Re: Per vincere il PD deve dividersi.La destra lo ha già' ca
Inviato: 25/11/2013, 18:22
Il ripudio di Prodi è la fine del progetto del Pd
(Marco Politi).
12/11/2013 di triskel182
Capolinea Senza identità.
C’è una nota di umorismo nero nel rifiuto pubblicizzato di Romano Prodi, che non parteciperà alle primarie del Pd, accompagnato dall’augurio che “tanti altri, in particolare moltissimi giovani, vadano a votare”.
Come mettersi davanti ad un autosalone ed esclamare: “La nuova Cinquecento fa pena, ma spero che tanti ragazzi la comprino!”.
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La realtà è molto più cruda.
Il ripudio di Prodi segna la fine del progetto dei cattolici democratici di formare insieme ai riformatori laici e di tradizione socialista un partito progressista dell’alternanza.
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Perché questo doveva essere l’Ulivo e il Pd: un moderno partito di progresso e non un sufflé moderato secondo il gusto di Rutelli e Fioroni.
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Benché crollato rapidamente, il suo secondo governo a questo tendeva nelle politiche (per quanto imperfette) a favore dei diritti civili, nella questione sociale, in politica estera a cominciare da quella mediorientale.
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IL PD formato 2013 con tutto ciò non ha nulla a che fare, privato dopo lo shock elettorale del febbraio scorso di qualsiasi fisionomia riconoscibile, affogato in elezioni per la segreteria in cui il dibattito sui programmi è totalmente assente.
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Sostituito da un marketing, che nella versione renziana si riallaccia direttamente allo stile berlusconiano degli slogan-promesse mescolati alle frasi-calcio-nelle-palle rivolte agli avversari.
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C’è un risvolto delle ultime elezioni per il capo dello stato, già dimenticato ma che Prodi ben conosce. Matteo Renzi non solo sabotò l’aprile scorso l’elezione di Franco Marini con l’incredibile accusa di voler ambire alla presidenza sfruttando la “fede cattolica” (proprio Marini, che da segretario del Partito popolare è stato uno dei più critici verso le compromissioni tra gerarchie ecclesiastica e berlusconismo).
Ma il giorno della bocciatura di Prodi fu il primo esponente di rilievo del Pd ad annunciare pubblicamente: “La candidatura di Prodi non c’è più”. Di corsa, di corsissima . Ventidue minuti dopo la fumata nera in Parlamento.
Perché ciò che contava per lui era tagliare la strada a qualsiasi disegno, che in qualche modo potesse allargare il ruolo del Pd a sinistra e verso l’area Cinque stelle (i cui elettori avevano incluso Prodi nella rosa dei candidati alla presidenza).
Trovare tracce di un afflato del cattolicesimo sociale e democratico nel governo Letta è sforzo vano.
Considerare un virgulto democristiano Renzi è un’offesa alla storia della scudocrociato.
La mancanza di attenzione alla questione sociale (caratterizzata dall’implosione drammatica dei ceti medi impoveriti e dal crescente fossato rispetto alla casta dei superbenestanti) nonché il disprezzo ripetuto verso i sindacati, esibito da Matteo “Sottolalinguaniente” (copyright Giampaolo Pansa), non hanno nulla a che fare con il popolarismo cattolico vecchio o aggiornato.
(Come contorno si consideri l’appoggio suicida dei cattolici di San’Egidio allo spocchioso esperimento di centrismo di Monti, incoraggiato dalla miopia di alcuni settori vaticani).
In questo contesto Prodi tira le somme di un’estraneità, che non riguarda lui solamente, ma generazioni intere, mature e nuove, di cattolici che sarebbero desiderosi di impegnarsi per il bene comune però non hanno nulla da spartire con il “Vincere” renziano.
IL DRAMMA del Pd è che non c’è più uno spazio politico dove il cattolicesimo democratico e sociale possa agire.
Non c’è nemmeno spazio, peraltro, per un pensiero di moderna sinistra orientata allo stato sociale.
A ben vedere non c’è neanche un partito: a fronte dell’ubriacatura plebiscitaria e personalistica in atto.
Ignorare le primarie del vuoto – evidenzia Prodi – è l’unico segnale possibile davanti a una politica italiana che, come disse l’ex premier tempo addietro, “non ha valori e non conosce il senso di colpa e di vergogna”.
È singolare, ma non irrazionale, che da un altro versante il laico Scalfari, dopo lungo soppesare, bolli Renzi come “avventuriero”.
In questo deserto i cattolici democratici non hanno dove andare.
E i laici egualmente.
Da Il Fatto Quotidiano del 12/11/2013.
(Marco Politi).
12/11/2013 di triskel182
Capolinea Senza identità.
C’è una nota di umorismo nero nel rifiuto pubblicizzato di Romano Prodi, che non parteciperà alle primarie del Pd, accompagnato dall’augurio che “tanti altri, in particolare moltissimi giovani, vadano a votare”.
Come mettersi davanti ad un autosalone ed esclamare: “La nuova Cinquecento fa pena, ma spero che tanti ragazzi la comprino!”.
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La realtà è molto più cruda.
Il ripudio di Prodi segna la fine del progetto dei cattolici democratici di formare insieme ai riformatori laici e di tradizione socialista un partito progressista dell’alternanza.
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Perché questo doveva essere l’Ulivo e il Pd: un moderno partito di progresso e non un sufflé moderato secondo il gusto di Rutelli e Fioroni.
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Benché crollato rapidamente, il suo secondo governo a questo tendeva nelle politiche (per quanto imperfette) a favore dei diritti civili, nella questione sociale, in politica estera a cominciare da quella mediorientale.
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IL PD formato 2013 con tutto ciò non ha nulla a che fare, privato dopo lo shock elettorale del febbraio scorso di qualsiasi fisionomia riconoscibile, affogato in elezioni per la segreteria in cui il dibattito sui programmi è totalmente assente.
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Sostituito da un marketing, che nella versione renziana si riallaccia direttamente allo stile berlusconiano degli slogan-promesse mescolati alle frasi-calcio-nelle-palle rivolte agli avversari.
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C’è un risvolto delle ultime elezioni per il capo dello stato, già dimenticato ma che Prodi ben conosce. Matteo Renzi non solo sabotò l’aprile scorso l’elezione di Franco Marini con l’incredibile accusa di voler ambire alla presidenza sfruttando la “fede cattolica” (proprio Marini, che da segretario del Partito popolare è stato uno dei più critici verso le compromissioni tra gerarchie ecclesiastica e berlusconismo).
Ma il giorno della bocciatura di Prodi fu il primo esponente di rilievo del Pd ad annunciare pubblicamente: “La candidatura di Prodi non c’è più”. Di corsa, di corsissima . Ventidue minuti dopo la fumata nera in Parlamento.
Perché ciò che contava per lui era tagliare la strada a qualsiasi disegno, che in qualche modo potesse allargare il ruolo del Pd a sinistra e verso l’area Cinque stelle (i cui elettori avevano incluso Prodi nella rosa dei candidati alla presidenza).
Trovare tracce di un afflato del cattolicesimo sociale e democratico nel governo Letta è sforzo vano.
Considerare un virgulto democristiano Renzi è un’offesa alla storia della scudocrociato.
La mancanza di attenzione alla questione sociale (caratterizzata dall’implosione drammatica dei ceti medi impoveriti e dal crescente fossato rispetto alla casta dei superbenestanti) nonché il disprezzo ripetuto verso i sindacati, esibito da Matteo “Sottolalinguaniente” (copyright Giampaolo Pansa), non hanno nulla a che fare con il popolarismo cattolico vecchio o aggiornato.
(Come contorno si consideri l’appoggio suicida dei cattolici di San’Egidio allo spocchioso esperimento di centrismo di Monti, incoraggiato dalla miopia di alcuni settori vaticani).
In questo contesto Prodi tira le somme di un’estraneità, che non riguarda lui solamente, ma generazioni intere, mature e nuove, di cattolici che sarebbero desiderosi di impegnarsi per il bene comune però non hanno nulla da spartire con il “Vincere” renziano.
IL DRAMMA del Pd è che non c’è più uno spazio politico dove il cattolicesimo democratico e sociale possa agire.
Non c’è nemmeno spazio, peraltro, per un pensiero di moderna sinistra orientata allo stato sociale.
A ben vedere non c’è neanche un partito: a fronte dell’ubriacatura plebiscitaria e personalistica in atto.
Ignorare le primarie del vuoto – evidenzia Prodi – è l’unico segnale possibile davanti a una politica italiana che, come disse l’ex premier tempo addietro, “non ha valori e non conosce il senso di colpa e di vergogna”.
È singolare, ma non irrazionale, che da un altro versante il laico Scalfari, dopo lungo soppesare, bolli Renzi come “avventuriero”.
In questo deserto i cattolici democratici non hanno dove andare.
E i laici egualmente.
Da Il Fatto Quotidiano del 12/11/2013.