quo vadis PD ????

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camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da camillobenso »

La maionese impazzita chiamata Pd - 34

Le inutili guerre di potere che nulla hanno a che vedere con la realtà italiana, in attesa del crac finale. - 6



l’Unità 10.4.13
Il segretario a Renzi: «Venga in direzione. Io non voglio né il voto né il governissimo»

La tregua è ormai archiviata, lassù nella soffitta del Nazareno. Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi erano e restano due «avversari interni» e proprio adesso, quando i loro destini sembrano entrambi dipendere dal governo (e dalla durata) che sarà, si mette di nuovo da parte il fair play. Se il sindaco accusa la politica romana, compreso il suo partito, «di perdere tempo» e torna a invocare chiarezza «o governo o elezioni», il segretario dagli studi di Agorà gli dice che «le discussioni vanno bene, ma bisogna stare attenti ai toni e avanzare le proprie proposte nei luoghi giusti, cioè nella direzione Pd». Dove Renzi ogni tanto si fa vedere ma non parla e se ne va sempre molto presto. «A differenza di Grillo noi andiamo in streaming quando facciamo le riunioni nostre, non quando abbiamo ospiti, capovolgendo la buona educazione dice -. Noi siamo educati e quando abbiamo ospiti non facciamo lo streaming, ma in direzione sì. Noi lavoriamo nei nostri organismi». I rapporti, prosegue il leader Pd, si possono rovinare. Venga in direzione, provoca, a dire cosa dobbiamo fare: «Votare, fare il governissimo? Sono due cose diverse. Io non sono né per il governissimo né per andare a votare, poi sono disposto a discutere». Invita anche a fare attenzione ai sondaggi (le ultime elezioni sono una lezione ancora fresca): «Quando si è lontani dal voto, l’approccio è un po’ più generico e le vere discriminanti non vengono fuori. Quando si è sotto, invece, vengono fuori i temi veri». Renzi dal canto suo dice che «il problemino» è l’aver detto che Bersani non ha vinto le elezioni, Bersani a domanda su una sua possibile ricandidatura in caso di voto anticipato risponde «devo pensarci», esclude per certo solo a quella per la segreteria, «farò il filosofo». Saluta come una buona notizia la decisione di Barca di scendere in politica, «la mia stima per lui non è di oggi» e ammette, che certo, «con Renzi hanno caratteri diversi, ma ne avessimo di gente così».

l’Unità 10.4.13
Il Pd toscano si divide, Renzi non sarà grande elettore
Il sindaco di Firenze non parteciperà alla scelta del Capo dello Stato
Monaci passa con 12 voti contro 10
di Vladimiro Frulletti

Niente viaggio a Roma per eleggere il capo dello Stato per Matteo Renzi. Ieri sera, dopo una lunghissima discussione (cominciata la mattina e in cui non sono mancati anche momenti di tensione) il gruppo consiliare del Pd toscano ha detto no al sindaco di Firenze. Ma spaccandosi praticamente in due. 10 voti per Renzi, 12 per Alberto Monaci. Quindi stamani (a meno di sorprese) dalla Toscana saranno mandati a Roma (per scegliere assieme ai grandi elettori delle altre Regioni e ai parlamentari il successore di Giorgio Napolitano) il presidente della Regione Enrico Rossi, il presidente dell’aula Monaci e un esponente delle opposizioni (probabilmente il vicepresidente Roberto Benedetti del Pdl). Ha quindi prevalso la soluzione “istituzionale” ed è uscita sconfitta la scelta politica che parte del Pd (a cominciare dal segretario regionale Andrea Manciulli) aveva scelto per dare, anche visivamente, un segnale di ritrovata unità.
E infatti nei consensi che andati al sindaco di Firenze vanno contati non solo i renziani doc (Brogi, Giani e Remaschi) che col fidatissimo Nicola Danti avevano costruito in questi giorni la proposta Renzi. Ma anche gli esponenti (dalemiani-bersaniani) più vicini a Manciulli come i consiglieri Ferrucci e Tortolini, i senesi Spinelli e Rosanna Pugnalini, il lettiano Tognocchi e Lucia De Robertis (vicina al responsabile enti locali Stefano Bruzzesi legato a Beppe Fioroni). Non sono bastati. «Una occasione persa» dice il senatore (renziano) Andrea Marcucci, dal Pd toscano per mostrare di «essere sintonizzato con il proprio popolo. È stata fatta una scelta poco lungimirante che purtroppo privilegia la divisione e non l’unità, che guarda indietro e non avanti».
Del resto l’ipotesi Renzi grande elettore aveva avuto anche il via libera dai vertici nazionali del Pd e in favore del sindaco s’era espresso anche il presidente Rossi pur chiedendo anche di verificare la disponibilità del presidente del Consiglio Monaci. E per Renzi s’erano già espressi sia i socialisti che l’Idv. Lo stesso capogruppo Pd Marco Ruggeri aveva chiesto al gruppo di scegliere Renzi. Poi gli è stato chiesto di sentire Monaci (a casa per un decorso post-operatorio) che ha dato la propria disponibilità via sms. «Renzi era la principale proposta politica spiega Ruggeri ; si è valutata questa opzione, ma poi è stata scelta quella istituzionale». E non in maniera informale visto che sia i renziani che gli esponenti della segreteria Manciulli hanno chiesto un voto proprio per rendere esplicita la situazione. E qui ha prevalso il Monaci. Scelta che il renziano Enzo Brogi definisce «inversamente proporzionale a quella che avrebbe fatto la grande maggioranza dei cittadini toscani».
Del resto la proposta del sindaco di Firenze era a tutti gli effetti una scelta politica. Infatti fin qui la prassi, mai messa in discussione, era stata che i tre grandi elettori fossero figure istituzionali. Sette anni fa così toccò al presidente della Regione Claudio Martini (oggi neo-senatore Pd), al presidente dell’Aula Riccardo Nencini (oggi segretario nazionale del Psi e senatore eletto nelle liste Pd) e al vicepresidente Paolo Bartolozzi (all’epoca di Forza Italia e oggi eurodeputato Pdl). Nell’occasione però fu proprio Monaci in veste di capogruppo dell’allora Margherita a contestare. Nel metodo perché a suo giudizio non era scritto da nessuna parte che i tre grandi elettori dovessero essere figure istituzionali della Regione. E nel merito perché contrario a Nencini in quanto sostenitore della candidatura di Emma Bonino alla Presidenza della Repubblica. Allora, come oggi, invece era stata scelta la soluzione istituzionale. E questa volta spetta a Monaci, grande amico dell’ex presidente del Senato Franco Marini e protagonista dello scontro tutto interno al Pd che a Siena ha portato alla caduta del sindaco Franco Ceccuzzi, votare per il nuovo Presidente della Repubblica.
E Renzi? «Tranquillo» lo descrive chi era con lui ieri pomeriggio a Vinitaly dove ha partecipato a un dibattito assieme al sindaco di Verona Flavio Tosi. Certo le notizie che gli sono arrivate da Firenze non l’hanno fatto felice perché nella partita per il Quirinale un ruolo ha intenzione di giocarlo e essere fra i grandi elettori lo avrebbe aiutato. Intanto in attesa di incontrare D’Alema che domani sarà a Firenze per un convegno sui partiti (organizzato dall’ex vicesindaco di Renzi, Dario Nardella, oggi deputato) ieri il sindaco ha di nuovo mandato messaggi non cifrati ai vertici del Pd ricordando che «Bersani ha vinto le primarie, ma non le elezioni» e ribadendo che è necessario lo stallo romano si sblocchi in fretta: «Mi hanno dato del qualunquista perché ho detto che si sta perdendo tempo, prometto di non dirlo più ma voi potreste per favore smettere di perdere tempo?». «Bisogna, elezioni o no, che vi mettiate d’accordo, che si decida» il suo invito a Bersani e Berlusconi. Lui comunque non lascerà il Pd: «starò sempre dentro la sinistraassicura -, non ne posso più di gente che si fa partiti personali».
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da shiloh »

Joblack ha scritto:Secondo Crozza Bersani è l'archetipo dell'autogol così come le figure Ulisse l'astuto, Ettore il leale e Achille la forza.

Secondo me il PD fa melina sulle commissioni ed in particolare sulle "giunte elezioni" per non essere stanato dai 5S sulla loro richiesta di ineleggibilità di berlusconi. Da buon politici politicanti quelli del PD si riservano la carta "dialogo" con il PDL per
barattare un NO alla ineleggibilità di B.
Come contropartita il PD chiede una astensione tecnica con fuoriuscita del pdl al senato x dare fiducia ad un governo Bersani di minoranza, inoltre l'accordo prevederebbe un PdR non sgradito al PDL tipo Marini Amato o d'Alema.

Come andrà a finire lo vedremo benissimo dalle votazioni il 18 aprile.
secondo me questo scambio ipotizzato va archiviato nella fantapolitica-hard.
per il PD votare l'ineleggibilità della mummia cinese sarebbe l'ennesimo autogoal .
lui ne approfitterebe subito per usare l'arma della legge contra-persona in campagna elettorale.
e l'efficacia di questa legge sarebbe uguale a zero.
nulla vieta alla mummia cinese di fare come ha fatto peppekrillo:
controllo totale del suo movimento,anche senza essere in parlamento.
Joblack
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da Joblack »

shiloh ha scritto:
Joblack ha scritto:Secondo Crozza Bersani è l'archetipo dell'autogol così come le figure Ulisse l'astuto, Ettore il leale e Achille la forza.

Secondo me il PD fa melina sulle commissioni ed in particolare sulle "giunte elezioni" per non essere stanato dai 5S sulla loro richiesta di ineleggibilità di berlusconi. Da buon politici politicanti quelli del PD si riservano la carta "dialogo" con il PDL per
barattare un NO alla ineleggibilità di B.
Come contropartita il PD chiede una astensione tecnica con fuoriuscita del pdl al senato x dare fiducia ad un governo Bersani di minoranza, inoltre l'accordo prevederebbe un PdR non sgradito al PDL tipo Marini Amato o d'Alema.

Come andrà a finire lo vedremo benissimo dalle votazioni il 18 aprile.
secondo me questo scambio ipotizzato va archiviato nella fantapolitica-hard.
per il PD votare l'ineleggibilità della mummia cinese sarebbe l'ennesimo autogoal .
lui ne approfitterebe subito per usare l'arma della legge contra-persona in campagna elettorale.
e l'efficacia di questa legge sarebbe uguale a zero.
nulla vieta alla mummia cinese di fare come ha fatto peppekrillo:
controllo totale del suo movimento,anche senza essere in parlamento.
Si è vero quello che dici ma la mummia cinese non avrebbe nessuna copertura giudiziaria.
Per cui sarebbe meglio votare SI x ineleggibilità di berlusconi insieme ai 5 stelle.
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)

‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da shiloh »

Joblack ha scritto:
Si è vero quello che dici ma la mummia cinese non avrebbe nessuna copertura giudiziaria.
Per cui sarebbe meglio votare SI x ineleggibilità di berlusconi insieme ai 5 stelle.

l'unica speranza perchè i processi giungano a termine era che da subito il M5s avesse dato almeno una prima fiducia a Bersani per far partire il suo governo e che avessero concordato con il Pd un nome per la PdR.
ma così non è stato...e siamo di nuovo in campagna elettorale.
presto,massimo ottobre ci saranno nuove elezioni e
i processi verranno quindi nuovamente sospesi e cadranno in prescrizione.
ergo,
senza condanne penali definitive in terzo grado questa legge alla mummia cinese non gli fa neanche solletico.
questo è lo stato dell'arte,
e quello che dicono i grillini non tiene conto dello stato dell'arte ...che loro stessi hanno creato.
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da camillobenso »

I termini del problema Berlusconi

1) Dal marzo del 1994, quest’uomo è il tappo della politica italiana.

Immagine

http://www.youtube.com/watch?v=s6OoqFhuw2g


Tutto si è svolto in questi 19 anni in funzione di Silvio Berlusconi.

SB scende in campo non per le balle che ha raccontato da subito come suo solito, ma perché in un incontro drammatico e furibondo a Villa San Martino in Hardcore, una domenica mattina del 1993, tra lui e San Bettino martire, viene convinto a scendere direttamente in campo per difendere gli interessi delle sue aziende e difendersi dagli attacchi inevitabili della magistratura.

Occorre tenere presente che l'11 febbraio 1993 Craxi si era visto costretto a dimettersi dalla segreteria del PSI.

San Bettino fa presente a SB che il CAF (Craxi, Andreotti, Forlani) non è più in grado di assicuragli la copertura protettiva attuata nei 15 anni precedenti. Craxi lo informa che sia la magistratura che la GdF, bloccate dal potere politico del CAF, sferreranno contro di lui un attacco senza precedenti, visto che gli era stato impedito di svolgere il ruolo istituzionale attribuito.

Le varie ispezioni nelle sue aziende comporteranno l’intervento massiccio della magistratura tale che SB, e la sua ciurma definiranno una vera e propria persecuzione giudiziaria.

La situazione economica già dal 1992 era:

Riguardo all'indebitamento, risulta, dal tradizionale rapporto con cui Mediobanca analizza ogni anno le dieci
maggiori aziende italiane, che le aziende del gruppo Berlusconi avevano nel 1992 7.140 miliardi di lire di
debiti (4.475 finanziari e 2.665 commerciali), mentre il loro capitale netto ammontava a 1.053 miliardi.
Essendo questa una situazione ad alto rischio di bancarotta, peggiorata dal fatto che nel 1993 gli introiti
pubblicitari televisivi registrarono una crescita pari a zero
(dopo molti anni di aumenti elevati e ininterrotti), le
banche creditrici cominciarono in quel periodo a richiedere il saldo dei conti.



2) Quello che si sapeva già all’epoca, è diventato solo adesso oggetto di attenzione della magistratura. De Gregorio e altri si fanno corrompere per fare cadere il governo Prodi.

L’esigenza della caduta del governo Prodi è quella di poter mettere in piedi nel più breve tempo possibile il Lodo Alfano necessario a far uscire dal processo Mills SB, perché su informazione dell’avvocato Pecorella, SB si è reso conto di essere condannato con tutte le conseguenze del caso.

La posizione di SB riuscirà ad essere stralciata per soli 4 giorni prima che i giudici si riunissero in camera di consiglio. Nella motivazione, comunque, i giudici faranno presente che c’è stata corruzione da parte di SB.

Pecorella aveva visto giusto in anticipo.

3) SB governerà, come in precedenza, tra il 2008 e il 2011, con provvedimenti a favore del suo elettorato in modo tale da garantirsi le rielezioni con lo scopo di bloccare l’operato della magistratura nei suoi confronti. Questa modalità di malgoverno simil Al Capone, porterà allo sfascio il Paese quando si presenta la crisi mondiale nel 2008.

4) Non avendo risolto i suoi guai con la magistratura rimane in campo per evitare il carcere, condizione che sarà pienamente esaustiva a partire dal 29 settembre 2016.

5) Il suo obiettivo è quello di arrivare al compimento dell’ottantesimo anno di età assecondato da tutti i fedelissimi/e che lo circondano per motivi d’interesse.

Domenica scorsa IFQ, riportava un’intervento dell’avvocato Ghedini in cui affermava che se anche condannato, SB rimarrà in campo e non si tirerà indietro.

6) San Draghi, come annunciato la scorsa settimana non potrà fare più niente a favore dell’amata Italia.

Il sistema bancario, tramite la rivista espansione, ha fatto sapere che se non muta il quadro economico tra qualche mese ci sarà il collasso del sistema Italia.

Quindi ci troviamo nelle condizioni che se non si toglie il tappo, tra qualche mese collassa tutto.

Le sue buone intenzioni sono il solito trucco per mascherare i suoi problemi giudiziari.

La strada da lui scelta è quella classica del “Muoia Sansone e tutti i filistei”

Adesso sta a noi scegliere che fine vogliamo fare, se perire con lui tra qualche mese o tentare di mettere una pezza prima del crollo finale.
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da camillobenso »

La maionese impazzita chiamata Pd - 35

Le inutili guerre di potere che nulla hanno a che vedere con la realtà italiana, in attesa del crac finale. - 7



Governo, Renzi rompe con la linea del Pd: “Elezioni il prima possibile”
Intervenuto a Trieste per sostenere la candidatura di Serracchiani a presidente del Friuli-Venezia Giulia, l'ex rottamatore attacca frontalmente i vertici del partito: "Se Bersani e Berlusconi vogliono accordarsi facciano presto, si perde tempo". E la sua votazione come grande elettore, accusa, è stata bloccata "da qualche telefonata arrivata da Roma"

di Redazione Il Fatto Quotidiano |
10 aprile 2013 Commenti (1103)



“Io ho sempre detto che personalmente sono uno di quelli che sperano che si vada il prima possibile alle elezioni, perché il risultato non ha dato una maggioranza”. Così Matteo Renzi rompe nettamente con la linea del Pd, proprio il giorno dopo l’incontro tra Bersani e Berlusconi teso a sbloccare le partite del Quirinale e, in prospettiva di Palazzo Chigi.

Renzi è intervenuto a Trieste a sostegno della candidata del Pd Debora Serracchiani alla presidenza del Friuli Venezia Giulia. “Se Berlusconi e Bersani riterranno più opportuna qualche forma di accordo nell’interesse del Paese, spero che facciano presto, il più veloce possibile”, ha aggiunto. “Ogni giorno che si perde è tempo perso per l’Italia”.

Andare a votare, insomma, ma come? Con la stessa legge elettorale che ha portato al risultato di stallo? “L’attuale legge elettorale è un problema, ma non può essere un alibi per non fare niente”, afferma il sindaco di Firenze, sottolineando che l’unica legge che garantisce governabilità è quella dei sindaci. E a proposito di una sua possibile candidatura a premier, Renzi non si sbilancia: “Se ci sono nuove elezioni, vedremo cosa accadrà. Ora sono fuori dai giochi della politica romana. Ora – aggiunge – sto facendo il sindaco della mia città”.

A proposito della sua mancata indicazione come grande elettore del presidente della Repubblica, in rappresentanza della Regione Toscana, Renzi tira un’altra bordata ai vertici del partito. ”Mi avevano detto vai avanti, tranquillo ti votiamo, ma poi è arrivata qualche telefonata da Roma per fare il contrario”. Un peccato, perché “mi avrebbe fatto piacere rappresentare la mia Regione”, ha detto a Trieste. Negli stessi minuti, il segretario Bersani precisava: “Nella sequela di quotidiane molestie, mi vedo oggi attribuiti non so quali giochini tesi ad impedire la nomina di Renzi a grande elettore per la Toscana. Smentisco dunque di aver deciso o anche solo suggerito, o anche solo pensato alcunchè, a proposito di una scelta che riguarda unicamente il consiglio regionale Toscana”.

Spiegazioni che non devono convincere l’ex rottamatore: “Sono cose che succedono”, ha detto ancora, “ma non mi abituerò mai alla doppiezza. Io sono uno che parla una lingua sola, talvolta in modo anche un po’ troppo franco e brutale, però quello che dico, lo dico in faccia. Invece altri ti dicono una cosa in faccia e te ne fanno un’altra dietro le spalle. Contenti loro, contenti tutti”. E qui arriva un’ulteriore frecciata, sul nodo dolente del rapporto tra Pd e Monte dei Paschi: “Hanno scelto di mandare delegato regionale un autorevole personaggio della politica e del mondo bancario senese. Auguri, in bocca al lupo e che rappresenti bene la Toscana. Io me ne faccio una ragione”. Essere tra i grandi elettori al Quirinale “era una possibilità, non certo un diritto”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04 ... le/557967/
mariok

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da mariok »

11/4/2013

«Niente baratti sul Quirinale»

di Federico Geremicca - da La Stampa


Vuole dirlo con la minor carica polemica possibile «e per questo scriva che a parlare è l'onorevole Bindi: semplicemente l'onorevole Bindi, e non il presidente dell'Assemblea nazionale del Pd». Però lo dice: «E faccio questa riflessione adesso perché il confronto sul futuro presidente della Repubblica è cominciato, e io credo che per il Quirinale si debba andare ad una soluzione cristallina. Il Capo dello Stato è garante di tutti se applica la Costituzione, non se è più o meno ostile o gradito ad una parte. Leggo che negli incontri avviati da Bersani si starebbe parlando del Colle e non del governo, che le due questioni sono separate e che baratti non ne accettiamo. Sono d'accordo: nessun baratto. Ma questo deve valere anche per noi: nessuno scambio improprio, nemmeno per ottenere il "si parta" per il cosiddetto governo di minoranza, come sostiene Vendola».

Quarantacinque giorni di silenzio, dal voto ad oggi: pochissima tv, nessuna intervista. I mesi precedenti le elezioni non erano stati facili, per lei, quotidianamente sotto il tiro di Matteo Renzi. Ma nemmeno il dopo è stato semplice: Bersani ha cominciato a far girare la «ruota» del cambiamento ed è partito uno strano spoils system. Capigruppo nuovi, presidenti di Camera e Senato ancor più nuovi, le correnti più agguerrite (dai «giovani turchi» ai «renziani») a caccia di posti e visibilità. Così, Rosy Bindi ci riceve al terzo piano di Montecitorio, e approfittiamo della scrivania di una delle segretarie del segretario d'aula del Pd...

Lei vuol riflettere sul Quirinale ma è ancora del tutto aperta la questione-governo: anche lei ha obiezioni da fare a quella che qualcuno ha definito la «cocciutaggine» di Bersani?
«Non mi associo a certe critiche ex post: un confronto col Movimento Cinque Stelle andava fatto, nel rispetto della richiesta di cambiamento venuta dalle urne. Forse potevamo trascinarlo meno a lungo. Ma non è questa, almeno per me, la questione centrale».

E quale è?
«Non mi ha convinto lo scarto improvviso che è seguito: la ricerca di escamotage parlamentari che facessero affidamento su comportamenti compiacenti di Lega e pezzi di centrodestra, che avrebbero dovuto "non impedire" il varo di un governo-Bersani di minoranza. La considero una soluzione politicista e precaria».

È una via che non le piace per niente?
«Quando leggo che dovremmo fare un governo che vive grazie al fatto che un po' di senatori del Pdl escono dall'aula e che magari poi arriva qualche voto "grillino", mi viene da dire che stiamo dando a Berlusconi le chiavi del nostro cosiddetto "governo del cambiamento". Potrà decidere lui come e quando staccare la spina, e quali e quanti dei nostri otto punti far benevolmente passare. Insomma, ci mettiamo completamente nelle sue mani».

È la via, però, che Bersani sembra voler continuare a battere...
«Il Pd ha sostenuto unitariamente il tentativo e la fatica di Bersani: non ho visto porre ostacoli, nemmeno da parte di Renzi, per la verità. La nostra gente vuole Pier Luigi a Palazzo Chigi perché ha vinto le primarie e siamo comunque la coalizione più forte in Parlamento: ma io credo che l'unico governo che Bersani possa guidare sia un esecutivo progressista, di cambiamento appunto. Invocare una sorta di lasciapassare dal centrodestra, significa dipendere completamente da Berlusconi».

Le pare più convincente il «governissimo» che chiede il Cavaliere?
«Lo considero irricevibile, ma almeno è una proposta che ha il pregio della chiarezza. Il Pd non può tornare a governare con Berlusconi. Il popolo del centrosinistra è stato molto provato dal governo Monti: l'esperienza non è riproponibile».

E allora che si fa, si torna alle elezioni?
«Noi non vogliamo le elezioni, ma nemmeno dobbiamo temerle: e comunque è necessaria una nuova legge elettorale. E se Bersani non ce la facesse, per evitare il voto anticipato e aprire una fase di riforme essenziali, mi sembra più trasparente e sostenibile una soluzione marcatamente istituzionale, affidata al presidente della Repubblica per un governo di scopo, limitato nel tempo, guidato da una personalità congeniale a tale profilo, istituzionale e non politico».

Quel che lei chiede è un netto cambio di linea: riunirete la direzione per discutere il che fare?
«Questo lo decide il segretario...».

In molti si chiedono se la vecchia maggioranza di Bersani esista ancora. Esiste?
«A me sembra che il partito si stia allontanando dalla sua ispirazione originaria. Il Congresso è di fatto aperto, e ci sono troppe spinte per la ricostruzione del partito della sinistra italiana... Non è la via del Pd. Ma non mi convince nemmeno una certa adesione disinvolta allo spirito del tempo. Noi eviteremo rotture solo se terremo fede all'ispirazione di partito di centrosinistra nitidamente alternativo al centrodestra, culturalmente plurale e a gestione collegiale: nel solco, insomma, dell'ispirazione dell'Ulivo».

Le piacerebbe un segretario come Fabrizio Barca?
«Io sono pronta a discutere con chiunque abbia come obiettivo la sintesi tra i diversi riformismi che animano il Pd e non la ricostruzione di un partito della sinistra. La freschezza di Barca può andar bene, può aiutare: ma per me l'importante resta l'obiettivo che si intende raggiungere».

Comunque, per lei meglio Barca che Matteo Renzi, o no?
«Non credo Renzi sia interessato a guidare il Pd... E comunque, guardi: lui mi ha attaccato, io ho risposto, non l'ho votato alle primarie e non sono nemmeno convinta delle adesioni acritiche di chi dice "ma almeno lui ci fa vincere"... Premesso questo, devo però dire che la polemica che lo ha visto protagonista in Toscana per la scelta dei Grandi elettori, non mi è piaciuta per niente. Un vicenda così delicata o non la si fa cominciare affatto o non la si doveva far finire così...».
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

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mariok

Re: quo vadis PD ????

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BUONGIORNO
12/04/2013

Maledetti, mi amerete
MASSIMO GRAMELLINI

C’era una volta, in una scuola pericolante, un bambino spigliato e ambizioso con un problema: era adorato dai compagni delle altre classi, ma detestato da quelli della sua. Gli tiravano i capelli, gli pestavano i piedi e appena si girava gli facevano lo sgambetto. «Vattene!», gridavano. «Tu non sei come noi. Hai gusti troppo diversi. A noi piace giocare a scannarci l’un l’altro, però tutti insieme, fingendo di essere amici. Tu invece vuoi sempre fare giochi nuovi e non ti metti mai in fila». Per tutta risposta il bimbo si candidò capoclasse, chiedendo all’intero istituto di votare per lui. E forse sarebbe accaduto davvero, se una bambina vecchissima, la sindacalista della classe, non avesse bloccato le porte dell’aula all’ultimo momento. Il bimbo fu sconfitto, ma rimase seduto al suo posto, tranquillo. Beh, più o meno: usciva di continuo in corridoio a prendersi gli applausi delle altre sezioni. Ma poi tornava sempre nella sua.

Un giorno alcuni compagni riuscirono a farlo inciampare dalle scale. Con le ginocchia sbucciate, il bambino venne convocato in presidenza: «Ho deciso di spostarti in terza D», esordì severo il preside. «Lì tutti ti amano e ti eleggeranno primo della classe per acclamazione». Il bambino pestò i piedi. «Non voglio lasciare la mia aula, io sono un alunno della terza C!». «Ma quelli della C ti odiano!» disse l’anziano professore in tono ultimativo. Il bambino estrasse un sorriso duro: «E’ proprio per questo che mi piacciono. Vedrà, signor preside, io li cambierò». Il preside gli diede un buffetto. «Non ho ancora capito se mi fai tenerezza o paura. Comunque per oggi torna a posto, Matteo».
camillobenso
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La maionese impazzita chiamata Pd - 35

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Pd, Renzi: “Stufo di prendere schiaffi. Se hanno bisogno, mi chiamino”
Il sindaco di Firenze: "A Roma tagliano fuori i miei quasi da tutto, alla Camera fanno cinque vicepresidenti del gruppo Pd ma noi non ci siamo". Ed esclude per il momento un tandem con Barca: "L'ho visto una sola volta: mi trattò come un ragazzino"

di Redazione Il Fatto Quotidiano

| 12 aprile 2013Commenti (905)



“Mi sono stufato di prendere schiaffi in faccia tutti i giorni”. Matteo Renzi, in un’intervista sulla Stampa si sfoga parlando delle ruggini nel Partito democratico.



“Che diavolo ho fatto per meritare un trattamento così? Ho sfidato Bersani a viso aperto, e dopo le primarie ho fatto la campagna elettorale sostenendolo lealmente. Non mi sono messo di traverso mai, nè prima nè ora, anche se molte cose non mi convincono.


Ho detto solo: fate qualcosa, qualunque cosa, ma fatela in fretta. In risposta mi è arrivato sulla testa di tutto, compresa la mortificante vicenda del grande elettore…”.


L’esclusione dalle liste degli elettori del prossimo presidente della Repubblica brucia molto al sindaco di Firenze che aggiunge di essere “stufo dell’immagine che mi stanno cucendo addosso: uno che sta sempre lì a sgomitare, a chiedere e a protestare”. Si tratta dell’ennesimo sfogo dopo le frecciate reciproche in occasione dell’esclusione del sindaco di Firenze da coloro che eleggeranno il prossimo capo dello Stato e dopo l’incontro con D’Alema.

“Facciano quello che vogliono – afferma – io mi sono stancato. Vogliono mettere in campo Barca? Lo facciano. Vogliono puntare sulla Boldrini? Ci puntino. Io leggo i sondaggi su di me e sono contento, la gente continua ad avere fiducia. Che se la vedano loro: se hanno bisogno, se pensano di aver bisogno di me, mi chiamano”. Nel frattempo “me ne sto a Firenze e faccio il sindaco”.

Renzi è duro, chiarisce che la base gli sta facendo terra bruciata intorno, ponendo ostacoli non solo a lui, ma anche a chi gli è vicino.

“A Roma, tagliano fuori i miei quasi da tutto, alla Camera fanno cinque vicepresidenti del gruppo Pd ma noi non ci siamo”, afferma il sindaco. Infine sull’ipotesi di un tandem Barca-Renzi il sindaco risponde: “Ci conosciamo pochissimo. Una volta andai da lui ministro da pochissimo, a chiedere soldi per Firenze: disse che non ne aveva e mi trattò come fossi un ragazzino. E’ la cosa che meno sopporto: praticamente mi alzai e me ne andai”.

Ma c’è anche chi lo sostiene. Michele Salvati, direttore della rivista Il Mulino e ritenuto ideatore ante-litteram del partito democratico in un colloquio col Mattino elogia il sindaco di Firenze: “Nel caso si tornasse subito alle urne, Renzi a me pare il solo in grado di vincere e chiudere questa stagione evitando altri danni“.



Per Salvati il compromesso tra ex ds ed ex della Margherita ormai è “saltato” e lasciare fuori Renzi dai grandi elettori è “una storia ridicola” anche perché a Bersani “sarebbe bastata una telefonata per dire a uno dei suoi di farsi da parte”.


E la vicenda ora peserà sicuramente “sul voto per il successore di Napolitano, visto che la pattuglia renziana conta su cinquanta grandi elettori”.

Ed emergono ulteriori dettagli della vicenda delle “telefonate romane” sulla questione dei Grandi elettori. “Non sono abituato a raccontare balle. Io ho parlato con Bersani che ha detto ‘sono problemi vostri, risolveteveli”. A parlare è Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana. Quanto alla decisione del gruppo Pd che con 12 voti contro 10 ha deciso per la candidatura dello stesso Rossi e del presidente del Consiglio regionale Alberto Monaci, “occorreva chiedere con forza a me o a Monaci di stare a casa. E ciò non è stato fatto”.

Ma i bersaniani continuano a difendere il segretario del Pd. Alessandra Moretti, dai microfoni di Tgcom 24 attacca il sindaco di Firenze: “Sull’esclusione di Renzi non imputerei responsabilità a Bersani che ha cose importanti a cui pensare per il Paese. Un ruolo per Renzi? Il partito è pieno di prima donne.

Ci sono tante risorse con un approccio diverso, meno correntista e più coerente al progetto alto del Pd’’.


E relega la vicenda di Renzi a “questione regionale”, affermano di non temere la scissione nel partito.
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