quo vadis PD ????
Re: quo vadis PD ????
ROMA - Il futuro Gianni Letta di Pier Luigi Bersani, ossia Vasco Errani, ha aiutato il segretario del Pd a fare i calcoli. Alla fine i due si sono guardati negli occhi e si sono detti. «È fatta».
Il segretario del Pd e il suo braccio destro sono convinti: al Senato, oltre ai parlamentari che fanno riferimento a Mario Monti, c'è un gruppo di grillini pronti a sostenere il governo presieduto dal leader del Partito democratico. Li hanno contattati, ci hanno parlato a lungo, il lavoro di «scouting» è andato in porto e ora possono tirare un sospirone di sollievo. A questo punto, dicono inorgogliti i bersaniani, il governo guidato dal segretario del Pd è praticamente fatto. Ma in quello stesso partito c'è chi non ci crede, chi fiuta la trappola, chi, come Massimo D'Alema, ritiene che le trattative con il Movimento 5 stelle possano condannare a morte il centrosinistra.
Dalla sua Firenze Matteo Renzi guarda ai movimenti del suo partito con un mix di disincanto e preoccupazione. Il sindaco rottamatore vorrebbe un Pd con maggiore «verve» però si è ripromesso di non ostacolare il manovratore Bersani e si attiene a quel che ha detto in tempi non sospetti. Il che, ovviamente, non gli preclude il campo della politica. Ci è nato e cresciuto in quel territorio, del resto. Ai collaboratori, agli amici, a qualche «suo» parlamentare ha spiegato che cosa intende fare: «Vedo che alcuni giornalisti scrivono che io potrei fare il premier, che potrei fare il segretario. Tutte illazioni. E cavolate. La realtà dei fatti è questa: io non mi farò mai cooptare dal partito. Manco morto! Nessuno dei vertici potrà mai dire: "Il nostro prossimo candidato premier sarà Renzi". Perché a quel punto io dico: no, grazie. Altra cosa è se il Partito democratico va alle consultazioni da Giorgio Napolitano con una rosa dei nomi. Cioè, senza dire che la richiesta è quella di Bersani secca.
Se per riuscire a superare lo stallo che si è creato e che, certamente, non fa bene al Paese, il Pd si presentasse con più nomi di possibili candidati alla presidenza del Consiglio e se fra quei nomi ci fosse anche il mio, allora io ci penserei seriamente». A fare che? Non il candidato premier di una coalizione di centrosinistra alle prossime elezioni, ma il possibile presidente del Consiglio di una grande coalizione, che comprenda Grillo e anche Berlusconi, e che riesca finalmente ad avviare «le tante riforme da fare». «In quel caso potrei accettare di prendere in mano la situazione. So bene che ci potrei rimettere le penne, che mi converrebbe lasciar perdere, ma è una sfida che mi avvince».
E Renzi non ritiene di tradire la fiducia di Bersani quando spiega queste cose ai fedelissimi: «Io sono stato leale fino all'ultimo». La correttezza non gli vieta di spiegare qual è la sua versione dei fatti, nè di illustrare la sua analisi su quello che è successo. Tradotto dal politichese all'italiano: Renzi è pronto a dire perché il centrosinistra che si riteneva vincitore abbia mancato l'occasione della vita: «Quando dicevo che avremmo dovuto dimezzare i parlamentari e azzerare il finanziamento pubblico, tutti mi trattavano come un demagogo da strapazzo, anche nel partito, senza capire che quello era il modo per sgonfiare Grillo». I vertici del Pd non hanno seguito i suggerimenti del sindaco di Firenze, sconfitto dalle primarie, e hanno preferito andare dietro al vincitore di quella tenzone: «Hanno optato per il partito identitario. E il partito identitario più di quei voti non riesce a prendere». Già, di quei voti che sono tre milioni e mezzo in meno di quelli che prese Walter Veltroni. L'ex segretario lo ricorda: «Forse ora capiranno come fosse importante quel 34 per cento».
Se Veltroni sente ancora su di sé le ferite inflittegli da un partito non esattamente solidale, Renzi, memore di quell'esperienza, si tiene alla larga dai giochi e i giochetti del Pd: «Arrivano per le riunioni del partito con le loro belle auto blu e litigano. Io preferisco rimanere a Firenze e andare in giro in bicicletta. Non voglio essere coinvolto in queste storie». Rifugge dagli alterchi e dalle polemiche, il sindaco di Firenze, ma quando parla con il suo gruppo di futuri parlamentari (una cinquantina, circa) spiega. «La verità è che noi abbiamo perso queste elezioni il giorno in cui abbiamo respinto la gente dai seggi delle primarie, quando abbiamo deciso che dovessero votare solo i militanti. Con che faccia, poi, potevamo chiedere a tutta questa gente che abbiamo cacciato di andare a votare alle politiche per noi?».
Maria Teresa Meli
Il segretario del Pd e il suo braccio destro sono convinti: al Senato, oltre ai parlamentari che fanno riferimento a Mario Monti, c'è un gruppo di grillini pronti a sostenere il governo presieduto dal leader del Partito democratico. Li hanno contattati, ci hanno parlato a lungo, il lavoro di «scouting» è andato in porto e ora possono tirare un sospirone di sollievo. A questo punto, dicono inorgogliti i bersaniani, il governo guidato dal segretario del Pd è praticamente fatto. Ma in quello stesso partito c'è chi non ci crede, chi fiuta la trappola, chi, come Massimo D'Alema, ritiene che le trattative con il Movimento 5 stelle possano condannare a morte il centrosinistra.
Dalla sua Firenze Matteo Renzi guarda ai movimenti del suo partito con un mix di disincanto e preoccupazione. Il sindaco rottamatore vorrebbe un Pd con maggiore «verve» però si è ripromesso di non ostacolare il manovratore Bersani e si attiene a quel che ha detto in tempi non sospetti. Il che, ovviamente, non gli preclude il campo della politica. Ci è nato e cresciuto in quel territorio, del resto. Ai collaboratori, agli amici, a qualche «suo» parlamentare ha spiegato che cosa intende fare: «Vedo che alcuni giornalisti scrivono che io potrei fare il premier, che potrei fare il segretario. Tutte illazioni. E cavolate. La realtà dei fatti è questa: io non mi farò mai cooptare dal partito. Manco morto! Nessuno dei vertici potrà mai dire: "Il nostro prossimo candidato premier sarà Renzi". Perché a quel punto io dico: no, grazie. Altra cosa è se il Partito democratico va alle consultazioni da Giorgio Napolitano con una rosa dei nomi. Cioè, senza dire che la richiesta è quella di Bersani secca.
Se per riuscire a superare lo stallo che si è creato e che, certamente, non fa bene al Paese, il Pd si presentasse con più nomi di possibili candidati alla presidenza del Consiglio e se fra quei nomi ci fosse anche il mio, allora io ci penserei seriamente». A fare che? Non il candidato premier di una coalizione di centrosinistra alle prossime elezioni, ma il possibile presidente del Consiglio di una grande coalizione, che comprenda Grillo e anche Berlusconi, e che riesca finalmente ad avviare «le tante riforme da fare». «In quel caso potrei accettare di prendere in mano la situazione. So bene che ci potrei rimettere le penne, che mi converrebbe lasciar perdere, ma è una sfida che mi avvince».
E Renzi non ritiene di tradire la fiducia di Bersani quando spiega queste cose ai fedelissimi: «Io sono stato leale fino all'ultimo». La correttezza non gli vieta di spiegare qual è la sua versione dei fatti, nè di illustrare la sua analisi su quello che è successo. Tradotto dal politichese all'italiano: Renzi è pronto a dire perché il centrosinistra che si riteneva vincitore abbia mancato l'occasione della vita: «Quando dicevo che avremmo dovuto dimezzare i parlamentari e azzerare il finanziamento pubblico, tutti mi trattavano come un demagogo da strapazzo, anche nel partito, senza capire che quello era il modo per sgonfiare Grillo». I vertici del Pd non hanno seguito i suggerimenti del sindaco di Firenze, sconfitto dalle primarie, e hanno preferito andare dietro al vincitore di quella tenzone: «Hanno optato per il partito identitario. E il partito identitario più di quei voti non riesce a prendere». Già, di quei voti che sono tre milioni e mezzo in meno di quelli che prese Walter Veltroni. L'ex segretario lo ricorda: «Forse ora capiranno come fosse importante quel 34 per cento».
Se Veltroni sente ancora su di sé le ferite inflittegli da un partito non esattamente solidale, Renzi, memore di quell'esperienza, si tiene alla larga dai giochi e i giochetti del Pd: «Arrivano per le riunioni del partito con le loro belle auto blu e litigano. Io preferisco rimanere a Firenze e andare in giro in bicicletta. Non voglio essere coinvolto in queste storie». Rifugge dagli alterchi e dalle polemiche, il sindaco di Firenze, ma quando parla con il suo gruppo di futuri parlamentari (una cinquantina, circa) spiega. «La verità è che noi abbiamo perso queste elezioni il giorno in cui abbiamo respinto la gente dai seggi delle primarie, quando abbiamo deciso che dovessero votare solo i militanti. Con che faccia, poi, potevamo chiedere a tutta questa gente che abbiamo cacciato di andare a votare alle politiche per noi?».
Maria Teresa Meli
Re: quo vadis PD ????
Amadeus ha scritto:ROMA - Il futuro Gianni Letta di Pier Luigi Bersani, ossia Vasco Errani, ha aiutato il segretario del Pd a fare i calcoli. Alla fine i due si sono guardati negli occhi e si sono detti. «È fatta».
Il segretario del Pd e il suo braccio destro sono convinti: al Senato, oltre ai parlamentari che fanno riferimento a Mario Monti, c'è un gruppo di grillini pronti a sostenere il governo presieduto dal leader del Partito democratico. Li hanno contattati, ci hanno parlato a lungo, il lavoro di «scouting» è andato in porto e ora possono tirare un sospirone di sollievo. A questo punto, dicono inorgogliti i bersaniani, il governo guidato dal segretario del Pd è praticamente fatto. Ma in quello stesso partito c'è chi non ci crede, chi fiuta la trappola, chi, come Massimo D'Alema, ritiene che le trattative con il Movimento 5 stelle possano condannare a morte il centrosinistra.
Dalla sua Firenze Matteo Renzi guarda ai movimenti del suo partito con un mix di disincanto e preoccupazione. Il sindaco rottamatore vorrebbe un Pd con maggiore «verve» però si è ripromesso di non ostacolare il manovratore Bersani e si attiene a quel che ha detto in tempi non sospetti. Il che, ovviamente, non gli preclude il campo della politica. Ci è nato e cresciuto in quel territorio, del resto. Ai collaboratori, agli amici, a qualche «suo» parlamentare ha spiegato che cosa intende fare: «Vedo che alcuni giornalisti scrivono che io potrei fare il premier, che potrei fare il segretario. Tutte illazioni. E cavolate. La realtà dei fatti è questa: io non mi farò mai cooptare dal partito. Manco morto! Nessuno dei vertici potrà mai dire: "Il nostro prossimo candidato premier sarà Renzi". Perché a quel punto io dico: no, grazie. Altra cosa è se il Partito democratico va alle consultazioni da Giorgio Napolitano con una rosa dei nomi. Cioè, senza dire che la richiesta è quella di Bersani secca.
Se per riuscire a superare lo stallo che si è creato e che, certamente, non fa bene al Paese, il Pd si presentasse con più nomi di possibili candidati alla presidenza del Consiglio e se fra quei nomi ci fosse anche il mio, allora io ci penserei seriamente». A fare che? Non il candidato premier di una coalizione di centrosinistra alle prossime elezioni, ma il possibile presidente del Consiglio di una grande coalizione, che comprenda Grillo e anche Berlusconi, e che riesca finalmente ad avviare «le tante riforme da fare». «In quel caso potrei accettare di prendere in mano la situazione. So bene che ci potrei rimettere le penne, che mi converrebbe lasciar perdere, ma è una sfida che mi avvince».
E Renzi non ritiene di tradire la fiducia di Bersani quando spiega queste cose ai fedelissimi: «Io sono stato leale fino all'ultimo». La correttezza non gli vieta di spiegare qual è la sua versione dei fatti, nè di illustrare la sua analisi su quello che è successo. Tradotto dal politichese all'italiano: Renzi è pronto a dire perché il centrosinistra che si riteneva vincitore abbia mancato l'occasione della vita: «Quando dicevo che avremmo dovuto dimezzare i parlamentari e azzerare il finanziamento pubblico, tutti mi trattavano come un demagogo da strapazzo, anche nel partito, senza capire che quello era il modo per sgonfiare Grillo». I vertici del Pd non hanno seguito i suggerimenti del sindaco di Firenze, sconfitto dalle primarie, e hanno preferito andare dietro al vincitore di quella tenzone: «Hanno optato per il partito identitario. E il partito identitario più di quei voti non riesce a prendere». Già, di quei voti che sono tre milioni e mezzo in meno di quelli che prese Walter Veltroni. L'ex segretario lo ricorda: «Forse ora capiranno come fosse importante quel 34 per cento».
Se Veltroni sente ancora su di sé le ferite inflittegli da un partito non esattamente solidale, Renzi, memore di quell'esperienza, si tiene alla larga dai giochi e i giochetti del Pd: «Arrivano per le riunioni del partito con le loro belle auto blu e litigano. Io preferisco rimanere a Firenze e andare in giro in bicicletta. Non voglio essere coinvolto in queste storie». Rifugge dagli alterchi e dalle polemiche, il sindaco di Firenze, ma quando parla con il suo gruppo di futuri parlamentari (una cinquantina, circa) spiega. «La verità è che noi abbiamo perso queste elezioni il giorno in cui abbiamo respinto la gente dai seggi delle primarie, quando abbiamo deciso che dovessero votare solo i militanti. Con che faccia, poi, potevamo chiedere a tutta questa gente che abbiamo cacciato di andare a votare alle politiche per noi?».
Maria Teresa Meli
Questa sinceramente non la capisco.A fare che? Non il candidato premier di una coalizione di centrosinistra alle prossime elezioni, ma il possibile presidente del Consiglio di una grande coalizione, che comprenda Grillo e anche Berlusconi, e che riesca finalmente ad avviare «le tante riforme da fare». «In quel caso potrei accettare di prendere in mano la situazione. So bene che ci potrei rimettere le penne, che mi converrebbe lasciar perdere, ma è una sfida che mi avvince».
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- Iscritto il: 22/02/2012, 10:21
Re: quo vadis PD ????
Anquanto condivisibile!
Lettera aperta al Segretario del Partito Democratico. E a tutti gli altri.
di AsinoMorto
Sono un elettore del PD e ne ho viste tante e ne ho mandate giù tante. Ho anche votato alle Primarie, impegnandomi pure a riconoscermi nello spirito del Centrosinistra che chissà cosa volevate intendere, per dire cosa ho mandato giù.
E quindi ho il diritto di dire la mia.
Perché in questi anni ho fantozzianamente accettato bicamerali, inciuci, alleanze con moderati improponibili, compromessi al ribasso, distinguo tattici, sterzate strategiche, abbandoni di territori e praterie, bombardamenti di popolazioni straniere, sputtanamento di simboli, commistioni con beghine, deprivazioni morali, real politik un tanto al chilo, spostamenti al centro, a destra, in basso.
E ho accettato tutto perché ci credo alla giustizia sociale, ai valori della Resistenza, alla Costituzione. Io ci credo alla responsabilità della società civile, al dialogo e all’ascolto, ai conflitti da sanare in una società complessa, alla equità, ai Diritti Civili come fondamento non negoziabile, all’Articolo 1 e anche a tutti gli altri.
E credo anche alle regole democratiche e alla contendibilità trasparente. E credo anche, un po’, al sol dell’avvenire, le magnifiche sorti e progressive. Checcavolo, fatti non fummo per vivere come bruti.
Tutte queste cose nel PD ci sono state e ci sono. E ci sono state e ci sono solo nel PD. Ed è stato un buon motivo, forse l’unico, per votare ancora PD.
E certo che sono spocchioso, radical chic da salotto, intellettuale del cavolo (see, magari), accecato dalla presunta superiorità morale.
E, sappiatelo, preferisco essere così che un immorale cialtrone, geneticamente mutato, arcaica piccola borghesia umbertina che ha appoggiato e appoggia tutti i fascismi che passano nelle vicinanze.
Preferisco essere così che un omofobo-xenofobo-misogino fuori dal tempo e dalla storia.
Preferisco essere così che una vittima di slogan e di mille populismi, accecato dall’ombra dell’uomo della provvidenza, della tecno-visione, della semplificazione da curriculum.
Preferisco essere così.
E proprio perché sono irrimediabilmente così, che però ora basta. Che ne ho mandate giù troppe.
E si sappia che sono stato distante, lontano, avevo da fare, i figli, il lavoro, i divani e i salotti. Ma è storia finita, non do la colpa a nessuno. La colpa è mia. Scusate l’ignavia.
Ma ora basta. Siamo in una situazione del caXXo. E adesso ne saltiamo fuori.
E allora io dico, caro Bersani, che tu sei il segretario democraticamente eletto da più di tre milioni di persone e io non ti lascio in pasto ai lupi. Hai ancora la mia fiducia, perché nonostante tutto sei una persona seria, hai la mia stima e il mio rispetto.
Ma ora niente tatticismi, distinguo, corse al ribasso, strategie anvedichefurbochesono, ripescaggi e funambolismi.
Ora mi tiri fuori un programma di sinistra moderna con i controcavoli, pochi punti, chiari, sostenibili, che siano la ripartenza. Che sia la redenzione.
E poi si va in Parlamento e ci si va a cercare i voti uno per uno e Dio benedica l’Art.67 e i Padri Fondatori, che poi torniamo sempre lì quando il gioco si fa duro, giusto ?
E se Grillo o chiunque altro dice di no, che si prenda la sua responsabilità davanti alla Nazione e muoia Sansone che almeno si porti dietro i Filistei.
Noi non giochiamo più, vogliamo far vedere al Paese cosa vuol dire essere una sinistra moderna, radicata, consapevole. Vogliamo far capire che non è spocchia la nostra, ma desiderio insoddisfatto di volare.
E poi, appena possibile, si faccia il congresso e si cambi. Si cambi tutto e tutti. Testa, cuore, anima e interiora.
Mi dispiace ma è giusto che sia un amico a dirvelo. E’ finita, dovete fare un passo indietro.
Avete subito tante, troppe sconfitte, spesso non per colpa vostra, ma anche e soprattutto per colpa vostra. Ma un pregio lo devo riconoscere.
Il PD è l’unico partito in Italia dove c’è una speranza di successione, dove il nuovo non è emanazione eunuca del vecchio, ma sono teste e cuore e idee.
E mi riferisco a Civati e Renzi, per dire e per esempio, che sono due visioni del PD che sarà. Ed è più del doppio di quello che hanno gli altri.
E allora scelga il congresso oggi, quale dovrà essere il PD di domani e che voi possiate guadagnarvi il rispetto del Padre che viene “ucciso” quando i figli sono pronti a prendere il proprio posto e non il disonore dell’oligarca, che muore nel suo bunker solitario.
Facile, troppo facile ? Banale, semplicistico, analisi superficiale. Sì, forse è così.
Questa non è una piattaforma politica, un manifesto programmatico. Queste sono lacrime, amico mio, questa è una preghiera.
E non ho altro da aggiungere.
No, una cosa ancora ci sarebbe, una sola.
Viva l’Italia.
Lettera aperta al Segretario del Partito Democratico. E a tutti gli altri.
di AsinoMorto
Sono un elettore del PD e ne ho viste tante e ne ho mandate giù tante. Ho anche votato alle Primarie, impegnandomi pure a riconoscermi nello spirito del Centrosinistra che chissà cosa volevate intendere, per dire cosa ho mandato giù.
E quindi ho il diritto di dire la mia.
Perché in questi anni ho fantozzianamente accettato bicamerali, inciuci, alleanze con moderati improponibili, compromessi al ribasso, distinguo tattici, sterzate strategiche, abbandoni di territori e praterie, bombardamenti di popolazioni straniere, sputtanamento di simboli, commistioni con beghine, deprivazioni morali, real politik un tanto al chilo, spostamenti al centro, a destra, in basso.
E ho accettato tutto perché ci credo alla giustizia sociale, ai valori della Resistenza, alla Costituzione. Io ci credo alla responsabilità della società civile, al dialogo e all’ascolto, ai conflitti da sanare in una società complessa, alla equità, ai Diritti Civili come fondamento non negoziabile, all’Articolo 1 e anche a tutti gli altri.
E credo anche alle regole democratiche e alla contendibilità trasparente. E credo anche, un po’, al sol dell’avvenire, le magnifiche sorti e progressive. Checcavolo, fatti non fummo per vivere come bruti.
Tutte queste cose nel PD ci sono state e ci sono. E ci sono state e ci sono solo nel PD. Ed è stato un buon motivo, forse l’unico, per votare ancora PD.
E certo che sono spocchioso, radical chic da salotto, intellettuale del cavolo (see, magari), accecato dalla presunta superiorità morale.
E, sappiatelo, preferisco essere così che un immorale cialtrone, geneticamente mutato, arcaica piccola borghesia umbertina che ha appoggiato e appoggia tutti i fascismi che passano nelle vicinanze.
Preferisco essere così che un omofobo-xenofobo-misogino fuori dal tempo e dalla storia.
Preferisco essere così che una vittima di slogan e di mille populismi, accecato dall’ombra dell’uomo della provvidenza, della tecno-visione, della semplificazione da curriculum.
Preferisco essere così.
E proprio perché sono irrimediabilmente così, che però ora basta. Che ne ho mandate giù troppe.
E si sappia che sono stato distante, lontano, avevo da fare, i figli, il lavoro, i divani e i salotti. Ma è storia finita, non do la colpa a nessuno. La colpa è mia. Scusate l’ignavia.
Ma ora basta. Siamo in una situazione del caXXo. E adesso ne saltiamo fuori.
E allora io dico, caro Bersani, che tu sei il segretario democraticamente eletto da più di tre milioni di persone e io non ti lascio in pasto ai lupi. Hai ancora la mia fiducia, perché nonostante tutto sei una persona seria, hai la mia stima e il mio rispetto.
Ma ora niente tatticismi, distinguo, corse al ribasso, strategie anvedichefurbochesono, ripescaggi e funambolismi.
Ora mi tiri fuori un programma di sinistra moderna con i controcavoli, pochi punti, chiari, sostenibili, che siano la ripartenza. Che sia la redenzione.
E poi si va in Parlamento e ci si va a cercare i voti uno per uno e Dio benedica l’Art.67 e i Padri Fondatori, che poi torniamo sempre lì quando il gioco si fa duro, giusto ?
E se Grillo o chiunque altro dice di no, che si prenda la sua responsabilità davanti alla Nazione e muoia Sansone che almeno si porti dietro i Filistei.
Noi non giochiamo più, vogliamo far vedere al Paese cosa vuol dire essere una sinistra moderna, radicata, consapevole. Vogliamo far capire che non è spocchia la nostra, ma desiderio insoddisfatto di volare.
E poi, appena possibile, si faccia il congresso e si cambi. Si cambi tutto e tutti. Testa, cuore, anima e interiora.
Mi dispiace ma è giusto che sia un amico a dirvelo. E’ finita, dovete fare un passo indietro.
Avete subito tante, troppe sconfitte, spesso non per colpa vostra, ma anche e soprattutto per colpa vostra. Ma un pregio lo devo riconoscere.
Il PD è l’unico partito in Italia dove c’è una speranza di successione, dove il nuovo non è emanazione eunuca del vecchio, ma sono teste e cuore e idee.
E mi riferisco a Civati e Renzi, per dire e per esempio, che sono due visioni del PD che sarà. Ed è più del doppio di quello che hanno gli altri.
E allora scelga il congresso oggi, quale dovrà essere il PD di domani e che voi possiate guadagnarvi il rispetto del Padre che viene “ucciso” quando i figli sono pronti a prendere il proprio posto e non il disonore dell’oligarca, che muore nel suo bunker solitario.
Facile, troppo facile ? Banale, semplicistico, analisi superficiale. Sì, forse è così.
Questa non è una piattaforma politica, un manifesto programmatico. Queste sono lacrime, amico mio, questa è una preghiera.
E non ho altro da aggiungere.
No, una cosa ancora ci sarebbe, una sola.
Viva l’Italia.
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«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
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Re: quo vadis PD ????
Si, in questa lettera mi ci ritrovo, condivisibile al 100 per certo.
Bye
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Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
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- Iscritto il: 19/04/2012, 12:04
Re: quo vadis PD ????
Stanno uscendo nuove rivelazioni sul caso MPS... potrebbero esserci coinvolgimenti pesanti pensate avranno un peso sulla formazione del futuro governo?
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Re: quo vadis PD ????
Potresti essere più chiaro?Maucat ha scritto:Stanno uscendo nuove rivelazioni sul caso MPS... potrebbero esserci coinvolgimenti pesanti pensate avranno un peso sulla formazione del futuro governo?
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
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Re: quo vadis PD ????
1. ORA I PIDDINI TREMANO DAVVERO: CI SONO ALMENO 4 MESI DI INTERCETTAZIONI SU MUSSARI! -
2. A URNE CHIUSE, ESCE IL RISCONTRO DEL PATTO D’ACCIAIO TRA IL PARTITO DI BERSANI E LA BANCA ROSSA: “MUSSARI E’ ESPRESSIONE DELL’ANIMA DIESSINA DEL PARTITO DEMOCRATICO” - 3. PATTO D’ACCIAIO DI MUSSARI COL SINDACO SINESE CECCUZZI: TUTTI I GIORNI A TELEFONO PER CONCORDARE LE MOSSE POLITICHE “E IN PARTICOLARE LE DECISIONI DELLA BANCA” -
4. IL “GRUPPO DELLA BIRRERIA”: METTERE SU UN GRUPPO TRASVERSALE DI APPOGGIO ALLA CANDIDATURA CECCUZZI AL COMUNE DI SIENA, INSIEME AI FIGLI DEL FANTINO ACETO -
5. RISTORANTE-ENOTECA VENDUTO AL PEGGIOR OFFERENTE: “SPONSORIZZATO DA MUSSARI” -
6. LE TELEFONATE TRA IL BERSANIANO CECCUZZI E IL CONSIGLIERE ANTONVENETA ROSATI. E A ROMA LA PAURA CORRE TRA I PALAZZI: CHI PARLAVA AL TELEFONO CON MUSSARI? -
Gian Marco Chiocci per "Il Giornale"
Ecco la prova dell'asse Mussari-Pd. Fra le carte di un'inchiesta indirettamente collegata al Monte dei Paschi e concernente l'affidamento del ristorante senese «Millevini» dell'ente pubblico «Enoteca italiana» a una società (la Montenegro Srl) riconducibile al figlio del fantino Andrea «Aceto» Degortes, esce il riscontro del patto d'acciaio tra il partito di Bersani e la banca rossa che più rossa non si può.
E soprattutto escono comprovati i rapporti di un certo tipo fra 1'ex presidente dell'istituto di credito Giuseppe Mussari (molto amico di «Aceto jr») e l'ex sindaco Pd Franco Ceccuzzi, ricandidato a sindaco dal Pd nazionale come faccia «nuova» del partito nella città del Palio, costretto però a rinunciare alla corsa per un avviso di garanzia relativo al crac del pastificio Amato, avviso ricevuto in tandem con l'onnipresente Mussari.
«ACCORDI SU TUTTO» Stando a un' informativa dei carabinieri di 27 pagine, riassuntiva di un bel po' di intercettazioni disposte sull'utenza di Mussari tra il gennaio e l'aprile 2010, la coppia si confrontava «pressoché quotidianamente sui temi politici nazionali e locali e in particolare quindi sulle decisioni da assumere in seno alla banca» con tutto ciò che ne consegue a livello di amministrazione della città perennemente in mano alla sinistra.
Il fascicolo aperto dal pm Natalini, già nel pool che indaga su Antonveneta ha riguardato non solo l'affidamento della gestione del ristorante «Millevini» ma alcune verifiche preliminari sulla vendita di appartamenti da parte della «Valorizzazioni immobiliari», già controllata Mps, che con escamotage avrebbe garantito «garanzie preferenziali» a persone orbitanti intorno al «gruppo politico imprenditoriale» conosciuto, per l'appunto, come «gruppo della Birreria».
giuseppe mussari QUEI LEGAMI COL PD Nell'inchiesta ci son finiti dentro i figli di «Aceto», Antonio e Alberto Degortes, e avvisi di garanzia sono piovuti all'indirizzo del presidente dell'Enoteca italiana, Claudio Galletti, al direttore Fabio Carlesi, e alla compagna di Antonio Degortes. L'ipotesi di reato è concorso in «turbata libertà degli incanti» rispetto alle presunte anomalie verificatesi nelle procedura di affidamento «non in evidenza» e senza gara.
Giuseppe Mussari A pagina 5 dell'informativa dei carabinieri ecco uscire la bomba politica: «Le intercettazioni hanno messo in evidenza come in quel periodo l'avvocato Giuseppe Mussari, espressione dell'anima diessina del Partito democratico, riconfrontasse pressoché quotidianamente su temi politici nazionali e locali, e in particolare quindi sulle decisioni da assumere in seno alla banca da egli presieduta, con i conseguenti riverberi sulle amministrazioni e imprese ad esse collegate, con l'onorevole Franco Ceccuzzi (nelle note definito già deputato con l'Ulivo e col Pd, che a maggio 2012 ha annunciato le dimissioni legate principalmente alla crisi finanziaria che ha colpito Mps)».
GIUSEPPE MUSSARI ANIME DIVERSE NEL PARTITO Le stesse intercettazioni- continuano i carabinieri - avevano messo in luce «come gli argomenti cardinali delle conversazioni fra il presidente dalla Banca Mps e 1' onorevole del Partito democratico fossero il difficile equilibrio tra le due anime del partito, quella di loro riferimento e quella minoritaria di provenienza ciellina soprattutto in relazione alla candidatura a sindaco di Siena proprio del Ceccuzzi alle elezioni 2011».
LANCIO DI MONETINE A MUSSARI IN PROCURA jpegL'ASSOCIAZIONE DEGLI AMICI A forza di sentire telefonate i militari dell'Arma annotano come «numerosissime appaiono le conversazioni tra Mussari, Ceccuzzi, Antonio Degortes, Mauro Rosati (membro del Cda di Antonveneta, ndr) e Andrea Bellandi (socio della Birreria in piazza del Campo, ritrovo di Mussari &Co, ndr), personaggi accomunati da forti interessi economici ed impegnati tra l'altro, insieme all' avvocato Roberto Martini, nell' attività della neonata associazione culturale Per Siena» che nelle intenzioni dovrebbe essere apartitica e invece, per gli inquirenti, promuoveva l'ascesa di Ceccuzzi a sindaco di Siena.
franco ceccuzzi LA CAMPAGNA ELETTORALE Al telefono Mussari e Ceccuzzi intensificano gli sforzi. Parlano del «destino politico del sindaco Pd uscente Maurizio Cenni e della candidatura di Ceccuzzi alla successione». Si soffermano sulle iniziative dei vari Bellandi e Rosati e di altri personaggi iscritti all'associazione «e l'onorevole pare interessato a raccogliere consensi trasversali per la propria candidatura anche sostenendo le attività della compagine associativa». Tutto questo per concludere che «la presenza a Siena di un gruppo politico-economico facente riferimento a Mussari» e al «gruppo della birreria» spingeva per la candidatura dell'onorevole Ceccuzzi, «cui seguivano discutibili nomine a seguito del suo successo elettorale».
2. SISTEMA MPS: VENDITA AL PEGGIOR OFFERENTE, PURCHE' COMPONENTE DELLA "BIRRERIA"
Dall'articolo di Andrea Greco e Francesco Viviano per "La Repubblica"
Ieri è stata una giornata rilevante anche per le indagini sul passato, sulla gestione che ha condotto la banca ad affidarsi al Tesoro. L'ex presidente di Mps (e dell'Abi) Giuseppe Mussari e l'ex sindaco di Siena Franco Ceccuzzi (entrambi indagati per concorso in bancarotta) sono stati interrogati a Salerno dal pm Vincenzo Senatore nell'inchiesta sul finanziamento di 19 milioni, nel 2007, all'immobiliare del Pastificio Amato, fallita nel 2011. Nelle stesse ore a Siena uscivano le carte di un'altra inchiesta, sulla vendita di immobili Mps agli "amici" Alberto e Antonio Degortes, figli del fantino Aceto.
Informative dei Carabinieri e intercettazioni telefoniche da cui emerge che in città regnava una lobby «politico imprenditoriale» denominata «gruppo della birreria», con ai vertici proprio Mussari e Ceccuzzi, più altri notabili cittadini. Gli inquirenti sul "Ristorante Enoteca Millevini" hanno accertato che alcuni palazzi di "Valorizzazioni Immobiliari" (Vim, ai tempi costola della banca locale) sarebbero stati ceduti a prezzi di favore seguendo «corsie preferenziali», e provocando un danno alle casse di Mps.
Tutto nasce da una «fonte confidenziale»: un imprenditore che aveva offerto 1,55 milioni per acquistare immobili di Vim, ma fu escluso dalla trattativa e si preferì vendere a un prezzo inferiore (1,4 milioni) a una società milanese. Quando l'imprenditore chiese spiegazioni, un funzionario di Mps gli rispose «la banca può vendere come vuole e a chi vuole», e che l'offerta milanese «non poteva essere rifiutata perché sponsorizzata da Mussari.
Nell'informativa è anche scritto: «Mussari, espressione dell'anima diessina del Pd, si confrontava pressoché quotidianamente con Ceccuzzi su temi politici nazionali e locali, e in particolare su decisioni da assumere in seno alla banca». Nel filone principale dell'inchiesta su Mps, invece, slitta il terzo interrogatorio all'ex dg Antonio Vigni, che oggi non ci sarà per l'assenza di un difensore.
Tanto per cominciare...
2. A URNE CHIUSE, ESCE IL RISCONTRO DEL PATTO D’ACCIAIO TRA IL PARTITO DI BERSANI E LA BANCA ROSSA: “MUSSARI E’ ESPRESSIONE DELL’ANIMA DIESSINA DEL PARTITO DEMOCRATICO” - 3. PATTO D’ACCIAIO DI MUSSARI COL SINDACO SINESE CECCUZZI: TUTTI I GIORNI A TELEFONO PER CONCORDARE LE MOSSE POLITICHE “E IN PARTICOLARE LE DECISIONI DELLA BANCA” -
4. IL “GRUPPO DELLA BIRRERIA”: METTERE SU UN GRUPPO TRASVERSALE DI APPOGGIO ALLA CANDIDATURA CECCUZZI AL COMUNE DI SIENA, INSIEME AI FIGLI DEL FANTINO ACETO -
5. RISTORANTE-ENOTECA VENDUTO AL PEGGIOR OFFERENTE: “SPONSORIZZATO DA MUSSARI” -
6. LE TELEFONATE TRA IL BERSANIANO CECCUZZI E IL CONSIGLIERE ANTONVENETA ROSATI. E A ROMA LA PAURA CORRE TRA I PALAZZI: CHI PARLAVA AL TELEFONO CON MUSSARI? -
Gian Marco Chiocci per "Il Giornale"
Ecco la prova dell'asse Mussari-Pd. Fra le carte di un'inchiesta indirettamente collegata al Monte dei Paschi e concernente l'affidamento del ristorante senese «Millevini» dell'ente pubblico «Enoteca italiana» a una società (la Montenegro Srl) riconducibile al figlio del fantino Andrea «Aceto» Degortes, esce il riscontro del patto d'acciaio tra il partito di Bersani e la banca rossa che più rossa non si può.
E soprattutto escono comprovati i rapporti di un certo tipo fra 1'ex presidente dell'istituto di credito Giuseppe Mussari (molto amico di «Aceto jr») e l'ex sindaco Pd Franco Ceccuzzi, ricandidato a sindaco dal Pd nazionale come faccia «nuova» del partito nella città del Palio, costretto però a rinunciare alla corsa per un avviso di garanzia relativo al crac del pastificio Amato, avviso ricevuto in tandem con l'onnipresente Mussari.
«ACCORDI SU TUTTO» Stando a un' informativa dei carabinieri di 27 pagine, riassuntiva di un bel po' di intercettazioni disposte sull'utenza di Mussari tra il gennaio e l'aprile 2010, la coppia si confrontava «pressoché quotidianamente sui temi politici nazionali e locali e in particolare quindi sulle decisioni da assumere in seno alla banca» con tutto ciò che ne consegue a livello di amministrazione della città perennemente in mano alla sinistra.
Il fascicolo aperto dal pm Natalini, già nel pool che indaga su Antonveneta ha riguardato non solo l'affidamento della gestione del ristorante «Millevini» ma alcune verifiche preliminari sulla vendita di appartamenti da parte della «Valorizzazioni immobiliari», già controllata Mps, che con escamotage avrebbe garantito «garanzie preferenziali» a persone orbitanti intorno al «gruppo politico imprenditoriale» conosciuto, per l'appunto, come «gruppo della Birreria».
giuseppe mussari QUEI LEGAMI COL PD Nell'inchiesta ci son finiti dentro i figli di «Aceto», Antonio e Alberto Degortes, e avvisi di garanzia sono piovuti all'indirizzo del presidente dell'Enoteca italiana, Claudio Galletti, al direttore Fabio Carlesi, e alla compagna di Antonio Degortes. L'ipotesi di reato è concorso in «turbata libertà degli incanti» rispetto alle presunte anomalie verificatesi nelle procedura di affidamento «non in evidenza» e senza gara.
Giuseppe Mussari A pagina 5 dell'informativa dei carabinieri ecco uscire la bomba politica: «Le intercettazioni hanno messo in evidenza come in quel periodo l'avvocato Giuseppe Mussari, espressione dell'anima diessina del Partito democratico, riconfrontasse pressoché quotidianamente su temi politici nazionali e locali, e in particolare quindi sulle decisioni da assumere in seno alla banca da egli presieduta, con i conseguenti riverberi sulle amministrazioni e imprese ad esse collegate, con l'onorevole Franco Ceccuzzi (nelle note definito già deputato con l'Ulivo e col Pd, che a maggio 2012 ha annunciato le dimissioni legate principalmente alla crisi finanziaria che ha colpito Mps)».
GIUSEPPE MUSSARI ANIME DIVERSE NEL PARTITO Le stesse intercettazioni- continuano i carabinieri - avevano messo in luce «come gli argomenti cardinali delle conversazioni fra il presidente dalla Banca Mps e 1' onorevole del Partito democratico fossero il difficile equilibrio tra le due anime del partito, quella di loro riferimento e quella minoritaria di provenienza ciellina soprattutto in relazione alla candidatura a sindaco di Siena proprio del Ceccuzzi alle elezioni 2011».
LANCIO DI MONETINE A MUSSARI IN PROCURA jpegL'ASSOCIAZIONE DEGLI AMICI A forza di sentire telefonate i militari dell'Arma annotano come «numerosissime appaiono le conversazioni tra Mussari, Ceccuzzi, Antonio Degortes, Mauro Rosati (membro del Cda di Antonveneta, ndr) e Andrea Bellandi (socio della Birreria in piazza del Campo, ritrovo di Mussari &Co, ndr), personaggi accomunati da forti interessi economici ed impegnati tra l'altro, insieme all' avvocato Roberto Martini, nell' attività della neonata associazione culturale Per Siena» che nelle intenzioni dovrebbe essere apartitica e invece, per gli inquirenti, promuoveva l'ascesa di Ceccuzzi a sindaco di Siena.
franco ceccuzzi LA CAMPAGNA ELETTORALE Al telefono Mussari e Ceccuzzi intensificano gli sforzi. Parlano del «destino politico del sindaco Pd uscente Maurizio Cenni e della candidatura di Ceccuzzi alla successione». Si soffermano sulle iniziative dei vari Bellandi e Rosati e di altri personaggi iscritti all'associazione «e l'onorevole pare interessato a raccogliere consensi trasversali per la propria candidatura anche sostenendo le attività della compagine associativa». Tutto questo per concludere che «la presenza a Siena di un gruppo politico-economico facente riferimento a Mussari» e al «gruppo della birreria» spingeva per la candidatura dell'onorevole Ceccuzzi, «cui seguivano discutibili nomine a seguito del suo successo elettorale».
2. SISTEMA MPS: VENDITA AL PEGGIOR OFFERENTE, PURCHE' COMPONENTE DELLA "BIRRERIA"
Dall'articolo di Andrea Greco e Francesco Viviano per "La Repubblica"
Ieri è stata una giornata rilevante anche per le indagini sul passato, sulla gestione che ha condotto la banca ad affidarsi al Tesoro. L'ex presidente di Mps (e dell'Abi) Giuseppe Mussari e l'ex sindaco di Siena Franco Ceccuzzi (entrambi indagati per concorso in bancarotta) sono stati interrogati a Salerno dal pm Vincenzo Senatore nell'inchiesta sul finanziamento di 19 milioni, nel 2007, all'immobiliare del Pastificio Amato, fallita nel 2011. Nelle stesse ore a Siena uscivano le carte di un'altra inchiesta, sulla vendita di immobili Mps agli "amici" Alberto e Antonio Degortes, figli del fantino Aceto.
Informative dei Carabinieri e intercettazioni telefoniche da cui emerge che in città regnava una lobby «politico imprenditoriale» denominata «gruppo della birreria», con ai vertici proprio Mussari e Ceccuzzi, più altri notabili cittadini. Gli inquirenti sul "Ristorante Enoteca Millevini" hanno accertato che alcuni palazzi di "Valorizzazioni Immobiliari" (Vim, ai tempi costola della banca locale) sarebbero stati ceduti a prezzi di favore seguendo «corsie preferenziali», e provocando un danno alle casse di Mps.
Tutto nasce da una «fonte confidenziale»: un imprenditore che aveva offerto 1,55 milioni per acquistare immobili di Vim, ma fu escluso dalla trattativa e si preferì vendere a un prezzo inferiore (1,4 milioni) a una società milanese. Quando l'imprenditore chiese spiegazioni, un funzionario di Mps gli rispose «la banca può vendere come vuole e a chi vuole», e che l'offerta milanese «non poteva essere rifiutata perché sponsorizzata da Mussari.
Nell'informativa è anche scritto: «Mussari, espressione dell'anima diessina del Pd, si confrontava pressoché quotidianamente con Ceccuzzi su temi politici nazionali e locali, e in particolare su decisioni da assumere in seno alla banca». Nel filone principale dell'inchiesta su Mps, invece, slitta il terzo interrogatorio all'ex dg Antonio Vigni, che oggi non ci sarà per l'assenza di un difensore.
Tanto per cominciare...
Re: quo vadis PD ????
Mariok... manco io per questo avevo messo la faccina shock.mariok ha scritto:Questa sinceramente non la capisco.A fare che? Non il candidato premier di una coalizione di centrosinistra alle prossime elezioni, ma il possibile presidente del Consiglio di una grande coalizione, che comprenda Grillo e anche Berlusconi, e che riesca finalmente ad avviare «le tante riforme da fare». «In quel caso potrei accettare di prendere in mano la situazione. So bene che ci potrei rimettere le penne, che mi converrebbe lasciar perdere, ma è una sfida che mi avvince».
non più delle supercazzole ( shiloh, rubo il termine ) di woodcock su berlu.Maucat ha scritto:Stanno uscendo nuove rivelazioni sul caso MPS... potrebbero esserci coinvolgimenti pesanti pensate avranno un peso sulla formazione del futuro governo?
poi bisogna vedere di che rivelazioni si tratta .
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Re: quo vadis PD ????
Intanto tutte queste voci giudiziarie su B. e sul PD fanno si che il M5S rimanga sull'Aventino ad attendere...
Re: quo vadis PD ????
Condivido fino all'ultima virgola
http://www.matteorenzi.it/enews/573-ene ... marzo-2013
Enews 364 - Venerdì 1 Marzo 2013
1 Marzo 2013 15:26
Torno alla newsletter dopo qualche settimana. E mi scuso del prolungato silenzio. Non volevo invadere la vostra casella di posta elettronica come fanno tutti in campagna elettorale: il nostro filo diretto va avanti in molti casi da anni, non è uno spot per prendere due voti. E dopo - alla luce dei risultati - ho cercato con cura di non finire nel tritacarne delle dichiarazioni e dei pastoni studiati con cura dagli addetti ai lavori.
A forza di stare zitto, però, mi attribuiscono di tutto. Intrighi, progetti, desideri. In attesa che qualcuno scriva della mia candidatura al prossimo conclave, allora, torno alle Enews, per dire ciò che penso davvero, con l'impegno di ripartire con cadenza fissa. Ma prima di parlare delle beghe di casa nostra, permettetemi di dire l'emozione di queste ore a proposito di ciò che è accaduto in Vaticano. Ho chiesto ai miei figli di accendere la tv insieme e abbiamo guardato le immagini del vecchio Papa che lascia, che se ne va, che saluta prima delle dimissioni. Non avrei mai immaginato di assistere alla scena di un Papa che dice basta. Che lui non è più in grado di farcela. Che giura obbedienza al suo successore. Che si ritira in clausura, a pregare. Lasciando il trono, il soglio pontificio. Ci sarà tempo per riflettere su cosa significhi questo evento per la Chiesa, se non per il mondo. Intanto, però, voglio condividere con gli amici delle Enews un sentimento che frulla insieme emozione, rispetto, inquietudine. Le elezioni. Niente giri di parole: il centrosinistra le ha perse. La vittoria numerica alla Camera non è sufficiente e lo sappiamo. E non si dica: "Ah, gli italiani si sono fatti abbindolare, non ci hanno capito” come ha detto qualche solone dei nostri in tv nelle ore della débâcle. Gli italiani capiscono benissimo i politici: casomai non sempre accade il contrario.
Io quello che avevo da dire l'ho detto alle primarie. Non ce l'ho fatta, mi sono preso la mia responsabilità. Ho praticato la lealtà in tutta la campagna elettorale: non perché mi convenisse, ma perché è giusto rispettare i risultati, sempre. Perché credo che lo stile abbia un ruolo persino in politica. Oggi non dirò: "Ma io ve l'avevo detto”. Quelli che sono stati zitti durante le primarie e che poi ci spiegano che loro avevano capito tutto sono insopportabili: passi saltare sul carro del vincitore, ma adesso affollare quello del perdente mi suona ridicolo. Io ho combattuto Bersani a viso aperto quando non lo faceva nessuno, guardandolo negli occhi. Non lo pugnalo alle spalle, oggi: chiaro? Nello zoo del Pd ci sono già troppi tacchini sui tetti e troppi giaguari da smacchiare per permettersi gli sciacalli del giorno dopo.
Quando durante le primarie chiedevamo di abolire il finanziamento pubblico ai partiti o ai parlamentari e consiglieri regionali di rinunciare ai vitalizi fino alla richiesta di non considerare appestati quelli che la volta prima avevano votato Lega o PDL (le primarie si vincono convincendo la tua gente, ma le elezioni si vincono convincendo anche quelli fuori dal tuo recinto) o fino alla proposta di far uscire i partiti dalla RAI, noi eravamo chiari. Ma non abbiamo avuto la capacità di convincere. Colpa mia, l'ho detto (qui il video del mio discorso). Adesso però non abbiamo il copyright su queste proposte. Mi piacerebbe che li rilanciassimo noi, non per raccogliere il voto di qualche parlamentare grillino ma per recuperare un rapporto con il Paese, con gli italiani. La priorità infatti è rimettersi in sintonia con gli italiani, non giocare al compro baratto e vendo dei seggi grillini. Togliere il finanziamento pubblico ai partiti, subito, come primo atto del nuovo Parlamento, con efficacia immediata sarebbe come dire ai cittadini: Ok, abbiamo capito la lezione. Adesso scriviamo una pagina di storia nuova.
Queste cose le abbiamo dette da un camper. E non era il camper di Grillo, era il nostro camper. Trovo sbagliato e dannoso inseguire Beppe Grillo sul suo terreno, quello delle dichiarazioni ad effetto. Quello della frase di tutti i giorni. Tanto lui cambia idea su tutto, la storia di questi ultimi 30 anni lo dimostra. Grillo non va rincorso, va sfidato. Sulle cose di cui parla, spesso senza conoscerle. Vogliamo riflettere sull'utilizzo della rete in politica? Bene, il nostro comune è un comune che è leader negli open data. Ne parliamo? Vogliamo parlare delle donne in politica? Bene, noi abbiamo la maggioranza di donne in giunta: altrove cacciano le assessore se rimangono incinta. Ne parliamo? Vogliamo parlare di innovazione ambientale? Bene, noi abbiamo fatto il primo piano strutturale a volumi zero, senza mattoni, di una grande città. Ne parliamo?
Oggi - proprio oggi che il sistema dell'informazione sta toccando il fondo come spiega benissimo Massimo Gramellini su La stampa (cliccate qui, se volete: chapeau!) - siamo in grado di fare una riflessione più seria? Da vent'anni l'Italia non cresce. Lo inventiamo un nuovo modello di sviluppo sostenibile o continuiamo a sognare grandi opere e piccoli risultati? L'Istat dice che c'è il record di disoccupati, le aziende falliscono perché gli Enti Locali non pagano per colpa del patto di stabilità, fior di investitori potrebbero intervenire in Italia ma sono bloccati dalla crisi del sistema politico e dalle incertezze del sistema burocratico. E noi che facciamo? Pensiamo di uscirne vivi offrendo a Grillo la Camera e a Berlusconi il Senato, secondo gli schemi che hanno già fallito in passato? Come se non bastasse - diciamola tutta - per la prima volta un Paese europeista come l'Italia vede affiorare un voto antieuropeo, che è un fatto molto pericoloso di cui anche i commentatori si sono occupati poco. Qualcuno inizia a credere al fatto che i problemi italiani derivano dall'eccesso di Europa nella nostra vita quotidiana quando in realtà è vero il contrario: c'è poca Europa, non troppa Europa.
Per tutti questi motivi, da italiano, sono pronto a partecipare a una discussione vera su quello che serve al Paese. Ma se devo andare ai caminetti di partito sulle indiscrezioni della stampa o a partecipare al festivalbar delle candidature, beh, scusate, ma da queste parti abbiamo da lavorare. Mentre a Roma si discute, nelle città si affrontano i problemi, dalle emergenze occupazionali fino alle buche nelle strade.
Mi piacerebbe raccontarvi lo sforzo di queste ore sulla città, dal regolamento urbanistico all'investimento sulla cultura. Ne parleremo in una prossima enews, comunque. Altrimenti la faccio troppo lunga.
Alla prossima settimana, allora
Un sorriso,
Matteo
Pensierino della sera. Nel discorso sullo Stato dell'UnioneObama ha detto molte cose interessanti. Il passaggio per me più bello è stato quello sulla scuola: "Un dollaro investito nella scuola di qualità produce un risparmio di sette euro perché riduce disoccupazione e criminalità.” Quando arriveremo anche in Italia a considerare i soldi (ben) spesi sulla scuola come un investimento sul futuro anziché come una spesa corrente del presente?
http://www.matteorenzi.it/enews/573-ene ... marzo-2013
Enews 364 - Venerdì 1 Marzo 2013
1 Marzo 2013 15:26
Torno alla newsletter dopo qualche settimana. E mi scuso del prolungato silenzio. Non volevo invadere la vostra casella di posta elettronica come fanno tutti in campagna elettorale: il nostro filo diretto va avanti in molti casi da anni, non è uno spot per prendere due voti. E dopo - alla luce dei risultati - ho cercato con cura di non finire nel tritacarne delle dichiarazioni e dei pastoni studiati con cura dagli addetti ai lavori.
A forza di stare zitto, però, mi attribuiscono di tutto. Intrighi, progetti, desideri. In attesa che qualcuno scriva della mia candidatura al prossimo conclave, allora, torno alle Enews, per dire ciò che penso davvero, con l'impegno di ripartire con cadenza fissa. Ma prima di parlare delle beghe di casa nostra, permettetemi di dire l'emozione di queste ore a proposito di ciò che è accaduto in Vaticano. Ho chiesto ai miei figli di accendere la tv insieme e abbiamo guardato le immagini del vecchio Papa che lascia, che se ne va, che saluta prima delle dimissioni. Non avrei mai immaginato di assistere alla scena di un Papa che dice basta. Che lui non è più in grado di farcela. Che giura obbedienza al suo successore. Che si ritira in clausura, a pregare. Lasciando il trono, il soglio pontificio. Ci sarà tempo per riflettere su cosa significhi questo evento per la Chiesa, se non per il mondo. Intanto, però, voglio condividere con gli amici delle Enews un sentimento che frulla insieme emozione, rispetto, inquietudine. Le elezioni. Niente giri di parole: il centrosinistra le ha perse. La vittoria numerica alla Camera non è sufficiente e lo sappiamo. E non si dica: "Ah, gli italiani si sono fatti abbindolare, non ci hanno capito” come ha detto qualche solone dei nostri in tv nelle ore della débâcle. Gli italiani capiscono benissimo i politici: casomai non sempre accade il contrario.
Io quello che avevo da dire l'ho detto alle primarie. Non ce l'ho fatta, mi sono preso la mia responsabilità. Ho praticato la lealtà in tutta la campagna elettorale: non perché mi convenisse, ma perché è giusto rispettare i risultati, sempre. Perché credo che lo stile abbia un ruolo persino in politica. Oggi non dirò: "Ma io ve l'avevo detto”. Quelli che sono stati zitti durante le primarie e che poi ci spiegano che loro avevano capito tutto sono insopportabili: passi saltare sul carro del vincitore, ma adesso affollare quello del perdente mi suona ridicolo. Io ho combattuto Bersani a viso aperto quando non lo faceva nessuno, guardandolo negli occhi. Non lo pugnalo alle spalle, oggi: chiaro? Nello zoo del Pd ci sono già troppi tacchini sui tetti e troppi giaguari da smacchiare per permettersi gli sciacalli del giorno dopo.
Quando durante le primarie chiedevamo di abolire il finanziamento pubblico ai partiti o ai parlamentari e consiglieri regionali di rinunciare ai vitalizi fino alla richiesta di non considerare appestati quelli che la volta prima avevano votato Lega o PDL (le primarie si vincono convincendo la tua gente, ma le elezioni si vincono convincendo anche quelli fuori dal tuo recinto) o fino alla proposta di far uscire i partiti dalla RAI, noi eravamo chiari. Ma non abbiamo avuto la capacità di convincere. Colpa mia, l'ho detto (qui il video del mio discorso). Adesso però non abbiamo il copyright su queste proposte. Mi piacerebbe che li rilanciassimo noi, non per raccogliere il voto di qualche parlamentare grillino ma per recuperare un rapporto con il Paese, con gli italiani. La priorità infatti è rimettersi in sintonia con gli italiani, non giocare al compro baratto e vendo dei seggi grillini. Togliere il finanziamento pubblico ai partiti, subito, come primo atto del nuovo Parlamento, con efficacia immediata sarebbe come dire ai cittadini: Ok, abbiamo capito la lezione. Adesso scriviamo una pagina di storia nuova.
Queste cose le abbiamo dette da un camper. E non era il camper di Grillo, era il nostro camper. Trovo sbagliato e dannoso inseguire Beppe Grillo sul suo terreno, quello delle dichiarazioni ad effetto. Quello della frase di tutti i giorni. Tanto lui cambia idea su tutto, la storia di questi ultimi 30 anni lo dimostra. Grillo non va rincorso, va sfidato. Sulle cose di cui parla, spesso senza conoscerle. Vogliamo riflettere sull'utilizzo della rete in politica? Bene, il nostro comune è un comune che è leader negli open data. Ne parliamo? Vogliamo parlare delle donne in politica? Bene, noi abbiamo la maggioranza di donne in giunta: altrove cacciano le assessore se rimangono incinta. Ne parliamo? Vogliamo parlare di innovazione ambientale? Bene, noi abbiamo fatto il primo piano strutturale a volumi zero, senza mattoni, di una grande città. Ne parliamo?
Oggi - proprio oggi che il sistema dell'informazione sta toccando il fondo come spiega benissimo Massimo Gramellini su La stampa (cliccate qui, se volete: chapeau!) - siamo in grado di fare una riflessione più seria? Da vent'anni l'Italia non cresce. Lo inventiamo un nuovo modello di sviluppo sostenibile o continuiamo a sognare grandi opere e piccoli risultati? L'Istat dice che c'è il record di disoccupati, le aziende falliscono perché gli Enti Locali non pagano per colpa del patto di stabilità, fior di investitori potrebbero intervenire in Italia ma sono bloccati dalla crisi del sistema politico e dalle incertezze del sistema burocratico. E noi che facciamo? Pensiamo di uscirne vivi offrendo a Grillo la Camera e a Berlusconi il Senato, secondo gli schemi che hanno già fallito in passato? Come se non bastasse - diciamola tutta - per la prima volta un Paese europeista come l'Italia vede affiorare un voto antieuropeo, che è un fatto molto pericoloso di cui anche i commentatori si sono occupati poco. Qualcuno inizia a credere al fatto che i problemi italiani derivano dall'eccesso di Europa nella nostra vita quotidiana quando in realtà è vero il contrario: c'è poca Europa, non troppa Europa.
Per tutti questi motivi, da italiano, sono pronto a partecipare a una discussione vera su quello che serve al Paese. Ma se devo andare ai caminetti di partito sulle indiscrezioni della stampa o a partecipare al festivalbar delle candidature, beh, scusate, ma da queste parti abbiamo da lavorare. Mentre a Roma si discute, nelle città si affrontano i problemi, dalle emergenze occupazionali fino alle buche nelle strade.
Mi piacerebbe raccontarvi lo sforzo di queste ore sulla città, dal regolamento urbanistico all'investimento sulla cultura. Ne parleremo in una prossima enews, comunque. Altrimenti la faccio troppo lunga.
Alla prossima settimana, allora
Un sorriso,
Matteo
Pensierino della sera. Nel discorso sullo Stato dell'UnioneObama ha detto molte cose interessanti. Il passaggio per me più bello è stato quello sulla scuola: "Un dollaro investito nella scuola di qualità produce un risparmio di sette euro perché riduce disoccupazione e criminalità.” Quando arriveremo anche in Italia a considerare i soldi (ben) spesi sulla scuola come un investimento sul futuro anziché come una spesa corrente del presente?
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