Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
4 dic 2016 23:17
1. UN CIAONE AL DUCETTO DI RIGNANO SULL'ARNO!
- NO AL 60 PER CENTO
- POCO DOPO LA MEZZANOTTE UN AFFRANTO RENZI ANNUNCIA IN TV LE SUE DIMISSIONI: "HO PERSO IO, LA POLTRONA CHE SALTA È LA MIA"
- DOMANI RIMETTERA' IL MANDATO NELLE MANI DI MATTARELLA
2. IL 4 DICEMBRE 2016 NON È UNA VITTORIA DELL'ANTI-POLITICA. QUANDO, DOPO DUE ANNI E MEZZO, I CITTADINI SONO STATI CHIAMATI FINALMENTE A GIUDICARE RENZI VOLUTO A PALAZZO CHIGI PER VOLONTÀ DI GIORGIO NAPOLITANO, LA LORO RISPOSTA È UN NO SECCO E CONVINTO
3. IL PREMIER CAZZARO HA GIA' LA LISTA DEL GOVERNO PADOAN DA UNA SETTIMANA IN TASCA. RENZI VUOLE UN TECNICO ADDOMESTICATO E IL MINISTRO DELL'ECONOMIA E' PERFETTO
DAGONOTA
La caduta del Ducetto di Rignano sull'Arno è di quelle destinate a fare rumore
e a restare nella storia del Bel Paese che negli ultimi 70 anni ha guardato sempre con sospetto all'uomo solo al comando; al capo che si rivolge alla folla per chiedere un plebiscito su un testo, la riforma costituzionale, che insieme alla nuova legge elettorale (Italicum) gli avrebbe consegnato i poter per fare il bello e il cattivo tempo al governo.
Dunque, il 4 dicembre 2016 non è una vittoria dell'anti-politica. Quando, dopo due anni e mezzo, i cittadini sono stati chiamati finalmente a giudicare il premier cazzaro Matteo Renzi voluto a Palazzo Chigi per volontà di Giorgio Napolitano, la loro risposta è stato un No secco e convinto.
Renzi ha già la lista del governo Padoan da una settimana in tasca. Il premier cazzaro vuole un tecnico addomesticato e il ministro dell'economia è perfetto.
RENZI ANNUNCIA LE DIMISSIONI
ANSA
Il popolo italiano "ha parlato in modo inequivocabile chiaro e netto", ha detto il premier Matteo Renzi in conferenza stampa a Palazzo Chigi. "Questa riforma è stata quella che abbiamo portato al voto, non siamo stati convincenti, mi dispiace, ma andiamo via senza rimorsi. Come era chiaro sin dall'inizio l'esperienza del mio governo finisce qui", ha detto ancora Renzi. "Domani pomeriggio riunirò il consiglio dei ministri e poi salirò al Quirinale per consegnare al presidente della Repubblica le dimissioni".
E un'affluenza record ha caratterizzato la tornata referendaria. Gli italiani, probabilmente spinti da una campagna elettorale serratissima, tanto sul fronte del "no" quanto su quello del "sì", sono andati in massa a votare se è vero che ha votato quasi il 69% degli elettori (il dato non è definitivo) con percentuali bulgare al nord.
Intanto è breaking news in tutto il mondo la notizia della vittoria del 'No' all'uscita dei primi exit poll al referendum costituzionale in Italia.
LE MOSSE DI RENZI E DEL PD
Corriere.it
Prima di prendere la parola a Palazzo Chigi, il premier aveva affidato ad un tweet il suo primo pensiero: «Grazie a tutti, comunque». Annunciando l'imminente intervento in diretta, Renzi l'ha buttata sull'ironia, aggiungendo il commento «Arrivo, arrivo» con tanto di smile, un'autocitazione che rimanda al tweet da lui postato il giorno dell'insediamento al governo, poco prima di recarsi al Quirinale per il giuramento. E ora al Quirinale dovrà tornare. Il vicesegretario Lorenzo Guarini ha già annunciato la convocazione per martedì dei massimi organismi del partito al Nazareno per una valutazione politica del risultato e delle strategie da adottare per il prosieguo della legislatura.
1. UN CIAONE AL DUCETTO DI RIGNANO SULL'ARNO!
- NO AL 60 PER CENTO
- POCO DOPO LA MEZZANOTTE UN AFFRANTO RENZI ANNUNCIA IN TV LE SUE DIMISSIONI: "HO PERSO IO, LA POLTRONA CHE SALTA È LA MIA"
- DOMANI RIMETTERA' IL MANDATO NELLE MANI DI MATTARELLA
2. IL 4 DICEMBRE 2016 NON È UNA VITTORIA DELL'ANTI-POLITICA. QUANDO, DOPO DUE ANNI E MEZZO, I CITTADINI SONO STATI CHIAMATI FINALMENTE A GIUDICARE RENZI VOLUTO A PALAZZO CHIGI PER VOLONTÀ DI GIORGIO NAPOLITANO, LA LORO RISPOSTA È UN NO SECCO E CONVINTO
3. IL PREMIER CAZZARO HA GIA' LA LISTA DEL GOVERNO PADOAN DA UNA SETTIMANA IN TASCA. RENZI VUOLE UN TECNICO ADDOMESTICATO E IL MINISTRO DELL'ECONOMIA E' PERFETTO
DAGONOTA
La caduta del Ducetto di Rignano sull'Arno è di quelle destinate a fare rumore
e a restare nella storia del Bel Paese che negli ultimi 70 anni ha guardato sempre con sospetto all'uomo solo al comando; al capo che si rivolge alla folla per chiedere un plebiscito su un testo, la riforma costituzionale, che insieme alla nuova legge elettorale (Italicum) gli avrebbe consegnato i poter per fare il bello e il cattivo tempo al governo.
Dunque, il 4 dicembre 2016 non è una vittoria dell'anti-politica. Quando, dopo due anni e mezzo, i cittadini sono stati chiamati finalmente a giudicare il premier cazzaro Matteo Renzi voluto a Palazzo Chigi per volontà di Giorgio Napolitano, la loro risposta è stato un No secco e convinto.
Renzi ha già la lista del governo Padoan da una settimana in tasca. Il premier cazzaro vuole un tecnico addomesticato e il ministro dell'economia è perfetto.
RENZI ANNUNCIA LE DIMISSIONI
ANSA
Il popolo italiano "ha parlato in modo inequivocabile chiaro e netto", ha detto il premier Matteo Renzi in conferenza stampa a Palazzo Chigi. "Questa riforma è stata quella che abbiamo portato al voto, non siamo stati convincenti, mi dispiace, ma andiamo via senza rimorsi. Come era chiaro sin dall'inizio l'esperienza del mio governo finisce qui", ha detto ancora Renzi. "Domani pomeriggio riunirò il consiglio dei ministri e poi salirò al Quirinale per consegnare al presidente della Repubblica le dimissioni".
E un'affluenza record ha caratterizzato la tornata referendaria. Gli italiani, probabilmente spinti da una campagna elettorale serratissima, tanto sul fronte del "no" quanto su quello del "sì", sono andati in massa a votare se è vero che ha votato quasi il 69% degli elettori (il dato non è definitivo) con percentuali bulgare al nord.
Intanto è breaking news in tutto il mondo la notizia della vittoria del 'No' all'uscita dei primi exit poll al referendum costituzionale in Italia.
LE MOSSE DI RENZI E DEL PD
Corriere.it
Prima di prendere la parola a Palazzo Chigi, il premier aveva affidato ad un tweet il suo primo pensiero: «Grazie a tutti, comunque». Annunciando l'imminente intervento in diretta, Renzi l'ha buttata sull'ironia, aggiungendo il commento «Arrivo, arrivo» con tanto di smile, un'autocitazione che rimanda al tweet da lui postato il giorno dell'insediamento al governo, poco prima di recarsi al Quirinale per il giuramento. E ora al Quirinale dovrà tornare. Il vicesegretario Lorenzo Guarini ha già annunciato la convocazione per martedì dei massimi organismi del partito al Nazareno per una valutazione politica del risultato e delle strategie da adottare per il prosieguo della legislatura.
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Re: Diario della caduta di un regime.
UN GRANDISSIMO CIAONE A ERNESTO CARBONE AUTORE DEL TORMENTONE
MA ANCHE A BENITO, PINOCCHIO MUSSOLONI-LA TRUFFA
A MARIA ETRURIA BOSCHI
AL MINISTRO DELiRIO
A GENNA'.......IL MIGLIORE
A QUELLA CHIAVICA DI GUERINI
E A TUTTI GLI SCORNACCHIATI DELLA COMPAGNIA DI GIRO DI MUSSOLONI
UN CIAONE A NON PIU' RIVEDERVI
NON SENTIREMO LA VOSTRA MANCANZA
MA ANCHE A BENITO, PINOCCHIO MUSSOLONI-LA TRUFFA
A MARIA ETRURIA BOSCHI
AL MINISTRO DELiRIO
A GENNA'.......IL MIGLIORE
A QUELLA CHIAVICA DI GUERINI
E A TUTTI GLI SCORNACCHIATI DELLA COMPAGNIA DI GIRO DI MUSSOLONI
UN CIAONE A NON PIU' RIVEDERVI
NON SENTIREMO LA VOSTRA MANCANZA
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Re: Diario della caduta di un regime.
IlFattoQuotidiano.it / Referendum Costituzionale
Referendum e dimissioni di Renzi, al Nazareno volti scuri e nessuna voglia di parlare
Referendum Costituzionale
Dalla Pinotti a Delrio, da Sensi a Guerini, da Martina alla Madia, ministri ed esponenti di punta del Partito democratico non rilasciano dichiarazioni. E a due ore dalla chiusura dei seggi, la sede del partito del premier uscente chiude i battenti
di Valerio Valentini | 5 dicembre 2016
Che l’esito del referendum non fosse quello sperato, al Nazareno è apparso chiaro sin dai primi istanti che hanno seguito la chiusura dei seggi, quando i televisori installati nella sala stampa al terzo piano hanno trasmesso i primi exit poll. Che la sconfitta potesse assumere i contorni della disfatta, però, molti lo hanno dedotto pochi minuti più tardi, guardando i volti scuri dei responsabili della comunicazione del Pd. Su tutti, quello di Filippo Sensi, solitamente enigmatico, che invece stavolta tradiva un certo nervosismo, mentre il vicesegretario dem, Lorenzo Guerini, cercava di abbozzare una dichiarazione di servizio lodando il dato positivo dell’alta affluenza e predicando cautela rispetto alle prime proiezioni, ancora non definitive ma comunque da osservare «con rispetto».
Finito il breve discorso di Guerini, a riempire la sala stampa del Nazareno sono rimasti solo i commenti dei giornalisti di mezzo mondo, che pescavano ciascuno nel proprio vocabolario per giudicare i risultati che si andavano delineando. «A huge defeat», sentenziava un osservatore britannico; «che scoppola», diceva, più laconico, un cameraman romano. Poi il silenzio, e l’esodo delle decine di operatori verso Palazzo Chigi, per assistere al discorso di Renzi. È l'una di notte, quando il Nazareno torna a popolarsi, ma i responsabili della sala stampa invitano tutti ad andarsene: «Non parlerà più nessuno, è inutile restare». E domani, cosà accadrà? «Per ora navighiamo a vista. Le dimissioni del premier hanno sorpreso anche noi», giurano.
Nessuno accetta di rilasciare dichiarazioni. Davide Faraone si lamenta per l’eccessiva attesa davanti all’ascensore, e compulsa nervoso sul suo Ipad. Nel corridoio del secondo piano, Pina Picierno e il ministro Maurizio Martina parlottano tra loro. Al piano terra, Roberta Pinotti abbraccia una Marianna Madia particolarmente affranta. Le due ministre non rispondono a nessuna domanda, e si chiudono dietro una porta bianca.
Sullo spiazzo davanti al portone d’ingresso, intanto, compaiono alcuni giovani militanti del Pd. Sono una decina, e hanno intorno ai vent’anni. Rispondono a fatica, parlano di una occasione persa, trattengono a stento le lacrime. «Perché abbiamo perso? Perché forse gli italiani – commenta una ragazza – non hanno letto bene la riforma, o non ne hanno capito il valore». Poi cerca anche lei l’abbraccio di un suo amico, che tenta di consolarla: «Da domani si ricomincia. La democrazia è anche questo».
Quando ormai tutti gli operatori cominciano a dubitare di poter intercettare qualche volto illustre del Pd, ecco che dal portone principale esce il ministro Graziano Delrio. Mani in tasca, volto basso, chiede ai giornalisti che lo assediano di lasciarlo in pace: «Parleremo di tutto domani». Pochi istanti dopo, anche l’eurodeputata Alessandra Moretti lascia il Nazareno. S’illude per qualche istante di non essere riconosciuta, e aggira velocemente quel che resta del circo mediatico. Ma alle domande di un paio di giornalisti che la seguono lungo Via del Bufalo, si limita a rispondere: «Faccio mie le parole del presidente del consiglio. Pe ora buonanotte». Si allaccia il giubbotto, e si avvia solitaria verso Via del Corso.
Referendum e dimissioni di Renzi, al Nazareno volti scuri e nessuna voglia di parlare
Referendum Costituzionale
Dalla Pinotti a Delrio, da Sensi a Guerini, da Martina alla Madia, ministri ed esponenti di punta del Partito democratico non rilasciano dichiarazioni. E a due ore dalla chiusura dei seggi, la sede del partito del premier uscente chiude i battenti
di Valerio Valentini | 5 dicembre 2016
Che l’esito del referendum non fosse quello sperato, al Nazareno è apparso chiaro sin dai primi istanti che hanno seguito la chiusura dei seggi, quando i televisori installati nella sala stampa al terzo piano hanno trasmesso i primi exit poll. Che la sconfitta potesse assumere i contorni della disfatta, però, molti lo hanno dedotto pochi minuti più tardi, guardando i volti scuri dei responsabili della comunicazione del Pd. Su tutti, quello di Filippo Sensi, solitamente enigmatico, che invece stavolta tradiva un certo nervosismo, mentre il vicesegretario dem, Lorenzo Guerini, cercava di abbozzare una dichiarazione di servizio lodando il dato positivo dell’alta affluenza e predicando cautela rispetto alle prime proiezioni, ancora non definitive ma comunque da osservare «con rispetto».
Finito il breve discorso di Guerini, a riempire la sala stampa del Nazareno sono rimasti solo i commenti dei giornalisti di mezzo mondo, che pescavano ciascuno nel proprio vocabolario per giudicare i risultati che si andavano delineando. «A huge defeat», sentenziava un osservatore britannico; «che scoppola», diceva, più laconico, un cameraman romano. Poi il silenzio, e l’esodo delle decine di operatori verso Palazzo Chigi, per assistere al discorso di Renzi. È l'una di notte, quando il Nazareno torna a popolarsi, ma i responsabili della sala stampa invitano tutti ad andarsene: «Non parlerà più nessuno, è inutile restare». E domani, cosà accadrà? «Per ora navighiamo a vista. Le dimissioni del premier hanno sorpreso anche noi», giurano.
Nessuno accetta di rilasciare dichiarazioni. Davide Faraone si lamenta per l’eccessiva attesa davanti all’ascensore, e compulsa nervoso sul suo Ipad. Nel corridoio del secondo piano, Pina Picierno e il ministro Maurizio Martina parlottano tra loro. Al piano terra, Roberta Pinotti abbraccia una Marianna Madia particolarmente affranta. Le due ministre non rispondono a nessuna domanda, e si chiudono dietro una porta bianca.
Sullo spiazzo davanti al portone d’ingresso, intanto, compaiono alcuni giovani militanti del Pd. Sono una decina, e hanno intorno ai vent’anni. Rispondono a fatica, parlano di una occasione persa, trattengono a stento le lacrime. «Perché abbiamo perso? Perché forse gli italiani – commenta una ragazza – non hanno letto bene la riforma, o non ne hanno capito il valore». Poi cerca anche lei l’abbraccio di un suo amico, che tenta di consolarla: «Da domani si ricomincia. La democrazia è anche questo».
Quando ormai tutti gli operatori cominciano a dubitare di poter intercettare qualche volto illustre del Pd, ecco che dal portone principale esce il ministro Graziano Delrio. Mani in tasca, volto basso, chiede ai giornalisti che lo assediano di lasciarlo in pace: «Parleremo di tutto domani». Pochi istanti dopo, anche l’eurodeputata Alessandra Moretti lascia il Nazareno. S’illude per qualche istante di non essere riconosciuta, e aggira velocemente quel che resta del circo mediatico. Ma alle domande di un paio di giornalisti che la seguono lungo Via del Bufalo, si limita a rispondere: «Faccio mie le parole del presidente del consiglio. Pe ora buonanotte». Si allaccia il giubbotto, e si avvia solitaria verso Via del Corso.
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA SCOPPOLA E' ANCHE PER KING GEORGE.
ANDRA' IN ESILIO A CASCAIS???????????????????
ANDRA' IN ESILIO A CASCAIS???????????????????
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Re: Diario della caduta di un regime.
•Affluenza boom, quasi al 69 per cento: Veneto ed Emilia Romagna prime, Sud in coda
GLI ITALIANI NE AVEVANO PROPRIO PIENE LE PALLE DI QUESTO TOSCANACCIO E LA SUA CORTE DI SALTIMBANCHI
GLI ITALIANI NE AVEVANO PROPRIO PIENE LE PALLE DI QUESTO TOSCANACCIO E LA SUA CORTE DI SALTIMBANCHI
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Re: Diario della caduta di un regime.
Trionfo inimmaginabile! Ed è la fine del premier sbruffone
Renzi, governo non tratta con sindacati Un risultato così netto era inimmaginabile e questa volta i sondaggi hanno sbagliato per eccesso di prudenza. Il NO non soltanto vince, trionfa con margini di distacco che sono abissali.
Ed è estremamente significativo che la partecipazione alle urne sia stata molto alta. Questo è stato autenticamente, un voto popolare, che non lascia spazio ad interpretazioni e ad ambiguità.
Gli italiani hanno bocciato una riforma costituzionale che, se fosse stata approvata, avrebbe incrinato alcuni dei principi fondanti della democrazia e della Repubblica. E contestualmente hanno bocciato irrevocabilmente un premier, Matteo Renzi, che poco meno di tre anni fa si era presentato come uno straordinario innovatore ed era considerato da molti come l’unica vera speranza per l’Italia, che però con il trascorrere del tempo ha mostrato il suo vero volto, quello di un premier sbruffone, voltagabbana, convinto di poter ingannare e illudere tutti con la sua straordinaria ma illusoria parlantina. Un “bomba”, come lo chiamavano i suoi compagni di classe.
Per un po’ gli italiani gli hanno dato ascolto, persino fiducia ma quando le promesse, gli annunci roboanti sull’Italia che riparte, sulla disoccupazione che scende, sui “rosiconi” che perdono, non trovano riscontri nella vita di ogni giorno, quella fiducia si è trasformata dapprima in perplessità, poi in diffidenza e nei casi estremi in vero e proprio odio.
La prospettiva di dare a un premier di questa risma poteri che non hanno paragoni nelle democrazie occidentali è risultata intollerabile alla stragrande maggioranza degli elettori. E il fatto che Renzi si sia impegnato in prima persona con la foga di un gladiatore e facendo ampio ricorso a una propaganda che è risultata sovrastante e martellante rende ancor più cocente e significativa la sua sconfitta.
E’ un no alla riforma, è un no alla persona. Matteo Renzi, politicamente, è finito.
Gli italiani, invece, si associano al messaggio già formulato con forza dai britannici scegliendo la Brexit e dagli americani eleggendo Donald Trump. E non solo perché ancora una volta le intimidazioni e lo spin attraverso i media tradizionali è risultato inefficiente. Le vecchie regole della propaganda e della manipolazione per influenzare e intimidire i popoli, non sono più efficienti come un tempo.
Gli italiani hanno detto no all’establishment e alle élite transnazionali ed europee che hanno governato la globalizzazione, l’Europa e di fatto anche l’Italia, limitandone la sovranità e la possibilità di cambiare.
Gli italiani, come gli americani e come i britannici, vogliono un vero cambiamento, vogliono tornare padroni del proprio destino. Questa sì è una rivoluzione.
Renzi, governo non tratta con sindacati Un risultato così netto era inimmaginabile e questa volta i sondaggi hanno sbagliato per eccesso di prudenza. Il NO non soltanto vince, trionfa con margini di distacco che sono abissali.
Ed è estremamente significativo che la partecipazione alle urne sia stata molto alta. Questo è stato autenticamente, un voto popolare, che non lascia spazio ad interpretazioni e ad ambiguità.
Gli italiani hanno bocciato una riforma costituzionale che, se fosse stata approvata, avrebbe incrinato alcuni dei principi fondanti della democrazia e della Repubblica. E contestualmente hanno bocciato irrevocabilmente un premier, Matteo Renzi, che poco meno di tre anni fa si era presentato come uno straordinario innovatore ed era considerato da molti come l’unica vera speranza per l’Italia, che però con il trascorrere del tempo ha mostrato il suo vero volto, quello di un premier sbruffone, voltagabbana, convinto di poter ingannare e illudere tutti con la sua straordinaria ma illusoria parlantina. Un “bomba”, come lo chiamavano i suoi compagni di classe.
Per un po’ gli italiani gli hanno dato ascolto, persino fiducia ma quando le promesse, gli annunci roboanti sull’Italia che riparte, sulla disoccupazione che scende, sui “rosiconi” che perdono, non trovano riscontri nella vita di ogni giorno, quella fiducia si è trasformata dapprima in perplessità, poi in diffidenza e nei casi estremi in vero e proprio odio.
La prospettiva di dare a un premier di questa risma poteri che non hanno paragoni nelle democrazie occidentali è risultata intollerabile alla stragrande maggioranza degli elettori. E il fatto che Renzi si sia impegnato in prima persona con la foga di un gladiatore e facendo ampio ricorso a una propaganda che è risultata sovrastante e martellante rende ancor più cocente e significativa la sua sconfitta.
E’ un no alla riforma, è un no alla persona. Matteo Renzi, politicamente, è finito.
Gli italiani, invece, si associano al messaggio già formulato con forza dai britannici scegliendo la Brexit e dagli americani eleggendo Donald Trump. E non solo perché ancora una volta le intimidazioni e lo spin attraverso i media tradizionali è risultato inefficiente. Le vecchie regole della propaganda e della manipolazione per influenzare e intimidire i popoli, non sono più efficienti come un tempo.
Gli italiani hanno detto no all’establishment e alle élite transnazionali ed europee che hanno governato la globalizzazione, l’Europa e di fatto anche l’Italia, limitandone la sovranità e la possibilità di cambiare.
Gli italiani, come gli americani e come i britannici, vogliono un vero cambiamento, vogliono tornare padroni del proprio destino. Questa sì è una rivoluzione.
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Re: Diario della caduta di un regime.
L'AFORISMA DI ABRAMO LINCOLN SI E' AVVERATO ANCORA UNA VOLTA
Si possono ingannare poche persone per molto tempo
o molte persone per poco tempo.
Ma non si possono ingannare molte persone per molto tempo.
Si possono ingannare poche persone per molto tempo
o molte persone per poco tempo.
Ma non si possono ingannare molte persone per molto tempo.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Che aspetta a dimettersi da segretario? E' ancora più essenziale.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Dato che il vecchio Trap(Giovanni Trapattoni, per la cronaca), ci ha insegnato:
“ Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”,
io, per l’occasione, divento tommasiano(seguace di San Tommaso) e non credo alle dimissioni fino a quando non sarà emessa una nota ufficiale del Colle, che precisa le dimissioni di Mussoloni.
E dato che circolano voci di agenzia dopo l’incontro di stamani al Colle che il capo dello Stato abbia chiesto a Mussoloni di congelare le dimissioni(In attesa che le élite decidano sul da farsi-ndt), in questi giorni giocherà anche sulla sua posizione all’interno del PD.
Sulla prima pagina del Fattoquotidiano.it, possiamo leggere in questo momento:
Boccia: “Lascia la segreteria, serve un chiarimento”,
ho qualche dubbio che Mussoloni lasci spontaneamente anche il comando del PD.
Molto probabilmente penserà ad una riscossa più avanti.
E quindi un partito dietro le spalle gli può servire.
Bisognerà vedere come si muoveranno i residuati bellici della ex sinistra dem del PD.
“ Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”,
io, per l’occasione, divento tommasiano(seguace di San Tommaso) e non credo alle dimissioni fino a quando non sarà emessa una nota ufficiale del Colle, che precisa le dimissioni di Mussoloni.
E dato che circolano voci di agenzia dopo l’incontro di stamani al Colle che il capo dello Stato abbia chiesto a Mussoloni di congelare le dimissioni(In attesa che le élite decidano sul da farsi-ndt), in questi giorni giocherà anche sulla sua posizione all’interno del PD.
Sulla prima pagina del Fattoquotidiano.it, possiamo leggere in questo momento:
Boccia: “Lascia la segreteria, serve un chiarimento”,
ho qualche dubbio che Mussoloni lasci spontaneamente anche il comando del PD.
Molto probabilmente penserà ad una riscossa più avanti.
E quindi un partito dietro le spalle gli può servire.
Bisognerà vedere come si muoveranno i residuati bellici della ex sinistra dem del PD.
Chi c’è in linea
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