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Forum per un "Congresso della Sinistra" ... sempre aperto • Diario della caduta di un regime. - Pagina 196
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Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 25/04/2017, 6:40
da UncleTom
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Si manifesta a livello locale, «con sindaci che, da garanti dei diritti di una comunità, ne diventano gli sceriffi addetti al controllo sociale delle fasce di popolazione “indecorose”», ma anche sul piano nazionale, «con l’accentramento dei poteri sui governi, invece che sulle assemblee elettive: era questo il disegno “costituzionale” di Renzi, seppellito da una valanga di “No”».


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BOIA D'UN MONDO, MA E' POSSIBILE CHE DEGLI IMBECILLI TOTALI DI PIDOCCHI(EX PIDDINI) SOSTENGANO ANCORA QUESTO BANDITO NEMICO DELLA DEMOCRAZIA, CHE PER IL POTERE VENDEREBBE SUA MADRE????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????

Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 25/04/2017, 12:12
da UncleTom
IL CORRIERE DELLA SERA SPIEGA PERCHE' IL PREFETTO DI MILANO HA VIETATO LA MANIFESTAZIONE AL CAMPO X, DI MUSOCCO.




La festa della liberazione

25 Aprile, Campo X blindato
Antifascisti, sfida a CasaPound


Al «Campo 64» del Cimitero Maggiore commemorati i caduti partigiani, al «Campo X» c’è il rischio di irruzione dei militanti di CasaPound, la cui manifestazione, annunciata nei giorni scorsi, è stata vietata dal prefetto. Massiccia presenza delle forze di polizia

di Paola D’Amico


Inizia fin dalla prima mattina il 25 Aprile di tensioni al Cimitero Maggiore Musocco , presidiato più che mai. Un migliaio di persone aderisce alla manifestazione «Porta un fiore al Partigiano», organizzata come ogni anno dall’Associazione nazionale partigiani (Anpi) e dai partiti di sinistra al campo 64 dove riposano i milanesi che hanno partecipato alla resistenza. Partecipazione massiccia anche di tutte le organizzazioni antifasciste e di rappresentanti dei centri sociali. Bandiere, striscioni e slogan «Qui è sempre resistenza», «Siamo qui per ricordare e non dimenticare, difendere solo con la nostra presenza i valori della libertà», «Ci vorrebbe un 25 Aprile tutti i giorni per capire cos’è la libertà vera».

In contemporanea, nello stesso cimitero, ma al Campo X dove sono sepolti i caduti della Repubblica di Salò, c’è il rischio di un’irruzione di CasaPound. La zona è presidiata da decine di agenti di polizia e Digos. Qui lo scorso anno fu organizzata una manifestazione connotata dal saluto romano che portò alla denuncia di quattro persone. Così adesso il prefetto Luciana Lamorgese ha vietato qualsiasi assembramento e corteo. Ma CasaPound sembra intenzionata a non voler rispettare il divieto. Non è escluso che l’ingresso dei militanti di estrema destra avvenga da un ingresso secondario del cimitero nella tarda mattinata. Al Campo X intanto i familiari dei caduti della Repubblica di Salò commemorano i loro morti e ricordano il sindaco gabriele Albertini che qui venne e tentò la riappacificazione.


Momenti di tensione in tarda mattinata intorno al Campo X. Alcuni militanti di sinistra e dei centri sociali, in tutto una decina, si sono avvicinati al campo. Essendo stati allontanati da chi, fra i militanti di destra si era radunato intorno alle tombe dei caduti della Repubblica Sociale, hanno fatto partire un coro: «Ora e sempre Resistenza». Tra parolacce e insulti reciproci un militante di destra ha anche gridato «Fascista sempre» facendo un saluto romano. Il momento di tensione è stato interrotto da un breve cordone della polizia che ha diviso i due fronti. Quindi i militanti di sinistra hanno indietreggiato, disperdendosi.


Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, a margine della deposizione delle corone a Palazzo Marino davanti alla lapide con la motivazione della medaglia d’oro al valor militare alla città di Milano, auspica: «Speriamo sia un 25 Aprile pacifico e tranquillo. Un’occasione pacifica ma anche di riflessione». «La memoria è importante — dice Sala — ma deve servirci anche per riflettere sul nostro presente e sul futuro. Sulle sfide che dobbiamo affrontare oggi, come quella dell’immigrazione». Anche per questo è previsto che dal palco, oltre ai rappresentanti delle istituzioni, intervenga un migrante. A Milano il sindaco nel pomeriggio porterà un saluto alla Brigata Ebraica, insieme al presidente dell’Anpi di Milano, Roberto Cenati.

Momento di tensione, subito rientrata, nel quartiere periferico di Stadera, dove si trova un Sacrario dei caduti partigiani. Una decina di militanti di sinistra, sfilando in via Palmieri per deporre fiori davanti al Sacrario, sono transitati davanti a una sede di Forza Nuova su cui era stato affisso uno striscione contro i partigiani. Uno dei militanti lo ha rimosso, ma per farlo si è scontrato con un esponente di Forza Nuova, che rivendicava il suo diritto di esporlo. La situazione è ritornata alla calma nel giro di pochi minuti, ancor prima che la polizia dovesse intervenire


25 aprile 2017 | 10:59

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 25/04/2017, 12:16
da UncleTom
I CAMERATI DI "LIBERO" NON SPIEGANO PERCHE' IL PREFETTO DI MILANO HA VIETATO LA MANIFESTAZIONE


Nel giorno della Liberazione si celebra solo la discordia
Le Comunità ebraiche disertano i cortei dell'Anpi Vietate le cerimonie in ricordo dei caduti di Salò
Francesca Angeli - Mar, 25/04/2017 - 10:56
commenta
Roma - La Festa della Discordia. Il 25 aprile è storicamente diventato il contrario di quello che avrebbe dovuto essere ovvero una celebrazione aggregante per trasformarsi invece in un'occasione di conflitto, di scambio di reciproche accuse e di ripescaggio di vecchi rancori mai davvero sopiti.

Molto spesso è stato anche lo strumento per colpire il nemico di turno, il capro espiatorio sul quale riversare la responsabilità delle avversità contingenti. Anche quest'anno l'alba del 25 aprile si presenta così. Segnata dalle divisioni come sempre ma anche da toni particolarmente aspri nella capitale preceduta dalla bufera di polemiche che hanno travolto l'Anpi di Roma perché al corteo che oggi celebrerà il 72° della Liberazione dal nazifascismo prenderanno parte anche rappresentanti della comunità palestinese con il risultato che la presidente della Comunità Ebraica Ruth Dureghello ha deciso che non parteciperanno al corteo ed ha attaccato l'Anpi. «Come italiana e come romana non mi sento più rappresentata dall'Anpi - ha detto la Dureghello - perché nega l'importanza del contributo degli ebrei romani e della Brigata ebraica alla lotta di liberazione dal nazifascismo». A nulla sono valsi gli appelli all'unità lanciati nei giorni scorsi dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, ed infatti oggi nella capitale ci saranno due distinte manifestazioni che costringeranno la sindaca di Roma Virginia Raggi a fare la spola tra i due eventi.
A Milano dove ogni anno i rappresentanti della Comunità Ebraica vengono puntualmente e insultati dalle associazioni filopalestinesi quest'anno si guarda con particolare preoccupazione alla presenza del gruppo Bds (Boicottaggio disinvestimento sanzioni) Italia schierato «contro le politiche di colonizzazione, occupazione e apartheid portate avanti da Israele».
Per la prima volta non ci sarà la celebrazione in ricordo dei caduti della X Mas al campo Dieci del Cimitero Maggiore dove sono sepolti i caduti della Repubblica di Salò e i volontari italiani delle Ss. Per volontà del sindaco, Giuseppe Sala, che ha chiesto l'intervento del prefetto sono state proibite cerimonie ufficiali all'interno del cimitero. Per scelta del primo cittadino non sarà quindi possibile riproporre l' usanza di deporre una corona di fiori ai caduti.
Identico copione per il sindaco di Monza, Roberto Scanagatti, che ha chiesto l'intervento del prefetto di Monza e Brianza, Giovanna Vilasi, chiedendole di «vietare la parata delle organizzazioni neofasciste anche a Monza» dove « forze di stampo neofascista organizzano una parata all'interno del cimitero nella giornata del 25 aprile, che si conclude con l'esibizione di bandiere e simboli della Repubblica di Salò». Visto il divieto di Milano il sindaco di Monza chiede che «analogo provvedimento venga assunto anche a Monza, in quanto non si giustificherebbe un diverso comportamento».

Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 25/04/2017, 22:35
da UncleTom
LA DEMOCRAZIA CRISTIANA TIRA LE QUOIA NEL 1994.

CON IL SUO FALLIMENTO SI CHIUDE LA PRIMA REPUBBLICA.

MA NON C’E’ PARAGONE CON LA CLASSE POLITICA ATTUALE.

LA PEGGIORE DEMOCRAZIA CRISTIANA DI SEMPRE, RISULTERA’ COME STANDFORD, HARWARD, HOXFORD, CAMBRIDGE, RISPETTO ALLA CLASSE POLITICA ATTUALE, SUPERSTRAFALLITA.


NON C’E’ PIU’ NIENTE DA FARE,

E’ STATO BELLO SOGNARE,


CANTAVA UN TEMPO BOBBY SOLO.

ADESSO NON C’E’ PIU’ NIENTE DA SOGNARE.

LA REPUBBLICA DELLE BANANE DELLO STIVALONE E’ FALLITA.

Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 26/04/2017, 10:43
da UncleTom
VOCI NELLA NEBBIA

Titolo di prima pagina di “Libero” di oggi 26 aprile 2017


Renzi sogna di abbracciare Berlusconi
Miraggio grande coalizione
• Libero
• 26 Apr 2017
• di PAOLO EMILIO RUSSO

[LaPresse]L’ex premier Matteo Renzi. «Vince chi è in grado di rinnovarsi e soprattutto si vince al centro», ha detto in un’intervista
Per molti mesi ha negato che la prospettiva fosse quella di un’alleanza post voto tra il Pd e Forza Italia. Ora, dopo che il suo partito ha cominciato a crollare nei sondaggi e Fi risale - seppur lentamente, troppo per pensare di poter vincere Matteo Renzi ammette: «Accordarsi con Silvio Berlusconi? Non c’è niente di fatale, ma certo, se resta il proporzionale e non ci sarà un vincitore chiaro, sarà il Parlamento a decidere...». La non-smentita era contenuta in una intervista che l’ex premier, che domenica sarà confermato alla guida del Pd con le primarie, ha rilasciato al direttore del Qn, Andrea Cangini. La colpa di quest’abbraccio innaturale? «È di quelle forze e di quei leader politici che fingevano di non sapere che la sconfitta del referendum avrebbe portato il caos», accusa.
Renzi non sembra volersi arrendere alla non-autosufficienza del suo Pd, però. Anche alla luce dell’inatteso risultato del primo turno delle elezioni francesi, che hanno visto i socialisti pagare pesantemente il governo degli ultimi cinque anni e il trionfo del candidato centristra Emmanuel Macron, l’ex premier avverte: «Vince chi è in grado di rinnovarsi e soprattutto si vince al centro». Già, ma lo “sfondamento” al centro del Pd non è mai riuscito e quell’area politica è sì affollatissima, ma di sigle con un consenso basso. Col sistema elettorale in vigore ciascun partito “riceverà” una percentuale di seggi alla Camera e al Senato quasi uguale a quella nelle urne: per creare una coalizione di governo, dunque, sarà necessario che la somma dei partiti che compongono la maggioranza superi quota 50%.
Qui iniziano i problemi. Perché se Silvio Berlusconi ha sempre detto che, su un programma chiaro, «per fare cose utili al Paese», il suo partito, Forza Italia, «è disponibile a dare una mano», può essere che la somma tra Pd e Fi non sia sufficiente per costruire una maggioranza. La media ponderata dei sondaggi realizzati dagli otto istituti italiani a inizio aprile dà il Pd tra il 25 e il 28,1%.
Si tratta di un risultato superiore a quello raggiunto dai due candidati alle presidenziali francesi che accederanno al ballottaggio, ma insufficiente per tutto. Forza Italia è quotata - sempre in media ponderata ad una percentuale compresa tra l’11,9 e il 14%. Anche in caso di appello al “voto utile” e considerata anche la - già speriementata - capacità del Cavaliere di rimontare punti negli ultimi giorni, difficilmente i due partiti potranno superare insieme il 45%. C’è un’altra questione che riguarda l’assetto interno al centrodestra. L’attuale sistema
elettorale premia il primo partito e, pertanto, c’è chi come Giorgia Meloni - sembra disponibile all’idea di costruire un “listone” con dentro il suo partito, Forza Italia e la Lega, se quella dovesse essere l’unica possibilità di raggiungere la soglia del premio di maggioranza fissata al 40% e vincere. La fusione, però, non conviene dal punto di vista elettorale: quello che la coalizione guadagna col simbolo unitario al Nord, lo perde al Sud, dove la Lega continua a non piacere.
Secondo il Corriere, Lega e Fdi in corsa solitaria raggiungerebbero insieme il 17,5%, in una lista unitaria il 19. Fi e Fdi
separati toccherebbero il 16,5%, in una lista unitaria il 16,9, ma Forza Italia, Lega e Fdi separati attirerebbero il 29,4% dei voti mentre una lista unica si fermerebbe al 23,4%, ben 6 punti più indietro.
Il listone oltretutto, impedirebbe agli azzurri di andare in soccorso al Pd in caso di empasse, cosa che Lega e Fdi non saranno mai disposti a fare. Ci sono ancora molte variabili, ma una cosa è certa: il Movimento 5 stelle è quotato tra il 27 e 31,5% e, pertanto, l’unica maggioranza larga possibile in Parlamento è quella composta insieme da grillini e democratici.

Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 27/04/2017, 21:23
da UncleTom
In un Paese completamente fallito, il livello della lotta politica non può che essere questo.

Dal sito in rete degli STRUMPTRUPPEN:

Sinistra in tilt su Alitalia

Il governo chiude all'intervento per un salvataggio con soldi pubblici. Renzi non ci sta: "C'è condizione per soluzione"
di Luca Romano
27 minuti fa
2


Come ha anche scritto nel pomeriggio, lucfig, in altro 3D:

Ormai Renzi l'ha detto in tutti i modi: il PD è di destra


http://forumisti.mondoforum.com/viewtop ... 938#p49938


Ma gli STRUMPTRUPPEN che hanno bisogno di sventolare un drappo rosso davanti agli occhi dei camerati, insistono nel far passare per sinistra il PD renziano.

In tutti i conflitti c’è sempre un nemico.

E se non c’è, bisogna inventarlo. Altrimenti che guerra è?????????

Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 27/04/2017, 21:45
da UncleTom
Preso atto che chi non vuole che questo post venga pubblicato, andate a leggere direttamente di che si tratta

https://www.ibs.it/italia-non-c-piu-com ... 8817093682

Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 27/04/2017, 22:02
da UncleTom
Giampaolo Pansa è un personaggio con cui sono obbligato ad usare le pinze.

Su Wikipedia ad un certo punto della sua Carriera giornalistica, possiamo leggere:



Nella carriera di Pansa hanno avuto un ruolo preponderante i giornali del Gruppo L'Espresso (la Repubblica e L'Espresso), con i quali Pansa ha collaborato ininterrottamente dal 1977 al 2008. Negli anni della sua collaborazione alla Repubblica, Pansa è stato tra i rappresentanti della linea editoriale vicina alla sinistra di opposizione, senza risparmiare critiche anche al Partito Comunista Italiano.
Sono note inoltre alcune sarcastiche definizioni che Pansa ha dedicato a politici italiani, come quella di "Parolaio rosso", per Fausto Bertinotti o quella di "Dalemoni", allusiva al cosiddetto "inciucio" tra Massimo D'Alema e Silvio Berlusconi ai tempi della Bicamerale. Pansa non fu tenero neanche con i colleghi giornalisti: nel 1980 scrisse su la Repubblica un articolo intitolato «Il giornalista dimezzato», in cui stigmatizzava il comportamento, da lui giudicato ipocrita, dei colleghi che, a suo dire: "cedeva[no] metà della propria professionalità al partito, all'ideologia che gli era cara e che voleva[no] comunque servire anche facendo il [proprio] mestiere"[5].

Il 1º ottobre 2008, trovandosi in contrasto con la linea editoriale, lasciò il Gruppo Editoriale L'Espresso[6]. Da allora ha scritto sui seguenti giornali:
ottobre 2008-dicembre 2010: Il Riformista (direttore: Antonio Polito);
settembre 2009-luglio 2016[7]: Libero, dove nel gennaio 2011 ha portato il «Bestiario» (direttore: Maurizio Belpietro (2009-2016), Vittorio Feltri (2016-in carica);
settembre 2016: La Verità (il nuovo quotidiano fondato da Belpietro).



Come si può vedere, ha dimostrato di avere un carattere troppo umorale.

Ma in fondo in fondo è solo il classico italiano, prima schierato da una parte e poi dall'altra.

E questo non mi piace affatto nelle caratteristiche di un uomo.

Purtroppo, questa volta, nella descrizione del suo ultimo libro ci sono cose che condivido.

Ripeto, purtroppo.

Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 27/04/2017, 22:12
da UncleTom
CHE "L'ITALIA NON C'E' PIU'" CE LO DIMOSTRA ANCHE L'ARTICOLO DELL'ESPRESSO IN RETE.


L'inchiesta

Antimafia, Giovanardi furioso: «Il prefetto è un coniglio, chiederò la sua testa»

Minacce, pressioni e segreti. La strategia dell'ex ministro di Berlusconi per aiutare l'azienda legata alla 'ndrangheta emiliana. Ecco le carte dell'inchiesta di Bologna sul parlamentare modenese. Entro 10 giorni il giudice si pronuncerà sull'utilizzo delle intercettazioni in cui c'è la voce del parlamentare

di Giovanni Tizian
27 aprile 2017


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Antimafia, Giovanardi furioso: «Il prefetto è un coniglio, chiederò la sua testa»
Quel prefetto è «un coniglio». E ancora: «Quando vado a Roma chiedo la sua testa». Il copyright è del senatore Carlo Giovanardi, un «martello pneumatico» (lo definisce uno degli indagati) che non si ferma davanti a niente. Sul ruolo del parlamentare di “Idea”, indagato insieme ad altre 11 persone dall'antimafia di Bologna , emergono ulteriori particolari. Dettagli che rischiano di mettere in serio imbarazzo il senatore che peraltro siede in commissione antimafia. Il parlamentare è sotto inchiesta per rivelazione di segreto e minaccia a corpo amministrativo dello Stato. Con un'aggravante molto seria: aver agevolato l'organizzazione mafiosa, cioè la 'ndrangheta, che grazie alla società Bianchini era entrata nel giro giusto degli appalti. Una società, la Bianchini, che gli inquirenti ritengono a disposizione dei clan. I titolari infatti sono imputati per concorso esterno in associazione mafiosa a Reggio Emilia insieme al gotha emiliano della mafia calabrese.


Per sette mesi, è l'ipotesi degli inquirenti, l'ex ministro del governo Berlusconi ha esercitato «pressioni e minacce» su prefetti, ufficiali dell'Arma, poliziotti e funzionari. Una frenetica attività di pressing a tutto campo mirata a salvare due imprenditori modenesi che da circa un anno sono alla sbarra in un processo di 'ndrangheta con centinaia di imputati. Ma non solo. Agli imprenditori avrebbe anche rivelato notizie riservate apprese direttamente dal palazzo della prefettura.

L'atto d'accusa della procura antimafia è un lungo elenco di date, riunioni, colloqui registrati. Fatti che riconducono l'attività dell'ex ministro, fino al 2011 anche sottosegretario alla presidenza del Consiglio, in un recinto ben preciso: ha agito, sostengono i pm, «in assenza di qualsiasi connessione, se non strumentale, con qualsivoglia attività parlamentare».

Una valutazione che sconfessa così la tesi difensiva di Giovanardi, il quale ha sempre sostenuto che ciò che ha fatto rientrava tra le sue prerogative di parlamentare. Tra gli indagati, oltre al senatore, ci sono altre 11 persone, tra questi c'è il capo di gabinetto della prefettura di Modena, Mario Ventura, e i titolari dell'impresa Bianchini, Augusto e Alessandro Bianchini e Bruna Braga.

C'è, tuttavia, una data che rappresenta uno spartiacque. Si tratta del 18 ottobre 2014. È il giorno in cui nell'ufficio del politico, a Modena, si è tenuto uno degli incontri riservati tra Giovanardi e la famiglia Bianchini. In questa occasione gli imprenditori, che hanno il vizietto di registrare gli incontri a cui vanno, ammettono davanti al parlamentare di aver sgarrato più di una volta. Dove per sgarrare intendono rapporti commerciali e fatture false con pezzi grossi della 'ndrangheta oltre che l'assunzione di operai tramite un boss calabrese.

Da quel 18 ottobre Giovanardi è dunque, così sostengono i pm Beatrice Ronchi e Marco Mescolini, consapevole delle relazioni pericolose degli imprenditori modenesi. Eppure prosegue nella sua crociata per salvare l'azienda dai provvedimenti della prefettura di Modena, istituzione che aveva escluso la Bianchini costruzioni dalle “white list”, gli elenchi prefettizi delle aziende “pulite” . Solo le imprese iscritte a tali liste possono lavorare nei cantieri pubblici della ricostruzione post terremoto.

È nella stessa riunione del 18 ottobre che Giovanardi definisce l'allora prefetto di Modena, Michele Di Bari, da un anno a Reggio Calabria, un «coniglio che pensa solo a non fare cose che lui ritiene controproducenti per sé stesso», colpevole, secondo il politico, di non intervenire in favore dell'impresa a cui il senatore tiene tantissimo. Il prefetto Di Bari è una delle vittime del senatore, che sul rappresentante del governo - si legge nei documenti dell'accusa - «usava pressioni e anche dirette minacce aggredendolo verbalmente in numerose occasioni per ottenere la mutazione dei provvedimenti adottati nei confronti della Bianchini costruzioni». La tensione con Di Bari aveva raggiunto livelli altissimi, tanto che quel 18 ottobre davanti ai Bianchini, Giovanardi arriva a dire: «Quando vado a Roma, magari chiedo la testa del prefetto eh! Se il prefetto non sa fare il suo mestiere vada a casa».

Tra i nemici giurati del senatore c'erano soprattutto i carabinieri di Modena. Additati come i veri responsabili della drammatica situazione patita dai Bianchini. Ritenuti più colpevoli di altri del “danno” provocato all'impresa emiliana. Per questo motivo Giovanardi ottiene un incontro anche con due ufficiali. All'appuntamento in un luogo pubblico si recano l'allora comandante provinciale di Modena, il colonnello Stefano Savo, e Domenico Cristaldi, capo del nucleo investigativo.

I due vanno all'appuntamento in divisa affinché non si crei alcun tipo di equivoco. Ma pure in questa occasione l'ex ministro sfoga tutto il suo disappunto: « Il Senatore ha detto espressamente che qualcuno avrebbe dovuto rispondere dei danni derivanti da questi interventi facendo il parallelo con la responsabilità dei magistrati e dicendo che era sua intenzione presentare degli esposti su questa vicenda. Ho avuto la percezioni che volesse riferirirsi al mio comando e alla mia persona», ha spiegato ai magistrati il colonnello Savo quando è stato sentito come testimone.

Agli atti anche la testimonianza del secondo militare: «Voglio sottolineare che il senatore ha tenuto un comportamento estremamente deciso e perentorio, spesso non permettendo al comandante provinciale di concludere i propri interventi e proseguendo nelle sue valutazioni in modo incalzante. Peraltro sia io che il colonnello Savo eravamo in divisa, in un esercizio pubblico e il senatore utilizzava un tono di voce non certamente basso».

Tutto legittimo, sostiene Giovanardi. Convinto di avere agito con strumenti parlamentari, è la difesa che porterà in aula. Tuttavia, c'è una grande differenza tra il presentare un'interrogazione in Senato e minacciare con il trasferimento o la denuncia uomini delle istituzioni. Grandi manovre per salvare una sola azienda. La Bianchini Costruzioni, che fino a quattro anni faceva incetta di appalti in giro: aveva ottenuto anche un appalto nell'ambito di Expo 2015 ed è stata molto presente nella prima fase della ricostruzione post terremoto.

Poi a giugno 2013 inizia l'incubo: la società di costruzioni viene colpita dal provvedimento del prefetto. Due anni dopo i titolari verranno arrestati nella retata anti 'ndrangheta denominata Aemilia. Quando i Bianchini ricevono la notifica dell'esclusione dalle “White list”, si rivolgono immediatamente al parlamentare modenese. Il metodo usato è stato avvicinare uomini delle istituzioni, sfruttando anche il ruolo politico ricoperto, per caldeggiare il reintegro dei Bianchini nelle white list. Un pressing, dicono i pm, che si è trasformato in una forma di minaccia verso servitori dello Stato chiamati in Emilia proprio per combattere la mafia.

Agli atti dell'inchiesta sono allegate anche quattro intercettazioni, in cui c'è la voce del senatore, e numerosi tabulati telefonici, sempre relativi ai contatti del politico con gli altri indagati. Sono tutti dati ottenuti in maniera casuale dai pm, che incrociano la strada di Giovanardi seguendo gli imprenditori amici dei boss. Trattandosi però di un parlamentare, per utilizzare tutto questo materiale investigativo è necessaria l'autorizzazione della Camera di appartenenza. Sarebbe stato sufficiente trasmetterle alla giunta per le autorizzazioni del Senato. Ma per una maggiore garanzia dell'indagato la procura ha preferito passare dal giudice delle indagini preliminari. Che entro dieci giorni deciderà: se le intercettazioni sono rilevanti, allora, le invierà alla giunta per le autorizzazioni del Senato, altrimenti verranno distrutte. Discorso a parte per le registrazioni fatte dagli imprenditori durante le riunioni. Quelle frasi rubate, a partire da «il prefetto è un coniglio», sono già utilizzabili senza passare da alcun filtro del Parlamento.


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Bianchini costruzioni

© Riproduzione riservata 27 aprile 2017


http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... =HEF_RULLO

Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 29/04/2017, 9:05
da UncleTom
Che strano articolo. Perché è stato pubblicato oggi, sabato 29 aprile 2017?

Strano dal punto di vista temporale, perché in Biblioteca centrale, il tema di quest’articolo è già stato dibattuto da qualche anno.

Scrive ad un certo punto l’autore dell’articolo:

.....Largamente indipendente è il “Fatto Quotidiano”, nono in graduatoria con 45.000 copie in edicola:....

Io sono passato al Fatto Quotidiano, sette anni fa, come acquisto quotidiano, sostituendo “La Repubblica” proprio perché aveva cessato il suo status di indipendenza degli Scalfari e dei Bocca, del tempo che fù.

Gravemente in ritardo, lo status di indipendenza gli viene oggi riconosciuto.

Riconosciuto nella settimana in cui l'Italia è fallita.







LIBRE news
Recensioni
segnalazioni.


Padroni di tutto, anche dei giornali: chi crede alle loro news?

Scritto il 29/4/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi




Industria, energia, finanza, cemento, sanità. E poi, anche, informazione. Editori puri? Non pervenuti. Chi stampa giornali, in Italia, ha soprattutto altri interessi. Qualcuno può stupirsi se poi “la verità” fatica a imporsi, sui media mainstream? «Ecco chi controlla i giornali in Italia: praticamente sono 9 entità, ma in realtà sono molte di meno se si considerano i legami, le infiltrazioni, le affiliazioni, le “amicizie”», scrive “Coscienze in Rete”, citando l’ultimo report del Cnms, Centro Nuovo Modello di Sviluppo, una Onlus che monitora lo stato dell’informazione partendo dalla lettura dell’assetto proprietario dei media. «I nomi? Li conosciamo tutti, ma non tutti hanno avuto modo di apprezzare come questo dominio sia pervasivo», sostiene il blog di Fausto Carotenuto, sottolineando come venga spesso dato «enorme risalto» a fonti «autorevoli», internazionali: il gioco si svela scoprendo, ad esempio, il legame tra “La Stampa” e l’“Economist”. In altre parole, gli uomini del quarto potere: «Sono loro che, tramite sottoposti, ci dicono quotidianamente qual’è la realtà».

E sono «indispettiti», oggi, per il fatto che «un numero sempre crescente di persone ha cominciato a capire che la realtà che gli raccontano questi signori non coincide con quello che si vede», e quindi «cercano informazioni in rete, da fonti alternative». Eccoli qui, i proprietari del pensiero mainstream, in ordine alfabetico: Agnelli, Angelucci, Berlusconi, Cairo, Caltagirone, Conferenza Episcopale Italiana, Confindustria, De Benedetti, Maria Luisa Monti. «Ovviamente a loro va aggiunto Rupert Murdoch, proprietario di Sky, e chiunque gestisca la Rai in qualunque momento (tanto è sempre qualcuno che prende ordini dal governo, che a sua volta è stato messo lì anche tramite l’informazione mainstream)». Niente di strano, quindi, se oggi sono nati «tormentoni come “fake news” o “post-verità”, forieri di leggi sulla censura del web». Tormentoni «proposti ed amplificati da questi signori», che ormai «passano da una tv all’altra, da un giornale all’altro». Il problema? «Le testate sono tante. I padroni, però, sono molto pochi. E fanno i finanzieri, i costruttori, gli industriali e i religiosi».

Imprenditori impeccabili? Non esattamente: «I loro nomi saltano spesso fuori, una volta uno, una volta l’altro, in storie di magagne, truffe, magna-magna, inquinamento, guerre, malasanità: proprio quelle storie che cercano di comprendere le persone che si svegliano, andando a cercare informazioni on-line». Dal punto di vista dei “padroni della notizia”, aggiunge “Coscienze in Rete”, «è sacrosanto che le uniche informazioni che debbano avere il “bollino blu” siano le loro. Come ci permettiamo, noi, di volerci fare gli affari loro?». Molto utile, quindi, dare un’occhiata allo studio del Cnms, dove si scopre che l’unico giornale italiano auto-prodotto dai giornalisti, in cooperativa, è “Il Manifesto”, che però distribuisce appena 11.000 copie al giorno. Largamente indipendente è il “Fatto Quotidiano”, nono in graduatoria con 45.000 copie in edicola: accanto ad Antonio Padellaro e Cinzia Monteverdi, titolari del 16% delle azioni, figurano – con analoga partecipazione azionaria – la società Edima Srl, «società di vari industriali marchigiani, fra cui il calzaturiero Enrico Paniccià», e l’editrice Chiarelettere, partecipata al 49% dal grande Gruppo Editoriale Mauri Spagnol. Tra i soci minori, alla fondazione, comparivano: Francesco Aliberti (12%), Bruno Tinti (8%), Marco Travaglio (5%), Peter Gomez (3,2%) e Marco Lillo (2,5%).

Ma i grandi numeri, ovviamente, li fanno i super-quotidiani: il podio è composto, nell’ordine, dal “Corriere della Sera” (322.000 copie diffuse al giorno), da “Repubblica” (249.000 copie) e dal “Sole 24 Ore” (197.000). Il “Corriere” appartiene a Rcs Group, al 60% nelle mani di Urbano Cairo, patron de “La7” e già collaboratore di Berlusconi in Fininvest, coinvolto nell’inchiesta Mani Pulite. Rcs Media Group è una corazzata: gestisce “Gazzetta dello Sport” e “Corriere del Mezzogiorno”, nonché “Corriere di Bologna”, “Corriere del Veneto”, “Corriere Fiorentino”, “Corriere del Trentino”, “Corriere dell’Alto Adige”, e poi riviste a larghissima diffusione come “Oggi”, “Amica”, testate come “Abitare”, “Sw”, “Living”, “Dove”, “Io”, “Style”, “Sette”. E all’estero, partecipa alla gestione di giornali come “El Mundo”, “Expansiòn” e “Marca”. Cairo non è solo al comando: gli sono accanto, tra gli altri, Mediobanca (con il 10% delle azioni) e l’industriale Diego Della Valle (con il 7,3%). A ruota, il quotidiano milanese è seguito dalla storica rivale romana, fondata da Eugenio Scalfari: oltre a “Repubblica”, il gruppo guidato da Carlo De Benedetti controlla importanti periodici (“L’Espresso”, “National Geographic”), storici quotidiani a diffusione regionale come “Il Mattino” di Napoli, “Il Piccolo” di Trieste, “Il Tirreno”, insieme a quotidiani di Mantova, Modena, Reggio Emilia, Ferrara e Pavia. Senza contare le radio (“Radio Capital”, “Radio Deejay”) e l’informazione solo su web (“Huffington Post”, di Lucia Annunziata).

«Oltre che nell’editoria – scrive il Cnms – la famiglia De Benedetti opera nei settori industriale e sanitario. L’insieme delle tre attività formano un unico impero economico, al cui vertice si trova Cir Spa, detenuta al 46% da F.lii De Bendetti Spa e al 15% da Cir stessa», secondo dati Consob aggiornati al 2017. «Il gruppo operativo nel settore industriale è Sogefi, che produce componenti per auto. Nel settore sanitario è Kos, che gestisce varie cliniche private. Fino al marzo 2015, Cir comprendeva anche la società energetica Sorgenia, poi ceduta alle banche con le quali era indebitata, fra cui Monte dei Paschi. Nel 2015 l’insieme delle attività controllate da Cir ha prodotto un giro d’affari di 2,5 miliardi di euro. La famiglia De Benedetti opera anche nel settore finanziario tramite vari fondi d’investimento che fanno capo a Cofide». La “Repubblica” è gestita dal Gruppo editoriale L’Espresso, che raccoglie pubblicità tramite la controllata A.Manzoni & C. Altro azionista di rilievo, aggiunge il Cnms, è Giacaranda Maria Caracciolo, col 6%. «Va segnalato che il 30 luglio 2016 il Gruppo L’Espresso ha concluso un accordo con Fca (Fiat Chrysler Automobiles, guidata da Sergio Marchionne), per condividere la proprietà del quotidiano “La Stampa”. Secondo l’accordo, “La Stampa” verrà trasferita al Gruppo L’Espresso, ma nel contempo verrà ampliato il capitale del gruppo per permettere ai vecchi proprietari della testata torinese di entrare nella compagine azionaria del Gruppo L’Espresso».

Al terzo posto in Italia tra i quotidiani più venduti, con 197.000 copie distribuite, figura il “Sole 24 Ore” , di proprietà di Confindustria al 67,5% (il resto è azionariato diffuso). Il “Sole” è tallonato dalla “Stampa” di Torino, della famiglia Agnelli guidata da John Elkann (auto, immobiliare e finanza), che detiene anche il 43% del settimanale inglese “The Economist”. Il quotidiano – 176.000 copie diffuse al giorno – è gestito da Itedi, una società di comunicazione e raccolta pubblicitaria e (in attesa dell’esecuzione dell’accordo col Gruppo L’Espresso) appartiene ancora per il 77% a Fca (Fiat-Chrysler), a sua volta posseduta per il 30% da Exor, cassaforte della famiglia Agnelli. Il restante 23% è in quota a Ital Press Holding, società del genovese Carlo Perrone. Al gruppo Agnelli fa anche capo “Il Secolo XIX”, storico quotidiano di Genova. Se le prime quattro testate fanno capo al mondo degli affari, con 124.000 copie diffuse ogni giorno si fa largo, al quinto posto, “Avvenire”, quotidano dei vescovi italiani, gestito da Avvenire Nuova Editoriale Italiana. L’80% del capitale sociale è di proprietà della Fondazione di Religione “Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena”, espressione della Cei, Conferenza Episcopale Italiana. «Oltre a varie altre realtà ecclesiastiche risultano proprietari Italcementi di Carlo Pesenti per il 3,8% e Gold Line Spa, azienda di lavorazione di gioielli, per un altro 3,8%». Ad “Avvenire” fanno capo agenzie di stampa come Fides e Sir, la radio “inBlu” e il canale televisivo “Tv2000”.

Sempre a Roma è stampato il “Messaggero”, sesto quotidano più venduto in Italia, con 113.000 copie diffuse. Il patron, Francesco Gaetano Caltagirone, opera anche nei settori finanziario, cementiero, immobiliare, dell’acqua, delle costruzioni. «L’insieme delle attività forma un unico impero economico, al cui vertice si trova Caltagirone Spa detenuta al 54% da Francesco e al 33% dal fratello Edoardo», scrive il Cnms. «Il gruppo operativo nel settore cementiero è Cementir, mentre in quello delle costruzioni è Vianini Lavori». Tramite le sue società, continua la Ong, Caltagirone è presente anche nella gestione dell’acqua con una partecipazione del 5% in Acea e del 48% in Acqua Campania Spa. «Nel 2015 l’insieme delle attività controllate da Caltagirone Spa ha prodotto un giro d’affari pari a 1,4 miliardi di euro». Il quotidiano è gestito da Caltagirone Editore, un gruppo attivo nei settori della comunicazione: stampa di quotidiani, Tv, internet e raccolta pubblicitaria. «Il gruppo editoriale appartiene per il 60% a Francesco Gaetano Caltagirone». Altri quotidani del gruppo sono “Il Mattino” di Napoli, “Il Gazzettino” di Venezia, e il “Corriere Adriatico”.

A Maria Luisa Monti appartiene invece il gruppo che stampa “Il Resto del Carlino”, quotidiano di Bologna (101.000 copie), e controlla anche “Il Giorno” e “Quotidiano Nazionale”, che ha accorpato “La Nazione” di Firenze. «Il quotidiano è gestito da Poligrafici Editoriale Spa, gruppo attivo nell’editoria e nella raccolta pubblicitaria». La società editoriale «appartiene per il 62% a Monrif Spa, controllata a sua volta da Maria Luisa Monti». Altri azionisti di rilievo di Poligrafici Editoriale sono Andrea Della Valle col 10% e Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste col 5%. Solo all’ottavo posto, nella graduatoria dei quotidiani più letti, si posiziona il berlusconiano “Il Giornale”, con 66.000 copie diffuse. Il quotidiano è gestito da Società Europea di Edizioni Spa (editoria e pubblicità), che appartiene per il 63% a Paolo Berlusconi tramite le società Pbf Srl (46%) e Arcus Multimedia (17%). Il restante 37% è in quota ad Arnoldo Mondadori Editore. A sua volta, l’azionista di maggioranza di Mondadori (53%) è Silvio Berlusconi (Mediaset) tramite Fininvest. Del gruppo Mondadori fanno parte 40 brand italiani a larghissima diffusione (tra cui “Chi”, “Donna Moderna”, “Focus”, “Grazia”, “Sorrisi e Canzoni Tv” nonché il settimanale “Panorama”), più svariate testate francesi.

Dopo il “Fatto”, al nono posto, la classifica della stampa presenta “Italia Oggi”, con 40.000 copie quotidiane, di proprietà di Paolo Panerai. «Il quotidiano è gestito da Class Editori Spa, gruppo attivo nei quotidiani, riviste, radio e Tv», spiega il Cnms. «Class Editori appartiene per il 10% a Paolo Panerai, il 60% a Euroclass Multimedia Holding Ss, il resto è azionariato diffuso». Curiosità: Euroclass Multimedia è domiciliata in Lussemburgo, «per cui i proprietari non sono ufficialmente identificabili». Ma, secondo indiscrezioni, «oltre ad alcune società riconducibili a Panerai, figurano anche varie banche, fra cui Unicredit col 13%». Al gruppo “Italia Oggi” fa capo anche il quotidiano “Milano Finanza”, insieme al periodico “Class”, a “Radio Classica” e al canale televisivo “ClassTv”. A seguire – con 27.000 copie – è il quotidiano “Libero”, della famiglia Angelucci, gestito da Editoriale Libero Srl. Il socio di maggioranza è la Fondazione San Raffaele, che detiene il 60% del capitale, mentre il rimanente 40% è detenuto dalla finanziaria Tosinvest. «Ma è noto che dietro entrambe queste realtà si cela la famiglia Angelucci», scrive il rapporto del Cnms. Benché impegnati in attività immobiliari, finanziarie ed editoriali tramite la finanziaria Tosinvest, il vero affare di Antonio Angelucci e del figlio Gianpaolo sarebbe la sanità, gestita tramite la San Raffaele Spa, che dispone di 26 strutture private, 3.000 posti-letto, oltre 1.000 medici specialistici e 2.800 dipendenti.

«Nel corso degli anni – continua il Cnms – la stampa si è occupata a più riprese delle attività degli imprenditori Angelucci a causa di indagini e processi per reati fiscali e finanziari. Nell’agosto 2016 la casa di cura San Raffaele di Cassino è stata condannata dalla Corte dei Conti a restituire al servizio sanitario nazionale 31 milioni di euro per avere erogato servizi di qualità non appropriata. Un’indagine per frode fiscale avviata nel 2014 ha messo in luce l’esistenza di almeno tre società (Th Ss, Three e Sps di Lantigos) utilizzate dagli Angelucci in Lussemburgo per le proprie attività finanziarie». Il gruppo è titolare dello storico quotidiano romano “Il Tempo”, nonché di giornali proviciali come “Corriere di Siena”, “Corriere di Viterbo”, “Corriere di Arezzo” e “Corriere dell’Umbria”. Chiudono la lista il “Manifesto”, in dodicesima posizione (con poco più di diecimila copie) e “Il Foglio”, i cui dati di diffusione non sono però disponibili. La proprietà fa riferimento a Valter Mainetti, e il quotidiano (fondato da Giuliano Ferrara) è gestito da Foglio Edizioni, posseduta al 97,5% da Sorgente Group attraverso la società Musa Comunicazione. A sua volta, Sorgente Group è partecipata per il 35% da Valter Mainetti, mentre il restante 65% è detenuto dalla Roma Fid Società Fiduciaria Spa, che agisce per conto di altri membri della famiglia Mainetti. «Sorgente Group Spa – spiega il Cnms – è parte di un complesso multinazionale con società localizzate negli Stati Uniti, Lussemburgo, Gran Bretagna, Emirati Arabi, Brasile. Svolge attività nei settori della finanza, del risparmio gestito, dell’immobiliare, delle costruzioni». In Italia opera anche nell’editoria tramite Musa Comunicazione. Ma, appunto, quella è solo una piccola parte del business.