Poi i modelli, come succede quasi sempre, ritrattano.UncleTom ha scritto:AVEVANO ANNUNCIATO BEL TEMPO E LA PRIMAVERA E' ARRIVATA.
ADESSO ANNUNCIANO:
Meteo, l'inverno non è ancora finito: arriva il colpo di coda
VEDI:
http://www.msn.com/it-it/notizie/italia ... spartandhp
Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
......E QUINDI??????........
Il sondaggio
Partiti politici, gli italiani sempre più lontani dal Palazzo
Per la maggioranza dei cittadini, la politica ha un rapporto troppo stretto, e pericoloso, con il mondo degli affari. E questo gioca, insieme ad altri fattori, nel provocare una grave crisi di credibilità
13 marzo 2017
VEDI ARTICOLO E DIAGRAMMI.
http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... =HEF_RULLO
Il sondaggio
Partiti politici, gli italiani sempre più lontani dal Palazzo
Per la maggioranza dei cittadini, la politica ha un rapporto troppo stretto, e pericoloso, con il mondo degli affari. E questo gioca, insieme ad altri fattori, nel provocare una grave crisi di credibilità
13 marzo 2017
VEDI ARTICOLO E DIAGRAMMI.
http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... =HEF_RULLO
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Re: Diario della caduta di un regime.
Alla fine i nodi vengono al pettine. Soltanto che è l'Italia del Lavoro a pagare
da www.huffingtonpost.it
Sole 24 ore, lo scandalo del Sole è lo specchio della crisi del capitalismo italiano e della perdita di credibilità delle élite
Pubblicato: 13/03/2017
di Alessandro De Angelis
E poi si dice: “Oh, il populismo!”. Con lo spirito e lo stupore di chi evoca l’invasione delle cavallette. Eppure a spiegare come l’onda populista, o come si dice oggi, anti-establishment, nasce e cresce, basta questa grande storia. Uno delle architravi del sistema del paese, il giornale economico e finanziario che per decenni dalle sue pagine ha indicato (con non poca supponenza) la strada della correttezza economica, delle regole, del bene comune, si ritrova al centro di una sorta di “scandalo delle tre carte”: vedo non vedo, vendo non vendo, recupero e intasco. Parliamo della crisi del Sole24Ore, ma magari fosse solo la crisi di un giornale. In verità si tratta della punta di un iceberg del declino di Confindustria e più in generale del capitalismo italiano, o meglio di una crisi che fa emergere nuovi rapporti e la marginalizzazione del settore del business.
Il 10 novembre 2011, nel famoso numero titolato (a nove colonne) Fate presto, scriveva il direttore Roberto Napoletano, richiamandosi alla lezione di Pertini, Einaudi, Ciampi e Giorgio Napolitano: “Cari deputati e cari senatori, cade sulle vostre spalle la responsabilità politica (dico politica) di garantire all’Italia un governo di emergenza guidato da uomini credibili che sappiano dare all’Italia e agli italiani la cura necessaria ma sappiano imporre anche al mondo il rispetto e la fiducia nell’Italia”. Poi arrivò l’auspicio di altri governi di emergenza, la retorica della stabilità, all’insegna del rigorismo europeo mentre nel paese il “boom” dei Cinque Stelle non evocava affatto l’altro “boom”, ovvero il miracolo economico degli anni Cinquanta, fino a Renzi e a Sì al referendum, diventata la crociata del presidente di Confindustria Boccia, con tanto di previsioni apocalittiche del centro studi in caso di vittoria del No.
Più che una linea fondata su una visione del paese, la posizione di una lobby, culturalmente “romana” e “ministeriale”, che nel rapporto con la politica cerca di coprire la propria fragilità. Che è la fragilità di un capitalismo con poche idee, progetti, capacità di rischio e di innovazione. Una lobby “romana” che cozza col dinamismo rimasto nelle associazioni territoriali degli industriali che, proprio mentre Boccia era impegnato nella sua campagna per il Sì, firmavano il nuovo contratto dei metalmeccanici con Landini. “Padroni” duri, si sarebbe detto una volta, come nel caso di Assolombarda, ma più concentrati sulle fabbriche che sulle compensazioni ministeriali. “Confindustria? È desaparecida” ha detto qualche giorno fa il segretario della Cgil Susanna Camusso. Perché, al netto della cortesia col governo di turno, si è sostanzialmente eclissata dal dibattito pubblico, dalla crisi delle banche all’assalto di Vivendi a Mediaset e, soprattutto, alla crisi industriale del paese.
Lo scandalo editorial-finanziario si inserisce in questo “scomparsa” di ruolo. Il Sole-24 Ore, fiore all’occhiello e principale posta del bilancio di Confindustria (circa un quarto), ha manipolato per anni i bilanci, come era facile osservare per chi si fosse soffermato sul fatto che le vendite schizzavano verso l’alto, mentre i ricavi scendevano. Il tutto nel silenzio di presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati, direttori sfiduciati, assemblee. E in tutti questi anni hanno taciuto le Marcegaglia, i Montezemolo, il vecchio padre nobile Abete, quelli per i quali Gianni Agnelli inventò la definizione di “professionisti della Confindustria. Proprio mentre, da consumati “professionisti” della politica gli stessi hanno occupato – grazie al rapporto con la stanza dei bottoni – le postazioni chiave, come Montezemolo in Alitalia ed Emma Marcegaglia all’Eni, all’ombra di quel conflitto di interessi che già avvolse la sua presidenza di Confindustria, come emerge dalle inchieste che la riguardano.
Montezemolo, Marcegaglia, Boccia. La retorica sulla crisi di rappresentanza “sindacale”, amplificata dallo spostamento di ciò che resta del voto operaio a destra negli anni Novanta – i famosi iscritti alla Cgil che votano Lega – e verso i Cinque Stelle oggi – col rifiuto della rappresentanza sindacale e il voto “contro” – ha coperto una analoga, e altrettanto profonda crisi di rappresentanza di Confindustria, che non solo non è più quella di un tempo, ma è una associazione in crisi di un capitalismo in crisi. La verità è che, finita la fase della concertazione e del grande patto per entrare in Europa, e dopo la “svolta” liberista di D’Amato Confindustria si è rintanata nel fare lobby, più che nel fare “sistema” mentre la struttura imprenditoriale entrava in difficoltà in un mondo globalizzato. Nel frattempo Marchionne e la grande distribuzione se ne vanno perché hanno bisogno di nuove di regole per contrattare mentre gli imprenditori emergenti che esportano non entrano perché considerano burocratica e ministeriale l’associazione di viale dell’Astronomia.
Il Sole era il fiore all’occhiello, la prova di una classe imprenditoriale che sente di poter dare lezioni, anche nell’industria editoriale, a differenza delle omologhe associazioni di categoria europee – in Francia e Germania ad esempio - che non hanno un quotidiano. Adesso si scopre che il fiore era appassito. E, con esso, rischia di appassire il suo presidente, che fino all’ultimo ha difeso il direttore uscente e Confindustria, come confidano parecchi associati anche se in pubblico tacciono.
In questa storia c’è tutto lo iato tra percezione di sé e la realtà, tra ruolo che si attribuisce un pezzo delle elite e rapporto reale con l’opinione pubblica e col paese. E se nella polemica instaurata tra la leadership populistica di Trump e la bibbia del Nyt si ricorre alla categoria di “post verità”, per spiegare il caso nostrano – quante volte nelle redazioni si è detto: “certo che è vera questa cosa, lo dice il Sole” – basta ricorrere alla più semplice categoria di “perdita della credibilità”. E non c’è da stupirsi se, domani o domani l’altro, Beppe Grillo o Luigi Di Maio proporranno di abolire Confindustria o di non leggere più quel giornale, perché proprio questo è il senso della storia: non uno scandalo di quattro furbetti, ma pezzo di crisi dell’elite.
da www.huffingtonpost.it
Sole 24 ore, lo scandalo del Sole è lo specchio della crisi del capitalismo italiano e della perdita di credibilità delle élite
Pubblicato: 13/03/2017
di Alessandro De Angelis
E poi si dice: “Oh, il populismo!”. Con lo spirito e lo stupore di chi evoca l’invasione delle cavallette. Eppure a spiegare come l’onda populista, o come si dice oggi, anti-establishment, nasce e cresce, basta questa grande storia. Uno delle architravi del sistema del paese, il giornale economico e finanziario che per decenni dalle sue pagine ha indicato (con non poca supponenza) la strada della correttezza economica, delle regole, del bene comune, si ritrova al centro di una sorta di “scandalo delle tre carte”: vedo non vedo, vendo non vendo, recupero e intasco. Parliamo della crisi del Sole24Ore, ma magari fosse solo la crisi di un giornale. In verità si tratta della punta di un iceberg del declino di Confindustria e più in generale del capitalismo italiano, o meglio di una crisi che fa emergere nuovi rapporti e la marginalizzazione del settore del business.
Il 10 novembre 2011, nel famoso numero titolato (a nove colonne) Fate presto, scriveva il direttore Roberto Napoletano, richiamandosi alla lezione di Pertini, Einaudi, Ciampi e Giorgio Napolitano: “Cari deputati e cari senatori, cade sulle vostre spalle la responsabilità politica (dico politica) di garantire all’Italia un governo di emergenza guidato da uomini credibili che sappiano dare all’Italia e agli italiani la cura necessaria ma sappiano imporre anche al mondo il rispetto e la fiducia nell’Italia”. Poi arrivò l’auspicio di altri governi di emergenza, la retorica della stabilità, all’insegna del rigorismo europeo mentre nel paese il “boom” dei Cinque Stelle non evocava affatto l’altro “boom”, ovvero il miracolo economico degli anni Cinquanta, fino a Renzi e a Sì al referendum, diventata la crociata del presidente di Confindustria Boccia, con tanto di previsioni apocalittiche del centro studi in caso di vittoria del No.
Più che una linea fondata su una visione del paese, la posizione di una lobby, culturalmente “romana” e “ministeriale”, che nel rapporto con la politica cerca di coprire la propria fragilità. Che è la fragilità di un capitalismo con poche idee, progetti, capacità di rischio e di innovazione. Una lobby “romana” che cozza col dinamismo rimasto nelle associazioni territoriali degli industriali che, proprio mentre Boccia era impegnato nella sua campagna per il Sì, firmavano il nuovo contratto dei metalmeccanici con Landini. “Padroni” duri, si sarebbe detto una volta, come nel caso di Assolombarda, ma più concentrati sulle fabbriche che sulle compensazioni ministeriali. “Confindustria? È desaparecida” ha detto qualche giorno fa il segretario della Cgil Susanna Camusso. Perché, al netto della cortesia col governo di turno, si è sostanzialmente eclissata dal dibattito pubblico, dalla crisi delle banche all’assalto di Vivendi a Mediaset e, soprattutto, alla crisi industriale del paese.
Lo scandalo editorial-finanziario si inserisce in questo “scomparsa” di ruolo. Il Sole-24 Ore, fiore all’occhiello e principale posta del bilancio di Confindustria (circa un quarto), ha manipolato per anni i bilanci, come era facile osservare per chi si fosse soffermato sul fatto che le vendite schizzavano verso l’alto, mentre i ricavi scendevano. Il tutto nel silenzio di presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati, direttori sfiduciati, assemblee. E in tutti questi anni hanno taciuto le Marcegaglia, i Montezemolo, il vecchio padre nobile Abete, quelli per i quali Gianni Agnelli inventò la definizione di “professionisti della Confindustria. Proprio mentre, da consumati “professionisti” della politica gli stessi hanno occupato – grazie al rapporto con la stanza dei bottoni – le postazioni chiave, come Montezemolo in Alitalia ed Emma Marcegaglia all’Eni, all’ombra di quel conflitto di interessi che già avvolse la sua presidenza di Confindustria, come emerge dalle inchieste che la riguardano.
Montezemolo, Marcegaglia, Boccia. La retorica sulla crisi di rappresentanza “sindacale”, amplificata dallo spostamento di ciò che resta del voto operaio a destra negli anni Novanta – i famosi iscritti alla Cgil che votano Lega – e verso i Cinque Stelle oggi – col rifiuto della rappresentanza sindacale e il voto “contro” – ha coperto una analoga, e altrettanto profonda crisi di rappresentanza di Confindustria, che non solo non è più quella di un tempo, ma è una associazione in crisi di un capitalismo in crisi. La verità è che, finita la fase della concertazione e del grande patto per entrare in Europa, e dopo la “svolta” liberista di D’Amato Confindustria si è rintanata nel fare lobby, più che nel fare “sistema” mentre la struttura imprenditoriale entrava in difficoltà in un mondo globalizzato. Nel frattempo Marchionne e la grande distribuzione se ne vanno perché hanno bisogno di nuove di regole per contrattare mentre gli imprenditori emergenti che esportano non entrano perché considerano burocratica e ministeriale l’associazione di viale dell’Astronomia.
Il Sole era il fiore all’occhiello, la prova di una classe imprenditoriale che sente di poter dare lezioni, anche nell’industria editoriale, a differenza delle omologhe associazioni di categoria europee – in Francia e Germania ad esempio - che non hanno un quotidiano. Adesso si scopre che il fiore era appassito. E, con esso, rischia di appassire il suo presidente, che fino all’ultimo ha difeso il direttore uscente e Confindustria, come confidano parecchi associati anche se in pubblico tacciono.
In questa storia c’è tutto lo iato tra percezione di sé e la realtà, tra ruolo che si attribuisce un pezzo delle elite e rapporto reale con l’opinione pubblica e col paese. E se nella polemica instaurata tra la leadership populistica di Trump e la bibbia del Nyt si ricorre alla categoria di “post verità”, per spiegare il caso nostrano – quante volte nelle redazioni si è detto: “certo che è vera questa cosa, lo dice il Sole” – basta ricorrere alla più semplice categoria di “perdita della credibilità”. E non c’è da stupirsi se, domani o domani l’altro, Beppe Grillo o Luigi Di Maio proporranno di abolire Confindustria o di non leggere più quel giornale, perché proprio questo è il senso della storia: non uno scandalo di quattro furbetti, ma pezzo di crisi dell’elite.
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«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
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Re: Diario della caduta di un regime.
Specie se deve arrivare un'irruzione fredda, alla fine si sgonfia. Invece in estate molte volte ci prendono anche molti giorni prima.UncleTom ha scritto:......E QUINDI??????........
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Re: Diario della caduta di un regime.
....PER PORTARE UN PAESE AL FASCIO,....PRIMA BISOGNA PASSARE PER LO (S)FASCIO.....
GELLI LICIO
Camorra e appalti truccati in Campania, 69 arresti. Anche sui beni culturali un sistema favoriva i Casalesi
Mafie
Indagine condotta dalla Dda: tra le persone coinvolte il consigliere regionale Sommese (Ncd), il sindaco di Aversa e gli ex primi cittadini di Pompei e San Giorgio a Cremano. Ai domiciliari la sovrintendente ai Beni culturali di Napoli Adele Campanelli
di Pierluigi G. Cardone e Vincenzo Iurillo | 15 marzo 2017
commenti (0)
1080
Più informazioni su: Appalti, Appalti Pubblici, Appalti Truccati, Camorra
Le mani della camorra sugli appalti pubblici in Campania grazie alla complicità di un gruppo di colletti bianchi in grado di truccare le gare. Sono almeno 18 i bandi modificati dal 2013 al 2015, per un valore complessivo di 20 milioni di euro, alcuni dei quali per favorire imprenditori ritenuti vicini ai Casalesi, nella fattispecie il clan Zagaria. Tra questi quello per i lavori alla Mostra d’Oltremare di Napoli, per una scuola in provincia di Caserta, per l’Azienda regionale diritto allo studio (Adisu), per la seconda università di Napoli, per un impianto di cremazione al cimitero di Pompei e – sono la stragrande maggioranza – per mostre, musei, castelli e monumenti in tutta la regione. Insomma: la camorra ha messo le mani anche sulla cultura e sui relativi, ricchi finanziamenti. Per questo motivo la Guardia di Finanza ha eseguito 69 ordinanze di custodia cautelare, nell’ambito di un’inchiesta condotta da un pool di cinque pm della Dda (Catello Maresca, Maurizio Giordano, Luigi Landolfi, Gloria Sanseverino, Sandro D’Alessio, a cui va aggiunta la pm Ida Frongillo, specializzata in reati di pubblica amministrazione) e coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. Tra i destinatari dei provvedimenti anche imprenditori e molti politici.
IL RUOLO DEL CONSIGLIERE REGIONALE PASQUALE SOMMESE
Tra questi il nome più noto è quello del consigliere regionale del Nuovo centrodestra Pasquale Sommese, ex assessore alle Risorse umane, al Turismo e ai Beni Culturali durante la Giunta Caldoro. Il suo nome era stato iscritto nel registro degli indagati nel luglio del 2015 insieme ad altre 17 persone, tra cui alcuni sindaci del casertano. L’inchiesta è la stessa che oggi ha portato all’arresto di Sommese, accusato per cinque episodi di corruzione, tra cui l’appalto per il restauro della torre civica mediavale del comune di Cerreto Sannita. Per gli inquirenti, l’ex assessore è colui che garantiva l’erogazione dei fondi regionali: nella fattispecie, si è impegnato a garantire il finanziamento di alcuni lavori in cambio di somme di denaro o sostegno elettorale. In alcune circostanze, inoltre, Sommese ha indicato espressamente il nome dell’imprenditore che doveva eseguire i lavori, attivandosi poi per l’erogazione dei finanziamenti. Secondo l’accusa, poi, nelle commissioni di gara sono state inserite persone vicine all’ingegnere Guglielmo La Regina (indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e considerato personaggio centrale nell’inchiesta), che poi veicolavano gli appalti alle ditte segnalate in cambio di promesse di denaro da corrispondere a sindaci e funzionari degli enti appaltanti.
GLI ALTRI POLITICI COINVOLTI
Sommese, come detto, non è l’unico politico coinvolto: in carcere anche l’ex consigliere regionale Udc Angelo Giancarmine Consoli (attuale coordinatore del partito di Casini a Caserta) e vari amministratori. Tra questi il sindaco di Aversa (Caserta) Enrico De Cristofaro (ex presidente dell’ordine degli architetti di Caserta) e Nicola D’Ovidio, sindaco di Riardo; ai domiciliari sono finiti l’ex sindaco di Pompei Claudio D’Alessio (Pd), l’ex primo cittadino di San Giorgio a Cremano Domenico Giorgiano, Raffaele De Rosa (Pd), fratello del sindaco di Casapesenna (che a novembre scorso attaccò Il Fatto Quotidiano per le inchieste sui parenti dei casalesi), l’ex primo cittadino di Casapulla (Caserta) Ferdinando Bosco, l’ex sindaco di Alife Giuseppe Avecone. Le 69 persone destinatarie di misure cautelari dovranno rispondere – a vario titolo – di accuse gravissime: si va dalla corruzione alla turbativa d’asta, fino al concorso esterno in associazione mafiosa. Nell’operazione del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Napoli, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, sono coinvolti non solo politici locali, ma anche funzionari pubblici, imprenditori, professori universitari, commercialisti, ingegneri e “faccendieri”, coinvolti con vari ruoli e responsabilità nelle gare di appalto pubblico realizzate in varie province campane, talvolta anche al fine di agevolare organizzazioni criminali di tipo camorristico.
AI DOMICILIARI IL SOVRINTENDENTE DEI BENI CULTURALI DI NAPOLI
La portata dell’operazione non è testimoniata solo dai numeri e dai nomi degli amministratori locali coinvolti, ma anche e sopratutto dall’arresto di altre figure di peso nonché di personalità stimate a Napoli e provincia. Tra queste c’è sicuramente Adele Campanelli, direttrice della sovrintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Napoli. Altri esempi: Salvatore Visone (ex presidente dell’Ordine degli architetti di Napoli e provincia), Claudio Borrelli (direttore amministrativo dell’azienda per il Diritto allo studio all’università di Caserta), Andrea Rea e Paolo Stabile (rispettivamente ex presidente ed ex dg della Mostra d’Oltremare di Napoli). L’operazione ‘Queen’ della Guardia di Finanza, inoltre, ha portato all’arresto anche di numerosi docenti universitari: 5 dell’università Federico II di Napoli, uno del Suor Orsola Benincasa (sempre a Napoli) e due della Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli – Seconda Università di Napoli (uno, come detto, è il presidente dell’Adisu, Claudio Borrelli). Ai domiciliari anche il presidente della Fondazione Banco di Napoli, il professor Daniele Marrama, 43 anni. Il suo coinvolgimento è legato alla sua attività professionale – è docente di diritto amministrativo – e non avrebbe alcun legame con la presidenza della Fondazione.
LA FIGURA DI GUGLIELMO LA REGINA E IL SISTEMA CHE PORTA IL SUO NOME
L’ordinanza del Gip Federica Colucci lo definisce ‘Il sistema La Regina’, dal nome di Guglielmo La Regina, deus ex machina del versante tecnico progettuale della colossale macchina corruttiva messa in piedi per spartirsi gli appalti pubblici in Campania. Il ‘sistema La Regina’ è lo studio tecnico Archicons “che si fa Comune, che diventa Comune”, ovvero che rimpiazza in tutto e per tutto i passaggi che competerebbero alla pubblica amministrazione obbligata ai doveri dell’imparzialità e correttezza. La testimonianza plastica di quanto sostengono gli inquirenti in una intercettazione del 27 luglio 2014. La Regina è al telefono con un altro indagato, Alessandro Albano.
Albano: “Però … per l’accelerazione di spesa loro avrebbero bisogno di una grande mano … di una buona struttura di supporto al RUP (Responsabile Unico del Progetto, ndr)….”
NDG. (Guglielmo commenta che tali cose derivano dal dissesto dei comuni che non hanno in sede la competenza e le capacità per fare le cose e pertanto si arriva al paradosso che si perdono i finanziamenti perché non vengono presentati i progetti mentre sarebbe più corretto fare una legge che permettesse di chiedere a terzi se fossero interessati a fare un progetto gratis e seguirsi tutta la procedura politica fino al finanziamento e poi dopo gli verrebbe dato l’incarico).
La Regina: “No, tu fai questo, li aiuti, gli fai di tutto, vai tu e scrivi le determine, gli scrivi le delibere, fai tutto il lavoro dei Comuni, e cioè diventi Comune, dopodiché, dopo che hai fatto questo, hai fatto il passaggio politico che devi fare, gli fai cioè hanno avuto il finanziamento, dopodiché ae eh ae mò dobbiamo fare la gara, cioè ti stressi talmente tanto che dici, ma tutto sto lavoro, dici sì ho avuto l’incarico. Ma, se se non vengo arrestato, aspetta, se non vengo arrestato e magari non hai fatto ancora niente, se praticamente, anzi gli hai fatto pure avere i soldi a questa gente”
Albano: “E’ un paese incartato … ma incartato seriamente …”
Il sistema illecito, secondo gli inquirenti, vede Guglielmo La Regina in diretto contatto con sindaci del Casertano e del Napoletano che gli vengono presentati da vari imprenditori. E’ un meccanismo che si autoalimenta, e che finisce per coinvolgere professionisti di grido. E’ all’Archicons che si stipulano i patti e si concludono gli affari. Nei loro computer gli investigatori della Finanza ritroveranno le bozze degli appalti e dei progetti che dovevano essere ancora messi a gara.
VIDEO - N° 2:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/03 ... i/3452232/
GELLI LICIO
Camorra e appalti truccati in Campania, 69 arresti. Anche sui beni culturali un sistema favoriva i Casalesi
Mafie
Indagine condotta dalla Dda: tra le persone coinvolte il consigliere regionale Sommese (Ncd), il sindaco di Aversa e gli ex primi cittadini di Pompei e San Giorgio a Cremano. Ai domiciliari la sovrintendente ai Beni culturali di Napoli Adele Campanelli
di Pierluigi G. Cardone e Vincenzo Iurillo | 15 marzo 2017
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1080
Più informazioni su: Appalti, Appalti Pubblici, Appalti Truccati, Camorra
Le mani della camorra sugli appalti pubblici in Campania grazie alla complicità di un gruppo di colletti bianchi in grado di truccare le gare. Sono almeno 18 i bandi modificati dal 2013 al 2015, per un valore complessivo di 20 milioni di euro, alcuni dei quali per favorire imprenditori ritenuti vicini ai Casalesi, nella fattispecie il clan Zagaria. Tra questi quello per i lavori alla Mostra d’Oltremare di Napoli, per una scuola in provincia di Caserta, per l’Azienda regionale diritto allo studio (Adisu), per la seconda università di Napoli, per un impianto di cremazione al cimitero di Pompei e – sono la stragrande maggioranza – per mostre, musei, castelli e monumenti in tutta la regione. Insomma: la camorra ha messo le mani anche sulla cultura e sui relativi, ricchi finanziamenti. Per questo motivo la Guardia di Finanza ha eseguito 69 ordinanze di custodia cautelare, nell’ambito di un’inchiesta condotta da un pool di cinque pm della Dda (Catello Maresca, Maurizio Giordano, Luigi Landolfi, Gloria Sanseverino, Sandro D’Alessio, a cui va aggiunta la pm Ida Frongillo, specializzata in reati di pubblica amministrazione) e coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. Tra i destinatari dei provvedimenti anche imprenditori e molti politici.
IL RUOLO DEL CONSIGLIERE REGIONALE PASQUALE SOMMESE
Tra questi il nome più noto è quello del consigliere regionale del Nuovo centrodestra Pasquale Sommese, ex assessore alle Risorse umane, al Turismo e ai Beni Culturali durante la Giunta Caldoro. Il suo nome era stato iscritto nel registro degli indagati nel luglio del 2015 insieme ad altre 17 persone, tra cui alcuni sindaci del casertano. L’inchiesta è la stessa che oggi ha portato all’arresto di Sommese, accusato per cinque episodi di corruzione, tra cui l’appalto per il restauro della torre civica mediavale del comune di Cerreto Sannita. Per gli inquirenti, l’ex assessore è colui che garantiva l’erogazione dei fondi regionali: nella fattispecie, si è impegnato a garantire il finanziamento di alcuni lavori in cambio di somme di denaro o sostegno elettorale. In alcune circostanze, inoltre, Sommese ha indicato espressamente il nome dell’imprenditore che doveva eseguire i lavori, attivandosi poi per l’erogazione dei finanziamenti. Secondo l’accusa, poi, nelle commissioni di gara sono state inserite persone vicine all’ingegnere Guglielmo La Regina (indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e considerato personaggio centrale nell’inchiesta), che poi veicolavano gli appalti alle ditte segnalate in cambio di promesse di denaro da corrispondere a sindaci e funzionari degli enti appaltanti.
GLI ALTRI POLITICI COINVOLTI
Sommese, come detto, non è l’unico politico coinvolto: in carcere anche l’ex consigliere regionale Udc Angelo Giancarmine Consoli (attuale coordinatore del partito di Casini a Caserta) e vari amministratori. Tra questi il sindaco di Aversa (Caserta) Enrico De Cristofaro (ex presidente dell’ordine degli architetti di Caserta) e Nicola D’Ovidio, sindaco di Riardo; ai domiciliari sono finiti l’ex sindaco di Pompei Claudio D’Alessio (Pd), l’ex primo cittadino di San Giorgio a Cremano Domenico Giorgiano, Raffaele De Rosa (Pd), fratello del sindaco di Casapesenna (che a novembre scorso attaccò Il Fatto Quotidiano per le inchieste sui parenti dei casalesi), l’ex primo cittadino di Casapulla (Caserta) Ferdinando Bosco, l’ex sindaco di Alife Giuseppe Avecone. Le 69 persone destinatarie di misure cautelari dovranno rispondere – a vario titolo – di accuse gravissime: si va dalla corruzione alla turbativa d’asta, fino al concorso esterno in associazione mafiosa. Nell’operazione del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Napoli, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, sono coinvolti non solo politici locali, ma anche funzionari pubblici, imprenditori, professori universitari, commercialisti, ingegneri e “faccendieri”, coinvolti con vari ruoli e responsabilità nelle gare di appalto pubblico realizzate in varie province campane, talvolta anche al fine di agevolare organizzazioni criminali di tipo camorristico.
AI DOMICILIARI IL SOVRINTENDENTE DEI BENI CULTURALI DI NAPOLI
La portata dell’operazione non è testimoniata solo dai numeri e dai nomi degli amministratori locali coinvolti, ma anche e sopratutto dall’arresto di altre figure di peso nonché di personalità stimate a Napoli e provincia. Tra queste c’è sicuramente Adele Campanelli, direttrice della sovrintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Napoli. Altri esempi: Salvatore Visone (ex presidente dell’Ordine degli architetti di Napoli e provincia), Claudio Borrelli (direttore amministrativo dell’azienda per il Diritto allo studio all’università di Caserta), Andrea Rea e Paolo Stabile (rispettivamente ex presidente ed ex dg della Mostra d’Oltremare di Napoli). L’operazione ‘Queen’ della Guardia di Finanza, inoltre, ha portato all’arresto anche di numerosi docenti universitari: 5 dell’università Federico II di Napoli, uno del Suor Orsola Benincasa (sempre a Napoli) e due della Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli – Seconda Università di Napoli (uno, come detto, è il presidente dell’Adisu, Claudio Borrelli). Ai domiciliari anche il presidente della Fondazione Banco di Napoli, il professor Daniele Marrama, 43 anni. Il suo coinvolgimento è legato alla sua attività professionale – è docente di diritto amministrativo – e non avrebbe alcun legame con la presidenza della Fondazione.
LA FIGURA DI GUGLIELMO LA REGINA E IL SISTEMA CHE PORTA IL SUO NOME
L’ordinanza del Gip Federica Colucci lo definisce ‘Il sistema La Regina’, dal nome di Guglielmo La Regina, deus ex machina del versante tecnico progettuale della colossale macchina corruttiva messa in piedi per spartirsi gli appalti pubblici in Campania. Il ‘sistema La Regina’ è lo studio tecnico Archicons “che si fa Comune, che diventa Comune”, ovvero che rimpiazza in tutto e per tutto i passaggi che competerebbero alla pubblica amministrazione obbligata ai doveri dell’imparzialità e correttezza. La testimonianza plastica di quanto sostengono gli inquirenti in una intercettazione del 27 luglio 2014. La Regina è al telefono con un altro indagato, Alessandro Albano.
Albano: “Però … per l’accelerazione di spesa loro avrebbero bisogno di una grande mano … di una buona struttura di supporto al RUP (Responsabile Unico del Progetto, ndr)….”
NDG. (Guglielmo commenta che tali cose derivano dal dissesto dei comuni che non hanno in sede la competenza e le capacità per fare le cose e pertanto si arriva al paradosso che si perdono i finanziamenti perché non vengono presentati i progetti mentre sarebbe più corretto fare una legge che permettesse di chiedere a terzi se fossero interessati a fare un progetto gratis e seguirsi tutta la procedura politica fino al finanziamento e poi dopo gli verrebbe dato l’incarico).
La Regina: “No, tu fai questo, li aiuti, gli fai di tutto, vai tu e scrivi le determine, gli scrivi le delibere, fai tutto il lavoro dei Comuni, e cioè diventi Comune, dopodiché, dopo che hai fatto questo, hai fatto il passaggio politico che devi fare, gli fai cioè hanno avuto il finanziamento, dopodiché ae eh ae mò dobbiamo fare la gara, cioè ti stressi talmente tanto che dici, ma tutto sto lavoro, dici sì ho avuto l’incarico. Ma, se se non vengo arrestato, aspetta, se non vengo arrestato e magari non hai fatto ancora niente, se praticamente, anzi gli hai fatto pure avere i soldi a questa gente”
Albano: “E’ un paese incartato … ma incartato seriamente …”
Il sistema illecito, secondo gli inquirenti, vede Guglielmo La Regina in diretto contatto con sindaci del Casertano e del Napoletano che gli vengono presentati da vari imprenditori. E’ un meccanismo che si autoalimenta, e che finisce per coinvolgere professionisti di grido. E’ all’Archicons che si stipulano i patti e si concludono gli affari. Nei loro computer gli investigatori della Finanza ritroveranno le bozze degli appalti e dei progetti che dovevano essere ancora messi a gara.
VIDEO - N° 2:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/03 ... i/3452232/
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Re: Diario della caduta di un regime.
....PER PORTARE UN PAESE AL FASCIO,....PRIMA BISOGNA PASSARE PER LO (S)FASCIO.....
GELLI LICIO
Roma, appalti truccati nella sanità: 9 arresti. Angelucci, deputato e “re delle cliniche”, indagato per traffico d’influenze
Cronaca
di F. Q. | 15 marzo 2017
commenti (0)
306
Più informazioni su: Asl, Corruzione, Roma, Sanità, Turbativa d'asta
Piegavano le gare d’appalto ai loro interessi, in “una ramificata rete di reciproche facilitazioni affaristiche finalizzate alla realizzazione di profitti e vantaggi personali, perpetrate mediante traffici di influenze e la redazione di false attestazioni“. E’ il quadro tratteggiato dai pubblici ministeri della Procura di Roma, che hanno ordinato l’arresto per 9 persone, tra dirigenti della Asl Roma 1 e imprenditori, e iscritto altre 10 nel registro degli indagati.
Al centro dell’inchiesta, divisa in tre tranche, Maurizio Ferraresi, dirigente della Asl in questione e responsabile della Commissione patenti, che secondo le accuse sarebbe protagonista di almeno tre episodi tra corruzioni e turbativa d’asta. Dall’indagine emergono una serie di gravi irregolarità e reati, che ruotano attorno al dirigente, finito in manette, e al ruolo di primo piano che ricopriva nel settore sanitario: Ferraresi, secondo le accuse, era stipendiato da due imprenditori titolari di studi di analisi cliniche, Mario Dionisi (anche lui finito in carcere) e sua sorella Rossella. Il dirigente medico riceveva 5mila euro al mese per consigliare, a chi si rivolgeva alla Commissione patenti, gli studi Dionisi.
Ferraresi avrebbe anche aiutato alcuni imprenditori a entrare in contatto con un altro dirigente Asl, Claudio Cascarino, responsabile per l’unità operativa dell’affidamento di una gara di appalto da 14 milioni per la manutenzione dell’azienda sanitaria. Chi voleva lavorare all’appalto doveva entrare, pagando, a far parte di una ristretta cerchia di amici che, secondo gli inquirenti, venivano scelti da Ferraresi e Cascarino.
La terza tranche dell’indagine vede indagato l’imprenditore e deputato di Forza Italia Antonio Angelucci per il reato di traffico di influenze, che punisce forme di lobbying illecite dietro compenso o promessa di utilità. Angelucci, secondo le accuse della procura di Roma, avrebbe cercato qualcuno che intervenisse per avere una sentenza favorevole in Cassazione, in merito a un sequestro preventivo.
L’imprenditore – che “si dichiara totalmente estraneo ai fatti confermando la sua piena fiducia nell’operato della magistratura” – avrebbe contattato Ferraresi, il quale avrebbe assicurato una soluzione al problema chiedendo in cambio ad Angelucci l’assunzione delle fidanzate dei suoi due figli. Per aiutare Angelucci, Ferraresi e si rivolse a Franco Amedeo, ex magistrato della Cassazione in pensione, che, a sua volta, avrebbe promesso una soluzione in cambio di un certificato medico falso da Ferraresi che serviva a una sua amica per un’operazione di plastica al seno. Il certificato era necessario per ottenere una mastoplastica attraverso il Servizio sanitario nazionale e non privatamente.
Stretta la rete di accordi, Amedeo provò a parlare con il giudice della Cassazione che doveva prendere la decisione su Angelucci ma il giudice lo respinse e non se ne fece più nulla. I provvedimenti eseguiti dai carabinieri del Nas coordinata dal pm Corrado Fasanelli hanno portato in carcere Ferraresi, Cascarino e Mario Dionisi. Sono ai domiciliari Rossella Dionisi, un suo collaboratore e altri quattro imprenditori. Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati a Ferraresi beni per 330mila euro, mentre per il presunto profitto ottenuto dai laboratori di Dionisi sono stati sequestrati 4 milioni e 100mila euro. L’inchiesta ha preso le mosse da una denuncia dell’ex convivente di Dionisi, che carabinieri di Tivoli raccontò che quest’ultimo versava mensilmente danaro ad un dirigente dell’Asl Rm1.
Chi è Antonio Angelucci – Abruzzese classe ’44, occhiali dai vetri fumé, collezionista di Ferrari e in Parlamento dal 2008, l’editore di Libero e dominus della sanità privata laziale vanta nella sua vita da politico due record: è stato per anni il deputato più ricco, superato solo nel 2017 dall’avvocato Gregorio Gitti del Pd. Ma è anche il meno produttivo: secondo i dati di Openpolis, tra i banchi di Montecitorio ha fatto registrare il 99.59% di assenze su 20.828 votazioni elettroniche, figurando 630° su 630 deputati.
Molto vicino a Silvio Berlusconi, che la sera del 15 settembre 2011 – nel pieno della corsa dello spread che due mesi dopo avrebbe portato alla caduta del suo governo – si era recato alla sua festa di compleanno; amico di Denis Verdini, cui aveva prestato 8,3 milioni di euro e poi era subentrato all’ipoteca del Credito Cooperativo Fiorentino, la banca che lo stesso senatore di Ala ha guidato per vent’anni; nel maggio 2016 Angelucci aveva defenestrato il direttore di Libero Maurizio Belpietro schierando il quotidiano per il sì al referendum costituzionale.
Il dirigente della Asl: “Io sono il re” – “Io sono il re, ho il coltello dalla parte del manico”. Così in alcune intercettazioni telefoniche affermava Claudio Cascarino, dirigente responsabile della gara di appalto da 14 milioni di euro per la manutenzione di edifici di competenza dell’asl Rm1, accusato di aver, tramite Ferraresi, raggiunto un accordo con un gruppo di imprenditori per truccare la gara d’appalto da 14 milioni di euro introducendo nel bando elementi che consentissero l’assegnazione dei lavori. E proprio gli imprenditori coinvolti sono finiti agli arresti domiciliari: si tratta di Alessandro Federici, Carlo Maria Martino, Domenico Francia e Nello Delli Castelli, oltre a Rossella Dionisi, sorella di Mario, e Maurizio Ramoino, collaboratore di Cascarino.
Sequestrati 4.1 milioni di euro – I carabinieri hanno sequestrato beni e denaro per 4,140 milioni di euro, frutto, secondo l’accusa, del profitto illecito ricavato dalla società di analisi mediche “Diagnostica Medica srl”, e di 330 mila euro derivati da una prolungata attività di corruzione. Il sequestro si riferisce alla somma incassata illecitamente dalla società per prestazioni eseguite, attraverso segnalazioni fatte da Ferraresi a quegli utenti che, per ottenere il certificato di abilitazione alla guida, dovevano sottoporsi ad analisi cliniche. Il compenso di Ferraresi per il “dirottamento” degli utenti verso il laboratorio di Dionisi era di cinquemila euro al mese. Tale pratica è cominciata, per la procura, nel 2010 e l’ammontare di tale corruzione, 330mila euro, è stato oggi sequestrato dai carabinieri del Nas.
GELLI LICIO
Roma, appalti truccati nella sanità: 9 arresti. Angelucci, deputato e “re delle cliniche”, indagato per traffico d’influenze
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di F. Q. | 15 marzo 2017
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Piegavano le gare d’appalto ai loro interessi, in “una ramificata rete di reciproche facilitazioni affaristiche finalizzate alla realizzazione di profitti e vantaggi personali, perpetrate mediante traffici di influenze e la redazione di false attestazioni“. E’ il quadro tratteggiato dai pubblici ministeri della Procura di Roma, che hanno ordinato l’arresto per 9 persone, tra dirigenti della Asl Roma 1 e imprenditori, e iscritto altre 10 nel registro degli indagati.
Al centro dell’inchiesta, divisa in tre tranche, Maurizio Ferraresi, dirigente della Asl in questione e responsabile della Commissione patenti, che secondo le accuse sarebbe protagonista di almeno tre episodi tra corruzioni e turbativa d’asta. Dall’indagine emergono una serie di gravi irregolarità e reati, che ruotano attorno al dirigente, finito in manette, e al ruolo di primo piano che ricopriva nel settore sanitario: Ferraresi, secondo le accuse, era stipendiato da due imprenditori titolari di studi di analisi cliniche, Mario Dionisi (anche lui finito in carcere) e sua sorella Rossella. Il dirigente medico riceveva 5mila euro al mese per consigliare, a chi si rivolgeva alla Commissione patenti, gli studi Dionisi.
Ferraresi avrebbe anche aiutato alcuni imprenditori a entrare in contatto con un altro dirigente Asl, Claudio Cascarino, responsabile per l’unità operativa dell’affidamento di una gara di appalto da 14 milioni per la manutenzione dell’azienda sanitaria. Chi voleva lavorare all’appalto doveva entrare, pagando, a far parte di una ristretta cerchia di amici che, secondo gli inquirenti, venivano scelti da Ferraresi e Cascarino.
La terza tranche dell’indagine vede indagato l’imprenditore e deputato di Forza Italia Antonio Angelucci per il reato di traffico di influenze, che punisce forme di lobbying illecite dietro compenso o promessa di utilità. Angelucci, secondo le accuse della procura di Roma, avrebbe cercato qualcuno che intervenisse per avere una sentenza favorevole in Cassazione, in merito a un sequestro preventivo.
L’imprenditore – che “si dichiara totalmente estraneo ai fatti confermando la sua piena fiducia nell’operato della magistratura” – avrebbe contattato Ferraresi, il quale avrebbe assicurato una soluzione al problema chiedendo in cambio ad Angelucci l’assunzione delle fidanzate dei suoi due figli. Per aiutare Angelucci, Ferraresi e si rivolse a Franco Amedeo, ex magistrato della Cassazione in pensione, che, a sua volta, avrebbe promesso una soluzione in cambio di un certificato medico falso da Ferraresi che serviva a una sua amica per un’operazione di plastica al seno. Il certificato era necessario per ottenere una mastoplastica attraverso il Servizio sanitario nazionale e non privatamente.
Stretta la rete di accordi, Amedeo provò a parlare con il giudice della Cassazione che doveva prendere la decisione su Angelucci ma il giudice lo respinse e non se ne fece più nulla. I provvedimenti eseguiti dai carabinieri del Nas coordinata dal pm Corrado Fasanelli hanno portato in carcere Ferraresi, Cascarino e Mario Dionisi. Sono ai domiciliari Rossella Dionisi, un suo collaboratore e altri quattro imprenditori. Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati a Ferraresi beni per 330mila euro, mentre per il presunto profitto ottenuto dai laboratori di Dionisi sono stati sequestrati 4 milioni e 100mila euro. L’inchiesta ha preso le mosse da una denuncia dell’ex convivente di Dionisi, che carabinieri di Tivoli raccontò che quest’ultimo versava mensilmente danaro ad un dirigente dell’Asl Rm1.
Chi è Antonio Angelucci – Abruzzese classe ’44, occhiali dai vetri fumé, collezionista di Ferrari e in Parlamento dal 2008, l’editore di Libero e dominus della sanità privata laziale vanta nella sua vita da politico due record: è stato per anni il deputato più ricco, superato solo nel 2017 dall’avvocato Gregorio Gitti del Pd. Ma è anche il meno produttivo: secondo i dati di Openpolis, tra i banchi di Montecitorio ha fatto registrare il 99.59% di assenze su 20.828 votazioni elettroniche, figurando 630° su 630 deputati.
Molto vicino a Silvio Berlusconi, che la sera del 15 settembre 2011 – nel pieno della corsa dello spread che due mesi dopo avrebbe portato alla caduta del suo governo – si era recato alla sua festa di compleanno; amico di Denis Verdini, cui aveva prestato 8,3 milioni di euro e poi era subentrato all’ipoteca del Credito Cooperativo Fiorentino, la banca che lo stesso senatore di Ala ha guidato per vent’anni; nel maggio 2016 Angelucci aveva defenestrato il direttore di Libero Maurizio Belpietro schierando il quotidiano per il sì al referendum costituzionale.
Il dirigente della Asl: “Io sono il re” – “Io sono il re, ho il coltello dalla parte del manico”. Così in alcune intercettazioni telefoniche affermava Claudio Cascarino, dirigente responsabile della gara di appalto da 14 milioni di euro per la manutenzione di edifici di competenza dell’asl Rm1, accusato di aver, tramite Ferraresi, raggiunto un accordo con un gruppo di imprenditori per truccare la gara d’appalto da 14 milioni di euro introducendo nel bando elementi che consentissero l’assegnazione dei lavori. E proprio gli imprenditori coinvolti sono finiti agli arresti domiciliari: si tratta di Alessandro Federici, Carlo Maria Martino, Domenico Francia e Nello Delli Castelli, oltre a Rossella Dionisi, sorella di Mario, e Maurizio Ramoino, collaboratore di Cascarino.
Sequestrati 4.1 milioni di euro – I carabinieri hanno sequestrato beni e denaro per 4,140 milioni di euro, frutto, secondo l’accusa, del profitto illecito ricavato dalla società di analisi mediche “Diagnostica Medica srl”, e di 330 mila euro derivati da una prolungata attività di corruzione. Il sequestro si riferisce alla somma incassata illecitamente dalla società per prestazioni eseguite, attraverso segnalazioni fatte da Ferraresi a quegli utenti che, per ottenere il certificato di abilitazione alla guida, dovevano sottoporsi ad analisi cliniche. Il compenso di Ferraresi per il “dirottamento” degli utenti verso il laboratorio di Dionisi era di cinquemila euro al mese. Tale pratica è cominciata, per la procura, nel 2010 e l’ammontare di tale corruzione, 330mila euro, è stato oggi sequestrato dai carabinieri del Nas.
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Re: Diario della caduta di un regime.
...UNA MANO LAVA L'ALTRA,..E TUTTE E LAVANO IL VISO.....
OVVERO,...... TU SALVI I MIEI ED IO SALVO I TUOI...
Senato, Pd e Fi salvano Minzolini e rottamano la Severino. Farsa finale: ‘Ho vinto, mi dimetto’. Ma serve altro voto
Palazzi & Potere
Con 137 voti a favore, 94 contrari e 20 astenuti l'aula annulla il parere della Giunta di sette mesi fa sulla revoca del mando ai sensi della Severino. Decisivi 19 voti a favore e le 24 assenze d'aula del PD. M5S all'attacco: "Tra il Pd e FI c'è stato di fatto un voto di scambio per salvare Lotti e Minzolini". E i forzisti: "Questo voto ha abolito la Severino, ora reintegrare Berlusconi"
di Thomas Mackinson | 16 marzo 2017
commenti (465)
3,2 mila
Più informazioni su: Augusto Minzolini, Decadenza Berlusconi, Legge Severino, PD, Senato
Ieri hanno salvato il ministro Luca Lotti, oggi il soldato Minzolini. Domani, già lo chiedono, Berlusconi. Dopo infiniti rimandi la questione della decadenza dell’ex direttore del Tg1, aperta dalla condanna definitiva per peculato con interdizione, è approdata in aula che vota per salvarlo: passa con 137 voti a favore, 94 contrari e 20 astenuti l’ordine del giorno di Forza Italia che propone di respingere la deliberazione con cui sette mesi fa la Giunta per le autorizzazioni aveva votato la revoca del mandato parlamentare.
All’annuncio del presidente Grasso scrosciano applausi, pacche sulle spalle, qualche lacrima e abbracci tra i sodali strenuamente o nascostamente avversi alla cacciata del senatore.
“Sono pronto a bere la cicuta”, aveva detto Minzolini a conclusione del suo discorso. Pochi minuti dopo può tornare a brindare a Champagne grazie al salvataggio in extremis. E infatti a stretto giro annuncia: “Ora ho vinto la mia battaglia, mi dimetto“. Ma l’annuncio non basta, le dimissioni dovranno essere anche calendarizzate e poi votate. E potranno essere respinte. Così che Minzolini – benché dimissionario a parole – nei fatti potrà rimanere al suo posto e maturare anche la pensione.
Per sminare il voto Forza Italia ha proposto non uno ma tre ordini del giorno (due poi ritirati) per neutralizzare il parere della giunta del 18 luglio 2016. Il Pd aveva lasciato libertà di voto, opzione che si rivelerà decisiva: in dettaglio votano per il salvataggio 19 senatori Pd, altri 24 sono assenti al momento del voto. E tanto è bastato. Esplode la polemica.
Il M5S attacca, “Il Nazareno è risorto: ieri Forza Italia ha salvato Lotti, oggi il Pd ha salvato Minzolini”, commenta Nicola Morra. Più esplicito ancora Michele Giarrusso: “Tra il Pd e FI c’è stato di fatto un voto di scambio. I dem ieri hanno salvato Lotti per lo più uscendo dall’Aula e facendogli abbassare il quorum e loro oggi gli hanno salvato Minzolini che resta senatore di FI. E’ una vera vergogna. Hanno dimostrato di essere una Casta che vuole restare al di sopra della legge”. “Pagherete anche questa, siete da radere al suolo”, morde Roberto Fico (M5s), presidente Vigilanza Rai.
Ma in pochi minuti il tema politico è già un altro: che fine fa la Severino oggi rottamata in Parlamento? Forza Italia colgie al volo l’occasione. “Con questo voto oggi il Senato l’ha abolita. Berlusconi dovrà essere reintegrato già domani perché i due casi sono simili”, dice Lucio Barani, capogruppo di Ala-Sc al Senato. Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia: “E adesso che fine farà l’infame legge Severino? Usata dalla sinistra solo contro il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi è rottamata una volta per tutte”.
I democratici si affrettano a respingere ogni accusa d’inciucio. “Il M5S è abituato alle fake news. Non c’è alcuna relazione tra il voto su Lotti e quello su Minzolini. Oggi il Pd ha scelto di lasciare libertà di voto. Libertà è un altro termine ostile per i Cinque stelle”, dice il senatore Pd Andrea Marcucci (che pure si è astenuto).
VIDEO:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/03 ... a/3455302/
OVVERO,...... TU SALVI I MIEI ED IO SALVO I TUOI...
Senato, Pd e Fi salvano Minzolini e rottamano la Severino. Farsa finale: ‘Ho vinto, mi dimetto’. Ma serve altro voto
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Con 137 voti a favore, 94 contrari e 20 astenuti l'aula annulla il parere della Giunta di sette mesi fa sulla revoca del mando ai sensi della Severino. Decisivi 19 voti a favore e le 24 assenze d'aula del PD. M5S all'attacco: "Tra il Pd e FI c'è stato di fatto un voto di scambio per salvare Lotti e Minzolini". E i forzisti: "Questo voto ha abolito la Severino, ora reintegrare Berlusconi"
di Thomas Mackinson | 16 marzo 2017
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Ieri hanno salvato il ministro Luca Lotti, oggi il soldato Minzolini. Domani, già lo chiedono, Berlusconi. Dopo infiniti rimandi la questione della decadenza dell’ex direttore del Tg1, aperta dalla condanna definitiva per peculato con interdizione, è approdata in aula che vota per salvarlo: passa con 137 voti a favore, 94 contrari e 20 astenuti l’ordine del giorno di Forza Italia che propone di respingere la deliberazione con cui sette mesi fa la Giunta per le autorizzazioni aveva votato la revoca del mandato parlamentare.
All’annuncio del presidente Grasso scrosciano applausi, pacche sulle spalle, qualche lacrima e abbracci tra i sodali strenuamente o nascostamente avversi alla cacciata del senatore.
“Sono pronto a bere la cicuta”, aveva detto Minzolini a conclusione del suo discorso. Pochi minuti dopo può tornare a brindare a Champagne grazie al salvataggio in extremis. E infatti a stretto giro annuncia: “Ora ho vinto la mia battaglia, mi dimetto“. Ma l’annuncio non basta, le dimissioni dovranno essere anche calendarizzate e poi votate. E potranno essere respinte. Così che Minzolini – benché dimissionario a parole – nei fatti potrà rimanere al suo posto e maturare anche la pensione.
Per sminare il voto Forza Italia ha proposto non uno ma tre ordini del giorno (due poi ritirati) per neutralizzare il parere della giunta del 18 luglio 2016. Il Pd aveva lasciato libertà di voto, opzione che si rivelerà decisiva: in dettaglio votano per il salvataggio 19 senatori Pd, altri 24 sono assenti al momento del voto. E tanto è bastato. Esplode la polemica.
Il M5S attacca, “Il Nazareno è risorto: ieri Forza Italia ha salvato Lotti, oggi il Pd ha salvato Minzolini”, commenta Nicola Morra. Più esplicito ancora Michele Giarrusso: “Tra il Pd e FI c’è stato di fatto un voto di scambio. I dem ieri hanno salvato Lotti per lo più uscendo dall’Aula e facendogli abbassare il quorum e loro oggi gli hanno salvato Minzolini che resta senatore di FI. E’ una vera vergogna. Hanno dimostrato di essere una Casta che vuole restare al di sopra della legge”. “Pagherete anche questa, siete da radere al suolo”, morde Roberto Fico (M5s), presidente Vigilanza Rai.
Ma in pochi minuti il tema politico è già un altro: che fine fa la Severino oggi rottamata in Parlamento? Forza Italia colgie al volo l’occasione. “Con questo voto oggi il Senato l’ha abolita. Berlusconi dovrà essere reintegrato già domani perché i due casi sono simili”, dice Lucio Barani, capogruppo di Ala-Sc al Senato. Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia: “E adesso che fine farà l’infame legge Severino? Usata dalla sinistra solo contro il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi è rottamata una volta per tutte”.
I democratici si affrettano a respingere ogni accusa d’inciucio. “Il M5S è abituato alle fake news. Non c’è alcuna relazione tra il voto su Lotti e quello su Minzolini. Oggi il Pd ha scelto di lasciare libertà di voto. Libertà è un altro termine ostile per i Cinque stelle”, dice il senatore Pd Andrea Marcucci (che pure si è astenuto).
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA VOX POPULI.
Partecipa alla discussione...
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Forzaecoraggio • 4 minuti fa
A loro i nobili dell`aristocrazia politica privilegi.
A noi le brioche elettorali, strapagate e ripagate da noi.
PDFI?
4 DICEMBRE 2016?
"NO"?
Con cordialità.
△ ▽
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Ippolita • 7 minuti fa
Non sono d'accordo con il Senato. Una decisione pessima. Le dacadenze che abbiamo deciso mediante la legge Severino vanno applicate - senza se e senza ma. L'abbiamo approvata apposta.
△ ▽
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lucilla • 11 minuti fa
Il problema non sono loro, che dopo aver toccato il fondo continuano a scavare allegramente. Il problema è che c'è gente che ancora li vota e pensa pure "colpa di Grillo".
6 △ ▽
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tachione • 14 minuti fa
Hanno ragione quelli che sostengono che PD e F.I. sono un unico partito che utilizza due nomi per comodità politica.
2 △ ▽
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holz • 15 minuti fa
si è dimesso o non si è dimesso?
△ ▽
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Cristian • 26 minuti fa
Esultano, perché in questo paese la gente che li vota, glielo permette.
6 △ ▽
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Solo contro tutti • 27 minuti fa
La Pelino (la strega al fianco di minzolini) ha poi pagato il conto degli abiti?
1 △ ▽
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stivaletto • 27 minuti fa
Dare il voto a Forza Italia è come giocare alla lotteria. Non saprai mai che fine farà. Decide lui, l'inaffidabile ex cavaliere. Bello no ?
△ ▽
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I commenti continuano dopo la pubblicità
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Marc84 • 27 minuti fa
Pacta sunt servanda.
Come si diceva? Basta un sì.
Dal Pd si dice spesso che i m5s immaginano dei complotti inesistenti, salvo poi offrire tutti gli elementi per ipotizzarli.
6 △ ▽
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Solo contro tutti • 28 minuti fa
Il piddì lascia libertà di coscienza: bella coscienza!
2 △ ▽
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Forzaecoraggio • 4 minuti fa
A loro i nobili dell`aristocrazia politica privilegi.
A noi le brioche elettorali, strapagate e ripagate da noi.
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Ippolita • 7 minuti fa
Non sono d'accordo con il Senato. Una decisione pessima. Le dacadenze che abbiamo deciso mediante la legge Severino vanno applicate - senza se e senza ma. L'abbiamo approvata apposta.
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lucilla • 11 minuti fa
Il problema non sono loro, che dopo aver toccato il fondo continuano a scavare allegramente. Il problema è che c'è gente che ancora li vota e pensa pure "colpa di Grillo".
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tachione • 14 minuti fa
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holz • 15 minuti fa
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Cristian • 26 minuti fa
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Solo contro tutti • 27 minuti fa
La Pelino (la strega al fianco di minzolini) ha poi pagato il conto degli abiti?
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stivaletto • 27 minuti fa
Dare il voto a Forza Italia è come giocare alla lotteria. Non saprai mai che fine farà. Decide lui, l'inaffidabile ex cavaliere. Bello no ?
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Marc84 • 27 minuti fa
Pacta sunt servanda.
Come si diceva? Basta un sì.
Dal Pd si dice spesso che i m5s immaginano dei complotti inesistenti, salvo poi offrire tutti gli elementi per ipotizzarli.
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Il piddì lascia libertà di coscienza: bella coscienza!
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Re: Diario della caduta di un regime.
...STRINGATO IL MESSAGGIO DEGLI STRUMPTRUPPEN......
Il Senato respinge la decadenza di Minzolini
Il Senato ha respinto la decadenza dell'ex direttore del Tg1. Lui: "Mi sento vittima di una vicenda kafkiana"
Chiara Sarra - Gio, 16/03/2017 - 13:17
commenta
Il Senato ha deciso di respingere la decadenza da senatore di Augusto Minzolini, al contrario di quanto votato in Giunta per le Immunità.
Sono stati infatti 137 i voti a favore della mozione presentata da Giacomo Caliendo (Fi) e che chiedeva di respingere il parere dell'organo parlamentare guidato da Dario Stefano. Contrari invece in 94, 20 gli astenuti.
L'ex direttore del Tg1 è stato condannato per peculato in via definitiva per l'utilizzo improprio delle carte di credito aziendali. "Qualunque sia l'esito del voto un attimo dopo rassegnerò le dimissione da senatore", aveva detto Minzolini prima del voto, "Mi sento vittima di una vicenda kafkiana. Questo è un caso che io considero, con tutto il rispetto che posso avere per la magistratura, una grande ingiustizia. Da parte mia, questa responsabilità me la sono assunta in toto: sono arrivato fino ad oggi, fino all'ultima tappa di questo calvario. Sono pronto a bere la cicuta. La storia dell'umanità, in fondo, è un lungo elenco di ingiustizie".
Il Senato respinge la decadenza di Minzolini
Il Senato ha respinto la decadenza dell'ex direttore del Tg1. Lui: "Mi sento vittima di una vicenda kafkiana"
Chiara Sarra - Gio, 16/03/2017 - 13:17
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Il Senato ha deciso di respingere la decadenza da senatore di Augusto Minzolini, al contrario di quanto votato in Giunta per le Immunità.
Sono stati infatti 137 i voti a favore della mozione presentata da Giacomo Caliendo (Fi) e che chiedeva di respingere il parere dell'organo parlamentare guidato da Dario Stefano. Contrari invece in 94, 20 gli astenuti.
L'ex direttore del Tg1 è stato condannato per peculato in via definitiva per l'utilizzo improprio delle carte di credito aziendali. "Qualunque sia l'esito del voto un attimo dopo rassegnerò le dimissione da senatore", aveva detto Minzolini prima del voto, "Mi sento vittima di una vicenda kafkiana. Questo è un caso che io considero, con tutto il rispetto che posso avere per la magistratura, una grande ingiustizia. Da parte mia, questa responsabilità me la sono assunta in toto: sono arrivato fino ad oggi, fino all'ultima tappa di questo calvario. Sono pronto a bere la cicuta. La storia dell'umanità, in fondo, è un lungo elenco di ingiustizie".
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Re: Diario della caduta di un regime.
POTETE SBIZZARRIRVI (ED ANNOIARVI) LEGGENDO L’ELENCO DELLE GUERRE CONOSCIUTE DI QUESTO PIANETA.
NEL SETTORE 2010 – OGGI(IN ITALIA) PERO’ NON VIENE MENZIONATA QUELLA CHE SI STA’ COMBATTENDO SENZA QUARTIERE NELLO STIVALONE.
QUESTA GUERRA VERRA’ CITATA DAI PROSSIMI STORICI, COME:
LA GUERRA DELLE POLTRONE.
ULTIMO ATTO DELLA FINE DELLA SECONDA REPUBBLICA.
https://it.wikipedia.org/wiki/Lista_di_ ... ronologico
NEL SETTORE 2010 – OGGI(IN ITALIA) PERO’ NON VIENE MENZIONATA QUELLA CHE SI STA’ COMBATTENDO SENZA QUARTIERE NELLO STIVALONE.
QUESTA GUERRA VERRA’ CITATA DAI PROSSIMI STORICI, COME:
LA GUERRA DELLE POLTRONE.
ULTIMO ATTO DELLA FINE DELLA SECONDA REPUBBLICA.
https://it.wikipedia.org/wiki/Lista_di_ ... ronologico
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