Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Se veramente sarà come dice Renzi allora questo paese è veramente finito.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Il pd stà diventando il nulla politico dove sono le idee?dove è la protezione dei più deboli?dov'è un'autentico riformismo?Per me bisogna stare ben piantarti nell'alveo della sinistra riformista e non bisogna inseguire il nulla delle galassie centriste.Vinci se sei bravo non se rinunci ai tuoi valori
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Re: Diario della caduta di un regime.
Sono d'accordo con te e il mio disappunto sarebbe quello di veder Renzi aver ragione e prendersi come dice lui oltre il 90% dei voti dell'attuale PD.lilly ha scritto:Il pd stà diventando il nulla politico dove sono le idee?dove è la protezione dei più deboli?dov'è un'autentico riformismo?Per me bisogna stare ben piantarti nell'alveo della sinistra riformista e non bisogna inseguire il nulla di galassie centriste.Vinci se sei bravo non se rinunci ai tuoi valori
Io non voto più PD dal 2013 ormai e auspico che la Sinistra Riformista possa riuscire a recuperare voti e a diventare un partito significativo con percentuali almeno a due cifre e a ricompattare i vari transfughi.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Per me serve una rosa nel simbolo e chiamarlo PL dove L stà per lavoro laburismo.Serve eliminare le primarie per la leadership le primarie si fanno per i deputati perche se tu stabilisci la coincidenza leadership primo ministro per ragioni legate alla stabilità se fai anche le primarie per la leadership costruisci una figura troppo forte.Poi bisogna rivedere tutto il job act perche se può andare bene l'estensione degli ammortizzatori alle piccole aziende e norme semplici traducibili in inglese non và bene la prova di tre anni che deve essere di un'anno e non và bene l'articolo 18 che và cambiato in modo da assicurare i diritti basilari ma che non impedisca la flessibiltà necessaria e quando si scrivono le leggi sul lavoro non possono prestarsi ad incertezze interpretative.Poi il lavoro a tempo indeterminato deve costare meno di quello flessibile e per fare ciò bisogna agire sul cuneo fiscale cosa che permette di utilizzare la biagi solo se necessario.Poi sui vuocher va reintrodotta la causa dell'eccezzionalità per i piccoli lavori perche non possono tallonare il lavoro standart.Poi c'è tutto il rimodellamento del welfare dal welfare familiare al reddito minimo garantito all'edilizia popolare all'ambiente pannelli fotovoltaici per ridurre il costo aziendale dell'energia materiale biodegradabile etc il pluralismo dell'informazione leggi anticoncentrazione autorità cieca per evitare che qualcuno ne assuma il controllo
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Re: Diario della caduta di un regime.
Si deve anche impedire che chi ha dei mezzi di comunicazione faccia un'attività politica, anche il parlamentare. Deve essere ineleggibile, anche se è la prima volta che fa politica.
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Re: Diario della caduta di un regime.
( OPERA INTEGRALE - 14 capitoli - 201 pagine )
GUSTAV LE BON (1841-1931), Etnologo e psicologo (fu uno dei fondatori della "Psicologia sociale") nato in Francia a Nogent-Le Retrou, fu il primo psicologo a studiare scientificamente il comportamento delle folle, cercando di identificarne i caratteri peculiari e proponendo tecniche adatte per guidarle e controllarle. Per questa ragione le sue opere vennero lette e attentamente studiate dai dittatori totalitari del novecento, i quali basarono il proprio potere sulla capacità di controllare e manipolare le masse.
In effetti, gli scritti di Le Bon - in particolare Psicologia delle Folle edita nel 1895 - erano una vera e propria miniera d'oro per chi voleva comprendere il comportamento della massa, il nuovo soggetto che si affacciava sulla scena politica negli ultimi decenni dell'ottocento e che avrebbe dominato tale scena nel novecento. La nascita della massa, intesa come "grande quantità indistinta di persone che agisce in maniera uniforme" che iniziò a prendere forma sul finire del XIX secolo.
Lenin, Stalin, Hitler lessero meticolosamente l'opera di Le Bon e l'uso di determinate tecniche di persuasione nella loro dittatura sembra ispirato direttamente dai suoi consigli; ma anche Mussolini fu un fervido ammiratore dell'opera dello psicologo francese. "Ho letto tutta l'opera di Le Bon - diceva Mussolini- e non so quante volte abbia riletto la sua "Psicologia delle folle" E' un opera capitale alla quale ancora oggi spesso ritorno".
La leggerezza di certi discorsi fatti da questi dittatori (alcuni li leggeremo nel penultimo capitolo "Le folle elettorali") che hanno esercitato un'influenza enorme sulle folle, talvolta stupisce alla lettura; ma si dimentica che essi furono fatti per trascinare le folle, e non per essere letti da filosofi. L'oratore si mette in intima comunione con la folla e sa evocare le immagini che la seducono. Le affermazioni sono fatte in modo così autoritario, che vengono accettate a causa del tono che le accompagna. E normalmente queste suggestioni non sono accompagnate da argomenti o prove logiche, esse sono cacciate dentro quali verità lampanti, e sono cristallizzate in epigrammi ed assiomi, che vengono accettati per veri, in conseguenza della apparente arguzia, senza che nessuno pensi ad analizzarli. I sofismi politici e le spiegazioni usuali, appartengono a questa classe.
Il moderno dittatore, sostiene Le Bon, deve saper cogliere i desideri e le aspirazioni segrete della folla e proporsi come l'incarnazione di tali desideri e come colui che è capace di realizzare tali aspirazioni. Anche in questo caso l'illusione risulta essere più importante della realtà, perché ciò che conta non è portare a compimento tali improbabili sogni quanto far credere alla folla di essere capace: "nella storia - aggiunge Le Bon - l'apparenza ha sempre avuto un ruolo più importante della realtà". Le folle non si lasciano influenzare dai ragionamenti. Le folle sono colpite soprattutto da ciò che vi é di meraviglioso nelle cose. Esse pensano per immagini, e queste immagini si succedono senza alcun legame. L 'immaginazione popolare é sempre stata la base della potenza degli uomini di Stato, dei trascinatori di folle, che il più delle volte, no n sono intellettuali, ma uomini d'azione. Questi sono poco chiaroveggenti, ma non potrebbero esserlo, poiché la chiaroveggenza porta generalmente al dubbio e all'inazione. Essi appartengono specialmente a quei nevrotici, a quegli eccitati, a quei semi-alienati che rasentano la pazzia. Per quanto assurda sia l'idea che difendono o lo scopo che vogliono raggiungere, tutti i ragionamenti si smussano contro la loro ferma convinzione (nella neuro-psichiatria essa prende il nome di "Pseudologia fantastica" - chi crede alle sue stesse bugie) . Il disprezzo e le persecuzioni non fanno che eccitarli maggiormente. Tutto é sacrificato, interesse personale e famiglia. Perfino l'istinto di conservazione viene distrutto in essi, a tal punto che spesso, la sola ricompensa che essi ambiscono - immedesimandosi in un fervido apostolo delle fede - é la croce, il martirio, l'alone di santità (*); e ciò che lasciano con i loro scritti è il nuovo "vangelo", la nuova "dottrina".
(*) Abbiamo visto in questi giorni pre-elettorali italiani, alcuni seguaci del "nuovo unto dal signore", in piazza, dove lui parlava, osannarlo con uno striscione, dove stava scritto "B... Presidente", e a caratteri cubitali "Santo Subito!!". (foto immortalata dal Corriere della Sera del 1° aprile, 2006). ( Che blasfemia !!! ) Ma non è un po' troppo?).
Un pesce d'aprile? forse; ma "quello" è capace di crederci per davvero e di lasciare ai posteri il "nuovo vangelo" (ma ho i miei dubbi, la Storia non l'ha scritta mai un settantenne, a questa età resta solo la megalomania senile di chi credeva di poter fare molto ma alla fine non lascia nessuna traccia nella Storia.
Per chi non lo sapesse, anche Hitler, nel '34 (per aver favorito il Concordato con la Santa Sede) fu proposto in Vaticano - con lui ancora in vita - di farlo "santo". (Lettera di Enrico Cuccia, pubblicata dal "Corriere d. S.).Sappiamo com'è finita. Male!
Il suo amico "caporale" cinque anni prima in Italia, e per gli stessi motivi, si era invece accontentato di essere indicato come "l'Uomo della Provvidenza" e si limitò a scrivere non un "Vangelo", ma una "Dottrina" ("la concezione fascista è spiritualistica", "Il Fascismo è una concezione religiosa" (Mussolini, "La Dottrina del Fascismo", Sei ed. 1941). Anche qui sappiamo com'è finita. Malissimo!
Che tristezza queste folle, che ascoltano, che si eccitano (compresi certi colti vertici) che qualche volta perdono il lume della ragione, col cervello spento dal più sfrontato e becero fanatismo (o è becero opportunismo?).
Ha dunque ragione Le Bon ?!
GUSTAV LE BON (1841-1931), Etnologo e psicologo (fu uno dei fondatori della "Psicologia sociale") nato in Francia a Nogent-Le Retrou, fu il primo psicologo a studiare scientificamente il comportamento delle folle, cercando di identificarne i caratteri peculiari e proponendo tecniche adatte per guidarle e controllarle. Per questa ragione le sue opere vennero lette e attentamente studiate dai dittatori totalitari del novecento, i quali basarono il proprio potere sulla capacità di controllare e manipolare le masse.
In effetti, gli scritti di Le Bon - in particolare Psicologia delle Folle edita nel 1895 - erano una vera e propria miniera d'oro per chi voleva comprendere il comportamento della massa, il nuovo soggetto che si affacciava sulla scena politica negli ultimi decenni dell'ottocento e che avrebbe dominato tale scena nel novecento. La nascita della massa, intesa come "grande quantità indistinta di persone che agisce in maniera uniforme" che iniziò a prendere forma sul finire del XIX secolo.
Lenin, Stalin, Hitler lessero meticolosamente l'opera di Le Bon e l'uso di determinate tecniche di persuasione nella loro dittatura sembra ispirato direttamente dai suoi consigli; ma anche Mussolini fu un fervido ammiratore dell'opera dello psicologo francese. "Ho letto tutta l'opera di Le Bon - diceva Mussolini- e non so quante volte abbia riletto la sua "Psicologia delle folle" E' un opera capitale alla quale ancora oggi spesso ritorno".
La leggerezza di certi discorsi fatti da questi dittatori (alcuni li leggeremo nel penultimo capitolo "Le folle elettorali") che hanno esercitato un'influenza enorme sulle folle, talvolta stupisce alla lettura; ma si dimentica che essi furono fatti per trascinare le folle, e non per essere letti da filosofi. L'oratore si mette in intima comunione con la folla e sa evocare le immagini che la seducono. Le affermazioni sono fatte in modo così autoritario, che vengono accettate a causa del tono che le accompagna. E normalmente queste suggestioni non sono accompagnate da argomenti o prove logiche, esse sono cacciate dentro quali verità lampanti, e sono cristallizzate in epigrammi ed assiomi, che vengono accettati per veri, in conseguenza della apparente arguzia, senza che nessuno pensi ad analizzarli. I sofismi politici e le spiegazioni usuali, appartengono a questa classe.
Il moderno dittatore, sostiene Le Bon, deve saper cogliere i desideri e le aspirazioni segrete della folla e proporsi come l'incarnazione di tali desideri e come colui che è capace di realizzare tali aspirazioni. Anche in questo caso l'illusione risulta essere più importante della realtà, perché ciò che conta non è portare a compimento tali improbabili sogni quanto far credere alla folla di essere capace: "nella storia - aggiunge Le Bon - l'apparenza ha sempre avuto un ruolo più importante della realtà". Le folle non si lasciano influenzare dai ragionamenti. Le folle sono colpite soprattutto da ciò che vi é di meraviglioso nelle cose. Esse pensano per immagini, e queste immagini si succedono senza alcun legame. L 'immaginazione popolare é sempre stata la base della potenza degli uomini di Stato, dei trascinatori di folle, che il più delle volte, no n sono intellettuali, ma uomini d'azione. Questi sono poco chiaroveggenti, ma non potrebbero esserlo, poiché la chiaroveggenza porta generalmente al dubbio e all'inazione. Essi appartengono specialmente a quei nevrotici, a quegli eccitati, a quei semi-alienati che rasentano la pazzia. Per quanto assurda sia l'idea che difendono o lo scopo che vogliono raggiungere, tutti i ragionamenti si smussano contro la loro ferma convinzione (nella neuro-psichiatria essa prende il nome di "Pseudologia fantastica" - chi crede alle sue stesse bugie) . Il disprezzo e le persecuzioni non fanno che eccitarli maggiormente. Tutto é sacrificato, interesse personale e famiglia. Perfino l'istinto di conservazione viene distrutto in essi, a tal punto che spesso, la sola ricompensa che essi ambiscono - immedesimandosi in un fervido apostolo delle fede - é la croce, il martirio, l'alone di santità (*); e ciò che lasciano con i loro scritti è il nuovo "vangelo", la nuova "dottrina".
(*) Abbiamo visto in questi giorni pre-elettorali italiani, alcuni seguaci del "nuovo unto dal signore", in piazza, dove lui parlava, osannarlo con uno striscione, dove stava scritto "B... Presidente", e a caratteri cubitali "Santo Subito!!". (foto immortalata dal Corriere della Sera del 1° aprile, 2006). ( Che blasfemia !!! ) Ma non è un po' troppo?).
Un pesce d'aprile? forse; ma "quello" è capace di crederci per davvero e di lasciare ai posteri il "nuovo vangelo" (ma ho i miei dubbi, la Storia non l'ha scritta mai un settantenne, a questa età resta solo la megalomania senile di chi credeva di poter fare molto ma alla fine non lascia nessuna traccia nella Storia.
Per chi non lo sapesse, anche Hitler, nel '34 (per aver favorito il Concordato con la Santa Sede) fu proposto in Vaticano - con lui ancora in vita - di farlo "santo". (Lettera di Enrico Cuccia, pubblicata dal "Corriere d. S.).Sappiamo com'è finita. Male!
Il suo amico "caporale" cinque anni prima in Italia, e per gli stessi motivi, si era invece accontentato di essere indicato come "l'Uomo della Provvidenza" e si limitò a scrivere non un "Vangelo", ma una "Dottrina" ("la concezione fascista è spiritualistica", "Il Fascismo è una concezione religiosa" (Mussolini, "La Dottrina del Fascismo", Sei ed. 1941). Anche qui sappiamo com'è finita. Malissimo!
Che tristezza queste folle, che ascoltano, che si eccitano (compresi certi colti vertici) che qualche volta perdono il lume della ragione, col cervello spento dal più sfrontato e becero fanatismo (o è becero opportunismo?).
Ha dunque ragione Le Bon ?!
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Re: Diario della caduta di un regime.
Esse pensano per immagini, e queste immagini si succedono senza alcun legame. L'immaginazione popolare é sempre stata la base della potenza degli uomini di Stato, dei trascinatori di folle, che il più delle volte, no n sono intellettuali, ma uomini d'azione. Questi sono poco chiaroveggenti, ma non potrebbero esserlo, poiché la chiaroveggenza porta generalmente al dubbio e all'inazione.
Essi appartengono specialmente a quei nevrotici, a quegli eccitati, a quei semi-alienati che rasentano la pazzia.
Per quanto assurda sia l'idea che difendono o lo scopo che vogliono raggiungere, tutti i ragionamenti si smussano contro la loro ferma convinzione (nella neuro-psichiatria essa prende il nome di "Pseudologia fantastica" - chi crede alle sue stesse bugie) . Il disprezzo e le persecuzioni non fanno che eccitarli maggiormente.
Gustave Le Bon
Indro Montanelli, ancora in vita, ci aveva fatto sapere che Berlusconi credeva alle balle che raccontava.
È stata una sua esperienza al Giornale che aveva fondato nel lontano 1974.
Ma da tempo il Berlusca si è incamminato sul viale del Tramonto.
Il suo posto è stato preso dal Ducetto di Rignano. Che in fatto di balle le spara almeno cento volte di più del fondatore della religione Bunga-Bunga.
Dopo Mussolini la scena italiana del Teatro della Pseudologia Fantastica prima è passata per Silvietto.
Ora la occupa il Ducetto di Rignano.
Basti pensare, una per tutte, alla balla che raccontava per spingere le folle a votare per il SI.
“SE PERDO IL REFERENDUM MI DIMETTO DALLA POLITICA”
Questo misura il tasso di merlismo del popolo italiota.
E’ ancora qui a rompere, e a portare a scatafascio quel che rimane dell’Italia sotto le macerie, in fondo ad un pozzo nero ed in preda all’epidemia mondiale di IMBECILLOCOCCO.
Essi appartengono specialmente a quei nevrotici, a quegli eccitati, a quei semi-alienati che rasentano la pazzia.
Per quanto assurda sia l'idea che difendono o lo scopo che vogliono raggiungere, tutti i ragionamenti si smussano contro la loro ferma convinzione (nella neuro-psichiatria essa prende il nome di "Pseudologia fantastica" - chi crede alle sue stesse bugie) . Il disprezzo e le persecuzioni non fanno che eccitarli maggiormente.
Gustave Le Bon
Indro Montanelli, ancora in vita, ci aveva fatto sapere che Berlusconi credeva alle balle che raccontava.
È stata una sua esperienza al Giornale che aveva fondato nel lontano 1974.
Ma da tempo il Berlusca si è incamminato sul viale del Tramonto.
Il suo posto è stato preso dal Ducetto di Rignano. Che in fatto di balle le spara almeno cento volte di più del fondatore della religione Bunga-Bunga.
Dopo Mussolini la scena italiana del Teatro della Pseudologia Fantastica prima è passata per Silvietto.
Ora la occupa il Ducetto di Rignano.
Basti pensare, una per tutte, alla balla che raccontava per spingere le folle a votare per il SI.
“SE PERDO IL REFERENDUM MI DIMETTO DALLA POLITICA”
Questo misura il tasso di merlismo del popolo italiota.
E’ ancora qui a rompere, e a portare a scatafascio quel che rimane dell’Italia sotto le macerie, in fondo ad un pozzo nero ed in preda all’epidemia mondiale di IMBECILLOCOCCO.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Renzi: “Minoranza ha diritto di sconfiggermi, non di eliminarmi”. Poi dice: “Non sarò in direzione, vado negli Usa”
Titolo non completo:
“Non sarò in direzione, vado negli Usa”, a prendere ordini.
Renzi: “Minoranza ha diritto di sconfiggermi, non di eliminarmi”. Poi dice: “Non sarò in direzione, vado negli Usa”
Politica
Il segretario uscente nella sua Enews fa il punto sulle sue prossime mosse e attacca la minoranza interna del suo partito: "Se è vero che la parola scissione è una delle più brutte del vocabolario politico, ancora più brutta è la parola ricatto"
di F. Q. | 21 febbraio 2017
commenti (0)
Più informazioni su: California, Lingotto, Matteo Renzi, PD
Scissione? No, ricatto. Sconfitta? No, eliminazione. E’ un Matteo Renzi in piena campagna elettorale quello che emerge dalla quanto scritto nella Enews numero 460, in cui parla di ciò che è successo negli ultimi mesi, ma soprattutto traccia la strada da seguire nelle prossime settimane. E nelle prossime ore. E’ lui stesso ad annunciare che non prenderà parte alla direzione di oggi: preferisce partire per la California. “E mentre gli organismi statutari decidono le regole del Congresso, io sono in partenza per qualche giorno per gli Stati Uniti” annuncia, trasformando di fatto l’appuntamento odierno in poco più di una tappa formale nell’iter per l’elezione del nuovo segretario e perdendo di fatto un’altra occasione di dialogo e confronto per il futuro del partito. Resta il fatto che non ci sarà Renzi, non ci saranno i bersaniani, non ci sarà il governatore della Toscana Enrico Rossi. Forse ci sarà Michele Emiliano, che – come sottolinea il deputato Francesco Boccia, vicino al governatore pugliese – continua nei tentativi di evitare la scissione.
Ma, se scissione sarà, Renzi non si farà trovare impreparato. E nella Enews fa capire chiaramente come si sta muovendo. Quindi l’appuntamento al Lingotto di Torino dal 10 al 12 marzo, quindi il suo ritorno in tv, quindi le nuove iniziative comunicative. Al centro, però, resta sempre il Pd: passato, presente e futuro. A partire dalla scissione di una parte del partito, per cui Renzi non spende parole di distensione. “Per settimane intere gli amici della minoranza mi hanno chiesto di anticipare il congresso, con petizioni online e raccolte firme – scrive l’ex premier – arrivando persino al punto di minacciare ‘le carte bollate’. Quando finalmente abbiamo accolto questa proposta, ci è stata fatta una richiesta inaccettabile: si sarebbe evitata la scissione se solo io avessi rinunciato a candidarmi – spiega – Penso che la minoranza abbia il diritto di sconfiggermi, non di eliminarmi. E se è vero che la parola scissione è una delle più brutte del vocabolario politico, ancora più brutta è la parola ricatto”.
Un attacco su tutta la linea quello di Renzi, che poi ricorda come quale sarà lo spirito del prossimo congresso, “indetto secondo le regole e i tempi dello Statuto“: “Chi ha idee si candidi. E vinca il migliore. Se qualcuno vuole lasciare la nostra comunità, questa scelta ci addolora, ma la nostra parola d’ordine rimane quella: venite, non andatevene”. “Il nostro dibattito deve essere autentico. Il Pd ha la sua forza nella partecipazione, sia nei circoli che alle primarie – continua il segretario dimissionario – Personalmente ho giurato a me stesso che non sarò mai il leader di qualche caminetto, messo lì da un accordo tra correnti: si vince prendendo i voti, non mettendo i veti”. L’ex sindaco di Firenze, tuttavia, a sua volta mette dei paletti: “Tuttavia è bene essere chiari: non possiamo bloccare ancora la discussione del partito e soprattutto del Paese – spiega – È tempo di rimettersi in cammino. Tutti insieme, spero, ma in cammino. Non immobili. Il destino del Pd e del Paese è più importante del destino dei singoli leader“. Quest’ultima, soprattutto, è un’accusa ‘mutuata’ dagli attacchi di Bersani nei suoi confronti.
Renzi non lo dice e traccia la strada, sua e del Partito di cui è segretario, seppure uscente. “Per vincere il congresso però non basta arrivare primi. Bisogna vincere nel consenso, certo, ma anche vincere esprimendo idee, sogni, partecipazione”. Poi parte da una domanda retorica per montare la sua idea di cambiamento, con tanto di calendario degli appuntamenti già in fase avanzata: “Il dibattito del Pd vi ha stancato? Bene, aiutateci a ribaltarlo – dice Renzi – Aiutateci a mettere a fuoco i problemi e le soluzioni vere del Paese. Mettiamo al centro l’Italia, sul serio”. Poi l’appello ai sostenitori: “Per questo dal 10 al 12 marzo ci vedremo a Torino, al Lingotto. Abbiamo già ricevuto oltre mille email di idee, suggerimenti, proposte. Vi sono grato per questa esplosione di entusiasmo – sottolinea – Segno che c’è tanta voglia di partecipare, di proporre, di rilanciare. Il Lingotto sarà l’occasione per mettersi definitivamente alle spalle le polemiche di queste ore – promette – E per raccontare che tipo di Paese vogliamo per i prossimi anni. Intanto vi ricordo l’email: lingotto@matteorenzi.it per darci una mano”.
L’appuntamento del Lingotto, tuttavia, non sarà l’unica tappa del suo avvicinamento alle primarie del partito, che Renzi comunque vorrebbe fissare nella prima metà di maggio. “Nei prossimi giorni, con calma e minore intensità rispetto al passato, tornerò anche a partecipare a trasmissioni televisive – annuncia – E riprenderemo i dialoghi su Facebook, inaugurando un modello diverso. Dopo aver più volte lanciato il ‘MatteoRisponde‘, daremo spazio dalla prossima settimana a qualche ‘MatteoDomanda’, mettendoci in ascolto delle idee e delle proposte di chi vorrà farsi sentire – sottolinea Renzi – Ascolto, partecipazione, coinvolgimento: queste le parole chiave del lavoro che faremo durante la campagna congressuale”.
Che, per quanto riguarda l’ex Rottamatore, sarà anticipata da un viaggio di lavoro negli Stati Uniti: “Vi racconterò sul blog.matteorenzi.it il mio diario di bordo dalla California – aggiunge – dove incontreremo alcune realtà molto interessanti. Soprattutto nel campo del fotovoltaico – specifica – un settore dove si incrociano innovazione, sviluppo e ambiente. Priorità: imparare da chi è più bravo come creare occupazione, lavoro, crescita nel mondo che cambia, nel mondo del digitale, nel mondo dell’innovazione. Il mondo, là fuori, corre e corre a un ritmo impressionante”.
Non poteva mancare un riferimento al referendum del 4 dicembre e alla debacle della linea renziana. “Dopo il 4 dicembre l’Italia sembra aver rimesso indietro le lancette della politica” scrive Renzi, che poi in un inciso precisa che si riferisce a “proporzionale, scissioni in tutti i partiti, polemiche, palude: prima o poi qualcuno rifletterà sulle conseguenze politiche del voto referendario, non solo su quelle personali che sono decisamente meno importanti”. “Continuo a pensare che l’Italia abbia tutto per farcela e che ciò che ci serve sia soprattutto l’energia di rischiare e la volontà di sfidare il cambiamento senza vivere di rendita. Non rassegnamoci amici, non rassegnamoci alla palude” aggiunge, prima di riservare un’accusa diretta alla minoranza interna del Partito democratico.
“Facciamola semplice, senza troppi giri di parole. Dal primo giorno della vittoria alle primarie del 2013 alcuni amici e compagni di strada hanno espresso dubbi, riserve, critiche sulla gestione del partito e soprattutto alla gestione del Governo – sottolinea – Penso che sia legittimo e doveroso in un partito democratico, di nome e di fatto, che chi ha idee diverse possa presentarle in un confronto interno, civile e pacato. Vinca il migliore e poi chi vince ha il diritto di essere aiutato anche dagli altri: si chiama democrazia interna“. Nella Enews Matteo Renzi sottolinea anche che “l’alternativa è il modello partito-azienda. E sia detto con il massimo rispetto: a me non convince. Certo, è più facile essere guidati da un capo che decide da solo”. “Dall’altra parte – continua – accade che da vent’anni in una villa in Brianza si prendono le decisioni che riguardano la destra in Italia, senza la fatica di fare congressi o discussioni vere”. Ormai, dice ancora, “si è affermato il modello del partito azienda e capisco di conseguenza che noi democratici sembriamo quelli strani. Un’azienda è più semplice da gestire rispetto a un partito. Ma credo sia giusto difendere i principi della democrazia interna, l’idea di far parte di una comunità di persone che decide sulla base di regole condivise. Che sono sempre quelle, non cambiano sulla base delle esigenze”.
Titolo non completo:
“Non sarò in direzione, vado negli Usa”, a prendere ordini.
Renzi: “Minoranza ha diritto di sconfiggermi, non di eliminarmi”. Poi dice: “Non sarò in direzione, vado negli Usa”
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Il segretario uscente nella sua Enews fa il punto sulle sue prossime mosse e attacca la minoranza interna del suo partito: "Se è vero che la parola scissione è una delle più brutte del vocabolario politico, ancora più brutta è la parola ricatto"
di F. Q. | 21 febbraio 2017
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Più informazioni su: California, Lingotto, Matteo Renzi, PD
Scissione? No, ricatto. Sconfitta? No, eliminazione. E’ un Matteo Renzi in piena campagna elettorale quello che emerge dalla quanto scritto nella Enews numero 460, in cui parla di ciò che è successo negli ultimi mesi, ma soprattutto traccia la strada da seguire nelle prossime settimane. E nelle prossime ore. E’ lui stesso ad annunciare che non prenderà parte alla direzione di oggi: preferisce partire per la California. “E mentre gli organismi statutari decidono le regole del Congresso, io sono in partenza per qualche giorno per gli Stati Uniti” annuncia, trasformando di fatto l’appuntamento odierno in poco più di una tappa formale nell’iter per l’elezione del nuovo segretario e perdendo di fatto un’altra occasione di dialogo e confronto per il futuro del partito. Resta il fatto che non ci sarà Renzi, non ci saranno i bersaniani, non ci sarà il governatore della Toscana Enrico Rossi. Forse ci sarà Michele Emiliano, che – come sottolinea il deputato Francesco Boccia, vicino al governatore pugliese – continua nei tentativi di evitare la scissione.
Ma, se scissione sarà, Renzi non si farà trovare impreparato. E nella Enews fa capire chiaramente come si sta muovendo. Quindi l’appuntamento al Lingotto di Torino dal 10 al 12 marzo, quindi il suo ritorno in tv, quindi le nuove iniziative comunicative. Al centro, però, resta sempre il Pd: passato, presente e futuro. A partire dalla scissione di una parte del partito, per cui Renzi non spende parole di distensione. “Per settimane intere gli amici della minoranza mi hanno chiesto di anticipare il congresso, con petizioni online e raccolte firme – scrive l’ex premier – arrivando persino al punto di minacciare ‘le carte bollate’. Quando finalmente abbiamo accolto questa proposta, ci è stata fatta una richiesta inaccettabile: si sarebbe evitata la scissione se solo io avessi rinunciato a candidarmi – spiega – Penso che la minoranza abbia il diritto di sconfiggermi, non di eliminarmi. E se è vero che la parola scissione è una delle più brutte del vocabolario politico, ancora più brutta è la parola ricatto”.
Un attacco su tutta la linea quello di Renzi, che poi ricorda come quale sarà lo spirito del prossimo congresso, “indetto secondo le regole e i tempi dello Statuto“: “Chi ha idee si candidi. E vinca il migliore. Se qualcuno vuole lasciare la nostra comunità, questa scelta ci addolora, ma la nostra parola d’ordine rimane quella: venite, non andatevene”. “Il nostro dibattito deve essere autentico. Il Pd ha la sua forza nella partecipazione, sia nei circoli che alle primarie – continua il segretario dimissionario – Personalmente ho giurato a me stesso che non sarò mai il leader di qualche caminetto, messo lì da un accordo tra correnti: si vince prendendo i voti, non mettendo i veti”. L’ex sindaco di Firenze, tuttavia, a sua volta mette dei paletti: “Tuttavia è bene essere chiari: non possiamo bloccare ancora la discussione del partito e soprattutto del Paese – spiega – È tempo di rimettersi in cammino. Tutti insieme, spero, ma in cammino. Non immobili. Il destino del Pd e del Paese è più importante del destino dei singoli leader“. Quest’ultima, soprattutto, è un’accusa ‘mutuata’ dagli attacchi di Bersani nei suoi confronti.
Renzi non lo dice e traccia la strada, sua e del Partito di cui è segretario, seppure uscente. “Per vincere il congresso però non basta arrivare primi. Bisogna vincere nel consenso, certo, ma anche vincere esprimendo idee, sogni, partecipazione”. Poi parte da una domanda retorica per montare la sua idea di cambiamento, con tanto di calendario degli appuntamenti già in fase avanzata: “Il dibattito del Pd vi ha stancato? Bene, aiutateci a ribaltarlo – dice Renzi – Aiutateci a mettere a fuoco i problemi e le soluzioni vere del Paese. Mettiamo al centro l’Italia, sul serio”. Poi l’appello ai sostenitori: “Per questo dal 10 al 12 marzo ci vedremo a Torino, al Lingotto. Abbiamo già ricevuto oltre mille email di idee, suggerimenti, proposte. Vi sono grato per questa esplosione di entusiasmo – sottolinea – Segno che c’è tanta voglia di partecipare, di proporre, di rilanciare. Il Lingotto sarà l’occasione per mettersi definitivamente alle spalle le polemiche di queste ore – promette – E per raccontare che tipo di Paese vogliamo per i prossimi anni. Intanto vi ricordo l’email: lingotto@matteorenzi.it per darci una mano”.
L’appuntamento del Lingotto, tuttavia, non sarà l’unica tappa del suo avvicinamento alle primarie del partito, che Renzi comunque vorrebbe fissare nella prima metà di maggio. “Nei prossimi giorni, con calma e minore intensità rispetto al passato, tornerò anche a partecipare a trasmissioni televisive – annuncia – E riprenderemo i dialoghi su Facebook, inaugurando un modello diverso. Dopo aver più volte lanciato il ‘MatteoRisponde‘, daremo spazio dalla prossima settimana a qualche ‘MatteoDomanda’, mettendoci in ascolto delle idee e delle proposte di chi vorrà farsi sentire – sottolinea Renzi – Ascolto, partecipazione, coinvolgimento: queste le parole chiave del lavoro che faremo durante la campagna congressuale”.
Che, per quanto riguarda l’ex Rottamatore, sarà anticipata da un viaggio di lavoro negli Stati Uniti: “Vi racconterò sul blog.matteorenzi.it il mio diario di bordo dalla California – aggiunge – dove incontreremo alcune realtà molto interessanti. Soprattutto nel campo del fotovoltaico – specifica – un settore dove si incrociano innovazione, sviluppo e ambiente. Priorità: imparare da chi è più bravo come creare occupazione, lavoro, crescita nel mondo che cambia, nel mondo del digitale, nel mondo dell’innovazione. Il mondo, là fuori, corre e corre a un ritmo impressionante”.
Non poteva mancare un riferimento al referendum del 4 dicembre e alla debacle della linea renziana. “Dopo il 4 dicembre l’Italia sembra aver rimesso indietro le lancette della politica” scrive Renzi, che poi in un inciso precisa che si riferisce a “proporzionale, scissioni in tutti i partiti, polemiche, palude: prima o poi qualcuno rifletterà sulle conseguenze politiche del voto referendario, non solo su quelle personali che sono decisamente meno importanti”. “Continuo a pensare che l’Italia abbia tutto per farcela e che ciò che ci serve sia soprattutto l’energia di rischiare e la volontà di sfidare il cambiamento senza vivere di rendita. Non rassegnamoci amici, non rassegnamoci alla palude” aggiunge, prima di riservare un’accusa diretta alla minoranza interna del Partito democratico.
“Facciamola semplice, senza troppi giri di parole. Dal primo giorno della vittoria alle primarie del 2013 alcuni amici e compagni di strada hanno espresso dubbi, riserve, critiche sulla gestione del partito e soprattutto alla gestione del Governo – sottolinea – Penso che sia legittimo e doveroso in un partito democratico, di nome e di fatto, che chi ha idee diverse possa presentarle in un confronto interno, civile e pacato. Vinca il migliore e poi chi vince ha il diritto di essere aiutato anche dagli altri: si chiama democrazia interna“. Nella Enews Matteo Renzi sottolinea anche che “l’alternativa è il modello partito-azienda. E sia detto con il massimo rispetto: a me non convince. Certo, è più facile essere guidati da un capo che decide da solo”. “Dall’altra parte – continua – accade che da vent’anni in una villa in Brianza si prendono le decisioni che riguardano la destra in Italia, senza la fatica di fare congressi o discussioni vere”. Ormai, dice ancora, “si è affermato il modello del partito azienda e capisco di conseguenza che noi democratici sembriamo quelli strani. Un’azienda è più semplice da gestire rispetto a un partito. Ma credo sia giusto difendere i principi della democrazia interna, l’idea di far parte di una comunità di persone che decide sulla base di regole condivise. Che sono sempre quelle, non cambiano sulla base delle esigenze”.
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Re: Diario della caduta di un regime.
L'OBITORIO PD, VISTO CON GLI OCCHI INTERESSATI DEI CAMERATI
Emiliano resta nel Pd: sfiderà Renzi al Congresso
L'orientamento è quello di condurre la battaglia nel partito e di non fare favori a Renzi
Luca Romano - Mar, 21/02/2017 - 14:37
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Michele Emiliano sarebbe orientato a restare nel Pd. È quanto si apprende da parlamentari vicini al governatore della Puglia che oggi parteciperà alla Direzione del Pd.
L'orientamento è quello di condurre la battaglia nel partito. Non si possono fare favori a Renzi, ha spiegato Michele Emiliano ad alcuni parlamentari. C'è irritazione da parte della minoranza democratica per l'atteggiamento del governatore pugliese, ma - sottolinea un bersaniano - è già messo in conto la possibilità di un suo smarcamento dalla linea scissionista.
"Non abbiamo mai detto che Renzi e la Boschi sono quelli che dicevano che se avessero perso il referendum costituzionale avrebbero lasciato la politica e invece sono ancora qui. E oggi trovo surreale che il problema sarebbe Michele Emiliano che avrebbe moderato i toni? Emiliano avendo a cuore le sorti del PD, ricevendo centinaia di migliaia di mail e messaggi di militanti, sta provando fino all'ultimo istante a salvare il Pd. Con non poca sofferenza sta cercando da giorni di mediare con una persona che non ha mai voluto mediare e che, invece di partecipare all'ultima direzione dice di partire per gli USA, perdendo un'altra occasione di confronto nel partito", ha dichiarato Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, in diretta a L'Aria che tira, su La7 e difendendo Emiliano dalle accusa di incoerenza.
La minoranza dem invece ha confermato la decisione di non partecipare alla Direzione e al congresso Pd dopo la scelta di Michele Emiliano di restare nel partito.
Emiliano resta nel Pd: sfiderà Renzi al Congresso
L'orientamento è quello di condurre la battaglia nel partito e di non fare favori a Renzi
Luca Romano - Mar, 21/02/2017 - 14:37
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Michele Emiliano sarebbe orientato a restare nel Pd. È quanto si apprende da parlamentari vicini al governatore della Puglia che oggi parteciperà alla Direzione del Pd.
L'orientamento è quello di condurre la battaglia nel partito. Non si possono fare favori a Renzi, ha spiegato Michele Emiliano ad alcuni parlamentari. C'è irritazione da parte della minoranza democratica per l'atteggiamento del governatore pugliese, ma - sottolinea un bersaniano - è già messo in conto la possibilità di un suo smarcamento dalla linea scissionista.
"Non abbiamo mai detto che Renzi e la Boschi sono quelli che dicevano che se avessero perso il referendum costituzionale avrebbero lasciato la politica e invece sono ancora qui. E oggi trovo surreale che il problema sarebbe Michele Emiliano che avrebbe moderato i toni? Emiliano avendo a cuore le sorti del PD, ricevendo centinaia di migliaia di mail e messaggi di militanti, sta provando fino all'ultimo istante a salvare il Pd. Con non poca sofferenza sta cercando da giorni di mediare con una persona che non ha mai voluto mediare e che, invece di partecipare all'ultima direzione dice di partire per gli USA, perdendo un'altra occasione di confronto nel partito", ha dichiarato Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, in diretta a L'Aria che tira, su La7 e difendendo Emiliano dalle accusa di incoerenza.
La minoranza dem invece ha confermato la decisione di non partecipare alla Direzione e al congresso Pd dopo la scelta di Michele Emiliano di restare nel partito.
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