Renzi, il Pd e le cose ovvie da non dire
di Riccardo Rita | 5 aprile 2013
L’Italia è quel paese in cui non si deve mai dire la verità, specie se è palese a tutti. Se lo fai, come minimo finisce che scateni un caso nazionale. Prova, per esempio, a dire che i dieci saggi di Napolitano sono (nella migliore delle ipotesi) un’inutile perdita di tempo per coprire una situazione di stallo che né Bersani né il Capo dello Stato sembrano capaci di risolvere. Renzi l’ha fatto, magari un pochino troppo semplicisticamente, d’accordo – ma apriti cielo: tutti, nel Pd, a dargli addosso.
Anche perché il sindaco di Firenze si è spinto a fare un’ulteriore, sconvolgente considerazione: i democratici, secondo lui, dovrebbero chiarire se intendono puntare a un governo di larghe intese (e l’unica intesa possibile, in Parlamento, pare quella col Pdl e con i montiani) oppure correre verso elezioni anticipate alla prima data utile. E non continuare a fare melina tenendo il paese bloccato solo per vedere come va a finire l’avvilente partita a scacchi che i partiti stanno giocando attorno all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. (Traduzione: da qui all’elezione del successore di Napolitano, avviamo intanto il lavoro delle commissioni come proposto dalla presidente Boldrini, da Sel e dal M5S e facciamo almeno lavorare il Parlamento. E magari, invece di insistere con Bersani, Napolitano nel frattempo potrebbe pensare a un incarico autorevole e super-partes, con una squadra di ministri di altissima caratura, entrambi, possibilmente, non invisi ai grillini. E via a una vera fase costituente. Perché, mentre i saggi intanto lavorano, non ci si prova nemmeno?)
Che Renzi avesse ragione sull’attuale situazione di stallo, malgrado l’indiretta quanto scontata sconfessione di Napolitano, l’ha dimostrato un illustre componente dei dieci facilitatori, Valerio Onida, che, credendo di parlare con Margherita Hack e non, come invece ha fatto, con un suo imitatore, su Radio 24 ha ammesso la sostanziale inutilità e pretestuosità di questa mossa del Colle. Ma, confessiamolo, non è che poi avessimo bisogno di quest’ulteriore conferma. Bene o male, questa cosa, l’avevamo già capita da soli. Soltanto, guai a dirla.
Allo stesso modo, che ormai l’unica soluzione alternativa alle elezioni anticipate sia un governo di larghe intese in cui la fiducia al Senato venga garantita anche dal Pdl (dall’interno o dall’esterno della maggioranza sembra la vera materia di contesa col Pd) è evidente a chiunque e D’Alema, nemico giurato del sindaco di Firenze, lo caldeggia da settimane senza scatenare, stranamente, nessuna rivolta tra i bersaniani. Solo che, se poi lo dice Renzi, diventa un berlusconiano che accoltella alle spalle il suo segretario. E giù a sbranarlo.
“Amicus Plato, sed magis amica veritas”, scriveva Aristotele dissociandosi dalle idee (è proprio il caso di dirlo) del suo amico e rivale filosofo. Platone è mio amico, ma di più ancora mi è amica la verità. Allo stesso modo, qui non si tratta di favorire il gioco di Bersani o Berlusconi, né tantomeno di Grillo, ma di affrontare con coraggio la realtà per come si presenta e non per come vorremmo che fosse. Le elezioni sono andate come sono andate. Il Movimento 5 Stelle ha sbeffeggiato Bersani in mondovisione streaming, e a trentotto giorni dalle votazioni del 24 e 25 febbraio non solo il paese non ha un governo, ma nemmeno una vaga idea di come formarlo.
Si può dare la colpa a Grillo, a Berlusconi, a Monti, a Bersani o se preferite perfino a Renzi (la gente è strana), ma i fatti non cambiano e una decisione, il Pd, la dovrà pur prendere. Avere assistito a delle consultazioni che nessuno, in un paese normale, avrebbe esitato a definire ridicole (nella lista degli incontri mancavano davvero solo i Modà e Cip&Ciop come ha detto Crozza) non ha di certo aiutato a restituire ai cittadini e alle forze parlamentari il senso dell’urgenza e della criticità in cui il Paese, con sempre più fatica, sta (soprav)vivendo. Ma questa urgenza e questa criticità esistono.
Renzi, come chiunque, può piacere o non piacere e si può lecitamente dubitare della sua buona fede (“Solo Dio conosce il cuore di un uomo”, ha detto Papa Francesco, che il rottamatore ha citato come esempio di veloce e radicale rinnovamento nella Chiesa). Ma il suo appello a fare in fretta e l’invito al Pd a prendere posizioni chiare, coraggiose e univoche, quali che esse siano, mi pare difficilmente contestabile. Insomma, una di quelle cose vere, lapalissiane, che però, da noi, se te ne vuoi stare tranquillo, sarebbe meglio non andare a dire troppo in giro. Specie in questo Pd, sempre più avvitato su se stesso e incattivito.
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