Re: quo vadis PD ????
Inviato: 06/04/2013, 21:30
La maionese impazzita chiamata Pd - 18
Il misterioso sfascista su Marte tornato sulla Terra per violare la ferrea presidente piddosaura, ha un nome e cognome, lo quereli.
Fa ancora a tempo, Rosy Bindi, a riacquistare interamente la sua vis a-diplomatica, quando le accenniamo a una fresca deputata piddina, tal filosofa Marzano, esule professoressa in Francia riportata in Patria (come da lei stessa confessato) da duo Letta-Bersani, che alle “Invasioni barbariche” della Bignardi si era lamentata del nulla lavorativo che toccava ai novelli deputati, facendone questione di decoro collettivo. «Ma perché non stanno zitte, farebbero meglio, è troppo facile sparare ora che tutto è paralizzato, non ci sono nemmeno le commissioni, non c’è nulla…».
La Marzano abbiamo potuto vedere che è tutt'altro che stupida, ma non sapeva che il suo ruolo è quello dello schiacciabottoni.
Strano però che Civati, che non sta in Francia non sappia pure lui che era stato chiamato a fare lo schiabottoni portando doglianze analoghe.
"Ma perché non stanno zitti", vogliono rovinare i piddosauri???
Bindi: «Bersani? Ci tiene in ostaggio»
Michele Fusco
Roma - Rimane calma. Insospettabilmente calma. Pronunci il nome di Renzi con estrema circospezione, consapevole dei rischi, eppure Rosy Bindi non ti salta alla giugulare. Ti guarda, sospira, mentre le sciorini il tono del giovincello toscano che in questi giorni, sui giornali e alle televisioni, sta recitando in salse plurime e saporite il de profundis di Bersani, dei bersaniani, e dell’intero Partito democratico, almeno concepito com’è oggi.
Sbuffa, questo è il massimo della reazione consentita a una delle grandissime nemiche di Matteo Renzi, la rottamanda non rottamata, l’obiettivo preferito dei suoi strali nuovisti, la “vecchia” democristiana che non gli ha ceduto il passo come invece hanno fatto D’Alema e Veltroni. Rosy Bindi non si inquieta, riflette semmai, e dice semplicemente che «Renzi sta facendo il suo in questo momento, sta dicendo cose che pensano molti cittadini» e allora il segnale è chiaro, inequivocabile, nell’algebra politica che pure è sempre così confusa ma stavolta no. Se la Bindi non gli risponde per le rime, se non gli dà (più) addosso, significa che il vento (là fuori) è cambiato – ma questo lo abbiamo capito anche noi cittadini – ma soprattutto appare chiaro che sta cambiando dentro, dentro il Pd.
Per portare la Bindi sull’orlo di una crisi di nervi non serve più l’olio di ricino somministrato da un toscano come lei, seppure non le piacciano neppure adesso i toni, la sbrigatività liquidatoria, quel ditino puntato sulle magagne del Pd da parte del sindaco di Firenze. Questa donna coriacea sente in qualche modo che la battaglia contro Renzi è definitivamente persa, almeno in quella geometria poco variabile che comprendeva Pierluigi Bersani come unico avversario.
La firma sulla sconfitta è certificata soprattutto dal fallimento di Bersani stesso, dalla sua cocciutaggine, dalla preoccupante mancanza di senso del partito. Il segretario, l’uomo che in questi ultimi mesi ha gettato via l’ultimo miglio che lo vedeva in netto vantaggio e che ora ha mandato in soffitta le residue speranze del Colle di mettere in piedi uno straccio di governo. Perchè è su questo che Rosy Bindi è ferma e picchia duro. Sulla testardaggine di un segretario che ha badato a se stesso e alla sua sopravvivenza.
Presidente, le chiediamo, perché non avete proposto a Napolitano un nome terzo, autorevole e sopra le parti, che potesse far calare su tutti i partiti un ulteriore carico di responsabilità? (Le facciamo come esempio il nome di Rodotà). La Bindi rimane in silenzio per qualche istante, poi certifica il suo definitivo distacco da un certo modo di governare il Partito democratico: «Semplice, perché Bersani non ha rinunciato, non ha voluto rinunciare, quella sera ha addirittura fatto un comunicato in cui lo ribadiva con estrema forza e convinzione.
A quel punto che poteva fare il Capo dello Stato senza un passo indietro palese del presidente che aveva incaricato? Ha preso tempo e poi, come sappiamo, ha proposto i saggi». Nella strategia fallimentare del segretario, Bindi fa comprendere anche il rapporto con il Movimento 5 Stelle e ne identifica il passaggio stretto ancora e sempre in quella mancata rinuncia all’incarico di Bersani: «Se avessimo proposto un nome autorevole e non strettamente partitico, come poteva essere Rodotà ma ce n’erano molti altri, avremmo forse potuto contare su un atteggiamento più morbido da parte dei grillini. Non dico sull’appoggio, questo no, ma su un certo malessere interno, questo sì…».
Fa ancora a tempo, Rosy Bindi, a riacquistare interamente la sua vis a-diplomatica, quando le accenniamo a una fresca deputata piddina, tal filosofa Marzano, esule professoressa in Francia riportata in Patria (come da lei stessa confessato) da duo Letta-Bersani, che alle “Invasioni barbariche” della Bignardi si era lamentata del nulla lavorativo che toccava ai novelli deputati, facendone questione di decoro collettivo. «Ma perché non stanno zitte, farebbero meglio, è troppo facile sparare ora che tutto è paralizzato, non ci sono nemmeno le commissioni, non c’è nulla…». Lo sguardo sul domani è buio. Se chiediamo a Rosy Bindi se il partito non si senta ostaggio di un segretario che sembra aver ingaggiato una lotta troppo personale, non riesce a negarsi la gravità della situazione: «E’ così, purtroppo. Bersani non sa più che fare e il partito è fermo, senza prospettiva».
http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2013 ... iene.shtml
Il misterioso sfascista su Marte tornato sulla Terra per violare la ferrea presidente piddosaura, ha un nome e cognome, lo quereli.
Fa ancora a tempo, Rosy Bindi, a riacquistare interamente la sua vis a-diplomatica, quando le accenniamo a una fresca deputata piddina, tal filosofa Marzano, esule professoressa in Francia riportata in Patria (come da lei stessa confessato) da duo Letta-Bersani, che alle “Invasioni barbariche” della Bignardi si era lamentata del nulla lavorativo che toccava ai novelli deputati, facendone questione di decoro collettivo. «Ma perché non stanno zitte, farebbero meglio, è troppo facile sparare ora che tutto è paralizzato, non ci sono nemmeno le commissioni, non c’è nulla…».
La Marzano abbiamo potuto vedere che è tutt'altro che stupida, ma non sapeva che il suo ruolo è quello dello schiacciabottoni.
Strano però che Civati, che non sta in Francia non sappia pure lui che era stato chiamato a fare lo schiabottoni portando doglianze analoghe.
"Ma perché non stanno zitti", vogliono rovinare i piddosauri???
Bindi: «Bersani? Ci tiene in ostaggio»
Michele Fusco
Roma - Rimane calma. Insospettabilmente calma. Pronunci il nome di Renzi con estrema circospezione, consapevole dei rischi, eppure Rosy Bindi non ti salta alla giugulare. Ti guarda, sospira, mentre le sciorini il tono del giovincello toscano che in questi giorni, sui giornali e alle televisioni, sta recitando in salse plurime e saporite il de profundis di Bersani, dei bersaniani, e dell’intero Partito democratico, almeno concepito com’è oggi.
Sbuffa, questo è il massimo della reazione consentita a una delle grandissime nemiche di Matteo Renzi, la rottamanda non rottamata, l’obiettivo preferito dei suoi strali nuovisti, la “vecchia” democristiana che non gli ha ceduto il passo come invece hanno fatto D’Alema e Veltroni. Rosy Bindi non si inquieta, riflette semmai, e dice semplicemente che «Renzi sta facendo il suo in questo momento, sta dicendo cose che pensano molti cittadini» e allora il segnale è chiaro, inequivocabile, nell’algebra politica che pure è sempre così confusa ma stavolta no. Se la Bindi non gli risponde per le rime, se non gli dà (più) addosso, significa che il vento (là fuori) è cambiato – ma questo lo abbiamo capito anche noi cittadini – ma soprattutto appare chiaro che sta cambiando dentro, dentro il Pd.
Per portare la Bindi sull’orlo di una crisi di nervi non serve più l’olio di ricino somministrato da un toscano come lei, seppure non le piacciano neppure adesso i toni, la sbrigatività liquidatoria, quel ditino puntato sulle magagne del Pd da parte del sindaco di Firenze. Questa donna coriacea sente in qualche modo che la battaglia contro Renzi è definitivamente persa, almeno in quella geometria poco variabile che comprendeva Pierluigi Bersani come unico avversario.
La firma sulla sconfitta è certificata soprattutto dal fallimento di Bersani stesso, dalla sua cocciutaggine, dalla preoccupante mancanza di senso del partito. Il segretario, l’uomo che in questi ultimi mesi ha gettato via l’ultimo miglio che lo vedeva in netto vantaggio e che ora ha mandato in soffitta le residue speranze del Colle di mettere in piedi uno straccio di governo. Perchè è su questo che Rosy Bindi è ferma e picchia duro. Sulla testardaggine di un segretario che ha badato a se stesso e alla sua sopravvivenza.
Presidente, le chiediamo, perché non avete proposto a Napolitano un nome terzo, autorevole e sopra le parti, che potesse far calare su tutti i partiti un ulteriore carico di responsabilità? (Le facciamo come esempio il nome di Rodotà). La Bindi rimane in silenzio per qualche istante, poi certifica il suo definitivo distacco da un certo modo di governare il Partito democratico: «Semplice, perché Bersani non ha rinunciato, non ha voluto rinunciare, quella sera ha addirittura fatto un comunicato in cui lo ribadiva con estrema forza e convinzione.
A quel punto che poteva fare il Capo dello Stato senza un passo indietro palese del presidente che aveva incaricato? Ha preso tempo e poi, come sappiamo, ha proposto i saggi». Nella strategia fallimentare del segretario, Bindi fa comprendere anche il rapporto con il Movimento 5 Stelle e ne identifica il passaggio stretto ancora e sempre in quella mancata rinuncia all’incarico di Bersani: «Se avessimo proposto un nome autorevole e non strettamente partitico, come poteva essere Rodotà ma ce n’erano molti altri, avremmo forse potuto contare su un atteggiamento più morbido da parte dei grillini. Non dico sull’appoggio, questo no, ma su un certo malessere interno, questo sì…».
Fa ancora a tempo, Rosy Bindi, a riacquistare interamente la sua vis a-diplomatica, quando le accenniamo a una fresca deputata piddina, tal filosofa Marzano, esule professoressa in Francia riportata in Patria (come da lei stessa confessato) da duo Letta-Bersani, che alle “Invasioni barbariche” della Bignardi si era lamentata del nulla lavorativo che toccava ai novelli deputati, facendone questione di decoro collettivo. «Ma perché non stanno zitte, farebbero meglio, è troppo facile sparare ora che tutto è paralizzato, non ci sono nemmeno le commissioni, non c’è nulla…». Lo sguardo sul domani è buio. Se chiediamo a Rosy Bindi se il partito non si senta ostaggio di un segretario che sembra aver ingaggiato una lotta troppo personale, non riesce a negarsi la gravità della situazione: «E’ così, purtroppo. Bersani non sa più che fare e il partito è fermo, senza prospettiva».
http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2013 ... iene.shtml