E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
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Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
Under 35: in Italia due su tre vivono ancora coi genitori, anche se lavorano
Secondo i dati Eurostat, le percentuali sono dimezzate, invece, per Francia e Regno Unito. Danimarca al 15,8%. Restano a casa soprattutto i maschi (il 57,5% tra i 25 e i 34 anni) mentre le femmine che rimangono in famiglia sono il 41,1%
Due giovani su tre, in età compresa tra i 18 e i 34 anni, vivono ancora in famiglia. In pratica, intorno al 66 per cento che, secondo i dati Eurostat, corrisponde a quasi 7,4 milioni di persone. Solo in Italia però, perché in Francia sono il 34,2%, il 42,3% in Germania e il 34,2% nel Regno Unito. E al record negativo per il nostro Paese, si aggiunge anche il trend dello stesso segno: infatti il numero di under 35 che rimane a casa dei genitori è aumentato di oltre cinque punti rispetto al 2008 (era al 60,5%) mentre in Francia è cresciuto di meno di due punti e in Germania è diminuito. Al primo posto in classifica c’è la Danimarca, dove la percentuale di coloro che vivono a casa con i genitori è al 15,8% del totale degli under 35.
In Italia la percentuale dei giovani che non riesce a lasciare la famiglia di origine è alta anche nella fascia di età più “adulta”. Quasi un giovane su due tra i 25 e i 34 anni (il 49,4%), infatti, vive con almeno un genitore (in aumento di quasi cinque punti sul 2008) a fronte del 28,8% nell’Ue a 28 e dell’1,4% dei danesi (11,3% dei francesi e 16,8% dei tedeschi mentre gli inglesi sono appena il 13,8%). In questa fascia di età gli italiani superano anche gli spagnoli di oltre dieci punti (sono al 37,4%) ma fanno meglio di greci, bulgari e slovacchi (che risultano oltre il 50%).
Spesso gli italiani restano a vivere nella famiglia di origine anche se hanno un lavoro: nella fascia tra i 25 e i 34 anni infatti, nel 2013 erano occupate il 60,2% delle persone (anche se in calo di circa 10 punti sul 2008 quando erano occupate il 70,1%% delle persone in questa fascia di età).
Tra i giovani adulti che vivono a casa nell’intera fascia considerata (18-34 anni) oltre un quarto dichiara di avere un lavoro a tempo pieno (il 27,2%) anche se in calo rispetto alla percentuale del 2008 (il 37,6% di coloro che vivevano ancora in famiglia). Se si guarda alla fascia più adulta tra coloro che sono ancora in casa tra i 25 e i 34 anni in Italia il 43% ha un lavoro a tempo pieno (era il 53% nel 2008).
Restano a casa soprattutto i maschi (il 57,5% tra i 25 e i 34 anni) mentre le femmine che restano in famiglia sono il 41,1% (ma in forte aumento rispetto al 36,4% del 2008). In Danimarca le ragazze tra i 25 e i 34 anni che restano in casa con i genitori sono appena lo 0,4% del totale (il 10,5% in Germania e l’8,1% in Francia).
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Ecco una delle differenze della situazione italiana rispetto agli altri paesi e ciò mi sembra sia dovuto al fatto che la famiglia italiana primeggia per avere la proprietà della casa e da buona formica aver messo da parte un certo risparmio, il che spiega il comportamento delle nuove generazioni in questi anni difficili.
Purtroppo anche i risparmi pian piano si esauriscono e se uno guarda al futuro certo al presente non vede soluzioni all'orizzonte.
soluzioni
Secondo i dati Eurostat, le percentuali sono dimezzate, invece, per Francia e Regno Unito. Danimarca al 15,8%. Restano a casa soprattutto i maschi (il 57,5% tra i 25 e i 34 anni) mentre le femmine che rimangono in famiglia sono il 41,1%
Due giovani su tre, in età compresa tra i 18 e i 34 anni, vivono ancora in famiglia. In pratica, intorno al 66 per cento che, secondo i dati Eurostat, corrisponde a quasi 7,4 milioni di persone. Solo in Italia però, perché in Francia sono il 34,2%, il 42,3% in Germania e il 34,2% nel Regno Unito. E al record negativo per il nostro Paese, si aggiunge anche il trend dello stesso segno: infatti il numero di under 35 che rimane a casa dei genitori è aumentato di oltre cinque punti rispetto al 2008 (era al 60,5%) mentre in Francia è cresciuto di meno di due punti e in Germania è diminuito. Al primo posto in classifica c’è la Danimarca, dove la percentuale di coloro che vivono a casa con i genitori è al 15,8% del totale degli under 35.
In Italia la percentuale dei giovani che non riesce a lasciare la famiglia di origine è alta anche nella fascia di età più “adulta”. Quasi un giovane su due tra i 25 e i 34 anni (il 49,4%), infatti, vive con almeno un genitore (in aumento di quasi cinque punti sul 2008) a fronte del 28,8% nell’Ue a 28 e dell’1,4% dei danesi (11,3% dei francesi e 16,8% dei tedeschi mentre gli inglesi sono appena il 13,8%). In questa fascia di età gli italiani superano anche gli spagnoli di oltre dieci punti (sono al 37,4%) ma fanno meglio di greci, bulgari e slovacchi (che risultano oltre il 50%).
Spesso gli italiani restano a vivere nella famiglia di origine anche se hanno un lavoro: nella fascia tra i 25 e i 34 anni infatti, nel 2013 erano occupate il 60,2% delle persone (anche se in calo di circa 10 punti sul 2008 quando erano occupate il 70,1%% delle persone in questa fascia di età).
Tra i giovani adulti che vivono a casa nell’intera fascia considerata (18-34 anni) oltre un quarto dichiara di avere un lavoro a tempo pieno (il 27,2%) anche se in calo rispetto alla percentuale del 2008 (il 37,6% di coloro che vivevano ancora in famiglia). Se si guarda alla fascia più adulta tra coloro che sono ancora in casa tra i 25 e i 34 anni in Italia il 43% ha un lavoro a tempo pieno (era il 53% nel 2008).
Restano a casa soprattutto i maschi (il 57,5% tra i 25 e i 34 anni) mentre le femmine che restano in famiglia sono il 41,1% (ma in forte aumento rispetto al 36,4% del 2008). In Danimarca le ragazze tra i 25 e i 34 anni che restano in casa con i genitori sono appena lo 0,4% del totale (il 10,5% in Germania e l’8,1% in Francia).
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Ecco una delle differenze della situazione italiana rispetto agli altri paesi e ciò mi sembra sia dovuto al fatto che la famiglia italiana primeggia per avere la proprietà della casa e da buona formica aver messo da parte un certo risparmio, il che spiega il comportamento delle nuove generazioni in questi anni difficili.
Purtroppo anche i risparmi pian piano si esauriscono e se uno guarda al futuro certo al presente non vede soluzioni all'orizzonte.
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Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
finalmente un grillo pensante
http://www.beppegrillo.it/m/2015/02/ita ... ebito.html
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Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
È ora che venga veramente una Syriza italiana ...
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02 ... a/1417966/
Editoria: 50 milioni, tanto è costato agli italiani “Il Foglio” di Giuliano Ferrara
Diciassette anni di contributi e finanziamenti pubblici. Attraverso l'utilizzo di tutte le leggi messe in campo dalla presidenza del Consiglio a favore dei giornali. Prima creando un apposito partito. E poi costituendosi in cooperativa.
. . . . . .
Ecco la ragione di tutto il suo sostegno alla figura dell'ex cavaliere!
‘Mmazza che politico!
E poi ci sono quelli che non apprezzano il Fatto Quotidiano.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02 ... a/1417966/
Editoria: 50 milioni, tanto è costato agli italiani “Il Foglio” di Giuliano Ferrara
Diciassette anni di contributi e finanziamenti pubblici. Attraverso l'utilizzo di tutte le leggi messe in campo dalla presidenza del Consiglio a favore dei giornali. Prima creando un apposito partito. E poi costituendosi in cooperativa.
. . . . . .
Ecco la ragione di tutto il suo sostegno alla figura dell'ex cavaliere!
‘Mmazza che politico!
E poi ci sono quelli che non apprezzano il Fatto Quotidiano.
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Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
da " L 'Altra Europa ..."
CRISI GRECA, LA POSTA IN GIOCO NON E’ SOLO IL DEBITO
di Guido Viale - 10 febbraio 2015 -
A due settimane dalla vittoria elettorale di Syriza i termini dello scontro tra il nuovo Governo greco e l’Unione Europea si delineano con chiarezza. Non è solo scontro tra dottrine e politiche economiche diverse: una favorevole alla spesa pubblica, l’altra attaccata all’austerity. E meno che mai un confronto tra euro sì ed euro no. In questa vicenda l’economia ha ceduto il posto alla politica; anzi, a un puro rapporto di forze.
Non è nemmeno, anche se così ci avviciniamo al nucleo del contendere, un confronto tra una politica che mette al centro le persone e una politica incentrata sul denaro. In gioco c’è l’accettazione o il rifiuto del dominio incontrastato di chi ha il denaro su chi denaro non ne ha: quel dominio che Marx chiama Capitale, ben sapendo che esso è un rapporto sociale, le cui poste sono la ripartizione del reddito tra salari e profitti (nelle loro varie forme), modi e tempi del lavoro, accesso ai servizi sociali, appropriazione di tutto l’esistente: risorse naturali, vita associata, servizi pubblici, sapere, genoma, salute.
Il problema non è se la Grecia restituirà o no il debito che i suoi governanti hanno contratto per suo conto, come cercano di farci credere gli apologeti della finanza, spiegandoci che a pagare per i Greci rischiamo di essere noi. È chiaro che quel debito «i Greci» non lo pagheranno mai: non hanno il denaro per farlo ora; non lo avranno nemmeno in futuro; per almeno una generazione. Lo sanno tutti. Ma a chi tiene i cordoni della borsa questo non interessa: basta che quel debito sia registrato nelle scritture contabili e che tutti — creditori e debitori – si inchinino di fronte al suo potere. Perché è con quelle scritture contabili che gli «gnomi» della finanza possono mandare in rovina, in 24 ore, un intero popolo per diverse generazioni. Se e finché quel potere verrà loro riconosciuto. Ma disconoscerlo non è facile. E mette paura. Soprattutto se a disconoscerlo si rimane da soli.
Anche il confine tra creditori e debitori, peraltro, è tutt’altro che netto. Prendete l’Italia. Ufficialmente è creditrice della Grecia per 40 miliardi, prestati attraverso il, Bce, Fmi e Fondo salva-stati. Peccato che per prestare quel denaro alla Grecia con il Fondo salva-stati, il nostro paese si sia indebitato di altrettanti miliardi, andati ad aggiungersi alla montagna del suo debito pubblico: tanto grande da metterla a rischio di fare la stessa fine della Grecia. Ma è così per tutti: il debito è come una serie di scatole cinesi, una dentro l’altra, di cui, soprattutto in Europa — dove non esiste più una Banca centrale «prestatore di ultima istanza» — non si intravede la fine.
Chi detiene il debito dell’Italia? Banche, assicurazioni e fondi speculativi (più qualche piccolo risparmiatore). Ma banche e speculatori hanno acquistato quel debito facendo altri debiti. E questi chi li detiene? Altre banche, altri fondi, altri speculatori. E così di seguito, fino a che non si incappa in un pugno di riccastri (l’1 per cento – o forse per mille — della popolazione mondiale) che non sarebbero mai diventati tali senza essere ben inseriti in questo marchingegno; e in un esercito di polli pronti per essere spennati. Che, per svolgere normali attività di compravendita, o per garantirsi cure mediche, vecchiaia e istruzione, hanno affidato i loro risparmi a quegli operatori. I quali, grazie alla mancanza di controlli, hanno riescono a moltiplicare quel denaro a loro esclusivo vantaggio. Sono loro, ora, i «prestatori di ultima istanza»: quelli che hanno il coltello dalla parte del manico. Ma è un sistema tanto più fragile quanto più è macchinoso. Un granello di sabbia potrebbe farlo cadere rovinosamente, come sette anni fa con il fallimento Lehman Brothers. Ma cadere da che parte? Verso un regime ancora più autoritario, o verso una società che impara a governarsi da sola?
Messa in questi termini, si capisce la durezza di governi e autorità europee contro il programma di Syriza. In gioco c’è proprio quel marchingegno, da cui dipende il destino dell’Europa così come è ora; e forse anche gran parte dei rapporti tra le classi sociali e tra la società e l’ambiente in tutto il mondo. Se il governo Greco riuscirà a «spuntarla» è perché mandarlo in malora rischia di far crollare il castello su cui è costruito il potere di tanti governi fattisi tramite degli interessi dell’alta finanza. E rischia di innescare un «effetto domino» capace di risucchiare dentro un grande buco nero tutti i paesi più fragili dell’Unione europea, per arrivare poi a coinvolgere, uno dietro l’altro anche quelli più solidi. Ma se il Governo greco la spunterà, sarà anche e soprattutto per l’appoggio che riceverà da una mobilitazione che può e deve coinvolgere l’Europa intera. Per questo è così importante la mobilitazione di sabato prossimo a sostegno del popolo e del governo greco!
Non sarebbe una vittoria da poco; sarebbe la dimostrazione pratica che l’autorganizzazione di base e il mutuo sostegno pagano: che le farmacie e gli ambulatori aperti dal volontariato, le mense popolari, le cooperative e i farmers market (i Gas), la televisione di Stato che ha continuato a trasmettere su basi volontarie dopo la sua chiusura, le fabbriche autogestite, le monete alternative locali, e tutte quelle iniziative appoggiando e promuovendo le quali Syriza è diventata maggioranza possono essere l’inizio di una riorganizzazione dei rapporti sociali: un’organizzazione incentrata non più sul potere del denaro, ma sui bisogni delle persone.
Questa è la vera posta in gioco dello scontro in atto. Le autorità europee non escludono certo nuove forme di «aiuto» finanziario per le casse esauste del governo e delle banche greche; a condizione, però, che venga rinnegato quel sostegno a una popolazione esausta, a un’occupazione ridotta ai minimi termini, ai bisogni più elementari della gente; cioè al programma che l’elettorato ha votato per far valere la propria dignità.
Concedere qualcosa in termini finanziari a un governo in crisi non costa molto: è solo un trasferimento di qualche posta da un capitolo all’altro dei bilanci delle parti in causa. Ma concedere qualcosa oggi alla Grecia che si è ribellata al giogo della finanza costerebbe molto: sarebbe il segno che, se si vogliono ricostituire le basi di una convivenza civile, si può e si deve fare a meno di «loro anche in ogni altro paese. Le premesse ci sono tutte e in Spagna con Podemos, o in Croazia con «Barriera umana», già si intravvedono forze che, ciascuna a modo suo, si sono messe sulla strada che ha portato Syriza al governo.
E in Italia? Premesse ce ne sono anche qui. Anzi, forse non c’è un altro paese europeo che abbia una ricchezza e una varietà di lotte, di movimenti, di comitati, di associazioni, di mobilitazioni, di iniziative grande come da noi. Ma in nessun altro paese la possibilità di queste forze di rappresentarsi politicamente è così compressa e dispersa. Soprattutto dal bisogno di autoperpetuarsi dei tanti partiti «di sinistra», incapaci di quel passo indietro che tante volte si sono impegnati a fare e che mai – nemmeno ora – sembrano capaci di attuare: per non perdere quei piccoli poteri che ricavano, soprattutto a livello locale, di una consolidata subalternità al Pd. Ma i tempi sono ormai maturi per la comparsa di una realtà nuova, mentre le responsabilità di chi impone questo stallo sono sempre più gravi.
CRISI GRECA, LA POSTA IN GIOCO NON E’ SOLO IL DEBITO
di Guido Viale - 10 febbraio 2015 -
A due settimane dalla vittoria elettorale di Syriza i termini dello scontro tra il nuovo Governo greco e l’Unione Europea si delineano con chiarezza. Non è solo scontro tra dottrine e politiche economiche diverse: una favorevole alla spesa pubblica, l’altra attaccata all’austerity. E meno che mai un confronto tra euro sì ed euro no. In questa vicenda l’economia ha ceduto il posto alla politica; anzi, a un puro rapporto di forze.
Non è nemmeno, anche se così ci avviciniamo al nucleo del contendere, un confronto tra una politica che mette al centro le persone e una politica incentrata sul denaro. In gioco c’è l’accettazione o il rifiuto del dominio incontrastato di chi ha il denaro su chi denaro non ne ha: quel dominio che Marx chiama Capitale, ben sapendo che esso è un rapporto sociale, le cui poste sono la ripartizione del reddito tra salari e profitti (nelle loro varie forme), modi e tempi del lavoro, accesso ai servizi sociali, appropriazione di tutto l’esistente: risorse naturali, vita associata, servizi pubblici, sapere, genoma, salute.
Il problema non è se la Grecia restituirà o no il debito che i suoi governanti hanno contratto per suo conto, come cercano di farci credere gli apologeti della finanza, spiegandoci che a pagare per i Greci rischiamo di essere noi. È chiaro che quel debito «i Greci» non lo pagheranno mai: non hanno il denaro per farlo ora; non lo avranno nemmeno in futuro; per almeno una generazione. Lo sanno tutti. Ma a chi tiene i cordoni della borsa questo non interessa: basta che quel debito sia registrato nelle scritture contabili e che tutti — creditori e debitori – si inchinino di fronte al suo potere. Perché è con quelle scritture contabili che gli «gnomi» della finanza possono mandare in rovina, in 24 ore, un intero popolo per diverse generazioni. Se e finché quel potere verrà loro riconosciuto. Ma disconoscerlo non è facile. E mette paura. Soprattutto se a disconoscerlo si rimane da soli.
Anche il confine tra creditori e debitori, peraltro, è tutt’altro che netto. Prendete l’Italia. Ufficialmente è creditrice della Grecia per 40 miliardi, prestati attraverso il, Bce, Fmi e Fondo salva-stati. Peccato che per prestare quel denaro alla Grecia con il Fondo salva-stati, il nostro paese si sia indebitato di altrettanti miliardi, andati ad aggiungersi alla montagna del suo debito pubblico: tanto grande da metterla a rischio di fare la stessa fine della Grecia. Ma è così per tutti: il debito è come una serie di scatole cinesi, una dentro l’altra, di cui, soprattutto in Europa — dove non esiste più una Banca centrale «prestatore di ultima istanza» — non si intravede la fine.
Chi detiene il debito dell’Italia? Banche, assicurazioni e fondi speculativi (più qualche piccolo risparmiatore). Ma banche e speculatori hanno acquistato quel debito facendo altri debiti. E questi chi li detiene? Altre banche, altri fondi, altri speculatori. E così di seguito, fino a che non si incappa in un pugno di riccastri (l’1 per cento – o forse per mille — della popolazione mondiale) che non sarebbero mai diventati tali senza essere ben inseriti in questo marchingegno; e in un esercito di polli pronti per essere spennati. Che, per svolgere normali attività di compravendita, o per garantirsi cure mediche, vecchiaia e istruzione, hanno affidato i loro risparmi a quegli operatori. I quali, grazie alla mancanza di controlli, hanno riescono a moltiplicare quel denaro a loro esclusivo vantaggio. Sono loro, ora, i «prestatori di ultima istanza»: quelli che hanno il coltello dalla parte del manico. Ma è un sistema tanto più fragile quanto più è macchinoso. Un granello di sabbia potrebbe farlo cadere rovinosamente, come sette anni fa con il fallimento Lehman Brothers. Ma cadere da che parte? Verso un regime ancora più autoritario, o verso una società che impara a governarsi da sola?
Messa in questi termini, si capisce la durezza di governi e autorità europee contro il programma di Syriza. In gioco c’è proprio quel marchingegno, da cui dipende il destino dell’Europa così come è ora; e forse anche gran parte dei rapporti tra le classi sociali e tra la società e l’ambiente in tutto il mondo. Se il governo Greco riuscirà a «spuntarla» è perché mandarlo in malora rischia di far crollare il castello su cui è costruito il potere di tanti governi fattisi tramite degli interessi dell’alta finanza. E rischia di innescare un «effetto domino» capace di risucchiare dentro un grande buco nero tutti i paesi più fragili dell’Unione europea, per arrivare poi a coinvolgere, uno dietro l’altro anche quelli più solidi. Ma se il Governo greco la spunterà, sarà anche e soprattutto per l’appoggio che riceverà da una mobilitazione che può e deve coinvolgere l’Europa intera. Per questo è così importante la mobilitazione di sabato prossimo a sostegno del popolo e del governo greco!
Non sarebbe una vittoria da poco; sarebbe la dimostrazione pratica che l’autorganizzazione di base e il mutuo sostegno pagano: che le farmacie e gli ambulatori aperti dal volontariato, le mense popolari, le cooperative e i farmers market (i Gas), la televisione di Stato che ha continuato a trasmettere su basi volontarie dopo la sua chiusura, le fabbriche autogestite, le monete alternative locali, e tutte quelle iniziative appoggiando e promuovendo le quali Syriza è diventata maggioranza possono essere l’inizio di una riorganizzazione dei rapporti sociali: un’organizzazione incentrata non più sul potere del denaro, ma sui bisogni delle persone.
Questa è la vera posta in gioco dello scontro in atto. Le autorità europee non escludono certo nuove forme di «aiuto» finanziario per le casse esauste del governo e delle banche greche; a condizione, però, che venga rinnegato quel sostegno a una popolazione esausta, a un’occupazione ridotta ai minimi termini, ai bisogni più elementari della gente; cioè al programma che l’elettorato ha votato per far valere la propria dignità.
Concedere qualcosa in termini finanziari a un governo in crisi non costa molto: è solo un trasferimento di qualche posta da un capitolo all’altro dei bilanci delle parti in causa. Ma concedere qualcosa oggi alla Grecia che si è ribellata al giogo della finanza costerebbe molto: sarebbe il segno che, se si vogliono ricostituire le basi di una convivenza civile, si può e si deve fare a meno di «loro anche in ogni altro paese. Le premesse ci sono tutte e in Spagna con Podemos, o in Croazia con «Barriera umana», già si intravvedono forze che, ciascuna a modo suo, si sono messe sulla strada che ha portato Syriza al governo.
E in Italia? Premesse ce ne sono anche qui. Anzi, forse non c’è un altro paese europeo che abbia una ricchezza e una varietà di lotte, di movimenti, di comitati, di associazioni, di mobilitazioni, di iniziative grande come da noi. Ma in nessun altro paese la possibilità di queste forze di rappresentarsi politicamente è così compressa e dispersa. Soprattutto dal bisogno di autoperpetuarsi dei tanti partiti «di sinistra», incapaci di quel passo indietro che tante volte si sono impegnati a fare e che mai – nemmeno ora – sembrano capaci di attuare: per non perdere quei piccoli poteri che ricavano, soprattutto a livello locale, di una consolidata subalternità al Pd. Ma i tempi sono ormai maturi per la comparsa di una realtà nuova, mentre le responsabilità di chi impone questo stallo sono sempre più gravi.
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Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
un linguaggio semplice senza politicismi licenziato per motivi politici
http://radicalsocialismo.it/2015/02/11/ ... iformista/
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Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
Io solidarizzo come elettore di L'altra Europa per la Grecia e per l'Italia.iospero ha scritto: Ma se il Governo greco la spunterà, sarà anche e soprattutto per l’appoggio che riceverà da una mobilitazione che può e deve coinvolgere l’Europa intera. Per questo è così importante la mobilitazione di sabato prossimo a sostegno del popolo e del governo greco!
Purtroppo non posso esserci fisicamente, ma sarò con la mente a fianco di chi testimonierà la mia presenza.
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Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
Home » News Italia » Roma, le Sinistre in piazza per il popolo greco
Roma, le Sinistre in piazza per il popolo greco
“Contro l’austerità, dalla parte giusta. Cambia la Grecia, cambia l’Europa”, questo uno degli striscioni che apre il corteo indetto oggi a Roma da movimenti, sindacati, partiti di sinistra e società civile, schierati con Syriza e il popolo greco nel duro braccio di ferro che stanno portando avanti con l’Unione Europea. Sono diverse migliaia in corteo oggi da piazza Indipendenza fino al Colosseo.
Tra gli esponenti della società civile, don Luigi Ciotti, Toni Servillo, Licia Miglietta, Moni Ovadia, Loredana Lipperini, Maurizio De Giovanni. Presente anche una componente della minoranza del Partito democratico, quella che fa riferimento a Pippo Civati e a Stefano Fassina, oltre a Sergio Cofferati che il partito di Renzi ha lasciato qualche settimana fa.
In piazza anche Adriano Zaccagnini, eletto in Parlamento con il Movimento 5 Stelle e poi transitato in Sel: “Da questa notte la Democrazia è sotto shock con il precedente grave di una maggioranza che si è approvata da sola la riforma costituzionale. Oggi scendiamo in piazza affianco alla Grecia contro la Troika e le politiche dell’austerity che finanziarizzano le nostre vite, politiche da cui Renzi non si sta discostando in Italia”. Zaccagnini ha aggiunto: “È necessario cambiare l’Europa e combattere le restrizioni forzose alla democrazia, imposte per governare la crisi economica a danno dei cittadini, attraverso privatizzazioni e taglio dei servizi pubblici”.
Consistente lo spezzone più critico, composto da diverse realtà sociali, come Rete della Conoscenza, Act-Agire, Centri Sociali del Nord-Est e movimenti per il diritto all’abitare. Queste realtà si sono ritrovate dietro lo striscione “People over the market! Athens calling, today here in Rome, the #18m in Frankfurt”. Dai megafoni e dal sound system è stato rinnovato l’appuntamento europeo del 18 marzo contro l’inaugurazione della nuova sede della Bce.
All’arrivo al Colosseo, lo spezzone dei movimenti sociali – scrive il portale Globalproject – “si conquista il diritto alla libertà di movimento, prosegue in direzione dei Fori Imperiali dirigendosi verso i palazzi di quel potere che vuole costringere i popoli europei sotto il ricatto della troika”.
la diretta su repubblica.it
Roma, le Sinistre in piazza per il popolo greco
“Contro l’austerità, dalla parte giusta. Cambia la Grecia, cambia l’Europa”, questo uno degli striscioni che apre il corteo indetto oggi a Roma da movimenti, sindacati, partiti di sinistra e società civile, schierati con Syriza e il popolo greco nel duro braccio di ferro che stanno portando avanti con l’Unione Europea. Sono diverse migliaia in corteo oggi da piazza Indipendenza fino al Colosseo.
Tra gli esponenti della società civile, don Luigi Ciotti, Toni Servillo, Licia Miglietta, Moni Ovadia, Loredana Lipperini, Maurizio De Giovanni. Presente anche una componente della minoranza del Partito democratico, quella che fa riferimento a Pippo Civati e a Stefano Fassina, oltre a Sergio Cofferati che il partito di Renzi ha lasciato qualche settimana fa.
In piazza anche Adriano Zaccagnini, eletto in Parlamento con il Movimento 5 Stelle e poi transitato in Sel: “Da questa notte la Democrazia è sotto shock con il precedente grave di una maggioranza che si è approvata da sola la riforma costituzionale. Oggi scendiamo in piazza affianco alla Grecia contro la Troika e le politiche dell’austerity che finanziarizzano le nostre vite, politiche da cui Renzi non si sta discostando in Italia”. Zaccagnini ha aggiunto: “È necessario cambiare l’Europa e combattere le restrizioni forzose alla democrazia, imposte per governare la crisi economica a danno dei cittadini, attraverso privatizzazioni e taglio dei servizi pubblici”.
Consistente lo spezzone più critico, composto da diverse realtà sociali, come Rete della Conoscenza, Act-Agire, Centri Sociali del Nord-Est e movimenti per il diritto all’abitare. Queste realtà si sono ritrovate dietro lo striscione “People over the market! Athens calling, today here in Rome, the #18m in Frankfurt”. Dai megafoni e dal sound system è stato rinnovato l’appuntamento europeo del 18 marzo contro l’inaugurazione della nuova sede della Bce.
All’arrivo al Colosseo, lo spezzone dei movimenti sociali – scrive il portale Globalproject – “si conquista il diritto alla libertà di movimento, prosegue in direzione dei Fori Imperiali dirigendosi verso i palazzi di quel potere che vuole costringere i popoli europei sotto il ricatto della troika”.
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Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
Mentre soffiano i venti di guerra sia sul fronte di guerra al Nord (Ucraina) che sul fronte Sud della vecchia Europa (Italia) che possono innescare una guerra mondiale. Con la sinistra italiana morta sette anni fa, quando, consapevolmente o inconsapevolmente ha dato il via al ritorno in pompa magna della vecchia Balena Bianca, ha senso parlare di socialismo nei termini espressi su Wikipedia?
Socialismo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
« Il socialismo è portare avanti tutti quelli che sono nati indietro. »
(Pietro Nenni)
Il socialismo è un ampio complesso di ideologie, orientamenti politici, movimenti e dottrine che tendono ad una trasformazione della società in direzione dell'uguaglianza di tutti i cittadini sul piano economico, sociale e giuridico. Si può definire come un modello o sistema economico che rispecchia il significato di "sociale", che pensa cioè a tutta la popolazione.
Originariamente tutte le dottrine e movimenti di matrice socialista miravano a realizzare degli obiettivi attraverso il superamento delle classi sociali e la soppressione, totale o parziale, della proprietà privata dei mezzi di produzione e discambio. Fino al 1848, i termini socialismo e comunismo erano considerati intercambiabili. In quell'anno, nel Manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels, si opera la suddivisione tra "socialismo utopistico" e "socialismo scientifico", che essi chiamano anche "comunismo" per evidenziarne polemicamente le differenze col primo.
Il resto continua su:
http://it.wikipedia.org/wiki/Socialismo
Nei due secolo precedenti Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo,fu considerato uno delle immagini-simbolo del movimento operaio e del socialismo[1]
Adesso quel socialismo è morto e gli operai stanno sparendo sostituiti dai robot.
Il movimento dei globalisti, invece, lavora in senso opposto.
http://www.gamerlandia.net/2012/04/20/e ... -mondiale/
E’ una specie del sogno millenario del Terzo Reich, portato avanti da Adolf Hitler, sfottuto da Charlie Chaplin nel film “Il grande dittatore”.
Il sogno di dominare il mondo.
Io guardo con estrema benevolenza tutto quanto si muove nella direzione di un riequilibrio del modo di vivere su questo pianeta.
Quello che però mi chiedo è se si ha la piena consapevolezza della posizione di grande vantaggio di cui gode in tutti i sensi chi si oppone a consentire una vita più umana ai sudditi schiavi del pianeta, che dal punto di vista del diritto devono poter vivere una vita decente e non da schiavi della èlite dei globalisti.
Mi tocca citare Grillo-Crozza: “Questa è una guerra”
La nuova sinistra è consapevole che si espone ad una guerra?
D’altra parte non si può neppure essere rinunciatari, perché equivarrebbe a soccombere totalmente, che vuol dire accettare lo status di schiavo.
Per saperne di più sul nemico, ho aperto un nuovo 3D, esponendo il pensiero più lucido degli ultimi tempi, espresso dal Prof. Gustavo Zagrebelsky.
Tutti consapevoli di chi nuovamente si vuole ridimensionare dopo i fallimenti della sinistra dei due secoli precedenti???
Socialismo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
« Il socialismo è portare avanti tutti quelli che sono nati indietro. »
(Pietro Nenni)
Il socialismo è un ampio complesso di ideologie, orientamenti politici, movimenti e dottrine che tendono ad una trasformazione della società in direzione dell'uguaglianza di tutti i cittadini sul piano economico, sociale e giuridico. Si può definire come un modello o sistema economico che rispecchia il significato di "sociale", che pensa cioè a tutta la popolazione.
Originariamente tutte le dottrine e movimenti di matrice socialista miravano a realizzare degli obiettivi attraverso il superamento delle classi sociali e la soppressione, totale o parziale, della proprietà privata dei mezzi di produzione e discambio. Fino al 1848, i termini socialismo e comunismo erano considerati intercambiabili. In quell'anno, nel Manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels, si opera la suddivisione tra "socialismo utopistico" e "socialismo scientifico", che essi chiamano anche "comunismo" per evidenziarne polemicamente le differenze col primo.
Il resto continua su:
http://it.wikipedia.org/wiki/Socialismo
Nei due secolo precedenti Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo,fu considerato uno delle immagini-simbolo del movimento operaio e del socialismo[1]
Adesso quel socialismo è morto e gli operai stanno sparendo sostituiti dai robot.
Il movimento dei globalisti, invece, lavora in senso opposto.
http://www.gamerlandia.net/2012/04/20/e ... -mondiale/
E’ una specie del sogno millenario del Terzo Reich, portato avanti da Adolf Hitler, sfottuto da Charlie Chaplin nel film “Il grande dittatore”.
Il sogno di dominare il mondo.
Io guardo con estrema benevolenza tutto quanto si muove nella direzione di un riequilibrio del modo di vivere su questo pianeta.
Quello che però mi chiedo è se si ha la piena consapevolezza della posizione di grande vantaggio di cui gode in tutti i sensi chi si oppone a consentire una vita più umana ai sudditi schiavi del pianeta, che dal punto di vista del diritto devono poter vivere una vita decente e non da schiavi della èlite dei globalisti.
Mi tocca citare Grillo-Crozza: “Questa è una guerra”
La nuova sinistra è consapevole che si espone ad una guerra?
D’altra parte non si può neppure essere rinunciatari, perché equivarrebbe a soccombere totalmente, che vuol dire accettare lo status di schiavo.
Per saperne di più sul nemico, ho aperto un nuovo 3D, esponendo il pensiero più lucido degli ultimi tempi, espresso dal Prof. Gustavo Zagrebelsky.
Tutti consapevoli di chi nuovamente si vuole ridimensionare dopo i fallimenti della sinistra dei due secoli precedenti???
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Re: E’ ORA DI UNA SYRIZA ITALIANA
da Il Fatto Q
Fronte anti-austerity: Grillo, Podemos e Syriza, dialogo possibile…Renzi permettendo
di Alessio Pisanò
Beppe Grillo qualche giorno fa ha lanciato dalle colonne del suo blog un chiaro invito ad Alexis Tsipras e Pablo Iglesias – rispettivamente leader di Syriza e Podemos – a unirsi contro l’austerità. Ma un dialogo tra questi tre partiti/movimenti è davvero possibile?
“Sarebbe opportuna”, si legge sul blog di Grillo, “una conferenza delle forze che in Europa si battono per la ristrutturazione del debito, magari indetta insieme da Siryza, M5S, Podemos ed alla quale invitare tutti, con la sola eccezione dei nazisti di Alba dorata o di Jobbik.
Pablo Iglesias ha risposto da Strasburgo che “sembra interessante, vi faremo sapere”. Più loquace l’eurodeputato di Syriza, Dimitrious Papadimoulis: “Siamo pronti a dialogare con tutti quelli che chiedono la fine dell’austerità e il passaggio a una politica di crescita”. Secondo l’eurodeputato greco, “l’obiettivo non è uno scontro Nord-Sud ma un’alleanza paneuropea che avvantaggerebbe l’intero continente”.
Ma un dialogo tra M5S, Podemos e Syriza è davvero possibile in Europa? Sulla carta, in teoria, sì. I tre movimenti/partiti condividono vari punti: richiesta di ristrutturazione del debito, contrarietà alle misure di austerità, maggior partecipazione dei cittadini alla vita politica, critica forte all’attuale establishment nazionale ed europeo. Tuttavia ci sono anche differenze sostanziali, come il tormentone euro: mentre Grillo lancia un referendum per uscire dalla moneta unica, Iglesias e Tsipras non ci pensano nemmeno a mettere in discussione l’unione monetaria, bensì mirano – più concretamente – a cambiare le regole del gioco senza demolire l’intera unione economica e monetaria.
E Renzi che c’entra? C’entra eccome. Sia Tsipras che Iglesias – soprattutto qualora quest’ultimo dovesse vincere le elezioni spagnole del prossimo novembre, eventualità tuttavia difficile alla luce del complesso sistema elettorale spagnolo – hanno bisogno di alleati forti in Europa per fare massa comune a Bruxelles di fronte a “Lei” (Angela Merkel). Non a caso Alexis Tsipras, il giorno dopo il trionfo elettorale, ha detto: “Io sono come Renzi, voglio cambiare verso all’Europa”. E dopo qualche giorno è volato personalmente a Roma ad incontrare il premier italiano. Anche Iglesias ha citato più di una volta Renzi. Nella stessa conferenza stampa in cui ha giudicato “interessante” la proposta di Grillo, ha detto di considerare “positivamente le parole di Renzi quando dice che l’agenda dell’austerità va abbandonata”, e senza che nessuno gli avesse chiesto nulla a riguardo.
Insomma, al di là delle evidente differenze di politiche, teoriche e pratiche, tra Podemos, Syriza e il Pd di Matteo Renzi, Iglesias e Tsipras sanno benissimo che in Europa per aprire una breccia nel muro dell’austerità tedesca hanno bisogno di alleati di peso e di governo, e non di mere opposizioni come il M5S. Per questo motivo, e solo per questo, la proposta di Grillo – legittima e condivisibile – potrebbe restare inascoltata, perché parlare con Grillo vorrebbe dire chiudere la porta a Renzi e non poter contare su Roma a Bruxelles. E contro Berlino, Madrid e Atene da sole non bastano.
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Mi sembra che il ragionamento non regga perché in ballo c'è da sceglere il destino di un'Europa
o come quella ATTUALE che privilegia i pochi o come chiedono Syriza e Podemos che privilegia i cittadini, mi sembra che Renzi a parole sta da una parte e nei fatti sta dall'altra.
Per poter contare a Bruxelles il M5S e una Syriza italiana potrebbero condizionare il PD e riportarlo alle origini mettendo da parte Renzi.
Quello che vogliono (compreso Renzi) è che l’Europa si adegui definitivamente ai canoni neo-liberisti,
Fronte anti-austerity: Grillo, Podemos e Syriza, dialogo possibile…Renzi permettendo
di Alessio Pisanò
Beppe Grillo qualche giorno fa ha lanciato dalle colonne del suo blog un chiaro invito ad Alexis Tsipras e Pablo Iglesias – rispettivamente leader di Syriza e Podemos – a unirsi contro l’austerità. Ma un dialogo tra questi tre partiti/movimenti è davvero possibile?
“Sarebbe opportuna”, si legge sul blog di Grillo, “una conferenza delle forze che in Europa si battono per la ristrutturazione del debito, magari indetta insieme da Siryza, M5S, Podemos ed alla quale invitare tutti, con la sola eccezione dei nazisti di Alba dorata o di Jobbik.
Pablo Iglesias ha risposto da Strasburgo che “sembra interessante, vi faremo sapere”. Più loquace l’eurodeputato di Syriza, Dimitrious Papadimoulis: “Siamo pronti a dialogare con tutti quelli che chiedono la fine dell’austerità e il passaggio a una politica di crescita”. Secondo l’eurodeputato greco, “l’obiettivo non è uno scontro Nord-Sud ma un’alleanza paneuropea che avvantaggerebbe l’intero continente”.
Ma un dialogo tra M5S, Podemos e Syriza è davvero possibile in Europa? Sulla carta, in teoria, sì. I tre movimenti/partiti condividono vari punti: richiesta di ristrutturazione del debito, contrarietà alle misure di austerità, maggior partecipazione dei cittadini alla vita politica, critica forte all’attuale establishment nazionale ed europeo. Tuttavia ci sono anche differenze sostanziali, come il tormentone euro: mentre Grillo lancia un referendum per uscire dalla moneta unica, Iglesias e Tsipras non ci pensano nemmeno a mettere in discussione l’unione monetaria, bensì mirano – più concretamente – a cambiare le regole del gioco senza demolire l’intera unione economica e monetaria.
E Renzi che c’entra? C’entra eccome. Sia Tsipras che Iglesias – soprattutto qualora quest’ultimo dovesse vincere le elezioni spagnole del prossimo novembre, eventualità tuttavia difficile alla luce del complesso sistema elettorale spagnolo – hanno bisogno di alleati forti in Europa per fare massa comune a Bruxelles di fronte a “Lei” (Angela Merkel). Non a caso Alexis Tsipras, il giorno dopo il trionfo elettorale, ha detto: “Io sono come Renzi, voglio cambiare verso all’Europa”. E dopo qualche giorno è volato personalmente a Roma ad incontrare il premier italiano. Anche Iglesias ha citato più di una volta Renzi. Nella stessa conferenza stampa in cui ha giudicato “interessante” la proposta di Grillo, ha detto di considerare “positivamente le parole di Renzi quando dice che l’agenda dell’austerità va abbandonata”, e senza che nessuno gli avesse chiesto nulla a riguardo.
Insomma, al di là delle evidente differenze di politiche, teoriche e pratiche, tra Podemos, Syriza e il Pd di Matteo Renzi, Iglesias e Tsipras sanno benissimo che in Europa per aprire una breccia nel muro dell’austerità tedesca hanno bisogno di alleati di peso e di governo, e non di mere opposizioni come il M5S. Per questo motivo, e solo per questo, la proposta di Grillo – legittima e condivisibile – potrebbe restare inascoltata, perché parlare con Grillo vorrebbe dire chiudere la porta a Renzi e non poter contare su Roma a Bruxelles. E contro Berlino, Madrid e Atene da sole non bastano.
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Mi sembra che il ragionamento non regga perché in ballo c'è da sceglere il destino di un'Europa
o come quella ATTUALE che privilegia i pochi o come chiedono Syriza e Podemos che privilegia i cittadini, mi sembra che Renzi a parole sta da una parte e nei fatti sta dall'altra.
Per poter contare a Bruxelles il M5S e una Syriza italiana potrebbero condizionare il PD e riportarlo alle origini mettendo da parte Renzi.
Quello che vogliono (compreso Renzi) è che l’Europa si adegui definitivamente ai canoni neo-liberisti,
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Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
C'è anche da dire che la "Lista Tsipras" in Italia (per le europee) ha dato l'ennesima prova di una sinistra litigiosa ed inaffidabile.
Renzi elenca i successi del governo. “Sarò breve”.
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