Articolo 4

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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flaviomob
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Re: Articolo 4

Messaggio da flaviomob »

Regole perverse generano effetti perversi e quanto vediamo con le primarie campane e liguri ne è la riprova.
Il buon senso non è un dato oggettivabile, ma le conseguenze delle azioni di un gruppo sì, sono un dato oggettivabile e questo è il caso.

Tra l'altro se volessero davvero scimmiottare gli USA dovrebbero sapere che lì esistono liste di elettori democratici o repubblicani registrati a votare. Non è possibile votare per le primarie della formazione opposta, in questo modo.
Renzi elenca i successi del governo. “Sarò breve”.
Rom
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Re: Articolo 4

Messaggio da Rom »

erding ha scritto:L'anarchico è una figura romantica ed affascinante che però deve convivere con tanti altri simili e diversi.
L'anarchico non è romantico, anche se capisco il senso in cui l'hai detto.
L'anarchia non è un mito utopico, ma fa parte della nostra vita: è libertà di pensiero, di azione, di scelta - ma soprattutto di pensiero, nel momento in cui si svincola dalle imposizioni della "necessità" ed è alla base della creazione della coscienza individuale.

Ho ancora la forza (la debolezza?) di meravigliarmi della traslazione di senso che ha subito il concetto della "regola" nell'immaginario intellettuale della sinistra, in questi ultimi vent'anni.
Capisco la contingenza di aver dovuto opporsi all'illegalismo berlusconiano, che ci ha portato a esaltare le manette e la figura del "giudice" come ultimo baluardo per affermare alcuni valori etici, di fronte a un degrado politico che ha favorito ogni genere di corruzione morale e materiale.
Ma c'è qualcosa di più, in questa traslazione, che si congiunge con un certa versione intellettuale del "riformismo", basato sull'assunzione ideologica del mito del "buon governo", della politica come amministrazione e manutenzione dell'esistente, secondo i valori piccolo borghesi di legge & ordine: subordinazione del concetto di "giusto" a quello del "corretto" o "legale", mettendo in secondo piano (dimenticando del tutto?) il tema dell'origine, del meccanismo di elaborazione e della finalità dell'ordinamento regolativo.
Significativa in questo senso la distinzione tra "temi etici" e "temi politici", che non solo circoscrive l'ambito dell'etica a un ristretto genere di argomenti, ma specularmente sancisce la definizione della politica come qualcosa che "non deve" avere riferimenti etici, cioè non si deve porre il problema di ciò che è giusto.
Nello stesso momento in cui la politica, poi, si identifica, in sostanza, con la gestione dell'economia, questo trasloco complessivo di senso spiana totalmente la strada al liberismo e a un sistema sociale dove vige la legge (la regola) del più forte: una Regola, che si traduce in una miriade di regole di dettaglio, naturalmente.

Contro tutto questo, già in origine, la sinistra è nata ed è esistita innanzi tutto come facoltà individuale di porre a se stessi e porre sul piano sociale delle "obiezioni di coscienza": non accettare le idee precostituite, le "verità dominanti", le persuasioni più o meno occulte, dirette e indirette, a cominciare dall'educazione familiare che tende a formare un "cittadino" conforme al sistema sociale.
Quindi, l'anarchismo è rivolto innanzi tutto contro se stessi, cioè contro la tendenza ad accontentarsi di ciò che viene proposto come "corretta visione della realtà" e contro l'autocensura, che induce a non dare ascolto alla propria coscienza, o perfino a non credere ai propri occhi.
Eravamo giovani, eravamo arroganti, eravamo ridicoli, eravamo eccessivi, eravamo avventati. Eravamo bandiere rosse. E avevamo ragione.
flaviomob
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Re: Articolo 4

Messaggio da flaviomob »

Non c'è nemmeno più l'opposizione all'illegalismo berlusconiano: è stato messo nel calderone anche lui ed anzi Renzi si mena vanto di averlo sfruttato per "allargare" la maggioranza al momento del bisogn(in)o istituzionale (una nuova legge truffa: anche qui vediamo come i concetti di "truffa" e "regola" non vadano esattamente d'accordo).
Lo stesso ancora dicasi per le primarie: le regolette le hanno messe apposta per permettere di stravolgere il senso del tutto, e il bello è che se un boss locale regala due euro a testa a mille poveracci per votare come dice lui, magari con la promessa di un pacchetto di spaghetti come bonus, questi non sanno davvero a quale "regola" appigliarsi, perché è tutto - formalmente - regolarissimo.
Per cui quella pedanteria, che ci poteva distinguere nell'applicazione della norma, si è talmente svuotata di senso da rendere scalabile da destra un partito "che fu" di sinistra, e da diventare un incentivo a chi, nella sostanza, col rispetto delle regole ci si è sempre pulito il culo.
Renzi elenca i successi del governo. “Sarò breve”.
cardif
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Re: Articolo 4

Messaggio da cardif »

Ho letto l'argomento, come al solito con interesse, e l'ho trovato interesante.
Tra tante cose ho notato in particolare queste.

Rom ha scritto: "A proposito poi dell'abbondanza di post, non è certo seppellendo il dialogo sotto una montagna di citazioni che s'incentiva la voglia di intervenire."
A cui E.T. risponde: "Caro Rom, non ti sei posto il problema che una discussione originale è faticosa."
Camillobenso scrive: "Non possiamo però fare finta che il mondo esterno, e tutto quanto vi accade, non esiste."

Vedo in questo la differenza di impostazione e, di conseguenza, di forme espressive:

preferenza per una discussione di approfondimento, fino a scavare in modo anche 'faticoso' nei meandri del pensiero, come concatenazione e confronto di idee; un approfondimento anche puntiglioso, da ricercatore, non di qualcosa ma del raggiungimento di una conoscenza più profonda del tema trattato;

preferenza per la comunicazione delle idee finalizzata più alla divulgazione che all'analisi critica; la conoscenza posta come primo passo verso il discernimento.

Non vedo un contrasto per le due posizioni.

Al di là delle regole, non sempre e non tutte rispettate, l'importante è che nessuno, rivolto ad un altro, scriva: "ma per piacere!!!"

cardif
Rom
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Re: Articolo 4

Messaggio da Rom »

cardif ha scritto: Camillobenso scrive: "Non possiamo però fare finta che il mondo esterno, e tutto quanto vi accade, non esiste."
Vedo in questo la differenza di impostazione e, di conseguenza, di forme espressive:
preferenza per una discussione di approfondimento...
preferenza per la comunicazione delle idee finalizzata più alla divulgazione ...
Non vedo un contrasto per le due posizioni.
Hai ragione: non c'è un contrasto tra le due "preferenze".
Non ci sarebbe contrasto nemmeno se le preferenze fossero tre, quattro, dieci o venti: penso, per esempio, a chi in un forum ci vede l'occasione per divertirsi con vignette e caricature, o a chi lo vede come una comunità di consultazione, in cui chiedere consigli utili, e così via.
In pratica, il contrasto nasce quando una di queste preferenze diventa dilagante, fino a sommergere le altre, o a renderle marginali come se fossero eccezioni. Insomma, c'è un contrasto di fatto quando le "preferenze" diventano "situazioni", o meglio, quando una delle due prevarica sull'altra e viene indicata come "essenza" del forum - come fa Camillo, citando un intervento di aaa42, il quale per altro non fa che nominare un bell'articolo della Urbinati.

Tu hai citato Camillo e la sua frase sul "mondo esterno".
Io l'ho trovata piuttosto strana: strana nel contenuto e strana nella piega che intende dare a questo contenuto.
Il "mondo esterno" qual è? Quello del Fatto? L'esistenza di Nadia Urbinati? La Gabbia?
E chi è che "farebbe finta" che il mondo esterno non esiste? E poi, "esterno" a cosa?
Noi, qui, a quale mondo apparteniamo? Per il fatto stesso che formiamo un gruppo siamo "interni"?
Io non voglio nemmeno fare il discorso - che a questo punto sarebbe inevitabile - per cui nel "mondo esterno" noi ci viviamo, anzi il mondo esterno siamo noi. Anzi, evito di fare qualunque discorso. Mi limito a farne uno solo, che riguarda molto modestamente la misura.

Come dicevo sopra, tutte le preferenze sono buone, belle e compatibili, a patto che nessuna pretenda di essere una "essenza" e nessuna diventi prevaricante al punto da far sembrare "fuori posto" le altre.
In particolare, la mia "preferenza" - una "discussione di approfondimento", come l'hai definita - lascia lo spazio a qualunque altra preferenza, compresa quella di citare articoli, saggi, libri, poesie, documenti d'ogni genere, oltre ai pensieri personali, racconti, ricordi, vignette, barzellette e foto di paesaggi, se qualcuno li ritiene utili o interessanti.
E' una questione di misura.
Un bell'articolo della Urbinati può fare benissimo da apertura di un argomento, e fare da punto di riferimento per i nostri commenti, per una, due, dieci, cento pagine. UN articolo, non cinque o dieci, uno che si accavalla sull'altro.
Lo stesso vale per un brano tratto da un romanzo di Tolstoj o di Faulkner, o per una poesia di Baudelaire, o un aforisma di Nietzsche, o una vignetta di Forattini, o una canzone di De Gregori o di Orietta Berti.
E lo stesso vale anche per un racconto di Flavio sulla sua esperienza di volontariato, o per le vicende di lavoro di Erding o di Luca, o per i ricordi di viaggio di E.T.
Se sotto un titolo (alias argomento, alias thread) si succedono cinque, dieci, cento "cose" uguali, il therad diventa una raffica di mitragliatrice, nella quale nulla si approfondisce, ossia nulla ha significato: a un ricordo di viaggio di ET succedono dieci raccont di viaggio di altri, o a un'esperienza di Flavio succedono dieci racconti di dieci esperienze, o a un articolo altri dieci o cento articoli, ogni argomento diventa una rassegna, un'esposizione - con una differenza, che una rassegna di esperienze personali o di racconti o ricordi ha comunque un senso, ossia giustifica l'esistenza di una comunità nella quale si mettono a confronto pensieri ed esperienze che possono incontrarsi solo in questo modo, mentre la lettura integrale e sistematica di una serie di articoli si può effettuare tranquillamente anche da soli, collegandosi coi siti web dai quali sono tratti, se è la lettura in se stessa che conta.
Eravamo giovani, eravamo arroganti, eravamo ridicoli, eravamo eccessivi, eravamo avventati. Eravamo bandiere rosse. E avevamo ragione.
iafran
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Re: Articolo 4

Messaggio da iafran »

flaviomob ha scritto:Lo stesso ancora dicasi per le primarie: le regolette le hanno messe apposta per permettere di stravolgere il senso del tutto, e il bello è che se un boss locale regala due euro a testa a mille poveracci per votare come dice lui, magari con la promessa di un pacchetto di spaghetti come bonus, questi non sanno davvero a quale "regola" appigliarsi, perché è tutto - formalmente - regolarissimo.
Per cui quella pedanteria, che ci poteva distinguere nell'applicazione della norma, si è talmente svuotata di senso da rendere scalabile da destra un partito "che fu" di sinistra, e da diventare un incentivo a chi, nella sostanza, col rispetto delle regole ci si è sempre pulito il culo.
Questo è il frutto del cosiddetto "tramonto delle ideologie" (il "mondo esterno", Rom?), la grande stronzata proposta da coloro che un'idea propria ce l'avevano, che coltivavano il progetto di arrivare alla stanza dei bottoni o per megalomania o per risanare le proprie casse o per tutelarsi dalle inchieste giudiziarie: insomma per fare quel che si voleva in un'Italia che, se non poteva competere in importanza con le altre Nazioni, poteva, invece, diventare un bell'orticello da sfruttare personalmente (e si sa che "in un paese di ciechi, chi ha un occhio diventa re" e fa le regole per il suo tornaconto).

Per puntare e per educare alla figura del leader si sono rinnegate le ideologie e con essi, i partiti, dal momento che molti ci hanno pure creduto. Senza i partiti non avevano senso le sezioni, che venivano sostituite dalle case-segreterie (o dalle Fondazioni, l'ultima trovata dei "geni in politica") frequentate da dipendenti, galoppini o da affiliati, con il fine ultimo di procacciare i consensi dei cittadini-elettori-pecora verso il capo (e la relativa squadra, confezionata su misura).

"Solo gli stupidi non cambiano mai opinione" è stato il nuovo mantra da sbandierare ai quattro venti e molti ... ne sono andati anche fieri.

Come possono le primarie ritenersi uno strumento democratico se sorgono dubbi giganteschi sulla regolarità delle stesse elezioni politiche (delle amministrative, poi, non ne parliamo)?

La convinzione dei cittadini di recarsi alle urne è ridotta al lumicino o ancorata a qualche promessa ... di favore.
L'aumento delle astensioni, però, non può preoccupare più di tanto una classe di governanti che ha per motto elitario "meno sono (gli elettori) meglio stiamo".
flaviomob
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Re: Articolo 4

Messaggio da flaviomob »

Si potrebbe dire che in un paese di furbi, Berlusconi (o quella lenza di Renzi) diventa Re. Le ideologie sono tramontate e morte, tranne una: quella del Dio denaro. Per avere denaro occorre potere e viceversa: per cui lo "strumento" democratico diventa il fine, la manipolazione diventa il mezzo e tutto viene giustificato in nome del fine ultimo. Che, per il "popolino" si deve identificare con la "stabilità".

L'alternativa è invece la partecipazione, che è cosa diversa dal muovere il culo ogni due o tre anni per fare una X alle primarie o alle elezioni.

Partecipare vuol dire comunicare, condividere delle esperienze e delle idee, discutere. Ovviamente una pioggia incessante di articoli riportati integralmente non significa affatto partecipare, ma esercitarsi nel taglia - incolla. Nulla vieta a chi lo desidera di continuare a farlo, in completa libertà, ma bisognerebbe interrogarsi su:
1-A che pro?
2-Costituisce di fatto una rassegna stampa? Se è così, chiamiamola rassegna stampa.
Renzi elenca i successi del governo. “Sarò breve”.
camillobenso
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Re: Articolo 4

Messaggio da camillobenso »

flaviomob ha scritto:Si potrebbe dire che in un paese di furbi, Berlusconi (o quella lenza di Renzi) diventa Re. Le ideologie sono tramontate e morte, tranne una: quella del Dio denaro. Per avere denaro occorre potere e viceversa: per cui lo "strumento" democratico diventa il fine, la manipolazione diventa il mezzo e tutto viene giustificato in nome del fine ultimo. Che, per il "popolino" si deve identificare con la "stabilità".

L'alternativa è invece la partecipazione, che è cosa diversa dal muovere il culo ogni due o tre anni per fare una X alle primarie o alle elezioni.

Partecipare vuol dire comunicare, condividere delle esperienze e delle idee, discutere. Ovviamente una pioggia incessante di articoli riportati integralmente non significa affatto partecipare, ma esercitarsi nel taglia - incolla. Nulla vieta a chi lo desidera di continuare a farlo, in completa libertà, ma bisognerebbe interrogarsi su:
1-A che pro?
2-Costituisce di fatto una rassegna stampa? Se è così, chiamiamola rassegna stampa.


Cosa rappresenta per te questo articolo??? Qual'è la sua essenza???



il Fatto 5.3.15
Il blob di Renzi sulla scuola: dodici mesi di slogan e fumo
Tempi sempre certi e mai rispettati

di Marco Palombi

Nel caso di Matteo Renzi quello che segue rischia di essere un esercizio stancante e ripetitivo. Il premier ha infatti il vizio di parlare spesso e farlo per slogan molto netti che poi provvede a smentire con grande serenità: se qualcuno glielo fa notare, però, lui nega di essersi smentito e dice che l’invidia è una brutta cosa. Come litigare con uno al bar, insomma.
Siccome, però, sulla scuola Renzi ha puntato molto (“ci ho messo la faccia”, direbbe lui), un piccolo riassunto di dichiarazioni serve a fare il punto sulla bolla d’aria in cui vive la Repubblica. Conviene, prima di iniziare, tenere a mente un paio di cose: la prossima settimana il governo approverà un ddl delega con la riforma e assumerà – se tutto va bene – qualche decina di migliaia di precari. Tutto comincia il 19 agosto: “Il 29 linee guida sulla scuola perché tra 10 anni l’Italia sarà come la fanno oggi gli insegnanti. Noi lavoriamo su questo in #agosto”, comunicava via Twitter da Forte dei Marmi. Le linee guida, poi, arrivavano il 3 settembre con la pubblicazione del documento La buona scuola. Renzi, stentoreo: “Tutti coloro che stanno dentro alle graduatorie a esaurimento devono essere assunti dalla scuola, perché hanno un diritto nei confronti dello Stato”; “noi diciamo basta ai precari e alla supplentite”. Tempi? “Una consultazione popolare dal 15 settembre al 15 novembre”, poi, nella legge di Stabilità, “le prime risorse e da gennaio gli atti normativi”.
Ma quanti sono i precari da assumere e quando? Renzi risponde da Palermo il 15 settembre: “Nella scuola ci sono 149 mila persone che hanno l’obbligo di essere assunte” (più o meno la cifra indicata da La buona scuola) ; “tutti coloro verso i quali lo Stato ha un’obbligazione saranno assunti a settembre del 2015, col nuovo anno scolastico”.
Finita la consultazione pubblica, Renzi torna a parlare: “È tempo di passare dalle parole ai fatti”. Siamo al 1 dicembre e la Corte Ue ha appena dato ragione ai precari non assunti nonostante avessero oltre 36 mesi di docenza consecutivi: “Dobbiamo recuperare problemi aperti da anni”.
E ancora il 18 dicembre: “Nel 2015 agiremo perché la buona scuola non sia più solo uno slogan ma divenga un dato di fatto”. Intanto nella legge di Stabilità, approvata il 22 dicembre, l’esecutivo da un lato stanziava un miliardo nel 2015 per la scuola e dall’altro cancellava gli esoneri dei vicari dei presidi, le supplenze brevi, 2mila unità di personale Ata, 30 milioni dal Fondo per l’offerta formativa e 100 da quello per le non autosufficienze. Nel frattempo i 3 miliardi e mezzo promessi per l’edilizia scolastica il 12 marzo 2014 sono diventati uno solo: ad oggi ne ha speso circa un terzo.
Il 5 gennaio, comunque, il premier era di nuovo sul pezzo: “Siamo al lavoro sulla riforma più importante per il futuro: da qui al 28 febbraio scriveremo i testi”. Sicuro? Sicuro. Il 23 gennaio: “Da qui a un mese è tutto pronto”. Il 22 febbraio era fatta: “La prossima settimana ci sarà un doppio atto normativo”.
Lunedì 2 marzo i giornali descrivevano il decreto con dovizia di particolari. L’altroieri, 3 marzo, niente decreto, tutto rinviato, ma Renzi è incrollabile nella fede: “Non c’è alcun rischio di slittamento delle assunzioni” (ma esperti e ministero dicono il contrario). Ma quanti sono alla fine? “Per noi è fondamentale assumere oltre 100mila insegnanti”. Non più 149mila allora e neppure per decreto.
Martedì 10 marzo in Consiglio dei ministri arriverà infine un ddl delega: “Sono basita”, direbbe il ministro Giannini.

^^^^^^^^

Un aiutino.


Come scrivere un articolo di giornale

La prima caratteristica che contraddistingue un articolo di giornale da qualsiasi altro tipo di testo scritto è lo stile, chiamato appunto giornalistico, che, oltre ad essere impersonale (ad eccezione di recensioni e articoli di opinione), segue precise regole. Numerose sono le tipologie di articolo, in base alle quali variano anche lo stile e il linguaggio adottato: cronaca, intervista, articolo culturale, resoconto ecc.
L’articolo deve comunque essere piacevole sia per chi lo legge, sia per chi lo scrive.

A differenza di un romanzo, un articolo si consuma in pochi minuti, ma non per questo può permettersi di essere inconcludente, poco interessante o trattato con superficialità.

Molti articoli di grandi giornalisti sono passati alla storia.

Se non ci si appassiona alla notizia di cui si sta rendendo conto, è molto probabile che anche l’articolo non incuriosirà il lettore.

Ecco alcuni consigli generali su come preparare un buon articolo di giornale.

+ tutto il resto >>> http://www.marcotogni.it/scrivere-articolo-giornale/
camillobenso
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Re: Articolo 4

Messaggio da camillobenso »

oppure quest'altro????


da " L'Altra Europa..

LA FABBRICA DEL CAMBIAMENTO: INSIEME PER UN NUOVO INIZIO

di Marco Revelli, 28 febbraio 2015

Lunedì a Torino, nella grande sala della “Fab­brica delle E” del gruppo Abele, si svol­gerà l’assemblea Atene – Torino. La sini­stra riparte dalle lotte sociali. La con­vo­ca­zione arriva da per­sone delle varie­gate realtà, sociali e poli­ti­che, che con­di­vi­dono l’esigenza di una rispo­sta ade­guata alle sfide di que­sto deli­ca­tis­simo, dram­ma­tico ma anche entu­sia­smante, momento. Un incon­tro con lavo­ra­tori delle fab­bri­che in crisi, gio­vani pre­cari, mili­tanti della Fiom e della Cgil, de L’Altra Europa e delle forze poli­ti­che che la sosten­nero euro­pee, del Movi­mento No TaV e del volon­ta­riato con­tro le povertà.


Sarà una prima occa­sione, pub­blica e di massa, per veri­fi­care la pos­si­bi­lità che abbia ini­zio una vera fase costi­tuente di quello che Airaudo e Mar­con, sul mani­fe­sto di mar­tedì scorso, hanno defi­nito come «un nuovo modello di aggre­ga­zione poli­tica e sociale». E che noi dell’Altra Europa con Tsi­pras abbiamo chia­mato la «casa comune della sini­stra e dei demo­cra­tici». Insomma, di quella «forza che uni­fi­chi pro­te­sta sociale e azione poli­tica con un’agenda di cam­bia­mento» richia­mata ieri, su que­sto gior­nale, da Gal­le­gati, Pianta, Nota­rianni e Stramaccioni.

Quanto quell’esigenza – potremmo anche dire quella pos­si­bi­lità – sia sen­tita, e quanto sia cre­sciuta negli ultimi mesi e nelle ultime set­ti­mane, è dimo­strato dal grado di affol­la­mento del dibat­tito pub­blico, da parte di voci spesso diverse (appa­ren­te­mente anche molto diverse) e tut­ta­via con­ver­genti su quel pro­blema: sull’insufficienza di ciò che è. Sulla neces­sità di ciò che deve venire. E sulla comune cer­tezza che que­sto dovrà essere grande, tanto grande da appa­rire cre­di­bile nel reg­gere la por­tata della sfida. E “ine­dito”: tanto inno­va­tivo nel lin­guag­gio, nelle pra­ti­che, nelle moda­lità orga­niz­za­tive, nelle stesse per­sone che ne inter­pre­tano il mes­sag­gio, da vin­cere la con­so­li­data dif­fi­denza e la disil­lu­sione di una parte sem­pre più ampia di società e di elettorato.

Penso alle recenti prese di posi­zione di Mau­ri­zio Lan­dini, di Ste­fano Rodotà, dello stesso Ser­gio Cof­fe­rati. Penso al dibat­tito, anche aspro, dell’assemblea bolo­gnese de L’Altra Europa o al mes­sag­gio uscito dalla tre giorni di Human Fac­tor. Un calei­do­sco­pio di posi­zioni che pos­sono appa­rire ete­ro­ge­nee, ma che in realtà dimo­strano l’alto grado di urgenza e di matu­rità della que­stione, lungo vet­tori diversi: la coscienza da parte del mondo del lavoro della caduta “sto­rica” di quello che era stato, per un lun­ghis­simo ciclo, il suo rife­ri­mento politico.

La veri­fica, da parte della parte più con­sa­pe­vole e sen­si­bile dell’ “intel­let­tua­lità” demo­cra­tica, del livello di degrado delle nostre isti­tu­zioni rap­pre­sen­ta­tive, fino a con­fi­gu­rare, sotto la spinta dell’accelerazione auto­ri­ta­ria ren­ziana, un’emergenza demo­cra­tica tanto pro­fonda da veder com­pro­messa la stessa forma par­tito, tra­di­zio­nale stru­mento di partecipazione.

L’autocoscienza, da parte di ciò che resta della estrema sini­stra poli­tica, della pro­pria insuf­fi­cienza, e della neces­sità di un “nuovo inizio”.

In que­sto qua­dro sarebbe tra­gico se ci si divi­desse sull’antitesi (fit­ti­zia) tra coa­li­zione sociale e coa­li­zione poli­tica. O, peg­gio, tra costru­zione dall’alto e costru­zione dal basso, senza riflet­tere sull’esperienza del pas­sato che dimo­stra, con un’evidenza luci­fe­rina, come ogni ten­ta­tivo di ren­dere auto­nomi i due aspetti si sia rive­lato disa­stroso, con i “movi­menti” inchio­dati a terra dalla pro­pria man­canza di sponda nelle sedi deci­sio­nali, e le orga­niz­za­zioni poli­ti­che troppo spesso iste­ri­lite in pra­ti­che buro­cra­ti­che e dram­ma­ti­ca­mente mino­ri­ta­rie. O comun­que espo­ste all’assimilazione popu­li­sta con tutto ciò che sta in alto e che sa di estra­neità e privilegio.

Per con­tra­sto, le vicende che stanno “ria­prendo il tempo” in Gre­cia come in Spa­gna — Syriza e Pode­mos pur nelle loro dif­fe­renze -, dimo­strano come la chiave del suc­cesso sia, oggi, la capa­cità di inne­stare, sull’orizzontalità del con­flitto sociale, l’asse ver­ti­cale della rap­pre­sen­tanza, met­tendo in con­nes­sione basso e alto. Tra­sfe­rendo anche den­tro il cuore delle sedi deci­sio­nali – quelle vere, quelle che ope­rano nello spa­zio poli­tico con­tem­po­ra­neo, la “fortezza-Europa” — la forza dirom­pente della rivolta e della resi­stenza sociale.

Quelle stesse vicende, d’altra parte, ten­dono a favo­rire – per chi ne vuole capire il mes­sag­gio — i pro­cessi di pos­si­bile ricom­po­si­zione poli­tica, affer­mando, con la peren­to­rietà dei fatti sto­rici, che il tempo è ora. E mostrando come il supe­ra­mento della fram­men­ta­zione e delle frat­ture è la pre­con­di­zione di un pro­cesso costi­tuente cre­di­bile e vin­cente, non il suo esito finale.

Per que­sto un pro­cesso che lavori “per cam­pa­gne”, come sug­ge­rito negli inter­venti pre­ce­denti, e non per nego­zia­zioni o pro­clami, e che sulla capa­cità di ripresa di parola da parte dei sog­getti reali fondi la riat­ti­va­zione dell’iniziativa poli­tica su scala ampia, trans-nazionale, per­ché trans­na­zio­nale è il comando, può per­met­terci di uscire dalla gab­bia inca­pa­ci­tante della comu­ni­ca­zione virtuale.

E di ten­tare la grande scom­messa di ridare rap­pre­sen­tanza e visi­bi­lità all’area scon­fi­nata che le oli­gar­chie del potere lasciano sotto le loro rovine.

Di que­sto si par­lerà a Torino. Con l’obiettivo di non fare solo un bell’evento, ma di dare ori­gine a una serie di inter­venti sul ter­ri­to­rio, radi­cati nelle pie­ghe sell’emergenza sociale, impe­gna­tivi per tutti.
camillobenso
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Re: Articolo 4

Messaggio da camillobenso »

oppure questo?????


IL “FRONTE POP” PROPOSTA INCLUSIVA PER 5 OBIETTIVI
di Gallegati, Pianta, Notarianni, Stramaccioni, 26 febbraio 2015

L’articolo di Gior­gio Airaudo e Giu­lio Mar­con “Un Fronte Pop” (mar­tedì su mani­fe­sto e sbi​lan​cia​moci​.info) si pone le domande giu­ste: come pos­siamo costruire in Ita­lia una forza poli­tica ana­loga a Syriza e Podemos?

Come può nascere una forza che riu­ni­fi­chi pro­te­sta sociale e azione poli­tica con un’agenda di cam­bia­mento? Sono domande non nuove, i ten­ta­tivi di rispo­sta in que­sti anni sono stati diversi e mai riso­lu­tivi – l’ultimo è stata la Lista “Un’altra Europa con Tsi­pras” alle ele­zioni euro­pee, che ha avuto il merito di allar­gare l’orizzonte all’alternativa rap­pre­sen­tata da Syriza.

L’urgenza di una rispo­sta riso­lu­tiva è accen­tuata oggi da tre novità.

La prima è la con­ti­nua acce­le­ra­zione del “ren­zi­smo”. In pochi giorni, ha intro­dotto nuovi decreti del Jobs Act che sono par­ti­co­lar­mente puni­tivi per i lavo­ra­tori (e ha attac­cato per­so­nal­mente Mau­ri­zio Lan­dini e la Fiom). Ha col­pito i magi­strati in un modo pesante. Ha affron­tato la que­stione delle tele­vi­sioni non per affron­tare il con­flitto d’interessi di Ber­lu­sconi, ma per raf­for­zare il potere di Media­set con la ces­sione di Rai­ways. E sta per inva­dere la scuola con un nuovo decreto.

La seconda novità è nella rea­zione sociale che ini­zia a mostrarsi – dopo lo scio­pero gene­rale di Cgil e Uil – con il sin­da­cato di Susanna Camusso che si pre­para allo scon­tro fron­tale sul Jobs Act e la Fiom di Mau­ri­zio Lan­dini che apre oggi l’assemblea dei dele­gati a Cer­via con un’agenda di mobi­li­ta­zioni sociali.

La terza novità è la tenuta del governo di Ale­xis Tsi­pras nel suo scon­tro con i poteri euro­pei. Pur con un nego­ziato dif­fi­ci­lis­simo, con molte con­ces­sioni e desti­nato a durare a lungo, la Gre­cia di Syriza ha messo all’ordine del giorno il supe­ra­mento dell’austerità in Europa. Ha aperto uno spa­zio poli­tico anche per noi: la Com­mis­sione euro­pea non a caso ha dato il via libera l’altroieri ai conti di Ita­lia, Fran­cia e altri paesi senza inter­fe­rire ulte­rior­mente. Ma que­sto spa­zio ha biso­gno di svi­luppi poli­tici che cam­bino i rap­porti di forza in tutti i paesi: con le pros­sime ele­zioni in Gran Bre­ta­gna, Irlanda, Spa­gna e con un allon­ta­na­mento dei governi di Parigi e Roma dalle posi­zioni di Ber­lino: senza di que­sto, la stessa Gre­cia non potrà farcela.

Airaudo e Mar­con scri­vono che ci sono «segni di risve­glio sociale, che tut­ta­via sono ancora fram­men­tati, senza una cor­nice che tra­sformi le mobi­li­ta­zioni in rispo­sta poli­tica». Anche noi pen­siamo che la costru­zione di una cor­nice poli­tica e sociale forte, di una con­ver­genza orga­niz­za­tiva, sia oggi essen­ziale. Le dispo­ni­bi­lità e le ini­zia­tive di tanti, espresse in que­ste set­ti­mane, sono pezzi impor­tanti, ma nes­suno è riso­lu­tivo. Siamo chia­mati a un “salto di scala”, a un nuovo modo di pen­sare l’azione col­let­tiva, fuori dai peri­me­tri che sono fin qui costruiti, nei par­titi, nei sin­da­cati e nei movimenti.

Il “Fronte Pop” pro­po­sto da Airaudo e Mar­con è la pro­po­sta più inclu­siva che sia emersa finora. Chiede a tutti un passo indie­tro e offre un balzo in avanti. Potrebbe far ces­sare l’entropia di ini­zia­tive che vanno in dire­zioni diverse, stru­men­ta­liz­zate dai gior­nali. Il nome non pia­cerà a chi ricorda la scon­fitta del Fronte demo­cra­tico popo­lare di socia­li­sti e comu­ni­sti nel 1948. Ma è un nome che defi­ni­sce una con­ver­genza tra sog­getti diversi – un Fronte, non un par­tito – e che ci richiama alle radici popo­lari che il nostro lavoro deve avere: mobi­li­ta­zioni dal basso, auto-organizzazione sociale, difesa dei più deboli, dei pre­cari, dei gio­vani, delle vit­time della crisi. E’ solo così che potremo sot­trarre con­senso ai popu­li­smi con­trap­po­sti di Beppe Grillo e Mat­teo Sal­vini. Sono le cose che hanno fatto Syriza e Podemos.

I nomi pos­sono cam­biare, ma que­sta ci sem­bra la strada giu­sta. E le cin­que cam­pa­gne indi­cate da Airaudo e Mar­con sono quelle essen­ziali: l’Europa da cam­biare, il lavoro da difen­dere, l’ambiente da sal­vare, i diritti civili e il wel­fare da affer­mare, la pace da costruire. Con in più l’affermazione della lega­lità: un con­tra­sto vero a mafie e cor­ru­zione. Le mille ini­zia­tive che già esi­stono su que­sti temi hanno biso­gno di una cor­nice più forte, di “sfon­dare” nella poli­tica, di cam­biare le deci­sioni di Palazzo Chigi e di Bruxelles.

L’assemblea Fiom di que­sti giorni è un pas­sag­gio impor­tante, a cui far seguire una fase costi­tuente che defi­ni­sca come rea­liz­zare que­sta con­ver­genza poli­tica e sociale. Il dif­fi­cile, lo sap­piamo già, è nei modi che ten­gano insieme tutti: la pra­tica di una nuova poli­tica insieme alle mobi­li­ta­zioni sociali e sin­da­cali; le forme di orga­niz­za­zione col­let­tiva con le moti­va­zioni e l’impegno delle per­sone che vogliono, final­mente, contare.

Pro­via­moci.

da il manifesto 27 febbraio 2015
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