Re: Non è cosa vostra
Inviato: 07/06/2013, 18:32
Un Paese allo sbando - 3
l’Unità 7.6.13
Carlo Smuraglia: non stravolgere la Costituzione
Il presidente dell’Anpi: «Il semi-presidenzialismo nega lo spirito della Carta»
di Bruno Gravagnuolo
Concentriamoci sugli aspetti non più sostenibili come il bicameralismo perfetto e il numero dei parlamentari
ROMA «Il semipresidenzialismo fa saltare tutta la nostra Costiuzione. Implica la riscrittura ex novo della Carta e un ritorno all’anno zero..». Allarme preciso quello di Carlo Smuraglia, giurista, ex membro del Csm, senatore Pds e Ds, ex partigiano e oggi presidente dell’Anpi. Con Rodotà e Zagrebelsky ha animatodomenica a Bologna una grande iniziativa sul tema. E ora rilancia in una pospettiva più ampia il filo della sua denuncia. Professore, la convince l’iter di revisione costituzionale con comitato di esperti e commissione dei 42?
«Sono contrario a questa procedura. Perché la Costituzione parla chiaro con l’articolo 138. Esso riguarda singole leggi da cambiare e non un intero processo costituente come quello che si vuole avviare. E per le singole leggi ci sono le apposite commissioni. Il rischio è quello di mettere in mora l’intera Carta, con una deroga all’articolo 138, che prevede ampie maggioranze, referendum e doppia lettura: vera e propria clausola di salvaguardia concepita dai Costituenti. Che va rafforzata prevedendo il referendum anche in caso di maggioranze non dei due terzi».
Si dice: si tratta di mutare solo la seconda parte della Carta, non i principi fondamentali. Il semipresidenzialismo mette a rischio anche i princìpi base?
«Certo, si aprirebbe un cantiere che finirebbe per investire anche la prima parte della Carta, perché tutto si tiene in essa. E una repubblica non più parlamentare mette in questione la lettera e lo spirito di questa Costituzione. Generando così forti incoerenze tra prima e seconda parte di essa. Altro è la giusta manutenzione di aspetti non più sostenibili. Penso al bicameralismo perfetto, da sostituire con la specializzazione dei compiti o con la creazione di un Senato federale. E alla riduzione del numero dei parlamentari».
C’è stata un’ «accelerazione» sul tema semipresidenziale e la destra festeggia... «Accelerazione che non comprendo. Le priorità sono altre a cominciare dalla legge elettorale e dalla grave crisi economica. Il semipresidenzialismo non è il diavolo, ma torno a dire: andrebbe riscritto tutto l’ordinamento costituzionale. Oggi il Presidente in quanto figura di garanzia presiede il Csm ed è l’apice delle forze armate. Con il nuovo sistema dovremmo lasciare queste funzioni a un Presidente di parte eletto solo da una parte? In realtà siamo dinanzi a una sindrome: i torti della politica vengono scaricati sulle istituzioni, con il miraggio di esecutivi forti. Ma è la politica che va riformata. Ciò che è accaduto alle elezioni è dipeso dalla frammentazione e dalla crisi di identità dei partiti, non dalle istituzioni».
Cosa teme con l’elezione diretta di un Presidente che presiede il Consiglio dei Ministri?
«I poteri di un uomo solo al comando. E la diffusione di uno stile di governo che ha già dato cattiva prova con i cosiddetti governatori regionali, talora fonte di sprechi e arbitrii e soprattutto causa di svilimento del ruolo dei Consigli regionali. Inoltre c’è il punto del conflitto di interessi. Non possiamo rischiare di consegnare il Quirinale a qualcuno in posizione dominante nei media o in altri rami dell’economia. E non possiamo rinunciare, nella gravissima crisi che schiaccia il paese, al ruolo di salvaguardia e di controllo del Parlamento».
I partiti possono ancora esercitare un ruolo creativo e di argine?
«Sì, purché si autoriformino. Essi concorrono al bene pubblico ed è giusto finanziarli, in misura adeguata e senza eccessi. È dirimente che abbiano statuti democratici e siano sottoposti a controlli stringenti su regole e bilanci». Torniamo al Presidente eletto. Alle varie obiezioni non si può aggiungere quella di essere un sistema scisso tra due possibili diverse maggioranze, oppure di risultare troppo coeso e con maggioranze totalizzanti?
«Sono problemi innegabili e che andrebbero visti caso per caso e nei singoli contesti storici. In Francia il sistema ha prevalso per la dirompente crisi algerina, che ha spinto la Francia sull’orlo della guerra civile, e per il ruolo carismatico di De Gaulle. Ma non possiamo dire che abbia sempre funzionato e al punto tale da doverlo imitare e trapiantare in Italia. Al contrario, proprio l’indebolimento dei poteri di controllo e delle garanzie potrebbe renderci inermi dinanzi alla criminalità organizzata e alle lobby. Né si può dire che una spinta presidenziale potrebbe migliorare la burocrazia. La macchina pubblica va riformata con semplificazioni e controlli di efficienza. Non con impulsi carismatici dall’alto. Ma a questo punto però faccio io una domanda: che fine ha fatto la legge elettorale? Era stato detto che era quella la priorità. Poi si è fatto il contrario e la si è messa in coda all’agenda».
Lei come spiega questo capovolgimento?
«Forse pensano di allungare la vita al governo e cosi di rafforzarlo. Invece potrebbe essere il contrario. Un’intera riforma Costituzionale, oltre che non corretta per ciò che abbiamo detto rischia di essere una mina in quest’emergenza sociale».
E al Pd, che ha reincluso il semipresidenzialismo nella sua discussione, cosa consiglia?
«Non voglio intromettermi nella vita del Pd. Però la questione è molto seria e la responsabilità dei pericoli che corriamo è un po’ di tutti. Al Pd direi: pensate bene a quel che fate e a quali sono le vere priorità del paese. E soprattutto, cercate di coinvolgere il maggior numero di persone in questa discussione».
l’Unità 7.6.13
Non c’è bisogno del presidenzialismo
di Danilo Barbi
Segretario confederale Cgil
LA CGIL CON IL DOCUMENTO «SEMPLIFICARE PER RAFFORZARE. PROPOSTA PER UNA MODIFICA ORGANICA DELLE ISTITUZIONI DEMOCRATICHE», approvato dal direttivo, avanza una proposta di riqualificazione delle funzioni pubbliche che rafforzi il ruolo delle istituzioni democratiche nel Paese, portando così a sintesi un lavoro da tempo avviato dall'organizzazione sui temi istituzionali.
La crisi di legittimità che negli ultimi anni ha colpito i partiti e la «politica» in generale si è, infatti, traslata su tutte le istituzioni di cui si percepisce con fatica il senso e l'utilità. In questo quadro ha preso corpo un disegno che mira a smantellare le istituzioni democratiche, svilendo i luoghi della rappresentanza, cancellando i corpi intermedi, ridimensionando le istituzioni locali, riducendo i servizi pubblici a favore di quelli privati.
La Cgil è convinta che per restituire legittimità alle istituzioni sia necessario un disegno opposto che porti alla loro riqualificazione e per questo avanza una proposta di semplificazione che mira al rafforzamento delle istituzioni pubbliche e della loro azione, al potenziamento degli spazi della rappresentanza e della partecipazione.
Per l'analisi svolta dalla Cgil, appare, innanzitutto, improrogabile il completamento del processo di integrazione europea: solo un'Unione politica e sociale più forte, democraticamente legittimata, può dare risposte alle sfide che il XXI secolo pone. La risposta a questa grave crisi politico-istituzionale, a livello comunitario come a livello nazionale è, infatti, da trovare nel rafforzamento delle istituzioni pubbliche, nella maggiore partecipazione dei cittadini e nel potenziamento della rappresentanza democratica.
In questi anni, e ancor più in questi giorni, si discute di riforma della Costituzione, ma non è pensabile rompere l'equilibrio di poteri tra governo e Parlamento, con grandi opere di ingegneria costituzionale, in nome di una maggiore governabilità. La governabilità può essere garantita solo da attori politici consapevoli della loro missione e da un'effettiva rappresentanza politica esercitata nel Parlamento cui va restituita centralità e non da uno stravolgimento dell’ordinamento repubblicano come avverrebbe con l'introduzione del (semi)presidenzialismo.
Il rilancio delle istituzioni può realizzarsi attraverso interventi mirati che portino alla nascita della Camera della Regioni e delle Autonomie locali; alla realizzazione di un disegno organico che possa realizzare quel sistema integrato di livelli istituzionali capace di governare e indirizzare i processi sociali ed economici mettendo al centro la cittadinanza e il territorio; alla promozione della rappresentanza democratica e della partecipazione dei cittadini attraverso una regolamentazione dei partiti politici e una nuova disciplina dell'istituto referendario; e al superamento del finanziamento pubblico diretto sostituibile con la fornitura di servizi gratuiti per l'attività politica, accompagnata da una disciplina adeguata del conflitto di interesse.
In questo quadro, infine, va rovesciato l'approccio fin qui adottato per la riorganizzazione della Pubblica amministrazione: basta tagli lineari che minano la funzione stessa delle istituzioni pubbliche, riducendo drasticamente i servizi alla persona. È necessario potenziare e qualificare l'azione delle amministrazioni pubbliche, partendo dai bisogni dei cittadini e delle imprese, e non da meri calcoli statistici, e stabilire nuove regole per il lavoro pubblico, aprendo una nuova stagione contrattuale che elimini il precariato nella pubblica amministrazione e riapra in modo mirato il problema occupazionale.
l’Unità 7.6.13
Carlo Smuraglia: non stravolgere la Costituzione
Il presidente dell’Anpi: «Il semi-presidenzialismo nega lo spirito della Carta»
di Bruno Gravagnuolo
Concentriamoci sugli aspetti non più sostenibili come il bicameralismo perfetto e il numero dei parlamentari
ROMA «Il semipresidenzialismo fa saltare tutta la nostra Costiuzione. Implica la riscrittura ex novo della Carta e un ritorno all’anno zero..». Allarme preciso quello di Carlo Smuraglia, giurista, ex membro del Csm, senatore Pds e Ds, ex partigiano e oggi presidente dell’Anpi. Con Rodotà e Zagrebelsky ha animatodomenica a Bologna una grande iniziativa sul tema. E ora rilancia in una pospettiva più ampia il filo della sua denuncia. Professore, la convince l’iter di revisione costituzionale con comitato di esperti e commissione dei 42?
«Sono contrario a questa procedura. Perché la Costituzione parla chiaro con l’articolo 138. Esso riguarda singole leggi da cambiare e non un intero processo costituente come quello che si vuole avviare. E per le singole leggi ci sono le apposite commissioni. Il rischio è quello di mettere in mora l’intera Carta, con una deroga all’articolo 138, che prevede ampie maggioranze, referendum e doppia lettura: vera e propria clausola di salvaguardia concepita dai Costituenti. Che va rafforzata prevedendo il referendum anche in caso di maggioranze non dei due terzi».
Si dice: si tratta di mutare solo la seconda parte della Carta, non i principi fondamentali. Il semipresidenzialismo mette a rischio anche i princìpi base?
«Certo, si aprirebbe un cantiere che finirebbe per investire anche la prima parte della Carta, perché tutto si tiene in essa. E una repubblica non più parlamentare mette in questione la lettera e lo spirito di questa Costituzione. Generando così forti incoerenze tra prima e seconda parte di essa. Altro è la giusta manutenzione di aspetti non più sostenibili. Penso al bicameralismo perfetto, da sostituire con la specializzazione dei compiti o con la creazione di un Senato federale. E alla riduzione del numero dei parlamentari».
C’è stata un’ «accelerazione» sul tema semipresidenziale e la destra festeggia... «Accelerazione che non comprendo. Le priorità sono altre a cominciare dalla legge elettorale e dalla grave crisi economica. Il semipresidenzialismo non è il diavolo, ma torno a dire: andrebbe riscritto tutto l’ordinamento costituzionale. Oggi il Presidente in quanto figura di garanzia presiede il Csm ed è l’apice delle forze armate. Con il nuovo sistema dovremmo lasciare queste funzioni a un Presidente di parte eletto solo da una parte? In realtà siamo dinanzi a una sindrome: i torti della politica vengono scaricati sulle istituzioni, con il miraggio di esecutivi forti. Ma è la politica che va riformata. Ciò che è accaduto alle elezioni è dipeso dalla frammentazione e dalla crisi di identità dei partiti, non dalle istituzioni».
Cosa teme con l’elezione diretta di un Presidente che presiede il Consiglio dei Ministri?
«I poteri di un uomo solo al comando. E la diffusione di uno stile di governo che ha già dato cattiva prova con i cosiddetti governatori regionali, talora fonte di sprechi e arbitrii e soprattutto causa di svilimento del ruolo dei Consigli regionali. Inoltre c’è il punto del conflitto di interessi. Non possiamo rischiare di consegnare il Quirinale a qualcuno in posizione dominante nei media o in altri rami dell’economia. E non possiamo rinunciare, nella gravissima crisi che schiaccia il paese, al ruolo di salvaguardia e di controllo del Parlamento».
I partiti possono ancora esercitare un ruolo creativo e di argine?
«Sì, purché si autoriformino. Essi concorrono al bene pubblico ed è giusto finanziarli, in misura adeguata e senza eccessi. È dirimente che abbiano statuti democratici e siano sottoposti a controlli stringenti su regole e bilanci». Torniamo al Presidente eletto. Alle varie obiezioni non si può aggiungere quella di essere un sistema scisso tra due possibili diverse maggioranze, oppure di risultare troppo coeso e con maggioranze totalizzanti?
«Sono problemi innegabili e che andrebbero visti caso per caso e nei singoli contesti storici. In Francia il sistema ha prevalso per la dirompente crisi algerina, che ha spinto la Francia sull’orlo della guerra civile, e per il ruolo carismatico di De Gaulle. Ma non possiamo dire che abbia sempre funzionato e al punto tale da doverlo imitare e trapiantare in Italia. Al contrario, proprio l’indebolimento dei poteri di controllo e delle garanzie potrebbe renderci inermi dinanzi alla criminalità organizzata e alle lobby. Né si può dire che una spinta presidenziale potrebbe migliorare la burocrazia. La macchina pubblica va riformata con semplificazioni e controlli di efficienza. Non con impulsi carismatici dall’alto. Ma a questo punto però faccio io una domanda: che fine ha fatto la legge elettorale? Era stato detto che era quella la priorità. Poi si è fatto il contrario e la si è messa in coda all’agenda».
Lei come spiega questo capovolgimento?
«Forse pensano di allungare la vita al governo e cosi di rafforzarlo. Invece potrebbe essere il contrario. Un’intera riforma Costituzionale, oltre che non corretta per ciò che abbiamo detto rischia di essere una mina in quest’emergenza sociale».
E al Pd, che ha reincluso il semipresidenzialismo nella sua discussione, cosa consiglia?
«Non voglio intromettermi nella vita del Pd. Però la questione è molto seria e la responsabilità dei pericoli che corriamo è un po’ di tutti. Al Pd direi: pensate bene a quel che fate e a quali sono le vere priorità del paese. E soprattutto, cercate di coinvolgere il maggior numero di persone in questa discussione».
l’Unità 7.6.13
Non c’è bisogno del presidenzialismo
di Danilo Barbi
Segretario confederale Cgil
LA CGIL CON IL DOCUMENTO «SEMPLIFICARE PER RAFFORZARE. PROPOSTA PER UNA MODIFICA ORGANICA DELLE ISTITUZIONI DEMOCRATICHE», approvato dal direttivo, avanza una proposta di riqualificazione delle funzioni pubbliche che rafforzi il ruolo delle istituzioni democratiche nel Paese, portando così a sintesi un lavoro da tempo avviato dall'organizzazione sui temi istituzionali.
La crisi di legittimità che negli ultimi anni ha colpito i partiti e la «politica» in generale si è, infatti, traslata su tutte le istituzioni di cui si percepisce con fatica il senso e l'utilità. In questo quadro ha preso corpo un disegno che mira a smantellare le istituzioni democratiche, svilendo i luoghi della rappresentanza, cancellando i corpi intermedi, ridimensionando le istituzioni locali, riducendo i servizi pubblici a favore di quelli privati.
La Cgil è convinta che per restituire legittimità alle istituzioni sia necessario un disegno opposto che porti alla loro riqualificazione e per questo avanza una proposta di semplificazione che mira al rafforzamento delle istituzioni pubbliche e della loro azione, al potenziamento degli spazi della rappresentanza e della partecipazione.
Per l'analisi svolta dalla Cgil, appare, innanzitutto, improrogabile il completamento del processo di integrazione europea: solo un'Unione politica e sociale più forte, democraticamente legittimata, può dare risposte alle sfide che il XXI secolo pone. La risposta a questa grave crisi politico-istituzionale, a livello comunitario come a livello nazionale è, infatti, da trovare nel rafforzamento delle istituzioni pubbliche, nella maggiore partecipazione dei cittadini e nel potenziamento della rappresentanza democratica.
In questi anni, e ancor più in questi giorni, si discute di riforma della Costituzione, ma non è pensabile rompere l'equilibrio di poteri tra governo e Parlamento, con grandi opere di ingegneria costituzionale, in nome di una maggiore governabilità. La governabilità può essere garantita solo da attori politici consapevoli della loro missione e da un'effettiva rappresentanza politica esercitata nel Parlamento cui va restituita centralità e non da uno stravolgimento dell’ordinamento repubblicano come avverrebbe con l'introduzione del (semi)presidenzialismo.
Il rilancio delle istituzioni può realizzarsi attraverso interventi mirati che portino alla nascita della Camera della Regioni e delle Autonomie locali; alla realizzazione di un disegno organico che possa realizzare quel sistema integrato di livelli istituzionali capace di governare e indirizzare i processi sociali ed economici mettendo al centro la cittadinanza e il territorio; alla promozione della rappresentanza democratica e della partecipazione dei cittadini attraverso una regolamentazione dei partiti politici e una nuova disciplina dell'istituto referendario; e al superamento del finanziamento pubblico diretto sostituibile con la fornitura di servizi gratuiti per l'attività politica, accompagnata da una disciplina adeguata del conflitto di interesse.
In questo quadro, infine, va rovesciato l'approccio fin qui adottato per la riorganizzazione della Pubblica amministrazione: basta tagli lineari che minano la funzione stessa delle istituzioni pubbliche, riducendo drasticamente i servizi alla persona. È necessario potenziare e qualificare l'azione delle amministrazioni pubbliche, partendo dai bisogni dei cittadini e delle imprese, e non da meri calcoli statistici, e stabilire nuove regole per il lavoro pubblico, aprendo una nuova stagione contrattuale che elimini il precariato nella pubblica amministrazione e riapra in modo mirato il problema occupazionale.