1. LA RIBOLLITA (INDIGESTA) DI NOMINE SERVITE ALLA MENSA PUBBLICA DAL NUOVO CUOCO DI PALAZZO CHIGI, MATTEUCCIO RENZI, NELLA SUA TORMENTATA PREPARAZIONE S’ADEGUA (E S’INCHINA) ALLA VECCHIA RICETTA E BILANCINO DEL GASTRONOMO DELLA PRIMA REPUBBLICA, MASSIMILIANO CENCELLI, CHE HA FATTO IL MIRACOLO DI EVITARE CHE SUL TERRENO DELLE NOMINE SALTASSE ANCHE IL PATTO DEL NAZARENO RENZI-BERLUSCONI
2. RAO, EX PORTAVOCE DI PIERFURBY, SISTEMATO ALLE POSTE E ANDREA GEMMA, AVVOCATO DEL NEO LEADER DELL’NCD ALFANO, ALL’ENEL. E ANCORA: IL FINANZIERE SALVATORE MANCUSO (EX ALITALIA), ANCHE LUI VICINO AL NUOVO CENTRODESTRA, NEL BOARD DELL’ENI A FAR COMPAGNIA AL SOLITO “INDIPENDENTE” À LA CARTE, LUIGI ZINGALES
3. MA LA FAMIGERATA PAROLA “LOTTIZZAZIONE” TANTO CARA AI GIORNALONI STAVOLTA È SPARITA DAI TITOLONI IN OMAGGIO AL RENZISMO, MALATTIA INFANTILE DEL NOSTRO GIORNALISMO
DAGOANALISI
La ribollita (indigesta) di nomine servite alla mensa pubblica dal nuovo cuoco di palazzo Chigi, Matteo Renzi, nella sua tormentata preparazione s'adegua (e s'inchina) alla vecchia ricetta e bilancino del gastronomo della cosiddetta prima Repubblica, Massimiliano Cencelli.
L'Artusi della vecchia Dc che della lottizzazione partitica aveva fatto un'arte sublime.
Del resto, come aveva fatto osservare Dagospia sin all'avvio del valzer delle nomine, le promesse di "rottura" con il passato (discontinuità vo' cercando...) annunciate dal premier-Superbone, alla pari delle porcellane, per dirla con Jonathan Swift, sono fatte per essere infrante.
E così è stato dopo un lungo patteggiare con il Cavaliere nero, resuscitato per l'occasione nelle stanze nobili del governo, con le forse politiche dell'attuale maggioranza e con l'inquilino del Colle che, ancora una volta, ha fatto sentire il peso (improprio) della sua autorevolezza.
Anche se, a ben guardare, il paragone con il pregiato vasellame appare azzardato a leggere gli ingredienti della ribollita (cioè i nuovi boiardi) che andranno a guidare i nostri principali enti pubblici. Molti fondi di bottiglia si celano nella vetrinetta messa in scena dal parolaio Renzi tra i consensi, sia pure - come vedremo - a bocca stretta, dei giornaloni dei Poteri marci.
Qualche nome dei falsi brillocchi, senza entrare nel merito delle loro personali capacità professionali?
Roberto Rao, ex portavoce di Pierfurby Casini, sistemato alle Poste e Andrea Gemma, avvocato del neo leader dell'Ncd Alfano, all'Enel. E ancora: il finanziere Salvatore Mancuso (ex Alitalia), anche lui vicino al centro-destra, inserito nel board dell'Eni a far compagnia al solito "indipendente" à la carte, Luigi Zingales. Diva Moriani, imprenditrice già in affari con la famiglia della ministra alla Sviluppo, Federica Guidi, spedita invece all'Eni.
Non si è fatto mancare nulla neppure il Gattopardo di Pontassieve seguendo il precetto aulico del protagonista del romanzo di Tomasi di Lapendusa. Così, lui "non è un traditore" (della rottamazione), ma segue soltanto "i tempi, in politica, come nella vita privata...." Quando pianta i suoi gigli immacolati all'Eni (il suo sponsor della Leopolda, Alberto Bianchi) e Finmeccanica (il fratellone Fabrizio Landi).
Dai fondi bottiglia alla cristalliera pregiata (Caio, De Scalzi, Moretti, Emma Marcecaglia, Starace, Carla Bastioli, Luisa Todini) ancora una volta il manuale Cencelli ha fatto il miracolo di evitare che sul terreno delle nomine saltasse anche il patto del Nazareno Renzi-Berlusconi.
Colpisce, allora, la schizofrenia dei media nel non voler prendere atto di questa continuità con il passato (deprecato) con una sola variante: a cambiare sono soltanto i beneficiari delle poltrone e i loro padrini politici.
Su "la Repubblica" l'eccellente commentatore Alberto Statera parla di "rottamazione da compromesso" da parte di Matteo Renzi con la fine dell'odiato network invisibile in mano alle irriducibili oligarchie. Ma sullo stesso quotidiano di Ezio Mauro, Roberto Mania cade in palese contraddizione. Nell'articolo siglato, riprendendo la tesi di Statera, scrive che quella di ieri "è la prima tornata di nomine senza più la regia di Gianni Letta".
Nel pezzo di retroscena, invece, racconta del ruolo avuto dal braccio destro di Berlusconi (stavolta ovviamente secondario) per assicurare la presidenza delle Poste all'ex europarlamentare di Forza Italia, Luisa Todini. E registra puntualmente del bilancino politico con cui il premier alla fine ha potuto fare "la quadra" delle nomine trattando con tutti i partiti della sua maggioranza.
Così, la mitica parola "lottizzazione" tanto cara ai Gabibbo alle vongole e ai suoi direttori stavolta è sparita dai titoloni dei giornali in omaggio al renzismo malattia infantile del nostro giornalismo.
Tra le rare voci che hanno contestato la spartizione delle poltrone in nome di un "cambio brutale" c'è da registrare quella del banchiere d'affari Guido Roberto Vitale che sul Corriere osserva amaro: "Si cambiano i vertici quando le aziende vanno male (...) Discontinuità? Un conto è cambiare top manager che non hanno operato bene. Tutt'altra cosa è mandar via chi invece bene ha fatto".
L'ultima stoccata di Vitale è riservata proprio ai media dei Poteri marci: "Sarebbe ora che i giornali sui temi come quello delle nomine (...) ci informassero su ciò che pensano e non si limitassero a riferire quello che dicono gli altri...."
Ps.
Che fine ha fatto il candidato del senatore del Pd Massimo Mucchetti, Domenico Arcuri, sponsorizzato per la poltrona di Finmeccanica o, in alternativa, a quelle delle Ferrovie? Ah saperlo...