Re: Come se ne viene fuori ?
Inviato: 28/04/2012, 15:45
Ma quale guera e guera !!! estraggono e portano via , e tanti cari saluti a casa .
articolo vecchio ( 2010 ) di repubblica
LA CORSA all' oro nero di Sicilia è già iniziata da tempo. E non riguarda soltanto le trivellazioni in mare aperto. Sono ben cinque gli insediamenti petroliferi già attivi nell' Isola, per complessivi 241 pozzi, che estraggono ogni anno una media di 600 mila tonnellate di greggio, il 15 per cento dell' intera produzione in Italia. Un fiume d' oro nero che vale per le compagnie petrolifere oltre 300 milioni di euro, ma che al territorio, cioè alla Regione, lascia royalty per appena 420 mila euro all' anno: tanto ha incassato Palazzo d' Orleans nel 2009 dall' Eni e dalla società Irminio di proprietà dei texani della Mediterranean Resources, titolari dei cinque permessi di estrazione su terraferma. Conti alla mano, la Regione dal petrolio estratto in Sicilia incassa meno di quanto spende per acquistare la carta nei propri assessorati. E se il ministero dello Sviluppo economico dovesse dare il via libera alle 20 richieste di ricerca in mare, nemmeno un euro rimarrebbe in Sicilia in royalty, perché la Regione sui permessi delle piattaforme offshore non ha competenza. Una beffa, visto che in caso d' incidenti, come accaduto nel golfo del Messico, a pagare le conseguenze del disastro ambientale sarebbero solo le coste siciliane e chi con il mare ci lavora, cioè i pescherecci attivi da Pozzallo a Trapani. Ma la Sicilia corre rischi anche sulla terra ferma. Attualmente sono 5 le concessioni attive per estrazione di petrolio. Le due più grandi sono di proprietà dell' Eni e trivellano a Gela in un' area di 93 chilometri quadrati, e nella contrada Giaurone, sempre nel gelese, in un' area di 4 chilometri quadrati. Attraverso ben 131 pozzi, in questi due siti l' Eni nel 2009 ha estratto 420 mila tonnellate di petrolio. Sempre dell' Eni sono anche 102 pozzi a Ragusa, che trivellano in un' area di 77 chilometri quadrati. I giacimenti siciliani valgono il 9 per cento dell' intera produzione Eni in Italia. L' unica compagnia straniera che estrae petrolio dal sottosuolo siciliano è la Irminio, acquistata nel 2005 dai texani della Mediterranean Resources, che gestisce un pozzo a Ragusa dal quale nel 2009 sono stati estratti 50 mila tonnellate di petrolio. Complessivamente nel 2009 sono stati estratti in Sicilia 556 mila tonnellate di greggio su una produzione complessiva in Italia di 4 milioni di tonnellate. Nello stesso anno le royalty pagate alla Regione per queste quantità di petrolio estratto sono stati pari a 420 mila euro. Nulla, insomma, considerando inoltre che la Sicilia secondo i dati del ministero rimane una terra ricca di petrolio. Le previsioni sulle riserve nazionali di greggio danno una possibilità di estrazione dalla terraferma siciliana pari a 1,9 milioni di tonnellate di petrolio, più di quanto è conservato nel sottosuolo delle regioni del Nord e del Centro Italia messe assieme. Le previsioni più ottimistiche dicono però che nel sottosuolo dell' Isola ci sono ben 8,9 milioni di tonnellate di petrolio. Non è un caso quindi che al ministero siano già arrivate altre quattro domande per avviare ricerche di greggio sulla terraferma siciliana: nel dettaglio, l' Eni chiede di avviare ricerche in un' area di 74 chilometri quadrati a Biancavilla e in una seconda area di 727 chilometri nella zona di Petralia Soprana. La bolognese Fantozzi Fgm, una delle più antiche imprese petrolifere italiane, ha chiesto di poter avviare trivellazioni in una mega area di 748 chilometri quadrati da individuare nel territorio siciliano, mentre i texani della Irminio oltre che a Ragusa, dove già estraggono greggio, chiedono di poter installare pozzi anche a Scicli in un' area di 95 chilometri quadrati. I loro colleghi texani della Panther Eureka, che avevano avuto via libera per trivellare nel Val di Noto, dopo le proteste degli ambientalisti e lo stop della Regione, hanno ritirato le nuove domande di concessione presentate al ministero dello Sviluppo economico, mentre resta vigente il permesso di ricerca da 740 chilometri quadrati nella Valle del Tellaro. Nel settore energetico in Sicilia non c' è però solo la caccia all' oro nero. Anche sul fronte dell' estrazione di gas naturale le grandi compagnie sfruttano non poco il territorio dell' Isola, anche se in questo settore la Regione ha competenza autonoma. Oggi sono 13 gli impianti per estrazione di gas in Sicilia. Ben 12 sono gestiti dell' Eni che ha impianti in tutta la Sicilia, da Bronte, alle contrade Gagliano e Fiumetto a Enna, dall' area di Rocca Cavallo tra le province di Catania ed Enna, a Caltanissetta e Mazara del Vallo. La Edison invece gestisce un impianto a Comiso. Da questi siti nel 2009 sono stati estratti 325 milioni di metri cubi di metano e gas naturale, una cifra elevata tanto che in questo settore alla Regione e al ministero dello Sviluppo economico sono arrivate altre 11 richieste per avviare ricerche sulla terraferma. La pressione delle multinazionali nei confronti del governo nazionale e di quello regionale è elevata. Americani, australiani, irlandesi, canadesi e inglesi chiedono inoltre di costruire altre 20 piattaforme off-shore in mare per estrarre gas naturale e petrolio. Gli interessi in ballo sono milionari. L' assessore al Territorio, Roberto Di Mauro, teme che il via libera a nuovi impianti off-shore arrivi direttamente dal ministero senza che la Regione «possa fare nulla perché in mare non ha alcuna competenza». «Mi pare che oggi la Sicilia dia abbastanza in termini energetici al Paese senza avere nulla in cambio - dice Di Mauro - Se a questo si aggiunge che soltanto con il rigassificatore di Porto Empedocle metteremo in circolo un quantitativo di gas pari a quello consumato in Italia, sono convito che nessun nuovo impianto in terraferma e in mare debba essere autorizzato».
articolo vecchio ( 2010 ) di repubblica
LA CORSA all' oro nero di Sicilia è già iniziata da tempo. E non riguarda soltanto le trivellazioni in mare aperto. Sono ben cinque gli insediamenti petroliferi già attivi nell' Isola, per complessivi 241 pozzi, che estraggono ogni anno una media di 600 mila tonnellate di greggio, il 15 per cento dell' intera produzione in Italia. Un fiume d' oro nero che vale per le compagnie petrolifere oltre 300 milioni di euro, ma che al territorio, cioè alla Regione, lascia royalty per appena 420 mila euro all' anno: tanto ha incassato Palazzo d' Orleans nel 2009 dall' Eni e dalla società Irminio di proprietà dei texani della Mediterranean Resources, titolari dei cinque permessi di estrazione su terraferma. Conti alla mano, la Regione dal petrolio estratto in Sicilia incassa meno di quanto spende per acquistare la carta nei propri assessorati. E se il ministero dello Sviluppo economico dovesse dare il via libera alle 20 richieste di ricerca in mare, nemmeno un euro rimarrebbe in Sicilia in royalty, perché la Regione sui permessi delle piattaforme offshore non ha competenza. Una beffa, visto che in caso d' incidenti, come accaduto nel golfo del Messico, a pagare le conseguenze del disastro ambientale sarebbero solo le coste siciliane e chi con il mare ci lavora, cioè i pescherecci attivi da Pozzallo a Trapani. Ma la Sicilia corre rischi anche sulla terra ferma. Attualmente sono 5 le concessioni attive per estrazione di petrolio. Le due più grandi sono di proprietà dell' Eni e trivellano a Gela in un' area di 93 chilometri quadrati, e nella contrada Giaurone, sempre nel gelese, in un' area di 4 chilometri quadrati. Attraverso ben 131 pozzi, in questi due siti l' Eni nel 2009 ha estratto 420 mila tonnellate di petrolio. Sempre dell' Eni sono anche 102 pozzi a Ragusa, che trivellano in un' area di 77 chilometri quadrati. I giacimenti siciliani valgono il 9 per cento dell' intera produzione Eni in Italia. L' unica compagnia straniera che estrae petrolio dal sottosuolo siciliano è la Irminio, acquistata nel 2005 dai texani della Mediterranean Resources, che gestisce un pozzo a Ragusa dal quale nel 2009 sono stati estratti 50 mila tonnellate di petrolio. Complessivamente nel 2009 sono stati estratti in Sicilia 556 mila tonnellate di greggio su una produzione complessiva in Italia di 4 milioni di tonnellate. Nello stesso anno le royalty pagate alla Regione per queste quantità di petrolio estratto sono stati pari a 420 mila euro. Nulla, insomma, considerando inoltre che la Sicilia secondo i dati del ministero rimane una terra ricca di petrolio. Le previsioni sulle riserve nazionali di greggio danno una possibilità di estrazione dalla terraferma siciliana pari a 1,9 milioni di tonnellate di petrolio, più di quanto è conservato nel sottosuolo delle regioni del Nord e del Centro Italia messe assieme. Le previsioni più ottimistiche dicono però che nel sottosuolo dell' Isola ci sono ben 8,9 milioni di tonnellate di petrolio. Non è un caso quindi che al ministero siano già arrivate altre quattro domande per avviare ricerche di greggio sulla terraferma siciliana: nel dettaglio, l' Eni chiede di avviare ricerche in un' area di 74 chilometri quadrati a Biancavilla e in una seconda area di 727 chilometri nella zona di Petralia Soprana. La bolognese Fantozzi Fgm, una delle più antiche imprese petrolifere italiane, ha chiesto di poter avviare trivellazioni in una mega area di 748 chilometri quadrati da individuare nel territorio siciliano, mentre i texani della Irminio oltre che a Ragusa, dove già estraggono greggio, chiedono di poter installare pozzi anche a Scicli in un' area di 95 chilometri quadrati. I loro colleghi texani della Panther Eureka, che avevano avuto via libera per trivellare nel Val di Noto, dopo le proteste degli ambientalisti e lo stop della Regione, hanno ritirato le nuove domande di concessione presentate al ministero dello Sviluppo economico, mentre resta vigente il permesso di ricerca da 740 chilometri quadrati nella Valle del Tellaro. Nel settore energetico in Sicilia non c' è però solo la caccia all' oro nero. Anche sul fronte dell' estrazione di gas naturale le grandi compagnie sfruttano non poco il territorio dell' Isola, anche se in questo settore la Regione ha competenza autonoma. Oggi sono 13 gli impianti per estrazione di gas in Sicilia. Ben 12 sono gestiti dell' Eni che ha impianti in tutta la Sicilia, da Bronte, alle contrade Gagliano e Fiumetto a Enna, dall' area di Rocca Cavallo tra le province di Catania ed Enna, a Caltanissetta e Mazara del Vallo. La Edison invece gestisce un impianto a Comiso. Da questi siti nel 2009 sono stati estratti 325 milioni di metri cubi di metano e gas naturale, una cifra elevata tanto che in questo settore alla Regione e al ministero dello Sviluppo economico sono arrivate altre 11 richieste per avviare ricerche sulla terraferma. La pressione delle multinazionali nei confronti del governo nazionale e di quello regionale è elevata. Americani, australiani, irlandesi, canadesi e inglesi chiedono inoltre di costruire altre 20 piattaforme off-shore in mare per estrarre gas naturale e petrolio. Gli interessi in ballo sono milionari. L' assessore al Territorio, Roberto Di Mauro, teme che il via libera a nuovi impianti off-shore arrivi direttamente dal ministero senza che la Regione «possa fare nulla perché in mare non ha alcuna competenza». «Mi pare che oggi la Sicilia dia abbastanza in termini energetici al Paese senza avere nulla in cambio - dice Di Mauro - Se a questo si aggiunge che soltanto con il rigassificatore di Porto Empedocle metteremo in circolo un quantitativo di gas pari a quello consumato in Italia, sono convito che nessun nuovo impianto in terraferma e in mare debba essere autorizzato».