…….CHE SPESSO SONO LA STESSA COSA.

Scalfari non si permetterà mai di dire questo dei poteri forti.

Noi siamo arrivati sulla linea di confine e dobbiamo decidere del nostro destino.

O continuiamo come in questi anni ad accettare che i ricchi facciano pagare ai poveri le loro mancanze, oppure si da corso a quella distribuzione dei carichi all’interno di una democrazia.

Sostiene Scalfari:

In un mercato dei capitali aperto come abbiamo in Europa e nel mondo si determinerebbe una fuga di capitali di proporzioni enormi con effetti devastanti sul mercato finanziario e sulla tenuta dell'euro.

Che differenza fa morire lentamente soggiogati al potere finanziario dominante fino a quando ne avrà voglia e che preferisce da tempo la speculazione e la rendita finanziaria alla rendita da produzione, al fatto che se se ne vanno i ladri, si farà certamente fatica ma si ricomincia da capo dove per un periodo di tempo ai ladri non sarà possibile che si trasformino anche in sfruttatori?

Scalfari si legga la relazione della banca d’Italia n° 67 del 20 dicembre 2010 e la Tavola riassuntiva 3A

Si renderà conto che la patrimoniale è possibile, basta volerlo.




1. La ricchezza ................................................................................................................... 7
2. Le attività reali ............................................................................................................. 10
3. Le attività finanziarie ................................................................................................... 12
4. Le passività finanziarie ................................................................................................ 13
5. Il confronto internazionale........................................................................................... 14
NOTA METODOLOGICA.................................................................................................... 17
TAVOLE STATISTICHE...................................................................................................... 23
Il testo è stato curato da Andrea Alivernini e Stefano Iezzi.
La costruzione del database è stata curata da un gruppo di lavoro formato da Stefano Iezzi e Andrea Neri per
le componenti reali; Giovanni Di Iasio e Gabriele Semeraro per le componenti finanziarie.
LA RICCHEZZA DELLE FAMIGLIE ITALIANE - 2009
I PRINCIPALI RISULTATI
•Alla fine del 2009 la ricchezza lorda delle famiglie italiane è stimabile in circa 9.448
miliardi di euro, quella netta a 8.600 miliardi, corrispondenti a circa 350 mila euro in media
per famiglia. Le attività reali rappresentavano il 62,3 per cento della ricchezza lorda, le
attività finanziarie il 37,7 per cento. Le passività finanziarie, pari a 860 miliardi di euro,
rappresentavano il 9,1 per cento delle attività complessive.
•La ricchezza netta complessiva è aumentata tra la fine del 2008 e la fine del 2009 di circa
l’1,1 per cento, per effetto di un aumento del valore delle attività finanziarie (2,4 per cento)
superiore a quello delle passività (1,6 per cento); le attività reali hanno registrato un rialzo
più lieve (0,4 per cento). A prezzi costanti, usando come deflatore quello dei consumi,
l’aumento della ricchezza complessiva è stato dell’1,3 per cento.
•Alla fine del 2009 la ricchezza in abitazioni detenuta dalle famiglie italiane poteva essere
stimata in circa 4.800 miliardi di euro. In termini reali la ricchezza in abitazioni è
aumentata rispetto alla fine del 2008 dello 0,4 per cento.
•Secondo stime preliminari, nel primo semestre 2010 la ricchezza netta delle famiglie
sarebbe diminuita dello 0,3 per cento in termini nominali, in seguito a una diminuzione
delle attività finanziarie e a un aumento delle passività, che hanno più che compensato la
crescita delle attività reali.
•Secondo studi recenti, la quota di ricchezza netta mondiale posseduta dalle famiglie
italiane sarebbe pari al 5,7 per cento, superiore alla quota italiana del PIL e della
popolazione del mondo (rispettivamente pari a circa il 3 e l’1 per cento).
•Nel confronto internazionale le famiglie italiane risultano relativamente poco indebitate;
l’ammontare dei debiti è pari al 78 per cento del reddito disponibile lordo (in Germania e in
Francia esso è circa del 100 per cento, mentre negli Stati Uniti e in Giappone è del 130 per
cento).

7
LA RICCHEZZA DELLE FAMIGLIE ITALIANE NELL’ANNO 2009
1. La ricchezza
Alla fine del 2009 la ricchezza netta delle famiglie italiane1, cioè la somma di attività
reali (abitazioni, terreni, ecc.) e di attività finanziarie (depositi, titoli, azioni, ecc.), al netto delle
passività finanziarie (mutui, prestiti personali, ecc.), è stimabile in circa 8.600 miliardi di euro
(Tavv. 1A e 3A)2 3.
La ricchezza netta complessiva, a prezzi correnti, è aumentata tra la fine del 2008 e la
fine del 2009 di circa l’1,1 per cento (93 miliardi di euro), per effetto di aumenti delle attività
finanziarie (2,4 per cento) superiori a quelli delle passività (1,6 per cento), mentre le attività
reali hanno registrato solo un lieve rialzo (0,4 per cento; Tav. 1A). In termini reali4, l’aumento
della ricchezza complessiva rispetto alla fine del 2008 è stato dell’1,3 per cento (più di 100
miliardi di euro del 2009; Tav. 1A).
Secondo stime preliminari5, nel primo semestre 2010, la ricchezza netta delle famiglie
sarebbe leggermente diminuita in termini nominali (-0,3 per cento) per effetto di una
diminuzione delle attività finanziarie e di un aumento delle passività, che hanno più che
compensato la crescita delle attività reali (Fig. 1).
La variazione della ricchezza complessiva in termini reali può essere attribuita a due
componenti: i capital gains, che esprimono le variazioni dei prezzi delle attività reali e
finanziarie, al netto di quella parte attribuibile al deflatore dei consumi, e il flusso di risparmio
al netto degli ammortamenti6. I capital gains nel 2009 sono stati positivi per circa 36 miliardi di
euro, principalmente per effetto del miglioramento dei corsi azionari avvenuto nel corso
dell’anno7; il risparmio delle famiglie è ammontato a circa 70 miliardi di euro.
1
In questa pubblicazione si considera l’insieme delle famiglie consumatrici e delle famiglie produttrici, mentre sono escluse
le Istituzioni Sociali Private (ISP), ossia quegli organismi privati senza scopo di lucro che producono beni e servizi non
destinabili alla vendita (sindacati, associazioni sportive, partiti politici, ecc.). I dati forniti possono pertanto differire rispetto
ad altre fonti che adottano definizioni diverse, come ad esempio i Conti Finanziari che riportano le attività e le passività
finanziarie per il settore famiglie, includendo in queste ultime anche le ISP.
2
La nota metodologica (appendice A) descrive i metodi di stima delle diverse componenti della ricchezza; per ulteriori
dettagli si vedano i testi del convegno “Household Wealth in Italy”, tenutosi a Perugia il 16-17 Ottobre 2007, raccolti nel
volume “Household Wealth in Italy”, Banca d’Italia, 2008
(http://www.bancaditalia.it/studiricerch ... _Italy.pdf).
3
Nella presente pubblicazione vengono riportati i dati a partire dal 1995. Eventuali variazioni rispetto alle cifre esposte nelle
pubblicazioni precedenti sono da attribuirsi a revisioni nei dati elementari utilizzati nella costruzione degli aggregati,
oppure a revisioni nella metodologia impiegata per le stime. In particolare, nella presente edizione è stata introdotta una
revisione nel metodo di stima del valore degli immobili, che ha effetti sullo stesso aggregato nell’intero periodo
considerato.
4
La scelta di quali prezzi impiegare per deflazionare la ricchezza non è unanimemente condivisa (si vedano ad esempio
“Household Wealth in Italy”, Banca d’Italia, 2008 e M. Reiter, “Asset Prices and the Measurement of Wealth and Saving”,
Department of Economics and Business, Universitat Pompeu Fabra, Barcelona, Economics Working Papers, No. 396,
1999). In quanto segue i valori in termini reali sono ottenuti impiegando il deflatore dei consumi delle famiglie di
contabilità nazionale, che indica una diminuzione dei prezzi tra il 2008 e il 2009 dello 0,16 per cento. Esso risulta
preferibile all’indice dei prezzi al consumo in quanto contiene informazioni su alcuni beni e servizi consumati dalle
famiglie non inclusi nell’indice dei prezzi al consumo (ad esempio, gli affitti imputati).
5 Il valore delle abitazioni alla fine del primo semestre del 2010 è stimato in base ai dati dei prezzi degli immobili
dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI) dell’Agenzia del Territorio e di proiezioni della superficie media e del
numero complessivo di abitazioni. Quest’ultimo dato è in linea con le previsioni di fonte CRESME che stimano un numero
di nuove costruzioni pari a 239 mila per l’intero 2010. Il valore delle restanti attività reali è stimato sulla base del rapporto
osservato in passato tra valore delle abitazioni e il totale delle attività reali, che negli ultimi anni si attesta piuttosto
stabilmente attorno all’82 per cento. Per le componenti finanziarie, i valori desunti dai Conti finanziari, depurati dalla
componente attribuibile alle ISP, sono stati integrati con ulteriori stime relative alle voci “altri conti attivi” e “altri conti
passivi”, che risultano disponibili solo con riferimento alla fine dell’anno.
6 Altri fattori possono influire sul livello di ricchezza delle famiglie, come ad esempio le guerre e i terremoti (le cosiddette
“altre variazioni in conto capitale”). Per l’Italia questi fattori non hanno assunto dimensione significativa nel corso degli
ultimi anni, consentendo la stima dei capital gains come saldo tra l’incremento di ricchezza e il risparmio.
7
Nel 2009 gli indici azionari delle Borse Valori delle principali piazze finanziarie internazionali hanno fatto registrare
consistenti rialzi. Ad esempio, l’indice della Borsa di Milano FTSE MIB è aumentato di circa il 13 per cento.
8
Fig. 1
Ricchezza delle famiglie italiane e sue componenti, 1995-2009
(miliardi di euro a prezzi correnti; stime preliminari sul I semestre 2010)
-1.000
0
1.000
2.000
3.000
4.000
5.000
6.000
7.000
8.000
9.000
10.000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 I-sem
2010
Attività reali Attività finanziarie Passività finanziarie
Abitazioni Ricchezza netta
Nel periodo 1995-2009 il risparmio ha contribuito alla crescita del valore della
ricchezza netta per circa il 60 per cento, il restante 40 per cento è stato dovuto ai capital gains.
Il risparmio negli ultimi anni si è attestato attorno all’1 per cento della ricchezza netta e il suo
contributo alla crescita della stessa ha avuto una variabilità più ridotta di quella dei capital gains
(Fig. 2).
Alla fine del 2009 la ricchezza netta è stata pari a 8,2 volte il reddito disponibile lordo,
valore, in aumento rispetto agli anni più recenti (era 6 nel 1995, 7 nel 1999, 8 nel 2007 e 7,8 nel
2008; Tav. 2A).
Alla fine del 2009 la ricchezza netta per famiglia8 era stimabile in circa 350 mila euro.
La distribuzione della ricchezza è caratterizzata da un elevato grado di concentrazione:
molte famiglie detengono livelli modesti o nulli di ricchezza; all’opposto, poche famiglie
dispongono di una ricchezza elevata. Le informazioni sulla distribuzione della ricchezza –
desunte dall’indagine campionaria della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane9 10 –
8 Il numero di famiglie è calcolato dividendo la popolazione residente di fonte Istat (escluse le convivenze) per il numero
medio di componenti desunto dall’indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d’Italia. I dati riferiti agli anni per i quali
l’indagine non è disponibile sono interpolati. Per il 2009, è stato stimato un numero medio di componenti per famiglia pari
a circa 2,48, in lieve calo rispetto al 2008. Di conseguenza, fra il 2008 e il 2009 il numero di famiglie è aumentato di circa
340 mila unità. Queste stime si discostano lievemente da quelle di fonte anagrafica pubblicate dall’Istat.
9
I principali risultati dell’indagine sui bilanci delle famiglie italiane sul 2008 sono pubblicati nel Supplemento al Bollettino
Statistico “I bilanci delle famiglie italiane nell’anno 2008”, n. 8, Banca d’Italia, 2010, disponibile sul sito internet della
Banca (http://www.bancaditalia.it/statistiche/ ... 0_corr.pdf).
9
indicano che alla fine del 2008 la metà più povera delle famiglie italiane deteneva il 10 per
cento della ricchezza totale, mentre il 10 per cento più ricco deteneva quasi il 45 per cento della
ricchezza complessiva. L’indice di Gini, che varia tra 0 (minima concentrazione) e 1 (massima
concentrazione), risultava pari a 0,613, sostanzialmente in linea con quello osservato nel 2006.
Il numero di famiglie con una ricchezza netta negativa, alla fine del 2008 pari al 3,2 per cento,
risulta invece in lieve ma graduale crescita dal 2000 in poi (Tav. 4A). Secondo le stime
disponibili, nel confronto internazionale l’Italia registra un livello di disuguaglianza della
ricchezza netta tra le famiglie piuttosto contenuto, anche rispetto ai soli paesi più sviluppati11.
Tra la fine del 2008 e la fine del 2009 la ricchezza netta per famiglia è diminuita dello
0,3 per cento a prezzi correnti e dello 0,2 a prezzi costanti (Tav. 2A); sempre a prezzi costanti,
la ricchezza netta per famiglia è tornata su livelli di poco inferiori a quelli che si registravano
alla fine del 2005 (Fig. 3).
Fig. 2
Risparmio, capital gains e variazioni della ricchezza netta
(in percentuale della ricchezza netta; prezzi costanti)
-4
-3
-2
-1
0
1
2
3
4
5
6
7
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Risparmio netto Capital gains Variazione della ricchezza netta
10
Per valutare la distribuzione della ricchezza è necessario ricorrere ai dati campionari. Queste informazioni non sono però
completamente coerenti con i valori aggregati. Le principali ragioni di tali discrepanze vanno ricercate nella minore
propensione delle famiglie più ricche a partecipare alle indagini campionarie e nella reticenza delle famiglie che vi
partecipano a fornire informazioni veritiere. Le stime della ricchezza basate su dati campionari tendono quindi a
sottostimare i dati aggregati: il fenomeno è più rilevante per le componenti della ricchezza finanziaria, che caratterizza
maggiormente le famiglie più abbienti, rispetto alle componenti della ricchezza reale. Si vedano: G. D'Alessio e I. Faiella,
Nonresponse behaviour in the Bank of Italy's Survey of Household Income and Wealth, Temi di discussione, n. 462, Banca
d'Italia, 2002; R. Bonci, G. Marchese e A. Neri, La ricchezza finanziaria nei conti finanziari e nell’indagine sui bilanci
delle famiglie italiane, Temi di discussione, n. 565, Banca d'Italia, 2005; L. D’Aurizio, I. Faiella, S. Iezzi e A. Neri,
L’under-reporting della ricchezza finanziaria nell’indagine sui bilanci delle famiglie, Temi di discussione, n. 610, Banca
d'Italia, 2006.
11
I confronti internazionali vanno effettuati con cautela, tenendo presente che le informazioni disponibili non sono sempre
del tutto omogenee. Per le attività finanziarie si veda L. Bartiloro, M. Coletta, R. De Bonis, Italian households’ wealth in a
cross-country perspective, in “Household Wealth in Italy”, op. cit.; per le attività reali si veda R. Bonci, L. Cannari, A.
Karagregoriou, G. Marchese, A. Neri, Defining Household Wealth in Business, IFC Bulletin, n. 25, Marzo 2007. Per una
ricostruzione a livello mondiale della ricchezza delle famiglie e per aspetti legati alla distribuzione si veda invece Credit
Suisse Research Institute, Global Wealth Report, 2010.
10
Alla fine del 2009 le attività reali (5.883 miliardi di euro; Tav. 1A) rappresentavano il
62,3 per cento della ricchezza lorda, le attività finanziarie (3.565 miliardi di euro) il 37,7 per
cento e le passività finanziarie (860 miliardi di euro) circa il 9,1 per cento. Rispetto ai primi anni
del decennio la quota di ricchezza lorda in attività reali è cresciuta, mentre quella detenuta in
attività finanziarie ha subito una riduzione. La crescita della quota in passività finanziarie è stata
lenta ma costante.
Fig. 3
Ricchezza netta per famiglia
(euro a prezzi correnti e costanti)
200.000
220.000
240.000
260.000
280.000
300.000
320.000
340.000
360.000
380.000
400.000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
prezzi correnti
prezzi 2009
2. Le attività reali
A fine 2009 la quota di attività reali in abitazioni risultava pari a oltre l’82 per cento del
totale delle attività reali e quella in fabbricati non residenziali a meno del 6 per cento. Impianti,
macchinari, attrezzature, scorte e avviamento incidevano per poco meno del 6 per cento, mentre
i terreni e gli oggetti di valore ammontavano rispettivamente al 4 e al 2 per cento circa (Fig. 4).
La composizione delle attività reali ha subito modeste variazioni a partire dal 1995
(Tav. 3A); la quota in abitazioni è aumentata di 3,6 punti percentuali, mentre è diminuita quella
relativa ai terreni (-1,7), agli impianti, macchinari, scorte e avviamento (-1,4) e agli oggetti di
valore (-0,7). La quota dei fabbricati non residenziali è rimasta sostanzialmente invariata.
11
Fig. 4
Composizione delle attività reali, 2009
(valori percentuali)
Impianti, macchinari,
attrezzature, scorte e
avviamento
5,9% Terreni
Oggetti di valore 4,1%
2,1%
Fabbricati non residenziali
5,7%
Abitazioni
82,1%
Alla fine del 2009 la ricchezza in abitazioni detenuta dalle famiglie italiane ammontava
a circa 4.800 miliardi di euro, corrispondenti a circa 200.000 euro in media per famiglia.
La ricchezza in abitazioni, a prezzi correnti, è cresciuta tra la fine del 2008 e la fine del
2009 di circa lo 0,3 per cento (circa 13 miliardi di euro), un valore molto inferiore al tasso
medio annuo del periodo 1995-2008 (circa il 6,3 per cento), a causa del rallentamento delle
quotazioni sul mercato immobiliare (Fig. 5)12. In termini reali, la variazione della ricchezza in
abitazioni rispetto al 2008 è risultata pari a circa lo 0,4 per cento.
Secondo i dati dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI) dell’Agenzia del
Territorio, durante la prima metà del 2010 i prezzi degli immobili sono risultati sostanzialmente
stabili rispetto alla fine del 2009. Sulla base di queste e di altre informazioni13, si ipotizza un
incremento del valore della ricchezza in abitazioni per il primo semestre del 2010 inferiore all’1
per cento (Fig. 5).
12
Il sisma che ha investito l’Abruzzo nell’aprile del 2009 ha avuto un impatto limitato sull’entità della ricchezza delle
famiglie italiane; si stima infatti che il valore dell’intero patrimonio abitativo residenziale delle aree colpite sia dell’ordine
di 6-7 miliardi di euro, corrispondenti a meno dello 0,1 per cento dell’intera ricchezza netta; si veda Economie Regionali,
L’Economia dell’Abruzzo nel 2008
(http://www.bancaditalia.it/pubblicazion ... zo2008.pdf).
13
Si veda nota 5.
12
Fig. 5
Ricchezza in abitazioni e prezzi delle abitazioni
(miliardi di euro, euro al metro quadro())
0
1.000
2.000
3.000
4.000
5.000
1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
0
200
400
600
800
1.000
1.200
1.400
1.600
1.800
2.000
Valore della ricchezza in abitazioni (scala sx)
Prezzo medio al metro quadro delle abitazioni (scala dx)
Stima preliminare per il
primo semestre 2010
() L’indice di prezzo incorpora anche variazioni qualitative degli immobili.
3. Le attività finanziarie
Alla fine del 2009 il 44,2 per cento delle attività finanziarie era detenuto in obbligazioni
private, titoli esteri, prestiti alle cooperative, azioni, partecipazioni e fondi comuni di
investimento. Il contante, i depositi bancari e il risparmio postale rappresentavano meno di un
terzo del complesso delle attività finanziarie; la quota investita direttamente dalle famiglie in
titoli pubblici italiani era pari a poco più del 5 per cento. Le riserve tecniche di assicurazione,
che rappresentano le somme accantonate dalle assicurazioni e dai fondi pensione per future
prestazioni in favore delle famiglie, ammontavano al 17,7 per cento del totale delle attività
finanziarie (Fig. 6).
Durante il 2009 è proseguita la ricomposizione dei portafogli delle famiglie verso forme
di investimento più liquide, quali i depositi in conto corrente e il risparmio postale, le cui quote
di ricchezza finanziaria sono cresciute rispettivamente di 1,4 e 0,3 punti percentuali. Rispetto al
2008 si osserva comunque una riduzione della quota di ricchezza detenuta in titoli pubblici
italiani, pari a oltre 2 punti percentuali, mentre è cresciuta quella detenuta in azioni e
partecipazioni (aumento della quota di oltre un punto percentuale). Più in particolare si osserva
una ricomposizione dei portafogli verso titoli esteri a discapito dei titoli italiani: la quota di
ricchezza finanziaria detenuta in obbligazioni e azioni estere è cresciuta di oltre un punto
percentuale mentre quella detenuta in obbligazioni e azioni italiane è diminuita di 1,8. Dopo la
forte riduzione di ricchezza detenuta in fondi comuni d’investimento osservata durante il 2008,
il 2009 vede una ripresa seppur debole di questo comparto (Tav. 3A).
Rispetto alla fine del 1995 la composizione delle attività finanziarie ha subito
significative variazioni, riconducibili principalmente all’aumento della quota di attività in
13
obbligazioni private italiane di 8,7 punti percentuali (dal 2,3 all’11 per cento) e di quella in
riserve tecniche di assicurazione di quasi 8 punti percentuali (dal 10 al 18 per cento). Di
converso, le quote di attività finanziarie in depositi bancari e in titoli pubblici italiani hanno
fatto invece registrare una forte diminuzione (rispettivamente dal 30 al 18 e dal 19 al 5 per
cento).
Fig. 6
Composizione delle attività finanziarie, 2009
(valori percentuali)
Biglietti, monete, depositi
bancari e risparmio postale
29,8%
Obbligazioni private, titoli
esteri, prestiti alle
cooperative, azioni,
partecipazioni in quasisocietà
e fondi comuni di
investimento
44,2%
Titoli pubblici italiani
5,3%
Riserve tecniche di
assicurazione
17,7%
Crediti commerciali e altri
conti attivi
3,0%
4. Le passività finanziarie
A fine 2009 le passività finanziarie delle famiglie italiane erano costituite per circa il 41
per cento da mutui per l’acquisto dell’abitazione; la quota di indebitamento per esigenze di
consumo ammontava a circa il 12,5 per cento14, quella per altri usi personali al 21,4 per cento. I
debiti commerciali e gli altri conti passivi15 costituivano circa il 22 per cento delle passività
delle famiglie (Fig. 7; Tav. 3A).
Tra la fine del 2008 e la fine del 2009 il valore dei mutui per l’acquisto dell’abitazione è
aumentato del 2 per cento, un tasso in forte decelerazione rispetto agli anni precedenti: tra la
fine del 2007 e la fine del 2008 era stato pari al 5 per cento; il tasso medio annuo di crescita tra
il 1995 e il 2007 a quasi il 17. Una decelerazione ha caratterizzato anche il credito al consumo,
dal 23 per cento in media nel periodo 1995-2007, al 6 e 4,7 per cento negli ultimi due anni.
Anche i debiti commerciali, dopo una repentina accelerazione tra la fine del 2007 e la fine del
2008 (+8,5 per cento, contro un tasso medio annuo pari a circa il 4 per cento tra il 1995 e il
14 A partire dalla presente pubblicazione, grazie all’ampliamento della base informativa, è possibile risalire ad una stima dei
prestiti per l’acquisto delle abitazioni e del credito al consumo, originariamente bancari, ma in seguito ceduti ad
intermediari non bancari attraverso cartolarizzazione. Nei dati precedentemente pubblicati tali aggregati rientravano
indistintamente nella voce “altri prestiti”. Tale revisione riguarda i dati a partire dal 2000, avendo la cartolarizzazione dei
crediti avuto inizio con la legge 130 del 1999.
15
Negli altri conti passivi confluiscono imposte, tasse, prestazioni sociali e altri trasferimenti che le famiglie pagano alle
Amministrazioni Pubbliche in anni successivi a quelli cui si riferiscono.
14
2007), hanno subito una forte riduzione (-6,7 per cento) tornando sui livelli registrati alla fine
del 2007.
Fig. 7
Composizione delle passività finanziarie, 2009
(valori percentuali)
Credito al consumo
12,6%
Debiti commerciali
10,0%
Altri prestiti
21,4%
Mutui per acquisto
abitazioni
40,6%
Altri conti passivi
11,5%
Riserve tecniche di
assicurazione
4,0%
5. Il confronto internazionale
Alla fine del 2008 la ricchezza netta era pari a 7,8 volte il reddito disponibile lordo delle
famiglie italiane, rapporto in linea con quello della Francia (7,5) e del Regno Unito (7,7),
lievemente superiore a quello del Giappone (7), e significativamente superiore a quello del
Canada (5,4) e degli Stati Uniti (4,8) (Tav. 1).
Le attività reali detenute alla fine del 2008 dalle famiglie italiane erano pari a 5,4 volte
il reddito disponibile, un valore di poco inferiore a quello della Francia (5,7), in linea con quello
del Regno Unito (5,2), ma superiore a quello degli Stati Uniti (2,2), del Canada (3,3) e del
Giappone (3,4) (Tav. 1). Si conferma per l’Italia una maggiore propensione all’investimento
immobiliare, che riflette tra l’altro una struttura del sistema produttivo che vede la
preponderanza delle microimprese familiari, per le quali gli immobili sono anche capitale
d’impresa.
Alla fine del 2008 le attività finanziarie delle famiglie italiane risultavano pari a oltre 3
volte il reddito disponibile, un rapporto inferiore a quello di Giappone, Stati Uniti, Regno Unito
e Canada ma superiore a quello di Germania e Francia. Va peraltro ricordato che nei paesi
anglosassoni la relativa minore rilevanza del sistema pensionistico pubblico implica un maggior
investimento in riserve tecniche di assicurazione. Sempre alla fine del 2008 l’ammontare di
passività delle famiglie italiane era il 78 per cento del reddito disponibile, il valore più basso tra
i paesi considerati: tale rapporto risultava pari a circa il 100 per cento in Germania e Francia, il
130 per cento negli Stati Uniti e in Giappone, e il 140 e il 180 nel Canada e nel Regno Unito
rispettivamente.
15
Secondo studi recenti16, la ricchezza netta mondiale delle famiglie ammonterebbe a
circa 160.000 miliardi di euro. La quota relativa all’Italia sarebbe pertanto di circa il 5,7 per
cento; tale quota appare particolarmente elevata se si considera che l’Italia rappresenta poco
oltre il 3 per cento del PIL mondiale e meno dell’1 per cento della popolazione del pianeta.
L’Italia appartiene alla parte più ricca del mondo, collocandosi nelle prime dieci posizioni tra gli
oltre 200 paesi considerati nello studio, in termini di ricchezza netta pro-capite.
Il 60 per cento delle famiglie italiane ha una ricchezza netta superiore a quella del 90
per cento delle famiglie di tutto il mondo; quasi la totalità delle famiglie italiane ha una
ricchezza netta superiore a quella del 60 per cento delle famiglie dell’intero pianeta.
Tav. 1
La ricchezza delle famiglie: un confronto internazionale
(valori in rapporto al reddito disponibile)17
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Attività reali
Usa ........................... 2,28 2,40 2,49 2,59 2,77 3,06 3,00 2,70 2,21
Canada ..................... 2,62 2,68 2,81 2,92 3,03 3,18 3,28 3,38 3,34
Giappone .................. 4,08 3,99 3,79 3,67 3,51 3,42 3,43 3,49 3,41
Germania.................. 3,85 3,81 3,88 3,90 3,94 4,01 4,17 4,30 ..
Francia ..................... 3,47 3,64 3,88 4,32 4,87 5,48 5,82 5,91 5,66
Regno Unito ............. 3,88 3,91 4,55 4,82 5,27 5,23 5,61 6,01 5,19
Italia ......................... 4,11 4,14 4,36 4,61 4,76 4,97 5,20 5,39 5,41
Attività finanziarie
Usa ........................... 4,56 4,21 3,77 4,21 4,42 4,67 4,85 4,88 3,86
Canada ..................... 3,53 3,50 3,49 3,45 3,39 3,46 3,50 3,49 3,52
Giappone .................. 4,70 4,77 4,74 4,95 5,01 5,29 5,32 5,14 4,84
Germania.................. 2,66 2,62 2,58 2,69 2,77 2,87 2,95 3,01 2,85
Francia ..................... 2,83 2,66 2,59 2,69 2,79 2,91 3,07 3,11 2,86
Regno Unito ............. 4,97 4,45 3,95 4,11 4,30 4,67 4,91 4,97 4,29
Italia ......................... 3,50 3,31 3,25 3,24 3,34 3,47 3,48 3,42 3,21
Passività finanziarie
Usa ........................... 1,01 1,05 1,10 1,18 1,24 1,31 1,35 1,38 1,31
Canada ..................... 1,13 1,14 1,17 1,21 1,24 1,29 1,32 1,38 1,42
Giappone .................. 1,35 1,36 1,34 1,34 1,31 1,32 1,30 1,27 1,27
Germania.................. 1,14 1,12 1,12 1,11 1,10 1,07 1,05 1,02 0,98
Francia ..................... 0,77 0,78 0,76 0,80 0,84 0,91 0,96 1,00 1,00
Regno Unito ............. 1,17 1,21 1,34 1,45 1,60 1,62 1,78 1,86 1,80
Italia ......................... 0,50 0,49 0,57 0,61 0,65 0,70 0,74 0,78 0,78
Ricchezza netta
Usa ........................... 5,83 5,55 5,16 5,62 5,95 6,42 6,50 6,20 4,76
Canada ..................... 5,02 5,03 5,13 5,16 5,18 5,34 5,46 5,50 5,44
Giappone .................. 7,44 7,40 7,19 7,28 7,20 7,39 7,45 7,35 6,97
Germania.................. 5,37 5,31 5,34 5,48 5,61 5,81 6,06 6,29 ..
Francia ..................... 5,52 5,52 5,71 6,21 6,82 7,48 7,92 8,03 7,52
Regno Unito ............. 7,68 7,14 7,16 7,48 7,97 8,27 8,75 9,12 7,68
Italia ......................... 7,11 6,96 7,04 7,23 7,46 7,74 7,93 8,03 7,84
Note: Ad eccezione dell’Italia, i dati si riferiscono all’insieme delle famiglie incluse le Istituzioni Sociali Private
(ISP). Per gli Stati Uniti i dati escludono le società non quotate e le imprese individuali ma includono le ISP. Per il
Canada, la Germania e gli Stati Uniti le attività reali includono anche i beni durevoli. Per una descrizione più
dettagliata delle variabili si veda “OECD Economic Outlook Sources and Methods”
(http://www.oecd.org/eco/sources-and-methods).
Fonte: OCSE; Italia: Banca d’Italia, Istat.
16
I risultati vanno interpretati con cautela in quanto le informazioni sulla ricchezza mondiale sono ottenute sulla base dei
pochi dati disponibili – per i paesi che, come l’Italia, li producono – e di stime. Si veda la nota 11.
17
I dati di fonte OCSE sul valore delle attività reali in rapporto al reddito disponibile lordo per l’Italia si discostano da quelli
presentati nella Tavola 1 perché la metodologia di stima dell’aggregato è diversa e si basa su informazioni differenti. Si
veda L. Cannari, G. D’Alessio, G. Marchese, Italian household wealth: background, main results, outlook, in “Household
Wealth in Italy”, Banca d’Italia, 2008, disponibile sul sito Internet della Banca d'Italia all’indirizzo:
http://www.bancaditalia.it/studiricerch ... _Italy.pdf.
16
17
NOTA METODOLOGICA
1. Aspetti generali
La ricchezza netta è data dalla somma delle attività reali e finanziarie, al netto dei debiti.
Le componenti reali (o non finanziarie) sono per lo più costituite da beni tangibili, come ad
esempio le abitazioni, i terreni e gli oggetti di valore; comprendono però anche le attività
immateriali, come per esempio il valore di un brevetto o quello dell’avviamento di un’attività
commerciale.
Le attività finanziarie, come ad esempio i depositi, i titoli di Stato e le obbligazioni,
sono strumenti che conferiscono al titolare, il creditore, il diritto di ricevere, senza una
prestazione da parte sua, uno o più pagamenti dal debitore che ha assunto il corrispondente
obbligo. Le passività finanziarie, cioè i debiti, rappresentano la componente negativa della
ricchezza e assumono prevalentemente la forma di mutui e prestiti personali.
Le stime della ricchezza sono effettuate per il complesso delle famiglie residenti in
Italia; l’insieme di riferimento delle stime non include le Istituzioni senza fini di lucro (o
Istituzioni Sociali Private, ISP)18 .
Negli schemi della contabilità nazionale si distinguono i valori imputabili alle famiglie
nella loro funzione di consumo (Famiglie Consumatrici, FC) e quelli imputabili alle famiglie in
quanto svolgono una funzione produttiva (di beni e servizi non finanziari e servizi finanziari
destinabili alla vendita purché, in quest’ultimo caso, il loro comportamento economico e
finanziario non sia tale da configurare una quasi-società; Famiglie Produttrici, FP). Nella
classificazione delle voci della ricchezza si è tenuto conto di questa distinzione19.
La stima della ricchezza netta fornita in questo supplemento segue lo schema di
aggregazione mostrato nella tavola A1.
I prossimi due paragrafi espongono le modalità di stima delle componenti reali e
finanziarie della ricchezza delle famiglie.
Piano di aggregazione della ricchezza netta
A. Attività reali C. Passività finanziarie
A1 Abitazioni C1 Prestiti
A2 Oggetti di valore C2 Riserve tecniche di assicurazione
A3 Fabbricati non residenziali C3 Debiti commerciali
A4 Impianti, macchinari, attrezzature, scorte e avviamento C4 Altri conti passivi
A5 Terreni
B. Attività finanziarie Ricchezza netta = A + B - C
B1. Biglietti, monete
B2. Depositi bancari
B3. Risparmio postale
B4. Titoli
B5. Prestiti dei soci alle cooperative
B6. Azioni e partecipazioni in società di capitali
B7. Partecipazioni in quasi-società
B8. Fondi comuni d’investimento
B9. Riserve tecniche di assicurazione
B10. Altri conti attivi
B11. Crediti commerciali
18
Nell’effettuare confronti o raccordi con dati di altra fonte va tenuto presente che in base al sistema europeo dei conti
(SEC95) le ISP sono considerate assieme alle famiglie. Così ad esempio avviene nel caso dei Conti Finanziari.
19
Una descrizione dettagliata della definizione di famiglie produttrici e di come questa impatti nella classificazione delle
componenti della ricchezza è contenuta in L. Cannari, I. Faiella, G. Marchese e A. Neri, The real assets of Italian
households, presentato al convegno “Household Wealth in Italy”, Banca d’Italia, Perugia, Ottobre 2007.
18
2. Le attività reali
2.1. Le abitazioni
La stima del patrimonio abitativo delle famiglie si compone di tre elementi: a) il numero
di abitazioni detenuto dalle famiglie; b) il valore medio della superficie in metri quadrati delle
abitazioni delle famiglie; c) il prezzo delle abitazioni per metro quadrato rappresentativo dello
stock di abitazioni detenuto dalle famiglie. Il patrimonio abitativo per ciascun anno sarà dunque
stimato come prodotto delle tre componenti.
a) Il numero di abitazioni di proprietà di persone fisiche si basa sui dati di censimento del 1991
e 2001. I valori intercensuari e successivi al 2001 sono ricavati impiegando i dati del
CRESME sulle nuove costruzioni (sempre imputabili alle persone fisiche)20. Nella stima non
è incluso il valore delle abitazioni che le famiglie italiane possiedono all’estero né è possibile
scorporare quello delle abitazioni possedute in Italia da famiglie residenti all’estero21.
b) Il valore della superficie media delle abitazioni è desunto dai dati di censimento 1991 e 2001
ed è stimato per gli anni intercensuari e quelli successivi al 2001 in base alle tendenze di tali
dati. Poiché il dato di censimento si riferisce alla superficie calpestabile, per rendere tale dato
coerente con quello dei prezzi medi al metro quadro, la superficie media è moltiplicata per
un coefficiente, pari a circa 1,22, desunto dal rapporto tra il dato censuario estrapolato e il
dato catastale di fonte OMI disponibile a partire dal 2006.
c) Il benchmark dell’indice dei prezzi è stabilito per il 2008 attraverso il prezzo medio al metro
quadro pubblicato dall’Agenzia del Territorio22. Le variazioni dei prezzi per gli anni
successivi al 2002 si basano su elaborazioni dei dati elementari di fonte OMI. Per gli anni
precedenti al 2002, la variazione dei prezzi delle abitazioni si basa sulla dinamica desumibile
dal Consulente Immobiliare per i capoluoghi di provincia e dall’andamento stimato sui dati
dell’IBF per i restanti comuni23.
Al valore delle abitazioni viene aggiunto quello delle cessioni degli immobili pubblici
residenziali al settore delle famiglie.
Le presenti stime si discostano poco da quelle presentate nelle precedenti pubblicazioni,
in quanto le variazioni introdotte dalle revisioni sulla superficie media delle abitazioni e sul
valore al metro quadro, sebbene piuttosto ragguardevoli singolarmente (ad esempio per il 2008
rispettivamente +22 per cento e -15 per cento) tendono nel complesso a compensarsi.
2.2. Gli oggetti di valore e i beni durevoli
Gli oggetti di valore sono costituiti da quei beni non finanziari non soggetti a
deterioramento fisico nel tempo, come ad esempio preziosi, oggetti di antiquariato, d’arte e da
collezione. Il loro ammontare si ottiene applicando a una stima dello stock di beni durevoli uno
stimatore dato dal rapporto tra oggetti di valore e stock di beni durevoli posseduto dalle famiglie
desunto dall’indagine sui bilanci delle famiglie24.
20
La stima di nuove costruzioni di fonte CRESME include una valutazione degli immobili abusivi.
21
Utilizzando stime della Banca d’Italia, si può dimostrare che l’ammontare degli investimenti in abitazioni residenziali delle
famiglie italiane all’estero, al netto degli investimenti fatti in Italia da residenti esteri, risulta trascurabile.
22
“Gli immobili in Italia: distribuzione del patrimonio e dei redditi dei proprietari”, Agenzia del Territorio, 2010.
23
Si veda L. Cannari e I. Faiella, House prices and housing wealth in Italy, presentato al convegno “Household Wealth in
Italy”, Banca d’Italia, Perugia, Ottobre 2007.
24
Il rapporto viene calcolato dopo aver “winsorizzato” numeratore e denominatore usando come valore soglia il 1° e il 99°
percentile della loro distribuzione.
19
La stima dello stock di beni durevoli è basato sul metodo dell’inventario permanente
applicato a partire dalle informazioni sui flussi di spesa per diverse categorie di beni e con
diverse ipotesi circa il periodo di ammortamento25.
Negli schemi di contabilità nazionale, i beni durevoli, per quanto per alcuni aspetti
simili alle attività reali, sono esclusi dal computo della ricchezza; data la loro importanza e
diffusione presso le famiglie viene comunque data, per memoria, un’informazione circa la loro
consistenza26.
2.3. I fabbricati non residenziali
I fabbricati non residenziali, unitamente ai terreni e alle altre componenti reali di seguito
descritte, fanno parte delle attività non finanziarie che le famiglie possiedono in quanto
funzionali alla loro attività imprenditoriale. La voce comprende il valore di mercato dello stock
di immobili di proprietà delle famiglie destinato ad uso lavorativo, come uffici, negozi,
laboratori e capannoni27.
Il valore totale dello stock è ottenuto moltiplicando fra loro le stime delle seguenti
componenti per ciascuna categoria di fabbricato considerata (uffici, negozi e laboratori,
capannoni):
a) il numero totale degli immobili non residenziali;
b) la superficie media dei fabbricati considerati;
c) il prezzo medio al metro quadro, calcolato come valore medio dei prezzi minimi e
massimi rilevati a livello comunale per ciascuna categoria di fabbricato.
Il numero di unità e i prezzi al metro quadro sono stati stimati tramite i dati dell’OMI
dell’Agenzia del territorio; per le superfici sono stati utilizzati i dati dell’IBF delle ultime tre
edizioni (2004, 2006 e 2008).
Al valore dei fabbricati non residenziali viene aggiunto quello delle cessioni degli
immobili pubblici non residenziali al settore delle famiglie.
Poiché le informazioni disponibili permettono di ricostruire la serie storica solo a partire
dal 2002, per gli anni precedenti il valore dei fabbricati non residenziali è quantificato in base al
rapporto del loro valore con quello complessivo di abitazioni e terreni. Tale rapporto, pari a
circa il 7 per cento, risulta stabile nel periodo 2002-2009 ed è comparabile a quello stimato sui
dati dell’IBF.
2.4. Impianti, macchinari, attrezzature, scorte e avviamento
La ricostruzione dello stock di impianti, macchinari e attrezzature delle famiglie è
effettuata a partire dai dati sugli investimenti. In primo luogo si stima un valore iniziale dello
stock di capitale netto a prezzi correnti delle famiglie all’anno base 1990; a tale valore vengono
successivamente aggiunti gli investimenti netti elaborati dall’Istat, deflazionati utilizzando i
25
Tale metodo è stato sviluppato in P. Pagliano e N. Rossi, The Italian Saving Rate: 1951 to 1990 Estimates, in G. Marotta,
P. Pagliano e N. Rossi, Income and Saving in Italy: a Reconstruction, Temi di Discussione del Servizio Studi, Banca
d’Italia, n. 169, Giugno 1992.
26
L’inclusione dei beni durevoli tra le attività reali sarebbe giustificata se il sistema dei conti trattasse tali beni come
strumenti utilizzati nel processo di produzione di servizi. La contabilità, invece, classifica l’intera spesa per beni durevoli
tra i consumi finali. Si veda, per esempio, V. Siesto, La contabilità nazionale italiana, Il Mulino, Bologna, 1996.
27
La voce magazzini rilevata dall’OMI è stata esclusa dalle stime in quanto composta per la maggior parte dalle cantine di
pertinenza delle abitazioni.
20
deflatori impliciti degli investimenti fissi e degli ammortamenti della contabilità nazionale28.
Operando in questo modo si perviene a una stima dello stock di capitale netto a prezzi costanti
in ciascuno degli anni considerati. La serie dello stock di capitale netto ai prezzi di sostituzione
viene poi ricostruita utilizzando i relativi deflatori calcolati dall’Istat per il complesso
dell’economia.
Per il calcolo del valore iniziale dello stock di capitale netto nell’anno base (1990) si
utilizza il seguente metodo. In primo luogo si calcola il rapporto tra gli investimenti delle FP al
netto delle costruzioni e il totale degli investimenti sempre al netto delle costruzioni; la media di
questo rapporto, calcolata per il complesso degli anni ottanta, fornisce un’indicazione del peso
delle FP sul totale degli investimenti del sistema economico al netto delle costruzioni. Questo
peso è applicato allo stock di capitale netto elaborato dall’Istat per il complesso del sistema
economico, sempre escludendo lo stock in costruzioni. La stima si fonda sull’ipotesi che la
quota di investimenti delle FP sul totale degli investimenti (escluse le costruzioni) possa
costituire una ragionevole proxy della quota di capitale delle FP sul totale dello stock di capitale
(escluse le costruzioni)29.
Il valore dello stock di scorte relativo al complesso del sistema economico è ottenuto a
partire da un benchmark fornito dall’Istat con riferimento al 1989. A questo valore è aggiunta,
per ciascun anno, la variazione delle scorte a prezzi costanti elaborata dalla contabilità
nazionale30. I dati a prezzi costanti sono stati poi convertiti a prezzi correnti utilizzando il
deflatore del PIL.
La quota di scorte da attribuire alle famiglie è calcolata utilizzando il rapporto tra la
produzione ai prezzi base delle famiglie produttrici e la produzione ai prezzi base delle imprese
non finanziarie (Società non finanziarie più famiglie produttrici), assumendo che la dimensione
delle scorte sia commisurata al volume della produzione. Tale rapporto, negli anni 1990, risulta
in media pari al 21 per cento.
Per la stima dell’avviamento si sono utilizzati i dati dell’archivio della Cerved, riferiti
alle società di minore dimensione, ovvero quelle con un fatturato inferiore a una determinata
soglia. La scelta di utilizzare una soglia di fatturato, piuttosto che di addetti, deriva dal fatto che
nell’archivio della Cerved il numero di addetti è spesso mancante.
Per ogni anno, la soglia è stata prescelta in base al fatturato medio per addetto che
risulta dalle rilevazioni dell’Istat sui conti economici delle imprese per le aziende di piccola
dimensione (fino a 9 addetti). Utilizzando questo sottoinsieme del campione Cerved si è stimato
il rapporto medio tra l’avviamento e le immobilizzazioni, per il periodo 1995-200231. Questa
quota, pari al 9 per cento, è stata poi applicata allo stock di beni capitali (fabbricati non
residenziali e impianti, macchinari e attrezzature) ricostruito a partire dai dati di contabilità
nazionale.
28
Nel 2006 l’Istat ha presentato una revisione metodologica delle serie degli investimenti fissi per branca proprietaria, dello
stock di capitale e degli ammortamenti. I nuovi dati sono frutto della revisione generale dei conti nazionali effettuata in
ottemperanza alle regole comunitarie (cfr. il riquadro del Bollettino Economico n. 46 - marzo 2006: Revisione delle
metodologie di calcolo dei conti nazionali nell’Unione europea e La revisione delle serie degli investimenti fissi per branca
proprietaria, dello stock di capitale e degli ammortamenti, Nota Metodologica, Istat). Una conseguenza di tale revisione è
stata l’introduzione degli indici dei prezzi concatenati in sostituzione degli indici a base fissa (con base 1995). Dato che gli
indici a prezzi concatenati non consentono di sommare le quantità a prezzi costanti (proprietà di additività), nel lavoro sono
stati utilizzati gli indici a prezzi dell’anno precedente, che invece conservano tale proprietà.
29
Una discussione del fondamento di questa ipotesi è contenuta in L. Cannari, I. Faiella, G. Marchese e A. Neri, The real
assets of Italian households, op. cit..
30
Come ricordato, gli indici a prezzi concatenati non godono della proprietà di additività. Di conseguenza la serie della
variazione delle scorte a prezzi costanti che, prima della revisione del 2006, era calcolata a residuo, non è adesso più
disponibile. Per deflazionare la serie a prezzi correnti è stato utilizzato il deflatore del PIL.
31
La stima è stata realizzata in due fasi. Nella prima fase utilizzando l’archivio della Centrale dei Bilanci è stata stimata
l’incidenza dell’avviamento sul totale delle attività immateriali per classe di investimenti in attività immateriali. Nella
seconda fase le stime ottenute sono state applicate all’archivio della Cerved per ottenere una stima del totale del valore
dell’avviamento.
21
2.5. I terreni
Il valore dei terreni agricoli è disponibile dall’indagine annuale sul mercato fondiario
curata annualmente dall’Istituto Nazionale di Economia Agraria (INEA)32. Per valutare i terreni
destinati a uso non agricolo è stata applicata alla precedente stima l’incidenza percentuale del
valore dei terreni non agricoli rispetto a quelli agricoli stimata nell’IBF (nel periodo 1991-2008,
tale percentuale risulta, in media, pari a circa l’11 per cento). Dal valore complessivo ottenuto è
infine stimata la quota di competenza delle famiglie, applicando la percentuale di superficie
agricola da esse utilizzata secondo l’ultimo Censimento sull’agricoltura33.
3. Le attività e le passività finanziarie
Per i dati sulle componenti finanziarie della ricchezza ci si è basati sui Conti
finanziari34. I valori qui presentati, tuttavia, sono diversi da questi ultimi perchè l’insieme di
riferimento delle stime qui presentate non include le ISP, unità che vengono, invece, considerate
congiuntamente alle famiglie (consumatrici e produttrici) nella settorizzazione del sistema
europeo dei conti (SEC95) utilizzata nei Conti finanziari35.
32
I risultati dell’indagine sono disponibili all’indirizzo Internet http://www.inea.it/progetti/mercato_f.cfm.
33
Il Censimento generale sull’agricoltura fornisce i dati relativi alla superficie agricola utilizzata per forma giuridica
dell’azienda proprietaria. Il settore delle famiglie produttrici è stato approssimato considerando le aziende individuali, le
comunanze o affittanze collettive e una parte delle società semplici.
34
Si veda Conti Finanziari, Supplemento al Bollettino Statistico, Indicatori monetari e finanziari, n. 58, Banca d’Italia,
novembre 2010.
35
Per ulteriori dettagli sulle metodologie utilizzate per stimare le componenti finanziarie della ricchezza delle famiglie si
vedano l’Appendice metodologica al Supplemento al Bollettino statistico “Conti finanziari”, Banca d’Italia (vari numeri) e
il manuale “I conti finanziari dell’Italia”, Banca d’Italia, 2003 (disponibile sul sito http://www.bancaditalia.it, nella sezione
Pubblicazioni / Tematiche istituzionali).
22
SI -
Ultima modifica di camillobenso il 23/09/2012, 18:11, modificato 2 volte in totale.
camillobenso
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TAVOLE STATISTICHE

Tavola 1A
COMPOSIZIONE DELLA RICCHEZZA NETTA
(miliardi di euro)
Voci ……………………………………….. 1995 1996 ..1997 1998 1999.. 2000 2001 .2002..2003 .2004 ..2005 2006 ..2007. 2008 2009
prezzi correnti
Totale attività reali (a) ................................2.770 2.914 3.085 3.137 3.187 3.370 3.584 3.925 4.271 4.566 4.907 5.305 5.682 5.860 5.883
Totale attività finanziarie (b) ......................1.726 1.894 2.173 2.458 2.698 2.867 2.862 2.926 3.001 3.204 3.426 3.553 3.600 3.482 3.565
Totale passività finanziarie (c) .................... 255 280 308 329 362 407 426 511 564 624 693 756 818 847 860
Ricchezza netta (d = a+b-c) ......................4.241 4.528 4.950 5.266 5.523 5.830 6.020 6.340 6.708 7.146 7.640 8.102 8.464 8.495 8.588
prezzi 2009 (4)
Totale attività reali (a) ………………………3.895 3.936 4.076 4.070 4.060 4.153 4.303 4.581 4.851 5.054 5.311 5.592 5.853 5.850 5.883
Totale attività finanziarie (b) ......................2.427 2.558 2.870 3.188 3.438 3.533 3.436 3.414 3.408 3.547 3.708 3.745 3.708 3.477 3.565
Totale passività finanziarie (c) ................... 359 378 407 426 462 502 511 596 641 690 750 797 843 845 860
Ricchezza netta (d = a+b-c) ......................5.963 6.116 6.539 6.831 7.035 7.184 7.227 7.399 7.618 7.910 8.269 8.540 8.719 8.481 8.588
(1) Valori calcolati utilizzando il deflatore dei consumi della contabilità nazionale.
Tavola 2A
RAPPORTI CARATTERISTICI
(euro)
Voci 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
prezzi correnti
Ricchezza netta pro capite (1) .......................
74.613 79.607 86.985 92.536 97.016 102.353 105.634 110.606 115.878 122.241 130.039 137.012 141.969 141.475 142.327
Ricchezza netta per famiglia (2).....................
216.866 228.296 246.085 258.203 268.025 279.940 287.308 299.146 306.885 316.883 335.586 352.037 361.349 356.683 355.453
prezzi 2009 (4)
Ricchezza netta pro capite ...........................
104.908 107.530 114.905 120.041 123.595 126.123 126.811 129.081 131.592 135.303 140.750 144.432 146.243 141.251 142.327
Ricchezza netta per famiglia ........................
304.918 308.373 325.071 334.950 341.453 344.953 344.905 349.113 348.500 350.746 363.228 371.101 372.227 356.116 355.453
Per memoria :
Ricchezza netta / reddito
disponibile (3) ...............................................6,0 6,1 6,5 6,9 7,0 7,1 7,0 7,0 7,2 7,5 7,7 7,9 8,0 7,8 8,2
(1) Il valore è ottenuto utilizzando la popolazione residente di fonte Istat. (2) Il numero di famiglie è calcolato dividendo la popolazione residente (escluse le convivenze) per il numero medio di componenti desunto dall’indagine
della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie. Negli anni per i quali l’indagine non è disponibile il numero di componenti è interpolato. Le convivenze consistono in quell’insieme di persone che, senza essere legate da vincoli di
matrimonio, parentela, affinità e simili, conducono vita in comune per motivi religiosi, di cura, di assistenza, militari, di pena e simili. (3) Il reddito disponibile lordo delle famiglie è tratto dalla contabilità nazionale. (4) Valori
calcolati utilizzando il deflatore dei consumi della contabilità nazionale.
Tavola 3A
LA RICCHEZZA DELLE FAMIGLIE ITALIANE
(miliardi di euro correnti)
Voci …………………………………………………………………….1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Abitazioni ................................................................................... 2.176,4 2.298,0 2.444,9 2.477,0 2.506,3 2.654,2 2.830,9 3.119,7 3.423,3 3.681,2 3.999,8 4.361,2 4.681,3 4.819,3 4.832,2
Oggetti di valore......................................................................... 78,9 82,4 84,7 87,9 95,5 104,3 111,1 117,9 124,4 130,0 122,9 115,0 119,5 122,8 125,2
Fabbricati non residenziali.......................................................... 155,3 163,6 173,6 176,1 178,1 188,1 200,3 223,9 242,7 254,4 273,3 302,3 326,8 337,0 338,2
Impianti, macchinari, attrezzature, scorte e avviamento ............. 199,6 207,0 214,6 223,1 232,4 246,5 259,0 275,5 285,4 299,3 310,0 323,5 336,9 348,9 344,5
Terreni........................................................................................ 160,1 163,2 167,5 173,1 174,2 177,1 183,1 188,1 195,6 201,1 201,2 202,9 217,8 231,4 243,0
Totale attività reali (a) .............................................................. 2.770,3 2.914,1 3.085,3 3.137,2 3.186,5 3.370,2 3.584,4 3.925,0 4.271,3 4.565,9 4.907,3 5.304,8 5.682,3 5.859,5 5.883,2
Biglietti. monete.......................................................................... 41,2 42,0 45,0 48,3 54,1 57,1 47,2 45,9 55,0 64,1 73,1 80,7 85,5 95,6 102,4
Depositi bancari ......................................................................... 521,1 533,6 496,6 460,4 445,1 449,5 475,4 488,0 495,8 504,7 526,4 573,3 602,1 647,6 649,4
di cui: conti correnti ............................................................. 193,8 206,7 224,1 235,6 245,9 256,4 284,2 315,6 338,5 355,2 375,8 396,7 399,5 432,0 491,6
Risparmio postale ...................................................................... 106,9 118,1 128,3 137,9 155,3 165,1 189,1 202,4 222,1 242,6 258,6 271,8 283,5 293,0 310,7
di cui: conti correnti.............................................................. 3,9 3,3 3,0 2,9 2,7 2,8 7,5 8,6 13,1 17,6 20,5 22,1 21,9 23,3 24,7
Titoli ........................................................................................... 402,9 478,1 541,6 488,3 400,9 463,6 528,1 594,9 586,2 640,1 632,6 646,9 701,0 758,8 713,6
titoli pubblici italiani.............................................................. 330,7 344,5 342,5 258,0 163,7 186,3 230,1 279,3 230,9 270,7 234,0 232,1 260,7 259,8 189,1
obbligazioni private italiane ................................................. 40,7 94,6 145,6 171,6 164,5 201,4 206,5 224,7 264,9 282,0 280,0 289,5 313,2 366,7 394,2
di cui: obbligazioni bancarie .................................. 36,5 88,3 139,8 165,1 162,4 195,7 202,9 221,6 247,5 269,7 265,4 276,6 304,4 357,9 384,4
titoli esteri ............................................................................ 31,6 39,0 53,5 58,8 72,7 75,8 91,5 91,0 90,4 87,4 118,5 125,3 127,1 132,3 130,4
Prestiti dei soci alle cooperative ................................................. 5,5 6,1 6,7 7,3 8,2 8,2 9,2 9,9 10,9 11,7 12,6 13,2 13,8 14,3 15,1
Azioni e partecipazioni in società di capitali................................ 248,6 254,6 349,4 483,7 647,4 702,9 628,8 601,4 568,2 618,5 719,9 754,4 718,6 584,4 636,6
azioni e partecipazioni italiane............................................. 222,8 226,9 305,4 395,3 522,5 556,7 496,5 501,2 462,6 494,1 573,3 584,8 558,2 476,4 482,5
di cui: azioni quotate.............................................. 50,0 52,6 91,5 113,7 166,2 188,4 108,4 83,1 114,4 113,0 134,7 149,5 143,5 63,7 80,2
azioni e partecipazioni estere .............................................. 25,8 27,7 44,0 88,4 125,0 146,1 132,3 100,3 105,7 124,4 146,6 169,6 160,5 108,1 154,1
di cui: azioni quotate.............................................. 18,2 19,5 31,0 42,3 58,1 70,8 60,3 41,6 45,9 48,6 58,9 65,6 64,6 42,2 48,0
Partecipazioni in quasi-società(1) ................................................ 91,2 89,4 109,6 141,2 147,4 149,0 146,5 159,7 169,6 189,6 193,0 201,3 221,6 233,9 212,7
Fondi comuni d’investimento...................................................... 67,4 105,6 195,2 369,1 478,7 453,5 388,0 326,5 338,8 320,6 330,9 301,0 262,1 159,7 186,2
Riserve tecniche di assicurazione(2)............................................ 171,8 191,2 217,1 246,4 289,0 329,6 369,8 412,5 467,8 521,1 577,6 610,7 606,6 586,5 632,3
di cui: fondi pensione........................................................... 101,6 107,8 114,4 120,6 129,7 138,8 148,1 157,1 166,8 177,7 191,0 201,6 205,7 209,8 212,8
di cui: riserve ramo vita........................................................ 55,7 66,9 84,5 105,1 136,4 165,4 194,5 226,4 270,1 310,8 352,5 373,4 364,3 342,3 383,8
Altri conti attivi ............................................................................ 9,6 10,1 10,6 10,7 11,5 12,7 5,4 7,1 6,9 7,0 11,5 7,7 9,7 8,7 9,6
Crediti commerciali..................................................................... 59,7 64,8 72,3 64,5 60,9 76,0 74,6 77,2 79,5 84,4 90,0 91,9 95,6 99,7 96,1
Totale attività finanziarie (b) .................................................... 1.726,0 1.893,6 2.172,6 2.457,7 2.698,4 2.867,0 2.862,2 2.925,7 3.000,8 3.204,4 3.426,1 3.552,9 3.600,1 3.482,1 3.564,8
Totale attività (a+b) .................................................................. 4.496,3 4.807,7 5.257,8 5.594,9 5.885,0 6.237,2 6.446,6 6.850,7 7.272,2 7.770,3 8.333,4 8.857,7 9.282,4 9.341,6 9.448,0
Prestiti ........................................................................................ 163,5 174,0 185,3 202,2 231,3 252,4 267,4 344,4 387,4 439,9 500,6 553,5 605,9 624,8 641,3
credito al consumo ............................................................. 8,4 9,4 9,2 24,5 28,7 33,4 37,9 45,1 52,1 59,6 71,2 84,5 97,2 103,1 107,9
mutui per acquisto abitazioni .............................................. 51,0 54,2 59,2 69,9 81,3 103,9 125,5 155,5 182,1 215,3 254,9 292,2 325,1 342,1 349,4
altri prestiti .......................................................................... 104,2 110,4 116,8 107,8 121,2 115,0 104,0 143,8 153,3 165,1 174,5 176,8 183,5 179,5 183,9
Riserve tecniche di assicurazione(2)............................................ 15,2 16,4 17,8 19,2 20,6 22,2 23,9 25,8 27,8 30,0 32,4 33,1 33,5 33,8 34,1
Debiti commerciali ...................................................................... 52,8 57,8 65,2 57,1 53,3 68,6 67,0 68,6 70,7 75,2 80,8 82,6 84,6 91,8 85,7
Altri conti passivi ........................................................................ 23,5 31,8 39,7 50,3 57,3 63,9 67,7 71,8 78,2 78,7 79,6 86,9 94,3 96,3 98,8
Totale passività finanziarie (c) ................................................ 255,0 280,0 308,0 328,7 362,5 407,1 426,1 510,7 564,2 623,8 693,4 756,0 818,3 846,7 859,9
Ricchezza netta (a+b-c)............................................................ 4.241,3 4.527,8 4.949,8 5.266,1 5.522,5 5.830,1 6.020,5 6.340,1 6.708,0 7.146,5 7.640,0 8.101,7 8.464,1 8.494,9 8.588,1
per memoria: beni durevoli ........................................................ 404,8 428,3 445,8 469,0 485,7 506,2 526,5 545,6 565,1 579,7 598,1 616,0 632,7 642,8 647,9
(1) Si definiscono “quasi-società” quegli organismi senza personalità giuridica che dispongono di una contabilità completa e il cui comportamento economico e finanziario si differenzia da quello dei proprietari. Sono comprese
nell’ambito delle quasi-società non finanziarie le società in nome collettivo, in accomandita semplice, le società semplici, le società di fatto, le imprese individuali (artigiani, agricoltori, piccoli imprenditori, liberi professionisti e
comunque coloro che svolgono un’attività in proprio), purché abbiano un numero di addetti superiore alle cinque unità (se gli addetti sono cinque o meno si parla invece di “famiglie produttrici”).
(2) Per riserve tecniche si intendono le somme accantonate dalle imprese di assicurazione e dai fondi pensione (autonomi e non autonomi) al fine di provvedere ai futuri pagamenti ai beneficiari. I fondi di quiescenza sono qui
registrati perché vengono assimilati ai fondi pensione. Le riserve registrate al passivo includono i fondi di quiescenza accantonati dalle famiglie per i propri dipendenti.
Tavola 4A
LA DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA NETTA: 1998-2008
Voci 1998 2000 2002 2004 2006 2008
Percentuale di ricchezza detenuta dal 10 per cento delle famiglie più ricche ..... 46,5 47,5 44,9 42,9 44,7 44,7
Percentuale di ricchezza detenuta dal 50 per cento delle famiglie più povere .... 9,3 9,6 9,6 10,1 9,7 9,8
Percentuale di famiglie con ricchezza netta negativa ......................................... 2,3 1,8 2,1 2,6 2,7 3,2
Indice di concentrazione di Gini(1):
ricchezza netta.................................................................................... 0,628 0,631 0,618 0,603 0,616 0,613
attività reali.......................................................................................... 0,638 0,627 0,619 0,607 0,615 0,607
attività finanziarie ................................................................................ 0,743 0,809 0,767 0,733 0,769 0,763
passività finanziarie............................................................................. 0,937 0,925 0,924 0,922 0,926 0,907
Per memoria:
Indice di concentrazione di Gini del reddito familiare.......................................... 0,375 0,362 0,357 0,353 0,348 0,353
(1) L’indice di Gini varia tra 0, in presenza di minima concentrazione, e 1, nel caso di massima concentrazione del fenomeno.
Fonte: elaborazione sui dati dell’indagine sui bilanci delle famiglie italiane. Archivi annuali.
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Per la pubblicazione telematica: autorizzazione del Tribunale di Roma n. 24/2008 del 25 gennaio 2008
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Amadeus

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Amadeus »

A "in Onda" Fiorito accompagnato dall'avvocato Taormina 8-) che sta zitto ( finora).

ma se uno è innocente che bisogno c'è dell'avvocato Taormina?
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Amadeus ha scritto:A "in Onda" Fiorito accompagnato dall'avvocato Taormina 8-) che sta zitto ( finora).

ma se uno è innocente che bisogno c'è dell'avvocato Taormina?

IL CASO LAZIO
Sono 264 i bonifici senza nome
Così Fiorito gestiva il conto Pdl
Sotto contratto 40 collaboratori. Fino a 38 pagamenti in un solo giorno L'ex capogruppo ordinava uscite per 100 mila euro in 24 ore


ROMA - Bonifici senza intestatario e senza causale disposti per far uscire dal conto del Pdl oltre un milione e centomila euro. Un fiume di denaro che comincia a scorrere nell'agosto del 2011 e ha la sua massima potenza nella primavera scorsa quando Franco Fiorito arriva a disporre pagamenti anche per 100 mila euro in un solo giorno. Oppure quando in una mattinata ordina 38 mandati di pagamento e tra le somme destinate a collaboratori e consiglieri «nasconde» altre cifre altissime. Soldi che in parte ha trasferito sui propri depositi italiani ed esteri, ma che - questo è il sospetto - potrebbe aver girato anche ad altri colleghi di partito proprio per continuare a godere dell'impunità. Del resto quale fosse il criterio di gestione dei fondi destinati al funzionamento del Gruppo si capisce analizzando l'elenco dei collaboratori esterni. Pur potendo contare sui dipendenti della Regione, il Pdl aveva messo sotto contratto circa 40 persone e tra loro c'è chi riceveva addirittura un doppio compenso mensile. Nella lista ci sono anche alcuni partecipanti all'ormai famoso «Olympus party» organizzato dal consigliere Carlo De Romanis al Foro Italico due anni fa. Tutte le spese non giustificate come «politiche» sono all'esame del Nucleo valutario, così come le «schede» dei sedici consiglieri che hanno ottenuto i rimborsi. E sono proprio gli estratti conto a smentire le versioni assolutorie sin qui fornite dai diretti interessati. Tra gli otto «ladri» che avrebbero ottenuto soldi senza giustificazione Fiorito aveva inserito Romolo Del Balzo. «Ho preso soltanto una volta una somma in contanti» ha replicato lui. Le carte acquisite presso l'Unicredit svelano che il 7 giugno scorso del invece ha ottenuto un bonifico da 6.000 euro.
Collaboratori e consulenti
Contratti a progetto, consulenze. Ragazzi che vengono presi, poi mandati via, poi richiamati. E così in alcuni periodi - ad esempio nel dicembre 2011 e nel gennaio 2012 - si arriva ad assoldare ben 42 persone. I compensi sono vari, la media oscilla tra i 788 euro e i 1.272 euro al mese, ma c'è anche chi arriva a guadagnarne 2.022. Nella lista compaiono tre giovani certamente inseriti nell' entourage di De Romanis e immortalati nelle foto della festa in maschera. Emanuel Kristador, che ha lavorato anche a Bruxelles, prende 1.165 euro. Contratto a progetto anche per Olimpia Valentini di Laviano con un compenso di 1.117 euro e per Riccardo Monaco con 1.037 euro. E poi c'è lo strano ruolo di Marco Cesaritti che l'8 novembre 2011 riceve tre bonifici di uguale importo, 5.001 per un totale di 15,003 come «compenso forfettario per l'organizzazione politica». A fine mese i conti oscillano tra i 30.000 e i 70.000 euro e anche su queste «uscite» bisognerà effettuare controlli per stabilire se si tratti di persone che effettivamente svolgono attività per il partito. Anche perché in media si tratta di tre collaboratori a disposizione di ogni consigliere, che vanno ad aggiungersi a tutti coloro che già lavorano come dipendenti alla Pisana. Un vero e proprio esercito, e adesso si dovrà stabilire quale fosse la sua reale missione.

I bonifici «fantasma»
Ben più complicato districarsi tra gli ordinativi di bonifico che vengono disposti a partire da agosto 2011. Fino ad allora non sembra essere registrata alcuna strana «uscita». Scorrendo la documentazione acquisita dagli investigatori del Nucleo valutario presso le banche si scopre che nei mesi successivi sono ben 264 i bonifici ordinati senza specificare il nome del destinatario e la causale. Fiorito appare come una calcolatrice impazzita. Tanto che per occultare la movimentazione omette i dettagli anche quando deve pagare i collaboratori e i suoi colleghi. Dalle casse del Pdl cominciano a uscire cifre da capogiro con operazioni tutte uguali, ripetute come in un'ossessione. Il 10 novembre 2011 ci sono due bonifici da 44.400 euro. Undici giorni dopo un misterioso personaggio riceve 36.003 euro. Cifra alta anche per il 1 dicembre, giorno in cui viene disposto un accredito di 41.213 euro.
Aprile è un mese di fuoco. Il 3 vengono ordinati 14 bonifici per 97.775 euro. Il 5 e il 6 sono evidentemente giorni di paga, ma i collaboratori non vengono indicati nella distinta. Stessa procedura viene seguita il 17 con i consiglieri. Inspiegabile è invece, almeno fino ad ora, quello che avviene il giorno 20 con cinque bonifici per cifre che oscillano tra 1.281 euro e 7.200 euro. E poi 9 bonifici il 23 aprile per circa 30.000 euro, quattro il 26 per 25.000 euro. Fino ad arrivare al 30, data sulla quale si sta concentrando la massima attenzione degli investigatori: quel giorno Fiorito preleva 10.000 euro in contanti presso lo sportello della banca Unicredit interna alla Regione. Ma le sue spese non sono terminate visto che ordina 11 bonifici per un totale di 47.023 euro con una punta massima di 15.000 euro accreditati su un altro conto. Va avanti così anche a maggio e a giugno, quando spende circa 200 mila euro senza specificare come.

I 6mila euro per Del Balzo
Il consigliere Del Balzo aveva negato di aver ricevuto bonifici. Secondo la «scheda» contabile consegnata da Fiorito ai magistrati ha ottenuto soldi per comprare un telefono cellulare dopo aver smarrito il suo, 900 euro per i collaboratori e altri soldi per ristoranti e buoni benzina. A che cosa servivano quei 6.000 euro che gli sono stati accreditati sul conto tre mesi fa?
Entro la fine di questa settimana la Guardia di finanza consegnerà al procuratore aggiunto Alberto Caperna e al sostituto Alberto Pioletti la prima relazione che rendiconta le spese di Fiorito. Poi comincerà ad analizzare le spese degli altri consiglieri per verificare se le accuse dell'ex capogruppo siano fondate. Ma soprattutto per scoprire se altri fondi siano stati occultati grazie a quel «sistema» che in due anni ha consentito l'erogazione al Pdl di circa 18 milioni di euro. Una provvista che è già stata prosciugata: in cassa restano appena 500 mila euro.


Fiorenza Sarzanini
fsarzanini@corriere.it
23 settembre 2012 | 18:55
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http://www.corriere.it/politica/12_sett ... 117d.shtml
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Il Paese allo sbando - 20

"Nulla è cambiato da Tangentopoli"
Alemanno se ne accorge ora, noi 4 anni fa


Una situazione come questa richiede una profonda riflessione, altro che:

“Servono poche riforme efficaci che riconsegnano la politica agli italiani. E più realismo."

Se ne devono andare tutti a casa e poi regole durisissime anticorruzione altrimenti ogni 3 x 2 siamo sempre al punto di partenza.
<<Basta con il teatrino della politica>> aveva promesso il salmone affumicato appena sceso in politica nel 1994.

Infatti, non più teatrino ma teatro d'avanspettacolo di quart'ordine con barzellette, burlesque e bunga bunga.


Scandalo fondi Lazio, Polverini da Monti
Alemanno: "Ora azzerare il centrodestra"

Il governatore a colloquio dal premier. Dimissioni in blocco dei consiglieri regionali di Pd, Sel e Idv

Il governatore del Lazio Renata Polverini ha incontrato il premier Mario Monti per una “valutazione della situazione nella Regione Lazio”. Sarà lei stessa a rendere noto l’esito del colloquio, come hanno sottolineato fonti governative all’Ansa che non hanno voluto sbilanciarsi sul tema delle intenzioni del governatore del Lazio in tema di dimissioni. Anche se l’ipotesi, secondo altre fonti, sarebbe tornata di attualità. I consiglieri di Pd, Sel e Idv si dimettono irrevocabilmente "per lo scioglimento del Consiglio regionale" (leggi l'articolo).

Intanto il sindaco di Roma Gianni Alemanno, in un video pubblicato sul suo blog, chiede un azzeramento totale del centrodestra: "Nulla è cambiato da Tangentopoli" (leggi l'articolo)

***

Lazio, Alemanno chiede “azzeramento totale del centrodestra”
Con un videomessaggio sul suo sito web il sindaco di Roma chiede una svolta per "rifondare una realtà che ha bisogno non solo di valori, che ci sono, e di riferimenti politici, ma che ha bisogno di comportamenti che rendano credibili questi valori. Farlo, senza sconti a nessuno"

di Redazione Il Fatto Quotidiano

| 23 settembre 2012 | Commenti (246)


“Un azzeramento totale del centrodestra”. Dopo le polemiche e il caos che ha quasi portato alla frattura del Pdl e lo scandalo scoppiato sulla gestione dei fondi del gruppo alla Regione Lazio, il sindaco di Roma Gianni Alemanno chiede oggi un “dibattito serio” per giungere alla sua rifondazione. In un videomessaggio affidato al suo sito, il primo cittadino della Capitale parla di “giorni molto amari” e, quindi, “al di là di atteggiamenti strumentali e della ricerca di capri espiatori”, come invece fa il Pd, “c’è una riflessione da fare nel centrodestra”.

”Dobbiamo guardarci in faccia eaprire un dibattito serio, non dilatorio. Credo serva un azzeramento totale all’interno del centrodestra. Dobbiamo rifondare una realtà che ha bisogno non solo di valori, che ci sono, o di riferimenti politici ma anche di comportamenti che rendono credibili questi valori di fondo come persone, famiglia, nazione e merito. Non possiamo continuare a vivere di espedienti” ha detto Alemanno. ”Contemporaneamente – continuaAlemanno nel video pubblicato sul suo blog – bisogna fare un discorso di sistema. Credo che le forze politiche debbano adesso compiere una riforma. Questo momento di crisi è il momento delle riforme, come quella del sistema elettorale che riconsegna agli italiani il diritto e la partecipazione a scegliere le persone che devono essere elette”.

“Cosa si aspetta ad attuare un articolo della Costituzione che prevede il riconoscimento giuridico dei partiti? – si chiede il sindaco della Capitale – i partiti devono essere sottoposti a regole chiare da punto di vista dei conti, dei soldi, della partecipazione, della democrazia interna, della selezione della classe dirigente. Lo dice la Costituzione ma non è mai stato applicato”. Alemanno nel video invita “tutto il centrodestra a fare discorsi seri, senza i quali il sistema non sarà adeguato a gestire l’Italia, a portarla fuori dalla crisi, a renderci credibili nei confronti delle persone. Tutti dobbiamo adesso fare un’analisi profonda e rapida per trovare noi una strada per il centrodestra che così non può continuare e in generale il sistema per fare poche riforme efficaci che riconsegnano la politica agli italiani”.

Il sindaco di Roma non risparmia poi una battuta su Grillo: “Servono poche riforme efficaci che riconsegnano la politica agli italiani. E più realismo. Abbiamo già visto – dice – nel ’92 una grande tangentopoli, oggi nulla cambia. Questo paese non si salva con i Grillo, con i buffoni improvvisati, con demagogie o populismi. Si salva con la politica vera, fatta di militanza, che c’è”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09 ... ra/361226/
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Il Paese allo sbando - 21

Attenti alla collera dei deboli.

Se ne è accorto anche Padellaro che la pazienza è finita.



Napolitano e Monti tacciono
di Antonio Padellaro

| 23 settembre 2012Commenti (267)


‘Fate schifo’, gridano nei mercati rionali di Roma i pensionati da 480 euro al mese a cui l’Inps chiede di restituire la quattordicesima erroneamente versata, mentre Fiorito-Batman “si mangia i nostri soldi” (31mila euro al mese). “E’ la legge, e noi dobbiamo rispettarla”, dicono diligenti i funzionari del presidente Mastrapasqua, lesti a ripristinare la legalità violata con 24 rate da 12 euro l’una (perché non ci va lui a riscuotere?).

Guarda caso è la stessa legalità a cui si appella proprio il Fiorito-Batman che da Vespa erutta l’indimenticabile frase: “Ho gestito mole ingenti di denaro ma nel rispetto della legge”. Di quale legge si parla? Di quella del più forte, naturalmente, di quella della giungla che le belve (e i porci) sanno bene adattare ai loro appetiti.

Come se niente fosse, scrivemmo rassegnati a proposito dei leader smemorati che di fronte alle ruberie dei Lusi (sobri spuntini di fronte alle fameliche abbuffate dei consiglieri laziali) promisero tagli e diete alla politica ingorda salvo poi rimangiarsi, è il caso di dire, tutto. E anche le finte dimissioni della Polverini (“vere ma sospese”) suscitano più riso che altro, una barzelletta al levar delle mense.

Ma alla fine devono avere ragione, loro, i ladri se dalle alte stanze dei severi palazzi nulla si ode, non un sospiro o un gemito. Possibile che tra i suoi tanti moniti Napolitano non ne abbia trovato uno per esprimere lo sdegno degli italiani onesti? Possibile che il professor Monti non possa scendere un attimo dai cieli dell’iperuranio per osservare la miseria in cui versa il Paese che con tanto sussiego governa? Attenti alla collera dei deboli.

Il Fatto Quotidiano, 23 Settembre 2012
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