Diario della caduta di un regime.

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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Re: Diario della caduta di un regime.

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NOI, NON ABBIAMO NESSUN MOSE’ CHE DEVE PORTARE FUORI DALLO STIVALONE GLI EBREI.

PERCHE’ DOBBIAMO SOPPORTARE LA PIAGA DELLE CAVALLETTE DEL TERZO MILLENNIO D.C.???????????????????????????????????????


PERCHE’ DOBBIAMO SOPPORTARE LA PIAGA DEI MATTEO????????????????



MATTEO ORFINI,

MATTEO RENZI,

MATTEO SALVINI
.




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Migranti, Salvini attacca le Ong
"Marina deve agire, arrestateli"

Luca Romano
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I VECCHIETTI COME ME SI RICORDERANNO:


https://www.bing.com/videos/search?q=no ... ORM=VRDGAR
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NON C’E’ PIU’ NIENTE DA FARE

MA E’ STATO BELLO SOGNARE




Se in libreria Feltrinelli, espongono in bella vista il libro di Piercamillo DAVIGO:

IL
SISTEMA
DELLA
CORRUZIONE


la tentazione è quella di acquistarlo.


Nella presentazione della copertina interna si legge:

Sono trascorsi venticinque anni dall'avvio
dell'inchiesta di mani pulite, e ancora oggi le
prime pagine dei giornali raccontano quoti-
dianamente di casi di corruzione che coin-
volgono i livelli più alti del mondo politico,
economico e finanziario italiano.
Non è cambiato nulla dal 1992? O sono cam-
biati solo gli attori, a fronte degli identici
meccanismi che regolano efficacemente il
malaffare?
Uno dei protagonisti della stagione di Tan-
gentopoli, al centro del dibattito giudiziario
e politico nel suo ruolo di presidente dell'As-
sociazione Nazionale Magistrati, offre una
chiara e lucida analisi del fenomeno trac-
ciando il quadro di un vero e proprio sistema
criminale, che non potrà mai essere sman-
tellato con le sole armi della giustizia penale.
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LA LOTTA POLITICA IN ITALIA
COSI' IL QUOTIDIANO DEGLI STRUMPTRUPPEN SI SBARAZZA DI DUE AVVERSARI





Metodo Di Maio: un dossier per fare arrestare Renzi

Il grillino s'improvvisa pm e fa un esposto in procura sul salvataggio dell'"Unità" con accuse gravissime


Simone Di Meo - Ven, 21/04/2017 - 08:15


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Sente l'odore del sangue, il più tranquillo dei grillini. E azzanna alla giugulare Matteo Renzi con una querela di una decina di pagine sui presunti appalti facili finiti all'imprenditore Massimo Pessina dopo l'acquisto e il salvataggio del quotidiano L'Unità.


I reati individuati da Luigi Di Maio nell'esposto sono istigazione alla corruzione, corruzione internazionale, induzione indebita, turbativa della libertà degli incanti e traffico di influenze illecite. Roba da una decina di anni di carcere.

Se ne occuperà la Procura di Napoli che su Renzi (Tiziano) aveva già iniziato a indagare nell'ambito dell'inchiesta che vede coinvolto anche l'immobiliarista Alfredo Romeo, poi trasferitasi con tanto di mistero per le intercettazioni manomesse dai carabinieri per competenza territoriale nella Capitale. Analoga segnalazione è stata inviata anche all'Anac di Raffaele Cantone per la verifica della correttezza delle modalità di affidamento delle commesse pubbliche al Gruppo Pessina.

La storia, di cui si sono occupati anche i quotidiani nelle scorse settimane e, in particolare, la trasmissione Report, è una spina nel fianco dei dem tant'è che l'ex premier ha più volte bollato come fake news queste ricostruzioni. «Credo che il Pd abbia già querelato - ha detto l'ultima volta che è stato costretto a commentare - Siamo alla follia. Queste cose meritano solo la firma di una querela».

La querela, per ora, l'ha fatta il vicepresidente della Camera affidandola al suo legale di fiducia, il penalista napoletano Maurizio Lojacono. La procedura prevede che l'esposto venga affidato a un pubblico ministero che avvierà le attività istruttorie preliminari e aprirà un fascicolo. Non è escluso che, trattandosi dell'ex capo del governo, del procedimento possa occuparsi direttamente un procuratore aggiunto sotto la supervisione del procuratore reggente e di quello che sarà nominato, nelle prossime settimane, dal Consiglio superiore della magistratura. Certo è che sul caso ci sarà il massimo dell'attenzione da parte dell'ufficio inquirente partenopeo per impedire qualsiasi tipo di strumentalizzazione politica (a favore o contro).

Ci sono indizi per un'attività investigativa che vada oltre le ipotesi dei cronisti? Secondo Di Maio c'è la necessità di un rigoroso accertamento. Lo spunto iniziale sono le critiche condizioni finanziarie in cui versa il gruppo Pessina prima di rilevare il giornale fondato da Antonio Gramsci. Il fatturato della holding, dal 2014, anno del passaggio della testata, esplode e nel giro di qualche anno, l'imprenditore Massimo Pessina mette in cassa appalti per 236 milioni di euro. Il Gruppo fa affari in Kazakistan attraverso l'Eni anche se il colosso energetico ha smentito partnership locali e prova a estendersi anche in Iran dove ottiene protocolli per lo sviluppo di 5 ospedali due in fase di avanzamento in project financing.

Un altro aspetto su cui potrebbe far leva l'indagine trae spunto proprio dal filone seguito, fino a qualche tempo fa dal pm Henry John Woodcock, sugli affari e gli agganci di Alfredo Romeo dalle parti del Nazareno. Carlo Russo, l'amico di babbo Renzi, viene intercettato dai militari del Noe, mentre suggerisce all'immobiliarista di Posillipo di fare un pensierino proprio sull'Unità. «Se lei riuscisse a fare l'operazione dice Russo a quel punto s'è fatto un amico per tutta la vita...». Chi era l'amico a cui si riferiva Russo? E perché Russo, che è molto vicino a Renzi senior, fa da advisor per l'acquisto di un quotidiano che, allo stato attuale, vende poco più di 7mila copie al giorno?
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Re: Diario della caduta di un regime.

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IL PUNTO DI VISTA DI MARCO DAMILANO



Scenari
L'ultima speranza dei partiti per salvarsi dal M5S: ricostruire il vecchio bipolarismo
I grillini sono da mesi in testa ai sondaggi. Centrosinistra e centrodestra hanno una sola strategia possibile per non perdere: ricompattarsi grazie a una legge elettorale che favorisca le coalizioni. Ma i problemi e le incognite non mancano
di Marco Damilano
21 aprile 2017

Silvio Berlusconi e Matteo Renzi Il sistema «sembra assoggettarsi senza resistenza a due spinte esattamente opposte, l’istinto di conservazione e un’oscura volontà di autoannientamento», lo scriveva Edmondo Berselli sul “Mulino”, era l’autunno del 1991 e quell’articolo si intitolava “L’ultima recita dei partiti”. Venne poi il 1992, nel Parlamento di oggi pochi ricordano quelle giornate in cui cominciò la legislatura numero undici, la più breve e drammatica della storia repubblicana: il voto del 5 aprile con il successo della Lega di Umberto Bossi e la maggioranza di pentapartito traballante, gli avvisi di garanzia dei pm di Milano agli ex sindaci di Milano socialisti e craxiani Carlo Tognoli e Paolo Pillitteri, le dimissioni anticipate di Francesco Cossiga dal Quirinale, il voto per il nuovo presidente della Repubblica segnato dalla strage di Capaci per assassinare Giovanni Falcone il 23 maggio, il leader designato per Palazzo Chigi Bettino Craxi costretto a rinunciare. In poche settimane l’inizio dell’inchiesta Mani Pulite e la fine di una classe dirigente.

Un quarto di secolo dopo la storia sembra ripetersi. Di nuovo gli interventi della magistratura sembrano dettare i tempi della politica: il pasticciaccio brutto dell’inchiesta Consip, con l’indagine della procura di Roma che si sposta sul capitano dei carabinieri del Noe Gianpaolo Scafarto, accusato di aver manipolato le prove contro Tiziano Renzi, la sentenza del tribunale civile di Genova che riscrive le regole del Movimento 5 Stelle e strappa a Beppe Grillo il potere di arbitrio assoluto nei confronti degli iscritti. Ma non è un ritorno di Tangentopoli, genere ormai asfittico, dopo venticinque anni di riforme dell’etica pubblica mancate e arresti per corruzione a ripetizione. Il 1992 si ripresenta attuale per ragioni tutte politiche: per la paralisi e il fatalismo con cui i partiti della maggioranza uscente si avviano alle elezioni, quando sarà il momento.

In una giornata qualsiasi di votazioni alla Camera, nel Transatlantico sempre più vuoto di notizie e di leader, può capitare di sentire discorsi sull’invincibilità del Movimento 5 Stelle e sull’inevitabile scenario spagnolo, la possibilità di più elezioni in un anno. «La partita si sposta al 2019, il voto del 2018 sarà a vuoto», prevede Pino Pisicchio, il veterano, era già alla seconda legislatura nel 1992, presidente del gruppo Misto, il quarto più numeroso dopo Pd, M5S e Forza Italia, il risultato dei tanti cambi di casacca.


Gli unici a pensarla diversamente - si aggirano con l’aura dei grandi favoriti - sono i deputati 5 Stelle. Alessandro Di Battista sembra più scaltro di Massimo D’Alema: «Se alle elezioni arriviamo primi, chiederemo l’incarico di formare il governo che spetta alla lista più votata, al partito di maggioranza relativa. Poi andremo di fronte alle Camere con un nostro governo e un programma in pochi punti. Il Parlamento dovrà decidere se farci andare avanti o no. E vediamo chi avrà il coraggio di dirci di no».

Il Movimento 5 Stelle, stabile nei sondaggi intorno al 30 per cento , è da mesi in testa alle preferenze degli elettori se si votasse per i partiti con un sistema proporzionale, com’era stato indicato per oltre un anno come sicuro vincitore del ballottaggio, nel secondo turno previsto dall’Italicum, prima che la Corte costituzionale lo eliminasse con la sentenza di incostituzionalità. Se si vota uno contro uno, il movimento di Grillo e di Davide Casaleggio sembra in grado di raccogliere consensi trasversali, a destra, a sinistra e al centro, come ha dimostrato Ilvo Diamanti (“Repubblica”, 10 aprile): il partito «piglia-tutti», il più capace di adattarsi alle diverse dinamiche elettorali. Tranne una, in effetti. Se tornassero le vecchie coalizioni che si scambiarono il potere negli anni della Seconda Repubblica, una legislatura a testa tra centrodestra e centrosinistra, lo spazio di manovra di M5S si ridurrebbe in modo consistente.

È questo il tallone di Achille del Movimento guidato da Grillo e Casaleggio. Il divieto di stringere alleanze con altri partiti di fronte agli elettori, previsto dalle regole, l’unico dogma delle origini finora sopravvissuto. Tutti gli altri (il divieto di andare in tv, la perdita della rappresentatività del Movimento in caso di indagine) sono via via caduti, resta la rivendicazione della purezza iniziale, nessun accordo è possibile, il Movimento corre sempre da solo.

È una forza perché nel supermarket delle sigle e dei simboli elettorali rende il M5S riconoscibile, con un’identità forte e non confusa con gli altri partiti. Ma è una debolezza sul piano numerico, qualora gli altri partiti decidessero di ritrovarsi insieme in coalizione.



Gli ultimi sondaggi danno i 5 Stelle al primo posto tra le liste: tra il 28 e il 31 per cento secondo Euromedia Research e Tecné, nonostante la rissa interna finita alle carte bollate a Genova e l’incapacità di costruzione di una nuova classe dirigente. Il Pd segue distanziato, tra il 25 e il 26 per cento. Il terzo partito, Forza Italia, è molto più giù, tra il 13 e il 14 per cento.

Se tornassero le coalizioni stile Ulivo o stile Casa delle libertà il gioco cambierebbe, però. Il centrosinistra unito, Pd più gli scissionisti di Mdp più il Campo progressista di Giuliano Pisapia, arriverebbe a superare il 31 per cento. Il centrodestra unito, Forza Italia più la Lega di Matteo Salvini più Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, sarebbe sopra il 32 per cento. Sul piano puramente aritmetico, M5S che nel voto di lista è primo, con le coalizioni arriverebbe terzo, sia pure di poco.

Sul piano politico l’effetto potrebbe essere ancora più significativo: ritornare al centrosinistra contro il centrodestra vecchio stile avrebbe l’effetto di ripristinare il sentimento di appartenenza di un pezzo di elettorato, il voto utile, il ritorno sulla scena delle categorie politiche del Novecento, destra contro sinistra. Mentre la proporzionale senza partiti che si sta preparando è un indistinto in cui ciascun partito si presenta sul mercato elettorale con l’ambizione di rappresentare tutti senza fare una scelta di generazione, di identità politica, classe sociale, territorio geografico: ancora una volta favorisce il Movimento 5 Stelle, il più attrezzato a contenere un elettorato che si sente tutto e il contrario di tutto, una galassia in espansione che raccoglie e assorbe tutto quello che trova.

Alle elezioni amministrative, dove c’è il doppio turno e l’elezione diretta del sindaco, gli schieramenti sono più facili da comporre, centrosinistra e centrodestra si presentano quasi ovunque uniti e il Movimento 5 Stelle fatica ad arrivare al ballottaggio, nonostante il consenso in molte città di un terzo o quasi dell’elettorato.

A Genova, la città più importante che va al voto di giugno, M5S è accreditato del 28 per cento, nonostante la dilaniante spaccatura interna , ma il centrosinistra che governa da sempre sotto la Lanterna è dato dai sondaggi sopra il 30 e il centrodestra del presidente ligure Giovanni Toti è dato più o meno alla pari. Nel 2015 il centrosinistra perse le elezioni regionali per la rottura tra il Pd e la sinistra guidata da Sergio Cofferati. Oggi l’ex segretario della Cgil, uscito dal Pd e tra i promotori di Sinistra italiana, lavora per una lista alla sinistra del Pd, ma gli scissionisti di Pier Luigi Bersani hanno già deciso di sostenere il candidato del Pd Gianni Crivello. Va così più o meno dappertutto: la scissione del Pd, lacerante sul piano nazionale, nelle città al voto è come se non fosse mai esistita. Troppo alto il rischio per gli scissionisti di finire sul banco degli accusati come responsabili della sconfitta e anche il Pd non ha nessuna voglia di perdere le città che governa. Allearsi diventa un imperativo.

Anche le elezioni di un anno fa confermano che centrosinistra e centrodestra uniti fanno risorgere l’antico bipolarismo e tolgono spazio al Movimento grillino. A Roma, dove gli schieramenti classici si sono presentati in ordine sparso, a destra la Lega con Giorgia Meloni e Forza Italia con Alfio Marchini, a sinistra il pd Roberto Giachetti separato da Stefano Fassina, ex pd poi in Sinistra italiana, M5S ha stravinto con Virginia Raggi. A Milano gli schieramenti classici ricomposti da Giuseppe Sala e da Stefano Parisi hanno condannato i 5 Stelle all’irrilevanza.

Perché, allora, Matteo Renzi si dimostra così riluttante a proporre una legge elettorale che consegni il premio di maggioranza alla coalizione che supera il 40 per cento (e non al partito, come oggi)? C’è chi giura che si tratti di una posizione soltanto tattica: dopo le primarie del 30 aprile e la sempre più probabile vittoria e la rielezione alla segreteria del Pd per Renzi cambierà tutto. E c’è chi pensa, invece, che Renzi non abbia nessuna voglia di spingere per un ritorno al passato delle coalizioni perché significherebbe dover arrivare a una trattativa con i fuoriusciti del Pd, scenario che l’ex premier considera come una condanna al patibolo, lui preferirebbe vederli eliminati dal Parlamento con il voto degli elettori.

Ma forse c’è una ragione più profonda che motiva Renzi a tenere duro sul voto per le liste e non per i partiti. «Nel gioco della proporzionale è il momento dei leader che sanno ricucire gli strappi, è l’ora dei federatori, è il momento dei Forlani», spiega Pisicchio che ai sistemi elettorali e alle loro «parole ipnotiche» (preferenze, collegi uninominali, premi di maggioranza, soglie di sbarramento) ha appena dedicato un agile manuale (“Come funzionano le leggi elettorali”).

Arnaldo Forlani, il Coniglio mannaro, come lo aveva ribattezzato Giampaolo Pansa, fu negli anni Ottanta il mediatore tra le diverse correnti della Dc e tra lo Scudocrociato e Bettino Craxi. Oggi potrebbe avvicinarsi a quelle caratteristiche il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, anche se, fa notare Pisicchio, «Forlani era il capo di una corrente, Gentiloni no. Ma di certo Renzi sa di non avere queste caratteristiche: per lui tornare a Palazzo Chigi sarà difficile, per questo per ora ha deciso di interpretare il ruolo del segretario che ha il pieno controllo del Pd e poi, dopo il voto, sedersi al tavolo per trattare con gli altri partiti».

I centristi ovunque dislocati puntano sul ritorno della coalizione nella legge elettorale: il partito di Angelino Alfano, potentissimo in questa legislatura a dispetto del peso elettorale, rischia di non rientrare in Parlamento se non trova un partner più grosso cui associarsi. «I partiti maggiori, Pd, M5S, destra unita fanno grosso modo trenta, trenta e trenta. Resta fuori il dieci per cento dell’elettorato, quello che fa vincere o perdere, noi dobbiamo rappresentarlo», dice il ministro degli Esteri ai suoi interlocutori. Le ricerche dei sondaggisti, però, lo danno lontanissimo da quell’obiettivo, intorno al 2 per cento. E il tentativo di aggregarsi in una coalizione diventa per i centristi una questione di sopravvivenza.

Lo stesso progetto potrebbe interessare Denis Verdini, ma anche Bersani e Massimo D’Alema a sinistra e Gianni Alemanno a destra. Anche se c’è chi pensa che la nuova alleanza potrebbe nascere dopo il voto: un tripartito Pd-Forza Italia-centristi. Soltanto la possibilità di evocare una formula che arriva dal passato remoto della Repubblica indica la situazione in cui il sistema politico si troverà dopo il voto, se non si cambia strada rapidamente.

Anche il ritorno delle coalizioni in un quadro proporzionale presenta numerose controindicazioni: rimette in gioco piccoli partiti, notabilati, leadership marginali. E il nuovo bipolarismo, se mai sarà approvata una legge elettorale in questa direzione dopo le primarie del Pd e il voto amministrativo, avrà in ogni caso caratteristiche diverse dal passato.

Non raccoglierà più la quasi totalità dell’elettorato, come successo nel 2006 o nel 2008, quando fuori dai due schieramenti non c’era nulla o quasi e chi provò a restare fuori dalle coalizioni principali non rientrò in Parlamento, come la Sinistra arcobaleno di Fausto Bertinotti, o a fatica, come l’Udc di Pier Ferdinando Casini.

Non c’è più la distinzione destra-sinistra e neppure il muro che ha separato negli anni della Seconda Repubblica i berlusconiani dagli anti-berlusconiani. I confini tra un campo e l’altro sono mobili e rendono difficile qualunque tentativo di costruire una solida maggioranza di governo.

Ma è anche l’unico modo che Renzi e Silvio Berlusconi hanno per ripristinare un principio d’ordine per il sistema politico che non sia la semplice resa. Arrendersi non tanto all’avvento del Movimento 5 Stelle, che ha bisogno del consenso degli elettori, quanto al revival della proporzionale che sta già condizionando le mosse di tutti i capipartito ben più della prospettiva di una vittoria di Grillo. Un cupio dissolvi, una volontà di autoannientamento, come nel 1992, un quarto di secolo fa.
© Riproduzione riservata 21 aprile 2017


http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... =HEF_RULLO
cielo 70
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da cielo 70 »

Potevano esserci il mattarellum o il sistema francese, che sono ragionevoli e non blindano il parlamento. Purtroppo i partiti vogliono la legge che conviene a loro.
UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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I SIGNORI DELLA TRUFFA





Berlusconi prosciolto: è finito nel nulla l'ennesimo processo
Prescrizione per la presunta compravendita di senatori. E sogna la "remuntada" elettorale


Fabrizio De Feo - Ven, 21/04/2017 - 08:17

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È un Silvio Berlusconi «modello '94» quello che si muove in queste ore sui dossier politici più caldi, dall'emergenza migranti, alle Amministrative, proprio mentre incassa buone notizie sul fronte dell'attacco giudiziario: finisce nel nulla il processo sulla cosiddetta compravendita dei senatori.


Berlusconi, infatti, è stato prosciolto per prescrizione nel processo d'Appello in corso a Napoli per il caso dei senatori usciti dalla maggioranza il cui cambio di casacca avrebbe portato alla caduta del governo Prodi nel 2008. Il procuratore generale aveva chiesto che fossero confermate le responsabilità di entrambi gli imputati e, contestualmente, la prescrizione dei reati. Il presidente della seconda sezione della Corte d'Appello, Mirra, assieme al giudice Rovida ha invece dichiarato il «non luogo a procedere per estinzione del reato per prescrizione».

«Berlusconi andava assolto» sottolineano i legali dell'ex premier, Niccolò Ghedini e Michele Cerabona sottolineando il principio dell'insindacabilità del voto dei parlamentari. «Le accuse di Sergio De Gregorio non sono credibili, lui ha cercato di compiacere i pm per ottenere benefici processuali ed evitare così l'arresto», spiegano. «Il passaggio di De Gregorio allo schieramento di centrodestra - dice Cerabona - fu dovuto alla impossibilità di convivenza con Di Pietro. De Gregorio ha più volte detto di avere da sempre simpatie politiche per Berlusconi tanto da affermare che nel centrodestra era la mia casa. Quell'accordo politico prescindeva da qualsiasi dazione di denaro».

Intanto il Cavaliere, durante il periodo di riposo in Provenza, ha fatto decine di telefonate per motivare i dirigenti, chiamando coordinatori regionali, parlamentari ed europarlamentari. Il tutto in vista della corsa verso le Amministrative, consultazioni in cui solitamente il centrodestra non offre il meglio di sé, ma per le quali si inizia ad annusare un'aria positiva. Il presidente di Forza Italia, ad esempio, nelle sue telefonate non ha nascosto la sua soddisfazione per l'accordo allargato raggiunto a Catanzaro, anche con Ncd, con la mediazione del senatore centrista Piero Aiello, sul nome del sindaco uscente Sergio D'Abramo.

Un'apertura ad alleanze con forze e soggetti ben radicati sui territori del Meridione che in qualche modo ricorda a Berlusconi la strategia del '94, quando ci si accordò al Nord con la Lega e con Alleanza Nazionale e Ccd al Centro-Sud, con il Polo delle Libertà e il Polo del Buon Governo. Questa volta gli accordi avvengono in maniera meno conflittuale. Si parte dal punto fermo dell'alleanza Forza Italia-Lega-Fratelli d'Italia e con il consenso dei tre partiti-cardine si va a cercare l'aggregazione con altre forze. Al Sud, in particolare, il dialogo con il centro cattolico è considerato centrale, anche in vista delle Politiche. E Berlusconi ha seguito in prima persona gli sviluppi e le trattative portate avanti da Sestino Giacomoni, Altero Matteoli e Gregorio Fontana con l'obiettivo di un centrodestra competitivo e allargato.
UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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Prescrizione
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La prescrizione è un istituto giuridico che concerne gli effetti giuridici del trascorrere del tempo. Ha valenza in campo sia civile sia penale.

Nel diritto civile indica quel fenomeno che porta all'estinzione di un diritto soggettivo non esercitato dal titolare per un periodo di tempo indicato dalla legge. La ratio della norma è individuabile nell'esigenza di certezza dei rapporti giuridici[1].

In diritto penale determina l'estinzione di un reato a seguito del trascorrere di un determinato periodo di tempo.

La ratio della norma è che, a distanza di molto tempo dal fatto, viene meno sia l'interesse dello Stato a punire la relativa condotta, sia la necessità di un processo di reinserimento sociale del reo.

La prescrizione è motivata dal diritto dell'imputato a un giusto processo in tempi ragionevoli (superati i quali il reato si estingue), dal fattore tempo che rende oggettivamente più difficile (ad esempio per l'inquinamento delle prove, la scomparsa o minore memoria e attendibilità dei testimoni) sia l'efficacia dell'azione penale sia l'esercizio del diritto di difesa, quanto più le indagini e il processo avvengono anni dopo il fatto oggetto di reato.

Altra considerazione è il contrasto di un termine di prescrizione dei reati col principio della certezza del diritto e della pena, che si realizza in primo luogo con la certezza prima che con l'intensità e l'estensione temporale (la durata e la "durezza") delle misure detentive. La certezza viene a mancare quando il reato non può più essere perseguito con una sentenza di condanna perché i termini di prescrizione scadono mentre i processi sono ancora in corso.
Questo accade ad esempio se la legge fissa i termini per la prescrizione di un reato inferiori alla durata media dei procedimenti per quel tipo di procedimento, tenendo conto solamente della possibilità di esercitare efficacemente il diritto difesa dopo un certo tempo dai fatti e del diritto dell'imputato a un giusto processo in tempi ragionevoli, e non anche dei tempi effettivi di funzionamento della giustizia penale.
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Re: Diario della caduta di un regime.

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Sentenza di proscioglimento
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

l termine proscioglimento indica, nel diritto processuale penale italiano, la sentenza di non doversi procedere o la sentenza di assoluzione nei confronti dell'imputato.
La sentenza di proscioglimento è emessa al termine del dibattimento; in casi particolari, può essere emessa immediatamente dopo la chiusura delle indagini preliminari, prima del dibattimento (cosiddetta sentenza anticipata di proscioglimento).
Indice [nascondi]
1 Sentenza di non doversi procedere (art. 529)
2 Sentenza di assoluzione (art. 530)
3 Particolarità
3.1 Dichiarazione di estinzione del reato (art. 531)
3.2 Provvedimenti sulle misure cautelari personali (art. 532)
3.3 Obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità (art. 129)
3.4 Proscioglimento prima del dibattimento (art. 469)
4 Note
Sentenza di non doversi procedere (art. 529)[modifica | modifica wikitesto]
Il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere, indicandone la causa nel dispositivo, se l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita. Il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere anche quando la prova dell'esistenza di una condizione di procedibilità è insufficiente o contraddittoria.

Sentenza di assoluzione (art. 530)[modifica | modifica wikitesto]
Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione, indicandone la causa nel dispositivo:
se il fatto non sussiste;
se l'imputato non lo ha commesso;
se il fatto non costituisce reato;
se il fatto non è previsto dalla legge come reato;
se il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un'altra ragione.
Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l'imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile.
Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione se vi è la prova che il fatto è stato commesso in presenza di una causa di giustificazione o di una causa personale di non punibilità, oppure vi è dubbio sull'esistenza delle stesse.
Con la sentenza di assoluzione il giudice applica, nei casi previsti dalla legge, le misure di sicurezza.
Particolarità[modifica | modifica wikitesto]

Dichiarazione di estinzione del reato (art. 531)[modifica | modifica wikitesto]
Il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere, enunciandone la causa nel dispositivo, anche quando il reato è estinto, o vi è dubbio sull' esistenza di una causa di estinzione del reato.
Quando ricorre una causa di estinzione del reato, ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione con la formula prescritta (se ciò avviene in udienza preliminare, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere con la formula prescritta).

Provvedimenti sulle misure cautelari personali (art. 532)[modifica | modifica wikitesto]
Con la sentenza di proscioglimento, il giudice ordina la liberazione dell'imputato in stato di custodia cautelare e dichiara la cessazione delle altre misure cautelari personali eventualmente disposte. La stessa disposizione si applica nel caso di sentenza di condanna che concede la sospensione condizionale della pena.

Obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità (art. 129)[modifica | modifica wikitesto]
Quando ricorre una causa di estinzione del reato ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta.
Proscioglimento prima del dibattimento (art. 469)[modifica | modifica wikitesto]
Se l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, oppure se il reato è estinto e se per accertarlo non è necessario procedere al dibattimento, il giudice, in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero e l'imputato e se questi non si oppongono, pronuncia sentenza inappellabile di non doversi procedere, enunciandone la causa nel dispositivo.
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Re: Diario della caduta di un regime.

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Berlusconi condannato per i 3 milioni di euro a Sergio De Gregorio ...
espresso.repubblica.it/.../tre-milioni-di-euro-a-de-gregorio-berlusconi-condannato-per...
09 lug 2015 - Il tribunale di Napoli gli ha inflitto tre anni in primo grado per aver comprato senatori tra il 2006 e il 2008, con l'obiettivo di far cadere il governo ...

Procedimenti giudiziari a carico di Silvio Berlusconi - Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Procedime ... Berlusconi
Passa a Corruzione del senatore De Gregorio - Nel febbraio 2013 Silvio Berlusconi viene indagato ... Per il senatore De Gregorio invece il processo è già ...
‎Elenco riassuntivo · ‎Dettagli sui procedimenti · ‎Opinioni · ‎Note

Compravendita senatori per far cadere il governo Prodi: Berlusconi ...
http://www.ilfattoquotidiano.it › Giustizia & Impunità
2 giorni fa - Nel processo c'era un reo confesso, l'ex senatore dell'Idv (poi passato a Forza Italia) De Gregorio che ha patteggiato in udienza preliminare.

Compravendita senatori, pg Napoli: "Berlusconi responsabile, ma è ...
http://www.ilfattoquotidiano.it › Giustizia & Impunità
20 set 2016 - In primo grado Berlusconi e Lavitola furono condannati a tre anni per ... Per il Tribunale, riguardo de Gregorio, il reato non consisteva nell'aver ...

Compravendita senatori, prescrizione per Berlusconi - Il Sole 24 ORE
http://www.ilsole24ore.com/.../comprave ... usconi--16...
2 giorni fa - Compravendita senatori, Berlusconi condannato a tre anni per ... veritiere le dichiarazioni di accusa fatte dall'ex senatore Sergio De Gregorio.

Sergio De Gregorio - Ultime notizie su Sergio De Gregorio - Argomenti ...
argomenti.ilsole24ore.com/sergio-de-gregorio.html

De Gregorio: Berlusconi come Schettino. Quando ... sulla compravendita di parlamentari nella penultima legislatura, nuovissima appendice del procedimento.
Le ombre sul processo De Gregorio aiutano Berlusconi - Linkiesta.it
http://www.linkiesta.it/it/article/2013 ... oni/26453/
24 ott 2013 - C'è un motivo se Silvio Berlusconi non ha commentato ufficialmente il rinvio a giudizio per corruzione nel processo per la compravendita di ...

“Berlusconi comprò la libertà del senatore De Gregorio” - La Stampa
http://www.lastampa.it/2015/10/07/itali ... agina.html
07 ott 2015 - Scrivono i giudici: «Silvio Berlusconi vanta delle risorse economiche ingentissime, in relazione alle quali, insomma, tre o anche cinque milioni ..
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